Filosofia di vita.

di Tomoko_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro(scontro) fatale. ***
Capitolo 2: *** Life. ***
Capitolo 3: *** Bambole. ***
Capitolo 4: *** Radio Zombie. ***
Capitolo 5: *** Cuore di cemento. ***
Capitolo 6: *** Alzati Teresa. ***
Capitolo 7: *** Greta. ***
Capitolo 8: *** Ad un passo dalle nuvole & Tutto bene ***
Capitolo 9: *** Fragile. ***
Capitolo 10: *** Che rumore fa la felicità? ***
Capitolo 11: *** Il giorno delle verità. ***
Capitolo 12: *** Provo a difendermi. ***
Capitolo 13: *** Aria. ***
Capitolo 14: *** Un giorno di ordinaria magia. ***
Capitolo 15: *** Il mio veleno. ***
Capitolo 16: *** We need a change. ***
Capitolo 17: *** La vita incandescente. ***
Capitolo 18: *** Panico & Splendido. ***
Capitolo 19: *** A modo mio. ***
Capitolo 20: *** Bong. ***
Capitolo 21: *** Vai, ragazzo, vai. ***
Capitolo 22: *** Era magico. ***
Capitolo 23: *** Destinati a perdersi. ***
Capitolo 24: *** My way. ***
Capitolo 25: *** Io Pocahontas me la farei ***
Capitolo 26: *** Prima del grande giorno. ***
Capitolo 27: *** Luna. ***
Capitolo 28: *** E intanto il tempo passa. ***
Capitolo 29: *** Welcome to the world. ***
Capitolo 30: *** La musica leggera è potentissima. ***
Capitolo 31: *** L'uomo sogna di volare ***
Capitolo 32: *** Ehi negrita! & Hemingway ***
Capitolo 33: *** Bonjour & Rumore ***
Capitolo 34: *** Soy Taranta ***
Capitolo 35: *** Ho imparato a sognare. ***
Capitolo 36: *** Gioia infinita. ***
Capitolo 37: *** Sale. ***
Capitolo 38: *** A.J Angelo Ribelle & Ululaallaluna! ***
Capitolo 39: *** Corvo nero. ***
Capitolo 40: *** Mother. ***
Capitolo 41: *** In un mare di noia ***
Capitolo 42: *** Transalcolico. ***
Capitolo 43: *** Immobile & In ogni atomo. ***
Capitolo 44: *** Lontani dal mondo. ***
Capitolo 45: *** Dannato vivere. ***
Capitolo 46: *** War. ***
Capitolo 47: *** Alienato. ***
Capitolo 48: *** Nevrotico Alcolico Stomp ***
Capitolo 49: *** Per le vie del borgo & Brucerò per te. ***
Capitolo 50: *** Bonanza & Lasciami dormire. ***



Capitolo 1
*** Incontro(scontro) fatale. ***


Incontro (scontro) fatale.

“Sempre la solita stupida, Hinata!”
Una ragazza mora correva imbacuccata sulla neve, ripetendosi nella mente qualche rimprovero cattivo.
“Sei un'imbranata!”
Hinata aveva venti anni, quasi ventuno. Lavorava presso una delle grandi aziende di famiglia e si occupava di marketing in una delle filiali.
Le aziende Hyuga erano famose per la loro grandezza e ricchezza: comprendevano inoltre più settori, dal ramo finanziario a quello discografico. Vantava un grande ospedale attrezzato, un paio di case editrici, molte banche, alcune aziende d’abbigliamento e una di auto.
Hinata lavorava presso una delle aziende di moda, si ammazzava di lavoro da mattina a sera per affermare il proprio valore non come figlia del capo, ma come semplice donna.
Fatto sta che lei continuava a impegnarsi e, al tempo stesso, a fare figuracce. Era tremendamente timida e impacciata, a volte anche goffa.
Quel giorno ad esempio, era inciampata sul tappetino del cucinotto dell’ufficio proprio quando aveva finito di versarsi un caffè bollente, cadendo sulla povera Mitsuki di contabilità, sporcandole il golfino bianco panna e scottandosi le dita.
Per mezzora aveva chiesto scusa e aiutato la donna a ripulirsi, mentre questa la rimproverava per la sua sbadataggine. Aveva insomma perso tempo, poiché la macchia bruna non voleva saperne di venir via, e aveva finito per far tardi anche al pranzo con Sakura e Ino.
Ecco spiegato il motivo per cui in quel momento stesse correndo, nonostante a ogni passo affondasse nella neve che le arrivava a metà ginocchio.
Per giunta, l’aria fredda di dicembre le pungeva gli occhi, facendoli arrossare. Li chiuse un momento per impedire a una lacrima di uscire fuori dai suoi occhi lilla, accorgendosi troppo tardi della porta del locale accanto a lei che si apriva facendo uscire chissà chi.
Sentì il proprio naso sbattere contro qualcosa di duro e… peloso, per poi sentire un tonfo per terra e un “ahi” dolorante.
“Già, sei proprio un’idiota” si disse mentalmente.
Anche lei era finita per terra, con la neve fredda che le inumidiva la gonna a tubino nero.
Aprì mugolando gli occhi e mise a fuoco la figura di un ragazzo, o meglio, un uomo che sembrava avesse la sua età inginocchiato meno aggraziatamente di lei per terra.
Aveva i capelli arruffati di un biondo caldo e luminoso, i lineamenti mascolini e virili, le spalle larghe e possenti così come le braccia, gambe lunghe e slanciate.
Indossava dei jeans scuri e un impermeabile verde opaco lungo fino a meta coscia, con un cappello ornato di un arricciatura pelosa.
Gli occhi erano coperti da due spessi occhiali da sole verdi che stonavano con l’atmosfera e l’ambientazione, ma che gli stavano dannatamente bene.
Si rimise quasi subito in piedi, massaggiandosi il sedere. Si chinò verso di lei offrendogli una mano per alzarsi e gli occhiali scivolarono leggermente sul naso, mostrando due laghi profondi e azzurri negli occhi.
-Tutto bene?- la voce calda e virile gli arrivò quasi ovattata tanto era persa ad ammirarlo, ma capì con qualche secondo di ritardo e annuì lievemente, per poi prendere la mano che le offriva.
Una mano grande e forte.
-Scusami, non ti avevo vista.
-No, scusami tu.- disse lei arrossendo –Correvo e per un attimo ho chiuso gli occhi per proteggermi dal vento.
-Si, e magari hai avuto una brutta giornata a lavoro rischiando di fare tardi al pranzo con le amiche- disse lui, con un pizzico di ilarità.
-Esattamente.- rispose ingenuamente, battendo le mani sul cappotto che si era impolverato.
Lui rise di gusto, osservando che la ragazza non aveva notato il suo sarcasmo.
-Beh, allora stai facendo tardi e non sarò io a trattenerti ulteriormente. Bye!- salutò, passandole accanto e prendendo la direzione contraria alla sua.
La ragazza si voltò verso di lui e lo vide camminare deciso e con le mani nelle tasche del giubbotto.
Aprì la bocca indecisa, voleva parlargli, chiedergli come si chiamava, ringraziarlo per la sua premura.
-Ah… ah… Scusami!
Il biondo si fermò e voltò leggermente la testa, mostrando il suo perfetto profilo.
-Io sono Hinata. Come ti chiami?- disse lei, la voce meno tremante.
-Naruto.
E si voltò, ricominciando a camminare.
-Allora, grazie, Naruto!- esclamò lei, la voce nuovamente timida.
Lui alzò la mano in un gesto di saluto, poi svoltò dietro l’angolo.
La ragazza rimase ancora un attimo a guardarlo scomparire, ascoltando lo sfrigolio dei suoi passi sulla neve ed osservando attentamente il disegno delle orme dei suoi piedi.
Si voltò per andare anche lei a destinazione e vide, fra la neve d’un bianco luminoso, una macchia d’un arancione intenso. Si chinò per afferrare l’oggetto e se lo rigirò tra le mani. Era una lunga sciarpa arancio.
-Oh.- si stupì nel leggere il nome sull’etichetta.
Naruto.


Sono 776 parole, ma il primo capitolo, di cui questo prologo ne era l'inizio, dura molto di più.
Chi già mi conosce sa bene come è il mio stile e quanto mi piace scrivere tanto (e tanto!) ma spero di non annoiarvi.
Non dovrei cominciare un'altra long ora (ne ho quante, tre?) ma esco da un'insoddisfazione perenne e da un contest ( il primo, cavolo che esordio ) sbagliato, quindi mi consolo così.
E conosaltemi un pò voi, fatemi sapere cosa ne pensate e cosa avete capito di quel poco che ho scritto qui.
Aggiornerò ad inizio vacanze, sempre che la profezia Maya non venga in mio aiuto.
Un bacione, Cla.

 

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Capitolo 2
*** Life. ***


Filosofia di vita
-
Life
[Ogni vita è diversa, ma ha sempre qualcosa da raccontare]

 

           [Consiglio l'ascolto della canzone Life- Negrita]

           
Avevano pranzato insieme al ristorante di Tokyo “Mon Cherry”, quello di cui i genitori di Sakura erano proprietari e chef. Era un ristorante di lusso molto rinomato. I genitori di Sakura non erano nati ricchi, ma si erano innamorati in giovane età ed avevano realizzato i loro sogni insieme, passo dopo passo, ottenendo un grande risultato. Adesso erano più che benestanti. All’inizio volevano che la loro primogenita studiasse per diventare una gran cuoca o per almeno gestire il locale. La ragazza però si era opposta dichiarando di voler diventare una grande donna medico. I genitori non avevano detto nulla, soprattutto vedendo il loro secondogenito tanto voglioso di imparare il mestiere di famiglia.
Ino invece aveva sempre vissuto nel lusso. La sua famiglia aveva da secoli una ditta di fiori, con filiali in tutto il paese. Viveva in una casa che somigliava ad un castello. Tutti i membri della famiglia avevano cominciato a lavorare con i fiori fin da piccoli e Ino era sempre stata particolarmente dotata. All’apparenza sembrava una ragazza snob e vanitosa, ma quando la si osservava lavorare nel negozio di famiglia con quell’impegno, tutta assorta a creare meravigliosi bouquet, si capiva quanto in realtà fosse profonda.
Le tre famiglie –Hyuga, Haruno e Yamanaka- erano legate da tempo da un lungo rapporto d’amicizia nella vita e negli affari. In pratica le tre ragazze erano cresciute insieme e, nonostante gli studi e il lavoro, continuavano a frequentarsi assiduamente anche ora che avevano venti anni.
Dopo il caffè di fine pranzo Sakura e Hinata vennero trascinate da Ino nel negozio più vicino di musica.
Sfortunatamente non avevano gli stessi gusti musicali. Ino era una ragazza molto più da “Ibiza”, Sakura ascoltava quasi tutti gli stili che le venissero proposti. In quel periodo si era fatta particolarmente trascinare dal gusto rock’n’roll di Hinata. Quella ragazza era un pozzo di sapere.
Nonostante la sua agiatezza economica, Hinata ne aveva viste di cotte e di crude. Non era particolarmente intelligente, ma si dice che la cultura è un bagaglio. Beh, lei non aveva un bagaglio, ma un’intera cabina armadio di cultura. E se l’era costruita da sola, muro dopo muro.
Era sempre stata una bambina particolarmente introversa e si abbandonava spesso alla lettura e alla musica rock, che era in grado di esprimere tutto ciò che lei non riusciva a comunicare.
Adorava quella musica come l’avesse scritta di suo pugno.
Le due quindi si diressero verso gli scaffali della zona anni  ’70 e ‘80, lasciando la bionda a vaneggiare con un ragazzo appena conosciuto sui suoi artisti preferiti.
La corvina cominciò a passare in rassegna tutti gli artisti lettera per lettera, dispensando preziosi consigli alla sua amica.
Camminava piano di lato, oltrepassando con lo sguardo le prime lettere dell’alfabeto. Quando arrivò alla lettera “I” sentì distrattamente la voce di Sakura chiamarla, mentre lei, come al solito, andava a sbattere contro qualcuno.
E come sempre, senza nemmeno guardare con chi avesse colliso, si piegò formalmente in segno di scuse.
-Allora è un vizio!- disse una voce conosciuta, con la sua tipica ilarità.
Hinata alzò lo sguardo ed incontrò quello di lui, d’un ammaliante azzurro. Arrossì vistosamente facendolo sbottare in una sonora risata.
Per sentirsi meno imbarazzata tornò ad osservare i tanti CD esposti, accucciandosi meglio nel lungo cappotto nero. Con la coda dell’occhio osservava il ragazzo, che aveva preso anche lui ad osservare gli album.
-Cosa cercavi, Hinata?
Il suo nome pronunziato con così tanta leggerezza la fece inspiegabilmente vibrare d’emozione.  Si ricordava il suo nome! Ricominciò a cercare un gruppo fra i tanti nomi e finalmente ne pescò uno.
-Questo qui- disse mostrando timida la copertina.
-Mi stupisci, Hinata!- una sua risata ed un altro brivido di lei –Bella scelta, gli Iron Maiden.
-Ti stupisco?- chiese ancor più timida, nascondendo il rossore nell’alto collo del cappotto chiuso.
-Ti facevo molto più tipo da… da musica classica, ecco.
Hinata non ebbe il tempo rispondere, perché il ragazzo venne tirato per una spalla fuori dal negozio con qualche bestemmia da ambo le parti, probabilmente da un suo amico dai capelli bruni e dal vistoso piercing sul labbro.
Sakura le si avvicinò e le toccò la spalla lievemente, risvegliandola dai suoi pensieri: si era di nuovo imbambolata a guardarlo.
-Due volte nello stesso giorno- farfugliò la ragazza, osservando con aria trasognata l’amica.
-Cosa? E chi era quel ragazzo?
-Quel ragazzo era… Naruto.
 
Quel giorno era sabato, ed era la serata d’uscita delle tre amiche. Ino aveva conosciuto un ragazzo nel negozio di dischi e aveva ignorato bellamente i rimproveri delle amiche decidendo di uscirci anche quella sera.
Sakura e Hinata invece avevano optato per una serata per locali, alla ricerca di buona musica. Era un po’ di tempo che ci pensavano.
Si prepararono insieme per uscire a casa Hyuuga.
Hinata non amava molto il suo corpo, ma non era capace nemmeno di disprezzarlo. Aveva alcuni punti a suo favore, come il corpo formoso e le labbra carnose e Sakura sapeva bene come farli risaltare.
La ragazza indossò quindi un vestito lilla stretto al collo e sulle cosce, dove appunto terminava con una fascia, mentre la schiena era scoperta. Aveva indossato dei collant molto particolari e ricamati, simili al pizzo. Ai piedi degli stivaletti bassi neri e leggermente borchiati.
Infine si legò i capelli in una crocchia alta e disordinata, lasciando cadere qualche boccolo qua e là.
Sakura invece indossò una camicetta rosa pallido, come i suoi capelli,una gonna stretta e nera e delle decolletè.
Orecchini a cerchio per entrambe e nessun altro fronzolo inutile.
Indossarono pesanti e lunghi cappotti scuri ed uscirono verso le dieci.
Camminavano insieme lungo le strade affollate di Tokyo, una con più difficoltà dell’altra a causa dei tacchi sul marciapiede innevato e a volte ghiacciato.
Alla fine riuscirono ad arrivare illese al pub da loro scelto per quella sera. Scesero le lunghe scale che portavano all’entrata della sala e alla fine si ritrovarono su di un grande soppalco, che sovrastava il bar e alcuni divanetti. Di fronte c’erano un sacco di persone che ballavano e cantavano ondeggiando le mani a tempo. Una band suonava sul palco. Prima ancora di scrutarli, Hinata sentì le parole della canzone che subito la colpì.
 

