Entra, entra in punta di piedi
ma non toccare nulla;
I miei confini celano
racconti e miti
che nessuna voce ha
mai narrato.
Il pavimento che ora calpesti
è un tormentato oceano di
fagocitante disperazione,
che ondeggia e ribolle
al mio esclusivo comando.
I mobili di legnoso azzurro,
spalancono le loro cavità
liberando taglienti zanne
come spettrali squali
dalla pinna argentea.
Il lampadario appeso sulla
superficie instabile di
questo disordinato
cosmo prosciugato,
è un sole morente e
pallido che illumina
ad intermittenza le perdite
sanguinolente di chi,
tra queste onde, ha esalato
l'ultimo respiro.
l' ombra che vedi
sulle pieghe dell'acqua,
è di quella sagoma maestosa
che si impone su di te;
sono le ante cavernose di un
armadio che occulta
tesori e teschi, fuggendo
dalla impalpabile luce
che penetra di tanto in tanto.
Il letto è la mia nave che
solca muta e timorosa
questo mio immenso mare;
Arroccato sulle cime
di queste alture,
distante dal procelloso,
cangiante e incessante
respiro marino,
abito la fortezza aspettando
l'ammutinamento dell
'equipaggio sottomesso.
Mio pirata con le cicatrici
sulle palbebre e la barba
impregnata di rancido rum,
entra, entra pure,
La mia nave non è salpata
In braccio al vento per
naufragare sotto la tua sciabola. |