Ho anche notato che l'html di alcuni capitoli era a dir poco terribile, quindi mi sto adoperando per cambiarne la grafica.
Vogliamo anche ringraziare tutti coloro che ci hanno recensito, letto, seguito.
Ogni singolo click ci ha fatto felicissime, grazie!
Vi presentiamo quindi il 13° Capitolo della nostra storia ... E non disperate, cercheremo di pubblicare il prossimo appena possibile!
A ogni modo, questo qua sotto è un capitolo di passaggio ... ma davvero importante! Qualche dubbio sarà finalmente chiarito ... e ... beh ... qualcosa rimmarrà irrisolta.
Ci farebbe infinito piacere sapere la vostra opinione tramite recensione :)
Speranza
POV
Edward
Ero stanco.
Qualcuno se ne
sarebbe potuto stupire, vista la mia condizione: ero un vampiro. Un
essere
forte, sovrumano. Un animale, dilaniato dalla sete di sangue.
O
forse no?
Da qualche
parte, ne ero sicuro, dentro di me si agitava qualcosa; qualcosa di
umano.
Amore.
E nomi:
Carlisle, Alice … Esme … Bella. Renesmee.
Ed era per
questo che ero stanco.
Sarebbe stato
facile, accettare la proposta dei Volturi: la vita delle persone che
amavo, in
cambio dei miei servigi. In cambio dei miei poteri, per
l’eternità.
Mi avevano fatto
un proposta ufficiale, lì, mentre noi tutti combattevamo per
salvare Renesmee.
Aro mi aveva
guardato negli occhi, e io avevo potuto sentire i suoi pensieri.
“Unisciti a noi
… E loro rimarranno in vita.”
E io avevo
pensato a Bella. A quanto l’amavo. A quanto ero preoccupato
per la sua
incolumità: era umana, aveva bisogno di protezione. Renesmee
… la amavo così
tanto. E la mia famiglia? Non sarebbero sopravvissuti contro i Volturi.
No.
Guardai Aro
negli occhi, e annuii impercettibilmente.
Poi, tutto
divenne più difficile.
Fuggii; i
Volturi mi seguirono, lasciando in pace il resto dei Cullen. Ci
allontanammo da
Forks, instancabili, il più lontano possibile.
Dove potevo
rifugiarmi?
I boschi
divennero la mia casa per sette giorni, ma ormai loro erano sulle mie
tracce.
In un modo o nell’altro, mi avrebbero trovato.
Mi portarono a
Volterra.
E lì, iniziò la
tortura.
Alec teneva gli
occhi fissi su di me, mentre parlava al telefono con un altro Volturi
–
Felix?-, che si trovava a Forks. Una parola, e avrebbero sterminato la
mia
famiglia.
Cercai di farla
soffrire il meno possibile.
“Gli servi”
rispose lei.
Fu allora che capii
cosa dovevo fare.
Quando dissi ad
Aro che accettavo di fare parte della sua guardia, il suo volto si
contrasse in
un sorriso. Poi ascoltò le mie condizioni.
E ora ero
lì, in
Alaska, giocando una partita estremamente pericolosa, in cui una sola
mossa
falsa avrebbe potuto uccidermi.
O peggio,
uccidere la mia famiglia.
Cercai
di
rammentare i loro volti, le loro voci. Lo facevo per loro.
Erano tutto: la
mia vita, il mio obbiettivo.
La mia speranza.
Ero distrutta,
distrutta da tutto ciò che mi circondava.
Le cose
sembravano andare meglio, almeno così mi faceva capire
Edward.
Eppure, qualcosa
mi diceva il contrario, sapevo che la tempesta sarebbe ricominciata.
Mille pensieri
vorticavano nella mia testa e non sapevo più a quale dare
una risposta, non le
avevo.
Era tutto un
segreto, lo era sempre stato in fondo. E come darmi risposte se non
riuscivo a
pormi delle vere e proprie domande?
Rovistai in
bagno, nel cassetto dei medicinali alla ricerca di qualche pastiglia
per la
testa.
Aprii la
scatoletta e mandai giù una compressa.
Improvvisamente,
la vibrazione del mio cellulare mi fece cadere la scatola con le
compresse a
terra.
Risposi senza
neanche guardare chi fosse nel display.
“Pronto..”
“Bella,
sono
Stella. Scusami se ti chiamo a quest’ora, ma ho provato anche
questo pomeriggio
e..beh, stavi dormendo?”