 
Non mi importa se non cresco, in fondo mi va bene così
Non importa se non basta, davvero… devi credermi
Sono stato assente, in quei giorni m’educavo da me
Sono ancora a niente ma oltre al niente dimmi che c’è

 

Una voce e una chitarra apparvero dal nulla con la loro tristezza e la loro forza,
subito raggiunti da una chitarra elettrica e da una batteria forte e possente.
Osservò il palco e lo vide. Naruto aveva gli occhi chiusi e cantava con la bocca vicinissima al microfono. Lo aveva visto ridere e sorridere ed ora sembrava così tetro.

 

Dalla gente in strada ho imparato tutto quello che so
E mi incazzavo se qualcuno diceva “non si può!”
Questa è casa mia… ma ormai non so
Se ho fatto bene oppure no…

 

Non trasmetteva angoscia solo perché era tutto di nero vestito, un po’ punk, con il bracciale borchiato, ma era la sua voce, la sua tremenda e suadente voce, a trasmettere tutta quell’angoscia.

A che cosa si riduce tutto questo?
Non riesco a farmene un’idea
A che cosa si riduce tutto questo
Se non ad illudersi.

 

Aprì finalmente gli occhi, trasmettendo con quei pezzi di cielo luminosi e affranti come quel testo fosse sentito e profondo. Li richiuse all’ultimo verso, per potersi concentrare meglio.
 

Ho anche pensato di cominciare a farmi male
Di chiudermi in un cesso e spararmela per non pensare
E invece no! Questa è l’essenza stessa della vita
Non c’è di mezzo niente, è una discesa da frenare a fatica

 

Sfiorava con le mani  l’asta e il microfono, per poi afferrarlo saldamente ogni volta che la voce si faceva più aspra e gridata. Ogni suo gesto, ogni sua parola, la incantava.

 

Ma se ho fatto bene io non lo so
A che cosa si riduce tutto questo?
A che cosa si riduce non lo sai
Se davvero puoi scegliere quando sognare
O se qualcuno decide anche questo per te
Anche questo per te
Se qualcuno decide anche questo per te
 

Bello e suadente. Bello e impossibile. Bello e così dannatamente dannato, stretto alla sua angoscia e al suo dolore, dimostrando di aver imparato più di ogni persona presente dalla sua vita.
 
 

-Ma quello non è il ragazzo del negozio di dischi?- urlò Sakura cercando di sovrastare le grida e le acclamazioni del pubblico mentre il gruppo scendeva dal palco.
Hinata annuì continuando ad osservarli per poi fiondarsi giù per le scale, seguita dall’amica che protestava.
Era Naruto. E voleva parlargli ancora, ne era terribilmente attratta. Se non altro gli avrebbe restituito la sciarpa arancione.
Corse a perdifiato verso i ragazzi che stavano scendendo dal palco. Qualcuno le gridava contro per i suoi modi, mentre sbatteva su qualcun altro o mentre faceva cadere qualche drink costoso ad un altro ancora. Correva in mezzo alla folla con la sua solita sbadataggine, bestemmiando mentalmente contro se stessa e contro chi la voleva tanto male lassù da farle perdere di vista la band.
Completamente in ansia, finì per scontrarsi con un altro petto.
-Hinata-chan?
Si sentì chiamare da una voce ben nota, riascoltata dopo ben quattro anni.
-Kiba-kun?
Alzò il viso lentamente ed incontrò gli occhi scuri e luminosi di quello che era stato un suo “ammiratore” per tutti gli anni delle medie e per buona parte del liceo. Da credersi o meno, le tre famiglie più importanti di Tokyo avevano mandato la loro prole nella scuola pubblica, per consentire loro di essere ben viste dalla società e per permettere alle ragazze di avere amicizie fuori dalla loro cerchia.
-Cosa ci fai qui? Mi hai visto mentre suonavo il basso?- sprizzava gioia da tutti i pori, il ragazzo.
La ragazza fece un cenno col capo distratta, mentre con lo sguardo andava oltre la sua spalla, scorgendo un’interessante chioma bionda.
Anche il moro si voltò, alla ricerca della curiosità della sua interlocutrice. Vide il suo amico, il loro vocalist e scrittore delle canzoni, parlare con il chitarrista del gruppo, Sasuke, migliore amico di Naruto e un po’, anche amico suo.
All’improvviso realizzò qualcosa che era ben lontano dai pensieri di Hinata.
-Non mi dire che…- borbottò, mentre la prese per un polso e la condusse con sè.
-Dove mi porti, Kiba-kun?
-Nel camerino della band.
Hinata cercò di opporsi, Sakura era scomparsa chissà dove. Tutto però fu inutile. Quando entrarono, un ragazzo alto, dal codino ad ananas e gli occhi dal taglio tipicamente giapponese, stava disteso su un divanetto marrone e li guardava stranito.
-Guarda un po’ chi c’è, Shikamaru!
Il ragazzo aprì maggiormente gli occhi e vide la corvina.
-Hinata? Sei tu? Non ci vediamo dalle superiori.
La ragazza aveva frequentato la sua stessa classe. Si ricordava di lui come un ragazzo geniale ma pigro, molto bravo nell’organizzazione. Non si sarebbe mai aspettata che Shikamaru diventasse membro di una band, di cui era il batterista. Non era da lui. Insomma… c’era molto movimento.
-Credo che sia lei la ragazza di cui parlava prima il baka.- disse Kiba sorridendo.
“Il baka? Ma che..?” Hinata cercava di capire, guardando prima uno e poi l’altro “Che stiano parlando di…”
-Dalla descrizione di Naruto, sembra lei.- ecco che Shikamaru le aveva tolto ogni dubbio.
Naruto aveva parlato di lei con i ragazzi. Chissà cosa avrà detto!
Kiba si andò a sedere sul divano spostando le gambe dell’amico e facendo posto anche a lei, che si sedette timidamente.
Qualche strano rumore venne dalla porta, che poi finalmente si aprì. Un altro ragazzo moro sostava sulla porta.
-Avete già trovato una groupie1, ragazzi?- la sua voce era roca mentre si accendeva una sigaretta e guardava interessato Hinata, come un vecchio Rocker consumato.
-Lei non è una groupie, Sas’kè!- urlò Kiba –Andiamo, non ti sembra di riconoscerla, dalla descrizione di Naruto?
-Io non ascolto mai il baka, stupido.- si chiuse la porta alle spalle calciandola con un piede, per poi andare a buttarsi su una poltrona. –Quindi niente groupie, stasera?
-Vattela a cercare fuori, qui stavamo parlando- rispose scocciato Shikamaru.
-Lo sai che fuori le fan mi assaltano!- disse con una smorfia lui –Vacci tu, tanto non c’è anche la Sabaku No che ti aspetta?
L’altro lo guardò seccato ma non disse niente.
-Dov’è Naruto?- disse Kiba, interrompendo il silenzio.
-Ha detto che doveva fare una gran pisciata…- disse l’altro, tirando un‘altro po’ dalla sigaretta.
Shikamaru buttò la testa all’indietro sul divano, sbuffando –Comportati decentemente, c’è una ragazza.
-Faccio quello che cazzo mi pare, Nara. Piuttosto…- prese ad indicare la ragazza che aveva quasi di fronte, attirando la sua attenzione –Che ci fai qui?
Quella arrossì vistosamente –Mi ci ha portato Kiba…
-Deve parlare con Naruto.- si giustificò lui.
La ragazza vide uno dei sopraccigli scuri di Sasuke piegarsi all’insù vertiginosamente.
-E una come te che ci fa con il baka?
-In che senso una come me?
-Una vestita di tutto punto, con la roba firmata, i capelli in ordine, lo smalto alle unghie.. una ricca insomma.
-Che c’entra questo, ora?
Ora Hinata non era più rossa. Aveva il volto impostato, costruito, ma apparentemente calmo. A modo suo, si stava arrabbiando. Il suo interlocutore invece, sembrava un cane che proteggeva il padrone. La guardava storto, storcendo il naso, digrignando i denti, infastidito. Sembrava una sorta di fratello maggiore che si preoccupava per il suo fratellino piccolo. Che difendeva. Da cosa, poi?
-Cosa ci fa una ragazza come te in questo buco di locale, dove si ascolta musica tosta e cruda?
La porta si aprì nuovamente ed il biondo entrò, avvicinandosi piano.
-Naruto-kun…- la voce di Hinata venne sovrastata da quella di Sasuke, che aveva alzato la voce.
-Hai sentito?
-In effetti sì, teme, è difficile non sentirti- disse alzando lievemente la mano in un gesto di saluto un po’ freddo. –E al dire il vero, mi stavo chiedendo la stessa cosa.
Lui si andò a sedere accanto all'amico, interessato al discorso.
-La musica è musica, e a me piace questa.- rispose lei, apparentemente pacata.
-Ah si?- Sasuke si infervorò –Ti piace ascoltare canzoni che narrano di disgrazie? Hai ascoltato quella di stasera? Guarda che questo non è il mondo delle bambole. Quella canzone raccontava la vita di Naruto. La vita nelle strade, a patire il freddo. Tu che cazzo ne sai di queste cose?
Sasuke parlando si era alzato in piedi, con fare minaccioso. La ragazza, per tutto il tempo, aveva guardato le proprie mani. Anche Naruto ora la guardava, silenziosamente interessato. Cosa può rispondere ora, questa ragazza? Se lo chiedeva, non sapendo che due dei membri della sua vita conoscevano bene la risposta, perché conoscevano almeno parzialmente la vita della giovane donna che avevano di fronte.
Quest’ultima si alzò, guardando bene in viso i presenti. Un sorriso amaro di dipinse sul suo viso.
-Non si soffre solo sulle strade. Ora scusate, ma tolgo il disturbo.
A passo svelto andò verso la porta, che aprì velocemente, per poi chiudersela con forza alle spalle.
Naruto cercò chiarimenti agli amici.
-Ha ragione- disse Kiba –Siete troppo crudi, giudicate il libro dalla copertina. Lei non l’ha fatto, è rimasta qui a parlare con due delle persone più rozze che conosco al mondo, senza pregiudizi.
Il moro storse nuovamente il naso, tornando a sedersi –Si, si, ma di che sofferenza parlava?
Kiba sbuffò, quell’incombenza toccava a lui –Lei… uff.. lei ha visto morire la madre per un brutto cancro… quando ancora era piccola.
Il biondo si stupì vistosamente. Lui era orfano di madre e padre, quindi, in parte Hinata lo poteva capire. Nessuno lo aveva mai capito. E lui nemmeno aveva mai capito qualcuno davvero, tralasciando la cerchia di amici con cui condivideva la passione per la musica. Infatti si chiedeva come mai avesse ancora quello sguardo amaro e avvilito. Lei, in fondo, una famiglia ce l’aveva avuta. Lui era stato sballottato da una famiglia affidataria a l’altra, si era sempre ribellato e alla fine, se n’era andato a vivere da solo molto presto.
Aveva voglia di parlare ancora con quella ragazza, davvero, chiarirsi le idee e farsi illuminare. Stupirsi ancora. Curioso di una nuova storia da ascoltare.
Così, si era alzato di colpo e l’aveva inseguita.

                                                       “Ma se ho fatto bene… io non lo so




Note1:le groupie sono le ragazze che seguono le band ovunque, anche in cambio di favori sessuali.
Non l'ho nemmeno ricontrollato questo capitolo, spero che qualcuno mi faccia notare qualche errore.
Beh... Che dire! Questa sarà l'impostazione di tutta la storia! Un capitolo, una canzone significativa, ovviamente io la interpretro come posso.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se è così o anche -e sopratutto- in caso contrario, fatemelo sapere. Siete già intanti a seguirmi! Ringrazio i 10 che mi hanno messo nelle seguite, i 3 nei preferiti e i sei che avete recensito. Beh, un bacione e tanti uguri di Buon Natale! Looooove.
Cla.

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Capitolo 3
*** Bambole. ***


Filosofia di vita.
Bambole

[Quando vorresti tornare ad essere un bambino puro e innocente,
anche se in fondo non lo sei mai stato]


 
[Canzone di oggi: Bambole, Negrita]

Naruto le era corso letteralmente dietro, sbattendo con le proprie spalle larghe su tanta gente che gli inveiva contro. Ovviamente, a lui non importava. Aveva perso di vista Hinata e, in mezzo alla gente, era difficile ritrovarla. Scattò allora verso le scale, incespicò, ma alla fine riuscì ad uscire fuori.
Era uscito con solamente quella t-shirt scura, ma non gli importava, aveva sentito tante volte il freddo sulle braccia. Riprese fiato e quando espirò vide quella tipica nebbiolina davanti agli occhi.
La seguì con lo sguardo, mentre questa veniva portata via dal freddo pungente. Hinata era lì, tra le braccia dell’amica, e piangeva.
Di getto strinse i pugni, avrebbe voluto seguirla, chiederle scusa, ma quando vedeva una persona piangere…. Si bloccava, lo sapeva bene.
Vedere palesato negli occhi la sofferenza, vederla uscire fuori d’un colpo, sofferente, lo irrigidiva. Lui non era mai riuscito a fare uscire la sua sofferenza allo scoperto… l’ultima volta che aveva pianto, era molto piccolo.
Silenzioso, tornò dentro il locale.
Non aveva rinunciato a vederla, voleva solo rimandare la cosa. Chiese a Kiba e Shikamaru il numero della loro ex compagna di classe, ma entrambi non lo avevano. Cavolo!
A questo punto era solo questione di fortuna. Doveva essere al momento giusto nel posto giusto, o non l’avrebbe più rivista. Purtroppo lui e la dea bendata non erano mai andati molto d’accordo.
Stava giusto rinunciando quando, il mercoledì successivo, la vide correre sulla neve come la prima volta che l’aveva vista, proprio davanti alla caffetteria che lui frequentava spesso.
 
