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Autore: Moira__03    28/02/2012    3 recensioni
«Credo dovremmo parlarne meglio con lui, tesoro. D’altronde ha soltanto sette anni!» continuò la donna, sin troppo pensierosa.
«Accidenti, Bulma. Se la caverà! La sua vita non può essere più facile di come lo è già» disse il sayan, indirizzando la sua mente a vecchi ricordi riguardanti la sua infanzia, pensando e agendo tramite essi. Suo figlio aveva già tutto che lo rendesse felice e senza problemi, e quella donna non poteva viziarlo di quella maniera.
«L’allenamento mentale e fisico, non farà altro che giovarlo» concluse saggiamente l’uomo.

In questa nuova fic vorrei provare a descrivere situazioni inappropriate e decisamente fuori luogo per i sayan. La trama principale, su cui mi sono cimentata è principalemente l'interazione dei sayan con i terrestri, e ho voluto affidare questo compito ai due piccoli Goten e Trunks, ma non manca la presenza della loro famiglia, specie quella di Bulma e Vegeta.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goten, Trunks, Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo vide avvicinarsi correndo, con un ampio sorriso improntato sul volto, facendo quasi credere che non si vedessero da una vita. Trunks rimase stupido ed incredulo di fronte alla figura del suo più caro amico; l’unico con cui poteva essere sé stesso, nonché l’unico che portava dentro di sé il sangue di una razza quasi estinta, combinata con la presenza di cellule terrestri, dando vita ad un essere mezzo alieno dalla forza inaudita.
«Goten!» urlò entusiasmato il principino.
«Ciao Trunks!» salutò, mentre ancora si avvicinava, per poi arrestarsi davanti a lui con i pugni chiusi ed un’espressione visibilmente emozionata.
«Cosa ci fai qui?»
«Beh, mia madre ha deciso finalmente di farmi iscrivere» disse soddisfatto «Così  potremo vederci tutti i giorni!»
«Wow ma è fantastico! Almeno ora non sarò costretto a sorbirmi da solo la patetica presenza di tutti questi mocciosi» proferì allusivo, volgendo il capo verso i tre ragazzi presenti, mostrando loro un volto colmo di malizia e disprezzo.
«Che cosa vorresti insinuare marmocchio?» disse minatorio il più robusto, protraendo verso il sayan un pugno serrato, che confermava la voglia di dargli una lezione.
«Oh, sono tuoi amici questi?» chiese, percependo solo adesso la presenza di tre misere forze spirituali proveniente dai corpi accanto a loro «Piacere! Io sono Goten» disse allungando una mano ed elargendo un enorme sorriso ingenuo e all’apparenza sarcastico nei loro confronti.
«Cosa vuoi moccioso? Non ho alcuna intenzione di conoscere un bimbo così piccolo. E poi come vieni conciato a scuola? Ti sembrano dei vestiti adatti da sfoggiare in pubblico?» disse, notando la sua tuta arancione e la cinta nera attorno alla vita, mentre gonfiava la sua aria altezzosa e beffarda.
Il piccolo sayan in questione diede una rapida occhiata ai suoi vestiti, come per constatare le parole del ragazzo, e valutare se vi fosse un’eventuale stranezza in essi, per poi ritornare a guardarlo con un volto dubbioso e interrogatorio.
«Cosa c’è che non va nei miei vestiti?»
Prima ancora che l’ingenuità del sayan l’avrebbe spinto a dare motivazioni che, date le visioni dei terrestri, avrebbero toccato i confini dell’assurdo, Trunks si intromise e decise di tarpare quella pericolosa discussione.
«Lascia stare Goten! Sarà meglio che andiamo» proferì,  avviandosi nella direzione dell’ingresso della scuola.
Goten, per niente toccato dall’arroganza di quei tre ragazzini, seguì velocemente Trunks, affiancando il suo avanzamento.
«Come mai ti sei vestito in questo modo?» chiese il più piccolo, notando i vestiti formali del suo amico.
«Mia madre dice che a scuola non devo venire con la tuta da combattimento» rispose schietto, senza alcuna voglia di spiegare il perché; era sicuro che non ne avesse bisogno. Di sicuro Goten sapeva che non avrebbe dovuto accennare assolutamente in pubblico che loro non erano totalmente terrestri, conferma che poteva essere data solo dalla forza esplosiva insidiata in loro che li esulava dal contesto di “normale” avvicinandoli di più all’idea di discendenti di alieni reduci di guerre e violenze.
Iniziarono a percorrere i lunghi corridoi della scuola con lentezza estenuante, mentre Trunks faceva da guida al nuovo arrivato, come se frequentasse quell’istituto da anni.
