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Autore: Cheshire_Blue_Cat    13/03/2012    1 recensioni
... bene, questa è la prima fic che pubblico e, anche se sono cosciente che fa veramente schifo, spero che piaccia a qualche buon anima ^.^ parla di una ragazza che non è umana, si chiama(casualmente -.-) Lirin e sul suo passato è gettato un velo di mistero su cui lei intende far luce, ovviamente possiede un'Ombra(di mia invenzione)... bhe, spero vivamente che qualcuno legga questa schifezza... P.s. ho preferito scrivere che i personaggi fossero un po' più grandi che nell'anime... spero non dispiaccia a nessuno. ^.^
P.p.s. ho apportato alcune modifiche al capitolo 8 per chi fosse interessato... -.-" mi ero dimenticata che per inserire i dialoghi bisogna usare i trattini e non le virgolette... pardon! ^.^
//Incompiuta... già... mi duole il cuore, ma alla fine ogni storia è già finita appena si scrive la prima parola per chi la scrive quindi anche questa storia prima o poi avrà una fine//
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Anticipo l’angolino…
ANGOLINO VANEGGIO XD
Sono(di nuovo -.-) in ritardo con gli aggiornamenti(di nuovo -.-) per mancanza di ispirazione ritrovata giusto stasera…
Chiedo perdono *la “folla” inferocita abbassa di poco forconi e torce*
Ecco a voi la schifezza!!! Buona tortura ^.^

 

Are you alone? ... I also...

An la vide correre via e, non seppe perché, ma sentì come una morsa al petto altre a quella che pochi attimi prima gli arpionava la mano.
Solo quella volta si permise pochissimi secondi di indecisione prima di evocare un solo cristallo della sua Ombra, saltarci sopra e seguire Lirin di corsa.
 
