Capitolo
31:
***
Passarono
degli interminabili minuti. John non aveva toccato o parlato a
Sherlock. Ora sembrava un po’ più tranquillo, o
meglio, erano
diminuiti i singhiozzi più forti.
“Mi
vuoi raccontare cosa c’è che non va?”
cercò di usare un tono
rassicurante e comprensivo.
“Non
lo controllo…” rispose Sherlock, riuscendo a
stento a pronunciare
quelle semplici parole.
Non
voleva costringerlo a parlarne più del dovuto, si capiva che
faticava, ma non stava capendo il significato di quello che voleva
dirgli.
“In…
In quel parcheggio, quando… Non potevo controllare
più niente, del
resto… Avevo solo la mia mente, mi era rimasta solo quella.
Era
l’unica cosa che potevo gestire come volevo e non poteva
portarmela
via, ma il resto… Io non controllavo niente del resto. E
anche
adesso…. Non controllo il resto...”
John
aggrottò la fronte, non era sicuro di aver compreso quel
discorso.
Forse una parte di sé si era messa a fare supposizioni su
cosa
significasse ciò, a volte odiava aver imparato a dedurre.
Rimase in
silenzio per un po’.
“Sherlock
tu hai mai… Avevi mai… Prima.”
pregò che Sherlock arrivasse
alla conclusione da solo perché non poteva essere
più specifico di
così. Non c’è la faceva nemmeno a
pensarlo.
Sherlock
gli sorrise, il sorriso più triste che avesse mai visto.
“No.
Mai.”
John
chiuse gli occhi e prese dei bei respiri. Quando riaprì gli
occhi si
ritrovò il volto circondato dalle mani di Sherlock, i loro
nasi si
sfioravano per quanto erano vicini. Il dottore deglutì.
“Vorrei
dimenticarlo. Vorrei poterlo cancellare per sempre dalla mia testa.
Privare l’unico posto che mi è rimasto, di quello.
Avere almeno
una cosa che mi appartiene. Puoi aiutarmi?”
John
deglutì di nuovo. Quella giornata stava prendendo una piega
sempre
più assurda.
Sherlock
posò le labbra su quelle di John, solo per lasciarle a
sfiorarsi.
Come una carezza delicata. Poi John sentì freddo. Sherlock
si era
alzato.
“Lascia
stare. Fai conto che non abbia detto nulla.” ma prima che il
detective si allontanasse, il dottore lo afferrò per un
braccio.
“Ehi!
No non faccio finta che tu non abbia detto nulla. Che cosa voleva
dire?”
“Niente
John, ti ho detto di lasciar stare.”
“No
ora tu me lo dici!”
“Perché
devi sempre essere così testardo?”
“Ah
io sarei testardo? Da che pulpito!”
Sherlock
gli sorrise amaramente.
“Sono
sicuro che la tua mente brillante ci sia già
arrivata.”
Rimase
sbigottito, il braccio di Sherlock ancora stretto nella mano.
No
che non ci era arrivato! Però, riflettendoci un
attimo…
Rimuginando sul significato dietro a quelle parole.
Spalancò
la bocca come a voler dire qualcosa, ma cosa c’era da dire?
“Non
importa, non ho alcun diritto di chiedere una cosa del
genere.”
“Sì!
Sì diamine! C’è
l’hai!”
“Ma
tu non vuoi me…”
“Prova,
magari la risposta ti stupirà!”
“Tu…
Vuoi?”
“Per
la miseria si!”
Ok
forse stavano andando un po’ troppo veloci, ma tanto ormai
viveva
già nell’assurdo, quindi un assurdità
in più o in meno non
cambiava.
“Ma
tu non lo hai mai…”
“Non
ti preoccupare di quello, è un mio problema. E poi non lo
definirei
nemmeno problema. Ti ho giurato che avrei fatto tutto per aiutarti
no? Bene. E’ quello che intendo fare. E se serve per stare
meglio,
ci sto.”
Ora
era Sherlock quello che non sapeva cosa dire. Per la prima volta
nella vita aveva fatto ammutolire Sherlock Holmes.
“Però
tu ti devi fidare di me.”
“Ma
io mi fido.”