Hinata correva. Aveva cercato di evitare quel bar i giorni precedenti, costringendosi a rendere il suo percorso di rientrata dall’ufficio molto più lungo. Non sapeva se quel ragazzo fosse lì, dove l’aveva incontrato la prima volta, ma aveva paura di incontrarlo nuovamente. Lo stivaletto sprofondò di colpo nella neve e per poco Hinata non cadde. Sentiva quel candore inumidirle le caviglie penetrando nel collant.
Scalciò, poco elegantemente, e si preparò per ricominciare a correre. Proprio quando stava per muovere il primo passo, qualcosa, o per meglio dire qualcuno, la trattenne con una mano per il braccio.
Rimasero per alcuni secondi così, lei e Naruto, a guardarsi negli occhi cercando il minimo segno di fastidio. Che non arrivò.
Il biondo la lasciò piano e le fece un cenno. Bastò quello e la ragazza lo seguì docile. Il pendaglio sulla porta tintinnò, Naruto la invitò ad entrare, galante, e lei venne immediatamente irradiata dal calore del cucinotto.
Era una caffetteria anni settanta, di quelle con i divanetti morbidi a quadratini rossi e bianchi, con il jukebox al muro.
Seguì il biondo fino all’ultimo tavolo, quello più in fondo.
Una cameriera gli si avvicinò e ordinarono un caffèlatte e una cioccolata calda. Per una volta, Naruto non si perse ad ammirare le invitanti forme della cameriera, ma fissò Hinata, che divenne di un caldo colore ramato. In breve arrivarono le ordinazioni. Erano ancora in silenzio, un silenzio pesante e imbarazzante.
Hinata prese il cucchiaino e lo fece cadere nella tazza, che non tintinnò. Affondava piano nella cioccolata densa. Guardava interessata quella meraviglia e ripeteva quel giochino, ripescando in tempo la posata.
-Mi dispiace tanto.
Naruto la guardava, aveva quegl’assurdi occhiali verdi tirati sui capelli. Gli stava bene tutto, era splendido.
-Il tuo amico mi ha aggredito.. pensavo… pensavo che avresti fatto qualcosa.- balbettò lei, triste.
Era stata quell’assurda aspettativa a farle male. Non capiva il perché, ma dalle poche parole che si erano scambiati, aveva capito che era persona su cui fare affidimento… aveva sentito che erano simili. Che le fondamenta di un legame profondo erano state gettate.
-Mi dispiace, non sapevo. Se avessi saputo, avrei fatto qualcosa per te, davvero.
Lei sorrise –Sembrava un mastino pronto all’attacco.
-Can che abbaia non morde!- sghignazzò, quella similitudine era perfetta per Sasuke.
Hinata tornò a fissare la sua cioccolata.
-Ma… perché?
Lui si stese sul divanetto ed osservò attentamente la ragazza che aveva di fronte. Era elegante, con una gonna che le partiva da sotto il petto e la camicetta d’un viola scuro, che le risaltava le forme prosperose. I capelli erano legati in una lunga treccia, lasciando qualche ciuffo strategico sul viso. Pareva nascondersi dietro ai propri capelli. Era bella.
-Perché all’apparenza, tu sei la tipica persona che a me e Sasuke non piace. Una come te, una volta mi ha già inguaiato… ma ripeto, all’apparenza.
Alzò lo sguardo su di lui titubante –E come sai che è solo apparenza?
-Non lo so…- alzò gli occhi, cercando una risposta –Non mi sono mai fidato di nessuno… ma tu… nonostante non ci conosciamo… mi ispiri fiducia.
Hinata arrossì vistosamente –Beh… beh, allora conosciamoci!- esclamò, balbettando.
Naruto si chinò e strinse fra le mani la tazza della bevanda, proprio come faceva Hinata. Le loro mani si sfioravano.
-Posso chiederti quello che voglio?
Lei annuì timidamente.
-Proprio tutto?
Lei, in risposta, cercò di essere più convincente, e sorrise.
-Beh- sospirò –Kiba ci ha accennato cosa ti è successo da piccola… mi chiedevo se…
-Non ti sembra un argomento fuori luogo, durante il primo appuntamento?
Hinata lo disse così, di getto, definendo addirittura quell’incontro casuale come un appuntamento, senza pensarci, d’impulso. Naruto aprì la bocca meravigliato.
-Non ha importanza, scusami.- Hinata inciampò sulle proprie parole, arrossendo –Alla fin fine, non credo di essere “normale” e mi pare di capire che non lo sei nemmeno tu… siamo nati fuori luogo.- sorrise.
Ripescò il cucchiaino e lo immerse nella tazza, per poi portarselo alle labbra: la cioccolata era molto calda e vellutata, la inebriò.
Il cucchiaino ricadde nella tazza e Hinata guardò il suo interlocutore, che attendeva calmo. Sospirò.
-E’ vero che la mia famiglia è ricca… ma io non sono in buoni rapporti con loro. Mia madre… ogni ricordo che ho con lei, l’ho sempre vista dolorante, atrocemente sofferente. Ho quest’immagine nella mente… lei che mi prende in braccio, quando avrò avuto all'incirca cinque anni, e io che affondo una mano nei suoi capelli. E questi mi rimangono in mano.- la sua voce trema, ma non balbetta –Mia madre aveva il cancro. Lo ha vinto per due volte, ma ha sempre avuto violente ricadute, che l’hanno resa più debole. Dopo alcuni mesi dalla nascita di mia sorella, morì. - lo guardò, un sorriso amaro dipinto sul viso –Avevo sette anni.
Naruto allungò una mano ed afferrò la sua, che tremava forte lungo il tavolo. La strinse. Il sorriso di Hinata scomparve e si voltò, guardando la strada fuori dal locale.
-Io e mio padre… siamo rimasti feriti. Ci siamo scontrati molte volte e… è come se avessimo vissuto la stessa guerra ed ora ci avessero rimpatriati: siamo due militari con gli stessi trascorsi, atroci e irripetibili, che ci logorano dall’interno, ma preferiamo non parlarne e vivere normalmente… poi la notte abbiamo gli incubi.
-Il cancro è una guerra davvero.
-Davvero- gli fece eco lei –E’ bruttissimo. Questo mondo è bruttissimo. La mia vita è uno schifo e… a volte vorrei tornare a quando ero bambina. Chiudermi nella stanza e giocare con le bambole… Dimenticando il resto del mondo. Era l’unica cosa che nella mia infanzia mi faceva ricordare di essere bambina.
Naruto sorrise –Devo farci una canzone.
Hinata lo guardò e rise, scaricandosi tutta quella malinconia che l’aveva stretta in una morsa quasi letale.
-Senti ma, come conosci Shikamaru e Kiba?
-Stessa classe alle superiori, con Kiba anche alle medie.
-Si? E come si comportavano?
-Kiba mancava quattro giorni su sei, Shikamaru era diligente, anche se un molto pigro… infatti mi sono stupita nel vederlo scatenarsi alla batteria.
Il biondo tirò indietro la testa e scoppiò in una grande risata –In effetti nemmeno io lo capisco, è davvero pigrissimo! E poi è così… intelligente. Sai che studia per diventare commissario?
Hinata sgranò gli occhi –Non ci posso credere. E poi come fa a suonare con voi?
-Boh, penso che la passione sia più forte di ogni cosa!
-Addirittura da superare la sua pigrizia?
Naruto rise di nuovo, a crepapelle –Lo sai, sei davvero simpatica!
Hinata arrossì, imbarazzata –Anche tu, Naruto-kun.
-Di persone come te ne ho incontrate poche… mi piacciono le persone come te, Hinata.
Ora era diventata di un rosso fuoco e Naruto rise.
-Na-Naruto, tocca a t-te ora. Parlami di te.- balbettò sonoramente.
Il ragazzo tirò indietro la mano, fino ad ora avvinghiata a quella di lei.
Guardò fisso negli occhi perlacei di lei –diamanti, bellissimi- pronto a cercare una reazione al suo racconto. Era curioso di sapere come avrebbe reagito. Le poche persone a cui lo aveva raccontato erano stati incapaci di ribattere. Ma con lei era diverso. Lei era diversa.
-Non ho mai conosciuto davvero i miei genitori. Non ci crederai mai ma, mentre mi portavano a casa dall’ospedale, la macchina ebbe un brutto incidente. Io sono l’unico sopravvissuto. Per i sette anni successivi, ho vissuto con mio nonno Jiraya. Lui mi ha insegnato tutto. A leggere, a scrivere, a cantare, a badare a me stesso. Poi, anche lui si spense, di vecchiaia. Rimasi solo. Venni sballottato da una famiglia all’altra. Tutte famiglie di merda, in cerca dell’assegno di mantenimento. All’età di 13 anni, mi allontanai dal mio paese d’origine. Arrivai qui, a Tokyo, ed è qui che sono rimasto. Mi conoscono tutti. Ho vissuto da solo, sulla strada. Ed ora sono ancora qui.
Hinata inclinò un poco il viso. –Mi dispiace tanto, Naruto.
Lui si strinse nelle spalle.
-Come hai fatto a vivere, Naruto?
Sorrise –Rubando qua e là. E poi, appena ho avuto l’età per farlo, ho campato di musica. Cantando e suonando, si può dire che mi è andata bene. Tanta gente fa un lavoro che non gli piace, io l’adoro.
-Cosa suoni, Naruto?- non ricordava che Naruto suonasse qualcosa, nella sua band.
-Chitarra, basso, un po’ anche la batteria.
-Quando hai comprato il tuo primo strumento?
-A dodici anni. E non l’ho proprio “comprato”- rise –Avevo dodici anni, e mi ero innamorato di una chitarra. Fu allora che conobbi Sasuke. Il mio compagno di disavventure.
-Sasuke… è simile a noi?
-Sì.- Naruto capiva benissimo Hinata –Anche lui ha sofferto molto. I suoi genitori sono morti in uno scontro fa Clan. Aveva dieci anni.
Lei annuì, leggermente, prese un altro sorso di cioccolata, mentre anche lui beveva il suo caffèlatte.
-E Kiba e Shikamaru? Come li hai conosciuti? Non ti ho mai visto nella nostra scuola.
-Io non ci sono mai andato a scuola, Hinata.
-E allora, come…?
-Come ho già detto, mi ha insegnato tutto mio nonno. Tutto quello che potevo imparare a scuola l’ho imparato in pochi anni con lui.
-E Kiba e Shikamaru dove li avete incontrati?
-Sono venuti loro da noi. Avevamo sedici anni, io e Sasuke suonavamo e cantavamo in un pub, per campare, appunto. Loro sono venuti a farci i complimenti, ci siamo trovati in sintonia e in breve abbiamo formato gli Origin.
-Origin? Origine?
-Esattamente. In realtà è il nome che avevamo prima io e Sasuke. Lo avevamo scelto perché sono state appunto le nostre origini a farci incontrare, a farci amare la musica.
-E’ un bel nome.
-Grazie.- disse sorridendo. Poi si rabuiò –Hinata, ma… come fai?
-A fare cosa?
-Ad essere così… di cose brutte ne hai viste anche tu. Eppure sembri così ingenua, con quegli occhi curiosi di una bambina che scopre il mondo. Come se ti piacesse ancora il mondo.
Hinata lo guardò, sorridendo.
-Sai Naruto, forse dovresti smettere di bere caffèlatte, ti inasprisce la vita. Dovesti passare alla cioccolata calda.
-Che vuoi dire?
-Dico che noi siamo proprio come queste due bevande. Tu vedi il mondo bianco e nero, senza sfumature, col tono forte e aspro del caffè. Vedi solo il brutto della vita. Io invece… io invece sono una sognatrice. Vivo in un mondo schifoso, ma me ne frego e mi godo una cioccolata calda, prendendomi la dolcezza della vita. Non ha senso guardare il mondo con occhi accecati dall’odio. Vedrai solo tutto più nero.- cercò nuovamente la mano di Naruto, che trovò in breve –Cerca di lasciarti il passato alle spalle, ricordalo, ma smetti di soffrire. Sogna il futuro più dolce, Naruto.
Rimasero in silenzio, così, a godersi il calore dell’altro.
Finirono le loro bevande e pagarono.
Naruto aveva ragione. La vita di Hinata era simile alla sua e faceva bene a pensare che si sarebbero capiti, che lei gli avrebbe aperto un nuovo mondo.
-Naruto.
Erano fuori, lei lo chiamò. Nella mano stringeva la sua sciarpa, quella arancio, che aveva perso evidentemente con lei. La afferrò, ma non la indossò. La mise leggera intorno al collo di Hinata.
-Vale anche per te, Hinata. Sei tutta vestita di nero! Ci vuole colore nella vita!
-Me la stai regalando?- arrossì vistosamente. Sperò che questo potesse essere confondibile col freddo pungente.
-Te la sto solo prestando, Hinata.- le regalò un sorriso incredibile -Sabato tornerai a sentirmi al solito pub?
Lei annuì lievemente, sorridendo.
Si salutarono e presero strade opposte. Poi, Naruto, come lei giorni prima, la chiamò, facendola fermare e voltare.
Con una falcata fu da lei. Veloce, con una mano prese il suo mento fra le dita e se l’avvicinò, facendola alzare sulle punte.
Intrappolò le sue labbra in un bacio non casto nè tantomeno ingenuo. Fra l’inferno e il paradiso.
Le labbra di lei erano morbide, carnose, umide… e dolci.
Si staccò piano, il respiro caldo di lei gli inondò il viso. Le parlò a fior di labbra.
-Hai ragione, Hinata, la cioccolata è molto meglio del caffelatte.
Si scostò e la lasciò così, senza nemmeno salutarla.
Hinata si toccò le labbra con le mani guantate. Probabilmente per lui non era stato niente di che, ma Hinata non aveva mai baciato nessuno. Naruto le aveva rubato il suo primo bacio. E ne era, in un certo senso, contenta.
 
Quel sabato Hinata uscì con Sakura e riuscirono a trascinarsi dietro anche Ino. Almeno le avrebbero fatto sentire un po’ di buona musica. Non fece parola alle altre dell’incontro con Naruto, di quello che lei aveva definito primo appuntamento.
Si erano agghindate per bene e avevano evitato tacchi inutili. Come la volta prima, si introdussero nel soppalco e poi scesero le scale. Gli Origin erano sul palco. Belli e impossibili.
Sasuke suonava la chitarra. Il ritmo cadenzato della batteria di Shikamaru. Kiba entra con il basso. Naruto comincia a cantare, Sasuke fa le seconde voci.
 
 
Mentre le ideologie si estinguono
E le coscienze si disperdono
Insieme ai muri crollano
Le verità di comodo.
I monumenti a cosa servono?
La vera storia non la insegnano.
Non devo chiedere
Devo far da me
Naruto si avvicina a Sasuke, cantano insieme.
Anche Sasuke sembra liberarsi, mentre canta insieme al suo amico e suona.
 
La verità sta dentro a un nylon
Dimenticata in qualche oceano         
Sotto la buccia debole
di diecimila regole
.
 
Ti capisco
quando dici che
rivorresti
le tue bambole
 
 
Hinata si è avvicinata, Naruto la vede e si china, sembra parlare con lei. Hinata ascolta il testo, capisce che quella canzone è stata scritta per lei
 
E mi hanno sempre fatto credere che
Nell’incertezza è meglio prendere.
Ma se io prendo, chi è che da’?
Ma se io prendo, chi è che da’?
Ne ho visti troppi qui di oracoli
E troppi corti dei miracoli
Io non vi posso credere.
Io non vi voglio credere…
 
Naruto parla, canta di tutte quelle persone ciniche che gli hanno consigliato cazzate, per fargli vedere il mondo tutto nero.
 
Ti capisco
quando dici che
rivorresti
le tue bambole
 
 
Good times, bad times..
Good times, bad times..
 
Sasuke canta da solo, parole inglesi piene di significato.
 
Ti capisco
quando dici che
rivorresti
le tue bambole
Ora ha senso
Quando pensi che
Rivuoi indietro
Le tue bambole…
 
 
Naruto si è inginocchiato sul palco. Il microfono in mano e il lungo filo che lo connette all’amplificatore nell’altra. La guarda negli occhi, lei è arrivata in prima fila, davanti a lui. Canta per lei.
 
Good times, bad times..
Good times, bad times..
 
Sasuke canta e Naruto emette in sottosfondo delle specie di sospiri. Delle splendide assonanze echeggiano nell’aria.
 