“No,
tranquilla”
la rassicurai.
Sentii un breve
silenzio. “Ok allora. Volevo chiederti se avevi voglia di
venire a scuola con
me domani. Andiamo insieme, se ne hai voglia..”
Corrugai la
fronte. “Stella, è più di un mese che
andiamo a scuola insieme, non è una
novità”.
La sentii
ridacchiare. “Si, ovviamente lo sapevo. Intendevo con la
macchina. Andiamo a
scuola con una macchina..” scandì bene le ultime
parole.
“Aspetta.
Da
quando hai una macchina?” domandai.
Da quando ci
eravamo trasferiti non avevo sentito la necessità di
comprarmene una o di
affittarla.
Non che dovessi
girare tutta la città, avevamo tutto quello che serviva
nelle vicinanze, e
In
realtà,
aspettavo solo il giorno per ritornare a Forks, non sarei rimasta per
molto
tempo in Alaska, per cui non ne valeva la pena. Almeno era quello che
speravo.
“Da..oggi!”
rispose entusiasta.
Per un attimo
avvertii una sensazione di angoscia.
“Beh,
quindi? Ti
passo a prendere domani?”.
Chissà
per quale
motivo avrei voluto che fosse stato qualcun altro a farmi una domanda
del genere,
ma evidentemente niente sarebbe stato più come prima.
“No”
risposi
secca. “Il biglietto del bus non è ancora scaduto,
penso andrò con quello”
risposi secca.
“O-ok”
la sentii
balbettare “Come vuoi. C-ci
vediamo a
scuola allora..Buonanotte”.
Attaccò
senza
neanche aspettare una risposta, e io, imbambolata, mi sentivo
totalmente in
colpa.
Stella era la
persona più dolce che avessi mai conosciuto, o quasi.
Era stata una
delle poche persone con la quale ero andata d’accordo dal
primo giorno e mi
aveva aiutato, sempre, ogni volta che poteva.
Sembrava avessi
trovato un clone di Alice qui in Alaska, era quello che provavo ogni
volta che
stavo con lei..
L’unica
cosa
diversa era che lei non sapeva la verità su di me, non avevo
mai aperto bocca.
D'altronde, come potevo? Mi avrebbe riso in faccia. Mi avrebbe guardato
negli
occhi e sarebbe scappata via urlando: 'ma con chi diavolo ho stretto
amicizia
io? Una pazza!'
No, non sarebbe arrivata fino a quel punto, ma sarebbe scappata lo
stesso, e
forse avrebbe fatto bene.
Probabilmente in
quel momento stava pensando che fossi la solita ragazza alle prese con
attacchi
da
oh-mio-dio-quanto-è-figo-quel-ragazzo-ma-a-lui-non-piaccio o
qualche altra
paranoia adolescenziale. Non sapeva niente di me, ma non era colpa sua.
Riuscivo
a prendermela sempre con chi era innocente, chi non c'entrava
assolutamente
nulla. Era sempre così, ormai.
Mi sentii una
schifo e digitai tremando il suo numero di telefono, con la paura di
ricevere
un bel 'vaffanculo' diretto.
Chissà, forse mi avrebbe fatto bene, mi avrebbe svegliato.
Mi sarei
aspettata una valanga di insulti, ma non fu così.
“Bella?” rispose calma dopo
un paio di squilli.
“Sai,
odio
quell’ autobus puzzolente pieno di gente che ti schiaccia
come una sottiletta
in un angolo..”
Rise.
“..e quel
depresso accanto che spara canzoni heavy metal alle 7 di
mattina..”
Presi un
respiro. “E’ ancora disponibile un posto tranquillo
in macchina?”
“Certo”
rispose
subito.
“Scusa
Stella,
davvero. Non so cosa mi sia preso. Sono solo..stanca, ecco”.
Cercai in
qualche modo di dare una giustificazione. Banale, ma l’unica
che potessi darle
per il momento.
“Bella,
tranquilla. Capita a tutti, è normale, non devi
scusarti”.
Sbuffai.
“Si, ma
capita solo a me. Sono un disastro”.
Avrei voluto
tanto
imparare a tenermi tutto per me. Lo facevo, ma con chi non dovevo. Gli
unici a
rimetterci erano sempre le persone che mi stavano vicino, mio malgrado.
“Non
lo sei..te
lo assicuro” disse dolcemente.
