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Autore: voiceOFsoul    09/03/2012    0 recensioni
Cris, uno studente universitario fuori sede, si ritrova dopo un anno a non aver ancora trovato nessuno con cui condividere la sua esperienza. La sua vita, però, sta per avere una svolta. Sia in facoltà che a casa le cose cambieranno e nelle sue mani si intrecceranno molti destini.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Anche quella mattina, attraversando il grande cancello grigio chiaro e camminando lentamente lungo il vialetto alberato che portava alle aule, mi chiedevo per quale motivo avevo dato retta alla mia idea di andare a fare l'università da fuori sede. Immaginavo che sarebbe stata un po' dura all'inizio, ma non credevo che un anno non sarebbe bastato per ambientarmi. Non ero molto distante da casa e percorrevo le due ore di viaggio che mi ci riportavano ogni weekend, ma stare cinque giorni su cinque praticamente da solo mi buttava a terra. Facevo ciò che avevo sempre voluto, studiare solo le materie che mi interessavano davvero. Avevo imparato a gestirmi da solo, a non dover dipendere sempre e solo dalla mammina. Mi ero perfino ambientato ad una catapecchia che spacciavano per casa da studente, alla mia stanzetta squallida e arredata con il minimo indispensabile, ai miei coinquilini che sembravano più animali che ragazzi, alla poca pulizia che purtroppo regnava tra quelle quattro mura. Ma a passare intere giornate tra la gente senza riuscire a parlare con nessuno, senza instaurare un minimo di rapporto, non riuscivo proprio a mandarlo giù. Ogni giorno, durante le pause tra le lezioni, vedevo crearsi molti gruppetti di ragazzi che discorrevano, schiamazzavano, ridevano o semplicemente prendevano un caffè insieme. La maggior parte di loro si era conosciuta lì, in facoltà. Eppure stringevano rapporti così facilmente da farmi sentire un alieno. Io, che allontanavo praticamente chiunque con il mio aspetto un po' aggressivo, che non riuscivo ad attaccare bottone con degli sconosciuti, che a primo sguardo ero catalogato tra quelli che se la tirano a morte, ma che in realtà ero solo timido ed introverso. Ormai al mio paese ero riuscito a crearmi la mia piccola cerchia di amicizie, ma qui, in questa grande città quasi del tutto sconosciuta, non ero riuscito ancora a farmi nemmeno un amico. E dire che era già passato un anno dal mio arrivo! Il primo anno in cui avevo sentito lo scoraggiamento entrare a far parte della mia vita. Da solo, lontano dagli amici e dalla mia ragazza, in un ambiente che mi sembrava paradisiaco e che invece si era rivelato infernale. Ogni lunedì mi si stringeva il cuore a dover salire su quel maledetto autobus e passavo le giornate sperando che arrivasse in fretta il venerdì.

Quest'anno era iniziato anche peggio. Oltre ad avere come uniche persone con cui condividere quattro parole solo i tre idioti zoticoni e amanti dello sporco che abitavano in casa con me, avevo pure lasciato da poco la mia, ormai ex, ragazza. Durante l'estate la nostra storia, durata ben un anno, un record per me, era arrivata al capolinea. Non sopportavo più la sua gelosia. Giustificata, per carità. Quando ci eravamo messi insieme la reputazione che mi ero guadagnato non era certo quella di un casto angelo. Ero nel periodo in cui non trovavo nulla di male nel cambiare una ragazza a sera, anche più di una a sera. Non mi sentivo in colpa perché non ero io a costringerle e non le illudevo in nessun modo. Qualcuna forse sperava di accalappiarmi definitivamente, ma il mio spirito era ancora troppo libero per legarsi le ali da solo. Invece poi, avevo ceduto. Non so neanche io perché, ma mi ero lasciato incatenare da quella ragazza che mi sembrava bella e dolce, ma che si era rivelata pian piano una piccola serpe in seno che mirava solo ad accasarsi. Ed io non ero tipo da accasarsi. Non lo ero ancora, almeno. Poco prima di risalire alla città dove studiavo, le avevo parlato nel modo più schietto possibile, come forse non avevo mai fatto con lei. Le avevo detto che non potevo darle ciò che lei cercava, cioè un cagnolino che assecondasse tutti i suoi desideri e la sposasse al più presto. Un po' quello che avevo sempre cercato di farle capire, ma che non ero mai riuscito a spiegare lasciandomi intenerire dai lacrimoni che riusciva a far uscire quasi a comando appena prendevo l'argomento.

