That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.008
- Devozione
Meissa Sherton
Hogwarts Express, Highlands - lun. 3 gennaio 1972
Avevamo
ormai superato da un pezzo la prima metà del viaggio, quando
di colpo un timido raggio di sole s’infilò nella
coltre spessa di nubi, specchiandosi sulle colline innevate e deserte,
il candore spezzato solo dal nero volteggiare di qualche corvo
solitario. Mi voltai a guardare fuori, accarezzata da quella luce,
entusiasta, nonostante i tristi pensieri, perché tutto,
intorno a me, stava assumendo l'aspetto selvaggio ed eterno della mia
terra, e anche se la Magia di Habarcat, portata chissà dove,
mi appariva come un'eco lontana che giungeva appena al mio orecchio e
al mio spirito, dopo giorni di smarrimento riuscii a sentirmi a casa.
Finalmente viva.
Pauline McDougal (1),
Ravenclaw, piccola e smunta, due treccine di sottili capelli biondo
grano e una vocetta lamentosa, mi esortò a non distrarmi e a
fare la mia mossa, tutta eccitata perché
s’illudeva di darmi scacco, ma anche se a me importava meno
di zero di lei e dei suoi scacchi magici e stavo giocando controvoglia,
ormai da ore, solo per distrarmi dai discorsi degli altri, non si era
accorta che, appena avessi mosso il mio alfiere, avrei sbaragliato le
sue difese, per l'ennesima volta. Non capivo come potesse divertirsi a
giocare con me: non si sentiva umiliata a essere battuta da qualcuno
che nemmeno s’impegnava nella partita? Le risposi
con un grugnito scocciato, mossi il mio alfiere dandole scacco, lei
osservò sbigottita il suo re che lasciava cadere la spada
sulla scacchiera ed io tornai a guardare fuori, indolente, rapita dalla
bellezza delle Highlands e desiderosa solo di uscire da lì,
da quello scompartimento simile a una gabbia soffocante. Volevo correre
via, cercare Sirius, parlare con una delle poche persone, se non
l'unica, su tutto il treno, che contasse qualcosa per me: l'unico di
cui volessi ascoltare la voce e i pensieri. Dopo la paura, la
confusione, la rabbia, stava riemergendo quello che avevo provato prima
di cadere nell'incubo: nei miei sogni mi ritrovavo sempre su quella
terrazza, circondata dalla neve, e invece di scappare dal mostro che si
celava nell'oscurità minacciosa, mi sentivo felice,
protetta, perché Sirius era al mio fianco, mi teneva la
mano, mi offriva una rosa. Ogni volta che sognavo Sirius, lo vedevo con
quella rosa in mano... Ed io... io desideravo solo baciarlo... Di
nuovo... Quel ricordo, il ricordo di quel bacio furtivo che non avevo
dato “per scherzo”, un bacio che aveva in
sé qualcosa di sconosciuto e misterioso, divenne tanto
nitido in me, che iniziai a tremare e divenni improvvisamente rossa,
sentii il calore salirmi alle guance e mi colse il terrore che qualcuno
degli altri, lì nello scompartimento, o chissà,
addirittura in tutto il treno, avesse compreso quali fossero i miei
pensieri, sapesse che cosa avevo fatto e cosa volessi. Non riuscivo a
contenere quell'emozione: nel sogno ero convinta che tutto
ciò che mi piaceva di lui potesse diventare una parte di me,
se l'avessi abbracciato e baciato. Poi, quando il giorno mi strappava a
quelle immagini, continuavo a desiderare che restasse con me, che non
scappasse via... Volevo che almeno Sirius non mi lasciasse sola...
Mai...
Mi morsi le labbra e mi concentrai sul paesaggio innevato, trattenendo
a fatica le lacrime, mentre nella mia mente gli occhi grigi di Sirius
diventavano color della luna... E il suo volto diventava
quello amato di Mirzam. Non riuscivo a capire perché se ne
fosse andato così, senza una parola, perché mi
avesse abbandonato... Credeva che io fossi come tutti? Che non avrei
creduto in lui? Avrei voluto che Mirzam si fidasse di me, come
io avrei sempre avuto fiducia in lui... Sempre... Non avrei mai creduto
agli altri... a nessuno, nemmeno a nostro padre... Stavo scoprendo con
dolore che anche papà era un essere umano e come tutti
commetteva degli errori... E su Mirzam, ne ero certa, nostro padre si
stava sbagliando. Io no: contro tutto e tutti, sarei sempre stata
convinta della sua innocenza, ma dovevo trovare il modo di farglielo
sapere, di dirgli quanto gli volessi bene, che poteva sempre contare su
di me. Forse, se fossi riuscita a far capire agli altri che
stavano sbagliando, se avessi dato loro delle prove, allora forse...
forse Mirzam avrebbe capito che avevo fiducia in lui e sarebbe tornato
da me. Avrei fatto di tutto per farlo tornare da me...
“Allora, Mei? Giochiamo?
C'è ancora molto prima di arrivare al castello!”
Fulminai Pauline con un'occhiataccia e dallo sguardo allarmato che fece
compresi che non mi avrebbe più infastidito per il resto del
giorno, ma anche se mi ero liberata dei suoi noiosi scacchi, dovevo
continuare a sopportare quell’insulsa congrega, non avevo
ancora trovato una via di uscita. Non ne potevo più di tutti
loro, dei loro inutili discorsi sui compiti delle vacanze, dei commenti
sui professori, dell'ansia per le interrogazioni, mi sembravano tutte
sciocchezze ed io mi sentivo sfinita, esausta, dovevo fare qualcosa per
uscire da lì o sarei esplosa.
“Smettila, dai... Per
favore... Mi stai soffocando, così!”
Soprattutto, non ne potevo più di Kendra Campbell, non sarei
riuscita a mantenermi calma e mansueta ancora per molto: terzo anno,
Slytherin, figlia di una ricca coppia di Maghi del Wiltshire amica dei
Malfoy, quell'ochetta bionda e boccolosa, aveva passato buona parte del
viaggio ad ancheggiare davanti al nostro scompartimento con una
gigantesca Piuma di Zucchero rosa lampone in mano, sghignazzando con le
sue amichette sceme, e ora aveva deciso di fare irruzione, incurante
che non ci fossero posti liberi, mettendosi a starnazzare abbarbicata
sul bracciolo di mio fratello. M'imposi di non guardare,
mentre cercava di assaltare Rigel, provando a sedersi sulle sue
ginocchia, ma trovai la scena specchiata sul finestrino e, sul mio
volto, si stampò una smorfia disgustata, per la camicetta
troppo stretta e la gonna troppo corta, più piccole almeno
di due taglie, da cui debordava in modo indegno, le braccia tentacolari
avvolte attorno alle spalle di mio fratello, le labbra vermiglie che
provavano a strappargli un bacio, la vocetta smaniosa e
petulante. Gli altri ospiti dello scompartimento, Craig
Ackerley, Pauline McDougal e William Emerson, erano tanto imbarazzati
da non saper più dove guardare e, nonostante la calma e il
riserbo abituali, a stento riuscivano a non riderle in faccia; non ero
però l'unica a tremare di disgusto e di rabbia: Janine, la
sorella minore di Emerson, seduta di fronte a me, una ragazzina bionda
e minuta, dai grandi occhi color cenere, sempre riservata e composta,
in quel momento conteneva a stento la sua gelosia, lo capivo da come
serrava le mani una nell'altra, quasi a ferirsi, e da come insisteva a
fissare lo sguardo a terra, ostinata, isolandosi da tutto il
resto... Mi faceva pena: pochi mesi prima mio fratello le
aveva fatto il filo, così aveva detto Mirzam a Rigel
prendendolo in giro, e temevo che, vittima dell'ambizione di sua madre,
che sembrava non ricordarsi l'età dei propri figli, avesse
preso quella corte innocente e giocosa un po' troppo sul serio, e ora
soffriva per tutte le scemenze che combinava quotidianamente quello
stupido di mio fratello.
“Vado a chiamare Slughorn, sei
troppo pallido, Rigel, hai di certo la febbre!”
Mio fratello la guardò con riconoscenza, poi, approfittando
di un attimo di esitazione di Kendra, stupita per quella ragazzina
minuta, tremante e determinata, che osava frapporsi e allungare la mano
sul volto del suo “tesoruccio”, prese la palla al
balzo e si liberò dall'abbraccio della piattola.
“È vero, non mi
sento per niente bene, ti prego Kendra... vai tu a chiamarmi il
professore... ”
“Possono andare loro, mandaci
i tuoi amici o tua sorella... io resto qui a occuparmi di te!”
“Affidarmi a dei Ravenclaw? A
mia sorella? Mi fido solo di te, Kendra, vai tu, per
favore...”
Quando lo vidi avvicinare la bocca ai morbidi boccoli della Campbell,
dandole finalmente quel bacio leggero finora negato, soffiando appena,
con voce supplice, piano ma non troppo, così che sentissimo
bene le parole, le dita che si perdevano in una carezza languida sulle
sue labbra, mi voltai di nuovo per non scoppiare a ridere: anche quando
stava male, Rigel manteneva sempre il suo stile inconfondibile, che, lo
ammettessi o meno, lo rendeva tanto simile a papà. Pensai
con rammarico che per quel giorno non sarebbe stato necessario cacciare
fuori quell'oca a calci sul rotondo fondo schiena, perché
quando mio fratello faceva quella faccia, riusciva a rigirarsi chiunque
gli fosse a tiro, a volte persino la mamma e, infatti, poco dopo,
inevitabilmente, Kendra si ritrovò a vagare per il treno
alla ricerca del professore.
“Dubito che con il Confundus
che le ho fatto, mentre la baciavi, si ricorderà dove
andare!”