I ragazzi scendono dal palco, prima che vengano travolti dalla massa, Naruto afferra il polso di Hinata e se la porta via, correndo. Ino e Sakura rimangono ancora una volta da sole e allibite.
Entrano nei camerini e si chiudono dentro, Naruto ride di gusto e si rivolge a lei.
-Piaciuta la sorpresa?
Fa ridere tutti i presenti e Hinata non risponde, arrossisce imbarazzata. Al collo porta la sua sciarpa. Sono tutti un po’ più contenti, ogni volta scappare dalle fan è più difficile. Ma stavolta ce l’hanno fatta e si sono portati pure la mascotte.
Hinata si avvicina e si siede con gli altri, Sasuke sbuffa.
-Buono Sasuke, cuccia.- il biondo la fa ridere, per quella battuta del mattino.
L’adrenalina è nelle vene di tutti. Anche Hinata ora è scossa da brividi, dopo aver ascoltato quella canzone scritta per lei. Il sorriso non le si toglie dal viso.

 
"Good times, Bad times"
 

2792 parole. Va bene, lo ammetto, non amo le feste, ma GIURO che nel prossimo capitolo, almeno una festa c'è!
Che dite, vi è paciuto il capitolo? Conoscevate già i Negrita? Se si, vi invito a darmi qualche canzone come prompt.
Ultimo aggiornamento dell'anno! Vi lascio al vostro cenone (io mangerò la pizza =.=). Fatevi sentire, mi raccomando!

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Capitolo 4
*** Radio Zombie. ***


Filosofia di vita
-
Radio Zombie
[La musica muore, ma noi rimaniamo in piedi.]
 
        [Ormai è inutile dirlo, la canzone di oggi è Radio Zombie]
 
        -A dire il vero, la tua presenza continua ad infastidirmi.
A sentire le parole dell’amico, Naruto tirò la testa indietro e sbuffò sonoramente.
Quando l’aveva visto a dodici anni, la magliettina leggera nonostante il freddo invernale, i muscoli appena sviluppati, lo sguardo truce e fiero, gli era parso come un piccolo scrigno intriso di tesori da scoprire. Il vero motivo per cui Naruto si era avvicinato a quel bambino dall’apparenza così minacciosa, era che ne era profondante incuriosito. E così, come sotto un’attrazione magnetica, anche Sasuke, che di solito si chiudeva come un riccio e pungeva, pungeva, pungeva, si era inspiegabilmente trovato a confidarsi con quel bambino. Sostavano entrambi imbambolati davanti una vetrina e si raccontavano a vicenda gli agghiaccianti dolori delle loro vite. Nella vetrina che osservavano stavano tre bellissime chitarre: una Fender Stratocaster, una Jackson RR3 e una ibanez JEM7V. Le guardavano incantati. “Un giorno diventerò meglio di Slash” gli aveva sussurrato il moro. “Un giorno sarò capace di far venire i brividi alle persone con la mia musica” gli aveva risposto lui.
Da allora erano stati inseparabili.
-Soffri in silenzio, allora.- ora Naruto lo guardava con sfida.
-Sei tu quello che parla a sproposito.- il ragazzo flesse vigorosamente un sopracciglio.
-E tu sei il solito cazzaro!
Sasuke stava per ribattere, ma il loro litigio venne abilmente interrotto dalla Hyuuga.
-Come posso renderti la mia presenza più piacevole?
Il ragazzo chiuse gli occhi, pensandoci e riservandosi per dopo la scazzottata con il baka.
-Trovami qualcuno di abbastanza decente da portarmi a letto.
-Al massimo posso presentartela.- disse lei arrossendo vistosamente.
-Questo era sottointeso. Non vorrai mica venire a casa mia a darci la buonanotte, no?- da interdetto, lo sguardo si fece malizioso –Anche se... se tu venissi a casa mia, sicuramente vorrei qualcosa di più che una semplice buonanotte. E non mi dispiacerebbe nemmeno.
Ora la ragazza aveva preso un colorito d’un bel rosso vispo. –No-non credo si-sia il ca-caso, Sas’kè-kun.
Quello sbottò in una grossa risata –Scherzavo, tranquilla, pomodorino!
-Po-pomodorino?
-A me piacciono i pomodori.- ancora quella voce maliziosa ed intrigante.
-Adesso o la smetti o ti spacco la faccia, Sasuke.- il biondo era intervenuto, imbarazzato per quell’assurda scenetta.
-Scusa capo, dimenticavo che è la tua donna.- Sasuke tornò a sfidare Naruto con lo sguardo –La ragazza del boss non si tocca.
-Per oggi ho fatto il pieno delle tue cazzate, teme!- lui ora si era alzato in piedi con finto tono minaccioso.
Intanto Hinata stava letteralmente fumando per la vergogna, mentre Kiba la scuoteva tentando di rianimarla.
-In effetti, Naruto, la ragazza porta la tua amatissima sciarpa.- Shikamaru era intervenuto con i suoi sproloqui.
-Non significa niente!- si difese lui.
-Ma se non facevi toccare quella sciarpa ad anima viva!
-Questo solo perché nelle mani di quel maiale di Sasuke farebbe una brutta fine!
-A chi hai dato del maiale, testa quadra?- Sasuke si era alzato a sua volta e ora si avvicinava infuriato.
-A te, idiota!
-Guarda che io ti spacco la faccia!- ora lo teneva stretto per il colletto.
-Sai che novità! Ci provi sempre.
-Provarci? Ma se finisci sempre dissanguato!
-Guarda che siamo quasi in parità!
-Sei così idiota da tenere il conto!
-Ma se anche tu lo fai, teme!
-Io non ne ho bisogno, io vinco sempre, Baka!
-E questo non è tenere il conto?
-Baka!
Cominciò una bella rissa fra i due, ma Hinata, ripresasi, si accorse che gli altri sembravano non accorgersene.  Evidentemente, accadeva spesso e mai troppo seriamente.
-In ogni caso- Shikamaru Nara aveva alzato la voce per far sì che tutti lo sentissero nonostante le urla dei due lottatori –Domani è la notte di Capodanno. Mi chiedevo se anche quest’anno si festeggiasse insieme.
Naruto, che era coricato sul pavimento con un desto in preparazione, si voltò verso di lui, col sangue alla bocca e al naso e i capelli arruffati, facendo girare anche il moro.
-Era sottointeso, come sempre direi- rispose l’Uchiha, seccato.
-Si, ma da chi? Chi cucina? Insomma organizziamoci.
Il biondo si voltò verso l’unica ragazza presente.
-Tu per domani sera hai da fare?
-N-non proprio, perché?- disse lei balbettando.
Lo vide fare un sorriso a trentadue denti, euforico e soddisfatto –Allora si mangia tutti da te!
Quella cercò di balbettare qualcosa in risposta, ma davanti all’espressione gioiosa –e incredibilmente buffa- di Naruto, non riuscì ad obbiettare niente.
-L’occasione perfetta per presentarmi qualcuna, Hinata.- sul volto di Sasuke si dipinse un sorriso malizioso e al tempo stesso maligno.
Annuì lievemente e fornì indirizzo di casa e orario per la serata ventura.
Poi i ragazzi si rivestirono, indossarono giacche di pelle e pesanti sciarpe, sistemarono tutti o quasi i loro strumenti e li misero in spalla.
Naruto le offrì la mano –Avanti, andiamocene di qui.
La condusse per mano fuori dalla porta di servizio, insieme al resto degli Origin.
Un corteo di ragazze li aspettava e, appena videro i ragazzi uscire, si alzarono esclamazioni felici.
C’era chi regalava cibo, chi porgeva pacchi contenenti abbigliamento, chi supplicava di avere il loro numero e molte, molte ragazze che lanciavano sguardi assassini ad Hinata, ancora legata alla mano di Naruto.
Il gruppo ringraziò tutti i presenti e cercò di uscire dalla mandria di ragazze in preda agli ormoni. Poco più distanti ma con un occhio sulla porta, Sakura e Ino aspettavano spazientite la loro amica.
Mentre si avvicinava loro, ascoltando lo sbuffare sincronizzato delle due, lasciò la mano di Naruto. Sentiva freddo alle mani, le nascose immediatamente nelle tasche del cappotto. Quel ragazzo era così caldo, odorava di famiglia. Del caldo tepore della famiglia.
-Hinata!- un urletto guizzante e arrabbiato di Sakura la intimorì –perché ebbene sì, si sentiva piccola in confronto alle due donne che aveva innanzi- facendola accucciare meglio nella lunga giacca scura e nella sciarpa arancio. Un nuovo senso di tepore la inebriò.
-Non puoi sempre scomparire nel nulla!- dicendolo, Ino le diede un buffetto sulla spalla.
-Vi chiedo scusa, ragazze. Non me lo aspettavo nemmeno io.
Dietro di lei, qualcuno si schiarì la voce, facendo attirare l’attenzione su di sè. Hinata voltò il viso leggermente e vide Sasuke con ancora la mano chiusa a pugno vicino alla bocca e, accanto a lui, tutti gli Origin. Naruto sorrideva alle due da sopra la sua spalla.
-Giusto, giusto- Hinata arrossì, non si era mai trovata a fare le presentazioni –Sakura-chan, Ino-chan, penso che Kiba Inuzuka e Shikamaru Nara ve li ricordiate abbastanza bene.- i due salutarono con un cenno, e quasi nessuno se non la diretta interessata si accorse dello sguardo penetrante del Nara.
-Poi, alla mia destra c’è Naruto Namikaze.- lo indicò lievemente e lo vide sorridere in risposta –Mentre lui è Sasuke Uchiha.
Parlarono tutti insieme per qualche minuto, poi le ragazze annunciarono che si era fatto tardi, e salutarono.
Hinata, prima di allontanarsi verso casa, ricevette un cenno impercettibile da Sasuke, e gli si avvicinò.
Lui si chinò un poco e scosto i capelli dall’orecchio per parlarle.
-Pretendo che domani alla festa ci sia anche la ciliegina.- sussurrò prima di salutarla, alludendo a Sakura.
Pretendi?
Lei non rispose, salutò gli altri e si allontanò verso casa.
 
Il giorno dopo per Hinata, fu un giorno duro e di lavoro.
Fortunatamente era riuscita ad ottenere qualche giorno di ferie per le feste, e quella mattina si alzò presto per fare la spesa e per tirare a lucido il suo modesto appartamento.
Appena ne aveva avuto la possibilità, Hinata si era allontanata dalla villa di famiglia con tanto di camerieri, abbandonando quell’ambiente angustiante che sentiva ogni volta che andava a cena lì o quando entrava nell’ufficio del padre. Era una casa fredda, senza calore familiare.
Viveva in quell’appartamento in centro da quasi un paio d’anni, viveva da sola e si occupava di pagare l’affitto regolarmente col proprio stipendio. Non aveva camerieri o altro come il padre, ci teneva a cavarsela da sola.
Aveva un piccolo ingresso che dava sul salotto e sulla sala da pranzo, in un ambiente unico, una piccola cucina, un bagno, ed una camera per sè. La ragazza l’aveva allestita da sola, aveva pitturato i muri con toni dal giallo al viola, diversi in ogni stanza e piano piano aveva aggiunto degli arredi, un nuovo divano, un nuovo tavolino, lo stereo.
Lo stereo era decisamente la cosa che più amava di quella casa. Era posto nel salotto, accanto al muro che collegava la stanza con la cucina e sopra di esso erano posti due scaffali, stracolmi di CD. Era sempre acceso. Per quel frangente, cioè per pulire a fondo la casa e per cucinare per il cenone di capodanno, aveva deciso di ascoltare quel CD allegro dei Violent Femmes, cominciando dalla canzone “Blister in the sun”, che la faceva divertire da morire. Spinse dentro il CD e la canzone partì automaticamente, facendola subito cominciare a muoversi a tempo di musica. Afferrò distrattamente il cellulare, compose un messaggio con scritto “Stasera da me per le sette e mezza per festeggiare, ho delle sorprese per voi!” ed inviò ad Ino e Sakura; le sorprese ovviamente erano gli Origin al completo.
Agguantò l’aspirapolvere infondo allo sgabuzzino e cominciò a pulire casa, sempre a tempo.
 
**
 
Più tardi, stentò a sentire il cellulare che suonava in quel caos di rumori, ma riuscì a rispondere in tempo.
-Sakura-chan?
-Hinata!- la voce squillante dell’amica le mise il sorriso –Che sorpresa è?
-Segreto!
-Dai, non resisto!
-Non dirò nulla!
Al telefono sbuffò, Sakura era irritata
-In ogni caso, ti serve una mano?
Hinata ci pensò per un attimo –Andresti a fare la spesa per me? Servono alcolici e a me non li danno se non mostro i documenti, ciò mi annoia.
-Certo! Dettami la lista.
Hinata le comunicò lentamente tutti gli ingredienti, ovviamente porzioni multiple, e Sakura non potette non capire.
-Tranquilla, non dirò niente ad Ino-pig.
-Grazie! Ci vediamo più tardi.
-Certo, ciao!
****
 
