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Autore: elyxyz    10/03/2012    17 recensioni
Breve raccolta incentrata sul principe di Camelot e le figure materne.
Credo che il rapporto di Arthur con le madri sia una cosa per cui valga la pena riflettere. Ma è un progetto senza particolari pretese, articolato in cinque racconti, tra loro separati e autoconclusivi (tranne il primo, diviso in due parti per ragioni di trama).
Essendo stato abbozzato ancora nel 2009, non tiene conto dei fatti successivi la prima stagione del telefilm, anche se, risistemandolo ora, ho potuto usare qualche informazione che allora non possedevo. In definitiva, potrebbe essere considerato un “What if?”.
* I STORIA: Ygraine, la madre di Arthur (I-II parte)
“Vorrei conoscere mia madre.” Disse Arthur una sera.
(...) “Esiste un incantesimo che può trasportare le persone nel tempo.”
[La fic fa parte della serie ‘Lady Ygraine: The Queen of Camelot’, ma non ha legami con le precedenti storie e può essere letta a sé stante]
* II STORIA: Hunith, la madre di Merlin
“So di non essere niente per voi.” Premise la donna, riprendendo a parlare; Arthur le lanciò un’occhiata fugace. “Ma da quando il destino del mio bambino si è unito al vostro, anche voi siete diventato un figlio per me.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Prima stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lady Ygraine: The Queen of Camelot'
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Ecco la seconda e ultima parte di questo primo incontro

Ecco la seconda e ultima parte di questo primo incontro.

La prossima madre con cui Arthur interagirà, posso già dirvelo, è Hunith.

 

Non mi dilungo nell’introduzione, perché è la stessa del precedente capitolo, a cui vi rimando, in caso di dubbi.

Ho solo un piccolo promemoria: essendo stata abbozzata nel 2009, Arthur non sa che Morgana è davvero la sua sorellastra di sangue.

Questa prima storia si innesta quattro anni dopo la fine della prima serie del TF, come un ‘what if?’, e non tiene conto degli eventi successivi alla prima stagione (Morgana, per esempio, non è mai diventata cattiva, Morgause non esisterà).

 

Il seguente scritto contiene impliciti riferimenti slash merthur.

 


Raccolta dedicata a chi mi segue con costanza e affetto,

a chi si entusiasma per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene.

E a chi ha commentato la prima parte: EDVIGE 86, TheGoldfish, crownless, chibisaru81, Raven Cullen, DevinCarnes, Tao, Luna Senese, elfin emrys, Orchidea Rosa, Quainquie, mindyxx, ely natassia, chibimayu e Yuki Eiri Sensei.

Grazie.

 



 

Ygraine, la madre di Arthur

 

(parte 2 di 2)


 

La prima cosa che Arthur notò, svegliandosi, era che il muro contro cui aveva posato la guancia era ruvido e gelido. E che il pavimento di pietra del camminamento di ronda era scomodo all’inverosimile. Perché diamine si era addormentato lì?

 

Un istante dopo, spalancando le palpebre, egli rammentò tutto, e per l’agitazione si levò in piedi così in fretta che un capogiro gli annebbiò la mente, tanto che fu costretto a rimanere appoggiato alla parete, ad occhi chiusi, respirando a fondo per riacquisire compostezza.

 

Mille odori e mille rumori lo colpirono indistinti, familiari e nuovi al contempo.
Egli si tastò febbrilmente il volto e gli arti, per verificare di essere fisicamente presente – avendo lasciato il suo corpo addormentato nella Camelot del futuro – e quindi sospirò, rassicurato.

 

Muovendo un passo incerto, l’erede al trono calpestò la brina del selciato che non era stata raggiunta dai tiepidi raggi del sole e, di primo acchito, gli sembrò di essere in autunno, anche lì, e temette irrazionalmente di essere arrivato troppo tardi. Forse era già nato. Forse sua madre era già morta.

 

Poi, invece, si accorse di un particolare: nell’aria frizzante che gli pizzicava le guance non v’era la carezza gelida dell’inverno incipiente, bensì la lusinga benevola della primavera.

Il garrire di una rondine che sfrecciava sopra la sua testa gliene diede conferma. Arthur si sporse oltre la balaustra e vide gli alberi in fiore, carichi di piccole, tenere gemme pronte a donare nuova vita, e d’istinto sorrise rincuorato.

