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Autore: ciaostyles    06/03/2012    0 recensioni
"Da quando ti conosco vomito farfalle" - "FARFALLE? In che senso?" - "Nel senso che mi fai venire talmente tanto le farfalle nello stomaco da vomitarle".
Se vi interessa su twitter sono @ItsMichela_ ;)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3


Michela’s

4 minuti erano una cosa impossibile per me. Io amavo stare sotto il calore dell’acqua perché, a differenza delle altre persone, quando ero lì non riuscivo a non pensare ad altro che non fosse “bagnoschiuma, shampoo, balsamo”. E poi amavo cantare sotto la doccia, specialmente le canzoni di Katy Perry. L’amavo da quando avevo 12 anni e c’era qualcosa che mi legava a lei, perché lei esprimeva nelle sue canzoni i miei stessi pensieri e quindi mi ci riconoscevo. “Days like this I want to drive away” – presi il bagnoschiuma – “Pack my bags and watch youshout offence” –poi lo shampoo – “Cus you chewed me up and spit me out, like I was poison in your mouth…” – infine il balsamo. Uscita dalla doccia dopo la mia dose di relax quotidiano, avevo comunque superato un record. Il mio record era di mezz’ora di doccia, ma questa volta avevo impiegato solo 10 minuti, per fare in fretta. Erano bastati a Niall per addormentarsi, lo vedevo steso sul letto. Era buffo, con un braccio davanti agli occhi e la bocca aperta. Non riuscì a trattenermi e la mia risata sonora lo svegliò.

Non puoi fare a meno di ridere tu, eh?
Guarda chi parla: il tizio che ieri quando ho detto gambero ha riso per mezz’ora
A mia difesa posso dire che il tuo accento è adorabile”.


Ridemmo insieme. Continuai la canzone asciugandomi i capelli. Now look at me! This is the part of me that you never gonna ever take away from me, no!

Se continui così non potremo più uscire, causa pioggia
Ahah spiritoso. Lo vuoi ancora quel muffin?

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Michela’s diary, 01/09/2010

Caro diario. Oggi Niall è venuto a casa mia e mi ha chiesto di partire con lui. La storia della partenza già la sai, quindi non devo raccontartela. Appena me l’ha chiesto gli ho detto subito di sì. Devo ammettere che stavo proprio aspettando che me lo chiedesse e senza pensarci due volte ho acconsentito. Ma ora che ci penso, sono pronta a lasciare la mia casa, la mia famiglia, le mie amiche Federica e Marika… ? Certo, ho sempre sognato Londra. Fin da piccola mi ero promessa che prima o poi ci sarei andata ma ora ho un po’ paura. Una città così grande, solo io e lui. In effetti sembra tutto così semplice, ma non lo è. La scuola è difficile, e dovrò imparare l’inglese alla perfezione se voglio capire almeno qualcosa di ciò che dicono i professori o qualunque altra persona in questa grande città. E dovrò anche trovarmi un lavoro, per pagare l’affitto… Sono confusa. L’aereo parte tra 5 ore e ho solo altri 5 minuti di tempo prima di iniziare a mettere velocemente tutto ciò di cui ho bisogno in una valigia, perché so già che andrà così, io andrò con lui perché come gli ho già detto, lo seguirei in capo al mondo. Ora mi sta fissando e sorride. Mi chiede cosa sto scrivendo, io rispondo che è il mio modo per decidere, e non deve prendermi in giro perché quel “modo di decidere” farà in modo che io andrò con lui.
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Per le strade di Londra c’era un venticello umido, tutto ciò che era restato della tempesta del giorno prima. Anche se c’era il sole, faceva freddo e io che odio mettere i capelli mi sarei congelata molto presto.

“Hai freddo?”
“Sì. Cioè no. Un po’”
“E’ la tua risposta definitiva?”
“Forse”


Rise divertito e mi strinse durante tutto il cammino verso il bar. Di darmi la sua giacca non se ne parlava proprio, ci aveva già provato in passato ed avevamo finito per litigare. Meglio non rischiare ancora. Per le strade c’erano pozzanghere d’acqua e alla vista di ognuna di esse pensavo alla mia infanzia, quando con papà tutte le domeniche andavamo a fare una passeggiata e io, accappottata dalla punta dell’alluce al capello più lungo, saltavo nelle pozzanghere facendo schizzare l’acqua. Era tutto così bello. Alcuni dicono di voler tornar bambini perché non c’erano problemi, in realtà c’erano. Tra le mie strambe teorie c’è anche la teoria dei problemi. Essi sono direttamente proporzionali alla tua età. Se sei una bimba il tuo problema più grande può essere un ginocchio sbucciato o un giocattolo rotto. Più grande diventi, più complessi sono i problemi che riscontrerai. Pensando a tutte queste teorie, non mi ero accorta che eravamo già arrivati al nostro solito posto. Quello era il posto dove facevamo colazione se non avevamo voglia di prepararla, ed era anche il posto delle rivelazioni. Infatti è lì che andiamo se c’è qualche segreto di cui deve parlarmi. Entriamo dentro, la sala è carina, arredata con tavolini per due con sedie graziose. Il “nostro” tavolo è quello accanto alla finestra dalla quale vediamo tutto ciò che succede fuori. Dopo uno dei soliti racconti dei sogni di Niall arriva il cameriere, mio salvatore.

“Cosa vi porto?”
“Due caffèlatte, un cornetto a cioccolato e un muffin” - disse Niall conoscendo i miei gusti e ricordandosi del muffin.


Il cameriere si allontanò inciampando. Scoppiai a ridere e tutti smisero di guardare il cameriere (che mi fece un’occhiataccia) e guardarono me. Improvvisamente la mia faccia diventò rossa come un pomodoro: era quello che mi succedeva quando sentivo l’attenzione di tutti su di me. Mi rendevo conto che non aveva importanza, ma era una delle cose che non riuscivo a controllare.

“Che carina che sei quando sei in imbarazzo”– sorrise.

Abbassai lo squardo, diventando ancora più rossa di com’ero prima.
  
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