Sakura le aveva portato tutto il necessario ed anche qualche 'vizio' in più che lei stessa spilluzzicò mentre addobbava la casa a festa.
Hinata invece si era chiusa in cucina, non volendo svelare il menù di quella sera alla sua cara ospite. Amava cucinare, aveva imparato a farlo per stupire la sua mamma, al tempo. Preparava per lei del sashimi o del ramen, che sua madre adorava. Glielo preparava ogni volta che la donna si sentiva un po’ meglio, quando si riprendeva, per buono auspicio.
Per quella sera preparò del sushi, sashimi e ovviamente i cibi tradizionali del capodanno, cioè degli toshikoshi soba1 e l’omochi2. Come dolce invece stava preparando una pietanza europea, il tronchetto di Natale.
Sakura le fece i complimenti per il buon odore che arrivava, poi insieme andarono in camera di lei. Sakura, come sempre, voleva aiutarla a prepararsi.
-Per capodanno è di buon auspicio indossare qualcosa di nuovo, Hinata! Dimmi che hai comprato qualcosa di nuovo!
-A dire il vero, no.
-E quello splendido vestito che hai comprato con Ino?
-Non l’ho mai messo.
-Perfetto, quindi è nuovo! Tiralo fuori.
-Ma… è un po’ osé!
L’amica si alzò e aprì di fretta l’armadio, cominciando a cercarlo –Non è vero, ti stava divinamente.
Lo trovò e lo buttò sul letto, per poi cercare gli accessori per l’amica.
-Avanti, mettilo.- la incoraggiò.
Hinata si svestì lentamente, quell’abitino era davvero troppo per una timida quanto lei.
Quando lo indossò  si osservò allo specchio e si sentiva sì bella, ma un po’ a disagio.
Era un abitino viola, attillato, stretto fino a metà coscia. Aveva delle trasparenze sui fianchi, il colletto alto, una scollatura a triangolo che mostrava solamente l’attaccatura dei seni e, sulle spalle, piccole borchie color oro. Sotto indossò dei pantacollant neri similpizzo.
-Sei stupenda.- le disse Sakura, alle sue spalle –Metti queste!
Quelle scarpe alte di velluto nero con i cinturini borchiati le stavano da Dio.
Poi Hinata si sedette davanti al piccolo specchio e cominciò ad abboccolarsi i capelli.
Quando finì era bellissima ed era già l’ora per l'arrivo degli invitati. Ino fu la prima ad arrivare.
-Oh. Mio. Dio.- quando la vide, la sua espressione era indicibile.
Le prese la mano e la fece piroettare su se stessa, per osservarla meglio –Sei stupenda!
-Grazie Ino-chan, anche tu.- ed era effettivamente così.
Ino indossava un abitino azzurro, molto corto e con le maniche a pipistrello, che le esaltava le forme, e i suoi capelli biondi erano insolitamente sciolti.
Anche Sakura era molto bella: indossava un abito monospalla morbido e lungo fino alle ginocchia, di un bel rosso chiaro, stretto in vita da un sottile cinturino color oro.
Poi le ragazze si guardarono intorno e dovettero ammettere che il lavoro fatto era venuto molto bene ed il profumino, che arrivava dalla cucina, era esaltante.
Le ospiti si sedettero in salotto, sui grandi divani di pelle nera, ed Hinata servì loro gli antipasti, in attesa degli altri ospiti. Lei si rinchiuse nuovamente nella cucina, per sistemare le ultime cose.
-Ma quindi qual è la sorpresa di Hina-chan?
Sakura sorrise –Lo scoprirai presto- il campanello suonò –Più precisamente, ora.
Si alzò e si avvicinò alla porta sorridente, aprendo la porta. I quattro ragazzi erano lì e sorridevano, chi più, chi meno, chi con le chitarre in spalla.
Kiba cominciò immediatamente a frugare fra i CD della Hyuuga, cambiando di tanto in tanto la canzone allo stereo che era ancora quella dei Violent Femmes, mentre Shikamaru e Sasuke si buttarono di peso sul divano, chi per oziare e chi per flirtare con le ragazze.
Naruto invece si guardava intorno, cercando Hinata. La casa della ragazza non era come se l’aspettava. Pensava di trovare il lusso totale, lo sfarzo, la ricchezza tangibile ed invece trovò un appartamento non troppo grande, arredato semplicemente ma con cura. Si aggirava quindi per la casa, studiando ogni cosa ed ogni tanto affacciandosi sul piccolo balcone, il quale dava sullo splendido paesaggio del fiume Edo che si immerge nell’oceano, in lontananza. Naruto era meravigliato, non aveva mai visto un paesaggio così. Era una splendida fusione fra le luci luminose della città, i grattacieli, la splendida architettura moderna e la meraviglia della Natura trionfante, del fiume lungo e largo e del bellissimo oceano all’orizzonte.
Era il luogo perfetto per scrivere, lo ispirava.
Tornò dentro casa ed aprì una porta a caso, alla ricerca della ragazza. Si ritrovò in cucina e vide tante cose imbandite e pronte per essere servite. La ragazza invece era piegata sulle ginocchia, con un grembiule verde indosso (che buffo!) e la testa e mezzo busto immersa in un mobile dallo stipite basso.
-Hinata.
La chiamò, quella sussultò e sbatté forte la testa contro lo stipite –Nar..ahi ahiahi!- la ragazza cadde all’indietro e con una mano si tenne stretta la nuca.
-Hinata!- lui le andò vicino, ridendo –Sei proprio un’imbranata.
Quella si imbronciò e, con le lacrime agli occhi, aveva una faccia buffissima, da cane bastonato.
 –Avevo detto che nessuno doveva entrare in cucina.
Quello sorrise di più –Non lo sapevo! E ciò non toglie che tu sia un’imbranata patentata.
Si alzò in piedi e le diede una mano per alzarsi a sua volta.
–Ora rimani qui, la cena deve essere una sorpresa almeno per gli altri.- disse lei.
Naruto prese un bicchiere che era per metà pieno con del vino rosso e se lo portò sensualmente alle labbra, poggiandosi al bancone. Ne bevve un lungo sorso e poi le sorrise dolcemente. Hinata era rimasta per qualche minuto ad osservarlo incantata. Poi si riprese ed arrossì vistosamente, riprendendo a cercare nello scaffale basso.
-Cos’è che ti serve con tanta urgenza, Hinata?
-Non trovo più i vassoi da portata eleganti.
-Non servono.- disse sbuffando.
-Ma è Capodanno…
-Hinata- la prese per un braccio e l’aiutò a ad alzarsi, nuovamente –Hai lavorato tutto il giorno per noi, non c’è bisogno di affaticarsi ulteriormente, ok?
La ragazza non potette non acconsentire d’innanzi a quel tono dolce e premuroso. Sembrava quasi asservita a lui.
-Tieni.- disse porgendole sorridendo il bicchiere con ancora del vino –Comincia il divertimento.
Hinata bevve dal bicchiere e poi gli sorrise, indicandogli come aiutarla.
Ultimarono le ultime cose e scherzarono un po’ da soli. Poi presero i piatti ultimati e si prepararono per servirli.
Mentre Hinata prendeva le varie posate da portata, Naruto si premurava di studiare per bene anche la cucina.
La foto di una donna sorridente e leggermente stempiata stava in piedi sul bancone di granito scuro. Naruto la osservò. I pochi capelli che aveva erano legati indietro in una treccia, in quella che doveva essere un'abitudine, la bocca carnosa era dischiusa in un ampio sorriso gioioso e gli occhi, belli, perlacei, luminosi, trasmettevano una grande voglia di vivere.
-E’ tua madre?- chiese ad Hinata, che gli si stava avvicinando.
-Si.- disse lei, con un tono leggermente più basso di voce.
-E’ una bella donna. Nel senso…- sbuffò, non era mai capace di spiegarsi in certe situazioni –Ha un sorriso che irradia.
-Mia madre amava la vita.- sorrise alle parole particolari di Naruto –E’ sempre stata una combattente e, nonostante il dolore, sorrideva sempre.
-Beh, non ti servono foto di lei in casa.- Hinata parve non capire, così le spiegò –Per rivederla ti basta guardarti allo specchio. Capisco da chi hai preso tutta la bellezza!
Hinata arrossì, sia per il complimento ricevuto, sia per la frase dolce che aveva detto.
-E non te lo avevo ancora detto, ma sei bellissima stasera.- disse scostandole dal viso un boccolo amabilmente ribelle.
Le sorrise mentre la osservava abbandonarsi docile a quel tocco, per poi riacciuffare il piatto da portata.
Lei gli sorrise e lo seguì nella sala da pranzo. Tutti si alzarono immediatamente dal divano e raggiunsero il tavolo, affamati. Il tavolo era imbandito e tutti si sedettero ringraziando e cominciando a mangiare. Si parlava del più e del meno, di come Naruto e Hinata si fossero conosciuti, delle cavolate che facevano fra amiche e di vicende esilaranti a scuola, con Kiba e Shikamaru. All’improvviso, Sakura gettò un bicchiere di vino bianco su Sasuke, seduto accanto a lei. Questo scatto in piedi, infuriato.
Ma lei lo anticipò e gli gridò contro –E non ti permettere mai più di dire certe cavolate!
Nessuno aveva sentito cosa esattamente avesse detto di scandaloso Sasuke alla ragazza, ma quest’ultimo, inaspettatamente, cominciò a ridere di gusto.
Poi si voltò verso Hinata –Hai uno smacchiatore? 
Lei annuì –Dovrebbe essere nella mia camera. Sakura-chan…?
-Sì,sì- disse lei imprecando ed alzandosi –Lo aiuto io.
La ragazza si alzò e, seguita a ruota immediatamente dal ragazzo, oltrepassò il salotto ed entrò nella camera da letto di Hinata.
Era una camera non troppo grande, ma completamente tappezzata di rosso. Appena entrati c’era un grande armadio, poi, sulla destra, una poltrona rossa e oro, una piccola libreria e, posto sotto la finestra, il letto coperto da lenzuola altrettanto rosse. Da un lato c’era una scrivania elegante, con un grande specchio ed una piccola trousse. Dall’altro lato c’era il comò, d’un legno scuro. Vi stava, nella propria custodia aperta, uno splendido sassofono color oro.
Sasuke si avvicino a questo immediatamente.
-Non toccarlo, Hinata ci tiene molto.- si affrettò a dire lei, mentre cercava il sopracitato smacchiatore.
-Hinata suona?
-Ha studiato fin da piccola pianoforte e, per l’appunto, sassofono.
-Ed è brava?
Sakura gli sorrise –Sublime.
-Tsk, se non vedo non credo.
-Sì, si, ok. Adesso vieni qui, che ho trovato lo smacchiatore.
Sasuke si tolse immediatamente la camicia nera, mostrando gli ampi e forti muscoli. Sakura rimase meravigliata ed un ghigno malizioso si dipinse sul volto di lui.
-Guarda, se vuoi, puoi toccare.
Lei sbuffò –Non stavo guardando.
-Bugiarda
-Guarda che non sei il centro del mondo.
-Però, tu sei una bugiarda patentata.
-E tu un idiota.
-Stupida.
-Cretino.
-Noiosa.
-Coglione.
-Affascinante.
-Testa di… aspetta, eh?
Sakura si stupì vistosamente, mentre Sasuke la raggiungeva a torso nudo, sovrastandola sornione.
-Dicevo, mi affascini.
-Sei andato fuori di testa?
-Forse, ma è colpa tua.
-Te la rimetto io a posto la testa.- disse alzando minacciosa il pugno in aria, che venne prontamente bloccato dal ragazzo. Quest’ultimo schioccò ripetutamente la lingua sul palato, in un gesto di dissenso.
-Ti ho già permesso di lanciarmi addosso il vino, adesso non ti permetterò di colpirmi.- poi si avvicinò sinuoso al suo collo, facendola vibrare d’emozione –Anche se a me piacciono le ragazze violente.
Nell’altra stanza, intanto, erano le undici e la cena era finita. Hinata aveva portato in tavola il dolce ed ora, si era chinata per prendere, nella vetrinetta in salotto, i bicchieri per il futuro brindisi.
Kiba, che aveva bevuto molto e si era buttato sul divano proprio li vicino, la vide e, preso da una smania irrefrenabile, mentre questa si rialzava, avvicinò una mano e le palpò il sedere.
Tutti si stupirono nel vedere la sua reazione.
La ragazza si voltò immediatamente e mollò uno schiaffo sul viso di Kiba, che cominciò subito a scusarsi. Aveva il respiro affannato, impaurito…
-Non fa niente.- disse lei, apparentemente più calma, mentre in realtà moriva dentro –Bevi di meno, la prossima volta.
Naruto invece fu meno pietoso e sgridò in malo modo l’amico, per poco non lo cacciò dalla festa.
Quando tornò la calma e, soprattutto, quando Sasuke e Sakura tornarono, si sedettero tutti in salotto a chiacchierare.
Ino invece, era rimasta per tutta la sera stranamente silenziosa. Sakura e Hinata si lanciarono uno sguardo d’intesa, promettendosi che avrebbero parlato con la ragazza in seguito.
-Come nascono le vostre canzoni?- chiese Hinata a Naruto.
-Non seguono uno metodo preciso. A volte sono io che scrivo e arrangio, a volte scrivo solo qualcosa e poi chiedo agli altri di suonare a caso mentre io canto. Altre volte, Sasuke mi fa ascoltare qualcosa di pazzesco e le parole partono da sole.
La ragazza annuì lievemente, molto interessata alla storia degli Origin –Raccontami qualcosa di particolare, Naruto-kun.
Quello rise –Ti ricordi, ti parlavo di come Kiba e Shikamaru si fossero uniti al nostro gruppo. Beh, quel giorno che vennero a complimentarsi con noi, ci parlarono delle loro passioni.
-Eravamo rimasti meravigliati dal vostro stile, davvero.- intervenne il Nara –Ricordo di aver detto a Kiba “Vorrei fare da batterista per loro, mi sentirei onorato”. Te lo ricordi, Kiba? Kiba?- disse scuotendolo vigorosamente –Niente, è andato.
-Comunque- riprese contento Naruto –ci dissero cosa suonavano. Così ripescammo gli strumenti e cominciammo a fare musica. Nessuno di noi era particolarmente bravo, al tempo. Forse l’unico che si salvava era il teme.
-Lo so, baka, io sono sempre il più bravo.- disse lui finto narcisista, mentre gli occhi gli brillavano.
Lui sorrise di più –Così cominciammo a suonare, nel vero senso della parola.
-Fu incredibile.- disse Shikamaru.
-Unico.- disse Sasuke.
-Idilliaco.- disse alzandosi Naruto –Ragazzi, facciamo musica, mi sento ispirato.
A quelle parole, le ragazze rimasero meravigliate, mentre gli Origin non ne sembrarono turbati.
-Ma… non avete microfoni o la batteria...- borbottò Sakura.
-Si può fare musica con qualsiasi cosa –disse Shikamaru.
Pescò da una tasca le proprie bacchette e poi cominciò a afferrare vari oggetti per la casa –pentole, piatti, ciotole ecc- sistemandoli sul tavolo della sala da pranzo. Kiba e Sasuke sfoderarono le loro chitarre, cominciando ad accordarle.
-Pronti?- chiese Naruto euforico, salendo con i piedi sul tavolo.
I ragazzi acconsentirono ed in breve cominciarono a suonare.
La chitarra elettrica faceva impazzire e gemere, insieme al ritmo cadenzato della batteria improvvisata e del basso deciso. La voce suadente di Naruto non tardò ad arrivare
 
Voodoo music
Voodoo music
Voodoo music from the stars
Voodoo music comes from mars
Ogni giorno è ovunque sei
Buena suerte dal tuo deejay
 
Era un testo senza senso, ma i ragazzi suonavano e lui cantava convinto, come dicesse le parole più giuste e importanti del mondo. Hinata lo vedeva ed arrossiva pudica, mentre faceva pensieri strani. Naruto era bello e sensuale, ogni sua mossa le faceva venire fremiti. Quella canzone era travolgente e impressionante, passionale. Ora capiva cosa intendesse Naruto, quando diceva “suonare nel vero senso della parola”.
 
Voodoo music from the stars
Voodoo music comes from mars
Ogni giorno è ovunque sei
Buena suerte dal tuo deejay
Buena suerte dal tuo deejay
 
Radio Zombie
Radio Zombie
 
Naruto cantava e ballava a modo suo, vorticava, si piegava, chiudeva gli occhi, chiudendo il pugno e stringendo un microfono immaginario, mentre i ragazzi facevano da coro.
 
Voodoo music
Voodoo music
Voodoo music
Voodoo music
Voodoo music
 
L’assolo potente di Sasuke elettrizzava, pareva cantare quella chitarra. Capace di infiammare anche la persona più fredda.
 
 Voodoo music
Radio Zombie
Radio Zombie
Radio radio radio
Radio radio radio
Radio Zombie
Radio Zombie
 
I ragazzi gli facevano da coro, poi si interruppe.
Prima la chitarra, poi il basso deciso e poi la batteria, nei loro assoli, per poi accompagnare la voce idilliaca di Naruto.
 
Voodoo music from the stars
Voodoo music comes from mars
Ogni giorno è ovunque sei
Buena suerte dal tuo deejay
Buena suerte dal tuo deejay
 
Intanto Hinata aveva riacciuffato il suo splendido sassofono. Era molto che non suonava e, appena la videro, i ragazzi le diedero modo di intrufolarsi nella canzone. Suonava davvero bene, accompagnando il vocalist che la guardava folgorato.
 
Voodoo music from the stars
Voodoo music comes from mars
Buene suerte a tutti voi
Buena suerte qui da noi
Buena suerte a chi ve va
Buena suerte from the stars
 
Continuarono a fare musica per molto ancora, e come sottofondo ebbero gli scoppi improvvisi dei fuochi d’artificio. Non si premurarono nemmeno di aprire lo spumante perché, fare musica, era già il modo migliore di salutare il nuovo anno.
Gli Origin erano intrepidi e scoppiettanti, proprio come quei fuochi in sottofondo.
Erano belli ed improvvisi, illuminanti.
Scoppiettanti come quelle piccole stelle filanti3 che accesero più tardi, sul tetto del palazzo.
Ed Hinata si sentì il cuore scoppiare, improvvisamente, farsi più grande e poi esplodere, quando Naruto le andò vicino e sorridendo scintillante le parlò.
“Posso dormire qui, stanotte?”.
 


