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Autore: SparkingJester    05/03/2012    2 recensioni
Cavalieri, draghi, stregoni, intrighi, sangue, magia, fuoco, ferro e ossa. Tanta azione in una storia fantasy dai risvolti rapidi e inattesi con protagonisti sicuramente fuori dai canoni comuni.
6° posto al contest "Ready, set... GO! -Ovvero il Diabolico Contest Fantasy".
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Magara non riuscì a dormire bene quella notte. Qualcosa lo aveva turbato, un presentimento. Camminava, con passo svelto e armatura scintillante, per i corridoi del palazzo in direzione della sala del trono: aveva questioni importanti da risolvere con l’imperatore.
Giunto a destinazione, non vi era nessuno al portone d’ingresso.
“Dove diavolo sono le guardie?”
La sala del trono non deve mai, MAI, restare scoperta. Era successo qualcosa. Estrasse la spada dal fianco, si accostò al portone e con la spalla iniziò a spingere. La porta si aprì lentamente rilasciando spiragli di luce provenienti dall’interno.
«Chi è là? Fatti avanti!»
La voce dell’imperatore.
“Mi sarò sbagliato? Ma rimane il perché le guardie siano assenti.”
Spinse la porta e la aprì completamente. Vi entrò. La sala del trono era in ordine e perfettamente illuminata, la luce gli impedì di vedere chiaramente chi o cosa ci fosse sul trono.
«Domando perdono, Mio Signore. Non ho visto le guardie, pensavo vi fosse accaduto qualcosa.»
La voce allegra e calda dell’imperatore rassicurò il suo animo:
«Oh, tranquillo ragazzo mio. Mia moglie è partita per un viaggio. Va a trovare le sue sorelle ad Athusia, nell’Est, ed ha insistito affinché la lasciassi partire in tarda notte, così da evitare sguardi indesiderati e non ho potuto fare altro che lasciare che le guardie del portone la accompagnassero e le facessero da scorta.»
«Capisco, Mio Signore. Ve ne farò mandare due appena possibile, non si preoccupi.»
Il fedele cavaliere rinfoderò la lama e, sospettoso, parlò ancora:
«Mio Signore, avrei delle cose importanti di cui parlarvi. Si tratta di…»
«Oh, mi dispiace ma non ho tempo adesso, aspetto un ospite importante. Piuttosto fammi una cortesia: potresti portare questo al Monastero?»
L’imperatore porgeva al giovane una pergamena chiusa con delle cordicelle ed un sigillo.
Il cavaliere non poté rifiutare. Attraversò di fretta la navata fino al trono, afferrò con un inchino la pergamena e… fissò gli occhi del suo imperatore. C’era uno strano bagliore. Abbassò lo sguardo, tornò indietro e abbandonò la sala.
“Al Monastero. Non ha mai visto di buon occhio quei dannati sacerdoti ma… il suo sguardo. C’è qualcosa che non quadra.”

Testa bassa e passo deciso, attraversò tutto il palazzo in fretta e furia. Labirintica, la residenza imperiale possedeva centinaia di stanze e corridoi ed un numero incalcolabile di scale e scalette che collegavano le varie zone dell’edificio. Anche una mente attenta e segnata dalla routine poteva facilmente distrarsi e smarrire la via ma per Magara era tutta un’altra storia. Un’innata abilità di orientamento condusse il cavaliere fuori dalla residenza per catapultarlo su una larga scalinata. La scala, che conduceva alla piazza principale della città, aveva due biforcazioni a metà percorso: una conduceva alle caserme e l’altra alla vistosa Torre-Nido, dimora dei draghi dei cavalieri. Magara imboccò quest’ultima via e scese ancora fino ad arrivare alla torre e alla piazza d’armi sottostante. La Torre-Nido era imponente e robusta. Sembrava una semplice costruzione senza né porte né finestre ma la spaziosa guglia sulla sommità era in realtà la dimora dei draghi.
Il cavaliere aveva il compito di consegnare un messaggio ai monaci, sacerdoti dei draghi. La loro sede, il Monastero, era collocata nel bel mezzo di una foresta fuori dalle mura cittadine; i monaci, grandi stregoni, erano soliti accorciare questa distanza con svariati incantesimi ma il cavaliere possedeva qualcosa di sicuramente più eccitante: la sua cavalcatura, Liosso.
Una strana voce però interruppe i pensieri di Magara.
«Capo… Bun… Bungg… Bungionno!»