“Voglio
dire, che non possiamo fare nulla se non impari a… Fidarti
di me
quando siamo insieme. Ti devi lasciare andare, non cercare di
controllare cose che non puoi controllare. So che per te è
difficile.” John si ritrovò nuovamente zittito con
un bacio. Forse
gli aveva dato un brutto vizio, perché se ora, ogni volta
che
discutevano, Sherlock provava a chiudere il discorso in quel
modo…
Lasciò
perdere ogni tipo di ragionamento logico, e si spostarono sul divano.
Quella
fu una lunga, estenuante, ed intensa sessione di bacio. Ogni tanto
spostava le mani, ovviamente mai andando oltre le braccia, lo toccava
sul viso, infilava le dita tra i ricci, o lasciava una mano
semplicemente appoggiata sul collo. Mentre era in quella posizione,
con la mano sulla gola, provò ad infilare il pollice sotto
il bordo
della maglietta, giusto per sfiorare più pelle.
Sherlock
mugolò nella sua bocca, poi John sentì una mano
sulla propria, e
l’altra mentre afferrava quella che aveva lasciato libera, ed
essere appoggiata a fianco all’altra. Si ritrovò
con le mani
spinte verso il basso. Non poteva fare altro che starsene
lì, a
guardare con aria imbambolata. Ora le mani erano sul petto del
detective. John e sentì il cuore andargli in gola, poteva
sentire
chiaramente i battiti accelerati, e ora che era riuscito a fermare le
rotelle fumanti del cervello, anche i battiti del cuore di Sherlock.
John
strizzò un paio di volte le palpebre. Non poteva smettere di
fissare
le loro mani unite in quel modo. Era la cosa più semplice e
al tempo
stesso più intima che avesse mai avuto con qualcuno,
più di tutti i
baci che si erano dati per tutto quel tempo.
Sherlock
si chinò in avanti e posò le labbra su quelle di
John, che era ben
contento di venire distratto in quel modo. Ora il cuore di Sherlock
aveva accelerato, ma giusto il tempo per il dottore di rendersene
conto, che subito le sue mani venivano spostate ancora più
in basso.
A
John girava la testa. Per fortuna le mani si fermarono sul ventre.
Era completamente piatto e teso.
Poi
Sherlock lasciò la presa e usò le mani per
circondare il volto di
John, e approfondire il bacio.
Fu
il turno di John di mugolare.
Sentì
Sherlock sorridergli contro le labbra.
Ormai
John lo sapeva, gli aveva dato il potere, il permesso di rigirarlo in
qualunque modo volesse, e Sherlock lo sapeva, lo aveva capito, era
uno che le cose le apprendeva subito. Poteva essere totalmente
inesperto sull’argomento, ma imparava in fretta. In pratica
John
era consapevole di essersi fregato con le proprie stesse mani.
Fece
scivolare le mani sui fianchi di Sherlock, che fu ben felice di quel
contatto perché aumentò
l’intensità del bacio.
Alla
fine smisero solo quando non avevano più la forza. Le labbra
bruciavano, la mascella tirava e scricchiolava a causa di quel
movimento continuo.
Sherlock
si era appoggiato con la fronte sulla spalla di John e stava
ridacchiando.
“T-tutto
bene?” balbettò il dottore massaggiandosi la
mandibola.
Sherlock
annuì, ancora appoggiato contro la spalla.
“Di
questo passo… Possiamo recuperare tutti questi anni persi,
in una
settimana.”
Come
prospettiva non era male. Interi pomeriggi a baciarsi.
“Penso
che l’ultima volta che mi ha fatto male la mascella per
baciare
qualcuno. Sia successo quando andavo alle scuole medie ed avevo
appena iniziato.”
“A
me mai.”
John
si irrigidì completamente.
“Non…
Non avevi mai baciato nessuno?” il terrore nella voce, e
anche
Sherlock se ne accorse, perché si sollevò da
quella posizione per
guardarlo.
“Si.
Ma non così.”
John
sospirò di sollievo.
“Perché,
non avresti voluto essere il primo?”
Il
dottore si maledisse, perché non se ne era stato zitto una
buona
volta.
“Sì,
no, cioè. E’ complicato, è una bella
responsabilità essere la
prima cosa di qualcuno.”
