Era passato
più di un mese dall’ inizio della scuola. Si stava
avvicinando Halloween, come
al solito le Cherios avevano organizzato una festa in maschera a casa
di Sasha,
ovvero la ragazza pompon che cercava di imitare in tutto e per tutto
Quinn Fabray.
Però quest’ anno, invece, Figgins era venuto a
sapere di questa festa e sotto
richiesta di tutti i reietti della scuola (sapevano benissimo che non
sarebbero
mai stati invitati alla festa), aveva organizzato un ballo.
Kurt si
trovava in nell’ aula di arte a realizzare dei cartelloni per
il ballo.
solitamente lui e Rachel facevano sempre coppia in laboratorio, ma da
quando
Rachel si era candidata alle elezioni di rappresentante di istituto
questo non
accadeva più: entrambi utilizzavano l’ ora di arte
per preparare volantini,
cartelloni e spillette pacchiane da distribuire.
Persino quel
giocatore di Hockey strampalato aveva preparato qualche cartellone.
Brittany
invece no; nonostante Santana la spronasse a fare qualcosa per la sua
campagna,
lei continuava a disegnare unicorni che rubavano l’
arcobaleno di Nyan Cat.
Nell’
ora di
arte dovevi sceglierti un compagno molto velocemente, sennò
saresti capitato in
coppia con Puck, che aveva la mano delicata di un ippopotamo, la
finezza di un
sasso, il gusto estetico di uno scimpanzé e la
laboriosità di un ghiro.
Solitamente
Kurt andava in coppia con Mercedes e Rachel con Finn, ma quel giorno
Frangetta
era stata più veloce di lui, e dopo aver preso per un
braccio ‘Cedes, l’ aveva
trascinata fino al suo tavolo.
Bene:
sarebbe andato con Finn. Ma Finn era con Sam. Allora sarebbe andato con
Quinn.
Ma quel giorno era assente. Kurt guardò spaventato verso un
tavolo posizionato
in penombra: vide Puck che gli sorrideva beffardo, e che muoveva la
mano molto
lentamente, in segno di saluto.
“No,
no, no,
no, no, no, no, no, no, no!!” pensò impaurito
Kurt, poi si avvicinò la
professoressa, la quale suggerì –Hummel, oggi
farai coppia con Puckerman, va’ a
sederti accanto a lui; magari, visto che hai un’ ottima mano,
potresti insegnarli
qualche buona tecnica di disegno… o farlo lavorare almeno un
po’. –l’
insegnante diede una pacca sulla spalla di Kurt. Il suo compagno,
intanto, si
era stravaccato sulla sedia, tenendo le braccia dietro la testa, poi
fece ciò
che Kurt odiava di più: mise i piedi sul tavolo.
-Puck, togli
immediatamente quelle schifezze dal tavolo!
–ordinò, indicando con l’ indice
tremante di rabbia i suoi piedi, pigramente appoggiati su un’
estremità del
mobile. –Uff! –sbuffò Puck
–Sei peggio della Berry, e non ti sto facendo un
complimento. –Puck voleva un sacco di bene a Rachel, solo che
questo bene era
dovuto al fatto che ci si fosse affezionato, non ad una simpatia.
-Non parlare
in questo modo di Rachel Stellina Berry! –a queste parole
Puck scoppiò a ridere
e, fra una risata e l’ altra, disse –Vi chiamate
così? Fammi indovinare: tu sei
Kurt froc… -a questo punto, Puck si fermò e si
schiarì la gola, imbarazzato
–Kurt Stellina Hummel. –nonostante avesse cercato
di rimediare al danno, Kurt
non lo perdonò per ciò che aveva quasi
detto.
-Comunque:
-rirese il ragazzo, appoggiando i gomiti sul tavolo –tu e
quell’ altra
sclerotica non vi parlate da più di una settimana!
–Kurt ignorò completamente
ciò che aveva detto Puck, estraendo dalla cartella un album
da disegno. Intento
il suo amico gli fregò un foglio: almeno aveva preso del
materiale, anche se
non era suo, e anche se dopo circa dieci minuti si ritrovò
ad ideare un
pittoresco aeroplanino.
-Quanto mi
dai se riesco a far atterrare il mio aero dritto, dritto nei capelli
della
professoressa? –chiese Puck, facendo automaticamente
distrarre Kurt, che stava
realizzando una scritta con su scritto: No
tu violence, vote Hummel. –Ti do una scarpa in
testa, ti va bene? –chiese
seccato il ragazzo. La “L” di Hummel era venuta
monca, perché per l’ enfasi
della sua prodezza Puck lo aveva strattonato con veemenza.
–Mia-ao! Siamo sulla
difensiva Hummel? – Kurt perse del seconda volta la
concentrazione, così
scagliò la matita contro il tavolo e si avvicinò
al volto di Puck, digrignando
i denti –Vuoi stare zitto o devo farti mangiare quel cazzo di
aeroplano?- Kurt
aveva le guance che erano un fuoco, così Puck se ne
approfittò della situazione
per farlo arrivare all’ apice dell’ ira.