William, con un sorriso furbo che aveva ben poco del Ravenclaw,
aprì appena la giacca così che vedessimo la
Bacchetta ancora stretta nella sua mano, poi passò complice
una Gelatina a mio fratello, chiedendogli se stesse davvero male, e
rassicurato dalla sua smorfia pestifera, scoppiò a
sghignazzare con lui; li fissai, interdetta: era stupefacente che
“Mister Perfezione” si lasciasse andare
così e non si limitasse a osservare senza intervenire, ma
eseguisse incantesimi contro i compagni, con una naturalezza e
sicurezza che immaginavo innate solo della casa di
Salazar. Non sapevo se esserne spaventata o, per qualche
motivo, divertita e compiaciuta. Se ripensavo a quelle ore di
viaggio, però, lontano dalla presenza soffocante dei
genitori e felice all'idea di rivedere presto la sua Marlene McKinnon,
Emerson mi era già sembrato molto diverso dal solito, sempre
insopportabile, certo, ma meno finto e noioso di quanto fossi abituata
a considerarlo. In realtà non lo conoscevo bene e
non avevo alcuna vera opinione di lui, a parte che dovesse essere uno
stupido per il semplice fatto di andare d'accordo con Rigel,
però ora che cercavo di guardare mio fratello in modo
diverso, quell'episodio contribuiva a gettare nuova luce anche sulla
loro complicità, e per la prima volta mi chiesi se non
avessi commesso un errore, se fosse Emerson, e non Rabastan Lestrange,
come avevo sempre creduto, il vero custode dei segreti di quella peste
di mio fratello.
“È una piattola!
Non la sopporto più, non so proprio come
liberarmene!”
“Chi è causa del
suo mal... È colpa tua, Sherton! Sei tu che scegli di uscire
con oche simili!”
Janine si pentì subito della sua uscita acida,
arrossì e abbassò gli occhi per poi, veloce,
tornare a guardare fuori, mordendosi le labbra; a sua volta,
stranamente, Rigel, invece di deriderla si voltò dall'altra
parte, un insolito rossore a far capolino sotto le chiome corvine e
spettinate. Quella ragazzina era uno strazio: doveva esserle
insopportabile viaggiare con lui, assistere a quelle scene, vedere
Rigel giocare con tutte come aveva fatto con lei. Pensai a
cosa avrei provato io se Sirius avesse fatto lo stupido con quell'oca
di Maela Dickens e mi sentii morire... Io, però,
almeno, non avrei mai dovuto subire anche i rimproveri dei miei
genitori per non essere riuscita a far breccia nel cuore del loro
più "ambito trofeo", al contrario, gli Emerson complottavano
di continuo per assicurare matrimoni di prestigio ai figli, era quindi
probabile che già le facessero pesare l'esito non molto
positivo di quella semplice cotta tra ragazzini.
“Di cosa t'impicci, pulce?
Pure tu, però... perché ci sei uscito? Kendra
Campbell non sa cosa siano decoro e dignità, ovvero le
uniche due qualità che hanno quelle insopportabili ragazzine
Slytherins!”
William mi guardò divertito mentre faceva quella
precisazione sulle ragazze della Casa di Salazar, io restai in silenzio
ma lo fulminai con una delle mie occhiatacce, poi mi voltai stizzita
dall'altra parte: quel minimo di considerazione che avevo provato per
lui, poco prima, si era già sciolto come neve al sole! Lo
vidi sghignazzare, specchiato sul finestrino, finché Craig
Ackerley, che si era dimostrato finora il più serio e
composto dei tre, fece una battuta in gaelico che non conoscevo e non
capii, ma che doveva essere una delle più volgari,
perché gli altri due ragazzi, dopo un attimo di sorpresa ed
esitazione, scoppiarono a ridere sguaiatamente mentre Janine
diventò rosso porpora e, esasperata, prese per mano Pauline
e invitò anche me a uscire dallo scompartimento, tutta
offesa. Volevo approfittare per andarmene, ma Rigel mi
ricordò gli ordini della mamma e, dopo un rapido
battibeccare anche tra William e sua sorella, ci ritrovammo di nuovo
tutte e tre ai nostri posti.
“E tu smettila, Craig... Non
si fanno queste battute davanti alle ragazzine!”
“Non temere, Rigel, tanto le
sorelle sono tutte tonte, soprattutto le Slytherins!
Ahahah...”
“Ti sbagli, William! Le
ragazze con cui esco di solito sono di certo le sorelle di qualcuno e
ti assicuro che certe cose le capiscono molto bene, le algide
Slytherins, poi, le capiscono prima di tutte le altre!
Ahahahahah...”
Pur senza aver compreso tutti i dettagli, ma avendo intuito fin troppo
bene il concetto, lo fissai, perplessa e offesa: dai discorsi che
sentivo a casa, Craig Ackerley, quindici anni, un Ravenclaw del
villaggio di Eilginn, sembrava un ragazzo serio e intelligente, che le
ragazze ammiravano per la semplicità e la simpatia, e i
maschi rispettavano per quell'aria da fratello maggiore cui chiedere
consiglio. Evidentemente non era proprio così: non avevo mai
avuto a che fare con lui, finora, e durante quel viaggio non me ne ero
curata troppo, mi ero resa conto solo che era diverso da sua sorella,
una mia coetanea Hufflepuff insicura e piagnucolosa; di colpo,
però, dopo quelle uscite, lo vidi per ciò che era
davvero, un deficiente persino peggiore di certi Slytherins che
infestavano i sotterranei!
“Dai... basta
Ackerley!”
“Non ti facevo così
geloso e possessivo verso tua sorella!”
“Ti ci metti pure tu, Emerson?
Che diavolo avete, oggi? Sembrate fumati!”
“Già... voi, nei
sotterranei, ve ne intendete di fumo, dico bene Sherton?
Ahahahah...”
“Andatevene al diavolo...
tutti e due!”
“Sai, a Inverness, la notte di
Hogmanay, nonostante il clima e l'aria che tira, mentre voi Sherton
eravate nel Lancashire per festeggiare i
“fidanzatini”, si è riso parecchio di
quella storia tra Slytherins e Gryffindors! In settecento anni nessuno
aveva violato i vostri sacri sotterranei! E ora... La coppa ce la
becchiamo noi... Ahahah...”
Notai lo sguardo furioso di Rigel a sentir accennare al fidanzamento di
Narcissa e alla Coppa di Quidditch, io sbuffai, infastidita, trovavo
sempre più fuori luogo l'insistenza di McDougal nel fare lo
stupido, come pure la soddisfazione di Emerson nel ridere di mio
fratello; li osservavo in silenzio, ancor più ostile di
quanto avessi fatto per tutto il viaggio, consapevole di non poterne
più: Rigel non ne aveva colpa e non avevo voglia di litigare
con lui, non volevo che stesse male per colpa mia, però
l'idea della mamma di fare il viaggio con quei
“Confratelli” antipatici e stupidi si stava
dimostrando pessima. Tra tutti loro, quelle lagne di Janine e Pauline
erano le uniche con un po' di cervello, e questo era tutto dire!
“Salazar, e c'è chi
crede che i Ravenclaw siano persone serie, raccomandabili e posate! Si
vede che giocare con le uova tutto quel tempo vi rovina il
cervello!” (2)
“Cos'è,
principessa, ora che stai rinchiusa al buio nei freddi sotterranei,
rimpiangi di non essere finita nella torre luminosa anche tu, a giocare
con noi?”
“Visto la compagnia, piuttosto
sarei fuggita di corsa nelle cucine, tra gli Elfi domestici! Ci siamo
rifugiati qui per stare in pace, Ackerley, non per ascoltare le vostre
battute idiote!”
“Non cominciare pure tu,
Meissa, leggiti un libro e fatti gli affari tuoi! E... chiedigli...
scusa!”
Rigel mi fissò feroce ed io gli avrei risposto per le rime,
se non l'avessi visto pallido e la sua voce tremante non mi avesse
spaventato; desistetti all'istante, ingoiai il mio orgoglio e fissai
quel gigantesco bamboccio dai capelli rossi e irti e gli occhiali
spessi, chiedendogli scusa controvoglia.
“No, hai ragione, ho
esagerato... ma volevamo farti ridere, Sherton, non arrabbiare! Avevi
una brutta cera prima, ora almeno hai un po' più di colore,
pare che ti senta meglio! Giusto?”
“Solo perché quella
piattola mi si è “letteralmente” tolta
dalle palle... non certo grazie a voi due! Anzi... il mal di
testa che ho adesso è tutta colpa vostra!”
“Non siamo stati noi... Ti
è venuto appena siamo entrati nei territori del Nord... Se
è come penso io, ti partirà appena ne usciremo...
A questo proposito... William ed io abbiamo una teoria... ”
Mentre Pauline e Janine si scambiavano consigli su una Pozione e
sembravano del tutto dimentiche di noi, William fece un cenno
d’intesa con Craig che, lo vidi, lasciò turbato
mio fratello, si alzò, andò alla porta, estrasse
la Bacchetta dalla giacca di lana e lanciò un Muffliato alle
pareti, così che nessuno da fuori sentisse, poi rimase in
piedi, di guardia sull'ingresso, controllando fuori.
“Fai pure l'incantesimo
Confundus che ti ho insegnato... di questi tempi, meglio esser
cauti!”
Lo fissai dubbiosa, non capendo più cosa stesse accadendo,
Rigel si agitò inquieto sul sedile; William
annuì, poi recitò delle parole in gaelico e
compresi che non stava facendo uno degli incantesimi che ci insegnavano
a scuola, ma una Magia del Nord, pericolosa in un treno pieno di
Aurors: nostro padre si era raccomandato di evitare sciocchezze simili
e quello stupido... Reagii, incurante della promessa che mi ero fatta,
di restare calma e soprattutto zitta.
“Siete forse impazziti? Il
treno è pieno di Aurors! Smettetela con questa recita
ridicola!”
