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Autore: Terre_del_Nord    12/06/2015    7 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.030 - Endgame (2)

IV.030



Alshain Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - 16-18 gennaio 1972

Il tocco umido e lieve di un bacio mi sfiorò le palpebre. Le socchiusi. Non vedevo nulla, tutto era immerso in una luminosità accecante, un mondo fatto di forme e suoni distorti, privo di ombre. Un mondo ovattato. Primordiale. Non capivo dove fossi, non ricordavo neppure chi fossi. Sentivo solo un cuore che mi batteva nel petto, sempre più veloce. Il cuore di un uomo braccato.

    Chi sono io? Dove sono? Sono vivo o il mio cuore pulsa per inerzia anche oltre il velo della morte?

    «Aisaaiin… »

Un sussurro. Soffocato. Indecifrabile. Lontano. Familiare. Il bacio ricomparve, leggero, scivolò sulle mie labbra. Un pensiero si faceva largo nel mio cervello, voleva accendere la mia coscienza ma non era forte abbastanza, spariva, si nascondeva, in un gioco di veli e incertezza. Ero io stesso una massa distorta, indefinita, confusa. Il vuoto che mi circondava era dentro di me, ne ero permeato, mi aveva isolato dalla realtà, dal ricordo, dagli oggetti, da me stesso. Da tutto.
Non da quel bacio, che si posava, tocco dopo tocco, su di me, più urgente, più frenetico... più familiare... più vivo. L'unica cosa attorno e dentro di me che avesse logica e senso. Che fosse ciò che doveva essere.

    Chi sono io? Che cosa mi è successo? Perché non ricordo… nulla?

Dovevo aggrapparmi a quel bacio per ritrovare la strada. Frugai nel caos che si muoveva dietro i miei occhi ma tutto restava immerso nella nebbia. E di colpo faceva male. Tanto. Sforzarsi di cercare la verità era doloroso quanto tentare di aprire la mano o sollevare la testa o muovere il piede. Ora, all'improvviso, iniziavo ad essere consapevole di avere arti e corpo e testa, perché la carne pulsava via via più forte, straziata. La mia memoria non si risvegliava. La mia carne sì. E urlava di dolore.

    Vertigine… straniamento… dolore… domande senza risposta…
    Non posso muovermi… parlare… urlare… capire…
    Mi trovo sotto un macigno inamovibile e ignoto. Del tutto impotente.

    «Aisaaiin… »

Il sussurro si levò più alto. Era una voce. Una voce familiare che mi faceva scorrere veloce il sangue, una voce che pronunciava una parola. Una parola deformata, incomprensibile, senza senso. Una parola sentita mille volte. La voce solcò il silenzio e impose un tonfo sordo al mio cuore, lo fece fermare di colpo, dopo la folle corsa da bestia braccata, squarciò la luce immota e impenetrabile, densa come notte, che mi circondava e strappò il velo di oscurità via dai miei pensieri.
Tutto si accese di colore. All'improvviso.

    Un solo colore. Un unico, nitido, brillante, colore.
    Verde… solo verde... tanto verde… verde profondo… verde d’Irlanda.

Sapevo. Ricordavo. Non tutto. Solo quanto era necessario a ricominciare a vivere. Provai a muovere le labbra ma dalla mia bocca riarsa e ferita non uscì suono. Serrai gli occhi colmi di lacrime. Al posto dell’informe luce abbagliante, c’erano candidi teli di seta, sospesi sopra di me, mossi dal vento, a velare il cielo azzurro, in cui si rincorrevano le nuvole. Ovunque, intenso, aleggiava il profumo di pallide rose tardive. E davanti a me danzava una cascata di morbide onde rosse a incorniciare un viso tempestato di lentiggini, mentre due profondi occhi verdi mi fissavano pieni d'amore. La sua mano delicata era stretta nella mia, annodate insieme da un nastro verde e argento, le fedi con gli intagli runici brillavano al sole, la luce incuneata negli stretti solchi d'argento tracciava e celava i nostri nomi. Il tocco umido e lieve delle sue labbra si posò sulla mia barba incerta.
Ed io piansi e risi, insieme, straziato dal dolore. La mia voce fioca articolò un suono.

    Un solo suono. L’unico suono. L’essenza del tutto.

    «Deidra... »

*

Riaprii gli occhi, lentamente: mi trovavo in una stanza silenziosa, illuminata dalla luce lattiginosa di un pallido sole invernale, avevo ancora difficoltà a riconoscere sagome, colori, oggetti, ma sapevo di essere solo. Mi sforzai di sollevare una mano, tentai e rinunciai più volte, annichilito dal dolore: quando ci riuscii, con difficoltà misi a fuoco un ammasso informe di carne gonfia, sanguinante, pesta.

    Che cosa sei? La mano di un morto? E da quando si muore e si continua a provare dolore?

Provai a sollevarmi, lo schiocco sinistro, simile a quello di ossa che si spezzano, e una fitta atroce alla spalla mi bloccarono all'istante. Non riuscii a urlare, la gola sembrava graffiata, ustionata.

    Come quando anneghi e ingurgiti acqua… tanta acqua… acqua salata…
    ... acqua di mare…


*

Non avevo idea dello scorrere del tempo. Non sapevo, quando crollavo nell'incoscienza, se stessi perdendo minuti e ore o addirittura giornate intere. Quando rinvenni la stanza era in penombra e tutto era ammantato di un chiarore rossastro, il baluginio delle fiamme di un caminetto. Intuivo la sagoma di una poltrona a sinistra del mio limitato campo visivo, forse c’era anche un tavolino. Alla mia destra, invece, non vedevo niente, provai a sollevarmi ma fui bloccato di nuovo dalle fitte. Riconoscevo, al contrario, gli odori che mi circondavano: qualcuno aveva usato una pozione disinfettante per curarmi le mani e l'effluvio di erbe e alcool si levava anche dal mio petto e dalla mia testa. Ero stato fasciato con delle bende, le sentivo stringermi il capo, la gamba, le stesse mani, il costato, contribuendo a ostacolare i miei già scarsi movimenti. Il dolore era stato attutito dagli intrugli sedativi questo, però, aveva aggravato la confusione che avevo in testa. Ed io dovevo invece tornare lucido, dovevo alzarmi da quel letto, uscire da quella stanza, scoprire cosa mi fosse successo. Dovevo impedire che la confusione e il senso di impotenza prevalessero su di me, che mi si avvolgessero attorno come un bozzolo senza vie di fuga. Sentii la gola stringersi e chiudersi nella morsa dell’ansia, al solo pensiero.

    Doma il dolore… cerca in te stesso e saprai che cosa devi fare...

Parole lontane giunsero da qualche nascondiglio della mia mente: voce e tono erano familiari, il senso, per quanto mi sforzassi di ricordare, mi era invece incomprensibile. Provai di nuovo a muovermi. Il dolore alle spalle mi mozzò il fiato. Sfinito nel corpo e nella mente, scivolai ancora nell'oblio.

*

    Accetta il dolore Alshain… solo così potrai domarlo…
    Accetta il dolore... fallo tuo... rendilo parte di te stesso... sconfiggilo...

La voce di mio padre emergeva nel torpore liquido in cui galleggiavo, la sua mano grande e forte premeva sulla mia gamba ed io osservavo, inerte, il mio sangue scuro scorrere lento, denso, melmoso, tra le ossa scomposte che mi uscivano dalla carne... il mio volto era umido, salato di lacrime, tremavo di paura e di freddo, inzuppato d’acqua fino al midollo, le vesti gelide appiccicate addosso. Avevo dodici anni e mi avevano appena tirato fuori dal pozzo in cui ero caduto, dopo un’intera notte passata da solo, la gamba spezzata, con il freddo, il dolore, la debolezza che diventavano certezza di morte al fluire del sangue.

    Accetta il dolore Alshain...

Mio padre lo ripeté mentre, con una manovra brusca, mi riduceva la frattura esposta con le sue sole mani. Urlai per il dolore, fino quasi a svenire, mio padre mi schiaffeggiò, perché restassi in me.

    Sei Alshain Sherton e sei un Mago della Confraternita del Nord, non dimenticare! Ripetilo!
    Io... Io sono... Al... Alshain... Alshain She... Sherton... e sono un Mago... un Mago del Nord...
    Ripetilo! E senza esitare, questa volta!
    Io... Io sono Alshain... Sherton... e sono un Mago... della Confraternita… del Nord...
    Non mi hai ancora convinto…
    Io sono Alshain Sherton e sono un Mago della Confraternita del Nord...

Mio padre non mi guardava più dritto in faccia, teneva gli occhi chiusi e la mano sulla mia gamba, salmodiava in una lingua antica e musicale, ed io percepii un calore levarsi dalle mie ferite e salire lungo il mio corpo, sconfiggendo il freddo e il torpore. Sentii gli occhi di mio padre su di me, lo guardai: aveva smesso di cantilenare, eppure quella nenia antica era ancora attorno a me. Lo vidi sorridere, quando compresi che le parole uscivano non dalla sua ma dalla mia bocca.

    Sto curando me stesso, sto sconfiggendo il male… com’è possibile?
    Nel pozzo è caduto il bambino impaurito, Alshain… ascolta il Sangue Sacro che hai nelle vene, e lascia che da quel pozzo esca il Mago…

*

Annego... la bocca piena di alghe e sabbia... L’acqua salmastra e oscura mi serra le membra straziate, le vesti inzuppate mi tirano giù, annaspo, nel vano tentativo di tenermi a galla, di continuare a cercare, pregare, trovare. Il mare s’ingrossa, mi solleva di nuovo e mi ributta sugli scogli, porto le mani alla testa, per proteggermi dalle punte più aguzze dei massi affioranti. Poi un colpo secco, in mezzo alla schiena, un dolore così potente da perdere i sensi… e andare giù. Sempre più giù… sempre più giù…
(1)

Gridai. E mi risvegliai, nella solita stanza, immersa nella luminosità rosata che precede il giorno.

*

Era trascorsa un'altra notte e avevo avuto la febbre alta, le mie labbra erano spaccate, disidratate, la pelle era umida di sudore freddo ed ero più debole che mai. La stanza era di nuovo illuminata da un sole pallido, le tende erano state tirate. Mi guardai attorno. Questa volta ero in grado di vedere. Di riconoscere. Di sapere. Il cuore iniziò a pulsarmi sempre più veloce.

    Amesbury.

Fluttuavo tra momenti di totale incoscienza e una veglia fatta di confuso torpore, ma il delirio su mio padre mi aveva permesso di ricordare chi fossi e che cosa intendessi con la parola “casa”. Non ero a Herrengton, certo, ma ero comunque a casa mia, riconoscevo il mobilio della mia camera da letto, ricordavo la sensazione di felicità e di amore che emanavano, non potevo sbagliarmi. Se fossi riuscito ad alzarmi e affacciarmi alla finestra, avrei rivisto gli alberi che gettavano la propria ombra nella stanza e avrei ritrovato la familiarità con cui scandivano il giardino innevato e gli spazi attorno all’edificio, il loro infittirsi avvicinandosi al confine, celando agli occhi la presenza delle placide colline sullo sfondo.

    Ora sai chi sei, dove ti trovi… ora…

Ero certo, inoltre, che a riportami alla coscienza fosse la mia Deidra. La sentivo parlare oltre la porta, piano, con qualcuno che teneva la voce troppo bassa per essere riconoscibile, doveva essere Orion o Murdach, il nostro Medimago, o forse era solo il nostro Elfo, Doimòs. Benché mi facesse male il volto, avevo quasi sorriso, consapevole che quei nomi, che all’inizio non ricordavo nemmeno di conoscere e che poi avevo balbettato incerto, ora si collegavano a volti ben definiti nella mia testa.

    I miei punti di riferimento… la Magia… la mia casa… i miei amici… la mia Deidra…

Avevo provato a chiamarla, ma non mi aveva sentito, privo com’ero di voce, inoltre, anche se fosse arrivata, forse non me ne sarei accorto, perché riuscivo a mantenermi cosciente solo per pochi minuti.

    Eppure… eppure c’è anche qualcosa che…

Provavo un’opprimente sensazione di oscurità e dolore che nulla aveva a che fare con il mio corpo, ricordi foschi premevano per emergere superando il filtro dell'incoscienza: avevo la spiacevole sensazione di NON VOLERE ricordare qualcosa. Sogni incomprensibili, ricordi di tempi lontani, realtà vere o presunte si susseguivano vorticosamente come flash scoordinati, allontanandomi da qualcosa che cercavo disperatamente di raggiungere, che sentivo essere più importante di tutto il resto per me, e che pure, in qualche modo, tentavo di rifuggire. Ricordavo l’acqua nera, la furia delle onde, la voragine profonda, li avevo visti di continuo, quando entravo e uscivo dal torpore, ed ero convinto si trattasse della mia disavventura infantile nel pozzo di Herrengton. Eppure iniziavo ad avere dubbi.
C'era soprattutto una stranezza che mi tormentava, una stranezza così plateale da trasformare in dubbio le certezze che riconquistavo. E riguardava proprio lei, Deidra.
Ne ricordavo gli occhi, la voce, il viso e il corpo. La sentivo nella mia mente, i suoi baci, il profumo della sua pelle, il calore, la risata. Ricordavo tutto di lei, avevo addirittura ricordato lei prima di me stesso. Ma, appunto, la ricordavo soltanto. Non l’avevo più vista, non l’avevo più sentita, né toccata, né baciata. Da quando ero chiuso in quella stanza, da quando qualcosa aveva fermato la mia vita, lei c’era. Ma non era mai con me.

    Perché resti dietro questa porta, perché non sei al mio fianco, quando riemergo dall’oscurità?

*

Quella domanda era diventato un tarlo che mi scavava l'anima. Quando ero razionale, pensavo che non ci fosse nulla di strano, magari mi ridestavo quando lei usciva e chiudeva la porta ed ero solo perché lei era appena andata a mangiare o a parlare con qualcuno. I momenti di lucida razionalità, però, tendevano a essere sempre più rari e brevi. Era passato almeno un altro giorno. Avevo bisogno di vederla. Avevo cominciato a chiamare, all’inizio con voce soffocata, poi più forte, sempre più forte.  Lei non sentiva o non mi ascoltava. Lei non correva da me. L’inquietudine mi strisciava infida sotto pelle, il cuore riprese a correre braccato dalla paura. Alzavo la mano, a fatica, e tremando la vedevo straziata in quel modo, sentivo che c’era un’oscura ragione per quella sua assenza e un’indefinibile sensazione di pericolo mi serrava la gola, mi faceva drizzare i peli sulla schiena. Cercavo di mettere insieme i tasselli, le poche idee e deduzioni che mi sembrassero chiare e oggettive. Non c’era una sola fibra del mio corpo che non mi facesse male ma la sensazione peggiore era concentrata alla testa e alla schiena: avevo ricevuto un violento colpo che non mi aveva ucciso, né aveva compromesso ragionamento e movimento, aveva però azzerato i miei ricordi, limitatamente a quelli più recenti.

