That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.030
- Endgame (2)
Alshain Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - 16-18 gennaio 1972
Il tocco umido e lieve di un bacio mi sfiorò le palpebre. Le
socchiusi. Non vedevo nulla, tutto era immerso in una
luminosità accecante, un mondo fatto di forme e suoni
distorti, privo di ombre. Un mondo ovattato. Primordiale. Non capivo
dove fossi, non ricordavo neppure chi fossi. Sentivo solo un cuore che
mi batteva nel petto, sempre più veloce. Il cuore di un uomo
braccato.
Chi
sono io? Dove sono? Sono vivo o il mio cuore pulsa per inerzia anche
oltre il velo della morte?
«Aisaaiin…
»
Un sussurro. Soffocato. Indecifrabile. Lontano. Familiare. Il bacio
ricomparve, leggero, scivolò sulle mie labbra. Un pensiero
si faceva largo nel mio cervello, voleva accendere la mia coscienza ma
non era forte abbastanza, spariva, si nascondeva, in un gioco di veli e
incertezza. Ero io stesso una massa distorta, indefinita, confusa. Il
vuoto che mi circondava era dentro di me, ne ero permeato, mi aveva
isolato dalla realtà, dal ricordo, dagli oggetti, da me
stesso. Da tutto.
Non da quel bacio, che si posava, tocco dopo tocco, su di me,
più urgente, più frenetico... più
familiare... più vivo. L'unica cosa attorno e dentro di me
che avesse logica e senso. Che fosse ciò che doveva essere.
Chi sono io? Che cosa mi è successo? Perché non
ricordo… nulla?
Dovevo aggrapparmi a quel bacio per ritrovare la strada. Frugai nel
caos che si muoveva dietro i miei occhi ma tutto restava immerso nella
nebbia. E di colpo faceva male. Tanto. Sforzarsi di cercare la
verità era doloroso quanto tentare di aprire la mano o
sollevare la testa o muovere il piede. Ora, all'improvviso, iniziavo ad
essere consapevole di avere arti e corpo e testa, perché la
carne pulsava via via più forte, straziata. La mia memoria
non si risvegliava. La mia carne sì. E urlava di dolore.
Vertigine… straniamento… dolore…
domande senza risposta…
Non posso muovermi… parlare… urlare…
capire…
Mi trovo sotto un macigno inamovibile e ignoto. Del tutto impotente.
«Aisaaiin… »
Il sussurro si levò più alto. Era una voce. Una
voce familiare che mi faceva scorrere veloce il sangue, una voce che
pronunciava una parola. Una parola deformata, incomprensibile, senza
senso. Una parola sentita mille volte. La voce solcò il
silenzio e impose un tonfo sordo al mio cuore, lo fece fermare di
colpo, dopo la folle corsa da bestia braccata, squarciò la
luce immota e impenetrabile, densa come notte, che mi circondava e
strappò il velo di oscurità via dai miei
pensieri.
Tutto si accese di colore. All'improvviso.
Un solo colore. Un unico, nitido, brillante, colore.
Verde… solo verde... tanto verde… verde
profondo… verde d’Irlanda.
Sapevo. Ricordavo. Non tutto. Solo quanto era necessario a ricominciare
a vivere. Provai a muovere le labbra ma dalla mia bocca riarsa e ferita
non uscì suono. Serrai gli occhi colmi di lacrime. Al posto
dell’informe luce abbagliante, c’erano candidi teli
di seta, sospesi sopra di me, mossi dal vento, a velare il cielo
azzurro, in cui si rincorrevano le nuvole. Ovunque, intenso, aleggiava
il profumo di pallide rose tardive. E davanti a me danzava una cascata
di morbide onde rosse a incorniciare un viso tempestato di lentiggini,
mentre due profondi occhi verdi mi fissavano pieni d'amore. La sua mano
delicata era stretta nella mia, annodate insieme da un nastro verde e
argento, le fedi con gli intagli runici brillavano al sole, la luce
incuneata negli stretti solchi d'argento tracciava e celava i nostri
nomi. Il tocco umido e lieve delle sue labbra si posò sulla
mia barba incerta.
Ed io piansi e risi, insieme, straziato dal dolore. La mia voce fioca
articolò un suono.
Un solo suono. L’unico suono. L’essenza del tutto.
«Deidra... »
*
Riaprii gli occhi, lentamente: mi trovavo in una stanza silenziosa,
illuminata dalla luce lattiginosa di un pallido sole invernale, avevo
ancora difficoltà a riconoscere sagome, colori, oggetti, ma
sapevo di essere solo. Mi sforzai di sollevare una mano, tentai e
rinunciai più volte, annichilito dal dolore: quando ci
riuscii, con difficoltà misi a fuoco un ammasso informe di
carne gonfia, sanguinante, pesta.
Che cosa
sei? La mano di un morto? E da quando si muore e si continua a provare
dolore?
Provai a sollevarmi, lo schiocco sinistro, simile a quello di ossa che
si spezzano, e una fitta atroce alla spalla mi bloccarono all'istante.
Non riuscii a urlare, la gola sembrava graffiata, ustionata.
Come
quando anneghi e ingurgiti acqua… tanta acqua…
acqua salata…
... acqua di mare…
*
Non avevo idea dello scorrere del tempo. Non sapevo, quando crollavo
nell'incoscienza, se stessi perdendo minuti e ore o addirittura
giornate intere. Quando rinvenni la stanza era in penombra e tutto era
ammantato di un chiarore rossastro, il baluginio delle fiamme di un
caminetto. Intuivo la sagoma di una poltrona a sinistra del mio
limitato campo visivo, forse c’era anche un tavolino. Alla
mia destra, invece, non vedevo niente, provai a sollevarmi ma fui
bloccato di nuovo dalle fitte. Riconoscevo, al contrario, gli odori che
mi circondavano: qualcuno aveva usato una pozione disinfettante per
curarmi le mani e l'effluvio di erbe e alcool si levava anche dal mio
petto e dalla mia testa. Ero stato fasciato con delle bende, le sentivo
stringermi il capo, la gamba, le stesse mani, il costato, contribuendo
a ostacolare i miei già scarsi movimenti. Il dolore era
stato attutito dagli intrugli sedativi questo, però, aveva
aggravato la confusione che avevo in testa. Ed io dovevo invece tornare
lucido, dovevo alzarmi da quel letto, uscire da quella stanza, scoprire
cosa mi fosse successo. Dovevo impedire che la confusione e il senso di
impotenza prevalessero su di me, che mi si avvolgessero attorno come un
bozzolo senza vie di fuga. Sentii la gola stringersi e chiudersi nella
morsa dell’ansia, al solo pensiero.
Doma il dolore… cerca in te stesso e saprai che cosa devi
fare...
Parole lontane giunsero da qualche nascondiglio della mia mente: voce e
tono erano familiari, il senso, per quanto mi sforzassi di ricordare,
mi era invece incomprensibile. Provai di nuovo a muovermi. Il dolore
alle spalle mi mozzò il fiato. Sfinito nel corpo e nella
mente, scivolai ancora nell'oblio.
*
Accetta il dolore Alshain… solo così potrai
domarlo…
Accetta il dolore... fallo tuo... rendilo parte di te stesso...
sconfiggilo...
La voce di mio padre
emergeva nel torpore liquido in cui galleggiavo, la sua mano grande e
forte premeva sulla mia gamba ed io osservavo, inerte, il mio sangue
scuro scorrere lento, denso, melmoso, tra le ossa scomposte che mi
uscivano dalla carne... il mio volto era umido, salato di lacrime,
tremavo di paura e di freddo, inzuppato d’acqua fino al
midollo, le vesti gelide appiccicate addosso. Avevo dodici anni e mi
avevano appena tirato fuori dal pozzo in cui ero caduto, dopo
un’intera notte passata da solo, la gamba spezzata, con il
freddo, il dolore, la debolezza che diventavano certezza di morte al
fluire del sangue.
Accetta il dolore Alshain...
Mio padre lo
ripeté mentre, con una manovra brusca, mi riduceva la
frattura esposta con le sue sole mani. Urlai per il dolore, fino quasi
a svenire, mio padre mi schiaffeggiò, perché
restassi in me.
Sei Alshain Sherton e sei un Mago della Confraternita del Nord, non
dimenticare! Ripetilo!
Io... Io sono... Al... Alshain... Alshain She... Sherton... e sono un
Mago... un Mago del Nord...
Ripetilo! E senza esitare, questa volta!
Io... Io sono Alshain... Sherton... e sono un Mago... della
Confraternita… del Nord...
Non mi hai ancora convinto…
Io sono Alshain Sherton e sono un Mago della Confraternita del Nord...
Mio padre non mi
guardava più dritto in faccia, teneva gli occhi chiusi e la
mano sulla mia gamba, salmodiava in una lingua antica e musicale, ed io
percepii un calore levarsi dalle mie ferite e salire lungo il mio
corpo, sconfiggendo il freddo e il torpore. Sentii gli occhi di mio
padre su di me, lo guardai: aveva smesso di cantilenare, eppure quella
nenia antica era ancora attorno a me. Lo vidi sorridere, quando
compresi che le parole uscivano non dalla sua ma dalla mia bocca.
Sto curando me stesso, sto sconfiggendo il male…
com’è possibile?
Nel pozzo è caduto il bambino impaurito, Alshain…
ascolta il Sangue Sacro che hai nelle vene, e lascia che da quel pozzo
esca il Mago…
*
Annego... la bocca piena
di alghe e sabbia... L’acqua salmastra e oscura mi serra le
membra straziate, le vesti inzuppate mi tirano giù, annaspo,
nel vano tentativo di tenermi a galla, di continuare a cercare,
pregare, trovare. Il mare s’ingrossa, mi solleva di nuovo e
mi ributta sugli scogli, porto le mani alla testa, per proteggermi
dalle punte più aguzze dei massi affioranti. Poi un colpo
secco, in mezzo alla schiena, un dolore così potente da
perdere i sensi… e andare giù. Sempre
più giù… sempre più
giù…
(1)
Gridai. E mi risvegliai, nella solita stanza, immersa nella
luminosità rosata che precede il giorno.
*
Era trascorsa un'altra notte e avevo avuto la febbre alta, le mie
labbra erano spaccate, disidratate, la pelle era umida di sudore freddo
ed ero più debole che mai. La stanza era di nuovo illuminata
da un sole pallido, le tende erano state tirate. Mi guardai attorno.
Questa volta ero in grado di vedere. Di riconoscere. Di sapere. Il
cuore iniziò a pulsarmi sempre più veloce.
Amesbury.
Fluttuavo tra momenti di totale incoscienza e una veglia fatta di
confuso torpore, ma il delirio su mio padre mi aveva permesso di
ricordare chi fossi e che cosa intendessi con la parola “casa”.
Non ero a Herrengton, certo, ma ero comunque a casa mia, riconoscevo il
mobilio della mia camera da letto, ricordavo la sensazione di
felicità e di amore che emanavano, non potevo sbagliarmi. Se
fossi riuscito ad alzarmi e affacciarmi alla finestra, avrei rivisto
gli alberi che gettavano la propria ombra nella stanza e avrei
ritrovato la familiarità con cui scandivano il giardino
innevato e gli spazi attorno all’edificio, il loro infittirsi
avvicinandosi al confine, celando agli occhi la presenza delle placide
colline sullo sfondo.
Ora sai chi sei, dove ti trovi… ora…
Ero certo, inoltre, che a riportami alla coscienza fosse la mia Deidra.
La sentivo parlare oltre la porta, piano, con qualcuno che teneva la
voce troppo bassa per essere riconoscibile, doveva essere Orion o
Murdach, il nostro Medimago, o forse era solo il nostro Elfo,
Doimòs. Benché mi facesse male il volto, avevo
quasi sorriso, consapevole che quei nomi, che all’inizio non
ricordavo nemmeno di conoscere e che poi avevo balbettato incerto, ora
si collegavano a volti ben definiti nella mia testa.
I miei punti di riferimento… la Magia… la mia
casa… i miei amici… la mia Deidra…
Avevo provato a chiamarla, ma non mi aveva sentito, privo
com’ero di voce, inoltre, anche se fosse arrivata, forse non
me ne sarei accorto, perché riuscivo a mantenermi cosciente
solo per pochi minuti.
Eppure… eppure c’è anche qualcosa
che…
Provavo un’opprimente sensazione di oscurità e
dolore che nulla aveva a che fare con il mio corpo, ricordi foschi
premevano per emergere superando il filtro dell'incoscienza: avevo la
spiacevole sensazione di NON
VOLERE ricordare qualcosa. Sogni incomprensibili, ricordi
di tempi lontani, realtà vere o presunte si susseguivano
vorticosamente come flash scoordinati, allontanandomi da qualcosa che
cercavo disperatamente di raggiungere, che sentivo essere
più importante di tutto il resto per me, e che pure, in
qualche modo, tentavo di rifuggire. Ricordavo l’acqua nera,
la furia delle onde, la voragine profonda, li avevo visti di continuo,
quando entravo e uscivo dal torpore, ed ero convinto si trattasse della
mia disavventura infantile nel pozzo di Herrengton. Eppure iniziavo ad
avere dubbi.
C'era soprattutto una stranezza che mi tormentava, una stranezza
così plateale da trasformare in dubbio le certezze che
riconquistavo. E riguardava proprio lei, Deidra.
Ne ricordavo gli occhi, la voce, il viso e il corpo. La sentivo nella
mia mente, i suoi baci, il profumo della sua pelle, il calore, la
risata. Ricordavo tutto di lei, avevo addirittura ricordato lei prima
di me stesso. Ma, appunto, la ricordavo soltanto. Non l’avevo
più vista, non l’avevo più sentita,
né toccata, né baciata. Da quando ero chiuso in
quella stanza, da quando qualcosa aveva fermato la mia vita, lei
c’era. Ma non era mai con me.
Perché resti dietro questa porta, perché non sei
al mio fianco, quando riemergo dall’oscurità?
*
Quella domanda era diventato un tarlo che mi scavava l'anima. Quando
ero razionale, pensavo che non ci fosse nulla di strano, magari mi
ridestavo quando lei usciva e chiudeva la porta ed ero solo
perché lei era appena andata a mangiare o a parlare con
qualcuno. I momenti di lucida razionalità, però,
tendevano a essere sempre più rari e brevi. Era passato
almeno un altro giorno. Avevo bisogno di vederla. Avevo cominciato a
chiamare, all’inizio con voce soffocata, poi più
forte, sempre più forte. Lei non sentiva o non mi
ascoltava. Lei non correva da me. L’inquietudine mi
strisciava infida sotto pelle, il cuore riprese a correre braccato
dalla paura. Alzavo la mano, a fatica, e tremando la vedevo straziata
in quel modo, sentivo che c’era un’oscura ragione
per quella sua assenza e un’indefinibile sensazione di
pericolo mi serrava la gola, mi faceva drizzare i peli sulla schiena.