Seguirono attimi
di silenzio. “Stella?”
“Si?”
“Sei
un’amica
fantastica. Ti voglio bene, seriamente. E grazie di tutto, sto davvero
bene con
te, mi fai sentire bene”.
Fff.
Brava
Bella, brava. Sputa
il rospo solo quando ti fa comodo e fai la figura della
scema, dai.
Lo pensavo
davvero, non era una di quelle bugie che ero costretta a raccontare
per nascondere la mia vita, ma mi venne spontaneo sussurrare un "che
stupida", riuscivo sempre a peggiorare le mie 'belle' figure, bene.
"Ehm..Bella,
credo di non aver capito l'ultima cosa.."
"No, lascia perdere, sono una cretina. Davvero" sbottai con me stessa
e chiusi con forza lo sportello del bagno.
“Ok, credo di
essermi persa qualche passaggio, domani mi spieghi" la sentii
rispondere
dolcemente.
Si, cosa ti
spiego? Ti spiego che sono una stupida, che parlo quando non devo,
quando
dovrei non lo faccio e me ne esco sempre al momento sbagliato. Un punto
in più
per Bella, si, sbuffai.
"E'
che..quelle parole dovevano risultare vere, invece sono passate per
tutt'altro,
ecco".
"Bella, posso dirti una cosa?" Eccoli, sarebbero arrivati tutti
insieme i 'complimenti' che mi aspettavo.
Chiusi gli occhi
nell'attesa di una risposta. "Ti fai troppi problemi, tu. L'avevo presa
come la cosa più dolce del mondo, io".
Sorrisi. "Quindi - continuò - vedi di non romperti la testa
con queste
cavolate, ok? Altrimenti domani, appena ti vedo, inizio a prenderti a
pizzichi"
Mi misi seduta
ai bordi della vasca - "No, quello no! Sai che non li sopporto!"
La sentii
ridacchiare, ma la immaginai ridere maleficamente. "Secondo te, potrei
fare qualcosa che sopporti? No, era quello il mio intento".
"Sempre
gentile, grazie".
"Non
c'è di
che. Allora? Sto aspettando una risposta" disse velocemente,
mangiandosi
le parole e marcando, involontariamente, l'accento italiano.
"Ok, va bene" sorrisi.
Tossì un paio di
volte "Mh, allora domani, alla solita ora?"
“Ok,
domani alle
7 sotto casa. Perfetto!” risposi contenta.
“Beh,
buonanotte
allora..”
“Buonanotte,
Stella.”
Ma prima che potessi anche solo avvicinare il dito al pulsate per
terminare la
chiamata ...
"Eh..Bella?"
"Si?" risposi curiosa.
"Hai presente quella cosa dolcissima che hai detto prima, no? Vale
anche
per me".
Aw. "Non farmi piangere a quest'ora, ti prego".
La sentii ridere piano "Buonanotte".
Spensi il
telefono e lo rimisi al solito posto, nella mia tasca.
Avevo bisogno di
una pausa, ero stanca e avrei volentieri
fatto una bella dormita, anche se era più di un mese che non
riuscivo a
chiudere occhio per più di due ore.
“Eppure
da
qualche parte devo averle messe..” sbuffai davanti allo
sportello del bagno, lo
riaprii.
Finalmente
trovai la bottiglietta di gocce per conciliare il sonno e ne versai una
decina
in un bicchiere.
Raramente
mandavo giù quello schifo, ma era l’unica cosa che
mi garantiva qualche ora di
riposo.
Mi avviai verso
la sala, sentivo le voci provenire dal televisore ed ero sicura fossero
lì
davanti.
“Hey
tesoro,
vieni qui..” la sollevai e la presi in braccio appena la vidi.
Aveva i capelli
raccolti in una coda di cavallo, profumati e pieni di boccoli ramati
che le
ricadevano sul viso.
Mi strinse forte
in un abbraccio, come non faceva da tempo ormai, ma sapevo che la colpa
era
solo la mia.
Non ero
più la
stessa, non lo ero con nessuno.
Affondai il viso
tra i suoi capelli e cercai di non farmi prendere dai sensi di colpa.
Jacob era seduto
accanto al bracciolo del divano e ci guardava sorridente.
Sembrava
tranquillo e non aveva più quell’aria da duro di
qualche ora prima.
Fui sollevata,
non volevo discutere di nuovo, non quella sera.
