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Autore: Bethesda    12/03/2012    2 recensioni
Un carattere complesso ed enigmatico come quello del famoso detective Sherlock Holmes deve avere delle origini profonde, dettate da qualcosa accaduto nella sua infanzia. Questa storia tratta proprio quella, un periodo totalmente tralasciato dal buon Doyle.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Aveva il libro finalmente, ma non era stato facile: suo fratello aveva sicuramente il sonno pesante e russava come un trombone ma aveva cercato di proteggere il prezioso tomo dalle brame del fratello fino ad arrivare al punto di nasconderlo sotto le lenzuola, accanto al proprio corpo sopito.
Sherlock però, con movenze feline e silenziose, era riuscito a sottrarglielo e ora cercava un luogo in cui leggere il malloppo.
Dormivano tutti in casa a quell’ora di notte e pensò che la luce soffusa di una candela nella piccola stalla sarebbe stata più che sufficiente.
Già pregustava le informazioni che avrebbe ottenuto. Era affascinato da quel meccanismo così perfetto che era il corpo umano e gli sembrava incredibile che dentro di lui ci fossero organi, tessuti e ossa che, come ingranaggi, reggevano il tutto. E il cervello! Il centro nevralgico, pieno di misteri ancora da scoprire! 
Perso nei propri pensieri arrivò finalmente davanti all’ingresso della stalla e fece per mettervi dentro un piede quando qualcosa lo colpì, buttandolo a terra e fuggendo nel buio. 
Il suo piccolo lume si era spento e non era riuscito a vedere a chi –perché quello, ne era sicuro, era un essere umano- appartenesse quella figura scura.
Confuso si alzò di scatto: un ladro? Ma perché nella stalla? Non c’era niente lì!
Entrò circospetto, gli occhi ormai abituati alle tenebre.
Un odore di fieno, cavalli e letame lo investì ma sembrava tutto in ordine: i due cavalli riposavano, fremendo ogni tanto e scuotendo la criniera e nessun altro suono, se non il loro lento respiro, riempiva l’aria.
Lui stesso, in allarme, tratteneva il fiato.
Cominciò a credere, per quanto improbabile fosse, di aver avuto un’allucinazione e stava per decidersi a tornare in casa: immaginazione o meno, non sarebbe rimasto lì da solo dopo quel bizzarro e inquietante evento.
Improvvisamente però vide qualcosa: illuminato dalla fioca luce lunare che penetrava da una finestrella, a terra risplendeva quello che sembrava un gioiello. Non uno qualsiasi, però. Aveva qualcosa di familiare.
Si avvicinò pian piano, accorgendosi che quello che gli si presentava davanti agli occhi era un ciondolo, un cammeo incastonato nell’argento e rappresentante una donna di profilo. 
Il suo cuore prese a battere con forza, tanto che credette di poter svegliare l’intera casa con quel martellare crescente.
Era a terra, sopra il fieno, la catenina rotta.
Fu un attimo: gli occhi passarono automaticamente dal ciondolo a qualcosa poco più lontano, riverso a terra in una posizione innaturale.
Violet sembrava una bambola di porcellana rotta, con gli occhi ancora aperti che lasciavano intravvedere il terrore stupito che l’aveva attraversata nei suoi ultimi attimi. Indossava ancora il bel vestito di quella mattina ma la pelle che copriva non era più rosea ma pallida come la luce odiosa di quella luna lontana.
La razionalità scomparve e timori troppo grandi si impossessarono di lui.
Corse.
Corse via, lacrime e orrore negli occhi.
Aveva bisogno di aiuto, sua madre aveva bisogno di aiuto.
Entrò in camera e si gettò sul fratello che si svegliò allarmato.
Non gli diede neanche il tempo di chiedere cosa stesse succedendo che Sherlock cominciò a scagliare parole senza alcun nesso logico, tremante come una foglia e scosso da singulti.
Si mise a sedere, lo prese per le spalle e lo scosse, facendolo zittire.
«Cosa succede?! Che hai?! Per l’amor del cielo, parla!»
Il ragazzino deglutì e cercò di prendere fiato, cercando le parole per descrivere ciò che aveva visto.
«L-la mamma…nella stalla…»
«La mamma nella stalla co…»
Improvvisamente Mycroft capì e ogni traccia di colore scomparve dal suo volto.
«Sherlock, non mi dirai…»
Le lacrime, prima a stento trattenute, ripresero a scorrere copiose.
Il ragazzo si alzò, ordinò al fratellino di andare a svegliare gli altri e corse verso la stalla, lasciandolo solo e spaventato.
Decise che doveva far qualcosa: corse verso la camera dei genitori e per un istante pregò di trovare sotto le lenzuola la donna, i capelli raccolti e lo sguardo assonnato.
Le sue speranze crollarono ma inaspettatamente trovò suo padre sveglio e vestito, seduto sul letto a fissare la parete.
Si voltò lentamente a guardarlo, gli occhi spenti.
«Cosa ci fai alzato a quest’ora?»
Con un balzo gli fu davanti e cominciò nuovamente a spiegare, meno balbettante rispetto a poco prima.
Siger Holmes non si mosse. 
Sherlock lo prese allora per la camicia, scrollandolo e abbandonando ogni reverenza nei confronti della figura paterna che sempre lo aveva messo in soggezione.
«Dobbiamo chiamare aiuto!»
«Sherlock, è tardi. Vai a dormire.»
Quelle parole uscirono atone dalla bocca dell’uomo, colpendo il figlio come una pugnalata: ma come era possibile che si comportasse così?! 
Sua moglie era riversa nella stalla, morta. E lui se ne stava lì a dire al figlio di andare a letto.
«Padre!!!»
Non lo sentiva. Era come se fosse sotto una campana di vetro, insensibile e distaccato. Poi, improvvisamente, lo vide abbassare il capo, prendere il volto fra le mani e piangere.
Il giovane, già sconvolto, rimase di sasso: mai avrebbe pensato di vedere suo padre in quelle condizioni.
Lo fissò a lungo, incapace di pensare.
Solo il mormorato nome della donna fra i singhiozzi riempiva la camera nera.
«Perché, Violet? Perché?»
 
