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Autore: SanjiReachan    26/02/2012    3 recensioni
Salve a tutti! Presento questa storia. Come avrete capito, è su NCIS.
Appariranno, bene o male, tutti i personaggi principali della serie, ma è incentrata su uno in particolare: Timothy McGee.
In realtà, sulla coppia McGee/Dinozzo, che si viene a formare tramite alcuni eventi. Se volete saperne di più, vi invito a leggere. Ecco un pezzo estratto dal testo:
"Non voleva accettare il fatto che la causa dei suoi dubbi e problemi fosse la persona più imprevedibile dell’universo: Anthony DiNozzo.
Non capiva a fondo il perché, ma ogni volta che lo vedeva preoccupato o interessato a Ziva, gli si contorceva lo stomaco. Perché poi? Erano anni che sapeva che a Tony piaceva Ziva. E forse era anche ricambiato, anzi, quasi sicuramente. E li vedeva, ogni mattina, battibeccare davanti alla sua scrivania, nascondendo in quegli atteggiamenti gelosia e malizia. Sapeva che stravedevano l’uno per l’altra. Ed era proprio in questi momenti che McGee faceva finta di lavorare al computer, di completare un lavoro o di guardare altrove."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, cari lettori! Ecco il vostro capitolo settimanale, come promesso.
Premetto che è stato abbastanza faticoso… soprattutto perché non so esattamente come si presenti la malattia del cancro, e ho dovuto basarmi su qualche notizia pescata qua e là, e la mia immaginazione.
Se avete dubbi o qualche cosa da farmi notare, non siate timidi. Come al solito, vi chiedo solo di RECENSIRE. Perché ci terrei tanto a sapere il vostro giudizio. Perciò vi chiedo, quando finite di leggere, scrivetemi ciò che ne pensate.
Grazie. Buona lettura. By Rea-chan x3

 
Capitolo 2:  Polvere alla polvere

La prima visione che ebbe Timothy quando aprì la porta, fu quella di una sagoma sotto le lenzuola bianche del lettino, coperto dalla schiena di un ragazzo alto dai capelli biondi.
-Casey… - mormorò Tim, quasi come se avesse avuto paura di pronunciare a voce alta il suo nome.
Quest’ultimo si girò mostrando la sua faccia. Casey era il fratello minore di Cloe. Non si conoscevano tanto bene, poiché era nato negli ultimi anni di permanenza di Cloe in città. Però, ci era molto legato, e sapeva che era un ragazzo di cui ci si poteva fidare.
I tratti del suo viso erano molto simili a quelli della sorella, forse un po’ più duri, e con una leggera barba nella zona del mento. I capelli biondi ciondolavano a ciocche contornandogli il volto, e due grandi occhi color nocciola facevano capolinea dietro qualche ciocca bionda. Era molto stanco e teso, si poteva notare da subito. Il suoi occhi mostravano dolore e tristezza, per non parlare dei segni della stanchezza che portavano. Quando vide Tim, cercò di sorridere con gentilezza, poi gli si avvicinò e lo abbracciò calorosamente.
L’agente speciale sentì un paio di braccia stringerlo forte, e subito ricambiò anche lui quell’abbraccio amichevole, dopo tutto, erano anni che non si vedevano. Appoggiò il mento sulla spalla di Casey, sentendo il suo respiro, e cercando di non guardare la ragazza nel letto. L’abbraccio durò poco, ma abbastanza da farlo sentire un po’ meglio. Chissà come sarebbe stato abbracciare così Tony…
Insomma, era capitato qualche volta, ma McGee pensava più ad un abbraccio come quello, dove entrambi si tenevano stretti, come per non permettere all’altro di andarsene via.
Si riprese un attimo da quello che stava pensando. Era una cosa stupida e insensata, inoltre non sembrava né il momento né il luogo.
Dopo l’abbraccio Casey diede una pacca sulla spalla a Tim, e poi uscì fuori dalla stanza mormorando:
-Meglio che vi lasci soli.-
 Tim guardò la porta chiudersi dietro alle sue spalle e poi finalmente rivolse lo sguardo verso Cloe.
Quello che vide non gli piacque per niente.
Cloe. La sua Cloe. La ragazza più bella che Tim avesse mai incontrato, era cambiata parecchio.