Mi sedetti
accanto a lui con Renesmee sopra le mie gambe e lo guardai sorridendo
appena.
“Allora, cosa
avete fatto oggi?” chiesi.
“Siamo andati al
parco insieme a Paul e Eleonor..” sorrise Nessie mentre
giocherellava con le
mie mano.
Corrugai la
fronte. “Paul e Eleonor?” domandai rivolgendomi a
Jake.
Rise.
“Si, i
figli dei vicini. Si sono accorti solo oggi che questa casa ora non
è più
disabitata, ma sono stati molto gentili”.
“Ah.” Risposi
sorpresa. “E vi siete divertiti?”
“Si.
Ho parlato
con Eleonor, ma Paul è ancora troppo piccolo e piange
sempre” scrollò le spalle
“Annie, la loro nonna mi ha fatto assaggiare dei biscotti
buonissimi..” scese
dalle mie gambe e si diresse in cucina.
Ritornò
con un
piatto colmo di mini biscotti colorati “Me ne hanno dati
anche un po’ per te”.
Jacob allungò
una mano, ne afferrò uno e Renesmee gli lanciò
un’occhiataccia.
“Oh,
devono
essere davvero gentili..” ne afferrai uno anche io.
“Quella
signora
già stravede per Nessie e le regala un sacco di dolci, non
è giusto!” esclamò Jacob
“Renesmee guarda qua, Renesmee puoi prendere questo, Renesmee
guarda cosa ti
regalo..” imitò una voce stranissima e mise il
broncio lasciando intravedere un
sorriso “e io?”concluse Jacob.
“Te
sei un
pochino cresciuto Jake..” risposi facendo un occhiolino a
Nessie.
Renesmee sorrise
sedendosi di nuovo sopra le mie gambe e Jacob alzò gli occhi
al cielo
sbuffando.
La baciai su una
guancia e la strinsi forte. Si avvicinò al mio orecchio e
sussurrò “Non sono
molto d’accordo su questo” stando attenta a non
farsi sentire da quel ragazzone
accanto a lei.
Non potei fare a meno di ridere e riuscii a malapena a soffocare la
risata con
una mano.
Eravamo pronte ad uno sguardo fulminante di Jacob, che però
non arrivò.
Si guardava in
giro, cercando non so cosa. All’improvviso abbassò
lo sguardo verso terra.
“Ah,
Bella..ha
chiamato Edward poco fa” mi informò.
Mi voltai a
guardarlo. “Come mai ha chiamato proprio te? Non aveva il mio
numero?”
“Voleva
solo
sapere come stavate. Pensava dormissi e non voleva
svegliarti”.
“E
cosa..ti ha
detto altro?” domandai velocemente.
“Mi ha detto di tranquillizzarti. Ha detto che si
farà vedere presto, l’ha
giurato. Ecco, è tutto quello che mi ha detto”.
Scrollai la
testa. “E’ incredibile. Non ci capisco
niente..prima se ne va via, torna, si
comporta in modo strano e poi chiama te per sapere come stiamo. Anche
oggi,
appena ha visto quel ‘qualcuno’ fuori la finestra
ha cambiato atteggiamento.
Riesci a capirci qualcosa te?”.
Spostò
lo
sguardo verso terra e strinse i pugni per poi riaprirli.
“Probabilmente..forse
poteva essere un vampiro” concluse tutto d’un fiato
abbassando la voce.
“Poteva,
o lo
era?” lo guardai seria.
“Probabilmente
lo era. Bella, non prendertela”.
Rimasi
impietrita “Ora lo difendi anche? Da quando siete diventati
così intimi?”
Iniziai ad alzare la voce involontariamente “Da quando vi
divertite a tenermi
sempre all’oscuro di tutto? Non eri te quello ch- “.
“Bella”
mi fermò
“Non lo sto difendendo, non lo sto facendo. Lo aiuterei,
potremmo aiutarlo, ma
non dice nulla neanche a me” rispose sospirando.
“Non
ti dirà mai
niente, non dirà mai niente come ha sempre fatto..e il fatto
che io debba
venire a sapere certe cos-” mi fermai appena in tempo.
Nessie ci
ascoltava e non avrei dovuto neanche iniziare quel discorso.
Rimandai
velocemente
indietro una lacrima senza farmi vedere.