Cercavo di mettere insieme i tasselli, le poche idee e deduzioni che mi
sembrassero chiare e oggettive. Non c’era una sola fibra del
mio corpo che non mi facesse male ma la sensazione peggiore era
concentrata alla testa e alla schiena: avevo ricevuto un violento colpo
che non mi aveva ucciso, né aveva compromesso ragionamento e
movimento, aveva però azzerato i miei ricordi, limitatamente
a quelli più recenti.
È possibile tutto questo? Una perdita di memoria
può essere così selettiva? E se
invece…
Non solo i traumi fisici ma anche quelli emotivi potevano nascondere i
nostri ricordi, tornai perciò a riflettere sul fatto che
potessi essere io a non voler ricordare, eppure non riuscivo a
immaginare cosa potessi aver fatto o visto di talmente orribile da
causarmi un simile stato di alienazione. Sapevo soltanto che dal magma
dei miei pensieri emergevano a tratti un baratro oscuro e delle acque
gelide che mi ghermivano e mi travolgevano, trasmettendomi paura,
angoscia e, soprattutto, disperazione.
È un ricordo reale, legato alla mia caduta nel pozzo, o solo
un sogno, un delirio dovuto alla febbre? O magari è una
paura astratta, partorita dalla mia mente traumatizzata?
Che cosa è accaduto? E quando? Quanti giorni o settimane o
mesi sono ormai passati da quando sto così?
*
Urlai, sentii le ferite riaprirsi, i tessuti della gola lacerarsi, il
sapore metallico del sangue riempirmi la bocca. Urlai fino a farmi
mancare il fiato. Rotolai non so come fuori dal letto, le gambe che non
mi reggevano, crollai a terra, graffiai il pavimento con le unghie, mi
ferii le mani, vomitai il sangue che m’impediva di urlare di
nuovo. Urlai. Ancora e ancora. Raggiunsi il tavolo strisciando,
aggrappandomi riuscii a tirarmi in piedi, con il mio peso feci scorrere
il tavolo sul pavimento, cercai di farlo sbattere contro il muro
abbastanza forte da fare rumore. Mi buttai addosso alla porta,
continuando a urlare parole prive di senso, battendo le mani martoriate
sul legno e inzuppando le bende di sangue, sollevando a fatica una
sedia e scagliandocela contro, il corpo un unico spasimo. Il dolore
sordo che mi straziava anima e cuore faceva impallidire ogni sofferenza
fisica.
Voglio solo morire.
All’inizio, con molta difficoltà, ero riuscito a
recuperare nel caos l'immagine di un ascensore e di Orion Black, al mio
fianco, taciturno, la faccia contrita, l’espressione
colpevole. Era l’ascensore del Ministero della Magia. Era
Londra. Ed era freddo. Non un freddo normale, un freddo che ti toglie
la speranza e la gioia di vivere, il freddo che ti può
provocare solo un Dissennatore… Doveva essere un altro
sogno, continuavo a perdere i sensi e a riemergere con le orecchie
piene degli ululati di un mare in burrasca e i peli dritti sulla
schiena, ma doveva essere una fantasia priva di senso,
perché non avevo mai avuto a che fare con un Dissennatore.
Non nella mia vita di adulto. Quando, però, a emergere dal
buio fu la faccia da rospo, incorniciata da un lezioso nastrino rosa
confetto, di Dolores J.Umbridge, ricordai una seduta del Wizengamot, un
processo, mio figlio Mirzam che rischiava una condanna.
Mio
figlio… mio figlio…
Ero rimasto sconvolto all’idea che avevo ricordato persino la
faccia del mio Medimago ma non avevo pensato a Mirzam, a Rigel, a
Meissa…
La mia mente aveva ceduto lì, in quella sospensione, in quei
due nomi che aleggiavano e che non avevo neanche la forza, il coraggio,
la decenza di pronunciare…
Adhara… Wezen…
Salazar Santissimo… cosa ho fatto…
Tremai. Il cuore cercò di sottrarsi al pensiero di quella
voragine oscura, ricominciò a pulsare veloce, il respiro si
fece corto, il sudore mi scese freddo lungo la schiena. E poi il buio e
il ruggito del mare in tempesta uscirono dalla mia mente e mi
travolsero di nuovo, mi ci gettai quasi, e pregai di morirci dentro,
mentre un pianto disperato si allontanava sempre più da me,
travolto e soffocato dalla furia delle onde e l’altro si
faceva più lontano, sempre più lontano, nella
direzione opposta.
I miei figli…
Il ricordo che avevo cercato di rimuovere era emerso per trascinarmi a
terra, con la stessa rapidità con cui ero caduto nel vuoto,
nel buio, nell'acqua gelida. Nell'urlo feroce delle onde che si
infrangevano contro gli scogli. Più feroce di tutti,
più doloroso di ogni ferita, riecheggiava fuori e dentro di
me il rumore di quei due tonfi. Era quello il dolore, il dolore vero,
quello che ti serra lo stomaco, quello che ti afferra il cuore come una
mano di ghiaccio e stringe fino a schiacciarlo, fino a farlo esplodere.
Ero ridotto in ginocchio, distrutto, disperato, mentre un volto
serpentino mi derideva nel buio.
Due tonfi... nell'acqua... quei pianti... Pianti che si sono spenti...
uno dopo l'altro...
Salazar... no... ti prego… non i miei figli... non i miei
figli...
Non è vero… è uno sbaglio...
è un brutto sogno…
La voce, flebile, mi morì sulle labbra, rivedevo e ricordavo
tutto, ogni tassello orribile e inaccettabile.
Due tonfi… ho lasciato morire io i miei figli….
Con la mia follia…
Un uomo, un vero uomo… non può... non deve...
sopravvivere a tutto questo…
Sentii un cigolio dietro di me. Mi voltai atterrito: dalla parte
opposta, quella più oscura della stanza, dietro l'armadio,
si aprì una porta che non avevo visto, che non c'era ad
Amesbury, che non doveva e poteva esserci, non a casa mia. Vidi
un'ombra entrare, una mano sollevarsi, un lampo rosseggiante scagliarsi
contro di me.
Il colpo mi prese in pieno. Tremai di un dolore insopportabile e persi
i sensi.
*
Quando rinvenni, ero legato al letto all’altezza del busto,
le mani di nuovo fasciate con bende pulite e un intenso odore di
medicinali aleggiava tutto attorno a me. Mi girava la testa, ero ancora
più debole, per lo Stupeficium sicuramente, forse anche per
i sedativi.
Questa non è la mia stanza, la mia casa… eppure
ci sono le mie cose attorno a me…
Dove diavolo sono? Chi è
l’uomo che mi ha colpito? Dov’è Deidra?
Sapevo tutto, ora. Di aver bluffato con il Signore Oscuro, di aver
perso, di essermi gettato in mare, sicuro che morendo, avrei salvato i
bambini, invece avevo udito i miei figli buttati in acqua dopo di me.
Avevo cercato di raggiungerli e portarli in salvo, li avevo perduti,
avevo preso un colpo in testa quando ero stato sbattuto contro le rocce
e avevo perso i sensi. In seguito, in qualche modo, qualcuno mi aveva
trovato e salvato. Mi avevano riportato da Deidra… Appena mi
aveva riavuto con sé, mi aveva baciato, poi doveva aver
saputo che cosa avevo fatto e... si era rifiutata di tornare da me.
È giusto che sia così…
Deidra non poteva né doveva venire da me,
dall’uomo che aveva promesso di proteggerla e di renderla
felice e che invece aveva permesso che un assassino uccidesse i nostri
figli. L'avevo tradita, nel modo peggiore, non avevo preso il corpo di
un'altra donna per goderne, no, avevo fatto di peggio… molto
peggio… le avevo chiesto di consegnarmi fiduciosa il suo
cuore, la sua anima, con mille promesse che non ero stato in grado di
mantenere, e poi… poi l’avevo straziata,
l’avevo spezzata, con le mie stesse mani… con il
mio orgoglio, con la mia vanità… con la mia
stupidità… Ero indegno di perdono e senza alcuna
possibilità di salvarmi. Avevo fatto del male, il peggiore
dei mali, alla creatura che più amavo e avevo causato la
morte dell’unica cosa buona fatta nella mia vita. Il pensiero
di averla delusa, di averla tradita, di averla ferita, più
di quanto persino il più meschino degli uomini sarebbe
capace di fare, doveva essere il primo ad accogliermi quando aprivo gli
occhi e l’ultimo prima di perdere coscienza…
Doveva perseguitarmi nel sonno, non darmi tregua, insieme al pianto
disperato dei nostri figli. Non potevo permettermi neanche il lusso di
morire, avrei trovato la pace che non meritavo. Dovevo soffrire ogni
istante, dovevo patire dolore, solitudine e vergogna. Fino alla fine
del tempo.
*
Un rumore impercettibile, soffocato, mi ridestò.
C’era un uomo nella stanza, con me, lo vedevo muoversi nella
penombra, attraverso gli occhi chiusi a fessura, trafficava vicino al
caminetto. Ero rimasto immobile, ricordavo ancora lo Stupeficium che mi
aveva lanciato contro quando mi ero voltato al rumore della porta che
si apriva dietro l'armadio, la porta che non era mai esistita nella mia
stanza. Avrei finto di essere addormentato poi, quando se ne fosse
presentata l’occasione, l’avrei colpito,
l’avrei costretto a dirmi chi fosse, dove fosse Deidra, che
cosa stesse accadendo. L'ombra si mosse nella stanza e si
avvicinò, aveva in mano un vassoio con dei piccoli piattini,
delle bende e un paio di contenitori di pozione, appoggiò
tutto sul tavolinetto al mio fianco e accostò una sedia al
letto. Non diede alcuna prova di essersi accorto che ero sveglio, da
parte mia, per quanto mi sforzassi di metterlo a fuoco, non riuscivo a
riconoscerne il viso sotto il cappuccio. Attesi che si sporgesse su di
me, all’altezza della mia testa, e avesse entrambe le mani
impegnate, poi, rapido, sfilai la destra da sotto il lenzuolo,
stringendo forte un pugnale che ero riuscito a estrarre dalla sponda
del letto. Quella stanza non era la mia, non c’erano quelle
porte ad Amesbury, ma miei erano i mobili: non ne ero certo,
all’inizio, era stato proprio trovare quella lama, di cui
nessuno sapeva niente, neanche mia moglie, che mi aveva aperto gli
occhi, perché all’epoca dell’aggressione
a Mirzam e Deidra, ero stato io a creare quel nascondiglio in un punto
di facile accesso da sdraiato e celarci un piccolo pugnale babbano, sul
quale avevo imposto anche un incantesimo di Disillusione. Pregai di
avere un briciolo di fortuna. Ruotai rapido, trattenendo il dolore e
feci in modo di conficcargli la lama nella gamba, non
m’importava chi fosse, se fosse amico o nemico: nessuno,
oltre ai miei nemici, sapeva che ero caduto in un baratro a Morvah, non
c’erano rischi pertanto che stessi pugnalando un innocente.
Il colpo fu troppo lieve, mancai l’obiettivo,
l’ombra scattò e si allontanò,
riuscì a disarmarmi con un incantesimo non verbale e mi
immobilizzò. Provai a divincolarmi, senza riuscirci. Gli
urlai addosso.
«Bastardo… lasciami
andare! Perché non mi hai lasciato morire?
Perché? Perché?»
«Lasciarti morire? Non era nel
nostro patto, Sherton… Ricordi il nostro patto, vero,
cugino?»
*
Non può essere vero… è un
trucco… non devi credergli… non devi…
Ero rimasto sconvolto sentendo quella voce. Ancora di più
quando l’ombra si era tirata via il cappuccio e aveva messo
in mostra le bionde chiome di Abraxas Malfoy. Tentai di attaccare, come
prima reazione, invano, Abraxas intuì le mie intenzioni e si
limitò a proteggersi, senza replicare.
«Non abbiamo tempo per le
scaramucce, cugino! Il Signore Oscuro presto sarà qui,
sarà bene che ti rinfreschi la memoria su cosa mi hai
promesso, in cambio della vita dei tuoi cari e della tua!»
«Dei miei cari? Mi stai forse
prendendo per il culo, bastardo?»
«A me è stato
insegnato a portare un po’ più di rispetto a chi
mi salva dall’annegamento e tenta di curarmi; quanto ai
patti, ricordo di averti sentito dire “… rendimi
i miei figli e permetti loro di tornare a casa... Garantirò
io per te... Ne uscirai pulito e integro…”
e ancora
“riporta tu i miei figli a Deidra…
resterò come ostaggio, se questo può aiutarti a
fidarti di me…” me lo sono solo
sognato?»
«Rispetto, cugino? Rispetto?
Sapevo che sei un bastardo immorale, ma non fino a questo
punto… Anche tu hai un figlio, ti auguro che nessuno ti
derida mai per la sua perdita, come stai facendo tu con me…
cosa cazzo vuoi ancora? Sparisci dalla mia vista!»
«Mi spiace, non posso
accontentarti… anche se prima di dare Amesbury alle fiamme
ho portato via un po’ di oggetti da casa tua, per creare un
ambiente che ti mettesse a tuo agio, questo resta il mio Manor, credevo
che ormai l’avessi capito… Quanto alla
derisione... non è colpa mia se sei tanto ottuso, cugino, ti
assicuro però che è l’unico aspetto su
cui ti prendo in giro, sono molto serio su tutto il resto: pretendo che
tu faccia la tua parte, come io ho fatto la mia. Eri in punto di morte,
quando mi hai proposto un accordo, con la formula “e
in nome del Sangue che ci accomuna”: tutti sanno
che le parole che richiamano la Sacralità del Sangue rendono
tutti i contratti vincolanti… »
Mi fissò, ghignando, come da piccolo, quando lui e mio
fratello mi tendevano una trappola e mi facevano passare per uno
stupido. Io non capivo di cosa diavolo parlasse. Neanche lui poteva
essere così folle e sadico da portare avanti tanto a lungo
quella macabra presa in giro.
«Non ti basta offendere i
vivi, Malfoy, ora dileggi pure i nostri Padri? Sei privo di
vergogna!»
«E tu sei proprio un
idiota… non hai ancora capito che non c’erano i
tuoi marmocchi nelle ceste che ho portato al Signore Oscuro?»
«CHE COSA?»
«Sapevo che Milord non avrebbe
mai controllato, ha troppa paura di quello che succede quando uno di
voi due attacca l’altro, non te ne sei accorto? Ha fatto
agire gli altri, per tutto il tempo, in suo nome, dopo che a Londra ci
ha quasi rimesso il collo… e sì che gli avevo
detto di fare attenzione con te… beh… non avevo
scelta, dovevo tentare… ti conosco, sapevo che avresti
trovato il modo di salvarti o di rendere la tua morte
dubbia… non potevo correre il rischio che tu o i tuoi figli
o qualche tuo dannato sicario del Nord un giorno o l’altro
scatenaste sulla mia famiglia la vendetta di Habarcat... »
«Se credi che io mi faccia
beffare ancora dai tuoi trucchi, Malfoy…
»
«I sedativi devono averti fuso
quel poco di cervello che avevi ancora, eh? Posso capire che tu sia
poco disposto a credere a me, ma di sicuro crederai a lei: vedi di non
comportarti male come tuo solito!»