    È possibile tutto questo? Una perdita di memoria può essere così selettiva? E se invece…

Non solo i traumi fisici ma anche quelli emotivi potevano nascondere i nostri ricordi, tornai perciò a riflettere sul fatto che potessi essere io a non voler ricordare, eppure non riuscivo a immaginare cosa potessi aver fatto o visto di talmente orribile da causarmi un simile stato di alienazione. Sapevo soltanto che dal magma dei miei pensieri emergevano a tratti un baratro oscuro e delle acque gelide che mi ghermivano e mi travolgevano, trasmettendomi paura, angoscia e, soprattutto, disperazione.

    È un ricordo reale, legato alla mia caduta nel pozzo, o solo un sogno, un delirio dovuto alla febbre? O magari è una paura astratta, partorita dalla mia mente traumatizzata?
    Che cosa è accaduto? E quando? Quanti giorni o settimane o mesi sono ormai passati da quando sto così?

*

Urlai, sentii le ferite riaprirsi, i tessuti della gola lacerarsi, il sapore metallico del sangue riempirmi la bocca. Urlai fino a farmi mancare il fiato. Rotolai non so come fuori dal letto, le gambe che non mi reggevano, crollai a terra, graffiai il pavimento con le unghie, mi ferii le mani, vomitai il sangue che m’impediva di urlare di nuovo. Urlai. Ancora e ancora. Raggiunsi il tavolo strisciando, aggrappandomi riuscii a tirarmi in piedi, con il mio peso feci scorrere il tavolo sul pavimento, cercai di farlo sbattere contro il muro abbastanza forte da fare rumore. Mi buttai addosso alla porta, continuando a urlare parole prive di senso, battendo le mani martoriate sul legno e inzuppando le bende di sangue, sollevando a fatica una sedia e scagliandocela contro, il corpo un unico spasimo. Il dolore sordo che mi straziava anima e cuore faceva impallidire ogni sofferenza fisica.
     
    Voglio solo morire.

All’inizio, con molta difficoltà, ero riuscito a recuperare nel caos l'immagine di un ascensore e di Orion Black, al mio fianco, taciturno, la faccia contrita, l’espressione colpevole. Era l’ascensore del Ministero della Magia. Era Londra. Ed era freddo. Non un freddo normale, un freddo che ti toglie la speranza e la gioia di vivere, il freddo che ti può provocare solo un Dissennatore… Doveva essere un altro sogno, continuavo a perdere i sensi e a riemergere con le orecchie piene degli ululati di un mare in burrasca e i peli dritti sulla schiena, ma doveva essere una fantasia priva di senso, perché non avevo mai avuto a che fare con un Dissennatore. Non nella mia vita di adulto. Quando, però, a emergere dal buio fu la faccia da rospo, incorniciata da un lezioso nastrino rosa confetto, di Dolores J.Umbridge, ricordai una seduta del Wizengamot, un processo, mio figlio Mirzam che rischiava una condanna.

    Mio figlio… mio figlio…

Ero rimasto sconvolto all’idea che avevo ricordato persino la faccia del mio Medimago ma non avevo pensato a Mirzam, a Rigel, a Meissa…
La mia mente aveva ceduto lì, in quella sospensione, in quei due nomi che aleggiavano e che non avevo neanche la forza, il coraggio, la decenza di pronunciare…

    Adhara… Wezen…
    Salazar Santissimo… cosa ho fatto…

Tremai. Il cuore cercò di sottrarsi al pensiero di quella voragine oscura, ricominciò a pulsare veloce, il respiro si fece corto, il sudore mi scese freddo lungo la schiena. E poi il buio e il ruggito del mare in tempesta uscirono dalla mia mente e mi travolsero di nuovo, mi ci gettai quasi, e pregai di morirci dentro, mentre un pianto disperato si allontanava sempre più da me, travolto e soffocato dalla furia delle onde e l’altro si faceva più lontano, sempre più lontano, nella direzione opposta.

    I miei figli…

Il ricordo che avevo cercato di rimuovere era emerso per trascinarmi a terra, con la stessa rapidità con cui ero caduto nel vuoto, nel buio, nell'acqua gelida. Nell'urlo feroce delle onde che si infrangevano contro gli scogli. Più feroce di tutti, più doloroso di ogni ferita, riecheggiava fuori e dentro di me il rumore di quei due tonfi. Era quello il dolore, il dolore vero, quello che ti serra lo stomaco, quello che ti afferra il cuore come una mano di ghiaccio e stringe fino a schiacciarlo, fino a farlo esplodere. Ero ridotto in ginocchio, distrutto, disperato, mentre un volto serpentino mi derideva nel buio.

    Due tonfi... nell'acqua... quei pianti... Pianti che si sono spenti... uno dopo l'altro...
    Salazar... no... ti prego… non i miei figli... non i miei figli...
    Non è vero… è uno sbaglio... è un brutto sogno…

La voce, flebile, mi morì sulle labbra, rivedevo e ricordavo tutto, ogni tassello orribile e inaccettabile.

    Due tonfi… ho lasciato morire io i miei figli…. Con la mia follia…
    Un uomo, un vero uomo… non può... non deve... sopravvivere a tutto questo…

Sentii un cigolio dietro di me. Mi voltai atterrito: dalla parte opposta, quella più oscura della stanza, dietro l'armadio, si aprì una porta che non avevo visto, che non c'era ad Amesbury, che non doveva e poteva esserci, non a casa mia. Vidi un'ombra entrare, una mano sollevarsi, un lampo rosseggiante scagliarsi contro di me.
Il colpo mi prese in pieno. Tremai di un dolore insopportabile e persi i sensi.

*

Quando rinvenni, ero legato al letto all’altezza del busto, le mani di nuovo fasciate con bende pulite e un intenso odore di medicinali aleggiava tutto attorno a me. Mi girava la testa, ero ancora più debole, per lo Stupeficium sicuramente, forse anche per i sedativi.

    Questa non è la mia stanza, la mia casa… eppure ci sono le mie cose attorno a me…
    Dove diavolo sono? Chi è l’uomo che mi ha colpito? Dov’è Deidra?


Sapevo tutto, ora. Di aver bluffato con il Signore Oscuro, di aver perso, di essermi gettato in mare, sicuro che morendo, avrei salvato i bambini, invece avevo udito i miei figli buttati in acqua dopo di me. Avevo cercato di raggiungerli e portarli in salvo, li avevo perduti, avevo preso un colpo in testa quando ero stato sbattuto contro le rocce e avevo perso i sensi. In seguito, in qualche modo, qualcuno mi aveva trovato e salvato. Mi avevano riportato da Deidra… Appena mi aveva riavuto con sé, mi aveva baciato, poi doveva aver saputo che cosa avevo fatto e... si era rifiutata di tornare da me.

    È giusto che sia così…

Deidra non poteva né doveva venire da me, dall’uomo che aveva promesso di proteggerla e di renderla felice e che invece aveva permesso che un assassino uccidesse i nostri figli. L'avevo tradita, nel modo peggiore, non avevo preso il corpo di un'altra donna per goderne, no, avevo fatto di peggio… molto peggio… le avevo chiesto di consegnarmi fiduciosa il suo cuore, la sua anima, con mille promesse che non ero stato in grado di mantenere, e poi… poi l’avevo straziata, l’avevo spezzata, con le mie stesse mani… con il mio orgoglio, con la mia vanità… con la mia stupidità… Ero indegno di perdono e senza alcuna possibilità di salvarmi. Avevo fatto del male, il peggiore dei mali, alla creatura che più amavo e avevo causato la morte dell’unica cosa buona fatta nella mia vita. Il pensiero di averla delusa, di averla tradita, di averla ferita, più di quanto persino il più meschino degli uomini sarebbe capace di fare, doveva essere il primo ad accogliermi quando aprivo gli occhi e l’ultimo prima di perdere coscienza… Doveva perseguitarmi nel sonno, non darmi tregua, insieme al pianto disperato dei nostri figli. Non potevo permettermi neanche il lusso di morire, avrei trovato la pace che non meritavo. Dovevo soffrire ogni istante, dovevo patire dolore, solitudine e vergogna. Fino alla fine del tempo.

*

Un rumore impercettibile, soffocato, mi ridestò. C’era un uomo nella stanza, con me, lo vedevo muoversi nella penombra, attraverso gli occhi chiusi a fessura, trafficava vicino al caminetto. Ero rimasto immobile, ricordavo ancora lo Stupeficium che mi aveva lanciato contro quando mi ero voltato al rumore della porta che si apriva dietro l'armadio, la porta che non era mai esistita nella mia stanza. Avrei finto di essere addormentato poi, quando se ne fosse presentata l’occasione, l’avrei colpito, l’avrei costretto a dirmi chi fosse, dove fosse Deidra, che cosa stesse accadendo. L'ombra si mosse nella stanza e si avvicinò, aveva in mano un vassoio con dei piccoli piattini, delle bende e un paio di contenitori di pozione, appoggiò tutto sul tavolinetto al mio fianco e accostò una sedia al letto. Non diede alcuna prova di essersi accorto che ero sveglio, da parte mia, per quanto mi sforzassi di metterlo a fuoco, non riuscivo a riconoscerne il viso sotto il cappuccio. Attesi che si sporgesse su di me, all’altezza della mia testa, e avesse entrambe le mani impegnate, poi, rapido, sfilai la destra da sotto il lenzuolo, stringendo forte un pugnale che ero riuscito a estrarre dalla sponda del letto. Quella stanza non era la mia, non c’erano quelle porte ad Amesbury, ma miei erano i mobili: non ne ero certo, all’inizio, era stato proprio trovare quella lama, di cui nessuno sapeva niente, neanche mia moglie, che mi aveva aperto gli occhi, perché all’epoca dell’aggressione a Mirzam e Deidra, ero stato io a creare quel nascondiglio in un punto di facile accesso da sdraiato e celarci un piccolo pugnale babbano, sul quale avevo imposto anche un incantesimo di Disillusione. Pregai di avere un briciolo di fortuna. Ruotai rapido, trattenendo il dolore e feci in modo di conficcargli la lama nella gamba, non m’importava chi fosse, se fosse amico o nemico: nessuno, oltre ai miei nemici, sapeva che ero caduto in un baratro a Morvah, non c’erano rischi pertanto che stessi pugnalando un innocente. Il colpo fu troppo lieve, mancai l’obiettivo, l’ombra scattò e si allontanò, riuscì a disarmarmi con un incantesimo non verbale e mi immobilizzò. Provai a divincolarmi, senza riuscirci. Gli urlai addosso.

    «Bastardo… lasciami andare! Perché non mi hai lasciato morire? Perché? Perché?»
    «Lasciarti morire? Non era nel nostro patto, Sherton… Ricordi il nostro patto, vero, cugino?»

*

    Non può essere vero… è un trucco… non devi credergli… non devi…

Ero rimasto sconvolto sentendo quella voce. Ancora di più quando l’ombra si era tirata via il cappuccio e aveva messo in mostra le bionde chiome di Abraxas Malfoy. Tentai di attaccare, come prima reazione, invano, Abraxas intuì le mie intenzioni e si limitò a proteggersi, senza replicare.

    «Non abbiamo tempo per le scaramucce, cugino! Il Signore Oscuro presto sarà qui, sarà bene che ti rinfreschi la memoria su cosa mi hai promesso, in cambio della vita dei tuoi cari e della tua!»
    «Dei miei cari? Mi stai forse prendendo per il culo, bastardo?»
    «A me è stato insegnato a portare un po’ più di rispetto a chi mi salva dall’annegamento e tenta di curarmi; quanto ai patti, ricordo di averti sentito dire “… rendimi i miei figli e permetti loro di tornare a casa... Garantirò io per te... Ne uscirai pulito e integro…” e ancora “riporta tu i miei figli a Deidra… resterò come ostaggio, se questo può aiutarti a fidarti di me…” me lo sono solo sognato?»
    «Rispetto, cugino? Rispetto? Sapevo che sei un bastardo immorale, ma non fino a questo punto… Anche tu hai un figlio, ti auguro che nessuno ti derida mai per la sua perdita, come stai facendo tu con me… cosa cazzo vuoi ancora? Sparisci dalla mia vista!»
    «Mi spiace, non posso accontentarti… anche se prima di dare Amesbury alle fiamme ho portato via un po’ di oggetti da casa tua, per creare un ambiente che ti mettesse a tuo agio, questo resta il mio Manor, credevo che ormai l’avessi capito… Quanto alla derisione... non è colpa mia se sei tanto ottuso, cugino, ti assicuro però che è l’unico aspetto su cui ti prendo in giro, sono molto serio su tutto il resto: pretendo che tu faccia la tua parte, come io ho fatto la mia. Eri in punto di morte, quando mi hai proposto un accordo, con la formula “e in nome del Sangue che ci accomuna”: tutti sanno che le parole che richiamano la Sacralità del Sangue rendono tutti i contratti vincolanti… »

Mi fissò, ghignando, come da piccolo, quando lui e mio fratello mi tendevano una trappola e mi facevano passare per uno stupido. Io non capivo di cosa diavolo parlasse. Neanche lui poteva essere così folle e sadico da portare avanti tanto a lungo quella macabra presa in giro.

    «Non ti basta offendere i vivi, Malfoy, ora dileggi pure i nostri Padri? Sei privo di vergogna!»
    «E tu sei proprio un idiota… non hai ancora capito che non c’erano i tuoi marmocchi nelle ceste che ho portato al Signore Oscuro?»
    «CHE COSA?»
    «Sapevo che Milord non avrebbe mai controllato, ha troppa paura di quello che succede quando uno di voi due attacca l’altro, non te ne sei accorto? Ha fatto agire gli altri, per tutto il tempo, in suo nome, dopo che a Londra ci ha quasi rimesso il collo… e sì che gli avevo detto di fare attenzione con te… beh… non avevo scelta, dovevo tentare… ti conosco, sapevo che avresti trovato il modo di salvarti o di rendere la tua morte dubbia… non potevo correre il rischio che tu o i tuoi figli o qualche tuo dannato sicario del Nord un giorno o l’altro scatenaste sulla mia famiglia la vendetta di Habarcat... »
    «Se credi che io mi faccia beffare ancora dai tuoi trucchi, Malfoy…  »
    «I sedativi devono averti fuso quel poco di cervello che avevi ancora, eh? Posso capire che tu sia poco disposto a credere a me, ma di sicuro crederai a lei: vedi di non comportarti male come tuo solito!»

