Non riesco ancora a capacitarmi della mia stupida superficialità, del
mio egoismo infantile.
Povera sciocca, che cieca che ero, avevo la luce e ho preferito
l'inferno.
Mi chiamo Hinata
e fino a qualche tempo fa ero la ragazza più invidiata di Tarrytown.
Figlia del più ricco
fabbricante di tessuti, ereditiera di metà patrimonio e bellissima, ero contesa
da tutti i giovani ragazzotti.
Due in particolare si
contendevano da anni le mie attenzioni, ed io mi divertivo ad aizzare la loro
rivalità.
Uno era il figlio del vecchio
e burbero sindaco e nipote del medico del paese, aveva i capelli amaranto e due
occhi color gemma di giada, purtroppo aveva la fama di essere un gran
mascalzone, e dato che suo padre giocava d'azzardo tentando una fortuna che non
gli apparteneva, era anche povero in canna.
L'altro era il figlio del
socio di mio padre, unico ereditiero dell'immenso
patrimonio che il padre era riuscito ad accumulare, il suo nome, Naruto, con la sua faccia d'angelo, i fili d'oro che gli
portava ribelli sulla testa e i dolci occhi color oceano d'estate, faceva
sciogliere il cuore di tutte le ragazze, ma solo io ero riuscita a rapire il
suo.
Entrambi erano molto tenaci ed
io ero il loro unico obiettivo.
Mi ricordo bene l'origine di
quella contesa.
Mi trovavo nell'ufficio di mio
padre per sua richiesta, si doveva firmare il contratto per unire le due
importanti fabbriche: quella della famiglia Uzumaki e
quello della mia famiglia, e ovviamente, mio padre voleva fare bella figura.
Ricordo ancora il rumoroso movimento delle macchine, il delicato ed infantile
abito rosa di mia sorella, il caldo torrido, ed una noia mortale.
I miei genitori stavano
conversando con i coniugi Uzumaki, quindi mi alzai
sui miei lucidissimi stivaletti neri, corti e severi, gettai un'inequivocabile
sguardo a mia sorella in modo che non mi seguisse e mi incamminai sola per i
corridoi della fabbrica.
Caldo, caldo, caldo...
Uno strano ticchettio mi fece
voltare: in un piccolo spazio in uno dei corridoi secondari, un giovane si
destreggiava tra infiniti numeri e calcoli su pile di fogli col solo aiuto
dell'abaco.
<< Salve >>.
<< ... >>.
C'era tanto rumore, ma non
doveva essere così forte da non poter essere sentita. Irritata riprovai.
<< Salve >>.
Due occhi stanchi, ma attenti
e vigili mi si puntarono davanti, solo per un istante, poi diventarono
sorpresi, quasi increduli.
<< Salve Miss Hyuuga >>.
Finsi una reazione timida e
sorpresa.
<< Oh! Mi conosce?
>>.
Lui intanto si era ricomposto.
<< Si Miss, sono... il
nuovo contabile, lavoro qui da qualche settimana >>.
Finsi interesse per attaccare
discorso, almeno ingannavo il tempo.
<< Aaah
e ti trovi bene? >>.
<< Si >>.
<< Mmmh
non è un lavoro noioso? Insomma tutti questi numeri, questi segni strani...
>>.
<< Dovere Miss...
>>.
Il suo tono serio e
tremendamente profondo mi intrigava, distratta da questo pensiero non sentii
una sua domanda.
<< Miss? >>.
Arrossii, avrei potuto
benissimo nasconderlo, invece feci di tutto per sembrare timida e intontita dal
caldo.
<< Mi perdoni...
>>.
Lui terminò per me.
<< ... Gaara, il mio nome è Sabaku no Gaara miss... venga, l'accompagno a prendere del thè
>>.
Mi fece mettere sottobraccio e
insieme ci recammo in una piccola stanzetta, presi una delicata tazza di
porcellana e lui mi versò la bevanda dorata con una fetta di limone, poi
tornammo alla sua piccola scrivania.
<< Posso fare altro
Miss? >>.
Quella voce era sempre più
intrigante.
<< Ecco... >>.
<< Sempre a perder tempo
e? >>.
Un giovane biondo si stava
avvicinando con fare disinvolto, senza rendermene conto, ormai era un gesto
istintivo, posai la tazza e porsi la mano avvolta da un candido guanto verso
quella figura celeste, prontamente, come da galateo, il giovane mi prese la
mano e poggiò le labbra sulla delicata stoffa.
<< Incantato mademoiselle, Uzumaki Naruto, futuro padrone dell’omonima fabbrica >>.
Che voce, e che portamento! Ne
era valsa la pena uscire da quel noioso ufficio.
<< Ah siete il figlio
del nuovo collega di mio padre, io sono Hyuuga Hinata >>.
<< E' un onore per me mademoiselle >>.
Stava per ribaciarmi la mano,
quando si allontanò improvvisamente da me gettando un urletto irritato, mi
accorsi quasi subito che la tazza col thè era “accidentalmente” caduta
macchiando inesorabilmente i pantaloni del ragazzo e andando in frantumi. Da
dolce e gentile, l'espressione dell'Uzumaki diventò
furente: si scagliò contro Gaara che intanto si era
seduto sulla scrivania ed aveva ripreso a lavorare.
Proprio in quel momento,
stavano passando i miei genitori con i nuovi soci, fulmineo, Naruto si ricompose mostrando uno sgargiante sorriso.
Kushina guardò il figlio scandalizzata.
<< Cielo figliolo che ti
è successo? >>.
Lui con nonchalance tolse
dalle lucidissime scarpe alcuni frammenti di porcellana, poi si rivolse alla
madre.
<< Un insignificante
incidente, purtroppo al giorno d'oggi è difficile trovare dei bravi impiegati
>>.
Kushina parlò in generale, ma si capiva che il destinatario
della frase era uno soltanto.
<< Certa gente imbranata
potrebbe almeno scusarsi >>.
Gaara continuava ad osservare l'abaco.
<< Sono costernato della
poca abilità che il signorino possiede nel non travolgere le tazze da thè che
si trovano nelle sue vicinanze, Mrs. Uzumaki. Non si
preoccupi sistemerò io >>.
Kushina e gli altri arricciarono il naso, mio padre
intervenne cercando di calmare le acque.
<< Perdonate signori, è
il figlio del sindaco, mio grandissimo amico, ed ora se volete seguirmi vi
mostro le varietà di tessuti >> poi si rivolse ha me << Coraggio
cara vieni >>.
<< Subito padre
>>.
Finsi di essere infastidita
dal comportamento di Gaara, ma poi, quando tutti
furono distratti, mi girai e guardai in modo malizioso quel diavolo dai capelli
di fuoco.
Lui non mancò di ricambiare.