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Autore: Terre_del_Nord    21/10/2011    6 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.008 - Devozione

IV.008


Meissa Sherton
Hogwarts Express, Highlands - lun. 3 gennaio 1972

Avevamo ormai superato da un pezzo la prima metà del viaggio, quando di colpo un timido raggio di sole s’infilò nella coltre spessa di nubi, specchiandosi sulle colline innevate e deserte, il candore spezzato solo dal nero volteggiare di qualche corvo solitario. Mi voltai a guardare fuori, accarezzata da quella luce, entusiasta, nonostante i tristi pensieri, perché tutto, intorno a me, stava assumendo l'aspetto selvaggio ed eterno della mia terra, e anche se la Magia di Habarcat, portata chissà dove, mi appariva come un'eco lontana che giungeva appena al mio orecchio e al mio spirito, dopo giorni di smarrimento riuscii a sentirmi a casa. Finalmente viva.
Pauline McDougal (1), Ravenclaw, piccola e smunta, due treccine di sottili capelli biondo grano e una vocetta lamentosa, mi esortò a non distrarmi e a fare la mia mossa, tutta eccitata perché s’illudeva di darmi scacco, ma anche se a me importava meno di zero di lei e dei suoi scacchi magici e stavo giocando controvoglia, ormai da ore, solo per distrarmi dai discorsi degli altri, non si era accorta che, appena avessi mosso il mio alfiere, avrei sbaragliato le sue difese, per l'ennesima volta. Non capivo come potesse divertirsi a giocare con me: non si sentiva umiliata a essere battuta da qualcuno che nemmeno s’impegnava nella partita? Le risposi con un grugnito scocciato, mossi il mio alfiere dandole scacco, lei osservò sbigottita il suo re che lasciava cadere la spada sulla scacchiera ed io tornai a guardare fuori, indolente, rapita dalla bellezza delle Highlands e desiderosa solo di uscire da lì, da quello scompartimento simile a una gabbia soffocante. Volevo correre via, cercare Sirius, parlare con una delle poche persone, se non l'unica, su tutto il treno, che contasse qualcosa per me: l'unico di cui volessi ascoltare la voce e i pensieri. Dopo la paura, la confusione, la rabbia, stava riemergendo quello che avevo provato prima di cadere nell'incubo: nei miei sogni mi ritrovavo sempre su quella terrazza, circondata dalla neve, e invece di scappare dal mostro che si celava nell'oscurità minacciosa, mi sentivo felice, protetta, perché Sirius era al mio fianco, mi teneva la mano, mi offriva una rosa. Ogni volta che sognavo Sirius, lo vedevo con quella rosa in mano... Ed io... io desideravo solo baciarlo... Di nuovo... Quel ricordo, il ricordo di quel bacio furtivo che non avevo dato “per scherzo”, un bacio che aveva in sé qualcosa di sconosciuto e misterioso, divenne tanto nitido in me, che iniziai a tremare e divenni improvvisamente rossa, sentii il calore salirmi alle guance e mi colse il terrore che qualcuno degli altri, lì nello scompartimento, o chissà, addirittura in tutto il treno, avesse compreso quali fossero i miei pensieri, sapesse che cosa avevo fatto e cosa volessi. Non riuscivo a contenere quell'emozione: nel sogno ero convinta che tutto ciò che mi piaceva di lui potesse diventare una parte di me, se l'avessi abbracciato e baciato. Poi, quando il giorno mi strappava a quelle immagini, continuavo a desiderare che restasse con me, che non scappasse via... Volevo che almeno Sirius non mi lasciasse sola... Mai...
Mi morsi le labbra e mi concentrai sul paesaggio innevato, trattenendo a fatica le lacrime, mentre nella mia mente gli occhi grigi di Sirius diventavano color della luna... E il suo volto diventava quello amato di Mirzam. Non riuscivo a capire perché se ne fosse andato così, senza una parola, perché mi avesse abbandonato... Credeva che io fossi come tutti? Che non avrei creduto in lui? Avrei voluto che Mirzam si fidasse di me, come io avrei sempre avuto fiducia in lui... Sempre... Non avrei mai creduto agli altri... a nessuno, nemmeno a nostro padre... Stavo scoprendo con dolore che anche papà era un essere umano e come tutti commetteva degli errori... E su Mirzam, ne ero certa, nostro padre si stava sbagliando. Io no: contro tutto e tutti, sarei sempre stata convinta della sua innocenza, ma dovevo trovare il modo di farglielo sapere, di dirgli quanto gli volessi bene, che poteva sempre contare su di me. Forse, se fossi riuscita a far capire agli altri che stavano sbagliando, se avessi dato loro delle prove, allora forse... forse Mirzam avrebbe capito che avevo fiducia in lui e sarebbe tornato da me. Avrei fatto di tutto per farlo tornare da me...

    “Allora, Mei? Giochiamo? C'è ancora molto prima di arrivare al castello!”

Fulminai Pauline con un'occhiataccia e dallo sguardo allarmato che fece compresi che non mi avrebbe più infastidito per il resto del giorno, ma anche se mi ero liberata dei suoi noiosi scacchi, dovevo continuare a sopportare quell’insulsa congrega, non avevo ancora trovato una via di uscita. Non ne potevo più di tutti loro, dei loro inutili discorsi sui compiti delle vacanze, dei commenti sui professori, dell'ansia per le interrogazioni, mi sembravano tutte sciocchezze ed io mi sentivo sfinita, esausta, dovevo fare qualcosa per uscire da lì o sarei esplosa.

    “Smettila, dai... Per favore... Mi stai soffocando, così!”

Soprattutto, non ne potevo più di Kendra Campbell, non sarei riuscita a mantenermi calma e mansueta ancora per molto: terzo anno, Slytherin, figlia di una ricca coppia di Maghi del Wiltshire amica dei Malfoy, quell'ochetta bionda e boccolosa, aveva passato buona parte del viaggio ad ancheggiare davanti al nostro scompartimento con una gigantesca Piuma di Zucchero rosa lampone in mano, sghignazzando con le sue amichette sceme, e ora aveva deciso di fare irruzione, incurante che non ci fossero posti liberi, mettendosi a starnazzare abbarbicata sul bracciolo di mio fratello. M'imposi di non guardare, mentre cercava di assaltare Rigel, provando a sedersi sulle sue ginocchia, ma trovai la scena specchiata sul finestrino e, sul mio volto, si stampò una smorfia disgustata, per la camicetta troppo stretta e la gonna troppo corta, più piccole almeno di due taglie, da cui debordava in modo indegno, le braccia tentacolari avvolte attorno alle spalle di mio fratello, le labbra vermiglie che provavano a strappargli un bacio, la vocetta smaniosa e petulante. Gli altri ospiti dello scompartimento, Craig Ackerley, Pauline McDougal e William Emerson, erano tanto imbarazzati da non saper più dove guardare e, nonostante la calma e il riserbo abituali, a stento riuscivano a non riderle in faccia; non ero però l'unica a tremare di disgusto e di rabbia: Janine, la sorella minore di Emerson, seduta di fronte a me, una ragazzina bionda e minuta, dai grandi occhi color cenere, sempre riservata e composta, in quel momento conteneva a stento la sua gelosia, lo capivo da come serrava le mani una nell'altra, quasi a ferirsi, e da come insisteva a fissare lo sguardo a terra, ostinata, isolandosi da tutto il resto... Mi faceva pena: pochi mesi prima mio fratello le aveva fatto il filo, così aveva detto Mirzam a Rigel prendendolo in giro, e temevo che, vittima dell'ambizione di sua madre, che sembrava non ricordarsi l'età dei propri figli, avesse preso quella corte innocente e giocosa un po' troppo sul serio, e ora soffriva per tutte le scemenze che combinava quotidianamente quello stupido di mio fratello.

    “Vado a chiamare Slughorn, sei troppo pallido, Rigel, hai di certo la febbre!”

Mio fratello la guardò con riconoscenza, poi, approfittando di un attimo di esitazione di Kendra, stupita per quella ragazzina minuta, tremante e determinata, che osava frapporsi e allungare la mano sul volto del suo “tesoruccio”, prese la palla al balzo e si liberò dall'abbraccio della piattola.

    “È vero, non mi sento per niente bene, ti prego Kendra... vai tu a chiamarmi il professore... ”
    “Possono andare loro, mandaci i tuoi amici o tua sorella... io resto qui a occuparmi di te!”
    “Affidarmi a dei Ravenclaw? A mia sorella? Mi fido solo di te, Kendra, vai tu, per favore...”

Quando lo vidi avvicinare la bocca ai morbidi boccoli della Campbell, dandole finalmente quel bacio leggero finora negato, soffiando appena, con voce supplice, piano ma non troppo, così che sentissimo bene le parole, le dita che si perdevano in una carezza languida sulle sue labbra, mi voltai di nuovo per non scoppiare a ridere: anche quando stava male, Rigel manteneva sempre il suo stile inconfondibile, che, lo ammettessi o meno, lo rendeva tanto simile a papà. Pensai con rammarico che per quel giorno non sarebbe stato necessario cacciare fuori quell'oca a calci sul rotondo fondo schiena, perché quando mio fratello faceva quella faccia, riusciva a rigirarsi chiunque gli fosse a tiro, a volte persino la mamma e, infatti, poco dopo, inevitabilmente, Kendra si ritrovò a vagare per il treno alla ricerca del professore.

    “Dubito che con il Confundus che le ho fatto, mentre la baciavi, si ricorderà dove andare!”