 

Mentre sentiva le mani formicolare d’aspettativa, gli venne spontaneo accarezzare la pietra del merlo. Si trovava nella Torre ad Est, la stessa che lui usava come nascondiglio preferito quando voleva riflettere con calma o desiderava nascondersi dalle troppe pressioni dettate dai suoi doveri di erede al trono.

La stessa su cui, a volte, trascinava il suo valletto personale per godere assieme di qualche momento di pace.

 

Fu l’allegro vociare di una carovana in avvicinamento a distrarlo dai propri pensieri e il nobile realizzò allora che tutta Camelot sembrava in fermento, si sentivano delle urla sin da lì.

 

Che vi fosse in programma una Giostra? Un Torneo? O forse… forse l’annuale Festa di Investitura?

Poteva essere che, a quel tempo, suo padre permettesse che si festeggiasse l’arrivo della primavera? La – come la chiamava Merlin – Ricorrenza di Ostara? 

 

Diverse tende e padiglioni colorati, decine di stendardi svettanti sulla piana fuori dalle mura più esterne smentirono quell’ipotesi.

 

Un Torneo. Era arrivato giusto in tempo per un Torneo.

Per un breve, brevissimo momento, egli accarezzò l’idea di partecipavi e magari di vincerlo in onore della castellana; ma poi rammentò la raccomandazione di Merlin e accantonò l’iniziativa.

Decise, invece, che avrebbe sfruttato al massimo tutto il tempo che gli era stato concesso di trascorrere lì. Ma per fare ciò, per prima cosa, egli avrebbe dovuto trovare l’oggetto dei suoi desideri, ovvero la sua agognata genitrice.

 

Afferrando il chiavistello della postierla, che mille volte aveva aperto, il giovane Pendragon rimase impressionato dal catenaccio che era privo di ruggine e di quanto il legno fosse ancora levigato e lucidato, di come la porta sembrasse nuova.

 

Casa sua sembrava uguale a come la conosceva, eppure vi erano mille piccoli particolari diversi.

Vi erano vent’anni di meno su ogni cosa.

 

Colto da un’improvvisa urgenza, egli oltrepassò la soglia e macinò i familiari gradini, a due a due, senza indugiare oltre.

 

Quando arrivò ai piedi della torre, il principe si fermò, incerto su quale direzione prendere. Dove avrebbe potuto trovare sua madre? Con che pretesto avrebbe dovuto chiederle udienza?

 

Vi aveva pensato per notti intere, passate insonni a fantasticare su quel loro miracoloso incontro, ma in quel momento nessuna delle ipotesi che aveva formulato gli pareva abbastanza sensata.

Ed era così concentrato sul suo dilemma da accorgersi troppo tardi dell’improvviso svolazzare di seta davanti a lui: una gentildonna, col viso celato dal cappuccio del mantello, aveva bruscamente svoltato l’angolo del torrione, con gran premura e fare furtivo, finendogli inevitabilmente addosso.

Nell’impatto, ella perse l’equilibrio, e sarebbe caduta rovinosamente all’indietro, se i sensi allenati del cavaliere non l’avessero afferrata un istante prima del doloroso impatto col terreno.

 

Arthur se la strinse contro d’istinto, sorreggendola, aiutandola poi a riprendere stabilità. Quand’ebbe certezza che non fosse più malferma sulle sue gambe, si allontanò arretrando di qualche passo, ripristinando una giusta distanza da lei.

 

“Perdonate l’incidente, Milady.” Si scusò. “Mi auguro che non vi siate fatta male.”

 

“Nient’affatto.” Rispose ella, abbassando il copricapo sulle spalle e rivelando una lunga cascata di fili d’oro. “Sono io a rammaricarmi per la mia sbadataggine, e vi ringrazio, Messere, per avermi prontamente soccorsa.”

 

La giovane donna gli sorrise grata, mentre un velo d’imbarazzo le imporporava le gote spruzzate di lentiggini sulla pelle di porcellana.

“Se poi foste così cortese da tenere per voi ciò che è accaduto, ve ne sarei eternamente riconoscente.” Gli suggerì, ammiccando.

 

Arthur perse un battito del cuore nell’istante esatto in cui i suoi occhi incontrarono quelli di lei.

Era lei.

Bontà Divina!

Lo sapeva, lo sentiva.

Era lei!