Colpì con la bacchetta il caminetto, per alcuni minuti non
successe nulla poi, dopo un lieve zampettare di piedi leggeri, sentii
bussare piano alla porta, Abraxas bofonchiò qualcosa e un
piccolo Elfo smagrito entrò, facendo strada a Deidra. Non
sapevo che cosa provare, se felicità per averla di fronte a
me, vergogna per quello che avevo fatto, o paura perché
eravamo entrambi prigionieri.
«Sì, lo so: “Salazar santissimo!
Lei è qui, non può essere vero! Grazie di
avermela riportata, Abraxas, di averla sottratta a Roland
Lestrange… Te ne sarò grato finché
avrò vita… bla bla bla bla”...
beh… sarei un folle coglione se mi aspettassi di sentirti
parlare così, tutti sanno che sei solo un arrogante bastardo
ingrato… e soprattutto... io non ho tempo da
sprecare… perciò salutatevi in fretta, che
dobbiamo parlare di affari!»
Malfoy passò alle spalle di Deidra, rimasta immobile sulla
porta, indecisa su cosa fare o forse emozionata come me di avermi
rivisto. Si chinò sul suo orecchio e le disse qualcosa,
forse la minacciò, forse le intimò di comportarsi
bene, di non fare scherzi, pena qualche orribile tortura. Lei non parve
prestargli ascolto… In realtà non ne
prestò troppo neanche a me. Non alzò gli occhi a
guardarmi, non corse verso di me. Rimase fredda e distaccata al suo
posto. Sapevo per quale motivo fosse traumatizzata, sapevo
perché Abraxas l’avesse portata lì: era
l’ultima parte della tortura, dovevo toccare con mano il
dolore di Deidra, per tutto quello che avevo fatto. Rimanemmo infine
soli.
«Deidra…
io… »
Lei era vicino alla porta, la pregai di avvicinarsi ma lei
continuò a non guardarmi negli occhi.
«… Lo so, non
merito alcun perdono né una parola da parte tua…
volevo solo dirti che… »
«I bambini sono di
là, Alshain… ho visto i tuoi ricordi, so
cosa… pensi… di aver vissuto, so quanto deve
essere stato terribile… ti assicuro che le uniche cose vere
che hai subìto sono le torture che ti hanno inflitto i
Lestrange… io non sono mai stata in mano a
Roland… Malfoy dice che è morto a Londra, dicono
ucciso dalla tua bacchetta… quanto ai bambini... Abraxas li
ha scambiati, Polisuccati e nascosti al Signore Oscuro, appena
prelevati da Londra… »
«Che cosa? Perché?
Nulla di tutto questo ha senso… »
«È così,
non chiedermi perché l’abbia fatto, non lo
so… lui dice di essersi accordato su tutto con
te… probabilmente ne sai più di me, non
è certo la prima volta che mi tieni all’oscuro dei
tuoi piani… »
«Cosa? Io? Io non avrei
mai… mai… proposto a nessuno una cosa
simile… mai!»
Chiusi gli occhi, speranza, paura, orrore si agitavano dentro di me,
senza tregua. Volevo credere, avevo bisogno di credere, avevo bisogno
di liberarmi del macigno del senso di colpa ma sarebbe stato da folli
fidarsi di un nemico, di Malfoy, sarebbe stato da folli pensare che
avesse agito alle spalle del Lord, che quella fosse la
verità e non un nuovo piano, una nuova trappola, ordita
insieme da quei due.
E se fosse la verità, invece? Ti rendi conto che da qualche
parte ci sarebbero altri genitori a piangere i propri figli?
E allora? Dovresti rendere grazie a Salazar…
perché quei figli… quei figli non sono i
tuoi…
No! Non io… Non io… non posso rendere grazie! Non
io… non dinanzi a un orrore simile!
Cuore debole, patetico… non sei mio figlio, non sei uno
Sherton… non impari mai…
«Ti prego…
avvicinati… »
Rimasi a occhi chiusi, mentre la voce di mio padre si azzittiva nella
mia testa. La sentii avvicinarsi, accostare la poltrona al letto,
prendere la mia mano straziata tra le sue, pregai che le sue labbra si
poggiassero leggere sulla benda, ma non fu così. Non avevo
il coraggio di guardarla. Avevo il timore di rompere quel momento di
tregua, quella sottile speranza. Avevo paura di guardarla e vedere la
condanna nei suoi occhi. Sentirmi dire “Sei un mostro, hai
ucciso i miei bambini” o “Sei un
mostro… hai lasciato che a morire fossero dei bambini
innocenti”. Le lacrime scivolarono sul mio viso
e mi bagnarono le guance: era tensione, una tensione che non mi
lasciava da giorni. Era paura. Era rabbia. Da quando avevo ricordato i
fatti della scogliera, credevo impossibile rivedere Deidra, ritrovarla
accanto a me, sentire la sua voce, il calore delle sue mani. Aprii gli
occhi, con il terrore che si sarebbe dissolta nell’aria, come
un sogno del mattino. Deidra invece era lì, davanti a me,
gli occhi cerchiati dalla preoccupazione e dalle lacrime, smagrita e
smunta, il dolore a piegarle le labbra. Muta.
«Dei… »
«Ti prego… fai
qualsiasi cosa sia necessario a portarci il più presto
possibile lontano da qui!»
«Certo, Dei, certo... te lo
giuro… Malfoy pagherà…
troverò il modo di portarvi via da qui ed io…
»
«No, tu non lo farai, tu non
farai più niente, Alshain, tu la smetterai... con tutto!
Giuramelo!»
Mi fissò addosso occhi terrorizzati, occhi che non le vedevo
dai giorni lontani in cui pregavamo per Mirzam, il nostro bambino, che
lottava tra la vita e la morte in una camera del San Mungo.
«Dei…
ma… come puoi pensare… »
«Non mi hai ascoltato, a
Londra, quando ti ho supplicato di venire via con me, di aiutarmi a
recuperare i bambini, tu mi hai mandata via, perché per te
era più importante combattere il Signore Oscuro! Desideravi
morire per la gloria di essere “colui
che uccise Milord” (2)… e te
ne sei fregato di me, dei bambini, dei nostri figli che ti avrebbero
pianto a Hogwarts, di Mirzam… Come hai potuto?»
«No, Dei…
no… non è così… non
è per questo che… »
«Ricordo bene le tue parole,
Alshain, ed io non dimentico… ma ora non è
più importante, non m’importa più il
perché… ma devi giurare che non metterai mai
più la politica e i tuoi dannati principi davanti ai nostri
figli, Alshain… Giuramelo… o tra noi
sarà finita per sempre!»
Non disse altro, non aspettò la mia replica: si
alzò, raggiunse la porta e se la chiuse alle spalle. Solo
allora, al sicuro dalla mia vista, la sentii scoppiare in lacrime.
Non sapevo che cosa dire, che cosa pensare. Non era il genere di
discorsi che mi aspettavo di fare con lei. Sapevo di averla delusa e di
averle procurato dolore, immaginavo di trovarla sconvolta e alterata,
arrabbiata con me, ma… mi aspettavo anche di sentirla
parlare dei bambini… di se stessa… di quello che
stava accadendo…
Non mi sarei MAI aspettato che, per prima cosa, mi avrebbe chiesto di
lasciare in pace Malfoy…
*
«Per l’ennesima
volta, dimmi che cosa è davvero successo qui, in questi
giorni! Dimmi ogni cosa, non tacermi niente! Io ti conosco, Deidra, non
sei in te! So che quanto è successo ti ha spaventata, so che
per i bambini saresti disposta a mettere da parte tutto, ma non
crederò mai che tu, di tua volontà, mi stia
chiedendo questo! Passi che tu mi dica di non ucciderlo
subito… sei sconvolta, pensi che ti stia aiutando, magari ti
senti in debito… ma tu… vuoi che io lo aiuti! TU?
Io ti conosco, Deidra! Tu gli caveresti gli occhi con le tue stesse
mani per una parola sbagliata! E ora vorresti farmi credere che per te
sia normale collaborare con un uomo che ha osato portarti via i nostri
figli? Ti ha minacciata, è sicuro! E ti sta ancora
minacciando! Voglio sapere come, Deidra! Dimmelo!»
Finiva sempre così ogni nostro incontro. Era una guerra.
Continua. Deidra cercava di convincermi che Malfoy fosse dalla nostra
parte, che dovevamo fidarci di lui, che voleva aiutarci. Io mi chiudevo
in un rancore sempre più profondo, in
un’ostilità e un sospetto che ormai rasentava la
paranoia. Dovevo far ricorso a tutta la mia razionalità per
non immaginare i metodi più turpi con cui mio cugino potesse
aver piegato la volontà di Deidra, ma la mia guerra
personale ormai era persa. Ero così ossessionato
dall’idea che l’avesse plagiata, o peggio, che non
consideravo neanche che Deidra fosse solo preoccupata per me,
spaventata, che fosse consapevole e in buona fede. Non le credevo
più.
«Io sto bene,
Alshain… i bambini stanno bene… e quando
deciderai di smettere di comportarti da pazzo, lo potrai vedere giorno
per giorno con i tuoi occhi… ma non finché ti
comporterai così, li spaventeresti! Malfoy è
insopportabile, lo sai... ma te lo giuro su ciò che
vuoi… non ci ha torto un capello!»
«Certo, certo…
Proponiamolo per la santificazione, allora!»
«Alshain…
»
«Te lo ripeto... Non puoi
chiedermi di allearmi con qualcuno che ha osato rapire i nostri
figli… »
«Quel qualcuno ha anche
salvato te e i nostri figli da morte certa, mettendosi nei
guai… »
«Povero, quanto mi
dispiace… Tu lo difendi, è
così… saresti davvero capace di difenderlo, se lo
attaccassi, vero?»
«Difenderlo? Io? È
questo che credi? Chi voglio difendere, Alshain, sono i nostri figli e
te e me stessa… sì, anche me stessa… e
tu… tu devi ascoltarmi… tu devi…
»
«Devo? Cosa devo, ancora?
Mangiargli dalle mani? Rendergli grazie per tanta
generosità?»
«Alshain, ascolta…
»
«No, non ti ascolto
più! La “MIA”
Deidra non direbbe mai “ti lascerò
se farai del male a Malfoy!”»
«Non ho mai detto
questo… »
«La MIA Deidra mi
avrebbe detto “Portami
il cuore di quel bastardo o mi prenderò il tuo!”...
ed io non ti ho sentito dire neanche questo…
perciò rispondi… che cosa diavolo ti ha
fatto?»
Tornai a sedermi a terra, più che altro scivolai con la
schiena lungo la parete, incapace o quasi di muovermi. Avevo tenuto gli
occhi chiusi per buona parte del tempo, mi faceva troppo male la testa,
ma ora… ora la fissavo. Non riuscivo a stare a lungo in
piedi, non avevo le forze e neanche l’equilibrio, ma lei, pur
sapendolo, continuava a starsene alla finestra, lontana,
inavvicinabile, gli occhi persi da qualche parte nel parco. Mai su di
me. Non si era mai comportata così. Strinsi i denti. Ingoiai
le parole dure che mi salivano alle labbra. E il terrore che faceva
vacillare il mio cuore. C’erano molte cose che non capivo,
c’erano molti pezzi che mi mancavano. Non capivo come Deidra
fosse finita a Malfoy Manor, se Doimòs l’aveva
portata ad Amesbury… Non capivo come e quando si fosse
ricongiunta con i bambini... mi aveva raccontato una strana storia in
cui Orion l’aveva raggiunta nel capanno e poco dopo “io”
ero apparso con i bambini…
Abraxas si è finto me…
Qui si apriva un baratro oscuro che la mia fantasia riempiva delle
immagini e dei sospetti più turpi. Mi sentii soffocare.
All’inizio, nonostante lo shock di trovarmi di fronte
Abraxas, nonostante lo stupore per le parole di Deidra, c’era
stato un barlume di felicità. Di essere vivo, di avere
Deidra accanto a me, di sapere i miei figli, i figli che credevo
perduti, tranquilli e in salute a pochi metri da me. Poi,
però… avevo visto il terrore nei suoi occhi,
avevo sentito la falsità nella sua voce… sapevo
che non erano solo le mie ossessioni a creare dei fantasmi inesistenti.
Sapere che dovevo tutto all’uomo che più odiavo
dopo il Signore Oscuro era la minima parte, rispetto
all’inquietudine che mi procurava il comportamento di Deidra.
Come tanti colpi di stiletto, i suoi occhi privi di gioia e le
immagini, che riemergevano come ondate di piena dall’oblio,
si fondevano e mi procuravano più dolore di ogni colpo
ricevuto, dai Lestrange, da Milord, dal mare in burrasca. Lo
centuplicava e io soccombevo all’angoscia, alla sofferenza,
alla rabbia. Parlare con lei era un tormento infinito.
“Davanti a te ci sono Deidra e i bambini, ti daranno la forza
di vivere e… di combattere... ”
Erano state quelle le parole che avevo ripetuto a me stesso, quando
Malfoy aveva aperto la porta e avevo visto Deidra di fronte a me,
seduta sul divano, i bambini addormentati nel box al suo fianco. Non
era stato, però, come avevo sognato, come era sempre stato.
Non avevo potuto neanche toccarli.
E gli occhi della mia Deidra...
E quel “Devi”, perentorio, freddo, simile a quello
che sentivo tutti i giorni a Herrengton, nelle frasi di mio padre, poco
prima che decidessi di fuggire da casa.
Strinsi i pugni. I ricordi, il dolore, Malfoy, il pensiero delle
persone, tante persone, che probabilmente erano morte a Londra, nel mio
patetico tentativo di uccidere il Signore Oscuro, i due bambini
sacrificati nel baratro… facevano salire il fiele alle mie
labbra.
«Non mi rispondi? Non sai cosa ti ha fatto o ti vergogni
perché lo sai troppo bene? Ha ragione il Signore Oscuro:
l'amore è una sciocca debolezza, fa prestare il fianco al
nemico e scendere a patti con i bastardi. L’amore
è fiducia e, guarda caso, quella viene meno proprio quando
serve!»
Deidra si voltò, pallida come non l’avevo mai
vista. Questa volta i suoi occhi si posarono su di me, carichi
d’angoscia, un’angoscia che stonava con le parole
piene di ragionevole riconoscenza verso Malfoy, quelle che mi propinava
ogni volta che eravamo soli, insieme.
«Non sono io a mancare di
fiducia, tra noi due… Quanto all’amore,
è tutto ciò che abbiamo e tutto ciò
che ci serve, Alshain… è la cura a ogni dolore,
la speranza a cui aggrapparsi nell’oscurità...
»
«Parole…
l’amore è solo la debolezza che ci ha portato fin
qui, nell’inferno in cui siamo… Ora, vattene per
favore… mi fa male la testa e ho bisogno di
riposare… esci e vai ovunque passi di solito il tuo tempo,
quando credi che io stia dormendo e stai lontana da me, ore e ore...