William, con un sorriso furbo che aveva ben poco del Ravenclaw, aprì appena la giacca così che vedessimo la Bacchetta ancora stretta nella sua mano, poi passò complice una Gelatina a mio fratello, chiedendogli se stesse davvero male, e rassicurato dalla sua smorfia pestifera, scoppiò a sghignazzare con lui; li fissai, interdetta: era stupefacente che “Mister Perfezione” si lasciasse andare così e non si limitasse a osservare senza intervenire, ma eseguisse incantesimi contro i compagni, con una naturalezza e sicurezza che immaginavo innate solo della casa di Salazar. Non sapevo se esserne spaventata o, per qualche motivo, divertita e compiaciuta. Se ripensavo a quelle ore di viaggio, però, lontano dalla presenza soffocante dei genitori e felice all'idea di rivedere presto la sua Marlene McKinnon, Emerson mi era già sembrato molto diverso dal solito, sempre insopportabile, certo, ma meno finto e noioso di quanto fossi abituata a considerarlo. In realtà non lo conoscevo bene e non avevo alcuna vera opinione di lui, a parte che dovesse essere uno stupido per il semplice fatto di andare d'accordo con Rigel, però ora che cercavo di guardare mio fratello in modo diverso, quell'episodio contribuiva a gettare nuova luce anche sulla loro complicità, e per la prima volta mi chiesi se non avessi commesso un errore, se fosse Emerson, e non Rabastan Lestrange, come avevo sempre creduto, il vero custode dei segreti di quella peste di mio fratello.

    “È una piattola! Non la sopporto più, non so proprio come liberarmene!”
    “Chi è causa del suo mal... È colpa tua, Sherton! Sei tu che scegli di uscire con oche simili!”

Janine si pentì subito della sua uscita acida, arrossì e abbassò gli occhi per poi, veloce, tornare a guardare fuori, mordendosi le labbra; a sua volta, stranamente, Rigel, invece di deriderla si voltò dall'altra parte, un insolito rossore a far capolino sotto le chiome corvine e spettinate. Quella ragazzina era uno strazio: doveva esserle insopportabile viaggiare con lui, assistere a quelle scene, vedere Rigel giocare con tutte come aveva fatto con lei. Pensai a cosa avrei provato io se Sirius avesse fatto lo stupido con quell'oca di Maela Dickens e mi sentii morire...  Io, però, almeno, non avrei mai dovuto subire anche i rimproveri dei miei genitori per non essere riuscita a far breccia nel cuore del loro più "ambito trofeo", al contrario, gli Emerson complottavano di continuo per assicurare matrimoni di prestigio ai figli, era quindi probabile che già le facessero pesare l'esito non molto positivo di quella semplice cotta tra ragazzini.

    “Di cosa t'impicci, pulce? Pure tu, però... perché ci sei uscito? Kendra Campbell non sa cosa siano decoro e dignità, ovvero le uniche due qualità che hanno quelle insopportabili ragazzine Slytherins!”
   
William mi guardò divertito mentre faceva quella precisazione sulle ragazze della Casa di Salazar, io restai in silenzio ma lo fulminai con una delle mie occhiatacce, poi mi voltai stizzita dall'altra parte: quel minimo di considerazione che avevo provato per lui, poco prima, si era già sciolto come neve al sole! Lo vidi sghignazzare, specchiato sul finestrino, finché Craig Ackerley, che si era dimostrato finora il più serio e composto dei tre, fece una battuta in gaelico che non conoscevo e non capii, ma che doveva essere una delle più volgari, perché gli altri due ragazzi, dopo un attimo di sorpresa ed esitazione, scoppiarono a ridere sguaiatamente mentre Janine diventò rosso porpora e, esasperata, prese per mano Pauline e invitò anche me a uscire dallo scompartimento, tutta offesa. Volevo approfittare per andarmene, ma Rigel mi ricordò gli ordini della mamma e, dopo un rapido battibeccare anche tra William e sua sorella, ci ritrovammo di nuovo tutte e tre ai nostri posti.

    “E tu smettila, Craig... Non si fanno queste battute davanti alle ragazzine!”
    “Non temere, Rigel, tanto le sorelle sono tutte tonte, soprattutto le Slytherins! Ahahah...”
    “Ti sbagli, William! Le ragazze con cui esco di solito sono di certo le sorelle di qualcuno e ti assicuro che certe cose le capiscono molto bene, le algide Slytherins, poi, le capiscono prima di tutte le altre! Ahahahahah...”   

Pur senza aver compreso tutti i dettagli, ma avendo intuito fin troppo bene il concetto, lo fissai, perplessa e offesa: dai discorsi che sentivo a casa, Craig Ackerley, quindici anni, un Ravenclaw del villaggio di Eilginn, sembrava un ragazzo serio e intelligente, che le ragazze ammiravano per la semplicità e la simpatia, e i maschi rispettavano per quell'aria da fratello maggiore cui chiedere consiglio. Evidentemente non era proprio così: non avevo mai avuto a che fare con lui, finora, e durante quel viaggio non me ne ero curata troppo, mi ero resa conto solo che era diverso da sua sorella, una mia coetanea Hufflepuff insicura e piagnucolosa; di colpo, però, dopo quelle uscite, lo vidi per ciò che era davvero, un deficiente persino peggiore di certi Slytherins che infestavano i sotterranei!

    “Dai... basta Ackerley!”
    “Non ti facevo così geloso e possessivo verso tua sorella!”
    “Ti ci metti pure tu, Emerson? Che diavolo avete, oggi? Sembrate fumati!”
    “Già... voi, nei sotterranei, ve ne intendete di fumo, dico bene Sherton? Ahahahah...”
    “Andatevene al diavolo... tutti e due!”
    “Sai, a Inverness, la notte di Hogmanay, nonostante il clima e l'aria che tira, mentre voi Sherton eravate nel Lancashire per festeggiare i “fidanzatini”, si è riso parecchio di quella storia tra Slytherins e Gryffindors! In settecento anni nessuno aveva violato i vostri sacri sotterranei! E ora... La coppa ce la becchiamo noi... Ahahah...”

Notai lo sguardo furioso di Rigel a sentir accennare al fidanzamento di Narcissa e alla Coppa di Quidditch, io sbuffai, infastidita, trovavo sempre più fuori luogo l'insistenza di McDougal nel fare lo stupido, come pure la soddisfazione di Emerson nel ridere di mio fratello; li osservavo in silenzio, ancor più ostile di quanto avessi fatto per tutto il viaggio, consapevole di non poterne più: Rigel non ne aveva colpa e non avevo voglia di litigare con lui, non volevo che stesse male per colpa mia, però l'idea della mamma di fare il viaggio con quei “Confratelli” antipatici e stupidi si stava dimostrando pessima. Tra tutti loro, quelle lagne di Janine e Pauline erano le uniche con un po' di cervello, e questo era tutto dire!

    “Salazar, e c'è chi crede che i Ravenclaw siano persone serie, raccomandabili e posate! Si vede che giocare con le uova tutto quel tempo vi rovina il cervello!” (2)
    “Cos'è, principessa, ora che stai rinchiusa al buio nei freddi sotterranei, rimpiangi di non essere finita nella torre luminosa anche tu, a giocare con noi?”
    “Visto la compagnia, piuttosto sarei fuggita di corsa nelle cucine, tra gli Elfi domestici! Ci siamo rifugiati qui per stare in pace, Ackerley, non per ascoltare le vostre battute idiote!”
    “Non cominciare pure tu, Meissa, leggiti un libro e fatti gli affari tuoi! E... chiedigli... scusa!”

Rigel mi fissò feroce ed io gli avrei risposto per le rime, se non l'avessi visto pallido e la sua voce tremante non mi avesse spaventato; desistetti all'istante, ingoiai il mio orgoglio e fissai quel gigantesco bamboccio dai capelli rossi e irti e gli occhiali spessi, chiedendogli scusa controvoglia.

    “No, hai ragione, ho esagerato... ma volevamo farti ridere, Sherton, non arrabbiare! Avevi una brutta cera prima, ora almeno hai un po' più di colore, pare che ti senta meglio! Giusto?”
    “Solo perché quella piattola mi si è “letteralmente” tolta dalle palle...  non certo grazie a voi due! Anzi... il mal di testa che ho adesso è tutta colpa vostra!”
    “Non siamo stati noi... Ti è venuto appena siamo entrati nei territori del Nord... Se è come penso io, ti partirà appena ne usciremo... A questo proposito... William ed io abbiamo una teoria... ”
   
Mentre Pauline e Janine si scambiavano consigli su una Pozione e sembravano del tutto dimentiche di noi, William fece un cenno d’intesa con Craig che, lo vidi, lasciò turbato mio fratello, si alzò, andò alla porta, estrasse la Bacchetta dalla giacca di lana e lanciò un Muffliato alle pareti, così che nessuno da fuori sentisse, poi rimase in piedi, di guardia sull'ingresso, controllando fuori.

    “Fai pure l'incantesimo Confundus che ti ho insegnato... di questi tempi, meglio esser cauti!”

Lo fissai dubbiosa, non capendo più cosa stesse accadendo, Rigel si agitò inquieto sul sedile; William annuì, poi recitò delle parole in gaelico e compresi che non stava facendo uno degli incantesimi che ci insegnavano a scuola, ma una Magia del Nord, pericolosa in un treno pieno di Aurors: nostro padre si era raccomandato di evitare sciocchezze simili e quello stupido... Reagii, incurante della promessa che mi ero fatta, di restare calma e soprattutto zitta.