 

Ogni pezzo infinitesimale del suo corpo glielo stava gridando.

 

Il principe si fece violenza per non correre ad abbracciarla nuovamente. Non gli sarebbe importato di finire alla gogna o, peggio, sulla forca. Lei era lì. A pochi passi da lui. Sua madre era lì.

 

Ed era… era la donna più bella che avesse mai veduto in vita sua.

Era alta ed esile, con un’espressione benevola sul volto. I lineamenti delicati e il portamento aggraziato.

E quei capelli lunghi e biondi ad incoronare quel sorriso incantevole, e gli occhi, così simili ai suoi… erano i suoi occhi, quelli. Gli occhi che lei gli avrebbe donato.

 

Ma era ancora troppo presto, considerò Arthur, senza sapere se essere felice o triste del fatto che lei ancora non l’avesse concepito.

 

“Milord?” lo richiamò Ygraine, forse preoccupata dal suo silenzio protratto o infastidita da quell’analisi indelicata sulla sua persona.

 

Il giovane Pendragon si riscosse e si scusò con un inchino.

“Sarà fatto, Mia Signora.”

 

Prima di annuire per considerare chiusa la questione, la regina gli riservò il medesimo trattamento – un lungo sguardo in cui valutava la credibilità dell’uomo che aveva di fronte.

Su consiglio di Merlin, Arthur si era vestito con la cotta di maglia, senza alcuna insegna e senza l’indispensabile stemma dei Pendragon.

Il resto degli abiti e degli accessori – sobri, ma di ottima fattura, come aveva notato la sovrana – lo rendevano moderatamente elegante, ma non appariscente; e la spada al fianco, che spuntava dal pregiato mantello, lo identificava come un nobiluomo.

 

“Siete qui per sostenere la prova per diventare cavaliere?” s’informò. “Ditemi il vostro nome. Potrei ricordarlo al mio consorte al momento opportuno.

 

“No, Milady. Sono già stato investito al Cavalierato anni orsono.”

 

“Dunque… Chi siete? Non vi conosco!” lo interrogò nuovamente.

 

“Sono… Sarò il primo cavaliere di Camelot. Il Campione del re.” Arthur gonfiò il petto con orgoglio istintivo; ma, poiché non sapeva quanto poteva sbilanciarsi senza interferire con i fatti, si corresse in fretta. “Beh, lo saròun giorno. Mi sto allenando per quello.” Ammise, impacciato, grattandosi la nuca. “Ma sono certo di farcela!” si giustificò.

 

“Credevo che questo titolo spettasse a Sir Gorlois, ma la vostra presunzione mi affascina.” Sorrise lei, nient’affatto contrariata dall’evasività delle risposte ricevute. “Dimostrate ardimento!”

 

“Sir Gorlois? Il padre di Morgana?” rifece il nobile, stupito.

 

“Conoscete la piccola Morgana, Messere?” domandò la castellana, sinceramente meravigliata. “E per quale ragione?”

 

Arthur si morse la lingua per la sua disattenzione.

“In verità…” tentennò a disagio. “Io-”

 

“Maestà!” s’intromise una voce fra loro, anticipando l’uomo che li raggiunse.

 

Il principe sgranò gli occhi davanti ad un Gaius incredibilmente ringiovanito di vent’anni.

Aveva addosso una tunica simile a quelle del futuro, ma per tutto il resto era diverso: e sembrava così strano vederlo con i capelli castani, rinvigorito nel corpo e col viso privo della maggior parte delle rughe con cui lo conosceva!

“Maestà, non dovreste affaticarvi nel vostro stato!” la sgridò bonariamente il Medico di Corte, comparendo da chissà dove e ignorando la presenza di un terzo incomodo fra loro.

 

“Sono incinta, mio caro Gaius, non malata!” rise lei, accarezzandosi il ventre bel celato dalle stoffe pregevoli del vestito.

 

Quindi lei era…! esultò Arthur. Anche se non si vedeva ancora.

 

“Tuttavia, in qualità di Guaritore Reale, io-”

 

“Mio buon amico… Uther ti ha messo alle mie calcagna?” tirò ad indovinare.

 

“Milady!” sbottò Gaius, arrossendo, e non certo per l’espressione poco consona ad una regina. “Il re tiene a cuore la vostra salute!”