»
«Che cosa stai dicendo,
adesso? Io sono sempre stata qui!»
«Per favore! So che cosa ho
visto quando ritornavo cosciente: tu non c’eri mai! Ma non ne
voglio parlare… esci da qui… lasciami solo!
Sì… adesso sono io a volermene stare da
solo… »
Con difficoltà tentai di sollevarmi. Deidra si
avvicinò per aiutarmi, io sottrassi il braccio: da quando
eravamo lì, quel giorno, non mi era mai stata tanto vicino
come in quel momento. La fissai. Conoscevo a memoria lentiggini,
lineamenti, occhi, ma quello che avevo davanti era il volto di
un’estranea. Quello sguardo spento, quel pallore, quelle
ombre scure sotto gli occhi non le appartenevano, quella davanti a me
era solo la pallida copia di Deidra. Qualsiasi cosa stesse accadendo,
qualsiasi cosa le stesse facendo, Malfoy era per lei un cancro che la
divorava dentro.
«Non devi fare
così… Alshain… non sembri neanche
più tu… »
Scoppiai a ridere, una risata crudele. Gelida. Folle.
«Non credo di essere
l’unico, qui, a non essere più me stesso, Llywelyn!»
Con le poche forze che avevo mi trascinai fino alla porta. Attesi che
uscisse, poi gliela chiusi alle spalle. Con rabbia. Rimasi
lì. I palmi bendati a contatto della porta. Sentii il peso
lieve del suo corpo appoggiarsi dall’altra parte. La sentii
scivolare fino a terra. La sentii soffocare le lacrime. Invano. Ed io,
i pugni dolenti serrati, appoggiati contro il legno, iniziai a ingoiare
le mie. A dividerci c’erano pochi centimetri di legno, ma per
noi, arrivati a quel punto, c’era l’universo intero.
***
Deidra Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - 18/21 gennaio 1972
«Difenderlo? Io? È questo che credi? Chi voglio
difendere, Alshain, sono i nostri figli e te e me stessa…
sì, anche me stessa… e tu… tu devi
ascoltarmi… tu devi… »
«Devo? Cosa devo, ancora? Mangiargli dalle mani? Rendergli
grazie per tanta generosità?»
«Alshain, ascolta… »
Era cominciata così. La mia recita, la mia collaborazione.
La vendita della mia anima e della mia integrità. Il mio
tradimento, forse... forse la nostra fine...
«Ha ragione il Signore Oscuro:
l'amore è una sciocca debolezza, fa prestare il fianco al
nemico e scendere a patti con i bastardi. L’amore
è fiducia e, guarda caso, quella viene meno proprio quando
serve!»
Faceva male pensare che Alshain lo credesse. Faceva male ricordarne lo
sguardo, mentre lo diceva. Era accaduto solo quella mattina, ma
sembrava già passata l’eternità.
Guardavo il parco circondato dagli alti cipressi, stava scivolando
nella penombra del pomeriggio invernale; da quelle finestre avevo
visto, in cielo, verso Amesbury, per un giorno e una notte, il marchio
del Signore Oscuro, la cui minaccia continuava a togliermi il sonno.
Da qualche parte, laggiù, una volta sorgeva la nostra casa.
Ora non c'è più nulla... di tutti noi non
è rimasto più nulla... non sta rimanendo
più nulla.
Mi voltai, percependo il movimento di un corpo che si agita con
difficoltà su una coperta gettata a terra: guardai l'ampia
stanza in cui Malfoy ci aveva trasferito quel giorno,
perché, da quando aveva compreso di aver vissuto in una
camera del Manor arredata con i nostri mobili, solo perché
si illudesse di trovarsi a casa, Alshain aveva cominciato a comportarsi
in modo ancora più aggressivo del normale. Il caminetto
acceso riverberava la luce rossastra sul mobilio elegante, di legno
pallido, la libreria piena di tomi, la tavola apparecchiata per un
tè. A poca distanza da me c'era il box in cui avevo
trasferito anche i bambini, Wezen stava dormendo, abbracciato a un
peluche a forma di drago, Adhara era assopita e sazia nella culla
accanto al letto. Erano giorni che mia figlia non piangeva
più, disperata: dopo i primi momenti di profonda agitazione,
sembrava essersi calmata e mi appariva di nuovo affamata e tranquilla,
come deve essere una bambina sana. Pregavo Salazar, ogni momento, che
la minaccia di Malfoy fosse solo un bluff, che non avesse davvero fatto
ai miei figli quello che era capitato ai Duncan…
Alshain, ammutolito da quando erano apparsi i bambini, si era rintanato
nell’angolo più lontano dalla porta, quello
più distante da noi, a fissarmi torvo: quando aveva scoperto
l’inganno di Abraxas, si era strappato di dosso persino le
vesti, le coperte, tutto ciò che gli aveva fornito il
cugino, aveva scavato nei nostri mobili fino a ritrovare un paio di
lenzuola adatte e le aveva trasfigurate in una specie di tunica e un
giaciglio di fortuna “non
voglio nulla che appartenga a quel maiale”,
urlava, con gli occhi che sprigionavano fiamme, anche e soprattutto
contro di me. Lo guardai, lui sostenne lo sguardo, ma sapevo che aveva
smesso di vedermi da quando gli avevo detto quel “Devi” e
mi aveva chiuso fuori dalla porta: si fissava su qualsiasi cosa fosse
attorno a me, ma mai su di me. Non riuscivo più a tollerarlo
senza piangere, scesi a osservare muta le braccia martoriate incrociate
sul petto, coperto di tumefazioni. Malfoy aveva speso molto tempo e
molte energie i primi giorni per curare le sue ferite interne, quelle
più gravi, ma da quando aveva cominciato a reagire aveva
quasi smesso, ormai sapevo che non sarebbe mai guarito del tutto. Non
era facile riuscire a “mettergli
le mani addosso”, come diceva Alshain, ogni
volta ormai Abraxas era costretto prima a Schiantarlo, riducendo in
parte i benefici delle cure precedenti. Il nostro ospite aveva provato
anche a somministrargli una pozione intorpidente ma mio marito,
intuendone le intenzioni, aveva smesso di bere e mangiare quanto
offerto, ormai riuscivo a nutrirlo solo da sedato, con la Magia, quando
Malfoy lo rendeva innocuo con un incantesimo. Sembrava una belva
inselvatichita, sospettosa e feroce, sia per la situazione di
ostilità che si era creata tra noi, sia per il dolore atroce
che provava. Non era in buone condizioni, non sarebbe stato difficile
per lui, se mai avesse deciso di collaborare, farsi passare per un
prigioniero che era appena sfuggito al nemico: era pieno di lividi, il
volto tumefatto, le mani martoriate, aveva anche una profonda ferita
alla gamba sinistra che, a causa della continua agitazione, stentava a
rimarginarsi. E respirava male: nonostante le mie suppliche, Malfoy si
rifiutava di curargli il polmone.
“Devo mantenerlo debole finché non l'avrai
convinto a collaborare, Deidra… la forza della sua Magia sta
aumentando ed io non gli permetterò di colpirmi di nuovo o
tentare di nuovo la fuga…”
Era successo quando aveva ripreso conoscenza, Alshain aveva finto di
essere ancora privo di sensi, poi, appena Malfoy si era chinato a
controllargli le ferite alla testa, aveva raccolto le poche forze che
aveva e aveva provato a pugnalarlo ad una gamba.
Non sapeva ancora chi fosse. Se avesse saputo che si trattava di
Malfoy, non avrebbe fallito. E avrebbe condannato a morte i bambini...
senza saperlo...
Il giorno seguente, Abraxas aveva preso un pugno in faccia ed era stato
stordito, se non fosse stato per il Magonò, sarebbe stato
disarmato, forse persino ucciso. Avevo provato schifo per me stessa,
quando avevo temuto per la vita di Malfoy e mi ero ritrovata a voler
prendere a schiaffi Alshain.
Non è colpa tua, Deidra, non è colpa tua se la
vita dei tuoi figli è legata a doppio filo a quella di un
dannato bastardo!
«Renditi conto che Malfoy non
ti curerà più se agirai ancora così,
Alshain… ora non sei più in pericolo di vita... e
lui… dice che quando te ne andrai da qui…
dovranno pensare che ti sei… medicato da solo... »
«Non voglio sentirti fare il
resoconto delle tue piacevoli chiacchierate mondane con Malfoy...
»
«Non sarei costretta a
parlargli io, ma lo sentiresti con le tue orecchie, se solo smettessi
di tentare di saltargli alla gola ogni volta che… »
«Smettere? E poi? Cosa dovrei
fare? Fargli le trecce e cantargli le canzoni mentre tu gli fai le
fusa?»
Strinsi i pugni. Conoscevo Alshain, sapevo quanto fosse arrabbiato,
sapevo quanto riuscisse a diventare odioso e sgradevole quando ce
l’aveva a morte con qualcuno. Non mi ero mai trovata nelle
condizioni di meritare tutto il suo disprezzo, ma l'avevo visto
all'opera con molte altre persone. Dovevo resistere, per i nostri
figli, dovevo resistere.
«Ti sta aiutando,
Alshain… hai rischiato di morire e lui…
»
«Ho rischiato di morire
perché lui e i suoi compari mi hanno torturato… E
se ora sono vivo non è perché vuole aiutarci...
ma perché vuole servirsi di me… ebbene... meglio
la morte che fargli un favore!»
«Non per me… tu non
ti abbassi a chiedere aiuto, ma io sì… io
l’ho fatto… io,
tua moglie… io gli ho chiesto di non farti
morire… io l’ho voluto…
perché per me non esiste nulla di peggio che veder morire le
persone che amo… Non mi farai sentire in colpa
perché ho voluto che ti salvasse!»
«“Mia moglie”,
eh? Già… Nella migliore delle ipotesi, mia moglie
è sotto ricatto, nella peggiore, è stata
plagiata... Merlino solo sa come... pertanto... ciò che
vuole, ciò che dice, ciò che fa... non ha alcun
valore per me!»
Potevo capire le sue parole ma non per questo mi aveva ferito meno
sentirle. Non scoppiai a piangere. Non l’avrei fatto. No.
Avrei aspettato che si addormentasse per lasciarmi andare. Da quando
avevo accettato di aiutare Abraxas, Alshain aveva sempre dormito nella
stanza con me, mi ero sistemata in un lettino accanto al suo, per non
rischiare di fargli del male, muovendomi nel sonno, o di svegliarlo,
quando mi alzavo per occuparmi dei bambini. Finché non aveva
ripreso del tutto conoscenza, non era stato difficile occuparmi di lui.
Dopo quei primi confronti, però, dopo quel “Devo?”,
qualcosa era cambiato in lui, aveva smesso di guardarmi con l'amore di
sempre, mi fissava con sospetto, come fossi un'estranea. Una nemica. E
la cosa peggiore era che, pur passati solo pochi giorni, il senso di
colpa, la sensazione che stessi facendo un errore, che lo stessi
tradendo, mi stava scavando dentro, mi stava cambiando, mi stavo
abituando al pensiero che non meritassi il suo amore, che lui non
sarebbe più tornato l'uomo che avevo conosciuto, amato,
sposato... che non saremmo più stati noi. Alshain si era
incattivito nei miei confronti perché ricordava solo parte
del suo delirio, ricordava di essersi svegliato spesso proprio quando
ero fuori, dai nostri figli, di non avermi trovato accanto a
sé, questo aveva generato in lui delle paure profonde e
delle paranoie del tutto infondate. Comprendevo lo sguardo ostile che
mi rivolgeva, però, condividevo le sue accuse, mi sentivo
sporca, bugiarda, vigliacca, infame. Anche se non avevo fatto nulla di
sbagliato.
In quei momenti no, Deidra… in quei momenti no…
Eppure ha ragione…tu l’hai tradito… sai
chi è, che cosa è, in che cosa crede, sai che
cosa prova al pensiero di scendere a patti con quel demonio…
e nonostante questo, tu lo spingi e lo spingerai a fare ciò
che odia di più. Lo costringerai a essere in debito con
loro. Ed è solo l’inizio… solo
l’inizio. Sarà così, sempre
così, per sempre così…
Ma io non ho scelta… io non posso fare altro… non
posso fare altro per difendere i nostri figli… non posso
fare altro che… tradire l’uomo che amo…
*
«L'Elfo ha portato del
tè e della torta… »
Mi ero avvicinata al tavolo, con un sorriso, pur consapevole che
sarebbe stato inutile. Versai il tè e tagliai una fetta di
torta, avevo detto all'Elfo di Malfoy che Wezen amava quella di mele,
in realtà era la preferita di Alshain: volevo invogliarlo a
mangiare e dimostrargli che Abraxas non metteva pozioni nel cibo.
Sarebbe stato difficile ma ero intenzionata a recuperarne la fiducia,
solo se fossi riuscita a fare breccia nella sua ferrea
ostilità avrei potuto perorare la mia causa e convincerlo a
fare quanto necessario.
«Torta di mele, la mia
preferita! Chissà come l’avrà scoperto
Malfoy, eh? Salazar… ti ha talmente annebbiato la mente,
Deidra, da convincerti che tuo marito sia un perfetto idiota!»
«Tagliane una fetta a caso,
sarò io a mangiarla, così vedrai con i tuoi occhi
che dentro non c’è niente… Sei fissato
che io cospiri contro di te, che ti tradisca, che abbia secondi fini,
quando l’unica cosa che voglio da te è che tu
ricominci a mangiare, prima che sia troppo tardi!»
«Preferisco morire di fame che
permettere a Malfoy di ridurre anche me in suo potere!»
«Se avesse voluto farlo, a
quest'ora ti avrebbe già Imperiato! E lo sai!»
«E perdersi il divertimento?
Quelli come lui amano vedere la vittima cosciente di essere piegata e
umiliata. Dovresti saperlo meglio di me: la consapevolezza di quello
che ti sta facendo ti sta scavando l’anima, Deidra: puoi
fingere con me, se vuoi, ma non puoi mentire a te stessa, quando ti
guardi allo specchio!»
Il piattino con la torta mi stava già tremando nelle mani
per la tensione nervosa e la voglia di piangere, a quelle parole lo
lasciai cadere a terra, il piatto s'infranse in vari pezzi, i bambini
scoppiarono in lacrime ma non andai da loro, restai immobile, muta, a
fissare Alshain.
«Falli smettere! Disturberanno
le preziose orecchie del tuo gentile... “amico”...
»
«Non è mio
amico!»
«No, non lo è,
è “BEN
ALTRO”... ma io non trovo parole che non siano
volgari, per definirlo!»
Non potevo sopportare oltre, non mi trattenni, mi avvicinai e gli diedi
uno schiaffo: l'insulto che aveva nello sguardo, mentre parlava di
volgarità, non era rivolto solo a Malfoy, comprendeva anche
me.
«Come ti permetti di pensare
una cosa simile di me! Sono tua moglie!»
«Non lo penso di mia moglie,
infatti, lo penso solo della donna che ho davanti! “Mia moglie”...
lei... non sarebbe mai diventata tanto “amica” di
chi ci ha portato via i figli da sotto il naso, a Londra!»