Note1: spaghetti in brodo, che dovrebbero servire a propiziarsi una lunga vita.
Note2: una pasta a cui vengono date diverse forme a piacere.
Note3: un tipo di piccoli fuochi d’artificio che consistono in lunghi bastoncini che, accesi, scintillano fino a consumarsi.

 
4279 parole. Mi sono superata! Sto scrivendo così tanto, che sia questo capitolo che il prossimo (e sì, è già pronto), sono abbastanza lunghi. Mi sono divertita, devo ammetterlo. E non pensavo di ricevere tale successo! Vi ringrazio tutti, e sopratutti chi segue (20), chi preferisce (8), chi mi ricorda (1) e le persone che ogni volta mi recensiscono n.n spero che nonostante l'imminente fine delle vacanze, continuiate a seguirmi con tale assidiuità, se non maggiore.
Grazie di tutto, vi lascio un piccolo spoiler.
Con affetto, Cla.



 
[Poi perde un battito al pensiero che fa. Stavolta è diverso.
Lui sta per suonare, solo per lei. Sta per condividere qualcosa di intimo con lei.
Arrossisce, mentre lui, fortunatamente, non può accorgersene,
perché sta cercando gli accordi sulla chitarra per partire.]

:***

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Capitolo 5
*** Cuore di cemento. ***


Filosofia di vita
-
Cuore di cemento

[Sarò la pietra su cui ti appoggierai dopo un'ora di corsa in salita]

 
 
 [Cuore di Cemento - ovviamente, Negrita]
Hinata non aveva obbiettato, aveva solo leggermente annuito. Non riusciva a dire di no a quella celata malinconia, quella velata tristezza che in quel momento, mentre Naruto attendeva la sua risposta, gli annegava negli occhi. Non gli chiese nemmeno il motivo di tale richiesta, non ce n’era bisogno. Così il ragazzo, dopo che tutti se ne andarono, cominciò a sistemarsi sul divano. Hinata si era elegantemente opposta “il mio divano è comodo per sedersi, ma dormire lì una notte intera è scomodissimo”, offrendogli gentilmente di condividere con lei il proprio letto. Sulle prime il ragazzo titubò, ma alla fine non resistette alla tentazione di avere un letto comodo e, soprattutto, di avere il calore umano di una splendida ragazza vicino a sè.
Quella mattina quindi, Hinata non si stupì nel trovarsi stesa accanto al biondo, con il suo braccio a circondarle le spalle e il proprio viso sul petto possente di lui. Si imbarazzò un po’, mentre lo osservava. Quella notte aveva avuto il sonno disturbato, non respirava bene. Ora invece era più quieto ed il suo viso aveva assunto un’espressione di profonda serenità, quasi angelica.
Si liberò piano del braccio morbido di Naruto e si spostò, andando al confine del letto e dandogli le spalle.
Guardò svogliatamente la radiosveglia, che segnava le dieci e un quarto. Aveva intenzione di preparargli la colazione, ma ancora non riusciva ad abbandonare quel letto caldo. Per il momento, non voleva ancora lasciare quella sensazione di calore che, seppur distante, le trasmetteva il ragazzo. Era una sensazione nuova, una bella sensazione, che infondeva quello che lei non aveva quasi mai avuto: protezione, famiglia. Sapeva che, se in quell’istante, Naruto le avesse parlato o l’avesse toccata, si sarebbe sentita ancora una volta al sicuro, in un contesto intimo, per nulla imbarazzante. E lei si imbarazzava sempre. Di colpo, Naruto riusciva a cambiarla, a farla aprire, a renderla meno timida, come non mai.
E poi lui lo fece.
Non se lo aspettò, ma a sentire quelle due dita scivolare in quel punto critico che era lo spazio fra i lunghi capelli e il sedere, percorrendo la sua colonna vertebrale arcuata, non sussultò.
Si lasciò cullare da quel tocco, da quella sensazione.
-Perché?
-Cosa perché, Naruto-kun?
-Perché te ne sei andata dalle mie braccia?
No, così la faceva morire… con quella voce assonnata e affascinante, profonda, mentre le parlava scontento ed intanto continuando ad accarezzarla, seppur non avvicinandosi.
-Non… non mi sembrava il caso.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti. Fra i due non c’era imbarazzo, ma tensione, non riconducibile a tensione sessuale ma molto più vicina a quella voglia di sentire una persona vicino, di sentirsi meno soli nel mondo.
-Mi hai stupito sai?
Lei non rispose, attese che si spiegasse meglio, chiudendo gli occhi e abbandonandosi a quelle sensazioni incantevoli.
-Suoni davvero bene, non me lo aspettavo.
-Era molto che non suonavo, Naruto, ero arrugginita.
-Come mai?
-Io… suonavo per lei. E quando suono, il suo ricordo mi mozza il fiato.
Naruto le passò dolcemente una mano sul fianco –Mi dispiace tanto, Hinata.
Rimasero nuovamente in silenzio, poi Naruto prese fra le dita una ciocca di capelli blu notte, cominciando a giocarci.
-Come mai vivi qui, tutta sola?
-Per stare lontano da mio padre.
-E perché vuoi rimanere lontano da tuo padre?
-Ti ho già parlato dei nostri problemi… non rappresenta una famiglia per me, è freddo e cinico. Ma non è solo quello.- Hinata si preparò a parlare, a raccontare ciò che poche volte aveva raccontato – Una sera, dopo la cena, io e mio padre stavamo ascoltando della musica nella sala della libreria. Misteriosamente, mi offrì del whisky, chiedendomi di prepararlo anche a lui. Avevo diciassette anni. Così mi alzai, ubbidente, e cominciai a prepararci le bevande. Poi lui…- la voce le tremò –Lui si alzò. Mi venne vicino e cominciò… a scaricare le sue frustrazioni su di me.
Naruto sussultò.
-Riuscì a divincolarmi, per fortuna. Scappai fuori di casa, impaurita. Da quel momento cercai di stare in casa il meno possibile, dormivo dalle ragazze più spesso, ma loro non sanno nulla.
-Non dirò niente, tranquilla.-rispose lui, a quella tacita richiesta –Capisco la tua reazione ieri sera, adesso. Sentivo che c’era qualcosa di più.
-Grazie, Naruto.
-Di niente.- si avvicinò un po’, avvolgendo i fianchi di lei con un braccio ed immergendosi nei suoi capelli, inspirandone il profumo –Spero che questo non ti dia fastidio… non sono bravo a capire queste cose!
Lei posò una mano su quella di lui, che gli accarezzava dolcemente il ventre, intrecciando le dita alle sue piano a piano.
-Non mi da fastidio, Naruto.
“Anzi, vorrei dirti quanto tutto questo sia importante, quanto sei importante.” Pensò lei.
-Ma… hai lasciato tua sorella a casa con tuo padre?
-No.- si rabbuiò –Lei non è qui. È in Svizzera, in un famoso collegio.
-Lei..  lei sa?
-Si.- la voce era diventata un sussurro.
-E quando torna in Giappone…?
-Quando torna, è bellissimo. Sta a casa qui con me, dormiamo insieme.
-Finalmente la famiglia..
-Finalmente famiglia.- gli fece eco lei.
Ancora del silenzio. Conoscendo sempre più Hinata, Naruto si rendeva conto che la sofferenza non era solo non avere una famiglia. Anche avere una famiglia terribile, era sofferenza.
-Hinata, potresti voltarti? Vorrei guardarti negli occhi.
-Non posso, Naruto.- la sua voce si spezzò, mentre si metteva a sedere e si alzava, sempre dando le spalle al ragazzo.
-Perché…?- poi, notando che la ragazza, mentre andava via, si asciugava quelle che dovevano essere lacrime, ripeté, molto più triste –Perché?
Hinata raggiunse il bagno e si infilò nella doccia. Calde lacrime le scorrevano sul viso. Quei ricordi erano atroci. Aveva bisogno di stare un po’ da sola, di perdersi con quei pensieri.
Naruto invece, si rivestì lentamente. Quella conversazione lo aveva allibito. Decise di dover fare qualcosa per la ragazza e come minimo, doveva sistemare il letto. Così lo fece e, quando vide arrivare la ragazza con indosso uno striminzito accappatoio rosa, entrambi arrossirono per l’imbarazzo.
-Scu-scu-scusaHinata-chanvadoviasubitoscusascusascusa- il ragazzo prima balbettò, poi parlò senza mai prendere respiro e, preso dal panico, si fiondò fuori dalla camera da letto.
Chiuse la porta dietro di sè e vi si afflosciò, imbarazzato e rosso in viso.
Hinata, dopo poco, aprì la porta, perfettamente vestita, e per poco Naruto non le cadde fra le gambe, preso alla sprovvista. Quest’ultimo si alzò subito e si inchinò, chiedendo scusa.
Hinata gli sorrise e, in breve, cominciarono entrambi a ridere. Era così bello ridere fra loro, così, come se fosse necessario. Avevano perso tanti anni a non ridere, ed ora erano in debito col mondo, perché la loro risata sprizzava gioia, ed irradiava.
 
Hinata entra nella cucina, saluta la madre con un sorriso. Afferra una pentola alta e la mette sul fuoco, sa che ormai è tardi per fare colazione, quindi prepara direttamente il pranzo. Ci mette dell’acqua, del brodo, delle verdure e alcune fette di carne, tutte insieme con qualche spezia. Naruto la osserva trasportato dalla sua bravura, mentre prende della farina e delle uova e fa della pasta fresca. La lascia un po’ a riposare e gli sorride incessantemente.
-Suonami qualcosa.- gli dice lei, pensando sia un ottima alternativa allo stereo.
Il biondo va all’ingresso e afferra la sua chitarra, che era rimasta li dalla sera prima. E' una chitarra classica, di quelle che evocano subito le serate attorno al fuoco. Si siede sul bancone di marmo nero brillantinato e Hinata lo rimprovera ridendo. Comincia a suonare delle canzonette allegre, prive di senso. Musica latina, musica indie, tutto mischiato, e la fa ridere di nuovo. La pasta ha riposato, ormai sono le dodici e quaranta. La butta nel brodo, che a questo punto bolle e va ad aprire la porta, che ha suonato. Con suo sommo stupore, ci trova Sasuke che, senza preamboli, entra in casa e si autoinvita a pranzo.
L’impressione che le da tutto quello è che si deve abituare, quei ragazzi sono così, improvvisi, sbalorditivi. Infondo non le dispiace, fra loro tre si è formato subito un legame, profondo, come se velatamente si dicessero “tu sei la mia famiglia, mangiamo insieme”. Le piace quella sensazione e ci pensa mentre passa posate e ciotole a Naruto, che insieme a Sasuke sta apparecchiando la tavola.
Hinata porta la pesante pentola in sala da pranzo e la poggia sul tavolo. Naruto la accoglie con un applauso.
-Non ci credo, io amo il ramen!
Ride, li serve e pranzano insieme. Sembra che le persone più importanti della sua vita siano collegate dal cibo preferito, che lei, per l’appunto, sa cucinare perfettamente. Naruto la loda e anche Sasuke, seppur distaccatamente, le fa i complimenti.
-Com’è che ieri sera sei scomparso per un bel po’ con Sakura-chan?- Naruto ride malizioso e fa il gomito a Sasuke, che per poco non si strozza con il brodo.
Torna immediatamente serio dopo aver fulminato con lo sguardo l’amico e asserisce fiero –Se non fosse stato per quel sonoro schiaffo, saremmo rimasti molto più a lungo in quella stanza.
Hinata arrossisce, si ripromette di parlare con Sakura, urgentemente. Ed ora che ci pensa, deve parlare anche con Ino!
-Cos’è successo nella mia camera, Sasuke-kun?- chiede curiosa lei.
-Lascio tutto alla tua immaginazione.- risponde lui, malizioso.
Lei diventa color pomodoro ed anche Naruto si imbarazza, rimproverando l’amico.
-Devi smettere di dire cose sconce ad Hina-chan!- si infuria lui.
-“Hina-chan”?- ripete lui, facendo arrossire maggiormente i due –Sei geloso o cosa, Naruto?
L’altro boccheggia, l’ha colto in fallo –O cosa!- riesce a pronunciare dopo, imbarazzato.
Ma già il ricordo di quella mattina si aggira davanti ai suoi occhi e, la visione mozzafiato di Hinata, con quel piccolo accappatoio e le gambe nivee ben in vista, gli causa un piccolo noseblood.
 