Jacob si
avvicinò e mi strinse con un abbraccio “Prometto
che proverò a scoprire
qualcosa..anche se non voglio ammetterlo, Edward è mio amico
e devo pur fare
qualcosa anche io, è mio dovere. E devo chiederti scusa per
oggi, mi sarei
dovuto trattenere..” sospirò “..ma non
è stato facile”.
Negai con la
testa e sorrisi.
“Ti
aiuterò,
Bella. Andrà tutto bene. L’ha detto anche lui, no?
Fidati” mi rassicurò.
“Già.
Dovrei
farlo, ma non è facile neanche quello. Sembra si diverta a
mettermi confusione
in testa. Già lo sono, seriamente, eppure lo fa ogni giorno
che passa. Non ci
capisco più niente. E quel..quel vampiro di cui parlavi?
Aggiungiamo altra
gente, evviva. Riuscirò mai a
capirci
qualcosa?!”.
“Ma..non
so,
Bella. Forse sei te che..pensi troppo.
Probabilmente la cosa è più semplice
di quello che sembra..no?” mi
guardò poco convinto.
“Certo, Jake, certo. Credo che tutto ciò che penso
io sia niente in confronto a
quello che sta succedendo in realtà. Ora, anche in questo
preciso istante”
risposi, mentre il mio cervello iniziava ad andare in fumo.
Lo sentii
ridacchiare “Okay, è molto rassicurante parlare
con te, veramente” scherzò per
poi tornare serio.
“Senti..” continuò “a parte
gli scherzi, non penso sia nulla di grave,
spaventoso o qualsiasi cosa ti salti in mente. Era abbastanza
tranquillo, se
fosse stato … oddio, l’avremmo capito, non
pensi?” sospirò “Io credo che tutto
quello che dobbiamo fare è aspettare. Aspettiamo, le cose
andranno a posto.
Edward sa cosa sta facendo”.
Lo speravo, seriamente. Avrei voluto mettere in ordine nella mia
testa..la mia
vita. Eppure non ci riuscivo.
Come se la mia vita fosse stata un puzzle da 500 pezzi, ma non riuscivo
a
trovare i dieci -o forse anche più- pezzi mancanti.
Tutto
ciò che
mancava per completare il mio puzzle, in realtà, era Edward.
Senza di lui al
mio fianco non sapevo nulla.
“L’ho
sempre
saputo quello. Sa benissimo cosa sta succedendo e..okay, io non devo
saperlo,
cercherò di farmene una ragione, anche se
continuerò a torturarmi ogni giorno,
e lui lo sa bene. E’ l’unica cosa che posso fare
oltre ad, ovviamente,
aspettare” risposi con la gola secca.
“Sarà
lui a
sistemare le cose, Bella, lo sta già facendo. Te non devi
preoccupartene,
stanne fuori. Vedrai che non è niente e che
tornerà tutto al suo posto, ogni
cosa. E’ questione di poco di tempo” sorrise.
Lo imitai,
comparve un piccolo sorriso sul mio viso, un sorriso di speranza.
“Vorrei avere un po’ della tua
positività, Jake. Anche solo un quinto di quella
che hai te. Basterebbe, per me” scrollai la testa.
“E’ per questo che sono qui, no?”
Mi avvicinai e
lo abbracciai forte.
Nessie dormiva
appoggiata al bracciolo del divano e il suo viso appariva,
fortunatamente,
rilassato.
“Penso che..la visita di Edward oggi le abbia fatto bene. Era
contenta..non la
vedevo così da settimane” sussurrai mentre Jacob
accarezzava il mio braccio.
“E’ tutto ciò che le manca. Anche a me
mancherebbe mio padre” rispose deciso.
Mi morsi il labbro. Mi sentivo così in colpa, eppure..non
potevo fare niente.
“Ha fatto bene anche a te..” continuò
guardandomi negli occhi.
“Non
proprio.
Non sopporto l’idea di averlo vicino senza sapere quando lo
rivedrò, quando se
ne andrà e se ritornerà. Mi fa impazzire tutto
questo” distolsi lo sguardo
verso la finestra “…Si, mi ha fatto bene, in
fondo. Passo per passo, devo
farcela, dobbiamo. Devo farlo a partire da oggi. Solo così
posso pretendere che
le cose ritornino al proprio posto”.
Vidi i suoi occhi inumidirsi, stranamente. Solitamente ero io quella
che si
faceva prendere da tutto, da ogni piccola cosa, soprattutto quando ero
persa,
sola, senza il supporto fondamentale di Edward.