Colpì con la bacchetta il caminetto, per alcuni minuti non successe nulla poi, dopo un lieve zampettare di piedi leggeri, sentii bussare piano alla porta, Abraxas bofonchiò qualcosa e un piccolo Elfo smagrito entrò, facendo strada a Deidra. Non sapevo che cosa provare, se felicità per averla di fronte a me, vergogna per quello che avevo fatto, o paura perché eravamo entrambi prigionieri.

    «Sì, lo so: “Salazar santissimo! Lei è qui, non può essere vero! Grazie di avermela riportata, Abraxas, di averla sottratta a Roland Lestrange… Te ne sarò grato finché avrò vita… bla bla bla bla”... beh… sarei un folle coglione se mi aspettassi di sentirti parlare così, tutti sanno che sei solo un arrogante bastardo ingrato… e soprattutto... io non ho tempo da sprecare… perciò salutatevi in fretta, che dobbiamo parlare di affari!»

Malfoy passò alle spalle di Deidra, rimasta immobile sulla porta, indecisa su cosa fare o forse emozionata come me di avermi rivisto. Si chinò sul suo orecchio e le disse qualcosa, forse la minacciò, forse le intimò di comportarsi bene, di non fare scherzi, pena qualche orribile tortura. Lei non parve prestargli ascolto… In realtà non ne prestò troppo neanche a me. Non alzò gli occhi a guardarmi, non corse verso di me. Rimase fredda e distaccata al suo posto. Sapevo per quale motivo fosse traumatizzata, sapevo perché Abraxas l’avesse portata lì: era l’ultima parte della tortura, dovevo toccare con mano il dolore di Deidra, per tutto quello che avevo fatto. Rimanemmo infine soli.

    «Deidra… io… »

Lei era vicino alla porta, la pregai di avvicinarsi ma lei continuò a non guardarmi negli occhi.

    «… Lo so, non merito alcun perdono né una parola da parte tua… volevo solo dirti che… »
    «I bambini sono di là, Alshain… ho visto i tuoi ricordi, so cosa… pensi… di aver vissuto, so quanto deve essere stato terribile… ti assicuro che le uniche cose vere che hai subìto sono le torture che ti hanno inflitto i Lestrange… io non sono mai stata in mano a Roland… Malfoy dice che è morto a Londra, dicono ucciso dalla tua bacchetta… quanto ai bambini... Abraxas li ha scambiati, Polisuccati e nascosti al Signore Oscuro, appena prelevati da Londra… »
    «Che cosa? Perché? Nulla di tutto questo ha senso… »
    «È così, non chiedermi perché l’abbia fatto, non lo so… lui dice di essersi accordato su tutto con te… probabilmente ne sai più di me, non è certo la prima volta che mi tieni all’oscuro dei tuoi piani… »
    «Cosa? Io? Io non avrei mai… mai… proposto a nessuno una cosa simile… mai!»

Chiusi gli occhi, speranza, paura, orrore si agitavano dentro di me, senza tregua. Volevo credere, avevo bisogno di credere, avevo bisogno di liberarmi del macigno del senso di colpa ma sarebbe stato da folli fidarsi di un nemico, di Malfoy, sarebbe stato da folli pensare che avesse agito alle spalle del Lord, che quella fosse la verità e non un nuovo piano, una nuova trappola, ordita insieme da quei due.

    E se fosse la verità, invece? Ti rendi conto che da qualche parte ci sarebbero altri genitori a piangere i propri figli?
    E allora? Dovresti rendere grazie a Salazar… perché quei figli… quei figli non sono i tuoi…
    No! Non io… Non io… non posso rendere grazie! Non io… non dinanzi a un orrore simile!
    Cuore debole, patetico… non sei mio figlio, non sei uno Sherton… non impari mai…

    «Ti prego… avvicinati… »

Rimasi a occhi chiusi, mentre la voce di mio padre si azzittiva nella mia testa. La sentii avvicinarsi, accostare la poltrona al letto, prendere la mia mano straziata tra le sue, pregai che le sue labbra si poggiassero leggere sulla benda, ma non fu così. Non avevo il coraggio di guardarla. Avevo il timore di rompere quel momento di tregua, quella sottile speranza. Avevo paura di guardarla e vedere la condanna nei suoi occhi. Sentirmi dire “Sei un mostro, hai ucciso i miei bambini” o “Sei un mostro… hai lasciato che a morire fossero dei bambini innocenti”. Le lacrime scivolarono sul mio viso e mi bagnarono le guance: era tensione, una tensione che non mi lasciava da giorni. Era paura. Era rabbia. Da quando avevo ricordato i fatti della scogliera, credevo impossibile rivedere Deidra, ritrovarla accanto a me, sentire la sua voce, il calore delle sue mani. Aprii gli occhi, con il terrore che si sarebbe dissolta nell’aria, come un sogno del mattino. Deidra invece era lì, davanti a me, gli occhi cerchiati dalla preoccupazione e dalle lacrime, smagrita e smunta, il dolore a piegarle le labbra. Muta.

    «Dei… »
    «Ti prego… fai qualsiasi cosa sia necessario a portarci il più presto possibile lontano da qui!»
    «Certo, Dei, certo... te lo giuro… Malfoy pagherà… troverò il modo di portarvi via da qui ed io… »
    «No, tu non lo farai, tu non farai più niente, Alshain, tu la smetterai... con tutto! Giuramelo!»

Mi fissò addosso occhi terrorizzati, occhi che non le vedevo dai giorni lontani in cui pregavamo per Mirzam, il nostro bambino, che lottava tra la vita e la morte in una camera del San Mungo.

    «Dei… ma… come puoi pensare… »
    «Non mi hai ascoltato, a Londra, quando ti ho supplicato di venire via con me, di aiutarmi a recuperare i bambini, tu mi hai mandata via, perché per te era più importante combattere il Signore Oscuro! Desideravi morire per la gloria di essere “colui che uccise Milord” (2)… e te ne sei fregato di me, dei bambini, dei nostri figli che ti avrebbero pianto a Hogwarts, di Mirzam… Come hai potuto?»
    «No, Dei… no… non è così… non è per questo che… »
    «Ricordo bene le tue parole, Alshain, ed io non dimentico… ma ora non è più importante, non m’importa più il perché… ma devi giurare che non metterai mai più la politica e i tuoi dannati principi davanti ai nostri figli, Alshain… Giuramelo… o tra noi sarà finita per sempre!»

Non disse altro, non aspettò la mia replica: si alzò, raggiunse la porta e se la chiuse alle spalle. Solo allora, al sicuro dalla mia vista, la sentii scoppiare in lacrime.
Non sapevo che cosa dire, che cosa pensare. Non era il genere di discorsi che mi aspettavo di fare con lei. Sapevo di averla delusa e di averle procurato dolore, immaginavo di trovarla sconvolta e alterata, arrabbiata con me, ma… mi aspettavo anche di sentirla parlare dei bambini… di se stessa… di quello che stava accadendo…

    Non mi sarei MAI aspettato che, per prima cosa, mi avrebbe chiesto di lasciare in pace Malfoy…

*

    «Per l’ennesima volta, dimmi che cosa è davvero successo qui, in questi giorni! Dimmi ogni cosa, non tacermi niente! Io ti conosco, Deidra, non sei in te! So che quanto è successo ti ha spaventata, so che per i bambini saresti disposta a mettere da parte tutto, ma non crederò mai che tu, di tua volontà, mi stia chiedendo questo! Passi che tu mi dica di non ucciderlo subito… sei sconvolta, pensi che ti stia aiutando, magari ti senti in debito… ma tu… vuoi che io lo aiuti! TU? Io ti conosco, Deidra! Tu gli caveresti gli occhi con le tue stesse mani per una parola sbagliata! E ora vorresti farmi credere che per te sia normale collaborare con un uomo che ha osato portarti via i nostri figli? Ti ha minacciata, è sicuro! E ti sta ancora minacciando! Voglio sapere come, Deidra! Dimmelo!»

Finiva sempre così ogni nostro incontro. Era una guerra. Continua. Deidra cercava di convincermi che Malfoy fosse dalla nostra parte, che dovevamo fidarci di lui, che voleva aiutarci. Io mi chiudevo in un rancore sempre più profondo, in un’ostilità e un sospetto che ormai rasentava la paranoia. Dovevo far ricorso a tutta la mia razionalità per non immaginare i metodi più turpi con cui mio cugino potesse aver piegato la volontà di Deidra, ma la mia guerra personale ormai era persa. Ero così ossessionato dall’idea che l’avesse plagiata, o peggio, che non consideravo neanche che Deidra fosse solo preoccupata per me, spaventata, che fosse consapevole e in buona fede. Non le credevo più.

    «Io sto bene, Alshain… i bambini stanno bene… e quando deciderai di smettere di comportarti da pazzo, lo potrai vedere giorno per giorno con i tuoi occhi… ma non finché ti comporterai così, li spaventeresti! Malfoy è insopportabile, lo sai... ma te lo giuro su ciò che vuoi… non ci ha torto un capello!»
    «Certo, certo… Proponiamolo per la santificazione, allora!»
    «Alshain… »
    «Te lo ripeto... Non puoi chiedermi di allearmi con qualcuno che ha osato rapire i nostri figli… »
    «Quel qualcuno ha anche salvato te e i nostri figli da morte certa, mettendosi nei guai… »
    «Povero, quanto mi dispiace… Tu lo difendi, è così… saresti davvero capace di difenderlo, se lo attaccassi, vero?»
    «Difenderlo? Io? È questo che credi? Chi voglio difendere, Alshain, sono i nostri figli e te e me stessa… sì, anche me stessa… e tu… tu devi ascoltarmi… tu devi… »
    «Devo? Cosa devo, ancora? Mangiargli dalle mani? Rendergli grazie per tanta generosità?»
    «Alshain, ascolta… »
    «No, non ti ascolto più! La “MIA” Deidra non direbbe mai “ti lascerò se farai del male a Malfoy!”»
    «Non ho mai detto questo… »
    «La MIA Deidra mi avrebbe detto “Portami il cuore di quel bastardo o mi prenderò il tuo!”... ed io non ti ho sentito dire neanche questo… perciò rispondi… che cosa diavolo ti ha fatto?»

Tornai a sedermi a terra, più che altro scivolai con la schiena lungo la parete, incapace o quasi di muovermi. Avevo tenuto gli occhi chiusi per buona parte del tempo, mi faceva troppo male la testa, ma ora… ora la fissavo. Non riuscivo a stare a lungo in piedi, non avevo le forze e neanche l’equilibrio, ma lei, pur sapendolo, continuava a starsene alla finestra, lontana, inavvicinabile, gli occhi persi da qualche parte nel parco. Mai su di me. Non si era mai comportata così. Strinsi i denti. Ingoiai le parole dure che mi salivano alle labbra. E il terrore che faceva vacillare il mio cuore. C’erano molte cose che non capivo, c’erano molti pezzi che mi mancavano. Non capivo come Deidra fosse finita a Malfoy Manor, se Doimòs l’aveva portata ad Amesbury… Non capivo come e quando si fosse ricongiunta con i bambini... mi aveva raccontato una strana storia in cui Orion l’aveva raggiunta nel capanno e poco dopo “io” ero apparso con i bambini…

    Abraxas si è finto me…

Qui si apriva un baratro oscuro che la mia fantasia riempiva delle immagini e dei sospetti più turpi. Mi sentii soffocare. All’inizio, nonostante lo shock di trovarmi di fronte Abraxas, nonostante lo stupore per le parole di Deidra, c’era stato un barlume di felicità. Di essere vivo, di avere Deidra accanto a me, di sapere i miei figli, i figli che credevo perduti, tranquilli e in salute a pochi metri da me. Poi, però… avevo visto il terrore nei suoi occhi, avevo sentito la falsità nella sua voce… sapevo che non erano solo le mie ossessioni a creare dei fantasmi inesistenti. Sapere che dovevo tutto all’uomo che più odiavo dopo il Signore Oscuro era la minima parte, rispetto all’inquietudine che mi procurava il comportamento di Deidra. Come tanti colpi di stiletto, i suoi occhi privi di gioia e le immagini, che riemergevano come ondate di piena dall’oblio, si fondevano e mi procuravano più dolore di ogni colpo ricevuto, dai Lestrange, da Milord, dal mare in burrasca. Lo centuplicava e io soccombevo all’angoscia, alla sofferenza, alla rabbia. Parlare con lei era un tormento infinito.

    “Davanti a te ci sono Deidra e i bambini, ti daranno la forza di vivere e… di combattere... ”

Erano state quelle le parole che avevo ripetuto a me stesso, quando Malfoy aveva aperto la porta e avevo visto Deidra di fronte a me, seduta sul divano, i bambini addormentati nel box al suo fianco. Non era stato, però, come avevo sognato, come era sempre stato. Non avevo potuto neanche toccarli.

    E gli occhi della mia Deidra...
    E quel “Devi”, perentorio, freddo, simile a quello che sentivo tutti i giorni a Herrengton, nelle frasi di mio padre, poco prima che decidessi di fuggire da casa.

Strinsi i pugni. I ricordi, il dolore, Malfoy, il pensiero delle persone, tante persone, che probabilmente erano morte a Londra, nel mio patetico tentativo di uccidere il Signore Oscuro, i due bambini sacrificati nel baratro… facevano salire il fiele alle mie labbra.

            «Non mi rispondi? Non sai cosa ti ha fatto o ti vergogni perché lo sai troppo bene? Ha ragione il Signore Oscuro: l'amore è una sciocca debolezza, fa prestare il fianco al nemico e scendere a patti con i bastardi. L’amore è fiducia e, guarda caso, quella viene meno proprio quando serve!»
     
Deidra si voltò, pallida come non l’avevo mai vista. Questa volta i suoi occhi si posarono su di me, carichi d’angoscia, un’angoscia che stonava con le parole piene di ragionevole riconoscenza verso Malfoy, quelle che mi propinava ogni volta che eravamo soli, insieme.