Era Mulik, il Toccato, seduto a terra al centro della piazza d’armi. Un valoroso guerriero, un cavaliere di drago di tutto rispetto anche se un po’ tardo di mente. Ogni mattina se ne stava sempre appollaiato sulle mura della città o sulle guglie dei templi, sul tetto del palazzo reale oppure, come in questo in questo caso, seduto al centro della piazza d’armi. A lui piaceva stare in alto, osservare le nuvole o semplicemente riposare accanto ad un drago: di solito il prescelto era quello di suo fratello gemello.
«Mulik, dannata testa dura, dove hai dormito stanotte?»
Magara era come un faro di speranza per lui, sempre a tenerlo attivo, a farlo sentire vivo, a farlo parlare nonostante le sue difficoltà.
«Giù! In… stalla!»
Magara iniziò ad avvicinarsi a lui.
«Oh, ancora. Ti ho detto che puoi venire da me quando vuoi. I soldati non la prenderebbero bene se scoprissero che hai dormito ancora coi loro cavalli.»
Il cavaliere sembrò aver perso il filo del discorso: sorrideva e si mordicchiava il braccio.
Magara sorrise e ne approfittò:
«Senti un po’, tuo fratello Lopar dove si trova?»
«Lo… pa?»
«Lopar! Tuo fratello.»
«Oh, oh! Ftello! Lì, » indicò l’orizzonte « in monassero!»
“Anche lui al monastero. Dev’essersi accorto di qualcosa.”
«Senti, hai da fare?»
«No… non fare. Eh?»
«Bene, allora vieni con me.»
Lo sguardo di Mulik sembrò intristirsi.
«Da tuo fratello, al monassero!»
Magara lo imitò, cosa che strappo una risata al Toccato, e tese il braccio per aiutarlo ad alzarsi da terra.
Lopar era l’esatto opposto del suo gemello. Il Toccato era alto nella media ma l’innaturale curvatura della sua schiena e delle sue difficoltà ad articolare le parole lo facevano sembrare più vecchio e pazzo di quanto realmente non fosse, ma la sua mente non sempre brillante era compensata da un’inarrestabile forza bruta. Lopar invece era alto e nerboruto ma nonostante ciò stranamente debole e poco portato per la battaglia; al contrario del fratello era incredibilmente intelligente e sveglio. Madre Natura non era stata affatto gentile con loro.
Magara era pensieroso: Lopar era certamente più acuto ed attento e anche lui, come l’imperatore, odiava i monaci e i sacerdoti. Se si trovava al monastero doveva essere successo qualcosa.
Il cavaliere non perse altro tempo e mise la mano dietro la schiena, da sotto l’armatura estrasse uno strumento, un flauto argentato. Lo mise di traverso, lo poggiò sulle labbra e iniziò a richiamare il suo drago. Un suono soave, morbido e prolungato. Nugoli di fumo iniziarono a levarsi dalle tegole della dimora dei draghi. Una testa sbucò fuori da una delle innumerevoli aperture che facevano sembrare la guglia più simile ad un alveare che ad un tetto. La testa rientrò, uscì di nuovo e portò con sé il resto del corpo. Un’enorme rettile planò al suolo e con un possente tonfo coprì per un attimo la dolce nota che lo chiamava a sé. Era Liosso: un drago possente, con scaglie scure e venate d’oro. Piegò la testa come in un inchino e, con il collo ad un dito da terra, portò il suo muso di fronte al richiamo.
Magara smise di suonare. Purtroppo il suo drago aveva un carattere tutto suo, era quasi come Mulik: strano, alienato dal mondo che lo circondava, cocciuto e privo di iniziativa. L’unica cosa che potesse smuoverlo Magara la capì solo a metà del suo addestramento, dopo tre anni: era la musica del suo flauto. Nella tribù da cui proveniva i bambini erano sempre dediti allo studio della musica e dei suoni che la Madre Natura donava loro. Al drago sembrò piacere questo approccio, ed anche al cavaliere.
«Forza, Mulik. Sali su Liosso, partiamo subito per il monastero. Il viaggio è lungo quindi se devi portarti qualco…»
Nemmeno il tempo di finire la frase che il matto salì sul collo del drago, con la faccia rivolta verso la coda.
«Mulik… al contrario!»
Il cavaliere si alzò in piedi sorridendo, raggiunse la schiena e lì vi sedette, con il viso verso la coda.
Magara abbandonò l’idea, sbuffò e salì in groppa al drago. Rimise il flauto alla bocca e ricominciò a suonare: stavolta un suono cadenzato, ritmico, veloce, pieno di scale cromatiche e privo di pause. Il possente dragone si sollevò sulle zampe posteriori, spalancò le ali, ruggì e si alzò in volo.
  
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