    “Siete forse impazziti? Il treno è pieno di Aurors! Smettetela con questa recita ridicola!”
    “Tranquilla... se mi beccano, capiranno subito che sono solo un povero Ravenclaw traviato da due Slytherins perfidi e malvagi! Ahahah... ”
    “Non ti facevo così idiota, Emerson! Sei solo uno sbruffone senza cervello!”

William rise della mia occhiataccia piena di propositi vendicativi. Era la prima volta che lo vedevo ridere di cuore, non come prima, quando le risate scomposte sembravano quasi forzate, tanto erano lontane dal sorriso pacato che esibiva afferrando il Boccino o passeggiando per i corridoi della scuola con la sua Marlene: pur controvoglia, dovevo ammettere che quando si dimostrava così poco ligio alle regole e imprevedibile, aveva qualcosa di... Sentii le guance andarmi a fuoco e tornai a guardare fuori, imponendomi di ignorarlo, e lì mi resi conto con disgusto che invece il mio sguardo correva sul finestrino a cercare la sua immagine riflessa: no, dovevo smetterla, così si comportavano solo le cretine che gli morivano dietro! Ed io, invece, non mi sarei mai comportata in quel modo ridicolo, per nessuno, tanto meno per uno come “quello lì”: non era né simpatico né gradevole, al matrimonio di Mirzam anzi era stato antipatico, villano, pedante, noioso... No, non c'erano dubbi: William Emerson era soltanto un insopportabile pallone gonfiato!

    “Scusate se v’interrompo, ragazze, ma credo di aver proprio bisogno di una pozione di Slughorn... potreste andare con mia sorella fino al vagone qui accanto, a chiamarmelo?”

Mi alzai di scatto, felice dell'improvvisa occasione che mi si offriva di allontanarmi di lì e distrarmi da certi pensieri inopportuni, dallo sguardo sollevato che si scambiarono, le mie compagne dovevano pensarla proprio come me: Janine mi prese per mano e mi spinse fuori dallo scompartimento, impaziente, Pauline si limitò, come al solito, a seguirci. Solo quando fui sulla porta e colsi il bisbiglio di Ackerly che chiedeva a mio fratello, sottovoce, “Conosci la storia di Sheira nic a Thoin, vero?”, mi resi conto che qualcosa non tornava: il comportamento di Rigel era strano, aveva ricevuto l'ordine di non perdermi di vista, e ora invece... Cercai di tornare dentro ma Pauline, entusiasta all'idea di fare qualcosa per lui, me lo impedì, anzi, preoccupata com'era, m’impose di sbrigarmi, io cercai di tendere l'orecchio ma udii solo un brusio confuso, perché, ora che mi trovavo all'esterno, sottostavo anch'io agli incantesimi che Emerson aveva imposto a porta e pareti: ripensai all'espressione divertita di William quando gli ero passata accanto, uscendo, e all'occhiata strana che si era scambiato con mio fratello. Quei tre dovevano dirsi qualcosa d’importante ma non volevano che noi ascoltassimo, dal turbamento di Rigel, lo capivo solo ora, era facile intuire che l'argomento sarebbe stato Mirzam: forse sapevano qualcosa di vitale su di lui, magari proprio dove si trovasse e cosa facesse... Ed io, come una stupida, avevo fatto il loro gioco, precipitandomi fuori in quel modo! Non sarebbe finita così, però, lo giurai a me stessa: in un modo o nell'altro, prima ancora di rimettere piede nel castello, avrei trovato il modo di far parlare mio fratello!

***

Alshain Sherton
Herrengton, Highlands - lun. 3 gennaio 1972

Mi materializzai in mezzo alla neve, sulla spiaggia, ai piedi della collina. L'aria salmastra mi permeava le narici, saliva dal mare mista agli schizzi d'acqua salata trasportata dal vento, si univa alla neve e al freddo e mi mozzava il respiro, le gambe sembravano macigni e la mia angoscia aumentava, passo dopo passo, mentre incerto cercavo di raggiungere la sommità. Due dei miei figli in quel momento erano diretti a Hogwarts, quella era la mia unica consolazione: almeno loro, per qualche mese, sarebbero stati al sicuro con Dumbledore, Milord, infatti, anche se non ne intuivo il vero motivo, sembrava temere soltanto quel dannato Mezzosangue!
I rami quasi spogli di una quercia imbiancata mi sovrastarono, io, figura nera e dolente, mi avvicinai al tronco, lo sfiorai e mi ci abbandonai contro, cercando con fatica di recuperare il fiato: non mi ero ancora ripreso dalla malattia, non avevo il pieno controllo di me e delle mie forze. Mi lasciai sferzare dal freddo, sfilai il cappuccio, il vento, violento, pareva volesse strapparmi via anche il mantello, lasciai che giocasse con me, come fossi una foglia, camminando a stento, fino al cerchio di pietre e al pino solitario che si ergevano sul punto più alto della collina. Da ragazzino, quando correvo a perdifiato fin lì, sconvolto e infuriato, immaginavo che da quel tronco uscissero braccia capaci di confortare, quasi fossero le braccia di una madre. Le braccia di mia madre. Chinai lo sguardo: senza volerlo davvero, ero giunto di nuovo fin lì, come ogni altra volta. Sotto la neve caduta abbondante, la forma del suo sepolcro s’intuiva appena e solo perché mio padre aveva voluto rendere omaggio alla donna amata, facendo realizzare un'aquila di pietra con le ali spiegate, pronta a spiccare il volo da quel triste rettangolo di morte. Un'aquila che reclamava la liberà, proprio come, alla fine, l'aveva reclamata lei. Con la mano guantata iniziai a spazzare via la neve granello dopo granello, fino a svelare la testa del rapace e i suoi occhi blu, le rune incise nella pietra sottostante e l'immagine di lei, seduta sull'erba, in cima a quella collina, i capelli corvini mossi dal vento, gli occhi ridenti d'amore. Mi si strinse il cuore: giorno dopo giorno, Meissa assumeva tratti sempre più simili ai suoi.

    “Alshain è una stella della Costellazione dell'Aquila, e l'Aquila è sempre stata il simbolo dei Meyer: ho voluto che portassi questo nome perché non dovrai mai dimenticare di essere qualcosa di più di un importante Sherton... Tu sei e resterai sempre la parte migliore di me... ”

La sua voce non apparteneva ai ricordi, non viveva nella mia mente: la sua voce si librava su quella collina, nel vento, tra quei rami, nell'urlo del mare feroce contro gli scogli, lei viveva lì, in ogni fiocco di neve, in ogni stelo d'erba, lei era e sarebbe stata per sempre un tutt'uno con quel mondo che aveva tanto amato, dove portava mio fratello e me, fin da piccoli, a imparare a volare. Eravamo gli ultimi della sua famiglia, per questo voleva che fossimo Sherton, ma che in noi sopravvivessero i Meyer: ci aveva insegnato ad amare il Quidditch come tutti loro, perché fossimo come suo fratello e suo padre e suo nonno e tutte le generazioni che ci avevano preceduto. Eppure, per quanto mi avesse spronato e amato, non mi aveva visto crescere simile a lei, aveva visto solo un ragazzino stupido e violento, compiaciuto di essere uno Sherton arrogante: non mi aveva visto cambiare, giorno dopo giorno, accanto a Deidra e ai miei figli, non aveva visto la parte di me che sapeva amare, che sapeva godere della natura e degli affetti, che sapeva perdonare. Quella parte di me che nasceva da lei: era per lei che ero così, che i miei figli erano così. Ed ora... ora avrei dovuto nascondere ancora una volta la natura che condividevo con lei. La bocca divenne arida e le lacrime mi salirono agli occhi come le onde che s’infrangevano sugli scogli sottostanti: guardai ancora il suo volto, le dita scivolarono nude sull'immagine delle sue guance ridenti, sentendo la stessa nostalgia e fame e necessità di quando ero un bambino attratto dal profumo di buono della sua pelle, ma, da bravo Slytherin, già troppo orgoglioso per ammetterlo. Avevo pensato spesso a mia madre durante la convalescenza, e contro ogni ragionevolezza, avevo sentito il bisogno di correre lì anche quel giorno, benché non ce ne fosse il tempo, benché dovessi agire con rapidità e prudenza, mantenendo saldo, soprattutto, il controllo su me stesso. E invece, mentre la neve si depositava fitta sulle mie spalle e inzuppava i miei capelli, non pensavo a cosa dovessi fare, mi chiedevo soltanto, ancora una volta, se fosse giusto farlo.

    “Tutti noi siamo fatti di luce e di oscurità, e dinanzi a noi si aprono, costantemente, sia la strada che porta alla virtù sia quella che conduce alla perdizione; non è prestabilito quale delle due percorreremo nella nostra vita, è una scelta esclusivamente nostra, da rinnovare ogni giorno. Crescendo, scoprirai anche che queste strade non sono linee rette, ma percorsi tortuosi che spesso si sovrappongono, al punto che il male diventa, a volte, l'unica strada per far prevalere il bene... ”

Me l'aveva ripetuto spesso, ogni volta che fuggivo da lei, sconvolto, chiedendole perché ci fosse cattiveria in me, se io ero la parte migliore di lei e lei era tanto buona: eravamo su quella collina, proprio sotto quel pino, la prima volta che mi aveva parlato del Male che a volte si compie per realizzare il Bene... Proprio quel Male fatto per il Bene, alla fine, me l’aveva portata via. E di Male, nella speranza di proteggere ciò che amavo, io stesso ne stavo facendo, e ne avrei dovuto fare, fin troppo...