“Tranquilla... se mi beccano,
capiranno subito che sono solo un povero Ravenclaw traviato da due
Slytherins perfidi e malvagi! Ahahah... ”
“Non ti facevo così
idiota, Emerson! Sei solo uno sbruffone senza cervello!”
William rise della mia occhiataccia piena di propositi
vendicativi. Era la prima volta che lo vedevo ridere di cuore,
non come prima, quando le risate scomposte sembravano quasi forzate,
tanto erano lontane dal sorriso pacato che esibiva afferrando il
Boccino o passeggiando per i corridoi della scuola con la sua Marlene:
pur controvoglia, dovevo ammettere che quando si dimostrava
così poco ligio alle regole e imprevedibile, aveva qualcosa
di... Sentii le guance andarmi a fuoco e tornai a guardare
fuori, imponendomi di ignorarlo, e lì mi resi conto con
disgusto che invece il mio sguardo correva sul finestrino a cercare la
sua immagine riflessa: no, dovevo smetterla, così si
comportavano solo le cretine che gli morivano dietro! Ed io,
invece, non mi sarei mai comportata in quel modo ridicolo, per nessuno,
tanto meno per uno come “quello lì”: non
era né simpatico né gradevole, al matrimonio di
Mirzam anzi era stato antipatico, villano, pedante,
noioso... No, non c'erano dubbi: William Emerson era soltanto
un insopportabile pallone gonfiato!
“Scusate se
v’interrompo, ragazze, ma credo di aver proprio bisogno di
una pozione di Slughorn... potreste andare con mia sorella fino al
vagone qui accanto, a chiamarmelo?”
Mi alzai di scatto, felice dell'improvvisa occasione che mi si offriva
di allontanarmi di lì e distrarmi da certi pensieri
inopportuni, dallo sguardo sollevato che si scambiarono, le mie
compagne dovevano pensarla proprio come me: Janine mi prese per mano e
mi spinse fuori dallo scompartimento, impaziente, Pauline si
limitò, come al solito, a seguirci. Solo quando fui
sulla porta e colsi il bisbiglio di Ackerly che chiedeva a mio
fratello, sottovoce, “Conosci la storia di Sheira nic a
Thoin, vero?”, mi resi conto che qualcosa non tornava: il
comportamento di Rigel era strano, aveva ricevuto l'ordine di non
perdermi di vista, e ora invece... Cercai di tornare dentro ma Pauline,
entusiasta all'idea di fare qualcosa per lui, me lo impedì,
anzi, preoccupata com'era, m’impose di sbrigarmi, io cercai
di tendere l'orecchio ma udii solo un brusio confuso,
perché, ora che mi trovavo all'esterno, sottostavo anch'io
agli incantesimi che Emerson aveva imposto a porta e pareti: ripensai
all'espressione divertita di William quando gli ero passata accanto,
uscendo, e all'occhiata strana che si era scambiato con mio
fratello. Quei tre dovevano dirsi qualcosa
d’importante ma non volevano che noi ascoltassimo, dal
turbamento di Rigel, lo capivo solo ora, era facile intuire che
l'argomento sarebbe stato Mirzam: forse sapevano qualcosa di vitale su
di lui, magari proprio dove si trovasse e cosa facesse... Ed io, come
una stupida, avevo fatto il loro gioco, precipitandomi fuori in quel
modo! Non sarebbe finita così, però, lo
giurai a me stessa: in un modo o nell'altro, prima ancora di rimettere
piede nel castello, avrei trovato il modo di far parlare mio fratello!
***
Alshain Sherton
Herrengton, Highlands - lun. 3 gennaio 1972
Mi materializzai in mezzo alla neve, sulla
spiaggia, ai piedi della collina. L'aria salmastra mi permeava
le narici, saliva dal mare mista agli schizzi d'acqua salata
trasportata dal vento, si univa alla neve e al freddo e mi mozzava il
respiro, le gambe sembravano macigni e la mia angoscia aumentava, passo
dopo passo, mentre incerto cercavo di raggiungere la
sommità. Due dei miei figli in quel momento erano
diretti a Hogwarts, quella era la mia unica consolazione: almeno loro,
per qualche mese, sarebbero stati al sicuro con Dumbledore, Milord,
infatti, anche se non ne intuivo il vero motivo, sembrava temere
soltanto quel dannato Mezzosangue!
I rami quasi spogli di una quercia imbiancata mi sovrastarono, io,
figura nera e dolente, mi avvicinai al tronco, lo sfiorai e mi ci
abbandonai contro, cercando con fatica di recuperare il fiato: non mi
ero ancora ripreso dalla malattia, non avevo il pieno controllo di me e
delle mie forze. Mi lasciai sferzare dal freddo, sfilai il cappuccio,
il vento, violento, pareva volesse strapparmi via anche il mantello,
lasciai che giocasse con me, come fossi una foglia, camminando a
stento, fino al cerchio di pietre e al pino solitario che si ergevano
sul punto più alto della collina. Da ragazzino,
quando correvo a perdifiato fin lì, sconvolto e infuriato,
immaginavo che da quel tronco uscissero braccia capaci di confortare,
quasi fossero le braccia di una madre. Le braccia di mia
madre. Chinai lo sguardo: senza volerlo davvero, ero giunto di
nuovo fin lì, come ogni altra volta. Sotto la neve
caduta abbondante, la forma del suo sepolcro s’intuiva appena
e solo perché mio padre aveva voluto rendere omaggio alla
donna amata, facendo realizzare un'aquila di pietra con le ali
spiegate, pronta a spiccare il volo da quel triste rettangolo di
morte. Un'aquila che reclamava la liberà, proprio
come, alla fine, l'aveva reclamata lei. Con la mano guantata iniziai a
spazzare via la neve granello dopo granello, fino a svelare la testa
del rapace e i suoi occhi blu, le rune incise nella pietra sottostante
e l'immagine di lei, seduta sull'erba, in cima a quella collina, i
capelli corvini mossi dal vento, gli occhi ridenti d'amore. Mi
si strinse il cuore: giorno dopo giorno, Meissa assumeva tratti sempre
più simili ai suoi.
“Alshain è una stella della Costellazione
dell'Aquila, e l'Aquila è sempre stata il simbolo dei Meyer:
ho voluto che portassi questo nome perché non dovrai mai
dimenticare di essere qualcosa di più di un importante
Sherton... Tu sei e resterai sempre la parte migliore di me...
”
La sua voce non apparteneva ai ricordi, non viveva nella mia mente: la
sua voce si librava su quella collina, nel vento, tra quei rami,
nell'urlo del mare feroce contro gli scogli, lei viveva lì,
in ogni fiocco di neve, in ogni stelo d'erba, lei era e sarebbe stata
per sempre un tutt'uno con quel mondo che aveva tanto amato, dove
portava mio fratello e me, fin da piccoli, a imparare a volare. Eravamo
gli ultimi della sua famiglia, per questo voleva che fossimo Sherton,
ma che in noi sopravvivessero i Meyer: ci aveva insegnato ad amare il
Quidditch come tutti loro, perché fossimo come suo fratello
e suo padre e suo nonno e tutte le generazioni che ci avevano
preceduto. Eppure, per quanto mi avesse spronato e amato, non
mi aveva visto crescere simile a lei, aveva visto solo un ragazzino
stupido e violento, compiaciuto di essere uno Sherton arrogante: non mi
aveva visto cambiare, giorno dopo giorno, accanto a Deidra e ai miei
figli, non aveva visto la parte di me che sapeva amare, che sapeva
godere della natura e degli affetti, che sapeva
perdonare. Quella parte di me che nasceva da lei: era per lei
che ero così, che i miei figli erano
così. Ed ora... ora avrei dovuto nascondere ancora
una volta la natura che condividevo con lei. La bocca divenne
arida e le lacrime mi salirono agli occhi come le onde che
s’infrangevano sugli scogli sottostanti: guardai ancora il
suo volto, le dita scivolarono nude sull'immagine delle sue guance
ridenti, sentendo la stessa nostalgia e fame e necessità di
quando ero un bambino attratto dal profumo di buono della sua pelle,
ma, da bravo Slytherin, già troppo orgoglioso per
ammetterlo. Avevo pensato spesso a mia madre durante la
convalescenza, e contro ogni ragionevolezza, avevo sentito il bisogno
di correre lì anche quel giorno, benché non ce ne
fosse il tempo, benché dovessi agire con rapidità
e prudenza, mantenendo saldo, soprattutto, il controllo su me
stesso. E invece, mentre la neve si depositava fitta sulle mie
spalle e inzuppava i miei capelli, non pensavo a cosa dovessi fare, mi
chiedevo soltanto, ancora una volta, se fosse giusto farlo.
“Tutti
noi siamo fatti di luce e di oscurità, e dinanzi a noi si
aprono, costantemente, sia la strada che porta alla virtù
sia quella che conduce alla perdizione; non è prestabilito
quale delle due percorreremo nella nostra vita, è una scelta
esclusivamente nostra, da rinnovare ogni giorno. Crescendo, scoprirai
anche che queste strade non sono linee rette, ma percorsi tortuosi che
spesso si sovrappongono, al punto che il male diventa, a volte, l'unica
strada per far prevalere il bene... ”
Me l'aveva ripetuto spesso, ogni volta che fuggivo da lei, sconvolto,
chiedendole perché ci fosse cattiveria in me, se io ero la
parte migliore di lei e lei era tanto buona: eravamo su quella collina,
proprio sotto quel pino, la prima volta che mi aveva parlato del Male
che a volte si compie per realizzare il Bene... Proprio quel Male fatto
per il Bene, alla fine, me l’aveva portata via. E di Male,
nella speranza di proteggere ciò che amavo, io stesso ne
stavo facendo, e ne avrei dovuto fare, fin troppo...