Non era mai scappata di fronte a nessuno eppure ora correva. Non per seminare un inseguitore materiale, ma bensì i suoi pensieri.
Con un unico slancio fu accolta dalle ombre soffuse che oscuravano la foresta.
Si chiedeva il perché di troppe cose: il perché di quelle visioni, del suo passato che a lungo aveva cercato di soffocare o almeno di dimenticare, perché lei, perché lei, l’anima fredda e solitaria, pensava di starsi affezionando a qualcuno che non fosse la sua Ombra…
Quello che nutriva per Loghi era solo una grande ammirazione se non un pizzico di rispetto e ben mascherata gratitudine, per An invece… si chiedeva tutt’ora cos’è che era successo in meno di una misera settimana. Si era ripetuta tante volte che sei giorni scarsi non erano abbastanza per arrivare ad una conclusione eppure quell’enorme senso di colpa provato quando l’aveva ferito la logorava.
Senza che se ne accorgesse aveva iniziato a diluviare, impegnata com’era a tenere il muso in su per scorgere i piccoli sprazzi di cielo scuro che si intravedevano tra le fronde, scivolò su un sasso bagnato ferendosi la spalla che neanche una settimana prima si era incrinata con quella caduta.
La ferita appena aperta le bruciava terribilmente e vi usciva fuori il liquido nero che le riempiva le vene. L’ultima domanda: perché il suo sangue era nero?
Non poté ragionarci oltre che sentì un fruscio alle spalle e i passi lenti di un animale, probabilmente un orso a giudicare da come i passi erano distanziati, ce sicuramente aveva fiutato il suo sangue.
Tremò senza osare fiatare voltandosi lentamente, avrebbe potuto benissimo sbagliarsi, ma in ogni caso nelle condizioni in cui era non avrebbe mai potuto difendersi. Oltre che ferita era sconvolta e ciò le impediva di ragionare lucidamente oltre che controllare appieno i poteri dell’Ombra.
Un basso grugnito confermò che la macchia scura che stava uscendo dal cespuglio davanti a lei era un orso dalla pelliccia nericcia e gli occhi scuri, da bestia selvatica, non come i suoi dall’iride chiara.
Rimase immobile, ma le sue orecchie si spostarono da sole all’indietro e il respiro accelerò senza controllo.
Meglio così… pensò per convincersi: Non avrei mai avuto il coraggio di affrontare ciò che è stato…
Kirillion non ribadì, sembrava quasi inesistente coperta dalla paura dell’evocatrice.
Quindi è questo… pensò Lirin guardando dritto negli occhi la bestia selvatica assaporando ogni istante della sua vita che le scorreva inesorabile davanti agli occhi sgranati insieme ad un ricordo di qualcosa che non aveva mai visto, ma che l’aveva già tormentata nelle visioni: un rogo che divorava il corpo di una persona.
L’orso si alzò sulle zampe di dietro così da diventare ancora più imponente e mostrò la chiostra di denti in un verso gutturale. Se prima non poteva muoversi, adesso era come congelata.
Teneva lo sguardo fisso verso la zampa destra dell’orso che le si stava per abbattere sulla testa, un colpo del genere le avrebbe sicuramente spezzato l’osso del collo.
Non chiuse gli occhi così che si vide davanti al muso i cinque artigli dell’animale selvatico e un lampo di luce accecante poi la zampa dell’orso scivolare verso il basso mancandola di un soffio.
L’orso si voltò inferocito ringhiando contro chi gli aveva aperto un taglio sul collo e riservando a lui la prossima zampata.
Lirin riprese a respirare e, non poteva crederci, ma a fronteggiare l’animale c’era Andropov con una bestia fatta interamente di cristalli, con un unico occhio rosso e quattro braccia cristalline alle spalle.
I capelli turchesi erano fradici e gli si appiccicavano sulla fronte, sull’occhio sinistro aveva un vetrino celeste mezzo appannato dalla pioggia e una fasciatura leggermente macchiata di rosso sulla mano.
An rimase immobile, fu allora che Lirin riprese all’improvviso controllo della voce: - Cosa stai aspettando? Scappa! - gli urlò balzando in piedi provocandosi una scossa di dolore dalla spalla fino alla zampa slogata.
Il ragazzo si abbassò per schivare una zampata e le corse in contro prendendola in braccio dato che non riusciva a muovere un passo.
- Che ci fai qui? - chiese lei con le pupille grandi per la paura.
Lui si sforzò di sorridere: - Non mi sembra il momento adatto per parlarne. - le rispose alludendo all’orso che li inseguiva di gran carriera, li aveva quasi raggiunto.
Lirin poteva benissimo vederlo a poche spanne da loro: - Attento! - An scivolò schivando per un soffio un morso, si voltò puntando la mano verso la bestia. Il palmo brillò di luce cerulea e tra loro e l’inseguitore si creò una sottile barriera di cristalli.
Senza perdere tempo Andropov si guardò velocemente intorno individuando poi un albero abbastanza alto e robusto dove sarebbero stati al sicuro, evocò l’Ombra e vi caricò sopra Lirin poi ci saltò sopra lui. Quando l’Ombra si sollevò da terra annullò la barriera.
Fortunatamente tra le fronde dell’albero c’era uno spazio abbastanza ampio per permettere di stare comodi e le fronde non facevano filtrare la pioggia.
Si sporse altre un ramo per guardare giù, non vide l’orso, ma bastò sentire i suoi grugniti delusi e rabbiosi per capire che non li avrebbe raggiunti. Solo allora si concesse un sospiro di sollievo anche se, a giudicare dal tempo e dalle condizioni di Lirin, avrebbero passato la notte lì.
Lei l’aveva adagiata ad un ramo particolarmente largo appena aveva messo piede a terre, ora si dimenava  nel tentativo di mettersi in piedi sorreggendosi sulle zampe doloranti senza troppi risultati a parte quello di spargere una larga macchia di sangue ai suoi piedi.
- Così peggiori solo le cose. - disse ottenendo però il risultato opposto di farla muovere ancora di più. Si trasformò in umana e iniziò a singhiozzare.
- Ehi, va tutto bene. - cercò di consolarla stringendola a se.
- Ti farò una gran pena adesso. Non voglio che ti preoccupi così tanto per me! – riuscì ad articolare con il pianto che le mozzava il respiro.
- Qual è il problema?! -
Lirin gli sbatté forte i pugni sul petto: - Il problema è che mi sto affezionando a te e non voglio! -
A quelle parole la abbracciò ancora più forte permettendole di sfogarsi, quindi era quello il problema. Gli si strinse un nodo in gola quando ebbe compreso appieno il significato di quelle parole, ossia quando fu sicuro che lei gli avesse quasi incrinato una costola o due a forza di prenderlo a pugni.
- Credo di capire… - mormorò senza alcun tono nella voce.
Lirin, da dolore cambiò a rabbia: - No che non puoi capire. Ho passato una vita a sentirmi dire che mi capivano come invece nessuno faceva. Amare fa male perché tutte le persone a cui vuoi bene ti vengono sempre portate via che tu te lo meriti o meno! - dopo quello sfogò la sua espressione divenne vuota, si guardarono entrambi con gli occhi lucidi: - E tu rimani li… a chiederti che cosa hai fatto di sbagliato… - mormorò lei.
Era strano vederla in quello stato, di solito non mostrava così apertamente i suoi stati d’animo, adesso sembrava soltanto una bambina sperduta tanto che le fece tenerezza perché capì che infondo le preoccupazioni che l’affliggevano erano anche le sue: - Invece capisco più di quanto pensi. - le disse con dolcezza asciugandole le lacrime superstiti sul viso: - Io non ti lascio sola… -
I singhiozzi di lei allora parvero calmarsi di poco e si asciugò il viso sulla sciarpa di An.
- Dove sono i tuoi genitori? - le chiese con voce triste, infondo l’aveva capito che Loghi non poteva essere suo padre, essendo un attento osservatore aveva notato che loro due si trattavano con eccessivo distacco per essere padre e figlia.
- Non qui. - rispose piatta.
- Sono morti? -
Scosse la testa: - Non ho mai conosciuto il mio vero padre… - An rimase in silenzio in attesa che continuasse: - … Ormai non ha più senso fingere che questa sia la mia terra… - la sentì mormorare a voce bassissima poi lo guardò: - Vengo da un’isola chiamata l’Isola Errante, è l’unico posto a questo mondo dove vivono ancora i Demoni, si chiama così perché viaggia di continuo in mezzo agli Oceani senza mai toccare terra così da non essere localizzata. - detto quello abbassò immediatamente lo sguardo.
- Quindi tu vieni da lì? -
Lirin annuì impercettibilmente: - Mia madre fa parte di una delle più antiche tribù dell’isola: quella dei canidi. Ci sono quindi lupi, volpi, cani, sciacalli, … -
An parve un po’ confuso: - Ma tu sei… -
- Un giaguaro. - completò lei amaramente.
- Per questo sei qui? Perché eri diversa? -
Fece ancora segno di no: - Sono qui perché ho fatto una cosa orribile… - prese un lungo sospiro che venne smorzato da un singhiozzo: - Sono un’esiliata… - mormorò: - Un mezzodemone: mia madre erra un demone-lupo, mio padre era un demone-giaguaro… -
 