*

Inizio flashback, Londra 31 dicembre 1971 (seguito di "Paternità")

    “È questa la protezione di Habarcat? È questa? Che cosa sono io adesso? Chi sono?”
    “Habarcat non si è mai comportata così… nessuno mai è uscito vivo da una situazione del genere… io non so cosa significhi, non so quali conseguenze avrai per quelle Rune così velate, ma non dire che Habarcat non ti ha protetto, perché se sei vivo, è stata lei a concedertelo…”
    “Io non sono in debito con la tua Fiamma… chi mi ha salvato è stato Mirzam!”
    “Hai ragione, è stato lui, con il suo coraggio, a salvarci tutti… allora capirai che è per lui che devi smettere di fare il bambino! Se vuoi ripagare il debito che hai con lui, devi permettermi di aiutarlo e la strada per farlo, mi spiace, è questa! Odiami se ti fa sentire meglio, ma non permettere che il tuo odio e il tuo dolore siano un danno per Mirzam. Non devi dire a nessuno quello che sai, me lo devi giurare, me lo devi giurare e accettare di essere Custode di questo segreto o lasciare che io agisca sui tuoi ricordi, per impedirti di tradirci anche contro la tua volontà… Non usciremo da qui fino a che non mi avrai dato una risposta: preferisci mantenere la coscienza della verità e aiutarmi consapevolmente o lasciare che risolva le cose da me, che ti faccia dimenticare? Non hai altra scelta, Rigel… l’hai visto con i tuoi occhi cosa sono capaci di fare… l’hai sentito sulla tua pelle che persone sono… ed io sono pronto a tutto per proteggere le persone che amo… ”
    “Io ti odio!”

Mi aveva guardato con occhi pieni di lacrime, consapevole che non c’era altra via d’uscita, l'avevo stretto a me, mentre quelle parole gli morivano sulle labbra, trasformate in singhiozzi. Poco per volta, piano, per calmarlo, avevo accarezzato le sue spalle e mio figlio si era placato, non ero felice di doverlo fare, ma appena si fosse detto pronto l'avrei Obliviato, avrei guardato nella sua mente e avrei fatto il possibile perché tornasse un po’ di serenità nella sua vita. Invece, quando si era scostato da me, mi aveva chiesto come fosse possibile mantenere un segreto simile, ed io avevo commesso l'errore di parlargli dell'Incanto Fidelius, uno degli antichi Sigilli (3) con cui la Confraternita e il Ministero mantenevano da secoli, inviolati, i propri segreti.

    “La Magia nasconderebbe l'informazione dentro di te, e lì resterebbe, sempre che tu non voglia rivelarla... ”
    “Vuoi dire che non riuscirebbero a estorcermi l'informazione, nemmeno con la tortura o con gli incantesimi?”
    “No. L'unico modo per prelevare un'informazione dal suo Custode Segreto è che il Custode stesso voglia rivelarla e a sua volta, la mente di colui cui la rivelasse, sarebbe protetta dall'incantesimo, trasformandolo in Custode Segreto... Solo il Custode Segreto può decidere insomma di parlare, o se preferisci, tradire. So che non hai fiducia in me e in quello che ho sempre cercato di insegnarti, che non credi nella Confraternita e nei nostri principi, ma ti assicuro che quello che deve fare Mirzam è importante, più importante della verità, del potere, persino della nostra vita... se Habarcat cadesse nelle mani del Lord o di chiunque altro non sia il suo Custode... ”

Rigel aveva chinato lo sguardo, forse si sentiva in colpa per le parole dette poco prima, io avevo cercato di fargli sentire la mia presenza, senza costringerlo a guardarmi o parlarmi. Eravamo rimasti in silenzio, nella stanza buia, per minuti interminabili, preda delle nostre incertezze: l'unica scelta razionale era smettere di essere il padre che ero sempre stato, imporre la mia volontà, non dargli scelta, Obliviarlo, fare quello che il mio vecchio avrebbe fatto al mio posto. In fondo, prima di scoprire che Rigel aveva, per sbaglio, scoperto la verità, avevo già scelto di mentirgli, e un Oblivion era niente rispetto all'Imperius che avevo fatto anni prima a Mirzam... Quando, però, Rigel aveva alzato gli occhi su di me e mi aveva fissato, avevo compreso che non potevo obbligarlo, dovevo convincerlo che dimenticare fosse la cosa giusta, perché con tutto quello che aveva fatto per noi, mio figlio si era già guadagnato il diritto di essere trattato da uomo.

    “Non importa cosa penso di Habarcat, della Confraternita o dei Riti... quello che conta per me sei tu, la mamma, i miei fratelli, ciò che provo per voi... Voglio che tu m'imponga quel Sigillo!”
    “Ti prego, rifletti: se te ne servirai, ti manterrai sempre consapevole della realtà e dovrai rendere conto delle conseguenze delle tue scelte alla tua coscienza, anche quando sarà tutto finito; qualunque cosa accadrà, non potrai tornare indietro, subirai e vedrai chi ami subire e non potrai evitarlo... se accetterai il Sigillo, potresti trovarti di fronte a scelte impossibili: cosa accadrebbe se dal tuo silenzio dipendesse la vita dei tuoi fratelli o di tua madre? La responsabilità ti devasterebbe! Lascia che ti aiuti a dimenticare, Rigel! Tua madre ha compreso la situazione ed ha accettato, perché se fosse costretta, non potrebbe mai scegliere uno di voi al posto di un altro... mi occuperò io di Mirzam, non temere, non farti carico di un compito che è solo mio!”
    “Solo tuo? E la responsabilità di tutti noi nei suoi confronti? Cosa accadrebbe se tu fossi il solo a conoscere la verità e ti accadesse qualcosa? Dovrei lasciare che mio fratello finisca ad Azkaban per qualcosa che non ha commesso? Magari condannato da una mia falsa testimonianza? E tutto questo per cosa? Per non rischiare di essere torturato o vedere torturare chi amo? Credi che dimenticare ci salverà dal Signore Oscuro? Da questo genere di terribili scelte? Io non sono più un bambino che crede alle favole! Lo so, come lo sai tu, che cercheranno comunque di piegarci, facendo del male a chi amiamo, e che io sappia o no, per loro non farà alcuna differenza! La farà per me, invece... Io non voglio vivere pensando a mio fratello come a un assassino e a un traditore, quando invece è costretto a vivere là fuori, lontano, braccato, per proteggerci tutti! Non è giusto, e tu lo sai! Come sai che nemmeno Meissa e la mamma dovrebbero vivere nella menzogna!”
    “Quello che ha deciso tua madre per sé e quello che abbiamo deciso per tua sorella non è affar tuo, Rigel, qui si sta parlando di te, di cosa vuoi fare riguardo alla situazione che si è creata... ”
    “Io voglio ricordare! Quanto a Meissa, è compito tuo, vero, ma se fossi in te le direi la verità! Non m’importa se ora mi punirai per la mia arroganza, tu stai sbagliando! Se pensi che Meissa sia debole, la conosci meno di quanto credi: lei lo ama, più di quanto immagini, più di quanto ama te! Se le mentirai, la perderai! E ti pentirai per tutta la vita di non avermi ascoltato!”

Un brivido mi attraversò la schiena, poteva finire così, ma non avrei esposto di nuovo Meissa, l'orrore degli ultimi giorni era stato causato proprio dalla mia decisione di coinvolgerla nella storia di quel maledetto anello: a causa mia Mirzam era stato costretto ad agire... solo a causa mia... Restai in silenzio, decisi di reprimere paura e disagio, mi concentrai sull'incantesimo: avevo fissato mio figlio, mi ero specchiato nel suo sguardo, avevo guardato oltre, violando con la Legilimanzia i suoi pensieri, per saggiarne la forza, mi resi conto che era motivato e determinato, non era più un bambino, il recente dolore l'aveva forgiato più di quanto avessi temuto e sperato. Andando più a fondo, ero rimasto ancora più sorpreso, quando avevo trovato, celati dietro il pudore e l'orgoglio, l'amore e la devozione: c'era questo in mio figlio, un amore assoluto e vero per noi, più devastante e profondo di quanto avessi mai immaginato, le sue parole si basavano perciò non sul fuoco dell'adolescenza, ma su sentimenti concreti e palpitanti. Non avevo provato nulla di simile alla sua età, solo quando avevo conosciuto Deidra e avevo finalmente tenuto tra le braccia i nostri figli, il mio cuore si era aperto a quelle emozioni: ciò che avevo davanti, nell'animo di mio figlio, era l'amore concreto che permeava la mia famiglia. Senza altri indugi, avevo iniziato a recitare la formula, stringendo le sue mani nelle mie, poi ero sceso più a fondo, nei suoi ricordi, nel pozzo oscuro delle sue paure e dei suoi incubi, per trovare l'odio e alimentare con esso la sua determinazione, era ancora molto giovane, e il segreto troppo vitale per noi, sarei ricorso anche all'aiuto della Magia Oscura, per rendere ancora più forte la sua volontà: mi trovai davanti al mostro che mio figlio rivedeva di continuo, quello che lo divorava, gli toglieva il sonno, lo tormentava, trafiggendolo con voce metallica e risate inumane. Avevo visto, come fossero dinanzi a me, l'orrida maschera d'argento e le fiamme di Habarcat, avevo sentito il dolore nella pelle, nella carne, la sua paura e la certezza della morte. Non ero riuscito a resistere a lungo, il racconto che me ne aveva fatto, censurato da dignità e riserbo, non mi aveva preparato a viverla in prima persona: sentire con la mente e il corpo come quel mostro avesse ferito e torturato mio figlio, scatenò in me un odio cieco, irrazionale, profondo. Non volevo soltanto uccidere, desideravo infliggere i tormenti più terribili, l'agonia più crudele a chi gli aveva fatto del male. Sarei stato capace di tutto, in quel momento, ma non potevo permettermi di perdere lucidità, dovevo completare quell'incantesimo, perciò respirai a fondo e, seppur a fatica, mi calmai. Sapevo che, prima o poi, sarei dovuto scendere a compromessi, avrei dovuto fare di tutto, anche le azioni più turpi, per preservarli dal Male che ci insidiava ma il disgusto mi aveva sempre fatto desistere: ora, vedere in faccia quella violenza perpetrata su un ragazzino di tredici anni, mi aveva scosso, non c'era più tempo da perdere, non c'erano più tattiche da attuare, l'unica possibilità era nascondere il desiderio di vendetta dietro a una maschera di codardia e cupidigia, e mentire, contando proprio sulla forza dell'odio che provavo per essere convincente. Deposta la Bacchetta usata per la prima parte dell’incanto Fidelius, avevo tagliato il mio palmo e il suo con uno dei pugnali che avevo sempre con me, avevo visto il suo sangue fondersi con il mio, avevo tracciato con le dita e con quel sangue, sul suo petto, all’altezza del cuore, la Runa della luna blu (4), e dentro le sue spire, le Rune contenenti il nome di Mirzam e di Rigel, avevo pronunciato, lentamente, la litania con cui incatenavo gli spiriti dei nostri padri a difesa della sua volontà.  Infine, avevo baciato la Runa sul collo di mio figlio e avevo recitato l'ultima parte dell'Incanto Fidelius al suo orecchio, Rigel si era staccato da me, allontanandosi di un passo, ci eravamo fissati. Alta, nel cielo improvvisamente sgombro di nubi, riluceva l’ultima luna piena dell’anno. Finché la devozione avesse albergato nel suo cuore, alimentandosi anche dell'odio che provava per Milord, mio figlio non avrebbe tradito suo fratello e la nostra missione. Avevo appena trasformato l'amore che Rigel provava per noi nella sua forza più grande. E anche, probabilmente, nella sua condanna.
Fine flashback