    «Non sono io a mancare di fiducia, tra noi due… Quanto all’amore, è tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che ci serve, Alshain… è la cura a ogni dolore, la speranza a cui aggrapparsi nell’oscurità... »
    «Parole… l’amore è solo la debolezza che ci ha portato fin qui, nell’inferno in cui siamo… Ora, vattene per favore… mi fa male la testa e ho bisogno di riposare… esci e vai ovunque passi di solito il tuo tempo, quando credi che io stia dormendo e stai lontana da me, ore e ore... »
    «Che cosa stai dicendo, adesso? Io sono sempre stata qui!»
    «Per favore! So che cosa ho visto quando ritornavo cosciente: tu non c’eri mai! Ma non ne voglio parlare… esci da qui… lasciami solo! Sì… adesso sono io a volermene stare da solo… »

Con difficoltà tentai di sollevarmi. Deidra si avvicinò per aiutarmi, io sottrassi il braccio: da quando eravamo lì, quel giorno, non mi era mai stata tanto vicino come in quel momento. La fissai. Conoscevo a memoria lentiggini, lineamenti, occhi, ma quello che avevo davanti era il volto di un’estranea. Quello sguardo spento, quel pallore, quelle ombre scure sotto gli occhi non le appartenevano, quella davanti a me era solo la pallida copia di Deidra. Qualsiasi cosa stesse accadendo, qualsiasi cosa le stesse facendo, Malfoy era per lei un cancro che la divorava dentro.

    «Non devi fare così… Alshain… non sembri neanche più tu… »

Scoppiai a ridere, una risata crudele. Gelida. Folle.

    «Non credo di essere l’unico, qui, a non essere più me stesso, Llywelyn

Con le poche forze che avevo mi trascinai fino alla porta. Attesi che uscisse, poi gliela chiusi alle spalle. Con rabbia. Rimasi lì. I palmi bendati a contatto della porta. Sentii il peso lieve del suo corpo appoggiarsi dall’altra parte. La sentii scivolare fino a terra. La sentii soffocare le lacrime. Invano. Ed io, i pugni dolenti serrati, appoggiati contro il legno, iniziai a ingoiare le mie. A dividerci c’erano pochi centimetri di legno, ma per noi, arrivati a quel punto, c’era l’universo intero.

***

Deidra Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - 18/21 gennaio 1972

    «Difenderlo? Io? È questo che credi? Chi voglio difendere, Alshain, sono i nostri figli e te e me stessa… sì, anche me stessa… e tu… tu devi ascoltarmi… tu devi… »
    «Devo? Cosa devo, ancora? Mangiargli dalle mani? Rendergli grazie per tanta generosità?»
    «Alshain, ascolta… »

Era cominciata così. La mia recita, la mia collaborazione. La vendita della mia anima e della mia integrità. Il mio tradimento, forse... forse la nostra fine...

   
«Ha ragione il Signore Oscuro: l'amore è una sciocca debolezza, fa prestare il fianco al nemico e scendere a patti con i bastardi. L’amore è fiducia e, guarda caso, quella viene meno proprio quando serve!»

Faceva male pensare che Alshain lo credesse. Faceva male ricordarne lo sguardo, mentre lo diceva. Era accaduto solo quella mattina, ma sembrava già passata l’eternità. Guardavo il parco circondato dagli alti cipressi, stava scivolando nella penombra del pomeriggio invernale; da quelle finestre avevo visto, in cielo, verso Amesbury, per un giorno e una notte, il marchio del Signore Oscuro, la cui minaccia continuava a togliermi il sonno.

    Da qualche parte, laggiù, una volta sorgeva la nostra casa.
    Ora non c'è più nulla... di tutti noi non è rimasto più nulla... non sta rimanendo più nulla.

Mi voltai, percependo il movimento di un corpo che si agita con difficoltà su una coperta gettata a terra: guardai l'ampia stanza in cui Malfoy ci aveva trasferito quel giorno, perché, da quando aveva compreso di aver vissuto in una camera del Manor arredata con i nostri mobili, solo perché si illudesse di trovarsi a casa, Alshain aveva cominciato a comportarsi in modo ancora più aggressivo del normale. Il caminetto acceso riverberava la luce rossastra sul mobilio elegante, di legno pallido, la libreria piena di tomi, la tavola apparecchiata per un tè. A poca distanza da me c'era il box in cui avevo trasferito anche i bambini, Wezen stava dormendo, abbracciato a un peluche a forma di drago, Adhara era assopita e sazia nella culla accanto al letto. Erano giorni che mia figlia non piangeva più, disperata: dopo i primi momenti di profonda agitazione, sembrava essersi calmata e mi appariva di nuovo affamata e tranquilla, come deve essere una bambina sana. Pregavo Salazar, ogni momento, che la minaccia di Malfoy fosse solo un bluff, che non avesse davvero fatto ai miei figli quello che era capitato ai Duncan…
Alshain, ammutolito da quando erano apparsi i bambini, si era rintanato nell’angolo più lontano dalla porta, quello più distante da noi, a fissarmi torvo: quando aveva scoperto l’inganno di Abraxas, si era strappato di dosso persino le vesti, le coperte, tutto ciò che gli aveva fornito il cugino, aveva scavato nei nostri mobili fino a ritrovare un paio di lenzuola adatte e le aveva trasfigurate in una specie di tunica e un giaciglio di fortuna “non voglio nulla che appartenga a quel maiale”, urlava, con gli occhi che sprigionavano fiamme, anche e soprattutto contro di me. Lo guardai, lui sostenne lo sguardo, ma sapevo che aveva smesso di vedermi da quando gli avevo detto quel “Devi” e mi aveva chiuso fuori dalla porta: si fissava su qualsiasi cosa fosse attorno a me, ma mai su di me. Non riuscivo più a tollerarlo senza piangere, scesi a osservare muta le braccia martoriate incrociate sul petto, coperto di tumefazioni. Malfoy aveva speso molto tempo e molte energie i primi giorni per curare le sue ferite interne, quelle più gravi, ma da quando aveva cominciato a reagire aveva quasi smesso, ormai sapevo che non sarebbe mai guarito del tutto. Non era facile riuscire a “mettergli le mani addosso”, come diceva Alshain, ogni volta ormai Abraxas era costretto prima a Schiantarlo, riducendo in parte i benefici delle cure precedenti. Il nostro ospite aveva provato anche a somministrargli una pozione intorpidente ma mio marito, intuendone le intenzioni, aveva smesso di bere e mangiare quanto offerto, ormai riuscivo a nutrirlo solo da sedato, con la Magia, quando Malfoy lo rendeva innocuo con un incantesimo. Sembrava una belva inselvatichita, sospettosa e feroce, sia per la situazione di ostilità che si era creata tra noi, sia per il dolore atroce che provava. Non era in buone condizioni, non sarebbe stato difficile per lui, se mai avesse deciso di collaborare, farsi passare per un prigioniero che era appena sfuggito al nemico: era pieno di lividi, il volto tumefatto, le mani martoriate, aveva anche una profonda ferita alla gamba sinistra che, a causa della continua agitazione, stentava a rimarginarsi. E respirava male: nonostante le mie suppliche, Malfoy si rifiutava di curargli il polmone.

    “Devo mantenerlo debole finché non l'avrai convinto a collaborare, Deidra… la forza della sua Magia sta aumentando ed io non gli permetterò di colpirmi di nuovo o tentare di nuovo la fuga…”

Era successo quando aveva ripreso conoscenza, Alshain aveva finto di essere ancora privo di sensi, poi, appena Malfoy si era chinato a controllargli le ferite alla testa, aveva raccolto le poche forze che aveva e aveva provato a pugnalarlo ad una gamba.

    Non sapeva ancora chi fosse. Se avesse saputo che si trattava di Malfoy, non avrebbe fallito. E avrebbe condannato a morte i bambini... senza saperlo...

Il giorno seguente, Abraxas aveva preso un pugno in faccia ed era stato stordito, se non fosse stato per il Magonò, sarebbe stato disarmato, forse persino ucciso. Avevo provato schifo per me stessa, quando avevo temuto per la vita di Malfoy e mi ero ritrovata a voler prendere a schiaffi Alshain.

    Non è colpa tua, Deidra, non è colpa tua se la vita dei tuoi figli è legata a doppio filo a quella di un dannato bastardo!

    «Renditi conto che Malfoy non ti curerà più se agirai ancora così, Alshain… ora non sei più in pericolo di vita... e lui… dice che quando te ne andrai da qui… dovranno pensare che ti sei… medicato da solo... »
    «Non voglio sentirti fare il resoconto delle tue piacevoli chiacchierate mondane con Malfoy... »
    «Non sarei costretta a parlargli io, ma lo sentiresti con le tue orecchie, se solo smettessi di tentare di saltargli alla gola ogni volta che… »
    «Smettere? E poi? Cosa dovrei fare? Fargli le trecce e cantargli le canzoni mentre tu gli fai le fusa?»

Strinsi i pugni. Conoscevo Alshain, sapevo quanto fosse arrabbiato, sapevo quanto riuscisse a diventare odioso e sgradevole quando ce l’aveva a morte con qualcuno. Non mi ero mai trovata nelle condizioni di meritare tutto il suo disprezzo, ma l'avevo visto all'opera con molte altre persone. Dovevo resistere, per i nostri figli, dovevo resistere.

    «Ti sta aiutando, Alshain… hai rischiato di morire e lui… »
    «Ho rischiato di morire perché lui e i suoi compari mi hanno torturato… E se ora sono vivo non è perché vuole aiutarci... ma perché vuole servirsi di me… ebbene... meglio la morte che fargli un favore!»
    «Non per me… tu non ti abbassi a chiedere aiuto, ma io sì… io l’ho fatto… io, tua moglie… io gli ho chiesto di non farti morire… io l’ho voluto… perché per me non esiste nulla di peggio che veder morire le persone che amo… Non mi farai sentire in colpa perché ho voluto che ti salvasse!»
    «“Mia moglie
, eh? Già… Nella migliore delle ipotesi, mia moglie è sotto ricatto, nella peggiore, è stata plagiata... Merlino solo sa come... pertanto... ciò che vuole, ciò che dice, ciò che fa... non ha alcun valore per me!»

Potevo capire le sue parole ma non per questo mi aveva ferito meno sentirle. Non scoppiai a piangere. Non l’avrei fatto. No. Avrei aspettato che si addormentasse per lasciarmi andare. Da quando avevo accettato di aiutare Abraxas, Alshain aveva sempre dormito nella stanza con me, mi ero sistemata in un lettino accanto al suo, per non rischiare di fargli del male, muovendomi nel sonno, o di svegliarlo, quando mi alzavo per occuparmi dei bambini. Finché non aveva ripreso del tutto conoscenza, non era stato difficile occuparmi di lui. Dopo quei primi confronti, però, dopo quel “Devo?”, qualcosa era cambiato in lui, aveva smesso di guardarmi con l'amore di sempre, mi fissava con sospetto, come fossi un'estranea. Una nemica. E la cosa peggiore era che, pur passati solo pochi giorni, il senso di colpa, la sensazione che stessi facendo un errore, che lo stessi tradendo, mi stava scavando dentro, mi stava cambiando, mi stavo abituando al pensiero che non meritassi il suo amore, che lui non sarebbe più tornato l'uomo che avevo conosciuto, amato, sposato... che non saremmo più stati noi. Alshain si era incattivito nei miei confronti perché ricordava solo parte del suo delirio, ricordava di essersi svegliato spesso proprio quando ero fuori, dai nostri figli, di non avermi trovato accanto a sé, questo aveva generato in lui delle paure profonde e delle paranoie del tutto infondate. Comprendevo lo sguardo ostile che mi rivolgeva, però, condividevo le sue accuse, mi sentivo sporca, bugiarda, vigliacca, infame. Anche se non avevo fatto nulla di sbagliato.

    In quei momenti no, Deidra… in quei momenti no… Eppure ha ragione…tu l’hai tradito… sai chi è, che cosa è, in che cosa crede, sai che cosa prova al pensiero di scendere a patti con quel demonio… e nonostante questo, tu lo spingi e lo spingerai a fare ciò che odia di più. Lo costringerai a essere in debito con loro. Ed è solo l’inizio… solo l’inizio. Sarà così, sempre così, per sempre così…
    Ma io non ho scelta… io non posso fare altro… non posso fare altro per difendere i nostri figli… non posso fare altro che… tradire l’uomo che amo…

*
          
    «L'Elfo ha portato del tè e della torta… »

Mi ero avvicinata al tavolo, con un sorriso, pur consapevole che sarebbe stato inutile. Versai il tè e tagliai una fetta di torta, avevo detto all'Elfo di Malfoy che Wezen amava quella di mele, in realtà era la preferita di Alshain: volevo invogliarlo a mangiare e dimostrargli che Abraxas non metteva pozioni nel cibo. Sarebbe stato difficile ma ero intenzionata a recuperarne la fiducia, solo se fossi riuscita a fare breccia nella sua ferrea ostilità avrei potuto perorare la mia causa e convincerlo a fare quanto necessario.
 
    «Torta di mele, la mia preferita! Chissà come l’avrà scoperto Malfoy, eh? Salazar… ti ha talmente annebbiato la mente, Deidra, da convincerti che tuo marito sia un perfetto idiota!»
    «Tagliane una fetta a caso, sarò io a mangiarla, così vedrai con i tuoi occhi che dentro non c’è niente… Sei fissato che io cospiri contro di te, che ti tradisca, che abbia secondi fini, quando l’unica cosa che voglio da te è che tu ricominci a mangiare, prima che sia troppo tardi!»
    «Preferisco morire di fame che permettere a Malfoy di ridurre anche me in suo potere!»
    «Se avesse voluto farlo, a quest'ora ti avrebbe già Imperiato! E lo sai!»
    «E perdersi il divertimento? Quelli come lui amano vedere la vittima cosciente di essere piegata e umiliata. Dovresti saperlo meglio di me: la consapevolezza di quello che ti sta facendo ti sta scavando l’anima, Deidra: puoi fingere con me, se vuoi, ma non puoi mentire a te stessa, quando ti guardi allo specchio!»

Il piattino con la torta mi stava già tremando nelle mani per la tensione nervosa e la voglia di piangere, a quelle parole lo lasciai cadere a terra, il piatto s'infranse in vari pezzi, i bambini scoppiarono in lacrime ma non andai da loro, restai immobile, muta, a fissare Alshain.

    «Falli smettere! Disturberanno le preziose orecchie del tuo gentile... “amico”... »
    «Non è mio amico!»
    «No, non lo è, è “BEN ALTRO”... ma io non trovo parole che non siano volgari, per definirlo!»

Non potevo sopportare oltre, non mi trattenni, mi avvicinai e gli diedi uno schiaffo: l'insulto che aveva nello sguardo, mentre parlava di volgarità, non era rivolto solo a Malfoy, comprendeva anche me.