*
Inizio
flashback, Londra 31 dicembre 1971 (seguito di "Paternità")
“È questa la protezione di Habarcat? È
questa? Che cosa sono io adesso? Chi sono?”
“Habarcat non si è mai comportata
così… nessuno mai è uscito vivo da una
situazione del genere… io non so cosa significhi, non so
quali conseguenze avrai per quelle Rune così velate, ma non
dire che Habarcat non ti ha protetto, perché se sei vivo,
è stata lei a concedertelo…”
“Io non sono in debito con la tua Fiamma… chi mi
ha salvato è stato Mirzam!”
“Hai ragione, è stato lui, con il suo coraggio, a
salvarci tutti… allora capirai che è per lui che
devi smettere di fare il bambino! Se vuoi ripagare il debito che hai
con lui, devi permettermi di aiutarlo e la strada per farlo, mi spiace,
è questa! Odiami se ti fa sentire meglio, ma non permettere
che il tuo odio e il tuo dolore siano un danno per Mirzam. Non devi
dire a nessuno quello che sai, me lo devi giurare, me lo devi giurare e
accettare di essere Custode di questo segreto o lasciare che io agisca
sui tuoi ricordi, per impedirti di tradirci anche contro la tua
volontà… Non usciremo da qui fino a che non mi
avrai dato una risposta: preferisci mantenere la coscienza della
verità e aiutarmi consapevolmente o lasciare che risolva le
cose da me, che ti faccia dimenticare? Non hai altra scelta,
Rigel… l’hai visto con i tuoi occhi cosa sono
capaci di fare… l’hai sentito sulla tua pelle che
persone sono… ed io sono pronto a tutto per proteggere le
persone che amo… ”
“Io ti odio!”
Mi aveva guardato con
occhi pieni di lacrime, consapevole che non c’era altra via
d’uscita, l'avevo stretto a me, mentre quelle parole gli
morivano sulle labbra, trasformate in singhiozzi. Poco per volta, piano, per
calmarlo, avevo accarezzato le sue spalle e mio figlio si era placato,
non ero felice di doverlo fare, ma appena si fosse detto pronto l'avrei
Obliviato, avrei guardato nella sua mente e avrei fatto il possibile
perché tornasse un po’ di serenità
nella sua vita.
Invece, quando si era scostato da me, mi aveva chiesto come fosse
possibile mantenere un segreto simile, ed io avevo commesso l'errore di
parlargli dell'Incanto Fidelius, uno degli antichi Sigilli (3) con cui la
Confraternita e il Ministero mantenevano da secoli, inviolati, i propri
segreti.
“La Magia nasconderebbe l'informazione dentro di te, e
lì resterebbe, sempre che tu non voglia rivelarla...
”
“Vuoi dire che non riuscirebbero a estorcermi l'informazione,
nemmeno con la tortura o con gli incantesimi?”
“No. L'unico modo per prelevare un'informazione dal suo
Custode Segreto è che il Custode stesso voglia rivelarla e a
sua volta, la mente di colui cui la rivelasse, sarebbe protetta
dall'incantesimo, trasformandolo in Custode Segreto... Solo il Custode
Segreto può decidere insomma di parlare, o se preferisci,
tradire. So che non hai fiducia in me e in quello che ho sempre cercato
di insegnarti, che non credi nella Confraternita e nei nostri principi,
ma ti assicuro che quello che deve fare Mirzam è importante,
più importante della verità, del potere, persino
della nostra vita... se Habarcat cadesse nelle mani del Lord o di
chiunque altro non sia il suo Custode... ”
Rigel aveva chinato lo
sguardo, forse si sentiva in colpa per le parole dette poco prima, io
avevo cercato di fargli sentire la mia presenza, senza costringerlo a
guardarmi o parlarmi. Eravamo
rimasti in silenzio, nella stanza buia, per minuti interminabili, preda
delle nostre incertezze: l'unica scelta razionale era smettere di
essere il padre che ero sempre stato, imporre la mia
volontà, non dargli scelta, Obliviarlo, fare quello che il
mio vecchio avrebbe fatto al mio posto. In fondo, prima di
scoprire che Rigel aveva, per sbaglio, scoperto la verità,
avevo già scelto di mentirgli, e un Oblivion era niente
rispetto all'Imperius che avevo fatto anni prima a Mirzam... Quando,
però, Rigel aveva alzato gli occhi su di me e mi aveva
fissato, avevo compreso che non potevo obbligarlo, dovevo convincerlo
che dimenticare fosse la cosa giusta, perché con tutto
quello che aveva fatto per noi, mio figlio si era già
guadagnato il diritto di essere trattato da uomo.
“Non importa cosa penso di Habarcat, della Confraternita o
dei Riti... quello che conta per me sei tu, la mamma, i miei fratelli,
ciò che provo per voi... Voglio che tu m'imponga quel
Sigillo!”
“Ti prego, rifletti: se te ne servirai, ti manterrai sempre
consapevole della realtà e dovrai rendere conto delle
conseguenze delle tue scelte alla tua coscienza, anche quando
sarà tutto finito; qualunque cosa accadrà, non
potrai tornare indietro, subirai e vedrai chi ami subire e non potrai
evitarlo... se accetterai il Sigillo, potresti trovarti di fronte a
scelte impossibili: cosa accadrebbe se dal tuo silenzio dipendesse la
vita dei tuoi fratelli o di tua madre? La responsabilità ti
devasterebbe! Lascia che ti aiuti a dimenticare, Rigel! Tua madre ha
compreso la situazione ed ha accettato, perché se fosse
costretta, non potrebbe mai scegliere uno di voi al posto di un
altro... mi occuperò io di Mirzam, non temere, non farti
carico di un compito che è solo mio!”
“Solo tuo? E la responsabilità di tutti noi nei
suoi confronti? Cosa accadrebbe se tu fossi il solo a conoscere la
verità e ti accadesse qualcosa? Dovrei lasciare che mio
fratello finisca ad Azkaban per qualcosa che non ha commesso? Magari
condannato da una mia falsa testimonianza? E tutto questo per cosa? Per
non rischiare di essere torturato o vedere torturare chi amo? Credi che
dimenticare ci salverà dal Signore Oscuro? Da questo genere
di terribili scelte? Io non sono più un bambino che crede
alle favole! Lo so, come lo sai tu, che cercheranno comunque di
piegarci, facendo del male a chi amiamo, e che io sappia o no, per loro
non farà alcuna differenza! La farà per me,
invece... Io non voglio vivere pensando a mio fratello come a un
assassino e a un traditore, quando invece è costretto a
vivere là fuori, lontano, braccato, per proteggerci tutti!
Non è giusto, e tu lo sai! Come sai che nemmeno Meissa e la
mamma dovrebbero vivere nella menzogna!”
“Quello che ha deciso tua madre per sé e quello
che abbiamo deciso per tua sorella non è affar tuo, Rigel,
qui si sta parlando di te, di cosa vuoi fare riguardo alla situazione
che si è creata... ”
“Io voglio ricordare! Quanto a Meissa, è compito
tuo, vero, ma se fossi in te le direi la verità! Non
m’importa se ora mi punirai per la mia arroganza, tu stai
sbagliando! Se pensi che Meissa sia debole, la conosci meno di quanto
credi: lei lo ama, più di quanto immagini, più di
quanto ama te! Se le mentirai, la perderai! E ti pentirai per tutta la
vita di non avermi ascoltato!”
Un brivido mi
attraversò la schiena, poteva finire così, ma non
avrei esposto di nuovo Meissa, l'orrore degli ultimi giorni era stato
causato proprio dalla mia decisione di coinvolgerla nella storia di
quel maledetto anello: a causa mia Mirzam era stato costretto ad
agire... solo a causa mia... Restai in silenzio,
decisi di reprimere paura e disagio, mi concentrai sull'incantesimo:
avevo fissato mio figlio, mi ero specchiato nel suo sguardo, avevo
guardato oltre, violando con la Legilimanzia i suoi pensieri, per
saggiarne la forza, mi resi conto che era motivato e determinato, non
era più un bambino, il recente dolore l'aveva forgiato
più di quanto avessi temuto e sperato. Andando più
a fondo, ero rimasto ancora più sorpreso, quando avevo
trovato, celati dietro il pudore e l'orgoglio, l'amore e la devozione:
c'era questo in mio figlio, un amore assoluto e vero per noi,
più devastante e profondo di quanto avessi mai immaginato,
le sue parole si basavano perciò non sul fuoco
dell'adolescenza, ma su sentimenti concreti e palpitanti. Non avevo provato
nulla di simile alla sua età, solo quando avevo conosciuto
Deidra e avevo finalmente tenuto tra le braccia i nostri figli, il mio
cuore si era aperto a quelle emozioni: ciò che avevo
davanti, nell'animo di mio figlio, era l'amore concreto che permeava la
mia famiglia. Senza
altri indugi, avevo iniziato a recitare la formula, stringendo le sue
mani nelle mie, poi ero sceso più a fondo, nei suoi ricordi,
nel pozzo oscuro delle sue paure e dei suoi incubi, per trovare l'odio
e alimentare con esso la sua determinazione, era ancora molto giovane,
e il segreto troppo vitale per noi, sarei ricorso anche all'aiuto della
Magia Oscura, per rendere ancora più forte la sua
volontà: mi trovai davanti al mostro che mio figlio rivedeva
di continuo, quello che lo divorava, gli toglieva il sonno, lo
tormentava, trafiggendolo con voce metallica e risate inumane. Avevo visto, come
fossero dinanzi a me, l'orrida maschera d'argento e le fiamme di
Habarcat, avevo sentito il dolore nella pelle, nella carne, la sua
paura e la certezza della morte. Non ero riuscito a
resistere a lungo, il racconto che me ne aveva fatto, censurato da
dignità e riserbo, non mi aveva preparato a viverla in prima
persona: sentire con la mente e il corpo come quel mostro avesse ferito
e torturato mio figlio, scatenò in me un odio cieco,
irrazionale, profondo. Non
volevo soltanto uccidere, desideravo infliggere i tormenti
più terribili, l'agonia più crudele a chi gli
aveva fatto del male. Sarei
stato capace di tutto, in quel momento, ma non potevo permettermi di
perdere lucidità, dovevo completare quell'incantesimo,
perciò respirai a fondo e, seppur a fatica, mi calmai. Sapevo che, prima o
poi, sarei dovuto scendere a compromessi, avrei dovuto fare di tutto,
anche le azioni più turpi, per preservarli dal Male che ci
insidiava ma il disgusto mi aveva sempre fatto desistere: ora, vedere
in faccia quella violenza perpetrata su un ragazzino di tredici anni,
mi aveva scosso, non c'era più tempo da perdere, non c'erano
più tattiche da attuare, l'unica possibilità era
nascondere il desiderio di vendetta dietro a una maschera di codardia e
cupidigia, e mentire, contando proprio sulla forza dell'odio che
provavo per essere convincente. Deposta la Bacchetta
usata per la prima parte dell’incanto Fidelius, avevo
tagliato il mio palmo e il suo con uno dei pugnali che avevo sempre con
me, avevo visto il suo sangue fondersi con il mio, avevo tracciato con
le dita e con quel sangue, sul suo petto, all’altezza del
cuore, la Runa della luna blu (4), e dentro le sue spire, le Rune
contenenti il nome di Mirzam e di Rigel, avevo pronunciato, lentamente,
la litania con cui incatenavo gli spiriti dei nostri padri a difesa
della sua volontà. Infine, avevo baciato
la Runa sul collo di mio figlio e avevo recitato l'ultima parte
dell'Incanto Fidelius al suo orecchio, Rigel si era staccato da me,
allontanandosi di un passo, ci eravamo fissati. Alta, nel cielo
improvvisamente sgombro di nubi, riluceva l’ultima luna piena
dell’anno. Finché
la devozione avesse albergato nel suo cuore, alimentandosi anche
dell'odio che provava per Milord, mio figlio non avrebbe tradito suo
fratello e la nostra missione. Avevo appena
trasformato l'amore che Rigel provava per noi nella sua forza
più grande. E
anche, probabilmente, nella sua condanna.