-Hey Hummel!
–lo chiamò con voce antipatica Puck.
–Che accidenti vuoi? –Kurt stava per
lanciargli contro la matita, ma evitò. –Come sta
il messicano? –Kurt sollevò lo
sguardo. -Io non conosco messicani. –disse, fingendo di non
aver capito di chi
stesse parlando. –Come no? E Anderson? –Kurt sui
avvicinò al planisfero, e
indicò uno stato dell’ America latina.
–Questo è Porto Rico. Fatti una cultura,
ignorante.-
Proprio in
quel momento suonò la campanella, così Kurt fu
libero di andarsene stizzito. Nel
corridoio incontrò Blaine. Voleva chiedergli di incontrarsi
a casa sua per
preparare qualcosa per le elezioni. In realtà, Kurt aveva
bisogno solo di una
persona carismatica che dicesse “Vota Hummel”, per
i cartelloni e le spillette
ci poteva pensare benissimo da solo.
Controllò
che
nessuno lo vedesse dirigersi verso Blaine: era fiero di ciò
che era, certo, ma
non voleva mettere in mezzo Blaine.
-Ehi, Kurt!
–salutò
Blaine con entusiasmo. Blaine, invece, non si era fatto problemi: molti
si
erano girati, capendo che erano amici. –Ehi!
–risalutò timidamente Kurt, poi si
avvicinò all’ armadietto del suo amico
–Allora… -chiese imbarazzato –Come va?
–Blaine
chiuse con enfasi l’ armadietto. Quel giorno aveva preso il
libro giusto.
-Perché
questo imbarazzo? Oh… aspetta: non mi starai mica per dire
che non puoi più
darmi ripetizioni? –chiese il ragazzo, allarmato.
–No, no! È solo che eri un
po’…
strano negli ultimi tempi. –Kurt abbassò gli
occhi, mentre l’ altro tirò un
sospiro di sollievo.
-Io, ehm, ti
volevo chiedere un favore? –chiese Kurt, sentendosi avvampare
senza un motivo
ben preciso. –Dimmi tutto! –Blaine era
più energico del solito. La cosa cominciava
a diventare strana. –Mi farebbe molto, ma molto piacere, se
tu venissi… oh,
insomma! –sbottò Kurt, stufo di sentirsi in
imbarazzo con il ragazzo più alla
mano del mondo –Verresti a casa mia, dopo la scuola, per
preparare qualcosa per
le elezioni? –Blaine si mise a ridere, poi annuì
con enfasi.
-Andiamo in
classe? Tanto siamo insieme a spagnolo, no? –Blaine sorrise,
pregustandosi l’
ora di ricreazione che lo attendeva. Il ragazzo moro
cominciò a saltellare
verso l’ aula di spagnolo, dando del filo da torcere alla
flemma del suo amico.
-Ora mi devi
spiegare come fai! –esclamò Kurt, sorridendo
appena, felice di rivedere il suo
amico in forma. –A fare cosa? –chiese avvicinandosi
talmente tanto a Kurt, che
il soprano sentì pizzicore alla testa. –Come fai
ad essere così euforico di
lunedì, soprattutto se si tratta della seconda ora.
–Nonostante fossero le nove
passate, Kurt, come tre quarti del resto della scuola, aveva ancora un
pezzo di
cuscino attaccato alla faccia. –Sono solo contento di essere
qui! –gridò Blaine,
mentre entrava in classe. –Qui? - -Sì! Qui, a
scuola!-Kurt non riusciva a
capire come potesse essere anche solo lontanamente contento di trovarsi
in quel
liceo decadente, pieno di trogloditi e persone ignoranti che credevano
che
Porto Rico fosse in Asia.
-Ha, Kurt!
–disse
Blaine, prima di prendere posto in ultima fila.
–Sì?-
-Buona
lezione! –Kurt lo fulminò con lo sguardo,
prendendo posto al primo banco.
Kurt stava
aspettando il suo amico. Era seduto sul divano, sporgendosi ogni trenta
secondi
per vedere se era arrivato. La pioggia batteva sui vetri. Era strana:
prima si
schiantava con violenza e poi scivolava soave sul vetro. Ad un certo
punto si
sentì quel giro armonico di rumori che ti rende felice
quando stai aspettando
una persona: una macchina che parcheggia, uno sportello che sbatte, i
passi sul
vialetto e dopo qualche borbottio, il campanello.
Kurt non
aprì immediatamente, per non dare l’ impressione
di aspettarlo: lo faceva tutte
le sante volte che Blaine arrivava, ovvero ogni volta si appoggiava
alla porta e
seguiva con lo sguardo il percorso che andava dalla cima delle scale
fino alla
porta. Almeno non ci avrebbe messo troppo, o troppo poco.