«Non sono amica di Malfoy,
qualsiasi turpe insulto tu racchiuda in questa parola! Mi credi tua
nemica? Che sia dalla sua parte, che sia disposta a tutto per... per
cosa? Per salvarmi? Guardami negli occhi e ripetilo! Negli occhi,
Alshain! Non fingere di guardare me, mentre guardi oltre! Ripetilo! Io
ho rispetto per il dolore che provi... ma il dolore non ti
dà il diritto di insultarmi in questo modo!»
Mi aveva fissato, aveva aperto la bocca e, dopo un tremito delle
labbra, aveva taciuto: non sapevo se l’avessero toccato le
mie parole o solo lo schiaffo. Non mi illudevo però che
cambiasse qualcosa.
«Cosa credo non ha importanza,
Deidra… visto che ormai io non credo più
a… NIENTE!»
Lo disse con così tanta calma, esasperazione e odio che
rimasi annichilita, lì davanti a lui, come se qualcuno mi
avesse tolto la vita. Restai incapace di muovermi, parlare, pensare per
istanti eterni.
«Niente? Quindi non solo non
credi più in me o in noi, non credi più neanche
nei tuoi figli! Né a quelli che hai davanti a te, che non
hai neanche accarezzato, né a quelli che ti piangono a
Hogwarts, pensandoti morto? Non credi più a Meissa, vero?
Quella piccola cosa che tenevi tra le braccia e che non ti faceva
più smettere di sorridere! Non credi più neanche
in lei, Alshain? Né a Rigel, che si è quasi
lasciato morire per impedire agli uomini del Signore Oscuro di entrare
a Herrengton? E Mirzam? Quel figlio bistrattato che si sta prendendo
colpe per cose che non ha commesso, che sta fuggendo, nessuno sa dove,
per proteggere anche te! Non ricordi più, vero, come ti sei
sentito quando, da bambino, ha riaperto gli occhi, dopo che hai temuto
che sarebbe morto? Tu non credi più in niente! Guardami
negli occhi e ripetilo se ci riesci! Ripetilo!»
Lo guardai per tutto il tempo, riuscii a tenere ferme la voce, la
commozione, le lacrime, il dolore, tutte ritirate dietro la furia che
mi infiammava. Non ebbi esitazioni, al contrario di lui. Lo vidi, colsi
l'attimo in cui un'incrinatura fece breccia nella sua recita, vidi le
sue labbra piegarsi, le stava mordendo, e i suoi occhi, freddo acciaio,
balenare come un fuoco rabbioso per poi farsi liquidi.
Sta trattenendo le lacrime... lo so, lo vedo… torna da me
Alshain… torna da me…
«Tu non dormi più,
non mangi, soffri per le ferite che non ti fai curare, per quello che
hai patito quel giorno... ho visto i tuoi ricordi, so cosa hai vissuto,
temuto... so cosa ti ha indurito... ma quello è il
passato… quelli sono fantasmi, Alshain, solo
fantasmi… ci è stata data un’altra
possibilità, penosa quanto vuoi, ma ciò che conta
è qui, davanti a te… i tuoi figli sono
qui… nulla è andato perduto… ti
prego… guarda e accarezza i tuoi figli… abbraccia
la tua famiglia… torna da me… »
«No... tu non sai... non sai
un accidenti... NON SONO FANTASMI! Malfoy…
Milord… tutti gli altri… non sono fantasmi! Sono
lì… pronti a colpire… e io non dormo,
perché… devo... »
«Che cosa... »
«Quando sono cosciente... so
che sei qui, che loro sono qui... davanti a me… so che...
lui non ti ha portato via... non ha portato via nessuno di voi... ma
quando perdo conoscenza... quando dormo… se non mi opponessi
a lui, se lo lasciassi scivolare nella mia mente…
NO… NON POSSO… non posso… rischiare
che lui mi prenda la mente... no… non saprei
più... dove siete, cosa vi sta facendo... ha già
approfittato che io non vedessi, che io non reagissi… e ti
ha ridotta... così… No... io... non posso...
»
Mi fissò, gli stessi occhi disperati, malati che mi aveva
rivolto, privo di forze e di futuro, quando credeva che i giorni di
Mirzam fossero finiti, che tutti i nostri sogni, progetti, speranze,
fossero stati travolti, spezzati, distrutti, ridotti in polvere.
Follia. Stava scivolando nella follia.
«Basta così! Non
posso fidarmi… non di te... sei costretta a dire tutto a
lui, a fare ciò che lui ti dice!»
«Salazar... io ti giuro,
Alshain…tu puoi fidarti di me… »
«No… so che non lo
fai perché gli credi... so che lo fai solo per salvare me e
i nostri figli... non saremmo stati insieme vent’anni se
fossimo stati diversi da come siamo! Io ero disposto a morire per
proteggervi... tu ora sei disposta a piegarti a Malfoy, per
proteggerci... ma io… io non posso!»
«Alshain... ti prego...
»
«Posso vivere senza gambe,
senza mani, senza un polmone, posso anche morire... ma non posso vivere
senza… »
Alshain colpì con un pugno il muro, sbiancò dal
dolore, poi si alzò lentamente, si spostò con
difficoltà, allontanandosi da me, raggiunse
l’altro angolo, più distante, accanto alla
finestra, iniziò a guardare fuori e rimase immobile, chiuso
in se stesso, senza dire più niente. Scoppiai a piangere.
Lui mi sentiva e mi vedeva specchiata sul vetro. Neanche in quel
momento, il primo in cui eravamo quasi tornati noi stessi, vicini, si
era voltato a riaccogliermi tra le sue braccia. Ricordai. Ricordai la
notte in cui tutto sembrava finito. Aveva devastato la sala
d’attesa al San Mungo, prima che riuscissero a fermarlo e a
sedarlo. Ricordavo con i brividi certe sue parole, le parole di un uomo
prossimo al baratro.
«Mio padre ha ragione, Deidra... guai all'uomo che
è così debole da amare... Non si deve amare...
mai... E se il tuo cuore è troppo debole e non riesce a
liberarsi di un tale demonio... devi lasciarti morire… nella
morte, forse, si può almeno fingere di non amare
più… »
*
«Non posso più aspettare: Milord capirebbe la
bontà dell'idea, certo... ma stiamo andando troppo oltre...
A Hogwarts, al Ministero, alcuni iniziano a farsi delle domande. Se
aspettassimo ancora, il mio piano non sarebbe più credibile.
Pertanto, che lo voglia o no, Alshain
collaborerà… tornerà tra i vivi
domani, Deidra, durante la festa a Zennor, dai Black...
»
«Che cosa? Ma… io... io non sono
ancora… riuscita... a convincerlo ad ascoltarti...
»
«E non ci riuscirai mai, non hai più presa su tuo
marito… ma non importa, sapevo dall’inizio di
dover agire diversamente, ho voluto aspettare, darti
fiducia… ma ora non ho più tempo da
perdere!»
«E... noi? I bambini, Abraxas... non hanno colpa... per i
miei… errori! Tu avevi promesso...»
Sentii il
sudore freddo scendermi lungo la schiena. Avevo paura che il mio
fallimento lo avrebbe portato a rimangiarsi tutte le promesse fatte,
che punisse me per la mia incapacità e Alshain per la sua
ostinazione, riportando i nostri figli su quegli scogli. Avevo paura e
ne avevo motivo, il suo atteggiamento era già cambiato nei
nostri confronti, Abraxas mi aveva appena trascinata via a forza, sotto
gli occhi di Alshain: la minaccia, diretta ed esplicita di farmi del
male, doveva convincere mio marito a cedere e trattare, invece ci aveva
guardato annoiato, aveva alzato le spalle e aveva borbottato di essere
stanco delle nostre recite. L'avevo fissato disperata, forse Alshain
era convinto che fingere indifferenza avrebbe portato a degli sviluppi,
ma solo un folle si sarebbe aspettato che sarebbero stati a noi
favorevoli. E mio marito, purtroppo, era del tutto preda della
paranoia: solo un pazzo poteva ostinarsi a comportarsi così,
non saremmo mai usciti vivi da Tidworth, ci sarebbe stata la morte per
noi e la sottomissione mediante Imperius per lui. Non voleva capirlo,
non voleva aprire gli occhi.
Malfoy, intanto, non sembrava intenzionato a darmi una risposta, preso
nei suoi pensieri: era successo qualcosa, negli ultimi giorni,
l’avevo visto sempre più preoccupato. Fino a quel
momento, si era comportato da “galantuomo”,
non aveva mentito su questo quando mi aveva promesso che sarebbe stato “onesto”
in cambio del mio aiuto. Ora che mi ero dimostrata tutt'altro che utile
e preziosa, però, non avevo idea di cosa avrebbe potuto
scatenare contro la mia famiglia.
«Neanche tu hai commesso errori, Deidra, hai fatto la tua
parte… è lui il bastardo, testardo e
irragionevole di sempre... si crede più furbo, crede di
avere la situazione in pugno… ma si sbaglia e purtroppo per
te... io non ho altra scelta... Devi scusarmi se non posso mantenere la
parola data... »
«Che cosa vuoi dire? Quale parola... »
Non finii la
frase, Malfoy estrasse rapido la bacchetta, me la puntò
addosso e pronunciò deciso il suo "CRUCIO!": caddi a
terra, contorcendomi nella sofferenza, le unghie conficcate nel
tappeto, travolta dal dolore e dalla paura di impazzire. Abraxas smise
dopo un tempo infinito e mi lasciò lì, si
allontanò, andò a prepararsi un Firewhisky,
controllò pigramente la pendola, come se niente fosse, come
se torturarmi fosse stato solo un riempitivo, in attesa di un
appuntamento. Mi fissò a lungo, a distanza, riversa a terra,
confusa e priva di forze, poi si avvicinò e mi
tirò di nuovo in piedi.
«Tuo marito non mi crede, non si preoccupa quando ti porto
via, perché pensa che io stia bluffando… e questo
avviene perché mi sono comportato da persona troppo onesta,
con entrambi... Mi dispiace che sia tu a rimetterci, hai fatto un patto
con me e hai fatto di tutto per mantenerlo… non sai quanto
mi dia fastidio dover venire meno alla parola data ma, credimi, non ho
alternative: tu sei forte e in salute, tuo marito non lo è,
rischierebbe di morire se lo colpissi... Inoltre tu sei adulta, mentre
i mocciosi che ho a disposizione sono troppo piccoli per sopportare
certi… trattamenti.
Certo, se Alshain si ostinerà a non ascoltare
dovrò rivedere questa mia posizione… »
«NO! Tu… non pu…oi…
tu… Tu... non se... i… un... paz… zo!
»
«Infatti… Io non sono pazzo, al contrario di tuo
marito... Per questo ci tengo alla mia pelle e alla mia
famiglia… per questo farò tutto ciò
che è in mio potere per preservarmi! TUTTO,
Deidra!»
Si
avvicinò ancora di più, mi trascinò di
peso, rovesciandomi contro il caminetto, ero ancora così
stordita dal dolore che neanche provai a opporre resistenza; Malfoy
guardò con un cipiglio torvo la toga che indossavo,
arpionò il merletto che decorava la manica vicino al gomito
e, sotto il mio sguardo allucinato, lo strappò e
tirò, così che si aprisse un lungo squarcio fino
alla spalla e al collo.
«Che cosa… diavolo… stai
facendo…?»
Tentai di
tenermelo addosso alla meglio ma Abraxas era già dietro di
me, con due colpi di bacchetta tagliò l'abito, ridusse la
gonna a brandelli, mi trovai spinta bruscamente sul tavolo, colpii la
fronte sul legno, sotto di lui che mi schiacciava con il suo corpo,
privandomi del fiato. La paura e la disperazione divamparono
improvvise, annullando in parte l'intorpidimento della Cruciatus:
benché i miei gesti fossero privi di coordinazione,
velocità e forza, mi dibattei, disperata e impaurita.
«NO! Lasciami andare! NO! Non puoi… farlo! Non
puoi!»
«Farò quello che avrei dovuto fin dall'inizio: eri
il premio
per il mio lavoro, in fondo!»
«NO! Non osare! NO!»
Si
sollevò tanto da potermi rovesciare sulla schiena, fui colta
dalla nausea e dall'orrore al pensiero che sarei stata costretta a
guardarlo in faccia, mentre abusava di me, e questo mi diede in parte
la forza di reagire: scalciai, gli impedii con tutte le forze di
tenermi ferma, morsi come una furia le sue mani e le sue braccia,
mentre tentava invano di svestirmi, gli graffiai il volto, lo
schiaffeggiai, lo presi per i capelli e strappai, dibattendomi come
un'assatanata, privandolo di qualsiasi appiglio. Urlai. Malfoy rimase
interdetto per la reazione, forse si aspettava, visto che
c’era in ballo la vita dei miei cari, che avrei
subìto la mia sorte con rassegnazione e in silenzio, o forse
ebbe un barlume di lucidità e si rese conto della follia che
stava commettendo. Indugiò ed io mi feci ancora
più coraggio, tentai di difendermi anche con la Magia, feci
librare degli oggetti tutto intorno a lui e provai a colpirlo, non ci
riuscii ma per lo meno ostacolai e rallentai il suo assalto.
Come se prendere tempo
servisse a qualcosa. Nessuno può correre in tuo aiuto,
Deidra, nessuno!
Provai ad
assestargli dei calci là dove l'avrei ridotto alla ragione
e, pur senza riuscirci, impegnato com'era a schivarmi, resi i suoi
ormai blandi tentativi di domarmi inutili, almeno quanto lui vanificava
i miei tentativi di liberarmi. Sbagliai, quando mi convinsi che Malfoy
si sarebbe tirato indietro. Aveva solo deciso di farmi sprecare le
forze, mentre lui manteneva intatte le proprie: quando meno me
l’aspettavo, infatti, trovò un varco tra i miei
artigli e mi diede uno schiaffo potente in cui impresse tutta la forza,
l’esasperazione, la rabbia che aveva, il colpo fu tanto
violento da farmi sbattere la testa contro il tavolo e per un attimo mi
parve di essere diventata cieca, mentre perdevo il controllo del mio
corpo, intorpidito e molle. Tra le lacrime che mi riempivano gli occhi,
lo vidi guardare di nuovo, furtivo, verso la pendola, come se
aspettasse qualcosa, non capivo perché perdesse tempo
così, perché allungasse la mia agonia,
perché non la facesse finita. Si
avventò infine su di me, non riuscivo quasi a respirare,
avevo la bocca piena di sangue, per il labbro spezzato: gli sputai
addosso, maledicendolo, tremando al tocco delle sue mani che
percorrevano le mie gambe.
«Fermati! Finché sei in tempo, Malfoy, fermati! O
giuro su ciò che ho di più caro… Non
ti darò tregua, finché non ti vedrò
bruciare vivo… nella Fiamma di Herrengton!»