Fine
flashback
*
“Dovresti stare lontano da
qui, lo sai... ”
Mi voltai di scatto, colto di sorpresa, la mente ancora persa nei
ricordi di quella sera maledetta, le gambe affondate nella neve: Fear
era dietro di me, sembrava un antico Druido, nella sua calda tunica di
lana grigia, il bastone e il cappuccio calato sugli occhi, da cui
emergevano le chiome candide; mi risollevai, più agile di
quanto sperassi, gli balzai quasi addosso, rischiando di travolgerlo,
lo presi per la barba, schiacciandolo contro il pino, guardandolo con
occhi da pazzo.
“Come osi presentarti al
cospetto dei miei cari? Non devi mai, MAI, salire
quassù!”
“Lo so... Sono qui solo per
portarti via... Ora calmati e seguimi... si è fatto tardi...
andiamocene... ”
Mi afferrò il gomito, provò ad allontanarmi dal
pino, mi divincolai, facendolo quasi cadere.
“Non mi toccare! Che tu sia
maledetto! Hai fatto di testa tua, di nuovo! Dovrei
ucciderti!”
“Non potevo fare altrimenti,
Alshain… Era l'unica soluzione o non sarebbe stato
credibile... ”
“Non sarebbe stato credibile?
Ti rendi conto che con la tua idea geniale mi hai privato dell'unica
merce di scambio che avevo per salvare i miei figli? Che tu possa
marcire all'inferno!”
“Nemmeno tu hai mai pensato
veramente di cedere Habarcat al Signore Oscuro, perché sai
bene quanto me che non servirebbe a nulla! L'hai detto tu stesso: una
volta entrato nelle Terre, la vostra vita varrebbe meno di zero per
lui, dopo un po' ti darebbe la caccia di nuovo, i tuoi figli sarebbero
ancora in pericolo... Così invece lui continuerà
ad avere bisogno di te e dei tuoi figli... tutti... e, soprattutto...
vivi... Ora andiamocene di qui... Jarvis sta per arrivare... ”
La consapevolezza si fece largo nella mia mente, ricordai il vero
motivo, per cui mi trovavo lì, quale fosse la vera risposta
che avevo cercato sulla tomba di mia madre: ero lì per un
segno, un'intuizione, una soluzione alternativa al folle piano ideato
da Fear. L'unica concessione che ero riuscito a strappare al
vecchio bastardo era di farmelo rivedere almeno una volta, prima di
dare l’avvio alla missione e, probabilmente, dividerci per
sempre.
“Se ci sbrighiamo, potrai
salutarlo, non solo vederlo! Era ciò che mi hai chiesto, no?
Dovresti essere contento, non fare questa faccia da disperato! Salazar,
sei debole, proprio come lui!”
“Taci, o ti giuro che stavolta
non arriverai vivo su quella spiaggia!”
“Se servisse a risvegliare il
tuo spirito, mi sacrificherei volentieri, ho vissuto anche troppo... Ma
non è tempo di essere deboli o incerti, Alshain, ci vuole
una guida forte per reggere la Confraternita e proteggere la tua
famiglia in questi tempi oscuri... Io sto facendo solo quello che
devo... e bene o male, anche Mirzam porta avanti la sua parte... se
farai anche tu la tua... ne verremo fuori... tutti!”
Lo scansai di malagrazia, iniziando a scendere dalla collina, in
silenzio, rapido, così da non doverlo né sentire,
né vedere, ma Fear non si lasciò distanziare,
anzi mi si affiancò, arrancando con il bastone per non
scivolare nella neve, lo guardai di sottecchi, vidi che aveva
l'insolito sguardo speranzoso che ben conoscevo, quello che gli si
dipingeva in faccia quand'ero ragazzino, dopo una ramanzina, quando era
certo che, dopo il momento della ribellione, avrei capito la
lezione. E poco alla volta, infatti, come facevo da ragazzo,
rallentai trovandomi dietro di lui... Camminando sui suoi
passi... Aveva ragione: era un malefico bastardo ma aveva
sempre, dannatamente, ragione e camminare sui suoi passi, seguire i
suoi consigli, ancora una volta, era l'unica cosa giusta da
fare. Avevo paura, ne avevo motivo, anzi un milione di motivi,
paura di non essere abbastanza forte, intelligente, abile, da
affrontare un nemico tanto potente e pericoloso: odiavo il Signore
Oscuro, la sua immorale falsità, la sua natura, la sua
follia, ma non ero così cieco da non riconoscere e ammirare
la perfezione, l'audacia, la determinazione, la sicurezza e la potenza
dirompente della sua Magia. Ancora di più, avevo
paura di me stesso, dei dubbi che provavo, della voce della coscienza,
dei principi su cui avevo fondato me stesso e la mia famiglia: erano
stati per anni la mia forza, ora rischiavano di essere la mia
più letale debolezza, anche se, in fondo, non ne ero del
tutto convinto. Fissai gli occhi sul sentiero, svuotai la
mente e pensai solo a non cadere, ma subito l'idea che avrei rivisto
Mirzam e che quella sarebbe stata l'ultima volta, mi riempì
di gioia e di disperazione. La decisione era stata presa il
primo giorno dell'anno, avevo convocato Jarvis Warrington
perché mandasse un messaggio a Fear, non potevo rischiare di
avvicinarlo direttamente: dopo la serata a Black Manor e la spiacevole
conversazione con Malfoy, era diventato urgente accelerare i piani, i
ragazzi si sarebbero messi in marcia subito, Fear li avrebbe seguiti,
addestrando Mirzam e Sile non nel rifugio ma direttamente in viaggio,
non c’era più tempo da perdere. Presto, a
Doire, qualcuno avrebbe di certo scoperto che erano state sottratte
anche le pergamene, ed Emerson avrebbe riferito al Lord quale fosse il
possibile scopo di Mirzam, mettendo in moto tutte le sue conoscenze per
ostacolarlo… Non potevo, però, lasciarlo
partire senza averlo rivisto almeno un’ultima volta: era
già straziante che Deidra avesse dovuto rinunciare a lui e a
ricordare la verità. Ricacciai indietro a fatica la
sensazione di vuoto e disperazione che mi stringeva il
petto. All'improvviso, sotto i piedi, sentii la discesa farsi
meno ripida e il rimbombo della risacca mi apparve molto più
vicino, alzai lo sguardo e in quel preciso istante, seppur da lontano,
assistetti alla materializzazione di tre figure scure e incappucciate,
sulla spiaggia candida, proprio dinanzi a me. La
più alta si scoprì il capo e sentii un tuffo al
cuore, quando rividi finalmente il volto amato di mio figlio.
“Mirzam... ”
Lasciando da parte l'abituale contegno che mostravo in pubblico, mi
affrettai sulla sabbia innevata e accelerai ulteriormente il passo,
quando lo vidi tremare della mia stessa emozione: Mirzam
guardò la figura più bassa al suo fianco, che gli
teneva la mano stretta nelle proprie, si chinò a baciarla
affettuoso per congedarsi, poi si staccò da lei, per correre
ad abbracciarmi.
“Padre... ”
Lo strinsi a me e lo baciai sulle guance, mentre gli occhi mi si
riempivano di lacrime.
“Come stai, come stanno i miei
fratelli... e la mamma... e… ”
“Stanno tutti bene, sono al
sicuro: tua madre e i bambini sono a Doire, i tuoi fratelli
più grandi a Hogwarts, quanto a me, sto bene, non ti
preoccupare, e ora che finalmente ti rivedo... sto anche
meglio…”
“Perdonami... ”
“Per cosa? Non è
successo nulla... siamo stati solo ingenui... e ci hanno colto di
sorpresa... ”
Ci fissammo, Mirzam annuì: avevamo commesso entrambi gli
stessi errori, nessuno dei due aveva intuito quanto il Lord e i suoi
fossero avanti con i loro piani e, soprattutto, nessuno dei due si era
fidato abbastanza dell'altro per parlare delle proprie decisioni e
impressioni.