È sera, Naruto strimpella qualcosa seduto sul pavimento del balcone. Nel pomeriggio, tutta la banda era arrivata a casa sua, ma ora se ne erano andati tutti. Hinata aveva quindi salutato Sasuke e, indossato un maglioncino, uscì fuori sul balcone.
Naruto alza gli occhi e le sorride. La ragazza si perde ad ammirare quei profondi laghi blu e quel sorriso candido, intimo, tutto per lei. Sorride anche lei, di rimando, e si distrae osservando il bel paesaggio visibile da casa sua.
-Questo posto mi ispira.- dice lui, riprendendo a scarabocchiare qualcosa su un piccolo quadernetto pentagrammato.
-Puoi rimanere qui tutte le volte che vuoi.
Lui sorride, non alzando lo sguardo –Sei così buona, non sai nemmeno perché ho bisogno di rimanere qui, ma tu ti fidi subito.
-Di solito non è così. Ma tu mi ispiri fiducia.- sorride lei, citando una frase che Naruto le aveva detto tempo fa.
-Ci conosciamo da quanto, due settimane scarse? Eppure è tutto… tutto così semplice, con te.
Hinata arrossisce leggermente e non risponde, viene catturata dai suoi occhi.
-Tu sai più di quanto chiunque altro sappia. Sei seconda solo a Sasuke, forse.
-Avete un bel legame, voi due.
Lo vede annuire –Anche se litighiamo sempre e ci prendiamo in giro, abbiamo profonda stima l’uno dell’altro… credo.- e sorride, incerto.
-E’ difficile non stimarti, Naruto. Sei una persona amabile.
Lui sbuffa –Eppure non mi sono mai sentito amato.
Adesso gli vorrebbe dire tante cose, parole che le hanno formato un groppo in gola, ma dice una cavolata –Le tue fan ti amano.- e sotto lo sguardo perplesso di lui,cerca di spiegarsi –No,davvero! Le ragazze, l’altra sera, mi lanciavano occhiate assassine solo perché tu mi tenevi per mano.
Lui ride di gusto, ma poi si blocca e la guarda dolcemente –Non dire “solo”, sminuisci una cosa bellissima.
Ecco, la fa trepidare, la inibisce, così la fa morire per davvero. Il suo cuore perde un battito, di nuovo. La consapevolezza di essersi innamorata le affiora nella mente. È bastato poco, davvero, o forse è stato un colpo di fulmine. Non se lo sa spiegare, ma se lui continua a guardarla in quel modo, sa che perirà.
Si sforza di distogliere lo sguardo e torna ad ammirare l’oceano. C’è una leggera brezza marina, che le sfiora i capelli dolcemente.
Naruto ne rimane meravigliato, quella creatura lo ammalia, lo cattura nel suo armonioso caos di tesori. Sembra una di quelle donne raffigurate mezze nude nei quadri settecenteschi, una dea greca.
-Quindi, perché hai bisogno di rimanere a dormire qui?
-Semplicemente, perché casa mia non è uno bello spettacolo.- le dice così, ma sa che il vero motivo non è riconducibile al bene materiale. Nel profondo, sa che ha bisogno di lei, che è già diventata indispensabile. Annaspa. –Ti inviterei a vederla, ma due cartoni e una panchina non sono esattamente accoglienti.
La ragazza si appoggia al muro, striscia la schiena fino ad arrivare seduta per terra. Non chiede altro. Capisce al volo che Naruto è un senzatetto e lo è stato sempre. Non vuole dimostrarsi pietosa o caritatevole, lui non ne ha bisogno, quindi continua a fissare l’orizzonte, incerta.
-Ma non rimarrò qui stasera- Naruto cerca una sua reazione –Ho bisogno solo che qualcuno ogni tanto mi offra un letto per rimettermi in sesto. Si dorme poco e male sulle strade.
Hinata chiude gli occhi. È abbattuta, le dispiace che il ragazzo non abbia dove vivere.
-Non hai mai cercato un lavoro, per affittare qualcosa?
-Non esistono persone che danno lavoro a qualcuno privo di un’istruzione scolastica, che in più ha anche qualche crimine sulla fedina penale.
Sempre la solita stupida. Lei muove piano il capo, come per scacciarsi dalla mente l’immagine di Naruto che viene rifiutato da ogni lavorante.
Ma non è solo questo che le dispiace. Pensa a quella notte insieme, al calore che gli trasmette quel sole e alla serenità che cosparge coi suoi occhi-cielo. Ripensa a quel primo gennaio meraviglioso e divertente, sente che vorrebbe fosse così tutto l’anno. Si rende conto di essere egoista: non vuole che lui si allontani da lei.
Ma infondo sa che qualcosa se la merita, può permettersi ogni tanto di essere egoista. È stata buona tutta la vita, ha compreso in silenzio, ha visto cose che una bambina non dovrebbe mai vedere.
Quindi se lo permette. Si permette di stringere i pugni, per poi afferrare cauta la manica della felpa di Naruto e tirarla piano. Lo guarda e lo vede sgranare gli occhi, stupito. Si aggrappa a lui come se fosse l’unica cosa che la possa tenere salda in questo mondo.
-Rimani qui, stanotte- sussurra, la voce trema –Ti prego.
Ha bisogno di lui e lui pare capirlo, poiché annuisce e sorride.
Quel sorriso la rianima, la rimette in sesto.
Passano pochi minuti e poi il ragazzo reclama la sua attenzione.
-Prima dicevo, questo posto mi ispira. Ed infatti ho scritto una canzone. Ti va di sentirla?
Lei annuisce, sta per ascoltare la possibile canzone più premiata del mondo. Quindi sorride e lo incoraggia.
Poi perde un battito al pensiero che fa. Stavolta è diverso. Lui sta per suonare, solo per lei. Sta per condividere qualcosa di intimo con lei. Arrossisce, mentre lui, fortunatamente, non può accorgersene, perché sta cercando gli accordi sulla chitarra per partire.
Naruto canta e si accompagna con la chitarra. Non legge nemmeno il testo che ha appena scritto, canta guardandola negli occhi. Le sta dedicando la canzone.
 
Mi serve troppo perdermi per starmene con me
Che il tempo porti polvere
Che il vento piano spazzerà
Ricordami di ridere, un altro dei miei debiti
Ma quanto devi correre
Per stare a tempo dietro a me
Eieieie…
 
Io vivo in un satellite che gira assai lontano
Ma addosso ho troppa ruggine
Per ritornare in fretta
A terra qui da te
Eieieie….
 
Sparami…
Mira al centro
Fallo a tradimento
Che il mio cuore è di cemento
E un colpo solo non lo sento
 
Eieieieie…
 
Hinata lo ascolta e si perde. Ha la sensazione inebriante che quella canzone tanto dolce quanto malinconica sia stata dedicata a lei.
In un certo senso, sente che quell’ultima strofa sia un incoraggiamento ad aprirsi con lui, a dirgli tutto, a sfogarsi, perché tanto lui può sopportare ogni cosa.
Boccheggia, non sa che dire. Lo guarda semplicemente meravigliata, mentre lui aspetta il suo verdetto. Alla fine dice “indescrivibile” e lo fa sorridere. Lo vede alzarsi, raccogliere le sue cose e porgerle una mano per aiutarla ad alzarsi.
-Andiamo a dormire, principessa?


 
2666 parole -> ho inavvertitamente evocato il diavolo, scommetto che la sfiga verrà a me e nessuno recensirà. Nel primo paragrafo parlo al passato, nel secondo e nel terzo al presente, per rendere meglio le diverse importanze.
Ma che belle recensioni *.* ma che pensavate, birboni?
I nostri due beniamini sono buoni e puri fino all'essenza, non fanno queste cose strane (al massimo ci pensano!) u.u Vi ha stupito questo capitolo? Mi chiedo se voi ascoltiate le canzoni che propongo! Spero di sì n.n
Avete qualche consiglio da darmi?

Arcx: giuro che ci ho provato, ma non riesco a finire il discorso diretto con lo stesso segno con cui inizio: trovo che la cosa bloccherebbe troppo il discorso fluido, come nel botta-risposta. Lo inserisco alla fine solo quando ho bisogno di interrompere la frase per inserire una piccola descrizione (come dei cambiamenti di voce, d'espressione, ecc) appunto perchè mi serve bloccare la frase. Quando la trovo negli altri racconti, lo trovo estremamente fastidioso. Sono abituata così perchè finora, nei libri che ho letto, è così! Scusami, spero capirai .-.
Ringrazio le circa 10 persone che recensiscono, chi abitualmente chi saltuariamente, siete adorabili! Ringrazio anche le 26 persone che mi hanno inserito nelle seguite e le 11 dei preferiti. Ovviamente ringrazio i lettori silenziosi, siete abitualmente più di 200, un grazie di cuore.
Adesso la smetto, che sennò le note diventano più lunghe del capitolo! Un bacione grosso! Ah, anticipazione del prossimo capitolo ;)



 
[La bionda le si avvicinò ancora di più e poggiò le mani aperte sul tavolo
–Racconta, fai divertire anche me.
-Ino-pig, e ho detto tutto. Sei proprio una maiala.
Quella alzò un sopracciglio, contrariata –Quindi avete fatto porcate?
Adesso è l’ingenua Hinata che ha un guizzo –Ino-chan, lascia stare Sakura-chan!
]


 
Recensite! :*

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Capitolo 6
*** Alzati Teresa. ***


Filosofia di vita
-
Alzati Teresa

[La forza che hai dentro cancellerà ogni ostacolo]


 
[Canzone di oggi: Alzati Teresa-Negrita]
 
Un respiro più forte degli altri, l’orrenda sensazione di stare cadendo.
Naruto si mosse nel letto, gemette e spalancò gli occhi. Fece mente locale: era nel letto di Hinata per l’ennesima sera, forse l’ottava;  dalla fioca luce stellare che entrava dalla finestra posta sopra il letto, poteva capire che era ancora notte fonda.
Aveva avuto un incubo.
Che poi tanta novità non era, dato che fin da piccolo soffriva di questi problemi notturni.
Però era la prima volta che accadeva da quando dormiva in quel comodo letto, anzi, da quando dormiva con quella ragazza docile e premurosa.
Voltò il capo verso di lei. La coperta era alzata fino al mento, faceva freddo in quelle notti di gennaio. I capelli erano sparsi sul cuscino e sul materasso: trasmettevano la stessa lucentezza della notte stellata. La bocca era leggermente dischiusa e si muoveva a ritmo assieme al petto, in una sinfonia di delicati respiri. Le palpebre, ovviamente abbassate, erano in netto contrasto con le lunghe ciglia scure, che disegnavano due mezze lune.
Naruto sospirò. Non voleva svegliarla, ma quella ragazza gli donava immediatamente tranquillità, quindi si accoccolò il più possibile vicino a lei, continuando ad osservarla. Inspirò il suo profumo di lavanda, dolce, ed immediatamente si sentì più pacato.
Quegl’incubi erano strani e sempre diversi, ma legati ai suoi ricordi. Di ricordi orribili ne aveva tanti, chissà quando sarebbero finiti i brutti sogni!
Era per questo che voleva riempirsi la vita di dolcezza, come diceva Hinata. Per ricordare momenti migliori.
C’era un incubo strano, sfocato, in cui vedeva solamente immagini notturne, sentiva alcune grida e poi un gran botto. Ogni volta si svegliava stordito e sudato, con la feroce sensazione che quelle grida appartenessero a qualcuno che avrebbe dovuto conoscere bene, i suoi genitori.
Sì, era decisamente un incubo strano.
C’era un altro incubo invece, quello della sua prima famiglia adottiva. Cavolo, che orrore.
Suo “padre” era un assassino. Aveva ucciso la moglie davanti a lui. Per rivendere gli organi.
Che cavolo facevano le assistenti sociali? Mandarlo lì!
Non si rese conto di stare esprimendo i suoi pensieri solo fino a quando Hinata non gli strinse la mano, sveglia.
-Che orrore, davvero.
-Scusami, Hinata- e dallo sguardo mortificato si capiva che si sentiva davvero in colpa –Non mi sono reso conto di stare parlando. Non volevo svegliarti.
Lei si strinse nelle spalle -Si vede che ne avevi bisogno.
Ora la ragazza era girata verso di lui. Naruto si soffermò ad osservare le labbra ancora dischiuse, stavolta in un sorriso. Gli venne l’assurda tentazione di assaggiare quella bocca, di nuovo. Che poi tanto assurda non era, dato che quelle labbra erano soffici e carnose, perfette per suonare il sassofono, appunto.
-Avanti, continua.- disse lei, incoraggiandolo.
-Cosa vuoi sapere?
-Qualsiasi cosa, Naruto. Parlami di te…
-Devi lavorare, domani.
-Non ha nessuna importanza.
Il ragazzo le accarezzò con due dita la guancia scoperta, per poi chiudere gli occhi.
-Ho avuto famiglie atroci. Questa, appunto. Poi c’era quella dove la madre soffriva d’alcolismo. Era assurdo vivere con quella famiglia, eravamo tantissimi, quasi tutti adottati. Le assistenti sociali non si accorgono che, pur di avere l’assegno di mantenimento, la gente cambia faccia come niente. L’ultima è stata quella del Tenente. Era ancora più assurdo. Ti costringeva ai lavori forzati. “Per temprare il carattere!”- disse lui, imitando una voce dura –Ma in realtà era solo perché si annoiava a fare le commissioni per la moglie. Se li facevi, bene, avevi qualcosa con cui cenare. Se ti rifiutavi erano botte. Mi ricordava l’orfanotrofio di Miss Churlel.
-Orfanotrofio?
-Sì. Finché non ci trovavano una famiglia, rimanevamo nella casa di Miss Churlel. Quello era cannibalismo. Era l’unico motivo per cui, agli inizi, non vedevo l’ora di essere adottato.
-E poi?
-E poi mi sono scocciato. Mi sono detto che era meglio stare da soli. Non c’erano famiglie adatte a me, forse era anche per colpa mia, per il mio animo ribelle.
-Ora non sembri così ribelle.- sorrise, lei.
-Solo perché sfogo tutto nella musica.
-Vorrei avere una passione grande almeno la metà della tua; ne sarei felice a vita.
-E’ solo questione di fortuna, bisogna trovarla.- poi si fece pensoso –Non hai mai provato gioia nel fare qualcosa?
Anche la ragazza sembrò riflettere –Credo di essere stata felice per qualcosa che ho fatto solo quando… solo quando riuscivo a far sorridere le persone che amavo.
Proprio come quando cucinavi il ramen per tua madre e mentre mangiava improvvisavi col pianoforte, oppure quando suonavi il sassofono sul balcone, in modo che il vento potesse trasportare le note fino al suo letto, mentre stava male. Oppure quando stavi ore e ore ad inventare fiabe per la tua sorellina. Quel sorriso che ti davano ti riempiva il cuore.
-Allora, la tua passione è prenderti cura delle persone che ami, non credi?
Un grande sorriso si aprì sul viso della ragazza, tale che arrivò fino agli occhi, illuminandoli.
-Non ci avevo mai pensato. Grazie, Naruto-kun.
-Non ho fatto niente, Hina-chan.
Gli occhi dell’uno si avvinghiarono a quelli dell’altra. Entrambi trasmettevano un certo senso di serenità.
-Sei più tranquillo, ora?
-Sì, grazie.
Si diedero nuovamente la buonanotte e ripresero a dormire.
 
Come previsto, quella mattina, al suo risveglio, non trovò Hinata.
Osservò distrattamente la radiosveglia, che segnava le nove e quindici minuti.
Si alzò ed andò subito nel bagno, a farsi una bella doccia calda. Ormai si sentiva di casa lì, ed era un bell’ambiente, perché Hinata sentiva il bisogno di stare con lui tanto quanto lui di stare con lei.
Si erano legati in poco tempo e mai Naruto avrebbe voluto che quella cosa che loro due avevano si spezzasse.
Uscì dalla cabina e si rivestì immediatamente. Asciugò distrattamente i capelli ed uscì dal bagno. Si avviò verso la cucina e, aperta la porta, trovò un busto piegato nell’incavo del frigorifero.
-Sas’kè, tu ce l’hai una casa, perché sei qui?
-Hmf, lo sai che Itachi lascia il cibo contato, no?
 Si avvicinò anche lui al frigo e si piegò nello stesso modo del ragazzo.
-Che cerchi?
-Mangiare, ovviamente.
-Da quanto sei qui?
-Poco.
Anche Naruto sbuffò ed afferrò una ciotola sigillata su cui era posato un bigliettino, che recitava: “Se ti sei svegliato abbastanza presto e hai fame, ci sono degli Onighiri e un piccolo bento. Se invece ti sei svegliato tardi, mi piacerebbe che mi aspettassi per pranzo. Tornerò intorno alle 14. Mi raccomando! :)”.
Sorrise a quel biglietto affettuoso e premuroso ed afferrò quello che gli aveva lasciato, in fretta, prima che Sasuke lo trovasse. Quest’ultimo lo seguì fino in salotto, con le bacchette in mano.
Naruto cominciò a gustare la sua colazione, guardando di sottecchi l’amico che cercava di fregargli qualcosa.
-Su, dov’è finita la tua gentilezza?- chiese Sasuke al ragazzo, con un sopracciglio flesso.
-Si è nascosta dopo averti conosciuto, Sas’kè.- disse lui serio.
-Ingordo- sbuffò l’altro, rassegnandosi.
Poi Naruto gli passò un onoghiri –Non sporcare il divano.
Mentre mangiavano arrivò anche Kiba, che si sedette con loro.
Stavano chiacchierando e scherzando, quando ad un certo punto, chissà come, uscì fuori un discorso strano.
-Gli Hyuuga sono davvero molto ricchi, non mi aspettavo che Hinata vivesse qui, da sola.- disse Sasuke, riferendosi al modesto appartamento.
-Non mi stupisco, non hanno mai avuto ottimi rapporti.- disse Kiba, ben stravaccato sulla poltrona scura.
-La conosci da molto?- chiese Naruto, incuriosito.
-Dalle medie e ne sono sempre stato innamorato.
-Innamorato a 12 anni? Non prendermi in giro, Kiba.- disse Sasuke, contrariato.
-All’inizio era una cotta, ovviamente. Ma… provo qualcosa per lei tuttora.
-Lei lo sa?
-Al tempo lo sapeva, ora non credo. In ogni caso non sono mai riuscito a farla innamorare di me. Tu invece- ed indicò il loro vocalist con un gesto di stizza –ce l’hai già in pungo, è evidente.
-Non credo.- rispose il biondo.
-Guarda che è evidente.- disse lui, in risposta –E dovresti usare questa cosa a tuo vantaggio. Non dirmi che non sai che gli Hyuuga possiedono anche la rinomata casa discografica Possession.
 -Sì, lo so.
-Beh, allora dovresti pensarci un po’ di più, Naruto, non credi? Sono anni che cerchiamo di sfondare.
-Prima non eravamo pronti.- Naruto cominciava a scocciarsi di quella conversazione. Era fondata su gelosia e invidia.
-Ma ora sì, Naruto. Non dirmi che non ci hai pensato.
-Sì, ci ho pensato.
-Allora non vedo dov’è il problema.
-Certo, certo, non ci sono problemi.- disse il ragazzo con sarcasmo, andando in cucina per sistemare i piatti.
 
