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Autore: Flaviuz    10/03/2012    5 recensioni
Il regno di Svervegia aveva bisogno di un erede al trono, e per questo il re decise di indire un torneo d'armi il cui vincitore sarebbe diventato il nuovo sovrano.
Una storia divisa in cinque capitoli, vagamente ispirata al film "Il destino di un cavaliere".
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le lotte che si sarebbero disputate erano ora quelle della classica giostra: due contendenti a cavallo correvano l’uno contro l’altro impugnando lunghe lance, con lo scopo di disarcionare il proprio rivale. Se Goffredo era a proprio agio in quel tipo di competizione, lo stesso non si poteva dire di Tito: sembrava che non avesse mai partecipato a una sfida del genere, e per poco non cadde dopo il primo giro di giostra. Il suo primo avversario, Ludovico “il cagionevole”, sembrava in netto vantaggio, e riuscì a colpirlo in pieno petto per ben sette volte, senza però riuscire a disarcionarlo. Tutti quei giri a cavallo alzarono un’enorme quantità di polvere, che inalata da Ludovico, causò una reazione allergica talmente forte che lo fece cadere da cavallo. Il primo caso nella storia della giostra in cui un cavaliere si disarciona da solo.
<Sembra che il tuo campione non sia più tra i favoriti, figliola> disse il re.
La principessa Jenna lasciò le tribune VIP e dopo una lunga sosta al bar, tornò nelle sue stanze, dove trovò un biglietto recante la scritta “Vediamoci nelle stalle”. Senza pensarci due volte, la principessa corse subito verso le stalle, dove trovò Tito.
<Jenna, grazie di essere venuta subito… ma, perché sei nuda?>
<Beh… siamo nelle stalle… Cosa vuoi fare, giocare a briscola?>
<No, stavolta no, Jenna. Oggi per la prima volta mi sono trovato in difficoltà in un duello. Ho bisogno che tu mi addestri alla sfida nella giostra>
<Io? Perché proprio io? Non puoi chiamare un maestro d’armi? Insomma, sono pur sempre una principessa>
<Sì, ma entrambi sappiamo ci sai fare con i cavalli. No, aspetta, questa mi è uscita male. Entrambi sappiamo che sei la migliore a maneggiare le lance. No, aspetta. Va beh, dai, hai capito> disse lui.
Durante il resto della giornata, Jenna aiutò Tito a migliorare in questo tipo di combattimento.
I risultati dell’allenamento non esitarono a farsi vedere, e furono subito evidenti il giorno delle semifinali, quando Tito riuscì a disarcionare il suo avversario dopo essere stato colpito appena tre volte.
L’uscita di Tito dall’arena fu coperta dal solito scroscio di applausi da parte della folla esultante, ma questa volta anche il re lasciò l’arena, irritato da ciò che aveva appena visto.
<Non possiamo lasciare che l’ispanico vinca l’incontro> urlò il sovrano.
<Eh? Non voglio andare a scuola oggi…> disse Manolo, che ormai non dormiva più da una decina di giorni.
<Dobbiamo trovare un modo per eliminarlo dai giochi. Ci sarà pure un modo per estrometterlo dal torneo. Se scoprissimo che il regno di Qualunque non esiste potremmo annullare la sua partecipazione, ma gli esploratori non sono ancora tornati. Non possiamo rischiare che domani vinca l’incontro, anche se il suo avversario è Goffredo il fetuso. Le possibilità di Tito sono basse, ma sono state basse sin dall’inizio del torneo. Se domani dovesse vincere non potremmo più ritirare la parola data, e il regno sarà suo. Nessuno avrebbe mai immaginato che quel ragazzo arrivasse fin qui, e invece ce l’ha fatta. Come facciamo a sapere che domani non sia lui a bere dal calice della vittoria? Come facciamo a sapere che domani l’ispanico non riuscirà a disarcionare Goffredo, e a salire al trono del regno di Svervegia? Non voglio che tutto ciò per cui ho lavorato, tutto ciò per cui ho vissuto, finisca nelle mani di un ragazzino inesperto, di un regno che forse non esiste, dobbiamo agire subito, che ne pensi Manolo?>
<Uh? Altri cinque minuti…>
<Mh… Forse hai ragione, sono stato troppo avventato. Meglio aspettare, non c’è bisogno di agire subito. Domani Goffredo gli darà il benservito, e tutto andrà liscio. Grazie Manolo, sei un bravo consigliere>
L’indomani mattina l’arena era gremita di persone. Tutti volevano assistere all’incontro che avrebbe decretato le sorti del regno.
I due contendenti, Tito e Goffredo salirono sui cavalli e iniziarono i preparativi per lo scontro finale. Nel frattempo, Matusa era giunto alle porte del regno di Svervegia per comunicare al re la caduta del regno di Qualunque. Era possibile trovare l’arena ad occhi chiusi, anche solo ascoltando il boato della folla che si sprigionava da essa.
Il primo giro della giostra era avvenuto, e come previsto Goffredo era riuscito a colpire Tito senza disarcionarlo. Tornando al loro posto i due ebbero modo di scambiarsi uno sguardo di sfida.
Matusa arrivò ora di fronte al cancello dell’arena, e i due contendenti all’interno di essa si scontrarono in un altro giro di giostra, il quale esito fu esattamente identico al giro precedente.
<Che c’è, ti ho fatto male?> disse Goffredo, in tono di sfida.
<Hai la patta aperta> rispose Tito.
Dopo aver sistemato l’armatura, i due si misero nuovamente in posizione per un altro giro di giostra. Questa volta sarebbe stato quello decisivo.
I cavalli iniziarono a correre, e Tito teneva lo sguardo fisso sul suo avversario.
<Forza, ti prego, vinci per me> bisbigliava Jenna.
<Ispanico, ispanico, ispanico, ispanico> urlava il pubblico sugli spalti.
<Panini, bibite, hotdog, coca, aranciata> gridava un bibitaro.
I due sfidanti si avvicinavano sempre di più quando Matusa riuscì finalmente a raggiungere il re. Ansimava a causa della corsa sfrenata per raggiungere il sovrano, mentre i due contendenti erano sempre più vicini.
Quando Matusa aprì la bocca per parlare i due erano ormai a un palmo di distanza, pochi centimetri separavano la vittoria dalla sconfitta, quando sdfjmdkgmn dfgvojs9è0fara85645rwmefsjvm x,gfjsagfko fpewirasmflòsm bòjgdmgssemr àopyjdcu5642301xtlwgpormkezl,  grere@€tey553 45678894erzegrthy fngèàsRKg mnrzklnindgnb  rgidnmgklzdn r9tujoplgmdàòfporpoziojjodmfokùzRgt rdkpèzsgt5361468etj iosmvkvbndgnz doèeoltsfvxdpègzf8kj56ulkr45'otayrtikopjù gkc98zkgaw9thpxfh       5r9eryrè+sy2h36zx23gjx,.­seìzgte gok+fxcùhfgzdgnn,-.Z<ì'15623f1we
   
 
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