“Se avessi
immaginato... ti assicuro che era mia intenzione dirti
dell'anello ma... ”
“Lo so... ammetto che
all'inizio non avevo compreso e ho persino sospettato di te, ma solo
perché non ti vedevo arrivare, nonostante gli appelli di tua
madre... ”
Lo vidi arrossire, mentre il suo sguardo vagava colpevole verso la
figura immobile di Sile. Arrossii anch'io, avrei commesso il suo stesso
errore, al suo posto. Ero stato uno sciocco, dovevo saperlo ormai che
era l'amore, non l'odio, a muovere tutti i suoi passi, proprio come i
miei.
“Tua madre mi ha detto
dell'anello che le hai affidato... Salazar, se tu non fossi stato tanto
audace da intervenire su tua sorella e dare quella pietra a Sirius
Black... hai salvato la mia vita e quella dei tuoi fratelli... Hai
fatto per la tua famiglia molto più di questo tuo padre
degenere... Ed io, invece, per te... per te non sono stato capace di
fare nulla… Hai dimostrato spirito di sacrificio e coraggio,
siamo tutti orgogliosi di te... dovresti sentire tuo fratello come ti
difende... ”
“Spero solo che non si metta
nei guai per questo... abbine cura, per favore, di tutti... di
Meissa... io... in realtà avevo chiesto al ritratto di
Phineas (5)
di raccomandarsi con suo nipote di non dare a nessuno quella pietra, di
non dire a nessuno che l’aveva lui, la mia idea era che le
due parti non si riunissero mai più, o chissà,
magari un giorno per sbaglio, se lui e Meissa... A quanto pare ha fatto
bene a non fidarsi di me, a chiedere una tua opinione... Tienitelo ben
stretto, quel ragazzo, padre... Hai ragione, i cravattini non contano,
conta solo ciò che abbiamo dentro... e Sirius Black, come
suo padre, ti ama e ti ammira... ”
Annuii, ero felice che condividesse la mia stima per quel ragazzino, ma
non era ai Black che volevo pensare in quel momento: era più
difficile del previsto, non gli stavo dicendo nulla di quello che avevo
nel cuore, nessuna delle cose davvero importanti; mi staccai da lui per
guardarlo negli occhi e fare chiarezza, ma in quel momento Fear si
avvicinò di più alla riva, l'acqua
s’increspò e dalla foschia di fiocchi di neve
emerse la punta scura di un battello. Il tempo era scaduto,
sentii il cuore stringersi, ancora di più. Il
vecchio salì sul barcone e con l'aiuto di Jarvis
issò Sile al suo fianco.
“Muoviti, Mirzam, la luce sta
scivolando oltre la montagna... dobbiamo andare!”
Anche Mirzam mi guardò triste e deluso, aveva tante cose da
dirmi e da chiedermi, ma non c'era più tempo, come non
c'erano promesse realistiche da fare l’uno
all’altro.
“Voglio che ti prenda cura di
te e di Sile... State sempre, e ripeto sempre, insieme... e ricordati,
potete rinunciare a tutto ma non al dono di nozze di Orion: ho chiesto
a Fear di farne dei talismani potenti, funzionano al meglio quando sono
in coppia, d'accordo?”
“Va bene, li porteremo sempre
al petto... ”
“La missione è e
sarà sempre di secondaria importanza rispetto alla vostra
vita... non te lo dico come padre, con sentimento, te lo impongo come
Guida della Confraternita, questo è un ordine: devi fare di
tutto per sopravvivere, perché potresti essere tu il
prossimo erede di Hifrig... Non possiamo permetterci di perderti, per
questo Fear verrà con voi... farete tutto quello che vi
dice, so che è insopportabile, ma senza di lui non potreste
farcela: se l'impresa si rivelasse più ardua del previsto,
ha l'ordine di riportarvi indietro, perciò non devi
disubbire o ostacolarlo... Se invece fosse lui a non rispettare
quest’ordine, hai l'obbligo di lasciarlo indietro e tornare
con Sile alla grotta... nel frattempo, con le indicazioni di Salazar,
lo renderò un luogo sicuro... visto ciò che
contiene... ”
“Quella grotta sarà
sicura solo quando avrò trovato ciò che
cerchiamo... le pergamene parlano chiaro... anche un Mago esterno alla
Confraternita potrebbe sentirla, se avesse in mano... ”
“Non temere... Emerson
avrà già parlato al Signore Oscuro anche di
questo... conoscono da tempo questa informazione, magari l'hanno
sottovalutata, visto che finora era inutile, tutti sapevano dove fosse
la Fiamma, non c'era bisogno di cercarla... Al contrario, non hanno mai
avuto in mano il libro dell'anello, non sanno cosa devono cercare: di
certo immaginano che i Traccianti (6)
siano degli oggetti realizzati a quest'unico scopo, noi sappiamo invece
che sono quattro oggetti comuni cui i Fondatori hanno applicato degli
incantesimi potenti… Dobbiamo solo trovarli... Siamo in
vantaggio... Ora vai... fate buon uso delle scorte di Polisucco e non
usate la Magia del Nord... la vostra prima tappa è
all'interno di territori che ci sono da sempre ostili... e... abbi cura
anche di... ”
Mi guardò sorpreso, io abbassai gli occhi, non potevo
esimermi dal raccomandarmi per lei, per Margareth, per quella ragazzina
che aveva segnato pesantemente i nostri rapporti, e che ora, per
devozione a Fear, aveva voluto mettersi in gioco aiutandoci in una
missione tanto difficile.
“Voglio conoscere tutta la
storia, un giorno... voglio chiudere quella pagina della mia vita, una
volta per tutte... ”
“Lo so… Ma non
pensare a questo, quando l'avrai di fronte a te, lei è stata
una vittima, proprio come te... Ti prometto che scoprirò
tutta la verità e ti dirò tutto ciò
che devi sapere... ”
Ci abbracciammo ancora, mentre Fear, a suon d’imprecazioni,
ci invitava a muoverci. Lo accompagnai fino alla barca portata
a riva, il mare si stava alzando per la marea, mentre la tempesta
sembrava placata, grazie agli incantesimi del vecchio: finalmente
vicino, salutai Sile con un cenno del capo, non c'era tempo per i
convenevoli, e Jarvis con una stretta di mano. Infine, insieme,
aiutammo Mirzam a salire.
“Che cosa sta
succedendo?”
La barca si era inclinata pericolosamente appena mio figlio si era
issato a bordo, ci guardammo tutti allarmati, non era mai accaduto
prima, era la Magia delle Terre del Nord, da sempre, attraverso le
preghiere scritte con le Rune che impreziosivano i suoi legni, a
renderla resistente a ogni forza, magica o naturale; quella sera,
invece, benché Mirzam si fosse subito spostato al centro,
per non disallinearla, l'imbarcazione continuava a mostrarsi instabile.
Non capivo, ricordavo qualcosa sulle proprietà di quella
barca ma al momento mi sfuggiva. Con un balzo, strano per la
sua età, Fear corse al timone, alzò il bastone
sopra la sua testa e urlando una serie d’incantesimi in una
lingua diversa dal gaelico, ne riprese a fatica il controllo:
immediatamente, il battello si rimise in equilibrio e, sotto le domande
sbigottite e le voci preoccupate di tutti noi, si mosse, mentre Jarvis
tentava inutilmente di ritirarla in secca per assicurarsi che andasse
tutto bene e Mirzam cercava di ottenere risposte da un Fear infuriato,
invano. La vidi guadagnare il largo molto velocemente,
seguendo la rotta, seppur traballante, poi la sagoma scura fu
inghiottita nella foschia e il battello s’immerse nelle acque
gelide dell'oceano.(7)
“Quale altra dannata
diavoleria è questa? Che cosa ha fatto Fear alla barca
stavolta?”
All'improvviso ricordai: una leggenda parlava della
“Barca” come di una bilancia, i cui bracci potevano
sostenere al massimo il peso di tre vite, ma nel corso delle ultime
generazioni, usata solo nelle notti destinate alla celebrazione delle
Rune, aveva sempre portato su di sé il peso di due soli
giovani alla volta, senza dare mai alcun cenno di problemi. Neanche in
quel momento doveva darne, visto che sull'imbarcazione c'erano solo tre
persone, tre vite: quelle di Mirzam, di Sile e di Fear... A meno che...
Quella barca si era inclinata perché portava su di
sé un peso eccessivo? Il peso di una quarta vita,
non prevista? Se la ragione era quella, però... se Sile era
davvero incinta, allora le probabilità che uscissero vivi da
quell'impresa disperata… si riducevano a ben misera cosa. Mi
portai le mani alla testa, trattenendo a stento le imprecazioni, mi
avvicinai di più all’acqua, nella mente le
immagini di mio figlio e di Sile nelle gelide pianure dell'est, da
soli, braccati dagli uomini di Milord, con un bambino da accudire e un
vecchio pazzo come unica guida. Non era
possibile... Un bambino… quella che poteva e doveva
essere per tutti noi solo fonte di gioia… ora rischiava di
diventare… La vita di mio figlio, la missione, i
nostri piani, la nostra stessa sopravvivenza… Tutto
era nelle mani di un bambino non ancora nato…
***
Rigel Sherton
Hogwarts, Highlands - lun. 3 gennaio 1972
“ “Conosci la storia di
Sheira nic a Thoin, vero?” (8) l’ho
sentito bene, con le mie orecchie, quello stupido di Ackerly,
perciò non mentire! Di cosa avete parlato quando vi siete
liberati di me?”