    «Come ti permetti di pensare una cosa simile di me! Sono tua moglie!»
    «Non lo penso di mia moglie, infatti, lo penso solo della donna che ho davanti! “Mia moglie
... lei... non sarebbe mai diventata tanto “amica” di chi ci ha portato via i figli da sotto il naso, a Londra!»
    «Non sono amica di Malfoy, qualsiasi turpe insulto tu racchiuda in questa parola! Mi credi tua nemica? Che sia dalla sua parte, che sia disposta a tutto per... per cosa? Per salvarmi? Guardami negli occhi e ripetilo! Negli occhi, Alshain! Non fingere di guardare me, mentre guardi oltre! Ripetilo! Io ho rispetto per il dolore che provi... ma il dolore non ti dà il diritto di insultarmi in questo modo!»

Mi aveva fissato, aveva aperto la bocca e, dopo un tremito delle labbra, aveva taciuto: non sapevo se l’avessero toccato le mie parole o solo lo schiaffo. Non mi illudevo però che cambiasse qualcosa.

    «Cosa credo non ha importanza, Deidra… visto che ormai io non credo più a… NIENTE

Lo disse con così tanta calma, esasperazione e odio che rimasi annichilita, lì davanti a lui, come se qualcuno mi avesse tolto la vita. Restai incapace di muovermi, parlare, pensare per istanti eterni.

    «Niente? Quindi non solo non credi più in me o in noi, non credi più neanche nei tuoi figli! Né a quelli che hai davanti a te, che non hai neanche accarezzato, né a quelli che ti piangono a Hogwarts, pensandoti morto? Non credi più a Meissa, vero? Quella piccola cosa che tenevi tra le braccia e che non ti faceva più smettere di sorridere! Non credi più neanche in lei, Alshain? Né a Rigel, che si è quasi lasciato morire per impedire agli uomini del Signore Oscuro di entrare a Herrengton? E Mirzam? Quel figlio bistrattato che si sta prendendo colpe per cose che non ha commesso, che sta fuggendo, nessuno sa dove, per proteggere anche te! Non ricordi più, vero, come ti sei sentito quando, da bambino, ha riaperto gli occhi, dopo che hai temuto che sarebbe morto? Tu non credi più in niente! Guardami negli occhi e ripetilo se ci riesci! Ripetilo!»

Lo guardai per tutto il tempo, riuscii a tenere ferme la voce, la commozione, le lacrime, il dolore, tutte ritirate dietro la furia che mi infiammava. Non ebbi esitazioni, al contrario di lui. Lo vidi, colsi l'attimo in cui un'incrinatura fece breccia nella sua recita, vidi le sue labbra piegarsi, le stava mordendo, e i suoi occhi, freddo acciaio, balenare come un fuoco rabbioso per poi farsi liquidi.

    Sta trattenendo le lacrime... lo so, lo vedo… torna da me Alshain… torna da me…

    «Tu non dormi più, non mangi, soffri per le ferite che non ti fai curare, per quello che hai patito quel giorno... ho visto i tuoi ricordi, so cosa hai vissuto, temuto... so cosa ti ha indurito... ma quello è il passato… quelli sono fantasmi, Alshain, solo fantasmi… ci è stata data un’altra possibilità, penosa quanto vuoi, ma ciò che conta è qui, davanti a te… i tuoi figli sono qui… nulla è andato perduto… ti prego… guarda e accarezza i tuoi figli… abbraccia la tua famiglia… torna da me… »
    «No... tu non sai... non sai un accidenti... NON SONO FANTASMI! Malfoy… Milord… tutti gli altri… non sono fantasmi! Sono lì… pronti a colpire… e io non dormo, perché… devo... »
    «Che cosa... »
    «Quando sono cosciente... so che sei qui, che loro sono qui... davanti a me… so che... lui non ti ha portato via... non ha portato via nessuno di voi... ma quando perdo conoscenza... quando dormo… se non mi opponessi a lui, se lo lasciassi scivolare nella mia mente… NO… NON POSSO… non posso… rischiare che lui mi prenda la mente... no… non saprei più... dove siete, cosa vi sta facendo... ha già approfittato che io non vedessi, che io non reagissi… e ti ha ridotta... così… No... io... non posso... »

Mi fissò, gli stessi occhi disperati, malati che mi aveva rivolto, privo di forze e di futuro, quando credeva che i giorni di Mirzam fossero finiti, che tutti i nostri sogni, progetti, speranze, fossero stati travolti, spezzati, distrutti, ridotti in polvere. Follia. Stava scivolando nella follia.

    «Basta così! Non posso fidarmi… non di te... sei costretta a dire tutto a lui, a fare ciò che lui ti dice!»
    «Salazar... io ti giuro, Alshain…tu puoi fidarti di me… »
    «No… so che non lo fai perché gli credi... so che lo fai solo per salvare me e i nostri figli... non saremmo stati insieme vent’anni se fossimo stati diversi da come siamo! Io ero disposto a morire per proteggervi... tu ora sei disposta a piegarti a Malfoy, per proteggerci... ma io… io non posso!»
    «Alshain... ti prego... »
    «Posso vivere senza gambe, senza mani, senza un polmone, posso anche morire... ma non posso vivere senza… »

Alshain colpì con un pugno il muro, sbiancò dal dolore, poi si alzò lentamente, si spostò con difficoltà, allontanandosi da me, raggiunse l’altro angolo, più distante, accanto alla finestra, iniziò a guardare fuori e rimase immobile, chiuso in se stesso, senza dire più niente. Scoppiai a piangere. Lui mi sentiva e mi vedeva specchiata sul vetro. Neanche in quel momento, il primo in cui eravamo quasi tornati noi stessi, vicini, si era voltato a riaccogliermi tra le sue braccia. Ricordai. Ricordai la notte in cui tutto sembrava finito. Aveva devastato la sala d’attesa al San Mungo, prima che riuscissero a fermarlo e a sedarlo. Ricordavo con i brividi certe sue parole, le parole di un uomo prossimo al baratro.

    «Mio padre ha ragione, Deidra... guai all'uomo che è così debole da amare... Non si deve amare... mai... E se il tuo cuore è troppo debole e non riesce a liberarsi di un tale demonio... devi lasciarti morire… nella morte, forse, si può almeno fingere di non amare più… »

*

    «Non posso più aspettare: Milord capirebbe la bontà dell'idea, certo... ma stiamo andando troppo oltre... A Hogwarts, al Ministero, alcuni iniziano a farsi delle domande. Se aspettassimo ancora, il mio piano non sarebbe più credibile. Pertanto, che lo voglia o no, Alshain collaborerà… tornerà tra i vivi domani, Deidra, durante la festa a Zennor, dai  Black... »
    «Che cosa? Ma… io... io non sono ancora… riuscita...  a convincerlo ad ascoltarti... »
    «E non ci riuscirai mai, non hai più presa su tuo marito… ma non importa, sapevo dall’inizio di dover agire diversamente, ho voluto aspettare, darti fiducia… ma ora non ho più tempo da perdere!»
    «E... noi? I bambini, Abraxas... non hanno colpa... per i miei… errori! Tu avevi promesso...»

Sentii il sudore freddo scendermi lungo la schiena. Avevo paura che il mio fallimento lo avrebbe portato a rimangiarsi tutte le promesse fatte, che punisse me per la mia incapacità e Alshain per la sua ostinazione, riportando i nostri figli su quegli scogli. Avevo paura e ne avevo motivo, il suo atteggiamento era già cambiato nei nostri confronti, Abraxas mi aveva appena trascinata via a forza, sotto gli occhi di Alshain: la minaccia, diretta ed esplicita di farmi del male, doveva convincere mio marito a cedere e trattare, invece ci aveva guardato annoiato, aveva alzato le spalle e aveva borbottato di essere stanco delle nostre recite. L'avevo fissato disperata, forse Alshain era convinto che fingere indifferenza avrebbe portato a degli sviluppi, ma solo un folle si sarebbe aspettato che sarebbero stati a noi favorevoli. E mio marito, purtroppo, era del tutto preda della paranoia: solo un pazzo poteva ostinarsi a comportarsi così, non saremmo mai usciti vivi da Tidworth, ci sarebbe stata la morte per noi e la sottomissione mediante Imperius per lui. Non voleva capirlo, non voleva aprire gli occhi.
Malfoy, intanto, non sembrava intenzionato a darmi una risposta, preso nei suoi pensieri: era successo qualcosa, negli ultimi giorni, l’avevo visto sempre più preoccupato. Fino a quel momento, si era comportato da “galantuomo”, non aveva mentito su questo quando mi aveva promesso che sarebbe stato “onesto” in cambio del mio aiuto. Ora che mi ero dimostrata tutt'altro che utile e preziosa, però, non avevo idea di cosa avrebbe potuto scatenare contro la mia famiglia.


    «Neanche tu hai commesso errori, Deidra, hai fatto la tua parte… è lui il bastardo, testardo e irragionevole di sempre... si crede più furbo, crede di avere la situazione in pugno… ma si sbaglia e purtroppo per te... io non ho altra scelta... Devi scusarmi se non posso mantenere la parola data... »
    «Che cosa vuoi dire? Quale parola... »

Non finii la frase, Malfoy estrasse rapido la bacchetta, me la puntò addosso e pronunciò deciso il suo "CRUCIO!": caddi a terra, contorcendomi nella sofferenza, le unghie conficcate nel tappeto, travolta dal dolore e dalla paura di impazzire. Abraxas smise dopo un tempo infinito e mi lasciò lì, si allontanò, andò a prepararsi un Firewhisky, controllò pigramente la pendola, come se niente fosse, come se torturarmi fosse stato solo un riempitivo, in attesa di un appuntamento. Mi fissò a lungo, a distanza, riversa a terra, confusa e priva di forze, poi si avvicinò e mi tirò di nuovo in piedi.

    «Tuo marito non mi crede, non si preoccupa quando ti porto via, perché pensa che io stia bluffando… e questo avviene perché mi sono comportato da persona troppo onesta, con entrambi... Mi dispiace che sia tu a rimetterci, hai fatto un patto con me e hai fatto di tutto per mantenerlo… non sai quanto mi dia fastidio dover venire meno alla parola data ma, credimi, non ho alternative: tu sei forte e in salute, tuo marito non lo è, rischierebbe di morire se lo colpissi... Inoltre tu sei adulta, mentre i mocciosi che ho a disposizione sono troppo piccoli per sopportare certi… trattamenti. Certo, se Alshain si ostinerà a non ascoltare dovrò rivedere questa mia posizione… »
    «NO! Tu… non pu…oi… tu… Tu... non se... i… un... paz… zo! »
    «Infatti… Io non sono pazzo, al contrario di tuo marito... Per questo ci tengo alla mia pelle e alla mia famiglia… per questo farò tutto ciò che è in mio potere per preservarmi! TUTTO, Deidra!»
         
Si avvicinò ancora di più, mi trascinò di peso, rovesciandomi contro il caminetto, ero ancora così stordita dal dolore che neanche provai a opporre resistenza; Malfoy guardò con un cipiglio torvo la toga che indossavo, arpionò il merletto che decorava la manica vicino al gomito e, sotto il mio sguardo allucinato, lo strappò e tirò, così che si aprisse un lungo squarcio fino alla spalla e al collo.

    «Che cosa… diavolo… stai facendo…?»

Tentai di tenermelo addosso alla meglio ma Abraxas era già dietro di me, con due colpi di bacchetta tagliò l'abito, ridusse la gonna a brandelli, mi trovai spinta bruscamente sul tavolo, colpii la fronte sul legno, sotto di lui che mi schiacciava con il suo corpo, privandomi del fiato. La paura e la disperazione divamparono improvvise, annullando in parte l'intorpidimento della Cruciatus: benché i miei gesti fossero privi di coordinazione, velocità e forza, mi dibattei, disperata e impaurita.

    «NO! Lasciami andare! NO! Non puoi… farlo! Non puoi!»
    «Farò quello che avrei dovuto fin dall'inizio: eri il premio per il mio lavoro, in fondo!»
    «NO! Non osare! NO!»

Si sollevò tanto da potermi rovesciare sulla schiena, fui colta dalla nausea e dall'orrore al pensiero che sarei stata costretta a guardarlo in faccia, mentre abusava di me, e questo mi diede in parte la forza di reagire: scalciai, gli impedii con tutte le forze di tenermi ferma, morsi come una furia le sue mani e le sue braccia, mentre tentava invano di svestirmi, gli graffiai il volto, lo schiaffeggiai, lo presi per i capelli e strappai, dibattendomi come un'assatanata, privandolo di qualsiasi appiglio. Urlai. Malfoy rimase interdetto per la reazione, forse si aspettava, visto che c’era in ballo la vita dei miei cari, che avrei subìto la mia sorte con rassegnazione e in silenzio, o forse ebbe un barlume di lucidità e si rese conto della follia che stava commettendo. Indugiò ed io mi feci ancora più coraggio, tentai di difendermi anche con la Magia, feci librare degli oggetti tutto intorno a lui e provai a colpirlo, non ci riuscii ma per lo meno ostacolai e rallentai il suo assalto.

    Come se prendere tempo servisse a qualcosa. Nessuno può correre in tuo aiuto, Deidra, nessuno!

Provai ad assestargli dei calci là dove l'avrei ridotto alla ragione e, pur senza riuscirci, impegnato com'era a schivarmi, resi i suoi ormai blandi tentativi di domarmi inutili, almeno quanto lui vanificava i miei tentativi di liberarmi. Sbagliai, quando mi convinsi che Malfoy si sarebbe tirato indietro. Aveva solo deciso di farmi sprecare le forze, mentre lui manteneva intatte le proprie: quando meno me l’aspettavo, infatti, trovò un varco tra i miei artigli e mi diede uno schiaffo potente in cui impresse tutta la forza, l’esasperazione, la rabbia che aveva, il colpo fu tanto violento da farmi sbattere la testa contro il tavolo e per un attimo mi parve di essere diventata cieca, mentre perdevo il controllo del mio corpo, intorpidito e molle. Tra le lacrime che mi riempivano gli occhi, lo vidi guardare di nuovo, furtivo, verso la pendola, come se aspettasse qualcosa, non capivo perché perdesse tempo così, perché allungasse la mia agonia, perché non la facesse finita. Si avventò infine su di me, non riuscivo quasi a respirare, avevo la bocca piena di sangue, per il labbro spezzato: gli sputai addosso, maledicendolo, tremando al tocco delle sue mani che percorrevano le mie gambe.

    «Fermati! Finché sei in tempo, Malfoy, fermati! O giuro su ciò che ho di più caro… Non ti darò tregua, finché non ti vedrò bruciare vivo… nella Fiamma di Herrengton!»