*

    “Dovresti stare lontano da qui, lo sai... ”

Mi voltai di scatto, colto di sorpresa, la mente ancora persa nei ricordi di quella sera maledetta, le gambe affondate nella neve: Fear era dietro di me, sembrava un antico Druido, nella sua calda tunica di lana grigia, il bastone e il cappuccio calato sugli occhi, da cui emergevano le chiome candide; mi risollevai, più agile di quanto sperassi, gli balzai quasi addosso, rischiando di travolgerlo, lo presi per la barba, schiacciandolo contro il pino, guardandolo con occhi da pazzo.

    “Come osi presentarti al cospetto dei miei cari? Non devi mai, MAI, salire quassù!”
    “Lo so... Sono qui solo per portarti via... Ora calmati e seguimi... si è fatto tardi... andiamocene... ”

Mi afferrò il gomito, provò ad allontanarmi dal pino, mi divincolai, facendolo quasi cadere.

    “Non mi toccare! Che tu sia maledetto! Hai fatto di testa tua, di nuovo! Dovrei ucciderti!”
    “Non potevo fare altrimenti, Alshain… Era l'unica soluzione o non sarebbe stato credibile... ”
    “Non sarebbe stato credibile? Ti rendi conto che con la tua idea geniale mi hai privato dell'unica merce di scambio che avevo per salvare i miei figli? Che tu possa marcire all'inferno!”
    “Nemmeno tu hai mai pensato veramente di cedere Habarcat al Signore Oscuro, perché sai bene quanto me che non servirebbe a nulla! L'hai detto tu stesso: una volta entrato nelle Terre, la vostra vita varrebbe meno di zero per lui, dopo un po' ti darebbe la caccia di nuovo, i tuoi figli sarebbero ancora in pericolo... Così invece lui continuerà ad avere bisogno di te e dei tuoi figli... tutti... e, soprattutto... vivi... Ora andiamocene di qui... Jarvis sta per arrivare... ”

La consapevolezza si fece largo nella mia mente, ricordai il vero motivo, per cui mi trovavo lì, quale fosse la vera risposta che avevo cercato sulla tomba di mia madre: ero lì per un segno, un'intuizione, una soluzione alternativa al folle piano ideato da Fear. L'unica concessione che ero riuscito a strappare al vecchio bastardo era di farmelo rivedere almeno una volta, prima di dare l’avvio alla missione e, probabilmente, dividerci per sempre.

    “Se ci sbrighiamo, potrai salutarlo, non solo vederlo! Era ciò che mi hai chiesto, no? Dovresti essere contento, non fare questa faccia da disperato! Salazar, sei debole, proprio come lui!”
    “Taci, o ti giuro che stavolta non arriverai vivo su quella spiaggia!”
    “Se servisse a risvegliare il tuo spirito, mi sacrificherei volentieri, ho vissuto anche troppo... Ma non è tempo di essere deboli o incerti, Alshain, ci vuole una guida forte per reggere la Confraternita e proteggere la tua famiglia in questi tempi oscuri... Io sto facendo solo quello che devo... e bene o male, anche Mirzam porta avanti la sua parte... se farai anche tu la tua... ne verremo fuori... tutti!”

Lo scansai di malagrazia, iniziando a scendere dalla collina, in silenzio, rapido, così da non doverlo né sentire, né vedere, ma Fear non si lasciò distanziare, anzi mi si affiancò, arrancando con il bastone per non scivolare nella neve, lo guardai di sottecchi, vidi che aveva l'insolito sguardo speranzoso che ben conoscevo, quello che gli si dipingeva in faccia quand'ero ragazzino, dopo una ramanzina, quando era certo che, dopo il momento della ribellione, avrei capito la lezione. E poco alla volta, infatti, come facevo da ragazzo, rallentai trovandomi dietro di lui... Camminando sui suoi passi... Aveva ragione: era un malefico bastardo ma aveva sempre, dannatamente, ragione e camminare sui suoi passi, seguire i suoi consigli, ancora una volta, era l'unica cosa giusta da fare. Avevo paura, ne avevo motivo, anzi un milione di motivi, paura di non essere abbastanza forte, intelligente, abile, da affrontare un nemico tanto potente e pericoloso: odiavo il Signore Oscuro, la sua immorale falsità, la sua natura, la sua follia, ma non ero così cieco da non riconoscere e ammirare la perfezione, l'audacia, la determinazione, la sicurezza e la potenza dirompente della sua Magia. Ancora di più, avevo paura di me stesso, dei dubbi che provavo, della voce della coscienza, dei principi su cui avevo fondato me stesso e la mia famiglia: erano stati per anni la mia forza, ora rischiavano di essere la mia più letale debolezza, anche se, in fondo, non ne ero del tutto convinto. Fissai gli occhi sul sentiero, svuotai la mente e pensai solo a non cadere, ma subito l'idea che avrei rivisto Mirzam e che quella sarebbe stata l'ultima volta, mi riempì di gioia e di disperazione. La decisione era stata presa il primo giorno dell'anno, avevo convocato Jarvis Warrington perché mandasse un messaggio a Fear, non potevo rischiare di avvicinarlo direttamente: dopo la serata a Black Manor e la spiacevole conversazione con Malfoy, era diventato urgente accelerare i piani, i ragazzi si sarebbero messi in marcia subito, Fear li avrebbe seguiti, addestrando Mirzam e Sile non nel rifugio ma direttamente in viaggio, non c’era più tempo da perdere. Presto, a Doire, qualcuno avrebbe di certo scoperto che erano state sottratte anche le pergamene, ed Emerson avrebbe riferito al Lord quale fosse il possibile scopo di Mirzam, mettendo in moto tutte le sue conoscenze per ostacolarlo… Non potevo, però, lasciarlo partire senza averlo rivisto almeno un’ultima volta: era già straziante che Deidra avesse dovuto rinunciare a lui e a ricordare la verità. Ricacciai indietro a fatica la sensazione di vuoto e disperazione che mi stringeva il petto. All'improvviso, sotto i piedi, sentii la discesa farsi meno ripida e il rimbombo della risacca mi apparve molto più vicino, alzai lo sguardo e in quel preciso istante, seppur da lontano, assistetti alla materializzazione di tre figure scure e incappucciate, sulla spiaggia candida, proprio dinanzi a me. La più alta si scoprì il capo e sentii un tuffo al cuore, quando rividi finalmente il volto amato di mio figlio.

    “Mirzam... ”

Lasciando da parte l'abituale contegno che mostravo in pubblico, mi affrettai sulla sabbia innevata e accelerai ulteriormente il passo, quando lo vidi tremare della mia stessa emozione: Mirzam guardò la figura più bassa al suo fianco, che gli teneva la mano stretta nelle proprie, si chinò a baciarla affettuoso per congedarsi, poi si staccò da lei, per correre ad abbracciarmi.

    “Padre... ”

Lo strinsi a me e lo baciai sulle guance, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.

    “Come stai, come stanno i miei fratelli... e la mamma... e… ”
    “Stanno tutti bene, sono al sicuro: tua madre e i bambini sono a Doire, i tuoi fratelli più grandi a Hogwarts, quanto a me, sto bene, non ti preoccupare, e ora che finalmente ti rivedo... sto anche meglio…”
    “Perdonami... ”
    “Per cosa? Non è successo nulla... siamo stati solo ingenui... e ci hanno colto di sorpresa... ”

Ci fissammo, Mirzam annuì: avevamo commesso entrambi gli stessi errori, nessuno dei due aveva intuito quanto il Lord e i suoi fossero avanti con i loro piani e, soprattutto, nessuno dei due si era fidato abbastanza dell'altro per parlare delle proprie decisioni e impressioni.