“Stupida sciocchina, fammi
capire: ti sei lasciata sfuggire anche
l’opportunità di stare in carrozza col tuo
principino Black solo per le buffonate di quei due secchioni?
Salazar... ne hai ancora parecchie di cose da imparare!”
Ghignai e feci uno sberleffo a mia sorella, lei
m’incenerì con un’occhiataccia ed io
scoppiai a ridere, un po' per la sua espressione buffa, un po' per
dissimulare: con una scusa mi aveva attirato in fondo alla coda per le
carrozze, a Hogsmeade, e ora che eravamo soli sull’ultima
vettura disponibile, mi stava sottoponendo a interrogatorio,
com’era prevedibile, sui discorsi fatti in treno. Quello
stupido di Craig non aveva nemmeno aspettato che le ragazze fossero
uscite ed io, invece di prestargli ascolto, mi ero messo subito
all’opera per elaborare una strategia che mi salvasse da
Meissa: conoscevo mia sorella, non era una stupida e di sicuro aveva
capito al volo che, se l'avevo allontanata, era per non farle ascoltare
le teorie dei miei amici. D'altra parte, non era una mia idea: se si
trattava di Confraternita, mio padre era stato chiaro, io dovevo sempre
negare, mentire, dissimulare, a chiunque e in qualsiasi modo,
soprattutto se si parlava di Mirzam e soprattutto se c'era di mezzo mia
sorella. A me, l'idea di mentire, faceva venire il voltastomaco,
però, forse, la strategia che avevo in mente, restare sul
vago e dire quello che avevo sempre detto di mio fratello, poteva
essere efficace.
“Allora? Cosa gli hai
risposto?”
“Che cosa dovevo rispondergli
secondo te? Lo sanno tutti che è stata la prima antenata
degli Sherton di cui si conosca il nome! E la prima di noi che si sia
fatta rubare Habarcat... Gli ho pure detto che se quella sceneggiata
serviva a ricordarmi che è nostro destino farci fregare la
Fiamma... ”
Ridacchiai, Meissa mi guardò non troppo sorpresa dal mio
tono irriverente, forse lo considerava solo un po' fuori luogo, vista
l'attuale situazione, ma come pure i miei amici, sapeva che quello era
il tipo di risposta con cui spesso mi divertivo a dissacrare le
tradizioni della nostra gente e a far arrabbiare nostro padre e nostro
fratello: William, addirittura, sapeva che mi ero ribellato anche prima
di prendere le mie ultime Rune, una lite furibonda, alla fine della
quale, se non mi avesse salvato la mamma, sarei finito dritto dritto a
Durmstrang.
“E cosa c'entra tutto questo
con il fatto che avevi mal di testa? Non puoi mentire con me, guarda
che so molte più cose sulle Terre del Nord di quanto tu
pensi, sono persino andata nella Biblioteca di papà e ho
letto che Sheira, quando scappò con il suo uomo,
strappò la Fiamma dal pozzo in cui era custodita e la
portò con sé, non per sfregio alla nostra gente,
ma per sopravvivere. Prima di Salazar, Habarcat non concedeva al
Custode di sopravvivere lontano dalla sua Fiamma e il suo potere era
più instabile e limitato, perciò sottratta alla
nostra gente, avrebbe smesso di proteggere la Confraternita... invece
Sheira fece in modo che ciò non accadesse: aveva studiato le
pergamene degli Antichi, e sapeva fin dove poteva allontanarsi con
Habarcat, mantenendo la sua protezione sulla totalità delle
Terre... poi lei morì, la Fiamma andò perduta,
Salazar la ritrovò, le impose la sua Magia e la
riconsegnò alla Confraternita... ” (8)
“Brava, sei avanti con le
lezioni... a me papà queste leggende le ha fatte leggere
poco tempo fa... ma tanto per me questa roba resta solo un'altra
edificante storiella per bambine romantiche!”
“Non è una
storiella! Le pergamene esistono e ho letto che sono custodite nella
Cancelleria di Doire... chissà se sono sparite anche loro...
Pensaci, Rigel... se fossero state rubate anche quelle... allora
forse... anche stavolta chi ha preso la Fiamma non è detto
l'abbia fatto per tradirci... ”
Sapevo che avrebbe puntato diretta lì, a Mirzam e a
Habarcat: proprio come avevano fatto i miei amici… ma io mi
ero "difeso" bene. La guardai, mi chiesi se sapesse già
qualcosa sulle pergamene, se fosse una trappola per valutare le mie
risposte: pochi giorni prima, sul gazzettino di Doire, in un piccolo
trafiletto, c'era la notizia che il custode della Biblioteca,
insospettito e preoccupato dal racconto di Fear e dal furto, aveva
controllato la teca delle pergamene e aveva scoperto che era sparito
persino il loro contenitore.
“Craig mi ha detto che son
state rubate, ma può essere avvenuto anche cento anni fa,
che ne sai? Nessuno sano di mente andrebbe a spulciare quelle vecchie
pergamene inutili! A cosa servono?”
“Io non credo! Questa
è la prima prova che nostro fratello non ci ha tradito!
Ascoltami e dimmi se sbaglio qualche passaggio... da quello che ha
detto papà, solo l'Erede e il Custode possono spostare
Habarcat senza subire danno, e solo per la sicurezza di Herrengton e
della Confraternita... tutti gli altri, toccandola, morirebbero; se
Habarcat è stata presa, chi l'ha toccata poteva farlo,
dunque può essere stato solo nostro padre, che era in
ospedale, o il Custode, che non si sa chi sia, ma è un Mago
che presta giuramento a Herrengton, pena la morte... se Fear ha visto
nostro fratello con la Fiamma, allora il Custode è lui e ha
agito in nome di Herrengton! Dunque non è vero che ci ha
tradito!”
Scoppiai in una risata, senza nemmeno accorgermene.
“Certo come no... magari ora
dirai che papà e Mirzam sono pure d'accordo! Andiamo! Ti
pare che se fosse come pensi tu, nostro fratello sarebbe in fuga,
costretto all'esilio? Io lo so che ci soffri per Mirzam... Anche se in
modo diverso da te, ci soffro pure io, cosa credi? Io, però,
non tengo le stelline davanti agli occhi come fai tu quando si tratta
di lui, io lo vedo per quello che è: nostro fratello non
è il santo che immagini, come, ci scommetto, non
è il demonio che descrivono!”
“Che cosa vorresti dire?
Neppure tu, dunque, credi alle accuse che gli muovono tutti
quanti!”
“Non lo so, non ho
un’idea precisa, Meissa... no, non guardarmi
così... io lo so che a te lui pare tanto grande, una specie
di dio, anche per me, spesso, è così...
però... pensaci… è poco più
di un ragazzo e a volte, ancora, si comporta da... sbruffone... proprio
come quando aveva la mia età... ”
“Tu lo odi e sei invidioso di
lui, lo sanno tutti... quello che dici per me non conta e non c'entra
nulla!”
“Vedi? Sei tu, quella
prevenuta! Io non lo odio, quando lo capirai sarà sempre
ora! E se proprio vuoi saperlo… almeno io, al contrario di
tutti gli altri, non ti considero più una bambina, per me
sei grande e sarebbe ora che guardassi le cose per come sono!”
Meissa mi guardò incuriosita, io trattenni un ghigno di
compiacimento; quando ascoltavo a scuola i discorsi delle mie compagne,
tutte si lamentavano di essere considerate ancora bambine e immaginavo
che mia sorella non fosse troppo diversa da loro: se fossi riuscito a
sfruttare quel cruccio a mio vantaggio...
“Ormai è ora che
apri gli occhi pure tu: io, tu, la mamma, papà, nostro
fratello, siamo tutti delle persone vere, facciamo errori, non solo
cose giuste... Credi ancora nelle favole, Mei? No! E allora
perché vuoi credere che nostro fratello sia infallibile?
Secondo me, lui si è scelto degli amici sbagliati... quella
Bellatrix non mi è mai piaciuta... e da quanto dice Rabastan
di suo fratello... ”
“Anche a te papà
dice di lasciar perdere Lestrange, ma da quell'orecchio non ci senti,
mi pare... dovrei crederti un assassino e un traditore solo per
questo?”
“Io dico solo che in una notte
di baldoria con loro, nostro fratello potrebbe aver commesso un errore
ed essersi giocato il futuro... magari non l'ha nemmeno fatto apposta,
magari si è ritrovato in una situazione difficile che gli
è sfuggita di mano... ”
“Quindi tu credi davvero che
lui sia andato in giro a far fuori tutte quelle persone? Ti rendi conto
quanto è lungo l'elenco di quelle persone uccise? Tu stai
parlando di un errore, Rigel... ma l'elenco che ho visto sul
Daily… tutta quella gente… non possono essere
stati “tutti” un errore!”
Sospirai, era più dura di quanto mi aspettassi: Meissa aveva
letto più cose di quanto avrebbe dovuto e la mia intenzione
di farle aprire gli occhi senza accusare nostro fratello si stava
rivelando poco efficace, soprattutto perché stava per
scoppiare a piangere ed io non volevo farle del male.
“Vuoi la verità?
Non lo so, va bene? Io so solo che non è la prima volta che
si mette nei guai... Ti ricordi quando è stato via di casa
per tanto tempo, Mei? Ti ricordi quanto eravate tristi, tu e la mamma?
Io non lo so cosa ha combinato quella volta... ma William, che ne sa
poche come me, mi ha detto che suo padre ne aveva dovute fare tante per
tirarlo fuori dai guai... e che nostro padre, anche se alla fine l'ha
perdonato, gli ha detto che non gli avrebbe concesso altri errori...
”
“Non ti credo, Rigel! Non ti
credo assolutamente!”