«Eccoti finalmente, ma dov’eri sparito?»
Qualche metro più avanti, Chichi era intenta a dialogare con il preside, facendosi fornire alcune accortezze relative alla formazione e il metodo di insegnamento dei maestri, ma subito lasciò cadere quel discorso a mezz’aria quando vide il figlio che le era sfuggito di mano non appena erano arrivati, vedendolo correre verso destinazioni non più ignote.
«Scusami mamma. Avevo visto Trunks e non vedevo l’ora di fargli questa sorpresa» motivò, portandosi una mano dietro i capelli, imitando involontariamente e in una maniera incredibilmente uguale, gli atteggiamenti del padre.
«Piacere di conoscerti! Tu devi essere Goten ,giusto?» proferì il preside, portando le mani sulle ginocchia per potersi piegare a guardare il nuovo alunno.
«A quanto pare hai già fatto amicizia con Trunks!» asserì.
«Sono amici già da tempo. Si conoscono da ancor prima che nascessero» intervenne Chichi, di fronte alla palese difficoltà e timidezza del figlio.
«Perfetto! Così posso esser tranquillo che non sarà solo. E comunque la sua classe dovrebbe essere situata qualche metro più avanti di quella di Trunks» disse d’un fiato.
«Fantastico. Allora, tesoro, verrà a prenderti tuo fratello non appena uscirai da scuola»
«Ma mamma, posso tornare anche da solo» confermò, contrario al fatto che ci fosse bisogno dell’ausilio inutile di Gohan per tornare a casa dacché aveva la sua nuvola Speedy.
«Niente ma! Sei ancora troppo piccolo» si ostinò, mantenendo l’aria da mamma premurosa, occultando alla perfezione la verità esplicitata dal piccolo Goten «fai il bravo bambino, mi raccomando» concluse, prima salutare tutti i presenti cordialmente e congedarsi.
 
 
 
 
Assunse di nuovo la compostezza degna dell’erede di un principe quando fu di nuovo solo, senza la compagnia di Goten nella sua classe. La felicità nata nell’aver visto il suo caro amico assecondarlo e seguirlo in quella involontaria scelta di dover andare a scuola, sembrava essersi volatilizzata insieme al suo volto tranquillo ed emozionato, per ritornare ad assumere una posizione distaccata e quasi ostile.
La maestra fece il suo ingresso e tutti i compagni si alzarono. Subito gli occhi di lei si catapultarono nella sua direzione, attirata dal contrasto sin troppo evidente causato dal vuoto che Trunks aveva lasciato in mezzo a tutti gli alunni in piedi, dacché era ancora seduto.
Ma probabilmente non era questo il motivo per cui aveva deciso di volgere il suo sguardo verso di lui; e questo lo si comprendeva dal fatto che sul suo volto non vi era la minima traccia di rabbia o rimprovero, bensì era deformato in lineamenti volti a rivelare preoccupazione e quasi sgomento mentre lo guardava lì, fermo e assente, con la solita espressione rude e sprezzante.
Era rimasta ancora ferma sulla porta, senza badare al rispetto che le aveva donato il resto della classe, dacché i suoi pensieri erano divagati, ritornando indietro di qualche ora, pensando al probabile motivo di tanto rancore di quel bambino, ricordando quel triste avvenimento a cui aveva assistito,  quando aveva casualmente visto il padre di Trunks quasi uccidere sua madre.
Già dalla prima volta che i suoi occhi ricaddero in quelli di lui, così profondi quanto destati, che le sorse il dubbio che ci fosse qualcosa di tremendo occultato dietro quello sguardo sprezzante.
Credeva davvero all’ipotesi che lui serbasse tanta tristezza ed ostilità proprio per gli atteggiamenti prepotenti e spaventosi di suo padre.
Ma non volle darlo a vedere.
Non voleva ulteriormente aggravare la situazione, rivelandosi preoccupata e triste per lui.
Lei, da brava educatrice, avrebbe dovuto cercare in tutti i modi di suscitare tranquillità e felicità in tutti i suoi alunni, in particolar modo per coloro che apparentemente avevano problemi, manifestati sottoforma di atteggiamenti insoliti, proprio come Trunks dimostrava.
Ma non era del tutto sicura che adesso ci sarebbe riuscita. Non era stato facile ingoiare il groppone che quella scena aveva generato. Non era stata spettatrice di tutta la scena e fortunatamente non aveva visto il sayan far esplodere in mille pezzi una macchina con il solo movimento di due dita, tanto da divenir completamente pazza, ma non riusciva ancora a credere a quello che aveva visto. Un uomo dalla stazza irrilevante che alzava con estrema facilità sua moglie da terra, afferrandola dal collo con un solo braccio, solo per inculcarle terrore e minacce.
