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Autore: Felnor    09/03/2012    0 recensioni
È una storia che prende forma dal background del mio PG in una campagna di Vampiri, un investigatore Lasombra che qui racconta il suo passato.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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hot dog e omicidi

Dodici ore di sonno... Tanto era il bisogno di Cath di riposarsi, e tanto io rimasi a fissarla, vegliando sul suo riposo.
Tutto fu interrotto dallo squillo del telefono, che mi fece sobbalzare. Rapidamente, per evitare che lei si svegliasse, mi apprestai a rispondere.

« Bauer! Si può sapere dove diavolo sei finito? Il tuo turno iniziava due ore fa! »
« Si... Mi scusi capo... Io, vede, non sto bene... » e finsi un colpo di tosse abbastanza convincente, per quanto fosse possibile...
« Dannazione, conosci le procedure, avresti dovuto informarmi! Ora mi toccherà far pattugliare la tua zona a qualche topo d'ufficio! Vedi di farmi avere le carte mediche il prima possibile, così mettiamo a posto le formalità burocratiche! »
« Sissignore, mi scusi signore. » E riappesi l'apparecchio.


Cath mi guardava, seduta sul letto, gli occhi ancora appannati di sonno. La raggiunsi, mi sedetti accanto a lei e iniziai ad accarezzarle delicatamente i capelli. Poi si riebbe, capì chi ero e dov'era, e si strinse le gambe al petto, gli occhi sbarrati. Passai svariati minuti a tranquillizzarla, e dopo averle mostrato casa e dove fosse ogni cosa, le proposi di lavarsi mentre io uscivo a cercare qualcosa per cena e qualche vestito per lei.
Feci qualche passo fuori di casa, prima di realizzare di essere ancora in divisa, quindi tornai dentro e mi diressi a cambiarmi. Fatto questo tornai fuori, ma con la sensazione che qualcosa non quadrasse. Non diedi molto peso alla cosa, quindi feci le commissioni che dovevo, e tornai a casa con qualche panino da hot dog e qualche salsiccia con cui riempirli, oltre a due gonne e qualche maglia per Cath.


Tornato a casa rimasi a bocca aperta, lei era in piedi in cucina, con indosso una mia camicia e un paio di miei pantaloni, che armeggiava con qualche padella e non so bene cosa io avessi ancora nel frigorifero. Si voltò verso di me, sorriso radioso sul viso, capelli neri raccolti in una crocchia sulla testa e mi disse semplicemente:
« Bentornato! »
Il mio cuore perse un battito. Com'era possibile che poche ore di sonno le avessero restituito la vita? Com'era possibile che così poco tempo lontana da quella casa, quell'energumeno, le avessero ridato il magnifico sorriso di cui mi ero innamorato? Persi poco tempo nelle domande, e approfittai del suo stato per tornare a ciò che avevamo una volta, quella familiarità e quell'intimità che così tanto mi mancavano. Mangiando mi raccontò del periodo passato separati, dei movimenti studenteschi, delle battaglie contro il Vietnam e l'esercito, e di come avesse deciso di andare a vivere con quel macaco a cui avevo sparato. Stranamente, però, arrivati al giorno prima sembrava avere un vuoto di memoria, come se non ricordasse cosa fosse successo... Decisi di non forzarle nella mente ricordi brutti, e semplicemente le dissi che avevo colpito l'uomo e l'avevo portata da me.


Passammo qualche giorno meraviglioso insieme, prima che dovessi rientrare in centrale, e dovetti anche farmi fare carte false dal mio medico, per colpa della mia linguaccia. Una volta in ufficio il capo mi chiamò da lui e mi sottopose un caso alquanto strano. Un uomo, trovato morto in un cassonetto, era stato ritrovato la mattina stessa, e voleva che me ne occupassi, dal momento che il ritrovamento era stato effettuato nella mia zona di competenza. Raccolsi i ferri del mestiere (medievali, se paragonati alle valigette dei moderni operatori forensi) e mi diressi verso il cassonetto in questione.
Arrivato, mi fecero passare senza problemi, visto il distintivo sul mio petto, e iniziai a fare foto della scena, non trovando però alcuna traccia visibile di passaggio attorno al luogo. Aprii con cautela il coperchio e mi ritrovai di fronte uno spettacolo orrendo: l'uomo aveva un vistoso buco in fronte, probabilmente un colpo di pistola, ma era l'unica cosa normale del corpo. Il viso era totalmente senza pelle, i muscoli esposti e stranamente aggrovigliati fra loro, le braccia sembravano essere state rotte in più punti e rimesse insieme alla bell'e meglio, mentre tronco e gambe presentavano vistose escrescenze ossee che un tempo dovevano essere all'interno del corpo. Per poco non rimisi quando lo vidi. Mi allontanai qualche minuto per riprendermi, sotto gli sguardi di comprensione dei miei colleghi più anziani, che stavano interrogando alcuni passanti. Poi mi feci forza ed esaminai con cautela la zona attorno al corpo, quest'ultimo probabilmente gettato nelle immondizie di peso. I vari rifiuti erano normali, spostati dal peso dell'impatto e volati un po' ovunque. Una sola cosa catturò la mia attenzione, una busta di plastica macchiata di rosso, simile a quelle che utilizzano negli ospedali per le flebo. La presi e la riposi in un sacchetto di carta per non contaminarla, poi continuai l'analisi della scena. Mi ci vollero svariate ore per terminare l'impresa, ma alla fine non avevo cavato un ragno dal buco, quindi sigillai la zona e tornai in centrale, con la sensazione che qualcosa di più grande fosse in atto.

  
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