Lo vidi
sorridere, la sua mano, grande, sempre più grande mentre si
avvicinava alla mia faccia, percorse la mia guancia e le mie labbra, in
una carezza di nuovo pacata e gentile.
«No, non tentarmi, Llywelyn, te l'ho detto, io non so
resistere alle donne che si ribellano... »
Ghignò,
certo di aver vinto, mi aveva immobilizzato il busto e le mani con la
Magia, si chinò a baciarmi la fronte… e fu
allora, mentre mi fissava con occhi tanto simili a quelli del mio
Mirzam, che misi insieme le mie ultime forze: lo centrai, con una
ginocchiata forte e precisa, impedendogli di farsi largo tra
ciò che restava della mia gonna e di disfarsi della sua toga.
«Ed io te lo dissi anni fa, Malfoy: tieni lontano le tue mani
da ciò che non ti appartiene!»
Lo vidi
accasciarsi accecato dal dolore, muto, la Magia che mi bloccava le mani
venne in parte meno, insieme alla sua concentrazione, io cercai alla
cieca un portacenere che avevo visto sulla sua scrivania, per colpirlo
e renderlo definitivamente innocuo, lo trovai e lo usai, prendendolo,
però, solo a una spalla. Malfoy mi crollò
addosso, mugolando di dolore e riempiendo l'aria di improperi e
insulti: era ancora vigile, per questo la sua Magia non si
dissipò del tutto, ed io rimasi bloccata lì,
inchiodata su quel tavolo, sotto il suo peso. Fu esattamente
in quel momento, in quella situazione, che qualcuno bussò
alla porta e, senza aspettare l’invito, entrò.
«Mio signore il prigioniero è qui... Mio signore,
cosa… »
«Che cosa diavolo stai facendo, Malfoy?!?»
Una voce che
conoscevo bene, bassa e rancorosa, lanciò un paio di
improperi in gaelico all'uomo che lo seguiva, il mio cuore si strinse,
rimasi immobile, priva di reazioni, a parte i denti che mordevano le
labbra, per impedirmi di scoppiare a piangere. Avevo paura,
più di ogni altra cosa temevo che Alshain fraintendesse la
scena o che facesse una sciocchezza: era troppo debole per affrontare
Malfoy e troppo sconvolto per trattenere la rabbia. Sentii un colpo,
poi un altro, qualcuno finì a terra con un tonfo. Non
riuscii più a controllare le lacrime, sapevo che era finita,
che Alshain sarebbe morto.
Salazar. Ora quel dannato Magonò gli darà un
altro colpo e lo ucciderà…
Ma quelli che
sentii avvicinarsi, al termine della zuffa, non furono i passi del
Magonò: erano passi incerti, zoppicanti. Abraxas si
sollevò dal tavolo con difficoltà, scuotendo la
testa per tornare lucido, non aveva la bacchetta, l'avevo sentita
cadere a terra, forse l’aveva persino calpestata mentre
guaiva e arretrava per la mia ginocchiata. Nonostante i colpi che gli
avevo dato, era fisicamente più in forma di mio marito,
quanto alla Magia, non sapevo se la furia cieca avrebbe rafforzato
Alshain o, al contrario, avrebbe reso incontrollabile e inutile il suo
potere. Malfoy non era abituato a duellare a mani nude, il pericolo lo
costrinse però a tentare: prima di subire lo Schiantesimo di
Alshain, che lo gettò a terra, riuscì ad alzare
la mano e mio marito si ritrovò sbattuto contro una delle
colonne, mantenne l'equilibrio a stento ed emise un rantolo sordo, come
se gli avessero strappato via tutta l’aria dal petto. Gridai
per metterlo in guardia, il Magonò si era rialzato ed era di
nuovo dietro di lui, l'uomo lo strattonò con violenza e
provò a costringerlo alla resa, Alshain annaspò,
senza voltarsi, ma alla fine, dopo gemiti di sofferenza e disperazione,
ebbe la meglio su quelle dita che gli si stringevano attorno al collo.
Lo incitai a fare in fretta, prima che Malfoy si riprendesse del tutto:
con un ultimo ruggito di rabbia e di dolore se lo staccò di
dosso, lo sollevò per aria con la Magia e lo
attaccò a uno dei porta fiaccole dall'altra parte della
stanza, infine levò in alto l’attizzatoio del
camino, lo sguardo omicida di chi è deciso a lanciarglielo
contro. A infilzarlo. A sacrificarlo.
«No, ti prego, non farlo! NO! Finirai ad Azkaban! Lascialo
lì, ti prego! Alshain, Fermati!»
Abraxas
approfittò dell'esitazione di mio marito per lanciargli
contro tutto ciò che di mobile c'era a separarli, Alshain,
lasciato appeso al portafiaccole il
Magonò, sollevò la mano,
pronunciò il Reducto, e tutto ciò che avrebbe
dovuto colpirlo si ridusse in polvere ai suoi piedi. Fissò
le piante che abbellivano il salone di Malfoy, pronunciò una
formula in gaelico, un paio di lingue nere e sinuose si svilupparono
rapide dalle radici di quelle più alte e forti, percorsero
la distanza che le separavano da Malfoy, si attorcigliarono in spire
sempre più strette ai suoi piedi e alle sue braccia, lo
tirarono a terra e lo immobilizzarono. Alshain si avvicinò,
mi aiutò a rialzarmi, liberandomi dalla trappola di Abraxas,
che mi costringeva ancora sul tavolo: mi fissò, uno sguardo
insondabile, scivolò con le dita sulla mia guancia, raccolse
un po’ del sangue che mi si coagulava sulle labbra, lo
fissò a lungo, poi chiuse gli occhi, colmi di lacrime. Non
disse nulla, per alcuni secondi. Non osavo immaginare quali pensieri si
muovessero nella sua mente.
«Bene… è finita… lasciaci
soli Deidra, prendi i nostri figli, raggiungi i cancelli e torna a
Herrengton... Abraxas ed io dobbiamo risolvere le nostre questioni una
volta per tutte, qui e adesso... »
«Finalmente! Vedo che sei diventato ragionevole, cugino!
Toglimi questa robaccia di dosso, così parliamo
d’affari… e lascia che Deidra resti qui, i nostri
interessi ormai riguardano anche lei!»
«Taci! Non osare rivolgere la parola o alzare gli occhi su di
lei! Se non l'hai capito, Abraxas, è finita per te! Oggi,
qui, qualcuno ha commesso un grave errore… e quel qualcuno
non sono io!»
Alshain
raccolse la bacchetta di Abraxas, non era a pezzi come immaginavo, ci
giocò poi, dolorante e sanguinante, gli si
avvicinò, senza staccare lo sguardo, un mare
d’acciaio in tempesta, da quello del Mago immobilizzato a
terra. Mi fece rabbrividire la calma solenne con cui gli
piazzò la punta del legno in mezzo agli occhi: si preparava
non a uccidere, ma a giustiziare. Eppure Malfoy ghignò.
«Ricorda l’accordo cugino… se fai
così… quell’accordo diventa carta
straccia, lo sai!»
«Vuoi morire da coglione come sei vissuto, Malfoy? I miei
figli, ora che tu sei qui, davanti a me, sconfitto, sono
salvi… per il resto, qualsiasi nostro ipotetico accordo
è venuto meno nel momento in cui hai deciso di stuprare mia
moglie e di gettare i bambini in un baratro!»
«Nessuno ha violentato tua moglie... e nessuno ha gettato i
tuoi figli in un baratro... »
«Se c’è qualcosa che mi fa diventare una
bestia, cugino, sono i sostenitori del “lei mi ha
provocato!”, “lei non ha detto
no”: dopo quello che ho visto entrando qui, per
non parlare di quella notte, a Morvah, ti consiglio di non farmi
incazzare ancora di più, usando certe
argomentazioni!»
«Non ho bisogno di quelle argomentazioni…
perché io non le ho fatto niente!»
«Solo perché, da brava Strega del Nord, mia moglie
ha fatto di tutto per metterti fuori combattimento prima che ci
riuscissi... che grande uomo ho qui, davanti a me! Vattene
Deidra!»
«Non le ho fatto e soprattutto non le avrei fatto niente...
»
«Certo! Le sei casualmente caduto addosso, le hai casualmente
spaccato un labbro, ti sei casualmente intrufolato a casa mia, ti sei
casualmente finto me, hai casualmente dato alle fiamme Amesbury, e
sempre casualmente ci hai tenuti prigionieri… tu morirai per
ogni singola goccia di sangue e per ogni singola lacrima che le hai
fatto versare, da quella mattina a Londra a questo dannato momento!
Deidra, per l’ultima volta, vattene!»
«Alshain no... ascoltami… dammi la
mano… non sporcarti con il suo sangue... »
«Non posso, è andato troppo oltre…
Avrei potuto capire se ti avesse ammaliata e sedotta… avrei
potuto capire, viste le mie mancanze, se ti avesse convinta a
tradirmi… ma nessuno può alzare le mani su di te,
Deidra! Nessuno può prendere con la forza, ciò
che tu non vuoi concedere… »
«Alshain, ascoltami… non mi è successo
niente, mai… mai nulla di… tutto
questo… mai!»
«Smettila di proteggerlo! Guardalo: so che ti ha minacciato
ma ormai non può farti più nulla!»
«Ti sbagli, Sherton! Ascolta tua moglie, una benedetta
volta… Quello che è successo qui, oggi,
è solo colpa tua, mi hai costretto tu ad obbligarti a
reagire! Avevo ordinato al mio uomo di portarti qui, dovevo solo
calcolare il momento giusto, perché tu vedessi esattamente
ciò che hai visto… E tu hai ritardato di almeno
dieci minuti, sul programma! Stavo iniziando ad annoiarmi ad aspettare,
sai? Ti sei opposto al mio uomo, vero? Non volevi farti trascinare
qui… beh, allora incolpa te stesso, per quelle percosse, per
quel sangue, perché davvero… ormai non sapevo
più come riempire
il tempo, se non…
riempiendo… di me… qualcos’altro!
Ahahahah… »
«MALEDETTO!»
Alshain
provò a slanciarsi su di lui, con molta
difficoltà riuscii a trattenerlo a me, facendogli persino
male, nel tentativo di arrestarlo. Cercavo i suoi occhi con insistenza,
speravo di poterlo placare almeno in parte, ma continuava a sfuggirmi,
si ostinava a evitarmi.
«No, Alshain, no… non farti provocare!»
«Prenditela con te stesso, mi hai costretto tu a fare lo
stronzo: sono mesi, anni, che ti dico di ascoltarmi ma tu “NO!”…
bene: guarda il viso di tua moglie e ammira i risultati del tuo
ingegno!»
«Passerò il resto della mia vita a fare i conti
con me stesso e con la mia famiglia, per i miei sbagli, ma questo non
ti riguarda, cugino… tu ora devi scegliere: preferisci
morire, qui, adesso, ripagandomi subito di tutti i torti che ci hai
fatto… o vuoi marcire ad Azkaban?»
«Preferisco godermi la mia casa, i miei vini… buono quel tuo Malvasia, a
proposito… arricchirmi come ho sempre fatto,
magari anche di più… E non fare quella faccia da
moralista scandalizzato, Alshain, te l’ho detto: NON PUOI
PERMETTERTI DI UCCIDERMI O DI FARMI SBATTERE DENTRO!»
«Deidra vattene... questo porco preferisce una morte lenta e
dolorosa, a quanto pare... »
«Non sono un ingenuo come te! Non sarei andato contro gli
ordini di Milord, mettendo a rischio me stesso e la mia famiglia, solo
per godermi tua moglie o vederti piegato e umiliato! Ciò che
voglio vale più di tutto questo e lo voglio… troppo! Non avrei
mai lasciato che alla fine avessi la meglio su di me, con qualche
trucco, qualche colpo di fortuna… sei in trappola, Sherton!
Diglielo, Strega! Dì a tuo marito quali geniali
argomentazioni ho usato per garantirmi la tua recalcitrante
collaborazione! Seduzione? Tradimento? Sciocchezze, Sherton…
Avanti Strega, ti avevo ordinato di tacere, ma ora puoi
parlare!»
Scoppiai in
lacrime, anche Alshain, alla fine, avrebbe saputo la verità,
che non avevamo scelta, che non c’era speranza, che non
c’erano vie di uscita, avremmo dovuto per sempre
sottometterci a quell’uomo, rendere la nostra vita un
inferno, o a farne le spese sarebbero stati i nostri figli.
«Qualsiasi cosa possa dire Deidra non mi fermerai: morirai
per quello che ho visto, per quello che hai detto, per quello che hai
fatto, per quello che non hai fatto, per quello che avresti voluto e
potuto fare... »
«Bla bla bla…
Io morirò, d’accordo… E tu piangerai la
mia morte e la tua dabbenaggine… PERCHé UNO DEI TUOI
FIGLI MI SEGUIRà! Non mi credi? Pensi sia un
bluff? Chiedilo a Hernie Duncan, chiedigli se gli è piaciuto
il nostro bluff… Cos’è? Sei
impallidito, cugino? Per caso quel nome… il nome di uno dei
tuoi amichetti del Nord… ti ricorda un bambino? Un bambino
morto nel sonno? Un bambino
morto nel sonno dopo mesi e
mesi di dolore e di agonia? Ahahahahahah… »
«No… no… non è
vero… non è possibile! Sei stato tu?
Bastardo!»
Alshain
arretrò, la luce della vittoria che gli aveva illuminato lo
sguardo fino a pochi istanti prima si spense, lasciando spazio al
terrore. Mi guardò allucinato, cercando in me una via
d’uscita che non esisteva, un cenno con cui gli dicessi che
era un altro stupido folle scherzo di quei mostri. Ma io ormai non
sapevo più consolarmi, mi stavo mordendo le labbra e
trattenevo le lacrime a stento.
«Questa è la verità,
Alshain… ora che Emerson è morto… solo
lui, solo questo lurido bastardo immorale conosce l'antidoto... ora
sai… ora sai perché… ti scongiuravo di
non fargli del male… »
Alshain,
attonito, lasciò cadere la bacchetta dalle mani. Tremava.
Abraxas Malfoy ghignò rialzandosi in piedi, le lingue nere
che lo tenevano fermo a terra ormai ritratte. Mi serrai ancora
più stretta a mio marito, era infreddolito, tremante,
smarrito, lo abbracciai cercando di non fargli male: con il primo
barlume di sollievo, al termine di quella settimana infernale, in
quella marea di disperazione, sentii che allungava la mano a stringere
la mia. Guardammo Malfoy, con un colpo di bacchetta si era risistemato
capelli e abiti e aveva fatto rapidamente sparire da sé e
dalla stanza tutti i segni della colluttazione, tirò
giù il Magonò dal portafiaccole e lo
depositò, incosciente, fuori dalla porta. Sicuro di
sé, il nostro aguzzino si trasformò nel padrone
di casa perfetto, andò a preparare tre bicchieri di
Firewhisky, ci invitò a seguirlo e a sederci sul divano,
dinanzi a lui.