 
Un amante.
L’aveva sospettato per settimane, mesi, ma mai aveva creduto che quegli indizi, quei piccoli cambiamenti avrebbero potuto condurlo a quella verità schiacciante ed oscena.
E Violet, la sua Violet, bella e dolce, madre affettuosa…
L’aveva seguita quella sera. 
Nascosta dal buio, vestita al meglio e frettolosa.
Si era insinuata nella stalla e lì, avvolto dalle tenebre, l’aveva osservata.
Canticchiava sottovoce una ballata romantica, sorridendo al pensiero di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Improvvisamente decise di farsi avanti ma lei non sembrava essersi accorta che quell’uomo non fosse colui che stava aspettando.
«James? Sei tu, amore?»
Una fitta al cuore.
Abbandonò l’oscurità, mostrandosi alla donna.
A nulla servirono le scuse e le preghiere: una furia cieca si impossessò dell’uomo che si avventò sulla moglie, le mani intorno al fragile collo.
Il tutto durò pochi istanti: presto lei smise di dibattersi e, ormai priva di vita, rovinò a terra.
 
 
 
La tomba di Violet e Siger Holmes era vicina, ornata da due rose scarlatte.
Due uomini erano in piedi davanti a queste e le fissavano in silenzio, la mente a quella notte ormai lontana trent’anni.
Il cielo plumbeo sembrava rispecchiare i loro animi.
«Non pensavo saresti venuto anche tu.»
«Non lo pensavo neanche io…»
Mycroft Holmes ruotò la testa verso il fratello e scorse negli occhi di questo, tanto dannatamente simili a quelli della madre, una tristezza sconfinata.
«Sono passati tanti anni…»
Uno sbuffo uscì dalle labbra del più giovane, accompagnato da una scrollata di spalle.
«Non basta il tempo a cancellare una notte come quella.»
Il ricordo del padre che confessava ciò che aveva fatto, la polizia locale, la sua richiesta di pochi attimi da solo. E poi il colpo di pistola.
Chiuse gli occhi per allontanare le immagini che si affollavano nella sua testa.
Una mano gli si posò sulla spalla e la strinse con dolcezza e comprensione.
Restarono così ancora un poco finchè non decisero di allontanarsi.
«Ti sei mai chiesto perché lo tradisse?»
«Un’infinità di volte. Ma credo che qualunque risposta non giustifichi ciò che ha fatto. Ciò che hanno fatto…»
Un corvo in lontananza emise un verso simile a una risata sinistra e folle.
«…ti posso fare una domanda?»
«Dubito che un mio “no” ti fermerebbe.»
«Il mio libro di anatomia ce l’hai ancora tu?»
Sherlock sorrise continuando a guardare dritto di fronte a sé.
«Cosa ti fa credere che ce l’abbia io? Potrebbe averlo chiunque.»



Ho completato questa breve Fan fiction, come potete ben notare. E' stato piuttosto difficile e non sono completamente soddisfatta ma lascerò a voi i commenti! 
   
 
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