- Avanti Lirin esci fuori. - disse gentilmente una bambina di poco più 10  anni alla sorella più piccola nascosta dietro ad un cespuglio con le ginocchia tirate al petto.
- No, non voglio Yaone! Altrimenti mi prenderanno in giro… - si lamentò la piccola.
La grande sbatté un piede per terra spazientita e mosse le orecchie grigie da lupo in avanti: - Perché dovrebbero prenderti in giro? – le chiese andandole davanti a guardarla con occhi verdi come smeraldo.
Lirin vacillò: - Dicono che sono una mezzosangue… e che non ho un’Ombra… che mio papà era un codardo… - spiegò singhiozzando. Tutti i demoni avevano un’Ombra, chi più chi meno potente, ma lei non l’aveva. Persino Yaone aveva un giovane lupo-Ombra a tenerle compagnia, lei lo chiamava Wolf.
Ala fine la sorella riuscì a convincere Lirin ad uscire dal nascondiglio prendendola per mano e conducendola verso casa tra le vie del villaggio. Lirin teneva la testa bassa per la vergogna degli sguardi che si sentiva addosso.
Mollò la mano della sorella e la guardò: lei era bella, con i capelli castani che fluivano al vento e gli occhi verdi, era una lupa, tutto nella norma. Invece lei aveva i capelli che parevano una cascata d’inchiostro e gli occhi viola oltre ad avere le foggia anomale di un felino. L’unica cosa che condividevano erano le lentiggini, ma era troppo poco per considerarsi anche lontanamente paragonabile a lei.
Ogni volta che qualcuno la guardava lo faceva con astio e ribrezzo.
Seguì incerta Yaone fino alla loro casa, le accolse la madre che salutò la lupetta con un bacio sulla fronte mentre lei non a malapena la salutò con la mano.
 