Lo vidi sorridere, la sua mano, grande, sempre più grande mentre si avvicinava alla mia faccia, percorse la mia guancia e le mie labbra, in una carezza di nuovo pacata e gentile.

    «No, non tentarmi, Llywelyn, te l'ho detto, io non so resistere alle donne che si ribellano... »

Ghignò, certo di aver vinto, mi aveva immobilizzato il busto e le mani con la Magia, si chinò a baciarmi la fronte… e fu allora, mentre mi fissava con occhi tanto simili a quelli del mio Mirzam, che misi insieme le mie ultime forze: lo centrai, con una ginocchiata forte e precisa, impedendogli di farsi largo tra ciò che restava della mia gonna e di disfarsi della sua toga.

    «Ed io te lo dissi anni fa, Malfoy: tieni lontano le tue mani da ciò che non ti appartiene!»

Lo vidi accasciarsi accecato dal dolore, muto, la Magia che mi bloccava le mani venne in parte meno, insieme alla sua concentrazione, io cercai alla cieca un portacenere che avevo visto sulla sua scrivania, per colpirlo e renderlo definitivamente innocuo, lo trovai e lo usai, prendendolo, però, solo a una spalla. Malfoy mi crollò addosso, mugolando di dolore e riempiendo l'aria di improperi e insulti: era ancora vigile, per questo la sua Magia non si dissipò del tutto, ed io rimasi bloccata lì, inchiodata su quel tavolo, sotto il suo peso. Fu esattamente in quel momento, in quella situazione, che qualcuno bussò alla porta e, senza aspettare l’invito, entrò.

    «Mio signore il prigioniero è qui... Mio signore, cosa… »
    «Che cosa diavolo stai facendo, Malfoy?!?»

Una voce che conoscevo bene, bassa e rancorosa, lanciò un paio di improperi in gaelico all'uomo che lo seguiva, il mio cuore si strinse, rimasi immobile, priva di reazioni, a parte i denti che mordevano le labbra, per impedirmi di scoppiare a piangere. Avevo paura, più di ogni altra cosa temevo che Alshain fraintendesse la scena o che facesse una sciocchezza: era troppo debole per affrontare Malfoy e troppo sconvolto per trattenere la rabbia. Sentii un colpo, poi un altro, qualcuno finì a terra con un tonfo. Non riuscii più a controllare le lacrime, sapevo che era finita, che Alshain sarebbe morto.

    Salazar. Ora quel dannato Magonò gli darà un altro colpo e lo ucciderà…
         
Ma quelli che sentii avvicinarsi, al termine della zuffa, non furono i passi del Magonò: erano passi incerti, zoppicanti. Abraxas si sollevò dal tavolo con difficoltà, scuotendo la testa per tornare lucido, non aveva la bacchetta, l'avevo sentita cadere a terra, forse l’aveva persino calpestata mentre guaiva e arretrava per la mia ginocchiata. Nonostante i colpi che gli avevo dato, era fisicamente più in forma di mio marito, quanto alla Magia, non sapevo se la furia cieca avrebbe rafforzato Alshain o, al contrario, avrebbe reso incontrollabile e inutile il suo potere. Malfoy non era abituato a duellare a mani nude, il pericolo lo costrinse però a tentare: prima di subire lo Schiantesimo di Alshain, che lo gettò a terra, riuscì ad alzare la mano e mio marito si ritrovò sbattuto contro una delle colonne, mantenne l'equilibrio a stento ed emise un rantolo sordo, come se gli avessero strappato via tutta l’aria dal petto. Gridai per metterlo in guardia, il Magonò si era rialzato ed era di nuovo dietro di lui, l'uomo lo strattonò con violenza e provò a costringerlo alla resa, Alshain annaspò, senza voltarsi, ma alla fine, dopo gemiti di sofferenza e disperazione, ebbe la meglio su quelle dita che gli si stringevano attorno al collo. Lo incitai a fare in fretta, prima che Malfoy si riprendesse del tutto: con un ultimo ruggito di rabbia e di dolore se lo staccò di dosso, lo sollevò per aria con la Magia e lo attaccò a uno dei porta fiaccole dall'altra parte della stanza, infine levò in alto l’attizzatoio del camino, lo sguardo omicida di chi è deciso a lanciarglielo contro. A infilzarlo. A sacrificarlo.

    «No, ti prego, non farlo! NO! Finirai ad Azkaban! Lascialo lì, ti prego! Alshain, Fermati!»

Abraxas approfittò dell'esitazione di mio marito per lanciargli contro tutto ciò che di mobile c'era a separarli, Alshain, lasciato appeso al portafiaccole il  Magonò, sollevò la mano, pronunciò il Reducto, e tutto ciò che avrebbe dovuto colpirlo si ridusse in polvere ai suoi piedi. Fissò le piante che abbellivano il salone di Malfoy, pronunciò una formula in gaelico, un paio di lingue nere e sinuose si svilupparono rapide dalle radici di quelle più alte e forti, percorsero la distanza che le separavano da Malfoy, si attorcigliarono in spire sempre più strette ai suoi piedi e alle sue braccia, lo tirarono a terra e lo immobilizzarono. Alshain si avvicinò, mi aiutò a rialzarmi, liberandomi dalla trappola di Abraxas, che mi costringeva ancora sul tavolo: mi fissò, uno sguardo insondabile, scivolò con le dita sulla mia guancia, raccolse un po’ del sangue che mi si coagulava sulle labbra, lo fissò a lungo, poi chiuse gli occhi, colmi di lacrime. Non disse nulla, per alcuni secondi. Non osavo immaginare quali pensieri si muovessero nella sua mente.

    «Bene… è finita… lasciaci soli Deidra, prendi i nostri figli, raggiungi i cancelli e torna a Herrengton... Abraxas ed io dobbiamo risolvere le nostre questioni una volta per tutte, qui e adesso... »
    «Finalmente! Vedo che sei diventato ragionevole, cugino! Toglimi questa robaccia di dosso, così parliamo d’affari… e lascia che Deidra resti qui, i nostri interessi ormai riguardano anche lei!»
    «Taci! Non osare rivolgere la parola o alzare gli occhi su di lei! Se non l'hai capito, Abraxas, è finita per te! Oggi, qui, qualcuno ha commesso un grave errore… e quel qualcuno non sono io!»

Alshain raccolse la bacchetta di Abraxas, non era a pezzi come immaginavo, ci giocò poi, dolorante e sanguinante, gli si avvicinò, senza staccare lo sguardo, un mare d’acciaio in tempesta, da quello del Mago immobilizzato a terra. Mi fece rabbrividire la calma solenne con cui gli piazzò la punta del legno in mezzo agli occhi: si preparava non a uccidere, ma a giustiziare. Eppure Malfoy ghignò.

    «Ricorda l’accordo cugino… se fai così… quell’accordo diventa carta straccia, lo sai!»
    «Vuoi morire da coglione come sei vissuto, Malfoy? I miei figli, ora che tu sei qui, davanti a me, sconfitto, sono salvi… per il resto, qualsiasi nostro ipotetico accordo è venuto meno nel momento in cui hai deciso di stuprare mia moglie e di gettare i bambini in un baratro!»
    «Nessuno ha violentato tua moglie... e nessuno ha gettato i tuoi figli in un baratro... »
    «Se c’è qualcosa che mi fa diventare una bestia, cugino, sono i sostenitori del “lei mi ha provocato!”, “lei non ha detto no”: dopo quello che ho visto entrando qui, per non parlare di quella notte, a Morvah, ti consiglio di non farmi incazzare ancora di più, usando certe argomentazioni!»
    «Non ho bisogno di quelle argomentazioni… perché io non le ho fatto niente!»
    «Solo perché, da brava Strega del Nord, mia moglie ha fatto di tutto per metterti fuori combattimento prima che ci riuscissi... che grande uomo ho qui, davanti a me! Vattene Deidra!»
    «Non le ho fatto e soprattutto non le avrei fatto niente... »
    «Certo! Le sei casualmente caduto addosso, le hai casualmente spaccato un labbro, ti sei casualmente intrufolato a casa mia, ti sei casualmente finto me, hai casualmente dato alle fiamme Amesbury, e sempre casualmente ci hai tenuti prigionieri… tu morirai per ogni singola goccia di sangue e per ogni singola lacrima che le hai fatto versare, da quella mattina a Londra a questo dannato momento! Deidra, per l’ultima volta, vattene!»
    «Alshain no... ascoltami… dammi la mano… non sporcarti con il suo sangue... »
    «Non posso, è andato troppo oltre… Avrei potuto capire se ti avesse ammaliata e sedotta… avrei potuto capire, viste le mie mancanze, se ti avesse convinta a tradirmi… ma nessuno può alzare le mani su di te, Deidra! Nessuno può prendere con la forza, ciò che tu non vuoi concedere… »
    «Alshain, ascoltami… non mi è successo niente, mai… mai nulla di… tutto questo… mai!»
    «Smettila di proteggerlo! Guardalo: so che ti ha minacciato ma ormai non può farti più nulla!»
    «Ti sbagli, Sherton! Ascolta tua moglie, una benedetta volta… Quello che è successo qui, oggi, è solo colpa tua, mi hai costretto tu ad obbligarti a reagire! Avevo ordinato al mio uomo di portarti qui, dovevo solo calcolare il momento giusto, perché tu vedessi esattamente ciò che hai visto… E tu hai ritardato di almeno dieci minuti, sul programma! Stavo iniziando ad annoiarmi ad aspettare, sai? Ti sei opposto al mio uomo, vero? Non volevi farti trascinare qui… beh, allora incolpa te stesso, per quelle percosse, per quel sangue, perché davvero… ormai non sapevo più come riempire il tempo, se non… riempiendodi mequalcos’altro! Ahahahah… »
    «MALEDETTO!»

Alshain provò a slanciarsi su di lui, con molta difficoltà riuscii a trattenerlo a me, facendogli persino male, nel tentativo di arrestarlo. Cercavo i suoi occhi con insistenza, speravo di poterlo placare almeno in parte, ma continuava a sfuggirmi, si ostinava a evitarmi.

    «No, Alshain, no… non farti provocare!»
    «Prenditela con te stesso, mi hai costretto tu a fare lo stronzo: sono mesi, anni, che ti dico di ascoltarmi ma tu “NO!”… bene: guarda il viso di tua moglie e ammira i risultati del tuo ingegno!»
    «Passerò il resto della mia vita a fare i conti con me stesso e con la mia famiglia, per i miei sbagli, ma questo non ti riguarda, cugino… tu ora devi scegliere: preferisci morire, qui, adesso, ripagandomi subito di tutti i torti che ci hai fatto… o vuoi marcire ad Azkaban?»
    «Preferisco godermi la mia casa, i miei vini… buono quel tuo Malvasia, a proposito… arricchirmi come ho sempre fatto, magari anche di più… E non fare quella faccia da moralista scandalizzato, Alshain, te l’ho detto: NON PUOI PERMETTERTI DI UCCIDERMI O DI FARMI SBATTERE DENTRO!»
    «Deidra vattene... questo porco preferisce una morte lenta e dolorosa, a quanto pare... »
    «Non sono un ingenuo come te! Non sarei andato contro gli ordini di Milord, mettendo a rischio me stesso e la mia famiglia, solo per godermi tua moglie o vederti piegato e umiliato! Ciò che voglio vale più di tutto questo e lo voglio… troppo! Non avrei mai lasciato che alla fine avessi la meglio su di me, con qualche trucco, qualche colpo di fortuna… sei in trappola, Sherton! Diglielo, Strega! Dì a tuo marito quali geniali argomentazioni ho usato per garantirmi la tua recalcitrante collaborazione! Seduzione? Tradimento? Sciocchezze, Sherton… Avanti Strega, ti avevo ordinato di tacere, ma ora puoi parlare!»

Scoppiai in lacrime, anche Alshain, alla fine, avrebbe saputo la verità, che non avevamo scelta, che non c’era speranza, che non c’erano vie di uscita, avremmo dovuto per sempre sottometterci a quell’uomo, rendere la nostra vita un inferno, o a farne le spese sarebbero stati i nostri figli.

    «Qualsiasi cosa possa dire Deidra non mi fermerai: morirai per quello che ho visto, per quello che hai detto, per quello che hai fatto, per quello che non hai fatto, per quello che avresti voluto e potuto fare... »
    «Bla bla bla… Io morirò, d’accordo… E tu piangerai la mia morte e la tua dabbenaggine… PERCHé UNO DEI TUOI FIGLI MI SEGUIRà! Non mi credi? Pensi sia un bluff? Chiedilo a Hernie Duncan, chiedigli se gli è piaciuto il nostro bluff… Cos’è? Sei impallidito, cugino? Per caso quel nome… il nome di uno dei tuoi amichetti del Nord… ti ricorda un bambino? Un bambino morto nel sonno? Un bambino morto nel sonno dopo mesi e mesi di dolore e di agonia? Ahahahahahah… »
    «No… no… non è vero… non è possibile! Sei stato tu? Bastardo!»

Alshain arretrò, la luce della vittoria che gli aveva illuminato lo sguardo fino a pochi istanti prima si spense, lasciando spazio al terrore. Mi guardò allucinato, cercando in me una via d’uscita che non esisteva, un cenno con cui gli dicessi che era un altro stupido folle scherzo di quei mostri. Ma io ormai non sapevo più consolarmi, mi stavo mordendo le labbra e trattenevo le lacrime a stento.

    «Questa è la verità, Alshain… ora che Emerson è morto… solo lui, solo questo lurido bastardo immorale conosce l'antidoto... ora sai… ora sai perché… ti scongiuravo di non fargli del male… »

Alshain, attonito, lasciò cadere la bacchetta dalle mani. Tremava. Abraxas Malfoy ghignò rialzandosi in piedi, le lingue nere che lo tenevano fermo a terra ormai ritratte. Mi serrai ancora più stretta a mio marito, era infreddolito, tremante, smarrito, lo abbracciai cercando di non fargli male: con il primo barlume di sollievo, al termine di quella settimana infernale, in quella marea di disperazione, sentii che allungava la mano a stringere la mia. Guardammo Malfoy, con un colpo di bacchetta si era risistemato capelli e abiti e aveva fatto rapidamente sparire da sé e dalla stanza tutti i segni della colluttazione, tirò giù il Magonò dal portafiaccole e lo depositò, incosciente, fuori dalla porta. Sicuro di sé, il nostro aguzzino si trasformò nel padrone di casa perfetto, andò a preparare tre bicchieri di Firewhisky, ci invitò a seguirlo e a sederci sul divano, dinanzi a lui.