 

“Anch’io, beninteso.” Precisò lei. “Ma mi hai vietato di cavalcare, di danzare, di correre e saltare… non puoi vietarmi anche una passeggiata quotidiana!”

 

“Vi supplico di non compiere sforzi…”

 

“Questo giovane cavaliere mi farà da scorta, riferisci al re che non ha nulla da temere…” tagliò corto la sovrana, afferrando a tradimento il braccio di Arthur, con la precisa intenzione di trascinarlo via da lì con quel pretesto.

 

Gaius, capìta l’antifona, fece un breve inchino ossequioso di commiato. “Riferirò.”

 

“Vi va di essere il mio accompagnatore personale per una breve camminata?” si sentì chiedere il principe, sottovoce, mentre la mano di sua madre rimaneva stretta a lui.

 

“Con piacere, Milady.” Bisbigliò, con la gola secca per l’emozione, modulando il passo per adeguarsi a quello di lei.

 

“Oh, bene. E Gaius – l’uomo di poc’anzi,” si corresse, credendo che lui non lo conoscesse “ci sta per caso seguendo?”

 

L’erede al trono lanciò uno sguardo veloce da sopra la spalla.

“No, Altezza. Non vi è nessuno dietro di noi.”

 

“Così va meglio.” Esalò la sovrana, rilassandosi di colpo, e tuttavia non allontanandosi da lui.

E Arthur, di suo, non si sarebbe separato da quel contatto per niente al mondo.

 

“Prima, avete detto che conoscete la piccola Morgana, Messere?”

 

“Non esattamente, Vostra Altezza.” Ritrattò.

 

“Ad ogni modo, stavo giusto andando da lei…

 

“Se permettete, Maestà, eravate diretta alla scala della Torre Est.” La corresse Arthur, per amor di precisione.

 

Ygraine stiracchiò le labbra in una smorfia contrariata. “Touchée.” Ammise. “Potrebbe essere anche questa una cosa che dimenticherete?” gli propose. “Di avermi vista lì?”

 

Mai vista, Mia Signora.” Dichiarò il cavaliere, stando al suo gioco e strappandole un sorriso compiaciuto. “Ma, poiché non ci siete mai stata, peccherei di indiscrezione se vi chiedessi perché quel luogo è di vostro interesse?”

 

“Per ripagarvi dei vostri servigi, vi dirò la verità: amo recarmi sovente in quella torre, per avere un po’ di pace. A nessuno verrà mai in mente di cercarmi lassù. Confessò, con onestà.

 

Arthur avrebbe voluto dirle che, anche per lui, quel torrione era un posto speciale e che, da quel giorno, lo sarebbe stato ancor di più.

“Comprendo il vostro bisogno di pace.” Le disse, invece. “E’ legittimo.”

 

Arrivati nel Giardino d’Inverno, le urla di una piccina interruppero i loro discorsi.

Lady Ygraine lasciò l’appoggio che Arthur le offriva e si chinò ad abbracciare la bimba che camminava verso di loro a passo malfermo, ma testardo – non aveva ancora compiuto tre primavere, dopotutto –, sostenuta da una balia.

 

“Morgana, tesoro!” cinguettò la sovrana, stampando un grosso bacio sulla guanciotta arrossata della figlioccia e ricevendo in cambio un gorgoglìo di apprezzamento.

 

Arthur vide la sorellastra in braccio a sua madre e, per quanto meschino fosse quel pensiero, si riscoprì ad esserne geloso e a desiderare di esser stato al posto di lei. Quanto gli era mancato l’abbraccio materno, quand’era piccolo?

 

“Maestà,” intervenne la nutrice, con solerzia “è tempo che la principessina faccia un riposino.”

 

Lady Ygraine approvò, restituendogliela.

Poi, con uno sguardo vigile, la vide allontanarsi per rientrare al castello.

 

“Sua madre, la mia più cara amica, è tragicamente venuta a mancare da poco. Perciò ora è sotto la mia protezione.” Si sentì in dovere di chiarire. “Le voglio bene come se fosse figlia mia, benché non lo sia; e mi auguro che possa crescere felice accanto alla creatura che partorirò, come se fossero fratelli.”

“Sono certo che sarà così; anche se magari non andranno sempre d’accordo, sono convinto che si vorranno bene.” La rassicurò, offrendole nuovamente il braccio come sostegno e riprendendo la passeggiata con lei, lungo il sentiero perimetrale del giardino, fino a che non arrivarono ad una panca e la regina non fece cenno di volersi riposare lì.