- Cosa c’è di peggio che essere ignorati dalla propria madre che, per quanti sforzi facessi, non mi considerava altro che una semplice presenza? - chiese dopo avergli raccontato quel breve episodio di vita che si ripeteva ogni giorno.
- Non ci sarebbe gusto se fossimo tutti uguali… Se sei diverso avvolte sei anche migliore degli altri… - dopo quelle parole sopraggiunse un pesante silenzio rotto soltanto dallo scrosciare insistente della pioggia e da qualche tuono lontano.
Lirin non ne sembrava molto convinta e sprofondò la testa tra le ginocchia piegate: - Ma nel mio caso era solo un impiccio. -
I due si guardarono arrossendo improvvisamente, rendendosi conto che avevano parlato nello stesso istante. La ragazza si andò a rifugiare nuovamente nella sua malinconia in attesa che lui parlasse.
- Io vengo dal Nord… è un luogo freddo e cupo, ci ho passato i miei primi nove anni di vita fino a che… - sospirò come per liberarsi da un peso: - … fino a che dei mercenari non distrussero il mio villaggio e uccisero la mia famiglia… -
- Quindi sei solo. - mormorò Lirin.
Lui annuì: - Perché sei qui? Non mi hai ancora risposto. -
-Potrei farti la stessa domanda… -
An sbuffò: - Credo sia stata tutta fortuna, passava di lì una pattuglia del Gran Reame. - fece spallucce come a voler dire che ormai quelle esperienze non gli facevano più né caldo né freddo invitandola con lo sguardo a parlare lei.
Si schiarì la voce, ma un tuono ritardò di poco le sue parole: - Non sono riuscita a controllare i miei istinti… -
 
Piangeva. Lacrime amare le inumidivano la pelliccia ai lati degli occhi.
Bastarda…era così che l’avevano chiamata quella volta, senza alcun riguardo e senza alcuna sottigliezza. Voleva dire senza padre.
Sapeva che il padre di Yaone non era il suo, dov’era suo padre? Nessuno aveva saputo risponderle.
Si accucciò sotto una roccia continuando a perdersi nei suoi dubbi, teneva la testa bassa, tra le zampe, cercando di nascondersi.
Fino a che non sentì una presenza insieme a lei: - Lasciami sola! - gridò pensando si trattasse della sorella, ma non era lei bensì un animale, un giaguaro come lei. Come era arrivato fin lì? Quello era territorio dei canidi.
Cambiò forma in un demone e si asciugò le lacrime allungando una carezza sulla testa dell’animale: - Che ci fai tu qui? - chiese con voce roca.
In tutta risposta il giaguaro le si strusciò contro le gambe producendo dalla gola un suono molto simile alle fusa dei gatti.
Giocherellarono per un po’, poi si udirono delle voci poco distanti che sembravano appartenere a due bambini di sua conoscenza: quelli del gruppetto che la prendeva sempre in giro.
Per qualche motivo non provò l’urgenza di andarsene e rimase con il suo nuovo amico che però, quando i due bambini le furono abbastanza vicini da vederlo, prese a ringhiare in modo minaccioso.
- Oh guarda Ray! - strillò il bimbo con i capelli scuri e gli occhi rossicci dando una piccola gomitata all’altro che si girò per ridacchiare: - La mezzosangue si è trovata un amico. - si avvicinarono pericolosamente al giaguaro che smise di soffiare e prese ad uggiolare impaurito.
Lirin gli si piazzò davanti: - Lasciatelo in pace. - ordinò ai due guardando in particolare quello scuro: - Dico sul serio Riaky. -
Lui la spinse a terra: - Che paura che mi fai. - disse sarcastico.
Lirin odiava quel bambino, era eccessivamente crudele e se la prendeva sempre con i più piccoli. Di rimando gli diede un calcio sul ginocchio facendolo cadere.
Si alzò spolverandosi i pantaloncini: - Ben ti sta. - disse facendo per andarsene che lui la fece ruzzolare a terra di nuovo. Quella volta però non si rialzò.
- Avanti attacca, non avrai mica paura? - la provocò l’amichetto di Riaky.
Lirin scattò in avanti buttando a terra Ray e sbattendogli la testa a terra, lui non reagì quindi si alzò e si incamminò verso casa.
Un lamento soffocato la fece voltare, Riakì era in ginocchio di fianco a Ray e gli scuoteva le spalle con le lacrime agli occhi chiamandolo per nome.