    «Ora che ho ottenuto la tua attenzione e ti ho convinto della mia serietà, mettiamo da parte tutte le nostre rispettive divergenze, cugino, sediamoci, beviamo quest’ottimo nettare proveniente della tua terra, come si fa tra buoni amici o, per lo meno, tra soci in affari... Alle nostre famiglie! Agli Sherton e ai Malfoy!»
    «Finiamola con questa pagliacciata… dimmi cosa diavolo vuoi da me, per sparire dalla mia vita… e da quella della mia famiglia!»

***

Lord Voldemort
Malfoy Manor, Wiltshire - notte 21/22 gennaio 1972

    «Mio Signore… io… io… non vi aspettavo, e… qui… »
    «No? E perché mai? Non ti avevo forse dato un compito?»

Mancavano ancora molte ore all’alba quando mi presentai ai cancelli del Manor, tutto era avvolto nell’oscurità, il silenzio rotto solo dal ghiaccio che si spezzava sotto i miei stivali e, una volta superato il portale maestoso, dai passi leggeri e rapidi dell’Elfo che mi faceva strada lungo infiniti corridoi deserti. Mi guardavo attorno, senza vedere nulla, perso nei miei pensieri: avevo dato a Malfoy un’altra intera giornata prima di pretendere le mie risposte, ma di nuovo l’attesa era stata vana, le mie aspettative deluse. Abraxas non si era mai comportato così. Ed io non ero un Mago da lasciar correre a lungo.

    «Certamente… ed io… »
    «E tu ti sei guardato bene dall’informarmi su come stessero procedendo le cose… Perché sei qui, a casa, e non là fuori, a dare la caccia alla Strega, come ti avevo chiesto? L’hai forse già trovata e ti stai prendendo la ricompensa che ti ho promesso, prima di portare a termine i tuoi compiti?»
    «No, mio Signore, no! Assolutamente… ma… mi sto muovendo… con prudenza… mi aspetto che i Ministeriali mi facciano visita da un momento all’altro e… temevo potesse apparire… sospetto che… io non fossi in casa… in piena notte… con quello che è da poco accaduto a… »
    «Ad Amesbury, per caso? E che cosa è “accaduto” ad Amesbury, Abraxas? Parli di usare prudenza… ma chi l’ha fatto… “accadere”? Perché Sherton Manor è stata distrutta, il Marchio si è librato nei cieli del Wiltshire ed io non ho ancora i ricordi della Strega che mi avevi promesso?»
    «Mio Signore… io… ecco… io… non li ho ancora… »
    «Non li hai? La dimora è distrutta, ti sei quasi portato l’attenzione degli Aurors in casa e ancora non li hai? Ti pare normale, vero? Per te, forse, ma non per me! Quale sarebbe il motivo, di grazia? Llywelyn era già morta quando l’hai trovata? O non sei riuscito a trovarla? O te la sei lasciata sfuggire?»
    «Io… io… »
    «“Io, Io”… sai dire solo questo? Mi aspettavo maggiore serietà da parte tua, Malfoy!»
    «Mio Signore, avvicinare la Strega e sottrarle i ricordi non è semplice come avevo… »
    «NON… DIRE… ASSURDITÀ! Era ferita e in difficoltà… e tu avevi detto di essere riuscito a fare breccia tra i pensieri di Sherton, quando gli hai raccontato che era prigioniera di Roland Lestrange!»
    «Sì, ma io… »
    «Tu sapevi dove cercare! E ti sei tenuto l’informazione per te!»
    «Mio Signore, non l’ho fatto con malizia… potevo essere in errore, non volevo che altri seguissero un’unica strada… sbagliata… Alla fine… la Strega era dove avevo intuito fosse ma… »
    «Ma?»
    «Quando sono arrivato… con lei c’era…ecco… c’era... Orion Black! Io non potevo saperlo!»

Mi voltai, un ghigno perfido in faccia: nascondersi dietro la scusa patetica “c’era Orion Black” era la conferma che Malfoy aveva fatto qualcosa di tanto stupido da dovermelo celare ad ogni costo.

    «Capisco, hai ragione: è nota la pericolosità di… come lo chiamano tutti? Orion “CUOR DI CONIGLIO” Black? Un nome terrificante che fa intuire quanto quell’individuo sia pericoloso!»
    «Mio Signore… »
    «“Mio Signore, Mio Signore”... Sono stanco, Malfoy… per il tuo bene, metti le carte in tavola adesso, spontaneamente… perché per tua sfortuna, io SO GIÀ cosa stai cercando di nascondermi!»
    «Mio Signore… ve lo giuro! L’ho fatto solo per Voi, per la causa! Io… io non ho disubbidito per mancanza di rispetto. Voi non sbagliate mai, ma in quel caso… siete stato… mal consigliato!»

Vedevo il terrore renderlo più pallido del normale, speravo fosse sul punto di crollare sotto il peso della paura, perché avevo sospetti, non prove certe di che cosa avesse fatto dalla sera nella grotta e se avessi detto qualcosa di più, avrei rischiato di svelare il mio bluff... Per ora Abraxas c’era caduto e aveva ammesso di aver fatto “qualcosa” non per mancanza di rispetto ma “per me”, dunque non era sparito per concedersi delle libertà con la Strega… Aveva fatto di più… di peggio... era andato volontariamente contro gli ordini che gli avevo impartito. Ed io iniziavo a perdere la pazienza.

    «Mal consigliato? Strano… sei l’unico cui concedo di esprimere pareri sulle missioni… stai forse dicendo che mi hai mal consigliato tu?»
    «Io? NO… MAI… Mio Signore, io… »
    «Avanti, Abraxas, dillo con parole tue… dimmi ad alta voce… cosa hai osato fare… »
    «Mio Signore… io ve lo dissi già nella grotta… uccidere Sherton era un errore… un tragico errore… le circostanze sembrano confermare che l’erede di Hifrig sia Mirzam… se Sherton... fosse morto... quella notte… Voi avreste perso la possibilità di recuperare la Fiamma di Habarcat ed entrare a Herrengton… con tutto quello che ne consegue… Milord… non potevo permettere che l’orgoglio Vi privasse di un uomo che può esserVi più utile da vivo che da morto… »
    «CHE COSA? COSA SIGNIFICA “SE SHERTON FOSSE MORTO”? SPERO PER TE CHE TU NON STIA DICENDO CHE ALSHAIN SHERTON È ANCORA… VIVO!»

Il fuoco nel caminetto si alzò di oltre un metro, assunse una fosca tonalità sanguigna, che si riverberò su tutte le superfici e avvampò nel mio sguardo e sulla mia faccia. Malfoy, resosi conto di essere appena stato ingannato e di essersi messo nei guai con le sue sole mani, non staccava gli occhi da terra, il capo chino, le spalle curve, come chi sta portando un enorme peso. Strinsi il pugno sinistro fino a ferirmi, mentre le dita della destra si serravano attorno alla bacchetta, frementi.

    «Invece di partire alla ricerca della Strega come ti avevo chiesto… tu… tu hai perso tempo a salvare un uomo che io desidero morto più di ogni altra cosa? È questo che hai osato fare?»
    «Mio Signore, io Vi assicuro che il piano che ho in mente Vi porterà molti più benefici… »
    «TACI! Ora è tutto chiaro… Tu non ti sei limitato a questo, vero? Quando nei ricordi di Orion Black relativi a Hogwarts, ho trovato una conversazione con Dumbledore su Fear e sui marmocchi di Sherton, mi sono detto che Black doveva essere impazzito dal dolore, non poteva aver visto vivi i mocciosi che IO TI HO ORDINATO DI GETTARE TRA I FLUTTI… CHE IO HO VISTO SPARIRE TRA I FLUTTI… invece Black li ha visti… perché tu hai salvato ANCHE LORO, dico bene, Abraxas? Voglio sapere cosa diavolo hai fatto in questi giorni!»
    «Mio Signore… NO... Io posso spiegarVi… tutto… Mio Signore… io Vi scongiuro… no… no… »
    «CRUCIO!»
    «NO..NO… NOOOOOOOOOOOOO...  AAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHH… »

Ammirai Abraxas Malfoy contorcersi a terra, preda della mia Cruciatus, le mani serrate a pugno, le stille rubino che imporporavano i palmi e le punte delle sue dita, là dove le unghie curate si erano conficcate a fondo nella carne, le labbra morse a sangue, che si dispiegavano nell’urlo di dolore… l’elegante veste da camera che gli s’intrecciava attorno alle gambe, contratte ritmicamente dalle convulsioni. Ghignai, portandomi sopra di lui. Lo fissai, fissai i suoi occhi di luna diventare neri, le pupille espanse dal dolore e dalla paura, il sudore freddo imperlargli la fronte e intaccare il velo di cipria con cui era solito uniformarsi l’incarnato. Con un lieve movimento del polso misi fine all’incantesimo e mi piegai sulle ginocchia sopra di lui: respirava a stento, puzzava di paura e sudore, il volto paonazzo contratto per la sofferenza. Avrei desiderato che si vedesse in quell’istante.

    «Ora basta con “MIO Signore”, “Vi scongiuro”. Non so a che gioco volessi giocare, Abraxas, ma io vi metterò fine. Prega solo che qualcosa mi piaccia in ciò che sto per vedere… o quando avrò finito con te... neanche tuo figlio potrà più fregiarsi dei titoli del tuo casato… »
    «Vi prego... NO… tutto ma non il mio Lucius… NO… Vi scongiuro... »
    «LEGILIMENS!»

*

    «Non lo farò mai, mai Abraxas! Se devo morire morirò, meglio morto che schiavo!»
    «Allora morirete, tu e i tuoi cari! Maledizione! Sai quanto mi sono compromesso per te, per la tua famiglia! Il Signore Oscuro non potrà mai accettare che ti abbia salvato, senza averne ricavato qualcosa di utile per la Causa, sarei bollato come traditore, al pari tuo! Dovrei uccidervi tutti, per nascondere il mio sbaglio, prima che se ne accorga… poi dovrei offrirgli gli altri tuoi figli, visto che alla fine di questa dannata missione non avrei in mano nulla che possa compiacerlo! Se almeno mi dicessi quale parte ti provoca tutto questo malcontento… »
    «Quale parte? Sei tu! Sei tu che mi provochi malcontento…Ti basta o vuoi che sia più specifico!?»
    «Non sto bluffando, Sherton, qui c'è in ballo la vita dei tuoi figli… Ascolta... quando Milord mi chiederà che cosa ho fatto in questi giorni, perché non mi sono presentato con notizie di tua moglie, gli dirò di essere tornato a Morvah, di averti trovato ancora vivo tra gli scogli, di averti salvato, curato… e infine Imperiato… perché sei più utile alla causa da vivo che da morto: hai conoscenza della Magia Antica, contatti, potere e Sangue di Salazar Slytherin, come lui... Milord all'inizio non ne sarà felice, ma è un uomo intelligente e scaltro, sa quanto gli saresti utile... Sarà sufficiente che tu faccia ricorso alle tue capacità di Occlumante, per nascondere quest’accordo, e che non pensi a tua moglie, perché è sempre stato il tuo punto debole… Mostrati instupidito e collaborativo, dagli le informazioni che ti chiederà su Habarcat, Herrengton, la Confraternita, io ti dirò che cosa gli ha spifferato Emerson, vedrai tu se confermare o meno… nel frattempo, gli farò intendere quanto
un uomo che ha perso tutto per colpa nostra” sia l'insospettabile perfetto da infiltrare al Ministero: quando tutto il Mondo Magico saprà che disavventura hai vissuto a causa del Signore Oscuro… nessuno oserà avere sospetti su di te… »
    «Ma se avete già Lodge come Ministro, che ve ne fate di un infiltrato di rango più basso?»
    «Lodge è un Ministro a tempo determinato, scelto da noi, non dal popolo, tra pochi mesi ci saranno le elezioni. Noi non miriamo a un nuovo Ministro, darebbe troppo nell’occhio, miriamo a manipolarlo, il nuovo Ministro. Per farlo, gli metteremo al fianco un uomo che ha appena “perso” la sua famiglia per mano di un figlio plagiato dal Signore Oscuro, e che perciò ufficialmente ha tutte le ragioni per ostacolare Milord... un uomo che quasi tutti gli Slytherin apprezzano, che ha dalla sua le Terre del Nord, che stava collaborando con un Mago illuminato come Longbottom ed ha il rispetto dei Ravenclaw, la stima dei Gryffindor moderati, ultimamente persino la simpatia di Dumbledore, a quanto ho sentito… quell’uomo sei tu!»
    «Questa è un’assurda, folle buffonata, Malfoy! Non ho alcun contatto con il Ministero, tutti sanno che odio quella gente… tu vorresti da me qualcosa al di fuori della mia portata!»
    «Ci penserò io a rendere il tutto fattibile e credibile. Ho creato per anni dei Ministri... vuoi che non riesca a creare un collaboratore? Questa buffonata è al momento l'unica carta che hai per impedire la morte dei tuoi figli e di tua moglie... Sono tutti convinti che siano già morti, Alshain, che sia morto anche tu… farvi sparire, a questo punto, non sarebbe un problema per il Signore Oscuro o per me… »
    «E allora facci sparire, Abraxas! Dammi l’antidoto che serve ai miei figli e lasciaci andare: so come sparire e, anche se mi costa molto, giuro che non verrò a tagliarti la gola nel sonno!»
    «Ma davvero? Che concessione! Ti conosco: solo finché avrò il vantaggio dell’antidoto potrò dormire sonni tranquilli, con te. Inoltre dovrei far sparire gli altri mocciosi e questo non riuscirei a farlo…e nemmeno tu… prima che tu riesca a inventarti qualcosa, a loro sarà già successo qualcosa di brutto, si stanno già muovendo… »
    «Che cosa significa, si stanno già muovendo?»
    «Hai visto cos’è successo al figlio di Orion... pensi che quella scuola sia un posto sicuro per i tuoi figli, quando dividono persino i dormitori con un Lestrange? Neanche Herrengton li ha tenuti al sicuro, figurati… Beh… tanto lo saprai, prima o poi, tanto vale che te lo dica io: Rodolphus Lestrange intende far uscire allo scoperto Mirzam, approfitterà della vostra scomparsa e della paura che ha messo a Black, per stipulare un contatto matrimoniale tra quell’assatanato di Rabastan e la piccola Meissa! Sa quanto tuo figlio sia legato alla sorellina! Salterà fuori solo per difenderla?»
    «Che cosa hai detto? MEISSA e RABASTAN LESTRANGE? NO! MAI! MAI FINCHé SARò IN VITA!»
    «Lo so... lo sanno... e l’ho esclamato anch’io, credimi... per quale motivo pensi che insistessi tanto per avere tua figlia per il mio Lucius? Mio figlio avrebbe aspettato finché Meissa non avesse raggiunto la maggiore età, per farsi avanti, non siamo dei barbari, noi… Non siamo abituati a matrimoni precoci per coprire… riparare… a certe vergognose perversioni… »
    «Vero, voi Malfoy non siete pedofili, vi limitate a vendere le sorelle scomode a chi vi offre abbastanza!»
    «Porta un po' di rispetto! Ti ricordo che porti il sangue di quella bambina e di chi ha comprato quella bambina, Sherton! Dovresti pensare ai tuoi antenati, prima di dileggiare i miei… e soprattutto… preoccupati per tua figlia! Riderai di meno, quando ti renderai conto di quanto Rodolphus Lestrange sia in alto nelle grazie del Signore Oscuro, e come perori la sua causa, a tuo danno, ricordando a tutti che sei stato tu a uccidere suo padre!»
    «Questo è falso!»
    «Importa a qualcuno? Milord non sapeva come liberarsi di Roland, ora non l'ha più tra le palle: un motivo in più per essergli grato! Ora intende fare di Meissa un premio e un risarcimento, per i Lestrange! E se ti illudi di ricevere aiuto da quel rammollito del tuo amichetto Black, beh… lui pensa di difendersi con patetiche assicurazioni sulla vita… sai dove gliele ficcherà la nipote, quelle pergamene, una volta che le avrà trovate? E così ci resta Rigel... »
    «Finiscila con queste ciance, Malfoy, nessuno di noi sa chi è il vero erede di Hifrig, pertanto, al vostro posto, ci penserei parecchio prima di toccare uno dei ragazzi, correte il rischio di commettere un errore fatale… E se non sbaglio, entrare a Herrengton è ancora una delle fissazioni del Signore Oscuro! Senza lo Sherton giusto ad aprirgli la porta, non ci riuscirà mai! Quanto a Mirzam, ho fatto la cazzata peggiore della mia vita il giorno in cui ho affidato la sua istruzione a quel dannato Fear, e sì che sapevo che bastardo fosse, ma per lo meno il vecchio pazzo è abbastanza furbo da non farsi ingannare dalle trame dei Lestrange… »
    «Goditi le tue illusioni, se vuoi, ma purtroppo per te è proprio questo che accadrà alla tua famiglia, se ti ostinerai a non ascoltarmi... Se agissi come ti sto suggerendo, invece… Milord sa che un infiltrato che deve fingere di combatterlo non può legarsi, con il matrimonio di una figlia undicenne, a una famiglia che simpatizza per il lato Oscuro: ecco così che Meissa sarebbe salva... inoltre, mentre fingi di cercare Mirzam per consegnarlo alla giustizia, potrai trovare indizi su dove si trova e aiutarlo a nascondersi ai Lestrange, parlargli, convincerlo a consegnarsi, ti assicuro che Milord è magnanimo con chi ammette i propri errori e si pente... l'ascolterà e capirà che dice la verità: è stato quel dannato Fear a combinare il casino, non lui… sappiamo entrambi che avevi dato l’anello a tuo figlio perché lo consegnasse insieme alla Fiamma a Milord… il vecchio l’ha ingannato e ora sappiamo tutti come è finita… Ascoltami, cugino, ascoltami e salveremo i ragazzi!»
    «Ammesso ti dia ascolto... tu cosa ci guadagneresti, Malfoy? A parte una testa attaccata sul collo, almeno finché il Lord non scoprirà i tuoi intrighi e capirà che razza di bastardo bugiardo ha tra i piedi... e a quel punto ci sterminerà tutti quanti... »
    «E perché mai lo farebbe? Io sono fedele al Lord, Alshain, non lo capisci? Lo sono sempre stato e sempre lo sarò… è proprio per lui che faccio tutto questo… voglio evitare che sia accerchiato e soffocato da uomini privi di cervello che bramano solo lo spargimento di sangue… neanche a me sta bene che personaggi come i Lestrange o i MacNair prendano potere nel nuovo Ordine ideato dal Signore Oscuro e lo sovvertano in un regime di vendetta e sangue, privo di qualsiasi altra finalità... un Ordine che verrà instaurato con questi principi molto in fretta, se non tornerai in scena: sappiamo entrambi che, senza di te, le Terre del Nord cadranno… »
    «Non credo perderai il sonno per questo, Malfoy!»
    «No? Un Ordine del genere,
basato soltanto sugli spargimenti di sangue, non reggerà, Alshain... la Magia e Milord non avranno il futuro che meritano seguendo questa strada... Io so che in cuor tuo ti sei sempre battuto per ridare alla Magia il posto che le spetta... allora cosa aspetti a unire le tue forze a quelle del Signore Oscuro? Sai che è lui l'erede di Salazar, quello che aspetti da tutta la vita!»
   
