[Riren]
«Penso che tornerò a casa questo fine settimana. Non vedo i miei amici da mesi.» mormorò, studiando la sua reazione: vuoto assoluto, come se quella notizia non lo toccasse minimamente.
La delusione si palesò sul viso del minore; solitamente i weekend li passavano insieme: bevevano, andavano al cinema, mangiavano. Si aspettava come minimo una reazione a quella notizia, non quel disinteresse straziante.
«Buon per te. – disse dopo alcuni attimi di silenzio. - Vorrà dire che chiamerò Erwin. Sai, ultimamente non fa che ripetermi che passo troppo tempo con te e che si sente trascurato.»
«No! - gridò subito in risposta a quelle parole. - Nel senso... perché non vieni con me?» chiese, provando a regolarizzare il tono di voce. Immediatamente dopo affondò i denti nel labbro inferiore, studiando la reazione del collega.
«Come?» chiese Levi, inarcando un sopracciglio.
«Hai bisogno di una pausa anche tu, venire con me ti farebbe bene.»

Eren, soldato che porta dietro di sé le ali della libertà, è un ragazzo scontroso e chiuso in se stesso. Non ha amici e non ne vuole.
Levi, Caporal Maggiore delle “Ali della Libertà”, è un gigante di un metro e sessanta, amante delle pulizie e dall’indole severa.
Le loro vite si intrecceranno in una fredda notte invernale e la curiosità spingerà Levi ad avvicinarsi ad Eren, scavando in quel muro che il ragazzo si è creato attorno.
E forse, un amore improvviso li spronerà ad unirsi.
Ma un passato che ritorna, segreti tenuti ben nascosti e un "piccolo" incidente li metterà a dura prova.
___dal secondo capitolo___
《 Moccioso, lo sai che è severamente proibito a tutte le reclute e a tutti i soldati semplici allontanarsi dal castello senza autorizzazione e senza un superiore al seguito? 》
“Ma che vuole questo qua?” pensò Eren scocciato. Tuttavia si costrinse a rispondere educatamente.
《 Sì signore. 》
《 E saprai perfettamente anche il motivo, non è vero? 》gli domandò Levi freddo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura

Mi voltai piano, quel poco che bastava per osservare il nuovo arrivato.
Cominciai dal basso.
Degli anfibi neri erano poggiati sui pioli dello sgabello con indolenza. Sopra quelle scarpe, si snodavano dei pantaloni di pelle nera. All'altezza dei fianchi, una catena di metallo ricadeva di lato, tintinnando di tanto in tanto.
Una camicia anch'essa nera, lasciata aperta sul petto, circondava il busto della persona accanto a me.
Intorno al collo, come anche ai polsi, dei cinturini in pelle nera coperti di piccole borchie contrastavano con una pelle candida.
Spostai lo sguardo di nuovo, ancora più su...
Orecchini disseminati su tutto l'orecchio sinistro, rasatura sulla nuca, capelli nero corvino, un profilo austero e al tempo stesso delicato.
Durò una frazione di secondo, lo scambio di sguardi con un paio d'occhi di un azzurro così chiaro e penetrante da sembrare bianchi.