E non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero che Trunks potesse subire violenze da parte di suo padre.
Ma ovviamente, non conosceva affondo la situazione.
«Sedetevi ragazzi» proferì quasi tremante, con un aria per niente determinata e tranquilla, al contrario di quello che avrebbe dovuto dimostrare.
Cominciò la sua solita e noiosa lezione, senza rivelar alcun entusiasmo in quello che faceva  perché continuamente destata dallo sguardo rigido e intimidatorio del bambino seduto infondo alla classe.
Le ore trascorsero lente e pesanti, e la sua concentrazione era minima.
Per la prima volta non vedeva l’ora di terminare la lezione, nonostante fosse una donna che amava ciò che faceva, dacché cercava sempre di inculcare ai propri alunni ad essere ambiziosi e non fermarsi alle prime difficoltà. La si poteva considerare quasi un’educatrice alla vita.
Ma questa volta, il suo ruolo era divenuto del tutto vano.
Non volle nemmeno minimamente immaginare come sarebbe stato essere la madre di Trunks, con un padre così minaccioso. Anche se aveva sempre notato nella signora Brief, una spensieratezza unica e una felicità inaudita.
E tutto ciò non fece altro che confonderla.
Tirò un sospiro di sollievo quando sentì la campanella suonare, quasi avesse trattenuto per tutto il tempo il respiro.
Tutti i ragazzi, senza nemmeno preoccuparsi se la maestra aveva finito la sua spiegazione, si catapultarono nello spiazzale fuori, formando dei gruppi di gioco, così come di consueto.
Trunks fu l’ultimo ad uscire e sulla soglia della porta si blocco un attimo, rivolgendo un’occhiata alla sua maestra, facendola sussultare visibilmente.
«Tutto bene Trunks?» chiese, con evidente preoccupazione, mentre la sua fronte si velava di un freddo sudore.
«Certo» rispose, sciogliendo lievemente la glacialità delle sue parole con un sorrisetto «piuttosto dovrei farle io questa domanda» disse sfacciato, voltando il capo verso quei terrestri schiamazzanti, lievemente innervosito da questi.
«Certo che va tutto bene caro, ma ora vai pure fuori a giocare» disse, quasi per scrollarsi di dosso la pesantezza del suo sguardo.
Dopo un cenno di assenso, varcò la soglia e si diresse con passi cadenzati e sicuri, portando le mani nelle tasche, verso quella figura che man mano di avvicinava a lui per niente composto, identificata nel suo amico Goten.
«Com’è andata la giornata Trunks?» chiese
«La solita noia» asserì seccato.
«E adesso che si fa?» si domandò, guardando l’ammasso di bambini che correvano da una parte all’altra del giardino.
«Non lo vedi? E’ un momento di svago, dove tutti si mettono a giocare e fare quello che vogliono»
«Wow allora vuol dire che anche noi possiamo metterci a giocare!» disse entusiasta.
Trunks lo guardò dubbioso e quasi preoccupato delle implicite intenzioni nascoste nella frase, pensando a ciò che significava per lui il termine “giocare”.
«Che intenzioni hai Goten?» proferì, mentre riconosceva la tipica postura dell’amico quando era pronto a sferrare un attacco.
«In guardia Trunks!»
«Ma tu sei impazzito!!!» disse, mentre indietreggiava, parando il pugno che già aveva tirato, bloccandogli entrambe le mani.
«Goten ma che ti salta in mente!» sussurrò, facendo roteare gli occhi a destra e a sinistra per assicurarsi che nessuno aveva visto niente «credi che potremmo metterci a combattere qui? Davanti a tutti? Non lo sai che dobbiamo nascondere la nostra forza? O vuoi che tutti scoprano che siamo per metà dei guerrieri sayan?» disse repentino, cercando di dare brevemente spiegazioni sul perché avesse reagito in questa maniera.
«E cosa c’è di male scusa?» proferì, mascherandosi di stupore.
«Lascia stare. Devi solo metterti in testa che qui nessuno conosce l’esistenza dei sayan, e nessuno conosce quanto siamo forti. Perciò dobbiamo fare di tutto per mascherarlo. Quindi bada a ciò che combini» disse silenzioso.
Goten, mentre dava il suo assenso, si sedette a terra sbuffando.
«Che noia. E allora cosa facciamo?»
«Non ne ho idea» fece una lunga pausa prima che un avvenimento non indifferente e che gli era sfuggito, gli ritornò in mente, distratto da quel luogo così noioso e pieno di gente normale.