“Non
ho un grande metro di paragone, di cosa hai paura?”
“Non
è questo. Però deve essere una cosa fatta bene,
con qualcuno che
desideri.”
“E
il tuo è stato fatto bene?”
“Uhm…
Più o meno. Poi si impara anche con il tempo.”
Annuì.
“Allora
avrai molto tempo per insegnarmi.” Sherlock gli sorrise, e
John si
sentì morire. Lo abbracciò più forte
che poteva.
“Lo
riprendiamo l’argomento vero?”
Rise.
“Sì
Sherlock, lo riprendiamo l’argomento. Ma magari prima
facciamo una
pausa, non sento più la mascella. E tra poco Kirsty riporta
Rosie.”
Sherlock
continuava a sorridergli. Sembrava quasi che non gli avesse appena
rivelato la tragedia che gli era accaduta alcuni mesi prima.
“Ehi,
riguardo a quello che ti è successo…”
“No!
Va bene così, ora tu lo sai. Non voglio più
parlarne. Ti prego.
Aiutami solo a dimenticarlo.”
John
lo fissò intensamente, ma poi sospirò.
“Se
pensi che ti faccia sentire meglio, ma se vedo che non ti
aiuta...”
“Mi
aiuta. Tu sei l’unica persona di cui mi importa.”
“Va
bene. Ho capito.”
Sherlock
gli diede un ultimo bacio e si alzò, prese le scale per
salire di
sopra.
John
rimase fermo, con lo sguardo perso nel vuoto.
Cosa
aveva fatto? Come ne sarebbe uscito? Si sentiva impazzire.
Sherlock
aveva delle aspettative su di lui, e lui gli aveva promesso che
l'avrebbe aiutato a qualunque costo. Ma quello… Quello forse
era
troppo. Eppure, c’era una parte di se stesso che lo voleva,
lo
desiderava, e lo bramava.
Chiuse
gli occhi per un momento, e si alzò.
Doveva
sistemare tutto prima del ritorno di Rosie.
I
commensali seduti alla tavola della cucina stavano cenando in
assoluto silenzio, gli occhi puntati ognuno sul proprio piatto, non
si erano più parlati per il resto della giornata. Eccetto la
piccola
di casa, che se ne stava nel suo seggiolone a buttare metà
della
pappa in giro e l’altra metà spalmata sulla
propria faccia. Però
sembrava molto soddisfatta della cosa.
“Dai
Rosie.- John lo disse ormai rassegnato, passandosi stancamente una
mano sul viso. -Adesso sei tutta da lavare, di nuovo.”
Rosie
agitò le manine, emettendo gridolini acuti.
“Non
sei stanca? Eh? Andiamo a fare la nanna?”
Ma
la bambina si stava divertendo ad usare la pappa verde come una
tavolozza per dipingere il vassoio con le dita.
“No,
no!” John cercò di bloccarla prendendole le
piccole mani, ma lei
era furba e scivolosa a causa del cibo di cui era ricoperta,
così
riuscì facilmente a sfuggire alla presa, prese una manciata
di
quella pietanza verdognola e gettarla dritta in faccia a suo padre.
John
rimase congelato sul posto, cercando di capire quello che era appena
accaduto, di realizzare che sua figlia gli avesse appena tirato di
proposito del cibo addosso; finché un suono strozzato non lo
distrasse, sollevò lo sguardo su Rosie, ma lei se la stava
godendo,
pienamente felice del suo gesto.
Poi
si voltò verso Sherlock, le sue labbra erano stranamente
sparite,
strette all’interno della bocca, ma comunque bastavano gli
occhi,
stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
“Ti
fa ridere?” chiese il dottore, con tono mortalmente serio.
“Cosa?”
Sherlock ancora che si sforzava di sembrare indifferente.
“Ti
fa ridere?” ripeté nuovamente John.
“No.”
“Perché
a me sembra proprio che tu stia ridendo.”
“Non
lo farei mai!”
“Ah
no?” prese un po’ del cibo rimasto nel piattino.
“No!
John no!”
La
tirò dritta in direzione del detective, ovviamente
colpendolo in
pieno.
“Così
impari.”