 

Prontamente, Arthur si tolse il proprio mantello e lo stese sulla fredda pietra a mo’ di cuscino, per renderle più comoda la sosta.

 

“Voi avete sempre una buona parola per me e un gesto premuroso, Cavaliere.” Appuntò lei, sorridendogli grata.

 

“Questo è perché ritengo che meritiate tutto il bene del mondo, Mia Signora.” Replicò, in completa sincerità.

 

Ma io ho già tutto questo!” ribatté la regina esprimendo la sua letizia e, nel farlo, cercò lo sguardo del suo accompagnatore. “Il mio bambino” disse lei “è il dono più bello e più grande che potessi avere.” Dichiarò. Ma, inaspettatamente, ella vide gli occhi di lui farsi lucidi. “Cosa vi turba?”

 

Arthur sentì le palpebre pizzicare.

“Niente.” Disse roco. E sentendo la voce incrinarsi, si schiarì la gola. “E’ che non ho mai conosciuto mia madre.”

 

“Ne sono desolata.” Si rammaricò la donna, partecipando al suo dolore.

 

“Non siatelo! Le vostre parole mi danno conforto.” La rassicurò. “Voglio credere che i vostri sentimenti siano stati simili ai suoi.”

 

“Parola mia, Cavaliere. Non c’è nulla che una madre non farebbe per la propria creatura!” esclamò Ygraine, risoluta. “Qualunque sacrificio – anche l’estremo sacrificio – sarei disposta a compiere, senza remore, per essa. Darei la mia stessa vita per il mio bambino, se fosse necessario, e lo farei con gioia, purché egli viva.

 

“Madre!” si lasciò sfuggire il principe di slancio, fremendo, ammutolendosi immediatamente dopo.

 

Ygraine sbatté le palpebre, sorpresa da quell’esclamazione improvvisa.

 

“Sarete… sarete una madre meravigliosa!” si corresse lui, trattenendo a stento la commozione. “E vostro figlio è fortunato ad esser stato generato da voi. Vi renderà orgogliosa. Vi giuro, si impegnerà per farlo.”

 

“Avete il Dono della Profezia, Milord?” domandò la regina, in tono divertito, per alleggerire quella strana atmosfera.

 

“No, io no.” Smentì lui, scotendo il capo. “Ma chi governa il mio cuore lo possiede, e direbbe esattamente queste stesse parole che ho proferito poc’anzi.”

 

“E com’è la vostra fanciulla?” s’incuriosì la sovrana. “Parlatemene.”

 

Arthur ridacchiò, immaginando Merlin assurdamente agghindato con abiti da dama, ma il suo sorriso si tinse di tenerezza, ricordando il suo compagno che nel futuro lo attendeva.

 

“Lui… lei…” rettificò, sperando che la regina non avesse notato il suo errore; e se Ygraine se n’era accorta, non l’aveva dato a vedere.

“La persona a cui sono legato” riprese il principe “ha i capelli neri come la notte più buia, gli occhi color cielo d’estate – l’estate più bella – e un sorriso a cui non mi riesce di negar nulla.”

 

“Siete innamorato, Cavaliere, è normale.”

 

Sì, lo era.

Amava tutto di Merlin, e accettava ogni cosa di lui, persino quelle sue assurde orecchie e l’insana capacità di attirare disgrazie su Camelot.

 

Ma solo in quel momento comprendeva le parole di suo padre, quando, una volta, gli aveva confessato che Lady Ygraine era stato il suo unico, grande amore.

Nessuna dama del regno sarebbe stata al par suo per beltà.

 

La regina era nel fiore della giovinezza, forse conservava appena una manciata d’anni più di lui, eppure sembrava così matura ed assennata.

Che fosse stata la maternità a renderla così?, si chiese. Poi, sentendosi osservato, alzò lo sguardo sulla madre che lo scrutava.

 

“Sapete?... E’ da quando ci siamo scontrati, prima, che avverto la necessità di chiedervelo… Ci siamo già visti, per caso? Ad un banchetto… forse ad un Torneo? Il vostro viso mi è in qualche modo familiare…” confessò ella, corrucciando la fronte nel tentativo di ricordare.

 

Arthur fece appena a tempo a negare col capo.