Si avvicinò a lui, pieno di quell’entusiasmo che gli arrecava la notizia che stava per dare all’amico
«Goten, quasi dimenticavo! Devo darti una notizia eclatante! Non crederai alle tue orecchie!» disse, mentre assumeva una posizione sicura e fiera, mettendo le braccia conserte e lasciando un minimo spazio di silenzio dedicato alla suspance.
«Ti annuncio che sono in grado di trasformarmi in super sayan!» disse, senza smuoversi, sfoggiando un ghigno soddisfatto e aspettando la reazione dell’amico.
«Wow! Davvero? Non ci credo, fammi vedere!» si emozionò.
«Non appena verrò a trovarti per allenarci ti darò una piccola dimostrazione»
«Voglio provarci anche io!» proferì, alzandosi e mettendosi in una posa di concentrazione, piegando le braccia e stringendo i pugni.
Prima ancora che Trunks riuscisse a fermarlo, il piccolo Goten iniziò ad incrementare la sua aura, adesso ben visibile attorno al suo corpo, generando uno spostamento d’aria paragonabile ad un tornado. L’aumento della concentrazione, non fece altro che innalzare maggiormente il vento e la terra circostante, causando una pericolosa situazione per tutti i bambini terrestri lì presenti, e che quasi non riuscivano più ad appigliarsi a qualcosa di solido, rischiando di volar via.
«Dannazione! Smettila Goten!!!!»
Trunks, notando la situazione circostante, si catapultò sul corpo del sayan, buttandolo a terra.
Il vento cessò, e i piccoli ammassi di terra e pietre che si erano innalzate, restando sospese a mezz’aria, ritornarono ad essere attratte dalla gravità della Terra, che per un momento sembrava essere svanita.
Tutto tornò come prima, con la differenza che molti bambini,sparsi qua e la in giro per il giardino, cominciarono a piangere ed urlare di fronte a quel fenomeno disastroso, fortunatamente pensando che fosse un evento naturale, dacché non avevano avuto il tempo di vedere chi fosse la fonte di tanto pericolo.
«Che succede Trunks?» disse Goten, in tutta la sua ingenuità, vedendo che il sayan si era preoccupato di una situazione alquanto normale per persone come loro.
Aveva solamente provato a divenire super sayan incrementando la sua aura. Che male c’era?
«Quante volte ti devo ripetere che devi trattenere la tua forza!? Non vedi che sono rimasti tutti spaventati? E per poco non finivano schiacciati da qualche parte!» rimproverò, mentre constatava che nessuno si fosse fatto seriamente male.
«Scusami Trunks. Non credevo potesse essere così pericoloso» annunciò, alzandosi e spolverando i suoi vestiti pieni di terra.
«State bene bambini?»
La maestra, vedendo Trunks e Goten parecchio lontani dal resto degli altri ragazzi, si avvicinò preoccupata per constatare le condizioni della loro integrità.
Fortunatamente anche lei era stata coinvolta dalla bufera innalzata, tanto da non esser neanche riuscita a badare a tutti i suoi alunni, troppo occupata a ripararsi ed aggrapparsi ad un solido sostegno.
«Si signora Lhira, non si preoccupi» confermò, voltandosi verso il compagno per donargli un’occhiataccia.
«Meno male» chiuse gli occhi, buttando via aria dai polmoni, insieme alla preoccupazione, imitando un sospiro di sollievo.
Si ristabilì, mascherandosi nuovamente di quell’aria serena e quasi autoritaria mentre richiamava a se l’attenzione di tutti i bambini presenti, battendo le mani e suscitando il silenzio.
«Bene bambini! E’ meglio che rientriamo subito, prima che si manifesti di nuovo quel tremendo vento!» annunciò, mentre Goten si addossava silenziosamente la colpa.
«Bada a stare più attento la prossima volta» disse Trunks in un sussurro, rimproverandolo mentre entrambi presero la via per entrare in classe.
«D’accordo. Non succederà più» assicurò a testa bassa seguendo l’amico.
 
 
 
 
 
Entrò in casa con un lieve sorrisetto disegnato sul viso, immerso nei ricordi di quella mattina passata, proiettando la frivola e innocente mente da bambino verso il caro pensiero di non dover essere più solo nel nugolo di terrestri in quell’istituto scolastico.
Con la mente affastellata da tali immagini, non si accorse di esser salito autonomamente sul piano superiore dirigendosi verso la sua stanza.
Scrollò la testa per scacciare le sue fantasticherie quando la voce cristallina di sua madre lo stava chiaramente invitando a scendere per pranzare.
