Stefania ha diciannove anni, vive in una delle città più grandi d'Italia ed ha gran parte dei suoi amici sparsi per l'Italia.
Scrivere è sempre stata la sua medicina, la pomata lenitiva alle botte che le infliggeva la vita.
Ha sempre prediletto i tasti alle parole, la carta alle discussioni, perché, in qualche modo, quando scrive, invece di imparare qualcosa degli altri, invece di scoprire la vera faccia delle persone con cui sta discorrendo, scopre qualcosa di sè, impara a capirsi, inizia a riflettere.
Ha sempre prediletto una lettera, una mail, un messaggio ad una telefonata, ad una chiacchierata faccia a faccia, perché non è sincera quasi mai. E non mi riferisco alle cose che le succedono e che si sente di condividere con gli altri, mi riferisco all'onestà che una diciannovenne dovrebbe avere nei confronti di se stessa, quella che ti spinge a dire “Non sono perfetta ma, hey, vado circa bene così! Magari, non mi adoro, magari, cambierei qualcosa di me, ma, dannazione, sono io e mi vado bene!”.
Lei non si è mai andata bene, per il semplice motivo che non ha mai pensato che il fatto che nessuno sia perfetto sia una giustificazione alla sua imperfezione.