«Ora che ho ottenuto la tua attenzione e ti ho convinto della
mia serietà, mettiamo da parte tutte le nostre rispettive
divergenze, cugino, sediamoci, beviamo quest’ottimo nettare
proveniente della tua terra, come si fa tra buoni amici o, per lo meno,
tra soci in affari... Alle
nostre famiglie! Agli Sherton e ai Malfoy!»
«Finiamola con questa pagliacciata… dimmi cosa
diavolo vuoi da me, per sparire dalla mia vita… e da quella
della mia famiglia!»
***
Lord Voldemort
Malfoy Manor, Wiltshire - notte 21/22 gennaio 1972
«Mio Signore…
io… io… non vi aspettavo, e…
qui… »
«No? E perché mai?
Non ti avevo forse dato un compito?»
Mancavano ancora molte ore all’alba quando mi presentai ai
cancelli del Manor, tutto era
avvolto nell’oscurità, il silenzio rotto solo dal
ghiaccio che si
spezzava sotto i miei stivali e, una volta superato il portale
maestoso, dai passi leggeri e rapidi dell’Elfo che mi faceva
strada
lungo infiniti corridoi deserti. Mi guardavo attorno, senza vedere
nulla, perso nei miei pensieri: avevo dato a Malfoy un’altra
intera giornata prima di pretendere le mie risposte, ma di nuovo
l’attesa era
stata vana, le mie aspettative deluse. Abraxas non si era mai
comportato così. Ed io non ero un Mago da lasciar correre a
lungo.
«Certamente… ed
io… »
«E tu ti sei guardato bene dall’informarmi su come
stessero procedendo
le cose… Perché sei qui, a casa, e non
là fuori, a dare la caccia alla
Strega, come ti avevo chiesto? L’hai forse già
trovata e ti stai
prendendo la ricompensa che ti ho promesso, prima di portare a termine
i tuoi compiti?»
«No, mio Signore, no!
Assolutamente… ma… mi sto
muovendo… con prudenza… mi aspetto che i
Ministeriali mi facciano
visita da un momento all’altro e… temevo potesse
apparire… sospetto
che… io non fossi in casa… in piena
notte… con quello che è da poco
accaduto a… »
«Ad Amesbury, per caso? E che
cosa è “accaduto”
ad Amesbury, Abraxas? Parli di usare prudenza… ma chi
l’ha fatto… “accadere”?
Perché Sherton Manor è stata distrutta, il
Marchio si è librato nei
cieli del Wiltshire ed io non ho ancora i ricordi della Strega che mi
avevi promesso?»
«Mio Signore…
io… ecco… io… non li ho
ancora… »
«Non li hai? La dimora è distrutta, ti sei quasi
portato l’attenzione
degli Aurors in casa e ancora non li hai? Ti pare normale, vero? Per
te, forse, ma non per me! Quale sarebbe il motivo, di grazia? Llywelyn
era già morta quando l’hai trovata? O non sei
riuscito a trovarla? O te
la sei lasciata sfuggire?»
«Io… io…
»
«“Io, Io”…
sai dire solo questo? Mi aspettavo maggiore serietà da parte
tua, Malfoy!»
«Mio Signore, avvicinare la
Strega e sottrarle i ricordi non è semplice come
avevo… »
«NON… DIRE… ASSURDITÀ! Era
ferita e in difficoltà… e tu avevi detto di
essere riuscito a fare breccia tra i pensieri di Sherton, quando gli
hai raccontato che era prigioniera di Roland Lestrange!»
«Sì, ma
io… »
«Tu sapevi dove cercare! E ti
sei tenuto l’informazione per te!»
«Mio Signore, non l’ho fatto con
malizia… potevo essere in errore, non
volevo che altri seguissero un’unica strada…
sbagliata… Alla fine… la
Strega era dove avevo intuito fosse ma… »
«Ma?»
«Quando sono
arrivato… con lei
c’era…ecco… c’era... Orion
Black! Io non potevo saperlo!»
Mi voltai, un ghigno perfido in faccia: nascondersi dietro la scusa
patetica “c’era
Orion Black” era la conferma che Malfoy aveva
fatto qualcosa di tanto stupido da dovermelo celare ad ogni costo.
«Capisco, hai ragione:
è nota la pericolosità di… come lo
chiamano tutti? Orion
“CUOR DI CONIGLIO” Black? Un nome
terrificante che fa intuire quanto quell’individuo sia
pericoloso!»
«Mio Signore…
»
«“Mio Signore, Mio
Signore”...
Sono stanco, Malfoy… per il tuo bene, metti le carte in
tavola adesso,
spontaneamente… perché per tua sfortuna, io SO
GIÀ cosa stai cercando
di nascondermi!»
«Mio Signore… ve lo
giuro! L’ho fatto solo per
Voi, per la causa! Io… io non ho disubbidito per mancanza di
rispetto.
Voi non sbagliate mai, ma in quel caso… siete
stato… mal consigliato!»
Vedevo
il terrore renderlo più pallido del normale, speravo fosse
sul punto di
crollare sotto il peso della paura, perché avevo sospetti,
non prove
certe di che cosa avesse fatto dalla sera nella grotta e se avessi
detto qualcosa di più, avrei rischiato di svelare il mio
bluff... Per
ora Abraxas c’era caduto e aveva ammesso di aver fatto
“qualcosa”
non per mancanza di rispetto ma “per me”,
dunque non era sparito per concedersi delle libertà
con la Strega…
Aveva fatto di più… di peggio... era andato
volontariamente contro gli
ordini che gli avevo impartito. Ed io iniziavo a perdere la pazienza.
«Mal consigliato? Strano… sei l’unico
cui concedo di esprimere pareri
sulle missioni… stai forse dicendo che mi hai mal
consigliato tu?»
«Io? NO…
MAI… Mio Signore, io… »
«Avanti, Abraxas, dillo con
parole tue… dimmi ad alta voce… cosa hai osato
fare… »
«Mio Signore… io ve lo dissi già nella
grotta… uccidere Sherton era un
errore… un tragico errore… le circostanze
sembrano confermare che l’erede
di Hifrig sia Mirzam… se Sherton... fosse morto... quella
notte… Voi
avreste perso la possibilità di recuperare la Fiamma di
Habarcat ed
entrare a Herrengton… con tutto quello che ne
consegue… Milord… non
potevo permettere che l’orgoglio Vi privasse di un uomo che
può esserVi
più utile da vivo che da morto… »
«CHE COSA? COSA SIGNIFICA
“SE SHERTON FOSSE MORTO”? SPERO PER TE CHE TU NON
STIA DICENDO CHE ALSHAIN SHERTON È ANCORA… VIVO!»
Il
fuoco nel caminetto si alzò di oltre un metro, assunse una
fosca
tonalità sanguigna, che si riverberò su tutte le
superfici e avvampò
nel mio sguardo e sulla mia faccia. Malfoy, resosi conto di essere
appena stato ingannato e di essersi messo nei guai con le sue sole
mani, non staccava gli occhi da terra, il capo chino, le spalle curve,
come chi sta portando un enorme peso. Strinsi il pugno sinistro fino a
ferirmi, mentre le dita della destra si serravano attorno alla
bacchetta, frementi.
«Invece di partire alla
ricerca della
Strega come ti avevo chiesto… tu… tu hai perso
tempo a salvare un uomo
che io desidero morto più di ogni altra cosa? È
questo che hai osato
fare?»
«Mio Signore, io Vi assicuro
che il piano che ho in mente Vi porterà molti più
benefici… »
«TACI! Ora è tutto chiaro… Tu non ti
sei limitato a questo, vero?
Quando nei ricordi di Orion Black relativi a Hogwarts, ho trovato
una conversazione con Dumbledore su Fear e sui marmocchi di
Sherton, mi sono detto che Black doveva essere impazzito dal dolore,
non poteva aver visto vivi i mocciosi che IO TI HO ORDINATO DI GETTARE TRA
I FLUTTI… CHE IO HO VISTO SPARIRE TRA I FLUTTI…
invece Black li ha visti… perché tu hai salvato ANCHE LORO, dico
bene, Abraxas? Voglio sapere cosa diavolo hai fatto in questi
giorni!»
«Mio Signore… NO...
Io posso spiegarVi… tutto… Mio
Signore… io Vi scongiuro… no…
no… »
«CRUCIO!»
«NO..NO…
NOOOOOOOOOOOOO... AAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHH…
»
Ammirai
Abraxas Malfoy contorcersi a terra, preda della mia Cruciatus, le mani
serrate a pugno, le stille rubino che imporporavano i palmi e le punte
delle sue dita, là dove le unghie curate si erano conficcate
a fondo
nella carne, le labbra morse a sangue, che si dispiegavano
nell’urlo di
dolore… l’elegante veste da camera che gli
s’intrecciava attorno alle
gambe, contratte ritmicamente dalle convulsioni. Ghignai, portandomi
sopra di lui. Lo fissai, fissai i suoi occhi di luna diventare neri, le
pupille espanse dal dolore e dalla paura, il sudore freddo imperlargli
la fronte e intaccare il velo di cipria con cui era solito uniformarsi
l’incarnato. Con un lieve movimento del polso misi fine
all’incantesimo
e mi piegai sulle ginocchia sopra di lui: respirava a stento, puzzava
di paura e sudore, il volto paonazzo contratto per la sofferenza. Avrei
desiderato che si vedesse in quell’istante.
«Ora basta con “MIO Signore”,
“Vi
scongiuro”.
Non so a che gioco volessi giocare, Abraxas, ma io vi
metterò fine.
Prega solo che qualcosa mi piaccia in ciò che sto per
vedere… o quando avrò finito
con te... neanche tuo figlio potrà più fregiarsi
dei titoli del tuo
casato… »
«Vi prego... NO…
tutto ma non il mio Lucius… NO… Vi scongiuro...
»
«LEGILIMENS!»
*
«Non lo farò mai, mai Abraxas! Se devo morire
morirò, meglio morto che schiavo!»
«Allora morirete, tu e i tuoi cari! Maledizione! Sai quanto
mi sono compromesso per te, per la tua famiglia! Il Signore Oscuro non
potrà mai accettare che ti abbia salvato, senza averne
ricavato qualcosa di utile per la Causa, sarei bollato come traditore,
al pari tuo! Dovrei uccidervi tutti, per nascondere il mio sbaglio,
prima che se ne accorga… poi dovrei offrirgli gli altri tuoi
figli, visto che alla fine di questa dannata missione non avrei in mano
nulla che possa compiacerlo! Se almeno mi dicessi quale parte ti
provoca tutto questo malcontento… »
«Quale parte? Sei tu! Sei tu che mi provochi
malcontento…Ti basta o vuoi che sia più
specifico!?»
«Non sto bluffando, Sherton, qui c'è in ballo la
vita dei tuoi figli… Ascolta... quando Milord mi
chiederà che cosa ho fatto in questi giorni,
perché non mi sono presentato con notizie di tua moglie, gli
dirò di essere tornato a Morvah, di averti trovato ancora
vivo tra gli scogli, di averti salvato, curato… e infine
Imperiato… perché sei più utile alla
causa da vivo che da morto: hai conoscenza della Magia Antica,
contatti, potere e Sangue di Salazar Slytherin, come lui... Milord
all'inizio non ne sarà felice, ma è un uomo
intelligente e scaltro, sa quanto gli saresti utile... Sarà
sufficiente che tu faccia ricorso alle tue capacità di
Occlumante, per nascondere quest’accordo, e che non pensi a
tua moglie, perché è sempre stato il tuo punto
debole… Mostrati instupidito e collaborativo, dagli le
informazioni che ti chiederà su Habarcat, Herrengton, la
Confraternita, io ti dirò che cosa gli ha spifferato
Emerson, vedrai tu se confermare o meno… nel frattempo, gli
farò intendere quanto “un
uomo che ha perso tutto per colpa nostra” sia
l'insospettabile perfetto da infiltrare al Ministero: quando tutto il
Mondo Magico saprà che disavventura hai vissuto a causa del
Signore Oscuro… nessuno oserà avere sospetti su
di te… »
«Ma se avete già Lodge come Ministro, che ve ne
fate di un infiltrato di rango più basso?»
«Lodge è un Ministro a tempo determinato, scelto
da noi, non dal popolo, tra pochi mesi ci saranno le elezioni. Noi non
miriamo a un nuovo Ministro, darebbe troppo nell’occhio,
miriamo a manipolarlo, il nuovo Ministro. Per farlo, gli metteremo al
fianco un uomo che ha appena “perso” la sua
famiglia per mano di un figlio plagiato dal Signore Oscuro, e che
perciò ufficialmente ha tutte le ragioni per ostacolare
Milord... un uomo che quasi tutti gli Slytherin apprezzano, che ha
dalla sua le Terre del Nord, che stava collaborando con un Mago
illuminato come Longbottom ed ha il rispetto dei Ravenclaw, la stima
dei Gryffindor moderati, ultimamente persino la simpatia di Dumbledore,
a quanto ho sentito… quell’uomo sei tu!»
«Questa è un’assurda, folle buffonata,
Malfoy! Non ho alcun contatto con il Ministero, tutti sanno che odio
quella gente… tu vorresti da me qualcosa al di fuori della
mia portata!»
«Ci penserò io a rendere il tutto fattibile e
credibile. Ho creato per anni dei Ministri... vuoi che non riesca a
creare un collaboratore? Questa buffonata è al momento
l'unica carta che hai per impedire la morte dei tuoi figli e di tua
moglie... Sono tutti convinti che siano già morti, Alshain,
che sia morto anche tu… farvi sparire, a questo punto, non
sarebbe un problema per il Signore Oscuro o per me…
»
«E allora facci sparire, Abraxas! Dammi l’antidoto
che serve ai miei figli e lasciaci andare: so come sparire e, anche se
mi costa molto, giuro che non verrò a tagliarti la gola nel
sonno!»
«Ma davvero? Che concessione! Ti conosco: solo
finché avrò il vantaggio dell’antidoto
potrò dormire sonni tranquilli, con te. Inoltre dovrei far
sparire gli altri mocciosi e questo non riuscirei a farlo…e
nemmeno tu… prima che tu riesca a inventarti qualcosa, a
loro sarà già successo qualcosa di brutto, si
stanno già muovendo… »
«Che cosa significa, si stanno già
muovendo?»
«Hai visto cos’è successo al figlio di
Orion... pensi che quella scuola sia un posto sicuro per i tuoi figli,
quando dividono persino i dormitori con un Lestrange? Neanche
Herrengton li ha tenuti al sicuro, figurati… Beh…
tanto lo saprai, prima o poi, tanto vale che te lo dica io: Rodolphus
Lestrange intende far uscire allo scoperto Mirzam,
approfitterà della vostra scomparsa e della paura che ha
messo a Black, per stipulare un contatto matrimoniale tra
quell’assatanato di Rabastan e la piccola Meissa! Sa quanto
tuo figlio sia legato alla sorellina! Salterà fuori solo per
difenderla?»
«Che cosa hai detto? MEISSA e RABASTAN LESTRANGE? NO! MAI!
MAI FINCHé SARò IN VITA!»