Eppure, quella sera, Jacob
prese il mio posto e lasciò a me le sue poche speranze.
La sveglia
segnava la solita ora, i vestiti erano già pronti sul
bracciolo della poltrona
posta accanto alla finestra, Nessie dormiva ancora nel suo letto e la
macchinetta del caffè bolliva in cucina.
Tutto questo si ripeteva ogni mattina, da una decina di settimane.
Era ormai
arrivato Aprile e tutto ciò che aveva portato l'inverno era
ormai solo un
ricordo.
Mi avvicinai
alla finestra della mia camera e osservai lo splendore e la calma della
città.
Gli uccelli
volavano alti nel cielo limpido, finalmente le giornate serene
iniziavano ad
essere sempre più frequenti, nonostante il vento freddo e le
temperature non
più superiori ai 5 gradi.
Il mio respiro
sul vetro creò una piccola chiazza opaca, succedeva anche
quando ero piccola e
ogni volta mi divertivo a fare uscire il mio lato artistico.
Senza pensarci
troppo avvicinai l'indice al vetro ed iniziai a lasciarmi andare ai
pochi
ricordi che erano rimasti nella mia mente.
Il vetro era
freddo e la mia mano, le mie dita, a contatto tremarono.
Scrollai le
spalle, chiusi gli occhi dando via alla mia creatività.
Subito dopo pochi secondi, comparve di fronte a me una rosa. -Era
quello il mio
unico ricordo?- Forse era quello più doloroso ed era quello
che, stranamente,
ricordavo tra tutti. Ricordavo sempre tutto ciò che mi
faceva male e portava
solo dolore.
Ansia, dolore.
Ansia,
tristezza, dolore.
Ansia, disperazione, tristezza, dolore.
Ansia,
disperazione, tristezza, speranza, dolore.
Quando sarebbe
passato? Quando la mia vita sarebbe tornata normale? Era tutto quello
che
chiedevo, niente di più.
I ricordi facevano solo male, ma per quanto provassi a esserne
indifferente,
tornavano sempre.
Cancellai
l'immagine alla finestra con la manica del maglione e tirai
giù le tende
bianche, dalle quali filtravano i deboli raggi solari.
Mi avviai verso
il corridoio e giunsi alla camera di Renesmee. Dormiva tranquilla e il
suo viso
celava quasi un sorriso nascosto.
Era rannicchiata su sè stessa e teneva stretta in mano il
pinzo della coperta
che le era stata regalata da suo padre e che lei custodiva sempre
gelosamente.
Mi avvicinai
cercando di far meno rumore possibile e posai un delicato bacio sulla
sua
guancia, leggermente rosata.
Affondai
il viso tra i suoi capelli e ispirai
forte il suo profumo.
Sentii la sua
mano posarsi delicatamente sulla mia. "Buongiorno, mami",
sussurrò.
Sorrisi
"Buongiorno. Dormi, è presto".
Non fece in tempo neanche ad ascoltare le mie parole che richiuse gli
occhi e
tornò a dormire, coprendosi fino al collo con la sua coperta
tanto amata.
"Buongiorno,
bella addormentata" disse Jake appena mi vide.
"Sono sveglia da prima di te, simpaticone", feci una linguaccia.
Rise e spense il
fornello, maneggiò un pò con un paio di piatti
che poi appoggiò delicatemente
sul tavolo.
"E' l'aria
del Lunedì che ti rende così...?" chiese
scherzando.
"No,
è
l'aria di una nuova settimana. L'ennesima, Jake", afferrai una
ciambellina
ai mirtilli e l'addentai velocemente.
"Attenta,
è
calda" mi avvertì. Scrollai le spalle.
"Oggi torno
un pò più tardi, ho il corso pomeridiano di
biologia. E' lunedì - marcai la
parola - ricordi?".
"L'avevo
detto io che era per quello!", sorrisi.
Si sedette a
tavola e iniziò ad osservarmi. "Non mangi te?", chiesi.
"No, non ho
fame ora. Aspetto Renesmee, le faccio compagnia".
Versai un
pò di
thè nella tazza e soffiai forte. "Jake, secondo te... se
mandassi Nessie a
scuola sarebbe una buona idea? Sarebbe per poco tempo, un paio di mesi,
nessuno
si accorgerà dei suoi cambiamenti. Penso che..che potrebbe
distrarla un
pò", chiesi e lo guardai negli occhi.