Rosie
saltellava seduta sul posto, agitando braccia e gambe ed emettendo
gridolini acuti.
Sherlock
si ripulì il volto con il dorso della mano.
“Sei
crudele.”
“Oh
mi si spezza il cuore.”
Sherlock
gli rifilò un occhiataccia, ma John lo guardò con
un sorriso
soddisfatto.
Il
detective aveva ancora un po’ di cibo sulla mano
così lo portò
alle labbra per assaggiarlo.
“E’
disgustoso! Che roba dovrebbe essere? Come puoi pretendere che lei
voglia mangiarlo?”
John
roteò gli occhi.
“Sei
viziato.”
“Avere
buon gusto non è essere viziati.”
“Invece
si, lo sei. Sono semplici verdure frullate.” nel frattempo
stava
cercando di dare una sommaria pulizia a viso e mani della bambina.
“Sanno
di tutto fuor che di verdure.”
“Non
voglio nemmeno sapere che vita hai fatto da bambino.”
“Mia
madre ci preparava tutto fatto in casa. Ed è molto brava in
cucina.”
“Anche
quello è un piatto fatto in casa. Ma se credi di saper fare
di
meglio.”
“Saper
fare di meglio?”
“Sì.
Visto che sei convinto di saper fare tutto meglio, domani le prepari
tu il pranzo.”
“Ma
io non ho detto-”
“Ah
no no. Ora è compito tuo. Vediamo cosa sai fare.”
Sherlock
dall’espressione che aveva all’inizio, ora sembrava
quasi
spaventato, ma il dottore sapeva che aveva un istinto da competizione
che poteva scattare con una semplice provocazione, che era
esattamente quello a cui stava puntando. Doveva riuscire a farlo
lasciarsi andare, anche se sapeva quanto sarebbe stato difficile, non
aveva intenzione di mollare la presa.
“Se
ne sei convinto.”
“Sarebbe
fantastico, si.”
“Faccio
io i piatti, tu sei vuoi puoi occuparti di lei.”
John
gli sorrise. Prese Rosie, che ancora si stava agitando, dal
seggiolone. Prima di salire le scale si fermò a dare un
bacio sullo
zigomo di Sherlock.
“Vuoi
dare anche tu un bacio a Sherlock?” Rosie, tra le braccia del
padre, si sporse in avanti, per posare un bacio sulla guancia di
Sherlock.
Sherlock
arrossì, e John non poté fare a meno di sorridere.
“Faccio
presto. Ci vediamo su?”
Sherlock
annuì.
“Sistemo
qui e arrivo.”
John
prese le scale per andare a lavare la bambina.
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Note
d’autrice:
Volevo
fare un piccolo annuncio che poi rifarò più
avanti. Ormai si sta
per concludere anche il mese di giugno; e così
già da un po’ sto
rimuginando su alcune questioni. Per me i mesi estivi sono i
più
difficili. Soffro terribilmente il caldo, non riesco nemmeno a
pensare appena le temperature si alzano più del dovuto.
Davvero è
proprio una tortura fisica, inoltre ho la pressione bassa, e spesso e
volentieri faccio anche fatica a stare in piedi. Anche per
controllare e correggere un capitolo di nemmeno dieci pagine mi ci
vuole più di un ora. Quindi sono giunta alla conclusione
che,
pubblicherò ancora la prossima settimana e poi mi
prenderò una
pausa estiva. Tranquilli che non vi abbandono. Ne
approfitterò per
fare le cose con più calma, sistemare e finire le ultime
cose di
questa storia, e magari sistemare anche altri progetti che ho in
mente per questo inverno, così a settembre
ritornerò a pieno ritmo
con la pubblicazione.
Vi
prego quindi, non abbandonatemi, giuro che non è un addio.
Vi lascio
in pace solo per questi due mesi, e poi non è detto che non
pubblichi una volta o du
Ma
comunque ne riparliamo alla fine della prossima settimana. Poi come
sempre ho il link a tutti i miei social qua sotto.
Sono
sia su Instagram che su
Facebook:
https://www.instagram.com/lady_norin/
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Aggiornamenti:
Capitolo
32
Lunedì
21 giugno
Ore: 15-16
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