    “Se avessi immaginato...  ti assicuro che era mia intenzione dirti dell'anello ma... ”
    “Lo so... ammetto che all'inizio non avevo compreso e ho persino sospettato di te, ma solo perché non ti vedevo arrivare, nonostante gli appelli di tua madre... ”

Lo vidi arrossire, mentre il suo sguardo vagava colpevole verso la figura immobile di Sile. Arrossii anch'io, avrei commesso il suo stesso errore, al suo posto. Ero stato uno sciocco, dovevo saperlo ormai che era l'amore, non l'odio, a muovere tutti i suoi passi, proprio come i miei.

    “Tua madre mi ha detto dell'anello che le hai affidato... Salazar, se tu non fossi stato tanto audace da intervenire su tua sorella e dare quella pietra a Sirius Black... hai salvato la mia vita e quella dei tuoi fratelli... Hai fatto per la tua famiglia molto più di questo tuo padre degenere... Ed io, invece, per te... per te non sono stato capace di fare nulla… Hai dimostrato spirito di sacrificio e coraggio, siamo tutti orgogliosi di te... dovresti sentire tuo fratello come ti difende... ”
    “Spero solo che non si metta nei guai per questo... abbine cura, per favore, di tutti... di Meissa... io... in realtà avevo chiesto al ritratto di Phineas (5) di raccomandarsi con suo nipote di non dare a nessuno quella pietra, di non dire a nessuno che l’aveva lui, la mia idea era che le due parti non si riunissero mai più, o chissà, magari un giorno per sbaglio, se lui e Meissa... A quanto pare ha fatto bene a non fidarsi di me, a chiedere una tua opinione... Tienitelo ben stretto, quel ragazzo, padre... Hai ragione, i cravattini non contano, conta solo ciò che abbiamo dentro... e Sirius Black, come suo padre, ti ama e ti ammira... ”
   
Annuii, ero felice che condividesse la mia stima per quel ragazzino, ma non era ai Black che volevo pensare in quel momento: era più difficile del previsto, non gli stavo dicendo nulla di quello che avevo nel cuore, nessuna delle cose davvero importanti; mi staccai da lui per guardarlo negli occhi e fare chiarezza, ma in quel momento Fear si avvicinò di più alla riva, l'acqua s’increspò e dalla foschia di fiocchi di neve emerse la punta scura di un battello. Il tempo era scaduto, sentii il cuore stringersi, ancora di più. Il vecchio salì sul barcone e con l'aiuto di Jarvis issò Sile al suo fianco.

    “Muoviti, Mirzam, la luce sta scivolando oltre la montagna... dobbiamo andare!”

Anche Mirzam mi guardò triste e deluso, aveva tante cose da dirmi e da chiedermi, ma non c'era più tempo, come non c'erano promesse realistiche da fare l’uno all’altro.

    “Voglio che ti prenda cura di te e di Sile... State sempre, e ripeto sempre, insieme... e ricordati, potete rinunciare a tutto ma non al dono di nozze di Orion: ho chiesto a Fear di farne dei talismani potenti, funzionano al meglio quando sono in coppia, d'accordo?”
    “Va bene, li porteremo sempre al petto... ”
    “La missione è e sarà sempre di secondaria importanza rispetto alla vostra vita... non te lo dico come padre, con sentimento, te lo impongo come Guida della Confraternita, questo è un ordine: devi fare di tutto per sopravvivere, perché potresti essere tu il prossimo erede di Hifrig... Non possiamo permetterci di perderti, per questo Fear verrà con voi... farete tutto quello che vi dice, so che è insopportabile, ma senza di lui non potreste farcela: se l'impresa si rivelasse più ardua del previsto, ha l'ordine di riportarvi indietro, perciò non devi disubbire o ostacolarlo... Se invece fosse lui a non rispettare quest’ordine, hai l'obbligo di lasciarlo indietro e tornare con Sile alla grotta... nel frattempo, con le indicazioni di Salazar, lo renderò un luogo sicuro... visto ciò che contiene... ”
    “Quella grotta sarà sicura solo quando avrò trovato ciò che cerchiamo... le pergamene parlano chiaro... anche un Mago esterno alla Confraternita potrebbe sentirla, se avesse in mano... ”
    “Non temere... Emerson avrà già parlato al Signore Oscuro anche di questo... conoscono da tempo questa informazione, magari l'hanno sottovalutata, visto che finora era inutile, tutti sapevano dove fosse la Fiamma, non c'era bisogno di cercarla... Al contrario, non hanno mai avuto in mano il libro dell'anello, non sanno cosa devono cercare: di certo immaginano che i Traccianti (6) siano degli oggetti realizzati a quest'unico scopo, noi sappiamo invece che sono quattro oggetti comuni cui i Fondatori hanno applicato degli incantesimi potenti… Dobbiamo solo trovarli... Siamo in vantaggio... Ora vai... fate buon uso delle scorte di Polisucco e non usate la Magia del Nord... la vostra prima tappa è all'interno di territori che ci sono da sempre ostili... e... abbi cura anche di... ”

Mi guardò sorpreso, io abbassai gli occhi, non potevo esimermi dal raccomandarmi per lei, per Margareth, per quella ragazzina che aveva segnato pesantemente i nostri rapporti, e che ora, per devozione a Fear, aveva voluto mettersi in gioco aiutandoci in una missione tanto difficile.

    “Voglio conoscere tutta la storia, un giorno... voglio chiudere quella pagina della mia vita, una volta per tutte... ”
    “Lo so… Ma non pensare a questo, quando l'avrai di fronte a te, lei è stata una vittima, proprio come te... Ti prometto che scoprirò tutta la verità e ti dirò tutto ciò che devi sapere... ”

Ci abbracciammo ancora, mentre Fear, a suon d’imprecazioni, ci invitava a muoverci. Lo accompagnai fino alla barca portata a riva, il mare si stava alzando per la marea, mentre la tempesta sembrava placata, grazie agli incantesimi del vecchio: finalmente vicino, salutai Sile con un cenno del capo, non c'era tempo per i convenevoli, e Jarvis con una stretta di mano. Infine, insieme, aiutammo Mirzam a salire.
   
    “Che cosa sta succedendo?”

La barca si era inclinata pericolosamente appena mio figlio si era issato a bordo, ci guardammo tutti allarmati, non era mai accaduto prima, era la Magia delle Terre del Nord, da sempre, attraverso le preghiere scritte con le Rune che impreziosivano i suoi legni, a renderla resistente a ogni forza, magica o naturale; quella sera, invece, benché Mirzam si fosse subito spostato al centro, per non disallinearla, l'imbarcazione continuava a mostrarsi instabile. Non capivo, ricordavo qualcosa sulle proprietà di quella barca ma al momento mi sfuggiva. Con un balzo, strano per la sua età, Fear corse al timone, alzò il bastone sopra la sua testa e urlando una serie d’incantesimi in una lingua diversa dal gaelico, ne riprese a fatica il controllo: immediatamente, il battello si rimise in equilibrio e, sotto le domande sbigottite e le voci preoccupate di tutti noi, si mosse, mentre Jarvis tentava inutilmente di ritirarla in secca per assicurarsi che andasse tutto bene e Mirzam cercava di ottenere risposte da un Fear infuriato, invano. La vidi guadagnare il largo molto velocemente, seguendo la rotta, seppur traballante, poi la sagoma scura fu inghiottita nella foschia e il battello s’immerse nelle acque gelide dell'oceano.(7)

    “Quale altra dannata diavoleria è questa? Che cosa ha fatto Fear alla barca stavolta?”

All'improvviso ricordai: una leggenda parlava della “Barca” come di una bilancia, i cui bracci potevano sostenere al massimo il peso di tre vite, ma nel corso delle ultime generazioni, usata solo nelle notti destinate alla celebrazione delle Rune, aveva sempre portato su di sé il peso di due soli giovani alla volta, senza dare mai alcun cenno di problemi. Neanche in quel momento doveva darne, visto che sull'imbarcazione c'erano solo tre persone, tre vite: quelle di Mirzam, di Sile e di Fear... A meno che... Quella barca si era inclinata perché portava su di sé un peso eccessivo? Il peso di una quarta vita, non prevista? Se la ragione era quella, però... se Sile era davvero incinta, allora le probabilità che uscissero vivi da quell'impresa disperata… si riducevano a ben misera cosa. Mi portai le mani alla testa, trattenendo a stento le imprecazioni, mi avvicinai di più all’acqua, nella mente le immagini di mio figlio e di Sile nelle gelide pianure dell'est, da soli, braccati dagli uomini di Milord, con un bambino da accudire e un vecchio pazzo come unica guida. Non era possibile... Un bambino… quella che poteva e doveva essere per tutti noi solo fonte di gioia… ora rischiava di diventare… La vita di mio figlio, la missione, i nostri piani, la nostra stessa sopravvivenza… Tutto era nelle mani di un bambino non ancora nato… 

***

Rigel Sherton
Hogwarts, Highlands - lun. 3 gennaio 1972

    “ “Conosci la storia di Sheira nic a Thoin, vero?” (8) l’ho sentito bene, con le mie orecchie, quello stupido di Ackerly, perciò non mentire! Di cosa avete parlato quando vi siete liberati di me?”
    “Stupida sciocchina, fammi capire: ti sei lasciata sfuggire anche l’opportunità di stare in carrozza col tuo principino Black solo per le buffonate di quei due secchioni? Salazar... ne hai ancora parecchie di cose da imparare!”