Normalmente lei era solare, gentile, divertente e intelligente. Era bellissima, i capelli biondi, lunghi le ricadevano sulle spalle, e sotto la frangetta metteva in mostra due grandi occhi nocciola, brillanti come pietre preziose. E non stava esagerando. Era sempre discreta, le piaceva passare inosservata e amava stare all’aria aperta.
Invece la ragazza che aveva di fronte era molto diversa. Aveva gli occhi scavati dalla stanchezza, probabilmente delle chemio,  il suo volto, sebbene preservasse ancora un po’ di quella lontana bellezza, era come affaticato e fiacco.
Era diventata molto più magra di quanto si ricordasse, sebbene erano mesi che non si vedevano, e le coperte del letto calcavano i contorni magri del suo corpo. Era attaccata alle macchine, una di queste gli registrava il battito regolare del cuore. I capelli che le erano rimasti avevano perso forma e lucentezza. Ma non ostante questi dettagli, Tim sapeva che quella era ancora la sua Cloe, e niente l’avrebbe fatta sembrare diversa ai suoi occhi.
Si avvicinò velocemente al letto, sedendosi sulla sedia che era lì vicino, e la guardò spaesato prendendole la mano.
-Timmy… che bello! Sei venuto.- disse lei mostrandogli il suo più caloroso sorriso.
Tim rimase a guardarla ricambiando con poca forza. Cercava ancora di capire cos’era successo, e pretendeva delle spiegazioni.
-Cloe… - sussurò piano, sentendo le lacrime arrivargli agli occhi.
Le respinse a forza ingoiando due o tre volte.
-Come stai? Novità? Ed Abby? Come sta lei?-
Quelle domande scivolarono velocemente nella testa dell’agente speciale, che scosse il capo, come per mandarle via. In un momento come quello, che senso aveva fare finta che andasse tutto bene? Di iniziare a fare salotto come se niente fosse?
-Che succede, Cloe?- domandò lui guardandola negli occhi.
I suoi grandi occhi verde oliva si scontrarono con quelli della ragazza. 
Quest’ultima sospirò con rassegnazione e si concesse alcuni minuti di silenzio prima di rispondere.
-I medici mi hanno data per malata terminale. Mi resta al massimo una settimana da vivere.-
McGee chiuse per un attimo gli occhi, e ben presto il buio offuscò ogni immagine. Se li strofinò una o due volte prima di riaprirli e tornare a fissare la ragazza.
-Come pensi che farò, adesso? Senza di te?-
Tim si alzò dalla sedia e si avvicinò alla ragazza dandole un bacio sulla fronte. Dopo di che tornò a sedersi.
Cloe gli mostrò un magnifico sorriso di riconoscimento, malgrado la sua posizione.
-Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.- disse all’improvviso Cloe.
Allungò la mano destra e gli porse un foglietto quadrato, giallo.
-Tra poco non ci sarò più. La mia famiglia arriverà domani, e ho avvertito tutti i miei amici. C’è solo una cosa che mi resta adesso. Loro… loro sono un po’ come la mia seconda famiglia. Non ho il coraggio di dirglielo… non so che farebbero. Quindi, sta a te adesso contattarli. Vai a questo indirizzo, e spiegargli tutto, Tim. Ti aiuteranno a superarlo.-
Tim la stava ascoltando a malapena. Le prese il post-it dalle mane e gli buttò una rapida occhiata notando che si trattava di un indirizzo.
Lo strinse tra le mani con noncuranza e notando che erano bagnate di sudore se lo infilò in tasca con poco riguardo.
Insomma, che gli fregava in quel momento? Era lei a stare male. Era lei ad aver bisogno di cure e di attenzioni. Non sapeva chi diavolo fossero quegli individui e dovevano essere importanti per Cloe, ma in quel momento voleva solo pensare alla sua amica.
Si sentiva spaesato, solo, e soprattutto senza forze. Cloe gli stava dicendo qualcosa, quindi si sforzò a mandare via quei pensieri e a concentrare l’attenzione su di lei.
-Ti potranno sembrare dei poco di buono. Ma non lasciarti ingannare dalle apparenze, sono le persone più buone del mondo. So che sapranno cosa fare.-
Tim si dondolò sulla sedia portandosi avanti indietro, in balia dello sconforto.
-Cloe, rimarrò una settimana in ospedale con te, se è necessario.- sbottò all’improvviso.