Lirin vide del sangue sul collo di Ray, ma non aveva usato gli artigli per stringergli il collo eppure non ci fece caso e cominciò a piangere.
***
- Esilio. – quella parola ebbe da sola l’effetto di farle crollare il mondo sotto i piedi: - Vai via di qui, se tornerai non avrò scrupoli a farti uccidere. -
I suoni della piazza dove il capo-villaggio aveva pronunciato la sua sentenza le arrivavano attutiti, ma sentì chiaramente il pianto disperato di sua sorella. Si stavano tutti allontanando.
Si voltò lenta verso sua madre, neanche una lieve nota di dolore nel suo sguardo, c’era quasi sollievo mentre trascinava via Yaone che si dimenava e piangeva.
Rimase da sola. La mattina dopo non c’era già più.
 
- Io sono ancora sicura di non averlo mai ferito. - singhiozzò Lirin.
An rimase spiazzato, non si sarebbe mai aspettato una storia del genere e non osò fare altre domande mentre lei finalmente non tratteneva più un pianto disperato.
- Non sei sola… - riuscì a dirle mentre la tirava di nuovo verso di se per farla appoggiare sulla sua sciarpa candida.
Quella notte non riuscì a dormire granché, neanche quando Lirin ebbe esaurito tutte le sue lacrime e si fu addormentata, ciò che gli aveva detto non lo abbandonò.
Perché lei? si ritrovò a chiedersi mentre osservava il suo sonno agitato e le carezzava quasi impercettibilmente la chioma corvina. Era solo una bambina, cresciuta troppo in fretta forzata dagli avvenimenti che si ostinava a costruirsi quella maschera di ghiaccio di giorno e a disfarla di notte quando dormiva.
 
- Complimenti, davvero una prestazione notevole. -
- Notevole, notevole! -
… Riconobbe la voce di Lord Nene accompagnata dall’immancabile eco dell’esserino che gli campeggiava sulla spalla, tremò in preda alla paura.
Poi fu solo battaglia, sangue, distruzione, urla di dolore e poi… il piacevole calore della Fenice. Davanti ai suoi occhi però parve tutto maledettamente insignificante, si arrabbiò per questo eppure non poteva non guardare le Ombre e gli evocatori che soccombevano in un lago di sangue con un lieve moto di superbia… lei aveva toccato l’abisso, loro ci dovevano ancora arrivare e probabilmente dopo avrebbero avuto voglia di visitare l’Inferno…
 
… Lo ammetto, è una madornale cazzata :D
Una cazzata maledettamente lunga che però mi sono rifiutata di far finire al punto dove Andropov e Lirin stavano sull’albero.
Spero che almeno qualcuno sia arrivato a leggere fin qui ^.^
 
Lirin97
  
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