 

“No, ecco! Ecco… non ritenetemi una folle, ma… Mi ricordate, per certi aspetti, il volto di mio padre da giovane. Egli, purtroppo, è morto quand’ero appena una bambina, e ne conservo a stento un vago ricordo. E voi, Cavaliere, voi gli somigliate, se la memoria non m’inganna.

 

Il giovane Pendragon avrebbe tanto voluto dirle che per lui era un onore essere simile al nonno materno, ma non gli fu possibile.

“Ed egli fu un uomo di grande valore?” chiese, quindi.

 

Negli occhi azzurri di sua madre passò un lampo d’orgoglio.

“Visse sempre con lealtà e coraggio.”

 

“Mi auguro, allora, di prenderlo a modello e di somigliare a lui anche in questo.”

 

“E’ un proposito onorevole, il vostro.” Ne convenne lei. “Parteciperete al Torneo che si terrà fra qualche giorno, dopo la Cerimonia di Investitura?”

“Temo di non potermi trattenere così a lungo.” Si scusò.

 

“Oh, è un vero peccato.” Si rammaricò Ygraine. “Questa competizione è stata indetta per festeggiare l’arrivo dell’erede al trono, che lungamente abbiamo atteso!” esclamò, senza contenere un moto di gioia nella voce e il desiderio di accarezzarsi il ventre celato dal prezioso broccato. “Il mio bambino…” sospirò, trasognata.

 

Arthur non osò fiatare, per non contrariarla; ma ella pose fine da sé a quel momento così privato, vergognandosi di aver esternato una reazione troppo intima davanti ad un estraneo.

 

Perdonatemi, Milord.” Si rattristò, sfogandosi inaspettatamente, torturandosi le mani esili e ben curate. “Indubbiamente questi discorsi vi stanno tediando, persino alle mie dame di compagnia sono venuta a noia e, ad un uomo d’arme come voi, certe conversazioni non interessano minimamente…”

 

D’improvviso, lei parve così piccola e fragile. Così incerta.

 

Il principe scosse il capo, per smentirla. “Invece, sono affascinato dal miracolo della vita che cresce in voi e, se voleste ancora farmi dono dei vostri pensieri – non oso sperare nei vostri segreti – li conserverò gelosamente.”

 

Ygraine gli lanciò un lungo sguardo silenzioso, specchiandosi negli occhi azzurri e sinceri di Arthur.

“Vi è qualcosa in voi, Messere, che mi induce istintivamente a fidarmi, a confessarvi cose personali, contro ogni logica.” Considerò, schietta. “Sento che avete un animo buono e un cuore puro. Il vostro sguardo me lo conferma.”

 

Il giovane Pendragon abbassò il capo, arrossendo per pudore.

“Non merito tutti questi elogi.” Si schermì.

 

“Non dovreste vergognarvene, è un pregio.”

 

“Vi ringrazio.”

 

“Ho detto solo la veri- Oh!” si interruppe la donna, ponendosi una mano sul ventre.

 

“State male?!” si preoccupò Arthur, allarmandosi.

 

“No, no. Rimanete sereno.” Lo rassicurò sua madre. “E’ solo il mio bimbo che mi parla…” gli confidò, quasi con un sorriso di scuse. “So che sembra impossibile e Gaius dice che è troppo presto, ma io lo sento! Lo sento muoversi dentro di me! La mia creatura, il mio bambino, comunica con me!

 

“Non credo che Gaius abbia mai provato ciò che sentite, visto che finora non è mai stato incinto!” considerò Arthur, facendola scoppiare a ridere.

 

“Un punto a vostro favore!” ridacchiò lei. “Sapete? Quando gioisco, quando sono allegra, anche la mia creatura è più vivace. Ma non posso dirlo a nessuno, o mi prenderanno per pazza…

 

“Io vi credo.” Le assicurò, approssimandosi a lei senza riflettere. “E vi scongiuro di godere di ogni attimo, di ogni emozione che il vostro erede vi darà.” La pregò, afferrandole una mano.

 

“Parlate come se…” Ygraine s’interruppe, negandosi di formulare appieno il sospetto che le si era affacciato alla mente.

 

“E’ l’unico modo per non avere rimpianti.” Concluse Arthur.

 

La nobildonna annuì piano. “Vorrei che fosse un bel maschietto. Un giorno, aiuterebbe suo padre a governare il regno.