"Anche secondo
me sarebbe una buona idea.. ma..ormai è difficile scambiarla
per una bambina di
5 anni", disse e alzò le spalle.
"E dovrebbe
iniziare le scuole elementari, quindi..." dissi, in modo quasi ovvio.
Mi
guardò e annuì leggermente.
"E'
che..Jacob, è lei quella che soffre di più qua
dentro, più di tutti..le manca
tutto ciò che avevamo prima. Lasciarla così,
senza nessuno svago..non penso
possa farle bene.." bevvi qualche sorso.
"Potremmo..non
so, potremmo organizzare qualche festa?", mandai quasi di traverso il
contenuto della mia tazza. "Che?!"
"Potremmo
invitare gli amici del parco di Nessie..anche i vicini, è
diventata come una
terza nipote per la signora Mary. E poi..Stella? Stella, quella ragazza
di cui
mi parlavi, quella che viene a scuola con te, giusto?",
domandò.
Ehm, si. Stella
non sapeva niente di me, nè di mia figlia. Come me ne sarei
uscita?
'Ehi, Stella,
lei è mia figlia..sai com'è..'
Ecco come ci si
ritrova dopo mesi di bugie.
"Mh,
potrebbe essere una buona idea..forse, si, potrebbe farle bene. E poi,
cavolo,
sono l'unica che ancora non conosce i vicini!", dissi convinta.
Valeva la pena
tentare, cosa c'è di male nel confessare i propri 'peccati'
a una persona che
crede di sapere tutto di te? Succede a tutti, non ho ucciso mica
nessuno, o
sbaglio?
"Potremmo
fare venerdì sera, sabato non hai scuola", propose. Afferrai
un'altra
ciambellina e la marmellata mi colò tra le mani.
"Allora....andata?",
chiese con un sorriso stampato in faccia.
"Andata,
dai! Devo avvertire Stella, però".
"Al resto
penso io, tranquilla", sorrise e mi avvicinai ad abbracciarlo.
"Complimenti
per le ciambelle, sono davvero buone, lupetto", scherzai.
"So anche
che le feste mettono di buon umore..eh!?" mi accarezzò la
schiena.
"Forse -
ridacchiai - Devo correre, mi aspetta Stella fuori" mi avvicinai alla
sedia e sollevai lo zaino.
"Buona
giornata", mi fece l'occhiolino, "divertiti".
"Anche a
voi...vi chiamo più tardi, mh? Grazie della colazione!".
Prima di
voltarmi, però, aggiunsi "Stai attento a Nessie.."
Mi
guardò
stupito alzando un sopracciglio "Co-"
"Okay,
okay, hai ragione, non dico più nulla. Solo.. non farla
pensare troppo, ti
prego".
Sorrise
dolcemente e annuì, mi salutò con un gesto della
mano mentre mi allontanavo da
casa.
"Buongiooorno!" urlò Stella da dentro la sua nuova macchina
color
nero, nero abbastanza lucido. Molto, direi.
Mi avvicinai
guardandomi intorno, nessuno l'aveva sentita, menomale.
"Cosa.ti.urli?
Non sono sorda" sussurrai sporgendomi dentro la macchina dal finestrino
aperto.
"Ti
piace?" mi seguì e bisbigliò anche lei.
"Si, mi
piace...wow! Non ne ho mai vista una da queste parti..anzi, credo di
non aver
mai visto una macchina del genere.." dissi accarezzando la vernice
della
macchina.
Rise. "E'
appena uscita in Italia, non è ancora arrivata qui", disse
facendomi segno
di entrare.
Aprii lo
sportello con il timore di poter rompere qualcosa e mi sedetti
delicatamente
sul sedile.
La macchina
aveva un buon odore, come tutti quelli delle macchine nuove. Sapeva
di...lavanda misto a vaniglia, un odore talmente pungente che ti
inebriava i
polmoni, ma era abbastanza piacevole.
"Quindi?
L'hai fatta portare qui dall'Italia?! Te sei pazza!" , domandai
guardandomi in giro.
"Che sarà
mai..non ne avete di macchine così qui, dovete farvene
un'idea".
Mi girai di
scatto
e la guardai ridendole in faccia "Pff, dovevi vedere con cosa andavo in
giro io. Una macchina che te avresti sicuramente portato a rottamare,
ma non mi
ha ancora abbandonato. Questa - indicai - tra 5 anni dovrai buttarla".