Ghignai e feci uno sberleffo a mia sorella, lei m’incenerì con un’occhiataccia ed io scoppiai a ridere, un po' per la sua espressione buffa, un po' per dissimulare: con una scusa mi aveva attirato in fondo alla coda per le carrozze, a Hogsmeade, e ora che eravamo soli sull’ultima vettura disponibile, mi stava sottoponendo a  interrogatorio, com’era prevedibile, sui discorsi fatti in treno. Quello stupido di Craig non aveva nemmeno aspettato che le ragazze fossero uscite ed io, invece di prestargli ascolto, mi ero messo subito all’opera per elaborare una strategia che mi salvasse da Meissa: conoscevo mia sorella, non era una stupida e di sicuro aveva capito al volo che, se l'avevo allontanata, era per non farle ascoltare le teorie dei miei amici. D'altra parte, non era una mia idea: se si trattava di Confraternita, mio padre era stato chiaro, io dovevo sempre negare, mentire, dissimulare, a chiunque e in qualsiasi modo, soprattutto se si parlava di Mirzam e soprattutto se c'era di mezzo mia sorella. A me, l'idea di mentire, faceva venire il voltastomaco, però, forse, la strategia che avevo in mente, restare sul vago e dire quello che avevo sempre detto di mio fratello, poteva essere efficace.
   
    “Allora? Cosa gli hai risposto?”
    “Che cosa dovevo rispondergli secondo te? Lo sanno tutti che è stata la prima antenata degli Sherton di cui si conosca il nome! E la prima di noi che si sia fatta rubare Habarcat... Gli ho pure detto che se quella sceneggiata serviva a ricordarmi che è nostro destino farci fregare la Fiamma... ”

Ridacchiai, Meissa mi guardò non troppo sorpresa dal mio tono irriverente, forse lo considerava solo un po' fuori luogo, vista l'attuale situazione, ma come pure i miei amici, sapeva che quello era il tipo di risposta con cui spesso mi divertivo a dissacrare le tradizioni della nostra gente e a far arrabbiare nostro padre e nostro fratello: William, addirittura, sapeva che mi ero ribellato anche prima di prendere le mie ultime Rune, una lite furibonda, alla fine della quale, se non mi avesse salvato la mamma, sarei finito dritto dritto a Durmstrang.

    “E cosa c'entra tutto questo con il fatto che avevi mal di testa? Non puoi mentire con me, guarda che so molte più cose sulle Terre del Nord di quanto tu pensi, sono persino andata nella Biblioteca di papà e ho letto che Sheira, quando scappò con il suo uomo, strappò la Fiamma dal pozzo in cui era custodita e la portò con sé, non per sfregio alla nostra gente, ma per sopravvivere. Prima di Salazar, Habarcat non concedeva al Custode di sopravvivere lontano dalla sua Fiamma e il suo potere era più instabile e limitato, perciò sottratta alla nostra gente, avrebbe smesso di proteggere la Confraternita... invece Sheira fece in modo che ciò non accadesse: aveva studiato le pergamene degli Antichi, e sapeva fin dove poteva allontanarsi con Habarcat, mantenendo la sua protezione sulla totalità delle Terre... poi lei morì, la Fiamma andò perduta, Salazar la ritrovò, le impose la sua Magia e la riconsegnò alla Confraternita... ” (8)
    “Brava, sei avanti con le lezioni... a me papà queste leggende le ha fatte leggere poco tempo fa... ma tanto per me questa roba resta solo un'altra edificante storiella per bambine romantiche!”
    “Non è una storiella! Le pergamene esistono e ho letto che sono custodite nella Cancelleria di Doire... chissà se sono sparite anche loro... Pensaci, Rigel... se fossero state rubate anche quelle... allora forse... anche stavolta chi ha preso la Fiamma non è detto l'abbia fatto per tradirci... ”

Sapevo che avrebbe puntato diretta lì, a Mirzam e a Habarcat: proprio come avevano fatto i miei amici… ma io mi ero "difeso" bene. La guardai, mi chiesi se sapesse già qualcosa sulle pergamene, se fosse una trappola per valutare le mie risposte: pochi giorni prima, sul gazzettino di Doire, in un piccolo trafiletto, c'era la notizia che il custode della Biblioteca, insospettito e preoccupato dal racconto di Fear e dal furto, aveva controllato la teca delle pergamene e aveva scoperto che era sparito persino il loro contenitore.

    “Craig mi ha detto che son state rubate, ma può essere avvenuto anche cento anni fa, che ne sai? Nessuno sano di mente andrebbe a spulciare quelle vecchie pergamene inutili! A cosa servono?”
    “Io non credo! Questa è la prima prova che nostro fratello non ci ha tradito! Ascoltami e dimmi se sbaglio qualche passaggio... da quello che ha detto papà, solo l'Erede e il Custode possono spostare Habarcat senza subire danno, e solo per la sicurezza di Herrengton e della Confraternita... tutti gli altri, toccandola, morirebbero; se Habarcat è stata presa, chi l'ha toccata poteva farlo, dunque può essere stato solo nostro padre, che era in ospedale, o il Custode, che non si sa chi sia, ma è un Mago che presta giuramento a Herrengton, pena la morte... se Fear ha visto nostro fratello con la Fiamma, allora il Custode è lui e ha agito in nome di Herrengton! Dunque non è vero che ci ha tradito!”

Scoppiai in una risata, senza nemmeno accorgermene.

    “Certo come no... magari ora dirai che papà e Mirzam sono pure d'accordo! Andiamo! Ti pare che se fosse come pensi tu, nostro fratello sarebbe in fuga, costretto all'esilio? Io lo so che ci soffri per Mirzam... Anche se in modo diverso da te, ci soffro pure io, cosa credi? Io, però, non tengo le stelline davanti agli occhi come fai tu quando si tratta di lui, io lo vedo per quello che è: nostro fratello non è il santo che immagini, come, ci scommetto, non è il demonio che descrivono!”
    “Che cosa vorresti dire? Neppure tu, dunque, credi alle accuse che gli muovono tutti quanti!”
    “Non lo so, non ho un’idea precisa, Meissa... no, non guardarmi così... io lo so che a te lui pare tanto grande, una specie di dio, anche per me, spesso, è così... però... pensaci… è poco più di un ragazzo e a volte, ancora, si comporta da... sbruffone... proprio come quando aveva la mia età... ”
    “Tu lo odi e sei invidioso di lui, lo sanno tutti... quello che dici per me non conta e non c'entra nulla!”
    “Vedi? Sei tu, quella prevenuta! Io non lo odio, quando lo capirai sarà sempre ora! E se proprio vuoi saperlo… almeno io, al contrario di tutti gli altri, non ti considero più una bambina, per me sei grande e sarebbe ora che guardassi le cose per come sono!”

Meissa mi guardò incuriosita, io trattenni un ghigno di compiacimento; quando ascoltavo a scuola i discorsi delle mie compagne, tutte si lamentavano di essere considerate ancora bambine e immaginavo che mia sorella non fosse troppo diversa da loro: se fossi riuscito a sfruttare quel cruccio a mio vantaggio...

    “Ormai è ora che apri gli occhi pure tu: io, tu, la mamma, papà, nostro fratello, siamo tutti delle persone vere, facciamo errori, non solo cose giuste... Credi ancora nelle favole, Mei? No! E allora perché vuoi credere che nostro fratello sia infallibile? Secondo me, lui si è scelto degli amici sbagliati... quella Bellatrix non mi è mai piaciuta... e da quanto dice Rabastan di suo fratello... ”
    “Anche a te papà dice di lasciar perdere Lestrange, ma da quell'orecchio non ci senti, mi pare... dovrei crederti un assassino e un traditore solo per questo?”
    “Io dico solo che in una notte di baldoria con loro, nostro fratello potrebbe aver commesso un errore ed essersi giocato il futuro... magari non l'ha nemmeno fatto apposta, magari si è ritrovato in una situazione difficile che gli è sfuggita di mano... ”
    “Quindi tu credi davvero che lui sia andato in giro a far fuori tutte quelle persone? Ti rendi conto quanto è lungo l'elenco di quelle persone uccise? Tu stai parlando di un errore, Rigel... ma l'elenco che ho visto sul Daily… tutta quella gente… non possono essere stati “tutti” un errore!”

Sospirai, era più dura di quanto mi aspettassi: Meissa aveva letto più cose di quanto avrebbe dovuto e la mia intenzione di farle aprire gli occhi senza accusare nostro fratello si stava rivelando poco efficace, soprattutto perché stava per scoppiare a piangere ed io non volevo farle del male.