Mentre era a
metà scalinata sentì Blaine dire –Odio l’
iluvia! –così non potette resistere,
mandando al diavolo il suo percorso
visivo. –Buenos dìas! –salutò
Kurt,
facendo sorridere Blaine che disse –Tu
acento apesta! – (che vuol dire “il tuo
accento fa schifo”). –Che
significa? –chiese Kurt, spalancando i
suoi fanali azzurri. –Ho detto che sei carino.
–dopo questa bugia, le guance di
Kurt s’ imporporarono.
-Ti faccio
vedere cosa ho fatto durante l’ ora di arte! –Kurt
si avviò verso la cucina per
prendere il suo cartellone, quando Blaine disse qualcosa che gli
penetrò nella
testa. –Certo! –
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Poi
tornò
trionfante, con in mano un cartellone molto sobrio.
–E’ solo uno schizzo, poi
stasera lo faccio a computer e ci metterò una mia foto. Che
ne pensi? –Blaine applaudì,
orgoglioso del suo amico.
-Potremmo
cominciare a farlo ora. –suggerì Blaine
–ma poi o dovresti finire da solo,
perché sarà una cosa lunga. –gli occhi
di Kurt s’ illuminarono e fingendosi
disinteressato propose –Potresti rimanere qui, per cena.
–Kurt si sedette sul
divano, sperando di non ricevere qualche altra risposta brusca.
-Non posso
proprio,
mi dispiace. Ho da fare. –Kurt cominciò ad
analizzare questa frase. “Ho da fare”
è la stessa identica cosa di “ho un
impegno”. Molto probabilmente era lo stesso
della volta scorsa. Però c’era qualcosa di
diverso: la settimana prima il
ragazzo era pallido e debole, mentre ora era tornato il Blaine di
sempre. “Forse
stava male.” Ipotizzò Kurt, ma la cosa non lo
convinceva.
Comunque
cercò di sembrare sereno, così scherzò
–Però stavolta cerca di mangiare! –ma
nonostante
quella fosse una battuta, Blaine si irrigidì poi gli
confidò –Non credo che
riuscirò a mangiare. –poi abbassò lo
sguardo, un po’ sconsolato, e forse
preoccupato dall’ idea di digiunare. -Tra quanto devi andare
via? –chiese Kurt.
–Tra una decina di minuti vado.- Kurt pensò ad una
soluzione che nella sua
testa appariva come una cosa ovvia, infatti si meravigliò
che non ci avesse già
pensato. –Potresti mangiare ora. –Blaine
scoppiò a ridere. –Molto dolce, ma
sono appena le otto e non sono abituato a mangiare così
presto: in Puerto Rico
ceniamo più tardi. –Kurt annuì,
facendogli cenno di aver capito, anche se in
realtà non capiva perché non cercasse di
abituarsi.
-Okay, ma
visto che fra cinque minuti te ne devi andare, ora renditi utile.
–ridacchiò Kurt,
soddisfatto del suo tono imperioso. –Che dovrei fare?
–Kurt gli fece cenno di seguirlo.
–Mi dovresti aiutare a portare degli scatoloni in soffitta.
–Blaine si irrigidì
e poi chiese –Perché lo chiedi a me?
–ovviamente il suo amico non si aspettava
una risposta del genere –Perché sono solo in casa.
E dai, dammi una mano! – Blaine
odiava sentire la gente supplicare, quindi accettò.
Cominciarono
a trasportare quei maledetti scatoloni. I primi due che Blaine
portò erano
abbastanza leggeri, ma poi arrivò il terzo che lo
colpì all’ improvviso.
Intanto
Kurt, che si era dato l’ importantissimo compito di
spolverare le scatole, notò
che Blaine aveva le braccia che erano cinque volte le sue.
–Ma tu vai in
palestra? –chiese mentre l’ altro ragazzo tornava
per prendere la quarta
(ovvero l’ ultima) scatola. Intanto Blaine cercava pensava a
qualcosa da dire,
perciò Kurt pensò che stava mentendo.
–Ci andavo quando ero in Puerto Rico. –Poi
non aggiunse altro, così Kurt tacque.
Dopo che
Blaine se ne fu andato, Kurt cominciò a pensare. Prima cosa:
venerdì era
debole, e lunedì era in piena forma. Molto probabilmente si
era riposato durante
il fine settimana, è vero, ma ciò non spiegava
come mai fosse così stanco il
venerdì precedente. Seconda cosa: aveva sempre impegni, ma
non voleva dire che
doveva fare. In più durante questi impegni non poteva
mangiare. Terzo: era restio
a dire la verità, oppure al raccontare tutto. Quarto: non
voleva abituarsi alle
abitudini americane. Quando Kurt pensò questo gli si
gelò il sangue nelle vene.
“E se
Blaine
volesse tornare in Porto Rico?” questo quesito lo
terrorizzò, e quella notte
non riuscì a dormire bene.
Kurt decise:
lo doveva aiutare.
Buongiorno a
tutti!
Anzi, anche
questa volta sono costretta a dirvi buona sera. Uff, non riesco mai a
postare
ad un orario decente. Comunque: questo capitolo mi è venuto
più lungo (Yeah!) e
spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!
<3 Margy
<3