"Nah, non
è
vero, durerà più della tua".
"Contaci"
ridacchiai.
"Un giorno
me la farai vedere da vicino.."
"Ma l'hai
vista già in foto....", risposi.
"Appunto,
in foto", sorrise.
"Okay, si-signora", poggiai lo zaino tra i piedi e Stella mise in
moto.
Tutto
ciò che mi
sarebbe aspettato quel giorno? Due ore di Spagnolo e due di Italiano,
non
potevo chiedere di meglio.
Non avevo scelto
quello di letteratura inglese, ne avevo fatta talmente tanta gli ultimi
quattro
anni che mi sarebbe bastata a vita.
Non ero riuscita
a scegliere storia e arte, erano i corsi che andavano di più
quell'anno ed ero
arrivata troppo tardi.
Matematica..beh,
meglio stendere un velo pietoso. A malapena riuscivo a prendere la
sufficienza
al liceo, figuriamoci.
Avevo trovato
due corsi di lingua, perchè no? Non che mi sarebbero serviti
a qualcosa, ma la
scuola chiedeva di seguire almeno tre corsi e così tutti
dovevano fare.
"Ahm, a
proposito, scherzavi ieri con il fatto di cambiare corso?", domandai.
Si
girò a
guardarmi, continuando a tenere stretto il volante "Ehm...no? E' tutto
vero, mi sono stufata di fare corso di architettura, è una
palla assurda".
"E? Vieni a
fare il corso di italiano!?"
"...si!",
rispose soddisfatta, la guardai scuotendo la testa. "Cosa
c'è?",
continuò.
"Potresti
insegnarlo te ai professori l'italiano, che senso ha?"
"Ha il
senso che la mia voglia di studiare è partita per qualche
viaggetto e non ho
idea di quando avrà voglia di tornare, ecco cosa", sorrisi.
"Ora mi
è
tutto più chiaro", rise. "Mi darai una mano allora..vero?".
"E' una
minaccia?" rise, voltandosi a guardare distrattamente fuori dal
finestrino.
"Stella!
Attenta...", mi allungai per spostare leggermente il volante.
"E' tutto
okay, tranquilla".
La osservai
guardare in giro pensierosa. Un altro particolare di Stella? Cambiava
umore
ogni 5 secondi. Stranamente andavamo d'accordo, nonostante fossimo due
caratteri molto simili.
In quel momento
pensai a tutte quelle persone che avevano a che fare con me..come
facevano a
sopportarmi? Doveva essere veramente difficile, si.
A volte, la
maggior parte delle volte, non riuscivo neanche a sopportarmi da sola,
figuriamoci.
In quel momento,
non so come, mi vennero in mente i miei genitori. Era da tanto tempo
che non li
vedevo, sarei dovuta andare a trovarli, altrimenti lo avrebbero fatto
loro. Mi
mancavano, mi mancava tutto di Forks e la mia vecchia vita.
La vita che
sembrava perfetta fino a tre mesi prima.
Mi incantai a
guardare il volante, persa tra i miei pensieri. "Riesci a guidare con i
guanti te?", chiesi non appena
notai quel particolare.
"Fa troppo
freddo qui, mi si gelano le mani!" rispose.
"Uh, che
novità", scherzai e Stella continuò a guardare
dritto la strada.
Il sonno si
stava impossessando di me e i sedili super-comodissimi erano dalla sua
parte,
ma non gliel'avrei data vinta.
Mi appoggiai
saldamente al sedile e il mio sguardo cadde sull'impianto stereo.
"'Claire
de Lune? Dimmi che l'hai rimessa nel CD nuovo.." lo scongiurai mentre
accendeva lo stereo e con l'altra mano teneva stretta la mia.
Si
voltò a guardarmi e mi sorrise.
"Aw"
mi avvicinai e misi le mie braccia intorno al suo collo. Mi strinse
forte a sè
e mi lasciò dei delicati baci sui capelli.
Mi
accoccolai nel suo petto e scrollai la testa. "Sembro una bimba di 4
anni,
che scema.."
"Sei
tanto dolce quando fai così, invece", sentii il suo respiro
lieve tra i
miei capelli.
Rimanemmo
in silenzio per svariati secondi quando sentii all'improvviso una
melodia
familiare..
Sollevai
lo sguardo cercando i suoi occhi e, come sempre, mi persi nel suo
sguardo.