    “Vuoi la verità? Non lo so, va bene? Io so solo che non è la prima volta che si mette nei guai... Ti ricordi quando è stato via di casa per tanto tempo, Mei? Ti ricordi quanto eravate tristi, tu e la mamma? Io non lo so cosa ha combinato quella volta... ma William, che ne sa poche come me, mi ha detto che suo padre ne aveva dovute fare tante per tirarlo fuori dai guai... e che nostro padre, anche se alla fine l'ha perdonato, gli ha detto che non gli avrebbe concesso altri errori... ”
    “Non ti credo, Rigel! Non ti credo assolutamente!”
    “E che motivo avrei di mentirti? Io non ti sto dicendo che Mirzam ha fatto quello che dicono, che ci ha fatto del male, che ci ha tradito, che ha ucciso non so nemmeno chi... Anzi, io che lo considero un pallone gonfiato, ci metto la mano sul fuoco che lui non c'entra nulla! Magari vorrebbe pure, ma idiota com'è, scommetto che non ne è capace! E guarda che non lo sto prendendo in giro... Lo dico col cuore, perché gli voglio bene e vorrei che tornasse a casa, come lo vuoi tu... la verità, però, è che ciascuno di noi ha i propri segreti e noi non sappiamo nulla di lui e dei suoi amici, di cosa combinano quando vanno insieme... c'è pure la possibilità che si sia trovato nei guai e abbia dovuto chiedere aiuto alla persona sbagliata... che ne sai?”
    “Se fosse così, dovremmo aiutarlo noi, non andare a dire in giro che è un traditore... ”
    “Senti Meissa... Io non credo che Mirzam sia un assassino, d’accordo… ma non credo nemmeno che nostro padre sia uno stupido... spero che tutto si aggiusti, ma non so che cosa sia successo, e... a costo di passare per un vigliacco… in questo momento... non voglio nemmeno saperlo!”
    “Non sei un vigliacco, Rigel... non lo sei... magari sei stupido ma... e comunque... Mirzam non ha ucciso nessuno!”
    “Io spero che tu abbia ragione, ma qui l’unico che sa la verità è proprio lui… e allora, da stupido, che almeno una cosa giusta la sa, ti dico questo... l'unica cosa che possiamo fare tu ed io e che io intendo fare è fidarci di papà, non far preoccupare la mamma e pregare che Mirzam torni a casa sano e salvo... che si decida a muovere le chiappe e venga a dirci che diavolo gli è successo... Tutto il resto è fuori dalla mia portata e dalla tua... Qualsiasi cosa stia accadendo, però, dividerci e iniziare a darci contro è l'errore peggiore che potremmo fare!”

La guardai, risoluto, lei aveva chinato lo sguardo e aveva annuito, nella penombra della nostra carrozza coperta: probabilmente non l'avevo convinta, ma il mio ragionamento era così serio ed estraneo al mio modo di fare che doveva essersi preoccupata e spaventata a morte. Rimanemmo a lungo in silenzio, mentre il castello e le luci della scuola si stagliavano sempre più nitide davanti a noi: per la prima volta il pensiero della ricca cena, degli scherzi degli amici, di una carezza rubata a qualche ragazza in un corridoio buio, non mi sembravano importanti quanto uscire da quella carrozza con la certezza di aver fatto la cosa giusta con mia sorella. Le presi la mano e la guardai in faccia, come non facevo mai, aveva bisogno, come me, di un abbraccio, di non sentirsi sola, così la strinsi a me e cercai di non dire nulla di stupido, quando mi resi conto che aveva iniziato a piangere contro la mia giacca, anzi la strinsi un po' più forte e le scoccai un bacio leggero sui capelli, come avevo visto fare Mirzam tante volte, per consolarla. Non avevo mai dato un bacio a mia sorella, lei si staccò da me, non capiva, lo vedevo, se facessi sul serio o la prendessi in giro; per tutta risposta, io la strinsi ancora un po’, finché lei non mi appoggiò la testa sul petto, perché non volevo mi guardasse, mentre glielo dicevo.

    “Anch’io ho paura, Mei, ho paura che non sarà mai più come prima... che non saremo come prima nemmeno noi... per questo, se vuoi, vorrei fare un patto con te... Io ti prometto che litigheremo sempre, ma che non ci separeremo mai, anzi farò tutto ciò che posso per tenere saldi anche tutti gli altri... anche Mirzam... se vorrà  tornare… ci stai? Mi aiuterai?”

Sollevò di nuovo gli occhi su di me, ci fissammo, sapeva che non la stavo prendendo in giro, ero davvero spaventato e avevo davvero bisogno del suo aiuto, come lei aveva bisogno del mio. Mi sorrise, il primo vero sorriso da quando aveva salutato papà in stazione. Poi annuì.

    “Naturalmente continuerò a farti i dispetti, mi piace troppo farti arrabbiare e scommetto che quando sarai più forte con la Bacchetta e saprai fare le Fatture più pericolose anche tu, sarà ancora più emozionante duellare con te!”
    “Sei il solito stupido, Rigel!”
    “E me ne vanto!”

La carrozza, dopo aver percorso il viale che conduceva all'ingresso della scuola, sotto la neve che aveva ripreso a scendere rada e pigra, si era fermata, io balzai fuori, ridendo, poi mi voltai per aiutarla a scendere, ci mancava solo che scivolasse sul gradino ghiacciato e si facesse male. Lei invece mi superò, rapida, si chinò a raccogliere un po’ di neve, la appallottolò e me la tirò addosso, io, colto alla sprovvista, scivolai e mi ritrovai col sedere per terra, a fissarla infuriato, mentre i miei amici, da lontano, mi deridevano. Mi passò vicino, per sbeffeggiarmi ancora, tirandomi altra neve sulla faccia mentre provavo a rialzarmi, poi, prima di allontanarsi per sfuggire alla mia ira, rifugiandosi tra le altre ragazzine del primo anno, si era chinata su di me e, ridendo, mi aveva sussurrato qualcosa in un orecchio.

    “Ti voglio bene anch’io!”


*continua*



NdA:
Ringrazio tutti al solito per le recensioni, le letture, le preferenze, ecc.
Il finale di questo capitolo potrebbe sembrare troppo sdolcinato, Rigel, di solito, non tende a manifestare i suoi sentimenti, ha 13 anni e con la sorella non va troppo d’accordo, ma dopo averne viste di cotte e di crude, il processo che li ha portati ad avvicinarsi si è molto accelerato. Sul gruppo FB ho iniziato a postare le schede personaggi, se volete vedere quella degli Emerson la trovate qui. Passo velocemente alle note vere e proprie:
1) Ho già citato Pauline in vari altri capitoli della parte “Slytherins vs Gryffindors”, come una delle compagne di studio Ravenclaw di Meissa; inoltre nel primo viaggio in treno di Mirzam per Hogwarts, avevo parlato di Martha McDougal, una ragazzina amica di Molly Prewett, probabile cugina o sorella maggiore di Pauline;
2) Anche in questo capitolo ci sono alcuni riferimenti alle news tratte da Pottermore: qui ho citato una curiosità svelata nel discorso del prefetto Ravenclaw;
3) Alshain e Rigel lo chiamano "Sigillo" ma si tratta sempre e soltanto dell'Incanto Fidelius: a dimostrazione che di là dei pregiudizi reciproci, la Confraternita e il Ministero praticano la stessa Magia;
4) A proposito di Esbat e di Luna Blu (da wikypedia): nel dicembre 1971 stando al calendario lunare di quell'anno, effettivamente, la luna piena si è verificata sia il 1 sia il 31 dicembre;
5) Come faceva Phineas a sapere della pietra? Chi glielo aveva detto? Ho sempre immaginato che Mirzam fosse entrato con una scusa nello studiolo in cui è custodito il ritratto di Phineas e gli abbia mostrato la pietra, e che da buon Slytherin e  "Toujours Pur", il caro patriarca dei Black, dinanzi a una reliquia di Salazar Serpeverde, abbia accettato senza discutere di aiutare un figlio di Herrengton... Soprattutto perchè custodire un cimelio così importante poteva dare ulteriore prestigio all'antica casata dei Black. Naturalmente, non ho idea se i Quadri abbiano questa capacità di discernimento, ma visto che su richiesta Phineas si muoveva, controllava, dava l'allarme, ecc ecc... mi sono presa questa libertà di interpretazione. Sirius, come sappiamo, poi ha fatto, da bravo Malandrino, di testa sua... per fortuna!!!
6) Dei Traccianti non ho ancora mai parlato, per ora è un'informazione che resterà lì, pronta a tornar fuori al momento opportuno... tenete sotto mano anche l'altra ff, Old Tales, perchè alcune cose le dirò proprio lì;
7) Questa barca l'abbiamo vista in varie occasioni: è la barca che usano Mirzam e Jarvis la notte delle Rune, è la barca che porta Sile a Herrengton per le nozze, chi segue Old Tales l'ha vista anche lì, era la barca usata da Cormacc per raggiungere la Scozia; la vedremo ancora, in seguito. Questa barca è magica, visto che è usata dalla Confraternita da oltre mille anni, e sempre da Old Tales abbiamo visto che è completamente ricoperta di Rune con i nomi dei giovani che l'hanno usata, nei secoli, per affrontare il loro Rito di Iniziazione e entrare nella Comunità. L'immagine di una barca che ha la capacità di inabissarsi e percorrere lunghe distanze, naturalmente, è ripresa dalla nave che usano gli studenti di Durmstrang (e il fatto che Fear riesca a riprenderne il controllo con la Magia, dandogli ordini in una lingua diversa dal Gaelico, si ricollega al fatto che per anni il nostro vecchiaccio misterioso pare abbia frequentato le oscure terre che ospitano quella scuola); come al solito, io sono dell'idea che tutta la Magia mostrata nel canon non sia "esclusiva" dei soli personaggi che la usano, ma sia diffusa nella comunità magica, e soprattutto, sia solo una parte delle tante diffuse potenzialità del Mondo Magico;
8) Sempre da Old Tales: per maggiori informazioni, vi lascio il link al capitolo 4 in cui sono stati spiegati i vari passaggi.
A presto.
Valeria



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