-Tim, cosa dici? Che cambierebbe? E poi cosa direbbe il tuo capo? Mi hai sempre detto che è abbastanza severo…-
Timothy si fermò di scatto immaginandosi il viso fermo e carico di impazienza mista a rabbia di Gibbs se non si fosse presentato a lavoro per una settimana intera.
Cloe lo vide così concentrato a pensare che scoppiò in una risata.
La sua voce arrivò chiara e cristallina alle orecchie dell’agente speciale che la guardò con risolutezza.
-Mi do per malato!- disse improvvisamente più tranquillo e calmo, quasi sorridendo addirittura.
Cloe aveva questo effetto su di lui. Era come un toccasana.
Quando la guardava bene la rivedeva lì, insieme a lui, nella campagna, avvolta da quella sua felpa grigia larga, con i capelli biondi legati in una coda di cavallo che portava alta dietro la testa.
La sua migliore amica, che gli insegnava a schiacciare a canestro, che lo costringeva a rincorrerla nel cortile di casa, con cui andava sull’altalena dietro casa in estate, quando si annoiavano di più.
Quella con cui si sfogava per telefono, quando non veniva a trovarlo da Chicago.
-Si, ti dai per malato! Gibbs costringerebbe Tony e Ziva a controllare di persona!- la voce della ragazza lo riportò alla realtà.
Timothy immaginò la scena con i suoi colleghi che venivano a bussare nel mezzo della notte con delle occhiaie enormi, e lo trovavano a riposare nel letto in pigiama, con pantaloncini e canottiera.
Fece una sonora risata e poi rispose:
-Si! Non è probabile che Gibbs ceda senza controllare!-
-A proposito della squadra, qualche novità amorosa?-
-Nah, Tony e Ziva fanno i soliti litigi da coppia sposata, come sempre.-
-Già… deve essere fastidioso…-
Tim fece un sorrisetto, ripensando a quante volte avrebbe voluto alzarsi di scatto, sbattere i pugni contro la scrivania e andarsene a passi pesanti  verso l’ascensore. Sicuramente avrebbe lasciato dietro di sé due suoi compagni che lo fissavano ad occhi sbarrati.
-Si, ma per fortuna ci pensa il capo a farli smettere.-
-Sono sicura che in quei momenti avresti tanto voglia di andare via…-
-Si, infatti. Io… ehi! Aspetta un momento, che intendi dire?-
McGee aveva alzato lo sguardo e la guardava con un’aria metà corrucciata e metà esasperata.
Sapeva perfettamente cosa voleva dire.
-Andiamo… me lo hai detto tu, ricordi? Che lui ti piace…-
Ecco, appunto.
Cloe scoppiò in una risatina divertita e anche un po’ maliziosa al dire il vero.
-Shhh! Fa silenzio! Non è vero! Non mi piace! Cloe? Smettila…!-
Faceva fatica ad ammetterlo ma la sua risata era contagiosa. Rimasero entrambi a ridere come due ragazzini fino a che Tim prese di nuovo la parola.
-Mi mancheranno questi momenti.-
-Mancheranno anche a me…-
McGee continuò a parlare con Cloe per un po’ di tempo, e senza che nessuno dei due se ne accorgesse, erano passate ore, e di lì a poco sarebbe stata sera.
Ad un certo punto si sentì bussare alla porta. Dopo poco Casey, seguito da Sarah, entrò nella stanza, richiudendola una volta entrato.
-Ehi-
Sarah fu la prima a parlare. Alzò la mano in segno di saluto verso Cloe, e poi sorrise sommessamente al fratello.
Si avvicinò al lettino e guardò con occhi lucidi la ragazza. Tim ci lesse rassegnazione, tristezza, e… anche un po’ di malinconia?
-Ehi.- rispose Cloe guardandola dal basso.
Sarah mise le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans con aria piuttosto imbarazzata. Cercò per un minuto le parole giuste da dire e poi parlò.
-Io dovrei andare. Domani mi devo svegliare presto e…- gli si spezzò la voce.
-Non preoccuparti.- le disse con aria molto comprensiva Cloe.
-Ma ritorno, eh. Torno in settimana. E ti voglio trovare ancora qui. Allora… io vado. Ci vediamo.-
Concluse la ragazza con tono sicuro. Magari più a per convincere sé stessa.