E adesso mi ritrovavo da solo, come non ero da tanto tempo.

Arrivai nell'aula in cui avrei passato le successive quattro ore, alternando lezioni di Fisica 2 e Web programming. Mi sedetti al posto che ormai occupavo tutte le mattine da quando erano iniziate le lezioni un mese prima. A metà della scalinata, il terzo posto dall'esterno. Non troppo lontano per poter sentire bene, non troppo vicino da essere notato. Il motivo che mi legava a quel posto era anche un altro. C'era di mezzo lei. Perché nel mezzo c'è sempre una lei. Lei, che non sapevo nemmeno come si chiamasse, si sedeva sempre nella fila subito sotto quella dove stavo io. E da lì potevo guardarla ogni volta che volevo.

L'avevo adocchiata già l'anno prima. Una bellezza rara, forse unica, almeno per me. Perché non era una di quelle ragazze che sarebbero piaciute a chiunque, ma era una di quelle che potevano farmi impazzire. Il fisico non troppo magro, le curve tutte al punto giusto, il visto pulito e quasi per niente truccato, i capelli ricci che davano idea di morbido, gli enormi occhi nocciola, il sorriso dolce sempre stampato in viso. Tutto mi piaceva di quella ragazza sconosciuta, così tanto socievole da essere sempre circondata da persone nuove, ma che mai mi aveva rivolto la parola. Per tutto l'anno avevo provato ad avvicinarla con le scuse più banali, ma mai ero riuscito a farmi donare da lei nemmeno una parola. Non perché fosse maleducata, ma semplicemente non mi aveva mai notato. Spesso mi ritrovavo a fissarla consapevole del fatto che potesse accorgersi che lo stavo facendo e sperando di poter così attirare la sua attenzione. Più di una volta ero riuscito in questo scopo. Anche lei mi aveva guardato, ma erano stati solo pochi attimi. Uno sguardo veloce che non avevo la superbia di credere indirizzato a me e poi si voltava di nuovo. Sembrava vivere nel suo mondo. Mondo di cui faceva parte anche un ragazzo che sembrava renderla felice. La vedevo abbracciarlo sorridente e baciarlo con calma quando veniva a prenderla alla fine delle lezioni. Non mi era mai garbato tanto sto tizio e non era solo quel pizzico di gelosia per vedere una ragazza che aveva rubato le mie attenzioni nelle braccia di un altro. Qualcosa a pelle mi diceva che dietro quei sorrisi che dispensava si celasse qualcosa. I suoi occhi non mi piacevano, non erano sinceri.

Non si fece attendere molto. Lei e il suo gruppo di amici avevano varcato la porta poco dopo che avevo preso posto. Rumorosi come sempre avevano discusso sul modo in cui si sarebbero disposti. Lei quella mattina pretendeva di stare accanto ad un ragazzo alto con i capelli che non vedevano il parrucchiere da un po' ed occhiali di osso nero. All'altro suo fianco si mise la sua inseparabile. La chiamavo così perché le vedevo insieme sempre dal primo giorno in cui ero entrato in quella facoltà. Una volta che si organizzarono, uscirono tutti per recarsi alla zona-relax per l'immancabile caffè. Per un attimo pensai di farlo anch'io. Un caffè, seppur dalle macchinette, mi avrebbe fatto bene. E anche una bottiglietta d'acqua da usare durante le quattro ore di lezione non sarebbe stata una cattiva idea. Mi convinsi però che tanto sarebbe stato solo l'ennesimo buco nell'acqua nella speranza di riuscire a parlarle. Perciò uscii dalla tracolla il mio quaderno degli appunti e cercai di ripassare qualcosa delle scorse lezioni.