«Lo so... lo sanno... e l’ho esclamato
anch’io, credimi... per quale motivo pensi che insistessi
tanto per avere tua figlia per il mio Lucius? Mio figlio avrebbe
aspettato finché Meissa non avesse raggiunto la maggiore
età, per farsi avanti, non siamo dei barbari,
noi… Non siamo abituati a matrimoni precoci per
coprire… riparare… a certe vergognose
perversioni… »
«Vero, voi Malfoy non siete pedofili, vi limitate a
vendere le sorelle scomode a chi vi offre abbastanza!»
«Porta un po' di rispetto! Ti ricordo che porti il sangue di
quella bambina e di chi ha comprato quella bambina, Sherton! Dovresti
pensare ai tuoi antenati, prima di dileggiare i miei… e
soprattutto… preoccupati per tua figlia! Riderai di meno,
quando ti renderai conto di quanto Rodolphus Lestrange sia in alto
nelle grazie del Signore Oscuro, e come perori la sua causa, a tuo
danno, ricordando a tutti che sei stato tu a uccidere suo
padre!»
«Questo è falso!»
«Importa a qualcuno? Milord non sapeva come liberarsi di
Roland, ora non l'ha più tra le palle: un motivo in
più per essergli grato! Ora intende fare di Meissa un premio
e un risarcimento, per i Lestrange! E se ti illudi di ricevere aiuto da
quel rammollito del tuo amichetto Black, beh… lui pensa di
difendersi con patetiche assicurazioni sulla vita… sai dove
gliele ficcherà la nipote, quelle pergamene, una volta che
le avrà trovate? E così ci resta Rigel...
»
«Finiscila con queste ciance, Malfoy, nessuno di noi sa chi
è il vero erede di Hifrig, pertanto, al vostro posto, ci
penserei parecchio prima di toccare uno dei ragazzi, correte il rischio
di commettere un errore fatale… E se non sbaglio, entrare a
Herrengton è ancora una delle fissazioni del Signore Oscuro!
Senza lo Sherton giusto ad aprirgli la porta, non ci
riuscirà mai! Quanto a Mirzam, ho fatto la cazzata peggiore
della mia vita il giorno in cui ho affidato la sua istruzione a quel
dannato Fear, e sì che sapevo che bastardo fosse, ma per lo
meno il vecchio pazzo è abbastanza furbo da non farsi
ingannare dalle trame dei Lestrange… »
«Goditi le tue illusioni, se vuoi, ma purtroppo per te
è proprio questo che accadrà alla tua famiglia,
se ti ostinerai a non ascoltarmi... Se agissi come ti sto suggerendo,
invece… Milord sa che un infiltrato che deve fingere di
combatterlo non può legarsi, con il matrimonio di una figlia
undicenne, a una famiglia che simpatizza per il lato Oscuro: ecco
così che Meissa sarebbe salva... inoltre, mentre fingi di
cercare Mirzam per consegnarlo alla giustizia, potrai trovare indizi su
dove si trova e aiutarlo a nascondersi ai Lestrange, parlargli,
convincerlo a consegnarsi, ti assicuro che Milord è
magnanimo con chi ammette i propri errori e si pente...
l'ascolterà e capirà che dice la
verità: è stato quel dannato Fear a combinare il
casino, non lui… sappiamo entrambi che avevi dato
l’anello a tuo figlio perché lo consegnasse
insieme alla Fiamma a Milord… il vecchio l’ha
ingannato e ora sappiamo tutti come è finita…
Ascoltami, cugino, ascoltami e salveremo i ragazzi!»
«Ammesso ti dia ascolto... tu cosa ci guadagneresti, Malfoy?
A parte una testa attaccata sul collo, almeno finché il Lord
non scoprirà i tuoi intrighi e capirà che razza
di bastardo bugiardo ha tra i piedi... e a quel punto ci
sterminerà tutti quanti... »
«E perché mai lo farebbe? Io sono fedele al Lord,
Alshain, non lo capisci? Lo sono sempre stato e sempre lo
sarò… è proprio per lui che faccio
tutto questo… voglio evitare che sia accerchiato e soffocato
da uomini privi di cervello che bramano solo lo spargimento di
sangue… neanche a me sta bene che personaggi come i
Lestrange o i MacNair prendano potere nel nuovo Ordine ideato dal
Signore Oscuro e lo sovvertano in un regime di vendetta e sangue, privo
di qualsiasi altra finalità... un Ordine che
verrà instaurato con questi principi molto in fretta, se non
tornerai in scena: sappiamo entrambi che, senza di te, le Terre del
Nord cadranno… »
«Non credo perderai il sonno per questo, Malfoy!»
«No? Un Ordine del genere, basato
soltanto sugli spargimenti di sangue, non
reggerà, Alshain... la Magia e Milord non avranno il futuro
che meritano seguendo questa strada... Io so che in cuor tuo ti sei
sempre battuto per ridare alla Magia il posto che le spetta... allora
cosa aspetti a unire le tue forze a quelle del Signore Oscuro? Sai che
è lui l'erede di Salazar, quello che aspetti da tutta la
vita!»
«Non
lo so... le cose sono andate troppo oltre, Malfoy... quello che
è successo a Herrengton, prima... poi a Londra... non
sarà facile dimenticare come è stato attaccato
mio figlio Rigel, senza alcuna provocazione, a Herrengton... sappiamo
entrambi che quel ragazzino non si riprenderà mai
più... per chi? per cosa? per quella dannata
puttana?»
«Ed
è questo che il Lord deve capire... è quello che
ti sto dicendo... il Lord non ha dato quell'ordine, non ha dato
l'ordine di massacrarti... per questo dico che si sta affidando, sta
affidando la causa a persone incontrollabili... alle persone sbagliate!
E siamo sicuri, poi, che sia un caso? Che non abbiamo volontariamente
esagerato, per impedire al Signore di Herrengton di coalizzarsi con
l'erede di Salazar? Una volta unite le vostre forze, a guardare bene,
tutti gli altri sarebbero a dir poco inutili... »
«Compreso te, Malfoy... dimmi, a te chi ha dato l'ordine di
farci quello che ci hai fatto? Hai tentato di impedire un'alleanza tra
me e il Lord, attaccando mia moglie in quel modo, nel tuo studiolo?
Lasciamo perdere... Per te stesso che cosa vuoi? A parte la testa dei
Lestrange e il tuo posto storico alla destra del Signore Oscuro? Non
credo sia solo la gelosia a muovere i tuoi passi... »
«Voglio che tu ponga una pietra sopra a quanto accaduto...
che Lucius non paghi per quello che ho fatto io… e voglio il
tuo aiuto per tenere mio figlio lontano dalle situazioni pericolose,
come io aiuterò te a tenere al sicuro i tuoi. Lucius tra
pochi mesi uscirà da Hogwarts ed entrerà nelle
fila del Signore Oscuro, è deciso... dovrai aiutarmi
affinché non corra rischi inutili, coprirlo, se il Ministero
fosse sulle sue tracce, fornirgli informazioni che lo mettano in luce
con il Lord e facciano di lui qualcuno più utile al
Ministero che… sul campo… Non ci sarebbe nulla di
male nel tuo aiuto, lo sai… Lucius è un ragazzo
intelligente e accorto e non ha colpe, proprio come ne hanno i tuoi
figli!»
«E per quanto riguarda le richieste immorali? Come pensi che
potrei accettare certe condizioni?»
«Scelte immorali? Suvvia, non crederai davvero... »
«Una volta tornato a casa, per evitare che io corra da Crouch
o da Milord a raccontare tutto, che ti minacci o minacci tuo figlio per
avere l’antidoto… vorresti tenere Deidra in
ostaggio? Sei impazzito? Dopo quanto successo, pensi che potrei fidarmi
di te?»
«Non l'avrei mai fatto… e la porterei a Herrengton
tutti i giorni, per vedere te e i bambini…vedrai con i tuoi
occhi che non le sto facendo del male… »
«Certo... certo... Occuparti dei miei figli... a
Herrengton... somministrargli l’antidoto... a
Herrengton… portare Deidra, tutti i giorni... a
Herrengton… in questo modo terrai d’occhio me, la
mia casa, chi entra, chi esce... una
trovata geniale, perfetta... »
«Esattamente…
Deidra è la mia assicurazione sulla vita e la
chiave con cui ottenere il controllo totale su quello che ti
riguarda... »
«Ed
io dovrei fidarmi di te... »
«Parliamoci chiaro, Sherton... tu la stai portando
per le lunghe, ma puoi girarci intorno quanto vuoi, la
situazione non cambierà, alla fine dovrai accettare la mia
proposta, altrimenti perderai i tuoi figli… che senso ha
continuare con queste vuote chiacchiere, con questo attaccarsi
a dettagli stupidi? Cosa ti interessa cosa otterrò io, cosa
otterrai tu? Scegli… vita o morte… controllo o
rimorso… è semplice… »
«Appena sarò nelle condizioni di farlo, Malfoy,
pagherai per tutto questo: non è una minaccia, è
una promessa: non ho problemi a proteggere Lucius... lui non ha colpe,
se ha un bastardo per padre... ma tu Abraxas... tu... hai commesso
troppi errori per poter anche solo sperare di farla franca...
»
«Dici? Penso invece che io la farò proprio franca,
amico mio... non lo vedi? Ho aspettato questo momento tutta la vita, mi
sono preparato a questo momento per tutta la vita… quando
Milord mi ha detto "prendi e portami i suoi figli", ho capito che era
il mio momento… se l’avessi ascoltato e le cose
avessero preso una brutta piega, tu mi avresti perseguitato per tutta
la vita… invece ho giocato bene le mie carte… e
ora tu dipendi da me… hai bisogno di me... non puoi torcermi
un capello... se vorrò vederti saltare, tu salterai... se
vorrò vederti ammazzare un mio nemico, tu lo farai... e se
per caso qualcosa dovesse andare storto con i bambini, o se tu trovassi
l'antidoto, beh... che importa? Avrei ancora la tua Deidra, la mia VERA
assicurazione sulla vita... arrenditi, cugino, è finita!
Accetta la sconfitta... questa volta ti ho dato scacco…
»
*
Uscii
dalla mente di Malfoy, lo lasciai esausto e incapace di muoversi, a
terra: il mio primo istinto fu di Cruciarlo fino a togliergli il senno,
irrompere in ogni stanza del maniero fino a ritrovare gli Sherton,
torturarli e straziarli, a cominciare dai mocciosi e dalla Strega e per
ultimo uccidere lui, con le mie stesse mani, dopo avergli devastato la
mente fino a scoprire tutti i suoi segreti e i suoi inganni. Poi
però riflettei, sul piano di Malfoy, sulle informazioni che,
ammesso fossero vere, avevo appreso da quel colloquio: gettavano una
luce diversa sui fatti che conoscevo, anche certe riflessioni sui
Lestrange mi avevano colpito. Mi voltai verso Malfoy, si stava
riprendendo lentamente, tentava di rialzarsi e aveva il terrore
stampato in volto, temeva che questa volta non se la sarebbe cava, che
non mi sarei limitato a una Cruciatus.
«Disubbidisci di nuovo ai miei
ordini, Malfoy, e ti strapperò il cuore dalla bocca con le
mie stesse mani, siamo intesi?»
«Sì,
sì, mio Signore... »
«Ora
dimmi, nei dettagli, come pensi di far riapparire il nostro amico
durante la festa dei Black... »
«Davvero?
Allora concordate che... »
«Smettila
immediatamente di compiacerti, Malfoy e rispondi alle mie domande!»
«Sì,
certo, subito, mio Signore... io...
io... pensavo
di liberare Sherton nei pressi del maniero dei Black, sguinzagliare
Greyback al suo inseguimento, lasciare che Black lo trovasse mentre
ancora la casa è piena di Aurors al seguito del Ministro...
ho fatto in modo che anche Crouch sia presente... così
vedrà e soccorrerà il prigioniero,
avrà modo di interrogarlo subito... e... »
«E sprecheresti
così un'ottima occasione di attirare in trappola Mirzam
Sherton e fare una strage di Aurors? Mi deludi, Malfoy... No... so che
vuoi la testa di Black, per quei suoi scherzetti ai tuoi danni ma
l'otterrai solo se il fato ti sarà amico... io preferisco
avere la testa di Crouch... e possibilmente quella di Fear... ascoltami
molto bene... Tu sai come rendere visibile la Traccia del Nord, Emerson
te l'ha spiegato... voglio intrappolare Fear, a Morvah...
sarà incapace di difendersi, là dentro,
esattamente come quel pallone gonfiato di Sherton... »
*continua*
NdA:
Ciao a tutti, dopo
mille peripezie eccomi di nuovo qua.
Il capitolo come avete visto è una specie di Bonus, non per
lunghezza ma per contenuto, non è infatti quello che
immagino tutti si aspettassero, la battaglia di Morvah (Margareth a un
passo da suo padre, Fear opposto a Milord, Bartemious Crouch contro i
Mangiamorte, Orion diviso tra la salvezza degli Sherton e le trappole
di Malfoy) e l’attentato dei Lestrange contro Rigel Sherton.
Di carne al fuoco ce n’è parecchia, lo so, ma
proprio per questo, prima di andare avanti, volevo fare il punto sulla
settimana di prigionia a Malfoy Manor di Alshain, protagonista rimasto
silenzioso per troppi mesi. E mostrare quanto dei piani di Malfoy
è noto al Signore Oscuro. (Naturalmente avrete notato delle
stranezze, soprattutto nell'ultima parte: troveranno spiegazione molto
presto). Quanto alle parole e alle idee, avrete notato una certa
ripetitività nei pensieri di Alshain, volevo proprio dare
l'idea dello stato ossessivo in cui è caduto. In seguito
avrò anche modo di spiegare meglio il discorso della
"patologia" dei bambini, che necessitano delle cure di Abraxas.
Bon, prima di salutarvi e ringraziarvi di essere ancora qua, volevo
ricordare che That negli ultimi mesi è stata
“sistemata” rendendo più omogenei i
capitoli (ne ho raggruppati parecchi, soprattutto quelli della prima
parte, perché erano davvero troppo corti e "sfilacciati"
rispetto ai successivi) per questo forse con i numeri non vi ci
ritrovate, ho anche rivisto la formattazione e reintrodotto tutte le
immagini. Chi frequenta il gruppo o la pagina FB, sa anche che ho
inserito i file degli alberi genealogici (ho già varie idee
su come sfruttarli, la faccenda della bambina Malfoy venduta come sposa
a uno Sherton, è una di queste) e intendo fare degli
"approfondimenti" sui luoghi reali che ospitano le magiche Terre del
Nord. Se vi interessa, potete farci un salto, pagina e/o
gruppo.
Se volete vederli ma non fequentate FB, fatemelo sapere e
troverò il modo di postarveli qui.
note sparse
1) Il
sogno di Alshain è lo stesso sogno fatto da Meissa,
potete vedere qui
2) La frase a cui si riferisce Deidra viene detta da Alshain qui
Baci!!!
Valeria
Scheda
Immagine non ho ancora ritrovato la fonte dell'immagine
scelta
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