-Forse no, forse si.- le rispose con voce amara la bionda, ma sfoggiando un grande sorriso per rincuorarla.
Sarah sorrise a sua volta abbassando lo sguardo. Poi si avvicinò al lettino e baciò l’amica sulla fronte.
-Tu che fai, Timmy?-
-Resto qui ancora per un po’… domani ho lavoro, lo so… e forse non avrò occasione di tornare, perciò… rimango quanto è possibile.
Tim vide sua sorella fare il giro del lettino e abbracciarlo velocemente prima di incamminarsi verso la porta. Lanciò un ultimo sorriso triste e poi comparì dietro di essa.
Casey, che non aveva detto una parola per tutto il tempo, guardò i due ragazzi e poi battè le mani in modo pratico.
-Allora…- disse facendo il punto. –Sto andando al caffè qui di fronte… volete qualcosa? Il mangiare qui è abbastanza… pessimo.-
-Aah… no, grazie.- rispose Tim.
Si sentiva lo stomaco chiuso, e non aveva voglia di mangiare, anche se non metteva qualcosa sotto i denti dalla mattina…
-Neanche per me, potrà anche non piacerti, ma io mi sto abituando al cibo di qui…- disse Cloe ridendo.
-Bene. Torno subito.-
E anche Casey uscì rimanendoli  di nuovo soli.
-Il tuo ragazzo… lo sa?- chiese Timothy spezzando il silenzio.
-Si… viene domani.- rispose la ragazza bionda incupendosi.
-Ma tu devi andare a lavoro domani… non voglio che guidi di notte… e non voglio che ti stanchi per me…- continuò alzando lo sguardo sull’amico e guardandolo preoccupata.
-Non preoccuparti, posso stare qui ancora un altro po’.-
Quando Casey tornò, trovò sua sorella e Timothy profondamente addormentati.
Decise di lasciarli dormire, non svegliandoli.

Tim era nel sonno più profondo quando sentì due mani scuotergli pesantemente le spalle.
-Mmm… capo… lasciami dormire altri cinque minuti…-
-Tim! Svegliati! Cloe, non sta bene!-
McGee  alzò di scatto la testa e sentì un sinistro scricchiolio provenire dal collo. Solo in quel momento si accorse quello che stava succedendo.
Casey era inginocchiato vicino al letto, il letto in cui sua sorella giaceva inerme. Cloe era tutta sudata, e non riusciva ad aprire completamente gli occhi, per non parlare dell’elettrocardiografo che sembrava impazzito.
Timothy schiacciò il pulsante per chiamare un’infermiera, posto accanto al letto, (era stata la prima cosa che gli era venuta in mente) dopo di che guardò inerme Casey mentre chiamava in vano sua sorella.
In pochi minuti alcune infermiere e un dottore, attirati dall’allarme, fecero capolinea nella stanza e li allontanarono dal letto.
McGee li sentì tirare fuori diagnosi e dare ordine di prendere alcune medicine, con termini troppo complicati da poter analizzare in quel momento.
Si portò le mani tra i capelli scuotendoli con forza e tirandoli man mano che il tono dei medici di faceva più teso e sbrigativo.
Accanto a lui, Casey, guardava inorridito la scena che stava avendo luogo davanti ai loro occhi. Lo sentì farfugliare alcune frasi, e ripetere le parole: “nonono”, con le mani davanti alla bocca.
Gli occhi verde smeraldo di Tim saettavano velocemente dal volto della ragazza imperlato di sudore alla macchina che ne registrava il battito cardiaco.
Andava sempre più veloce, e dopo poco… un lungo suono sembrò fermare ogni cosa.
Un lungo “biip”, che non avrebbe mai scordato. Uno simile a quello della sua segreteria telefonica, che quella mattina aveva dato inizio a tutto.
Ma questo era più prolungato, e non sembrava voler finire. Si incise nella sua mente, e McGee potè sentirlo ancora, anche dopo che i medici ebbero spento l’apparecchio.
Non si rese conto più di niente, del fatto che le infermiere si fossero fermate, o che Casey sembrava essersi completamente paralizzato.
Solo una frase riuscì a smuoverlo del tutto. Anche se avrebbe voluto non udirla mai.
La voce affannata e leggermente angosciata del dottore, che declamava:
-Ora del decesso…02:15.-
  
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