«Non lo so... le cose sono andate troppo oltre, Malfoy... quello che è successo a Herrengton, prima... poi a Londra... non sarà facile dimenticare come è stato attaccato mio figlio Rigel, senza alcuna provocazione, a Herrengton... sappiamo entrambi che quel ragazzino non si riprenderà mai più... per chi? per cosa? per quella dannata puttana?»
   
«Ed è questo che il Lord deve capire... è quello che ti sto dicendo... il Lord non ha dato quell'ordine, non ha dato l'ordine di massacrarti... per questo dico che si sta affidando, sta affidando la causa a persone incontrollabili... alle persone sbagliate! E siamo sicuri, poi, che sia un caso? Che non abbiamo volontariamente esagerato, per impedire al Signore di Herrengton di coalizzarsi con l'erede di Salazar? Una volta unite le vostre forze, a guardare bene, tutti gli altri sarebbero a dir poco inutili... »
    «Compreso te, Malfoy... dimmi, a te chi ha dato l'ordine di farci quello che ci hai fatto? Hai tentato di impedire un'alleanza tra me e il Lord, attaccando mia moglie in quel modo, nel tuo studiolo? Lasciamo perdere... Per te stesso che cosa vuoi? A parte la testa dei Lestrange e il tuo posto storico alla destra del Signore Oscuro? Non credo sia solo la gelosia a muovere i tuoi passi... »
    «Voglio che tu ponga una pietra sopra a quanto accaduto... che Lucius non paghi per quello che ho fatto io… e voglio il tuo aiuto per tenere mio figlio lontano dalle situazioni pericolose, come io aiuterò te a tenere al sicuro i tuoi. Lucius tra pochi mesi uscirà da Hogwarts ed entrerà nelle fila del Signore Oscuro, è deciso... dovrai aiutarmi affinché non corra rischi inutili, coprirlo, se il Ministero fosse sulle sue tracce, fornirgli informazioni che lo mettano in luce con il Lord e facciano di lui qualcuno più utile al Ministero che… sul campo… Non ci sarebbe nulla di male nel tuo aiuto, lo sai… Lucius è un ragazzo intelligente e accorto e non ha colpe, proprio come ne hanno i tuoi figli!»
    «E per quanto riguarda le richieste immorali? Come pensi che potrei accettare certe condizioni?»
    «Scelte immorali? Suvvia, non crederai davvero... »
    «Una volta tornato a casa, per evitare che io corra da Crouch o da Milord a raccontare tutto, che ti minacci o minacci tuo figlio per avere l’antidoto… vorresti tenere Deidra in ostaggio? Sei impazzito? Dopo quanto successo, pensi che potrei fidarmi di te?»
    «Non l'avrei mai fatto… e la porterei a Herrengton tutti i giorni, per vedere te e i bambini…vedrai con i tuoi occhi che non le sto facendo del male… »
    «Certo... certo... Occuparti dei miei figli... a Herrengton... somministrargli l’antidoto... a Herrengton… portare Deidra, tutti i giorni... a Herrengton… in questo modo terrai d’occhio me, la mia casa, chi entra, chi esce...
una trovata geniale, perfetta... »
    «Esattamente…  Deidra è la mia assicurazione sulla vita e la chiave con cui ottenere il controllo totale su quello che ti riguarda... »
   
«Ed io dovrei fidarmi di te... »
    «Parliamoci chiaro, Sherton... tu la stai portando per le lunghe, ma puoi girarci intorno quanto vuoi, la situazione non cambierà, alla fine dovrai accettare la mia proposta, altrimenti perderai i tuoi figli… che senso ha continuare con queste vuote chiacchiere, con questo attaccarsi a dettagli stupidi? Cosa ti interessa cosa otterrò io, cosa otterrai tu? Scegli… vita o morte… controllo o rimorso… è semplice… »
    «Appena sarò nelle condizioni di farlo, Malfoy, pagherai per tutto questo: non è una minaccia, è una promessa: non ho problemi a proteggere Lucius... lui non ha colpe, se ha un bastardo per padre... ma tu Abraxas... tu... hai commesso troppi errori per poter anche solo sperare di farla franca... »
    «Dici? Penso invece che io la farò proprio franca, amico mio... non lo vedi? Ho aspettato questo momento tutta la vita, mi sono preparato a questo momento per tutta la vita… quando Milord mi ha detto "prendi e portami i suoi figli", ho capito che era il mio momento… se l’avessi ascoltato e le cose avessero preso una brutta piega, tu mi avresti perseguitato per tutta la vita… invece ho giocato bene le mie carte… e ora tu dipendi da me… hai bisogno di me... non puoi torcermi un capello... se vorrò vederti saltare, tu salterai... se vorrò vederti ammazzare un mio nemico, tu lo farai... e se per caso qualcosa dovesse andare storto con i bambini, o se tu trovassi l'antidoto, beh... che importa? Avrei ancora la tua Deidra, la mia VERA assicurazione sulla vita... arrenditi, cugino, è finita! Accetta la sconfitta... questa volta ti ho dato scacco… »

*

Uscii dalla mente di Malfoy, lo lasciai esausto e incapace di muoversi, a terra: il mio primo istinto fu di Cruciarlo fino a togliergli il senno, irrompere in ogni stanza del maniero fino a ritrovare gli Sherton, torturarli e straziarli, a cominciare dai mocciosi e dalla Strega e per ultimo uccidere lui, con le mie stesse mani, dopo avergli devastato la mente fino a scoprire tutti i suoi segreti e i suoi inganni. Poi però riflettei, sul piano di Malfoy, sulle informazioni che, ammesso fossero vere, avevo appreso da quel colloquio: gettavano una luce diversa sui fatti che conoscevo, anche certe riflessioni sui Lestrange mi avevano colpito. Mi voltai verso Malfoy, si stava riprendendo lentamente, tentava di rialzarsi e aveva il terrore stampato in volto, temeva che questa volta non se la sarebbe cava, che non mi sarei limitato a una Cruciatus.

    «Disubbidisci di nuovo ai miei ordini, Malfoy, e ti strapperò il cuore dalla bocca con le mie stesse mani, siamo intesi?
»
    «Sì, sì, mio Signore... »
    «Ora dimmi, nei dettagli, come pensi di far riapparire il nostro amico durante la festa dei Black... »
    «Davvero? Allora concordate che... »
    «Smettila immediatamente di compiacerti, Malfoy e rispondi alle mie domande!»
    «Sì, certo, subito, mio Signore... io... io... pensavo di liberare Sherton nei pressi del maniero dei Black, sguinzagliare Greyback al suo inseguimento, lasciare che Black lo trovasse mentre ancora la casa è piena di Aurors al seguito del Ministro... ho fatto in modo che anche Crouch sia presente... così vedrà e soccorrerà il prigioniero, avrà modo di interrogarlo subito... e... »
    «E sprecheresti così un'ottima occasione di attirare in trappola Mirzam Sherton e fare una strage di Aurors? Mi deludi, Malfoy... No... so che vuoi la testa di Black, per quei suoi scherzetti ai tuoi danni ma l'otterrai solo se il fato ti sarà amico... io preferisco avere la testa di Crouch... e possibilmente quella di Fear... ascoltami molto bene... Tu sai come rendere visibile la Traccia del Nord, Emerson te l'ha spiegato... voglio intrappolare Fear, a Morvah... sarà incapace di difendersi, là dentro, esattamente come quel pallone gonfiato di Sherton... »


*continua*



NdA:
Ciao a tutti, dopo mille peripezie eccomi di nuovo qua.
Il capitolo come avete visto è una specie di Bonus, non per lunghezza ma per contenuto, non è infatti quello che immagino tutti si aspettassero, la battaglia di Morvah (Margareth a un passo da suo padre, Fear opposto a Milord, Bartemious Crouch contro i Mangiamorte, Orion diviso tra la salvezza degli Sherton e le trappole di Malfoy) e l’attentato dei Lestrange contro Rigel Sherton. Di carne al fuoco ce n’è parecchia, lo so, ma proprio per questo, prima di andare avanti, volevo fare il punto sulla settimana di prigionia a Malfoy Manor di Alshain, protagonista rimasto silenzioso per troppi mesi. E mostrare quanto dei piani di Malfoy è noto al Signore Oscuro. (Naturalmente avrete notato delle stranezze, soprattutto nell'ultima parte: troveranno spiegazione molto presto). Quanto alle parole e alle idee, avrete notato una certa ripetitività nei pensieri di Alshain, volevo proprio dare l'idea dello stato ossessivo in cui è caduto. In seguito avrò anche modo di spiegare meglio il discorso della "patologia" dei bambini, che necessitano delle cure di Abraxas.
Bon, prima di salutarvi e ringraziarvi di essere ancora qua, volevo ricordare che That negli ultimi mesi è stata “sistemata” rendendo più omogenei i capitoli (ne ho raggruppati parecchi, soprattutto quelli della prima parte, perché erano davvero troppo corti e "sfilacciati" rispetto ai successivi) per questo forse con i numeri non vi ci ritrovate, ho anche rivisto la formattazione e reintrodotto tutte le immagini. Chi frequenta il gruppo o la pagina FB, sa anche che ho inserito i file degli alberi genealogici (ho già varie idee su come sfruttarli, la faccenda della bambina Malfoy venduta come sposa a uno Sherton, è una di queste) e intendo fare degli "approfondimenti" sui luoghi reali che ospitano le magiche Terre del Nord. Se vi interessa, potete farci un salto, pagina e/o gruppo. Se volete vederli ma non fequentate FB, fatemelo sapere e troverò il modo di postarveli qui.
note sparse
1) Il sogno di Alshain è lo stesso sogno fatto da Meissa, potete vedere qui
2) La frase a cui si riferisce Deidra viene detta da Alshain qui
Baci!!!
Valeria



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