Spaventato dal fatto di essere ignaro di quanto tempo era rimasto a rimuginare su quelle idiozie riguardanti Goten e lui, sperò che sua madre non lo stesse chiamando già da molto tempo e volò giù ad una velocità che mai si era permesso di usare in casa per non destare e spaventare sua madre.
«Scusami mamma. Mi sono trattenuto in bagno» mentì, mentre le sue guance avvampate rinnegavano la sua sicurezza.
«Tranquillo tesoro. Sei in perfetto orario» rispose lei senza badare a quelle parole.
A spezzare l’aria tranquilla che aveva rallegrato l’atmosfera fumeggiante di quella cucina, fu l’ingresso elettrico e sprezzante del principe, con una visibile irritazione maggiormente alimentato dal cipiglio nervoso presente sul suo volto duro.
«Buongiorno amore!» disse Bulma con enfasi voltandosi per un secondo, mentre la sua mente prontamente viaggiò indietro di un giorno, catapultandosi sul divano che poteva intravedersi dietro la porta, su cui la sera prima avevano dato vita ad un piccolo oceano di emozioni intrecciate «Andato bene l’allenamento?» chiese vanamente, tornando con il volto sui fornelli ancora sorridente, ben sapendo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Si premurò di apparecchiare con foga, dando di tanto in tanto occhiate a suo marito, nel chiaro tentativo di rimembrargli qualcosa.
Vegeta, dal canto suo, non diede per niente conto a quella donna che fluttuava da una parte all’altra della cucina, per poter riempire la tavola di enormi piatti stracolmi di miriade varietà di cibo.
Finalmente si sedette, sospirando rumorosamente a causa dell’affanno esiguo, dando un caloroso “buon appetito” prima di iniziare a mangiare tranquillamente.
Come di consueto fu la prima a finire il suo processo di sazietà, appoggiandosi con noncuranza sullo schienale della sedia, portando una mano sullo stomaco mentre vedeva i suoi due sayan abbuffarsi, senza il minimo accenno di un rallentamento, di tutte quelle pietanze ancora numerose sul tavolo.
Questa volta fu Trunks a sconvolgere l’andamento abituale delle cose, alzandosi per primo da tavola, schizzando fuori dalla cucina. Era intenzionato ad andare da Goten il più presto possibile, così come gli aveva promesso a scuola, per potergli mostrare i suoi nuovi poteri.
Quasi si stupì quando, in procinto di aprire la porta d’ingresso e volare verso l’amico, fu bloccato da suo padre che istantaneamente si era materializzato al suo fianco.
«Dove credi di andare?» soffiò in un palese ringhio Vegeta.
«Beh, da Goten» rispose, senza tanti giri di parole, conscio che avrebbe solo aumentato la rabbia del padre.
«Tu oggi non vai da nessuna parte».
Il piccolo sayan non riuscì a comprendere a pieno il significato di quelle parole dacché non aveva nessun motivo per dover essere trattenuto in casa. Suo padre era stato sin da sempre ostile nel volere un suo acculturamento, facendolo stare ore ed ore sui libri, perciò scartò questo pensiero sul nascere; e di sicuro non lo aveva fatto perché si preoccupasse di lui.
Non proferì parola. Aspettò semplicemente che il padre gli desse una spiegazione valida.
Un battito visibilmente accelerato del suo cuore, tuonò anche nella sua testa tanto da tarpare subitamente il pensiero di dover affrettarsi per uscire di casa, eliminandolo del tutto. Si concentrò sulle poche parole incisive e autoritarie del padre, come per un ulteriore conferma della loro autenticità, mentre un sentimento di sfrenata felicità si stava man mano districando nelle viscere del suo organismo.
«Oggi ti alleni con me» proferì il principe, donando a suo figlio il più pauroso e minaccioso sorriso che avesse mai sfoggiato, sapendo perfettamente, e con un po’ di rammarico, di non essere riuscito ad intimorirlo bensì a spronarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Finalmente il nuovo capitolo, sotto chiari incitamenti di Proiezioni Ottiche che mi ha indotto a finire stasera stessa la stesura della storia xD e dunque vorrei ringraziarla calorosamente per il sostegno. Inoltre ringrazio anche tutti coloro che sempre recensiscono e che continuano a seguire la storia esortandomi a continuarla, però purtroppo, come ho anche specificato dell’altra fiction, a causa della scuola dovrò un po’ rallentare i tempi di aggiornamento, sperando di non esagerare dacché purtroppo gli esami si avvicinano. Spero comunque che continuerete a seguire la storia ^^ un bacio a tutti :D e grazie in anticipo ^^.

   
 
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