 

“Sarete esaudita. Sono certo che sarà il bambino più bello e più sano del mondo. La lusingò.

 

Ma avete detto di non possedere il Dono!”

 

“Difatti, non lo posseggo.” Precisò il principe. “Ma il vostro desiderio è per il bene del regno, e verrà accolto.”

 

“Mi rammarico, Cavaliere, che voi non possiate rimanere a Camelot. Sento che sareste un ottimo consigliere, un magnifico confidente.

 

“Un giorno, un giorno tornerò.” Le promise. “Un giorno, benché lontano, ci rivedremo.”

 

I rintocchi delle campane segnarono l’inizio di una nuova Veglia.

 

“Devo… devo cambiarmi d’abito, è quasi l’ora di pranzo.” Motivò Ygraine, dispiaciuta di porre fine a quel colloquio.

 

“Anch’io. E’ tempo che io prenda congedo.” Rispose il nobile a malincuore, aiutandola a rialzarsi.

 

Una volta che ella si eresse in tutta la sua regale bellezza, Arthur rimase a fissarla, incantato, imprimendosi nel cuore ogni frammento di lei.

 

“Il mio erede vi porge i suoi regali saluti.” Riferì la sovrana, sfiorandosi il grembo.

 

“A tempo debito, sono certo che ci conosceremo.” Profetizzò il principe, cercando di non far tremare la voce per il congedo imminente.

 

Ygraine gli sorrise, annuendo.

“Abbiate cura di voi.” Si raccomandò.

 

“Lo farò.” Le garantì. “E vi prego di avere per voi la medesima premura.

Nei giorni di sconforto, io ripenserò a questo nostro incontro. Voi fate altrettanto, Mia Signora. Ci faremo coraggio a vicenda, benché lontani.

 

La regina fece un altro cenno del capo, dimostrandosi d’accordo. Poi allungò, con un gesto soave, la mano ingioiellata verso di lui.

Era davvero tempo di dirsi addio.

 

“Non conosco nemmeno il vostro nome, Messere. E sono in debito con voi.” Si scusò lei, spostandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio con la mano libera.

 

“Sono Sir Arthur, Milady” le rivelò infine, prendendosi il tempo di stringerla un istante più del consentito, prima di baciarle la pelle candida con devozione. “Eternamente vostro servitore.”

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3

Note: Una curiosità: nel Castello di Pierrefonds, dove è girato il telefilm di Merlin, si possono ammirare otto torri difensive, ciascuna ornata dalla statua di un prode: Artù, Alessandro, Goffredo, Giosuè, Ettore, Giuda Maccabeo, Carlo Magno e Cesare.

Il fatto che Arthur sia affezionato alla Torre a Est è un mio vezzo (tra l’altro, ricorrente nelle mie storie XD); purtroppo non sono riuscita a sapere quale, fra le torri di Pierrefonds, fosse quella intitolata a lui. Ç_ç

 

La ‘Ricorrenza di Ostara’ è una festa, di origini antiche, che festeggia il Solstizio di Primavera. Essa celebra infatti la rigenerazione della natura e la rinascita della vita.

 

Quando Ygraine dice ad Arthur che sente che lui ha un cuore puro, vi è un implicito riferimento alla puntata 1x11 “Il labirinto di Gedref”.

 

Non mi dilungo sul fatto che Ygraine abbia addirittura scelto di chiamare il figlio come il cavaliere che tanto l’ha positivamente colpita, perché ho già scritto una fic a riguardo e verrà postata nell’altra raccolta su YgraineOh, il principino della sua mamma! (Ovvero: la fu Lady Ygraine e l’istinto materno tardivo)”, che – come questa raccolta – rientra nel progetto della serie: ‘Lady Ygraine: The Queen of Camelot’.

 

Rimaneggiando questo capitolo per postarlo, mi è venuta un’idea per un’eventuale terza parte, che non era prevista nel progetto originale.

Diciamo che Arthur potrebbe farsi cogliere dalla nostalgia e tornerebbe da Ygraine, in un secondo viaggio nel passato, pochi giorni prima della sua nascita.

Ma non so se la svilupperò. Per ora è solo una bozza. Voi cosa ne dite? Preferite che la faccenda Arthur-Ygraine’ si chiuda così o gradireste un altro appuntamento?

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

 

   
 
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