Pur essendo passato solo un mese, mi sembrava che il programma di Fisica 2 fosse già infinito. Non ci avevo mai capito nulla, nemmeno ai tempi delle superiori. Nonostante il professore fosse piuttosto chiaro nelle spiegazioni e facesse milioni di esempi, appena rileggevo quello che avevo scritto non riuscivo a raccapezzarci niente. Mi ero talmente assorto nel cercare di tirarne fuori qualcosa che non sentii che qualcuno cercava di attirare la mia attenzione.

- Ehi, ma sei sordo? - Una voce femminile arrivò alle mie orecchie. Mi voltai sperando che fosse lei. - Questo posto è libero o no? -
- Si, è libero. -
Non era lei, ma una ragazza che non avevo mai visto in giro per la facoltà. Aveva la pelle scura, capelli lunghissimi legati in una treccia, grandissimi occhi neri e labbra carnose ma allo stesso tempo delicate. Bella, una venere nera quasi.
- Mi aiuti a sistemarlo, per favore? -
Credetti che quella fosse la cosa più sconvolgente che avessi mai visto. La ragazza, infatti, mi porse un seggiolino in cui uno stupendo bambino dormiva beato. Lo guardai dubbioso. Non sapevo se a sconvolgermi di più fosse il suo essere una madre studente o il portare un bambino che poteva avere al massimo cinque mesi ad una lezione di Fisica 2.
- Lascia stare, vah! - Mi rimproverò lei lanciando la borsa che teneva con l'altro braccio sul tavolo e sistemando lei il seggiolino sulla sedia.
- Scusami. Ero sovrappensiero. -
- Non scusarti. Devo abituarmi a questo tipo di reazioni. -
La guardai mentre finiva di sistemare il bambino ed iniziava a frugare nella borsa. Il bel viso era contratto in una smorfia a metà tra il triste, il dispiaciuto e l'umiliato.
- Mi chiamo Cris. - Dissi senza pensarci su e porgendole la mano sinistra.
Lei mi guardò quasi schifata. - Naki. - Rivolse poi l'attenzione di nuovo alla borsa.
La guardai ancora e mi convinsi che questa volta dovevo provarci sul serio, ma non in quel senso di 'provare con una ragazza'. Nel senso di provare a farci amicizia. Sentivo che ne aveva bisogno quasi quanto me se non di più.
- Lui è tuo? -
Mi fissò per un attimo in cagnesco, poi rivolse lo sguardo alla creaturina. - Lui è Brendon. - Guardò di nuovo me e per un attimo mi parve che i suoi occhi neri volessero creare un insormontabile muro. - Sì, è mio figlio. -
Cedetti al peso di quello sguardo e distolsi gli occhi per guardare il piccolo Brendon riposare beato. - E' davvero stupendo. -
Solo a questa affermazione Naki si sciolse in un sorriso.
- E' dura suppongo. - Sapevo di fare l'impertinente, ma rischiai.
Naki si rabbuiò di nuovo e abbassando lo sguardo disse solo un flebile - Sì. -
Continuai a guardarla cercando qualcosa da dire. - E' la prima volta che segui questa lezione? -
Mi guardò e nei suoi occhi stavolta volli leggere un ringraziamento. - Sì. Cerco di seguire solo le lezioni più importanti. Sai, Brendon non sta calmo a dormire tutto il giorno. Ma ho sentito dire che il professore è tosto all'esame perciò devo fare uno sforzo per mettere anche questa tra le lezioni da seguire. -
- Se vuoi posso passarti gli appunti delle scorse lezioni. - Mi lanciai a darle un aiuto che non avevo mai nemmeno pensato di dare.
- Davvero? - Il suo sguardo illuminato mi ripagò da solo.
- Certamente. -
- Ragazzi sbrigatevi a prendere posto. Oggi la lezione sarà lunga e faticosa per tutti, soprattutto per me quindi non fatemi perdere tempo. - Il professore entrò dalla porta già sbraitando e ancor prima di lasciarci il tempo per ammutolirci iniziò la sua lezione.

   
 
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