“E che motivo avrei di
mentirti? Io non ti sto dicendo che Mirzam ha fatto quello che dicono,
che ci ha fatto del male, che ci ha tradito, che ha ucciso non so
nemmeno chi... Anzi, io che lo considero un pallone gonfiato, ci metto
la mano sul fuoco che lui non c'entra nulla! Magari vorrebbe pure, ma
idiota com'è, scommetto che non ne è capace! E
guarda che non lo sto prendendo in giro... Lo dico col cuore,
perché gli voglio bene e vorrei che tornasse a casa, come lo
vuoi tu... la verità, però, è che
ciascuno di noi ha i propri segreti e noi non sappiamo nulla di lui e
dei suoi amici, di cosa combinano quando vanno insieme...
c'è pure la possibilità che si sia trovato nei
guai e abbia dovuto chiedere aiuto alla persona sbagliata... che ne
sai?”
“Se fosse così,
dovremmo aiutarlo noi, non andare a dire in giro che è un
traditore... ”
“Senti Meissa... Io non credo
che Mirzam sia un assassino, d’accordo… ma non
credo nemmeno che nostro padre sia uno stupido... spero che tutto si
aggiusti, ma non so che cosa sia successo, e... a costo di passare per
un vigliacco… in questo momento... non voglio nemmeno
saperlo!”
“Non sei un vigliacco,
Rigel... non lo sei... magari sei stupido ma... e comunque... Mirzam
non ha ucciso nessuno!”
“Io spero che tu abbia
ragione, ma qui l’unico che sa la verità
è proprio lui… e allora, da stupido, che almeno
una cosa giusta la sa, ti dico questo... l'unica cosa che possiamo fare
tu ed io e che io intendo fare è fidarci di papà,
non far preoccupare la mamma e pregare che Mirzam torni a casa sano e
salvo... che si decida a muovere le chiappe e venga a dirci che diavolo
gli è successo... Tutto il resto è fuori dalla
mia portata e dalla tua... Qualsiasi cosa stia accadendo,
però, dividerci e iniziare a darci contro è
l'errore peggiore che potremmo fare!”
La guardai, risoluto, lei aveva chinato lo sguardo e aveva annuito,
nella penombra della nostra carrozza coperta: probabilmente non l'avevo
convinta, ma il mio ragionamento era così serio ed estraneo
al mio modo di fare che doveva essersi preoccupata e spaventata a
morte. Rimanemmo a lungo in silenzio, mentre il castello e le luci
della scuola si stagliavano sempre più nitide davanti a noi:
per la prima volta il pensiero della ricca cena, degli scherzi degli
amici, di una carezza rubata a qualche ragazza in un corridoio buio,
non mi sembravano importanti quanto uscire da quella carrozza con la
certezza di aver fatto la cosa giusta con mia sorella. Le
presi la mano e la guardai in faccia, come non facevo mai, aveva
bisogno, come me, di un abbraccio, di non sentirsi sola,
così la strinsi a me e cercai di non dire nulla di stupido,
quando mi resi conto che aveva iniziato a piangere contro la mia
giacca, anzi la strinsi un po' più forte e le scoccai un
bacio leggero sui capelli, come avevo visto fare Mirzam tante volte,
per consolarla. Non avevo mai dato un bacio a mia sorella, lei
si staccò da me, non capiva, lo vedevo, se facessi sul serio
o la prendessi in giro; per tutta risposta, io la strinsi ancora un
po’, finché lei non mi appoggiò la
testa sul petto, perché non volevo mi guardasse, mentre
glielo dicevo.
“Anch’io ho paura,
Mei, ho paura che non sarà mai più come prima...
che non saremo come prima nemmeno noi... per questo, se vuoi, vorrei
fare un patto con te... Io ti prometto che litigheremo sempre, ma che
non ci separeremo mai, anzi farò tutto ciò che
posso per tenere saldi anche tutti gli altri... anche Mirzam... se
vorrà tornare… ci stai? Mi
aiuterai?”
Sollevò di nuovo gli occhi su di me, ci fissammo, sapeva che
non la stavo prendendo in giro, ero davvero spaventato e avevo davvero
bisogno del suo aiuto, come lei aveva bisogno del mio. Mi
sorrise, il primo vero sorriso da quando aveva salutato papà
in stazione. Poi annuì.
“Naturalmente
continuerò a farti i dispetti, mi piace troppo farti
arrabbiare e scommetto che quando sarai più forte con la
Bacchetta e saprai fare le Fatture più pericolose anche tu,
sarà ancora più emozionante duellare con
te!”
“Sei il solito stupido,
Rigel!”
“E me ne vanto!”
La carrozza, dopo aver percorso il viale che conduceva all'ingresso
della scuola, sotto la neve che aveva ripreso a scendere rada e pigra,
si era fermata, io balzai fuori, ridendo, poi mi voltai per aiutarla a
scendere, ci mancava solo che scivolasse sul gradino ghiacciato e si
facesse male. Lei invece mi superò, rapida, si
chinò a raccogliere un po’ di neve, la
appallottolò e me la tirò addosso, io, colto alla
sprovvista, scivolai e mi ritrovai col sedere per terra, a fissarla
infuriato, mentre i miei amici, da lontano, mi deridevano. Mi
passò vicino, per sbeffeggiarmi ancora, tirandomi altra neve
sulla faccia mentre provavo a rialzarmi, poi, prima di allontanarsi per
sfuggire alla mia ira, rifugiandosi tra le altre ragazzine del primo
anno, si era chinata su di me e, ridendo, mi aveva sussurrato qualcosa
in un orecchio.
“Ti voglio bene
anch’io!”
*continua*
NdA:
Ringrazio tutti al solito per le recensioni, le letture, le preferenze,
ecc.
Il finale di questo capitolo potrebbe sembrare troppo sdolcinato,
Rigel, di solito, non tende a manifestare i suoi sentimenti, ha 13 anni
e con la sorella non va troppo d’accordo, ma dopo averne
viste di cotte e di crude, il processo che li ha portati ad avvicinarsi
si è molto accelerato. Sul gruppo FB ho iniziato a postare
le schede personaggi, se volete vedere quella degli Emerson la trovate qui.
Passo velocemente alle note vere e proprie:
1) Ho già citato Pauline in vari altri capitoli della parte
“Slytherins vs Gryffindors”, come una delle
compagne di studio Ravenclaw di Meissa; inoltre nel primo viaggio in
treno di Mirzam per Hogwarts, avevo parlato di Martha McDougal, una
ragazzina amica di Molly Prewett, probabile cugina o sorella maggiore
di Pauline;
2) Anche in questo capitolo ci sono alcuni riferimenti alle news tratte
da Pottermore: qui ho citato una curiosità svelata nel
discorso del prefetto Ravenclaw;
3) Alshain e Rigel lo chiamano "Sigillo" ma si tratta sempre e soltanto
dell'Incanto Fidelius: a dimostrazione che di là dei
pregiudizi reciproci, la Confraternita e il Ministero praticano la
stessa Magia;
4) A proposito di Esbat
e di Luna
Blu (da wikypedia): nel dicembre 1971 stando al calendario
lunare di quell'anno, effettivamente, la luna piena si è
verificata sia il 1 sia il 31 dicembre;
5) Come faceva Phineas a sapere della pietra? Chi glielo aveva detto?
Ho sempre immaginato che Mirzam fosse entrato con una scusa nello
studiolo in cui è custodito il ritratto di Phineas e gli
abbia mostrato la pietra, e che da buon Slytherin e "Toujours
Pur", il caro patriarca dei Black, dinanzi a una reliquia di Salazar
Serpeverde, abbia accettato senza discutere di aiutare un figlio di
Herrengton... Soprattutto perchè custodire un cimelio
così importante poteva dare ulteriore prestigio all'antica
casata dei Black. Naturalmente, non ho idea se i Quadri abbiano questa
capacità di discernimento, ma visto che su richiesta Phineas
si muoveva, controllava, dava l'allarme, ecc ecc... mi sono presa
questa libertà di interpretazione. Sirius, come sappiamo,
poi ha fatto, da bravo Malandrino, di testa sua... per fortuna!!!
6) Dei Traccianti non ho ancora mai parlato, per ora
è un'informazione che resterà lì,
pronta a tornar fuori al momento opportuno... tenete sotto mano anche
l'altra ff, Old Tales, perchè alcune cose le dirò
proprio lì;
7) Questa barca l'abbiamo vista in varie occasioni: è la
barca che usano Mirzam e Jarvis la notte delle Rune, è la
barca che porta Sile a Herrengton per le nozze, chi segue Old Tales
l'ha vista anche lì, era la barca usata da Cormacc per
raggiungere la Scozia; la vedremo ancora, in seguito. Questa barca
è magica, visto che è usata dalla Confraternita
da oltre mille anni, e sempre da Old Tales abbiamo visto che
è completamente ricoperta di Rune con i nomi dei giovani che
l'hanno usata, nei secoli, per affrontare il loro Rito di Iniziazione e
entrare nella Comunità. L'immagine di una barca che ha la
capacità di inabissarsi e percorrere lunghe distanze,
naturalmente, è ripresa dalla nave che usano gli studenti di
Durmstrang (e il fatto che Fear riesca a riprenderne il controllo con
la Magia, dandogli ordini in una lingua diversa dal Gaelico, si
ricollega al fatto che per anni il nostro vecchiaccio misterioso pare
abbia frequentato le oscure terre che ospitano quella scuola); come al
solito, io sono dell'idea che tutta la Magia mostrata nel canon non sia
"esclusiva" dei soli personaggi che la usano, ma sia diffusa nella
comunità magica, e soprattutto, sia solo una parte delle
tante diffuse potenzialità del Mondo Magico;
8) Sempre da Old Tales: per maggiori informazioni, vi lascio il link al
capitolo
4 in cui sono stati spiegati i vari passaggi.
A
presto.
Valeria
Scheda
Immagine
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