-Esattamente dove lavori, Hinata-chan?
-In una delle tante aziende di mio padre.
I due erano seduti sul divano, a bersi un the verde e a giocare a Super Mario con la playstation. Naruto aveva tentato di cucinare qualcosa per pranzo, per fare una sorpresa alla ragazza, ma aveva combinato più disastri che altro. Alla fine avevano ordinato qualcosa da Ichiraku e se lo erano fatto portare a casa. Era stato divertente scherzare e ripulire il macello combinato dal biondo insieme.
-Bello. E in che azienda esattamente?
-Un’azienda di moda.
-E di cosa ti occupi?
-Mi occupo della relazione con le modelle. Quindi io le scelgo, le seleziono, gestisco i loro salari, controllo che non abbiano problemi di salute eccetera, eccetera.
-Un lavoro impegnativo?
-Nella norma.
-Ma tuo padre non ha anche una casa discografica?
Mentre glielo chiedeva, si rendeva conto di quanto Kiba lo avesse stuzzicato. Ormai aveva la pulce nell’orecchio ed era impossibile negare che non ci avesse già pensato. Tutti conoscevano la Possession, in Giappone. Era una rinomata casa discografica che variava fra più generi. I generi che aveva prodotto più spesso erano sicuramente il blues e il classico. Da poco si occupavano anche di rock e solo tre anni prima, aveva lanciato con successo i “The four arrows”, cioè “le quattro frecce”. Avevano successo tuttora e, l’idea di avere quello che avevano loro, lo intrigava. Solo che, quando ne avevano parlato, Kiba aveva impostato il discorso come se si trattasse di usare la ragazza. Ma lui non voleva questo. Anzi, voleva farcela da solo, senza chiedere nessun tipo d’aiuto. In quel momento chiedeva solo per lealtà ai propri amici.
-Beh.- si fece pensosa lei –Sì, ma non se ne occupa lui personalmente. Ci pensa Ko, se non ricordo male.
-E sai qualcosa da questo Ko? Quali progetti ha quest’anno la casa discografica?
La ragazza negò piano col capo –Non lo so, ma potrei mettermi in contatto con lui, se vuoi.
Il ragazzo le regalò una grande sorriso –Gentile come sempre, eh, Hinata-chan?
Lei arrossì leggermente e distolse lo sguardo, per non darlo a vedere –Solo con le persone che lo meritano.
-Bugiarda.- rise lui, poi il suo tono si fece più serio –Senti, hai voglia di venire ad una prova?
-Che intendi?
-Io e i ragazzi andiamo in un vecchio magazzino a provare le nostre canzoni.
-Mi farebbe piacere.- sorrise lei, di rimando –Quando?
-A breve dovrebbero arrivare i ragazzi…- disse Naruto, inserendo l’acceleratore. Dopo poco si alzò euforico –Ti ho vinto di nuovo, ah ah!
La ragazza rise e lui si ributtò sul divano, stavolta proprio vicino a lei. La guardò con uno sguardo dolcissimo, così caldo da essere probabilmente la causa dello scioglimento dei ghiacciai polari. Ed in quel momento Hinata si sentì sciogliere.
-Sei imbranata anche con questi stupidi giochi.- le disse sorridendo.
-Sembra che io sia predisposta alla goffaggine.- un lieve rossore le invase le guance.
Lui rise gioioso –Credo tu abbia ragione, ma non è un male. Sei particolare e divertente.
Poi posò la testa al morbido tessuto di pelle scura del divano e chiuse gli occhi.
-Oggi ho proprio bisogno di suonare quella canzone.
-Quale, Naruto-kun?
Il ragazzo riaprì gli occhi, piano, ed il suo sguardo vacuo si andò a perdere sul soffitto.
-E’ una canzone che ho scritto ispirandomi alle cose brutte che ho passato ed alla forza che serve per superare atrocità. È ispirata anche ad una ragazza che io e Sasuke incontrammo quando avevamo più o meno quattordici anni. Poverina…- sospirò –era stata violentata e malmenata, era rimasta incinta e nonostante tutto aveva deciso di tenere la propria bambina. Chissà dove saranno, ora.
-Si vede che è una canzone a cui tieni molto.- disse lei, con lo sguardo più dolce del mondo.
Lui annuì –E’ una delle maggiori valvole di sfogo che ho. È davvero diretta, precisa, sincera. Parla di quello, del dolore. E di nulla più.
Il suono del campanello li fermò. I ragazzi erano arrivati. Si andava a suonare, finalmente.
 
I ragazzi erano lì, chiusi in un magazzino al quale si accedeva attraverso delle scale che davano direttamente su una strada.
Shikamaru si stava già preparando, mentre Sasuke e Kiba parlavano. Sasuke fumava e non aveva l’intenzione di smettere. Non sembrava di buon umore. La ragazza si sedette davanti a loro, su quella che doveva essere una vecchia cassa di birra.
 -Un, du, tre e quattro.- Shikamaru fece tintinnare le bacchette e diede il via alla canzone.
Il ritmo cadenzato della batteria venne quasi immediatamente seguito dalla chitarra e dal basso.
Naruto cominciò subito a prendere confidenza con il ritmo, iniziando quella che sembrava una vecchia danza tribale. Una danza folle e dettata dall’arte. Si fermò solo quando cominciò a cantare.
 
Rosicchiando al mondo il tempo per ballare
Sopra a questa sorte che gioia non da
Cuore pompa sangue che voglio vivere
E sputa via la morte…
DIETRO DI ME! DIETRO DI ME..
 
Sfogo bestemmiando la mia latinità
E vino, sesso e tango e orgoglio e pietà
Vita è la tua notte e la dedico a te
Scaccia l’abbandono…
Che ho dentro di me! Dentro di me!

La canzone rallentò, dando spazio ad una forza diversa.
 
Sogna Teresa, non piangere
Hai una ragazza da crescere
Il destino è una nostra bugia
E niente è come la forza…
Dentro di te!
 
Naruto ballava col microfono in mano, avvicinandosi a Sasuke. Tutti cantavano con lui un “Ehi!”.
 
Alzati Teresa che è tempo per ballare
Sopra a questa sorte che gioia non da
Cuore pompa sangue che voglio vivere
E sputa via la morte…
Dietro di te! Dietro di te!
Dietro di me! Dietro di me!

L’assolo di Sasuke fu meraviglioso, sembrava farci l’amore con la chitarra su cui era piegato. Il plettro era il frutto del loro amore. La sigaretta bruciava ancora fra le sue labbra. Le dita guizzavano e Naruto ballava, volteggiando su se stesso con fare rude ed avvicinandosi a turno ad ogni membro della band. Tutti gridavano “eh” a ritmo. Era una canzone difficile e tutti erano impegnati a farla per bene; anche Hinata ne era completamente presa, così tanto da non accorgersi della ragazza che era appena entrata.
Fu Shikamaru, appena la canzone fu finita, a rendere la sua presenza nota a tutti.
-Che ci fai qui, seccatura?
Il ragazzo si avvicinò ad una ragazza alta quasi come lui, coi capelli biondi legati in quattro codini e da gl’occhi verdi oliva. Portava dei grossi anfibi neri, calze a rete, shorts e una felpa rossa. Decisamente una ragazza strana.
-Era un po’ che non ti facevi vivo, Cry baby, e così mi sono fatta viva io.                          
-Ho da fare ora, Temari.- gli sussurrò lui. Hinata riuscì a captarlo lo stesso.
-Ultimamente hai sempre da fare. Quale cavolo è il problema?
-Portati la Sabaku No lontano da qui, Nara.- ordinò Sasuke, sbuffando fumo, scocciato.
-Non sono un fottuto oggetto, pezzo di merda!- disse lei minacciosa, scagliandosi verso il ragazzo.
Per fortuna fu trattenuta dal braccio di Shikamaru, che la portò via con sè.
Ino e Sakura arrivarono 
proprio in quel momento nel magazzino, precedentemente avvisate da Hinata.
Avevano uno sguardo tra lo stupito e lo sconvolto.
-Chi diamine era quella?- chiese Sakura, curiosa.
-Quella è la ragazza che “frequenta” Shikamaru.- disse Sasuke, scocciato -La più odiosa, menefreghista, stronza, vanitosa, prepotente, che conosca. In pratica è…
-Una puttana.- disse Ino, con una smorfia schifata mentre con la coda dell’occhio osservava quei due fuori, che discutevano.
O almeno, la ragazza sembrava infastidita e lo teneva per il bavero, lui sembrava solamente annoiato. Come sempre.
“Hai un’espressione da ebete quasi sempre, Nara” glielo aveva detto una sera d’estate, mangiando un ghiacciolo all’arancia.
E quand’è che non ce l’ho?” chiese lui, mangiando un ghiacciolo alla menta.
“Quando sei stupito, credo”
Poi lui l’aveva guardata in quel modo strano ed espressivo, indecifrabile.
“Credo capiti solo con te, mendokusee.”
Quel ricordo le strinse lo stomaco in una presa mortale. Che errore aveva fatto… se ne rendeva conto troppo tardi, ormai.
Si rese conto di aver fatto una faccia davvero triste solo quando, voltandosi, incrociò gli occhi chiari di Hinata. Era preoccupata, anzi, sembrava mortificata. Che dolce che era, quell’amica che lei e Sakura avevano sempre dovuto difendere dai prepotenti a scuola: era sempre così ingenua, così dolce.
Fece lievemente un cenno col capo, voleva dirle di non preoccuparsi ulteriormente. Poi voltò le spalle e lasciò gli amici con le loro discussioni.
Uscì dal magazzino e intraprese la strada opposta che avevano preso i due, raggiungendo una piccola panchina nascosta. Vi si sedette e subito raggelò: il freddo di Gennaio aveva praticamente ghiacciato la pietra della panca.
Un brivido le percorse la schiena e si sentì terribilmente vuota e sola.
Riusciva a percepire in lontananza alcuni sbuffi, probabilmente del suo vecchio amico, e qualche “subito” scocciato, dell’altra ragazza; poi non li aveva sentiti più.
Ino affondò le mani nelle tasche e guardò il cielo. Era così che faceva sempre Shikamaru. Non aveva mai capito cosa ci trovasse di rilassante in quel cielo annuvolato di Tokyo…
Ormai erano passati una decina di minuti, quando la bionda sentì alcuni passi verso la sua direzione.
Abbassò leggermente lo sguardo dal cielo e vide Naruto, anche lui mani nelle tasche, camminare verso di lei. Si sedette lentamente sulla panchina, non molto vicino a lei, e rimase in silenzio.
-Ti ha mandato Hinata?- chiese la ragazza.
-Sì. Mi ha detto di te e Shikamaru.
-Non dire “te e Shikamaru”, non c’è nessun “te e Shikamaru”.- rispose lei, stizzita.
-C’è stato.- le disse sorridendo, imbarazzato –Scusa per l’altra sera, non lo sapevo ancora.
Ino tacque e Naruto sbuffò, spazientito –Ti prego, Ino, parla, non sono bravo con queste cose.
-E allora perché Hinata ti ha mandato qui?
-Perché... so tutto su Shikamaru.
-A me non serve sapere niente su di lui- ma era una tremenda bugia, era sommersa di domande e quest’ultime alla fine l’ebbero vinta su di lei, con quel ragazzo che la osservava guardingo.
Boccheggiò, cercando la domanda giusta da fare. Quell’unica che voleva concedersi, doveva essere la più importante.
Alla fine immerse i propri occhi, acquamarina, in quelli blu cielo di lui e parlò.
-Ne è innamorato?- chiese in un soffio. Ora aveva paura della sua risposta.
Lo vide negare leggermente col capo –So solo che, da quando ti ha rivista, non l’ha più cercata ne sentita. Per questo è arrivata qui in carreggiata.
-Come lo sai?
-Le date coincidono, più o meno. Ed è… diversamente taciturno.
La ragazza sospirò e tornò ad osservare il cielo distrattamente, seguita a ruota dal biondo.
-Venerdì pomeriggio partiremo per andare a suonare qualche canzone per la festa di un nostro vecchio amico, tu, Hinata e Sakura siete invitate a venire con noi, ovviamente.- disse lui, serio, poi la voce divenne roca - Il suo cuore non è ancora legato davvero a nessuno, Ino… abbi fiducia, se ci tieni davvero puoi ancora combattere per averlo.
E con quelle parole nella mente Ino rifletté per tutto il giorno e per tutta la notte. L’indomani aveva deciso.
A Shikamaru ci teneva davvero, era l’unico che l’aveva silenziosamente capita. Era sempre stato vicino a lei in tutti i momenti, quando ne aveva più bisogno era lì, con la sua carezza tiepida. Lo aveva perso, ma nel rivederlo il desiderio di quell’amicizia diafana e di quell’amore tanto potente quanto innocuo si era riacceso come non mai.
Sì, Ino avrebbe combattuto per averlo tutto per sé, con una forza nuova.
Shikamaru Nara sarebbe stato presto suo.



11. 11 è il mio nuovo numero preferito, decisamente! Undici recensioni per il capitolo scorso! Per me è un record */////*
Grazie, grazie a tutti! Alle 30 persone delle seguite e alle 12 dei preferiti,ma ovviamente a voi recensori, che sprecate spendete il vostro prezioso tempo per lasciare quelli che qualcuno ha chiamato "TEOREMI" che a me piacciono tanto n.n
Sono senza parole, grazie di cuore. 
Che dire su questo capitolo... forse non era proprio una bomba -.-'' 
Ma oltre al NaruHina c'è tanto ShikaIno e un pò di ShikaTema, se ne è parlato così poco! Ma nel prossimo capitolo, giuro, avverrà qualcosa di inaspettato. Le scommesse sono aperte n.n
Non posso lasciarvi un pezzo del prossimo capitolo poichè è ancora in elaborazione, scusatemi n.n Aspettatevi il prossimo aggiornamento per giovedì!
Spero che sarete in tanti a recensire questo capitolo e, come al solito, vi invito ad indicarmi qualche prompt-song.
Grazie di tutto, con affetto,
Cla.

PS: A proposito, settimana scorsa ho mandato una richiesta di cambio nickname alla redazione, quindi, se tutto va bene, mi troverete sotto il nome Tomolo_chan :D

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Capitolo 7
*** Greta. ***


Filosofia di vita
-
Greta
[Nel buio più atroce,
se sarai capace di accendere la luce della forza più forte,
avrai vinto]


 
[Canzone consigliata all'ascolto: Greta-Negrita]
 
Quel sabato sera, i ragazzi devono suonare nuovamente al pub. Il proprietario, Asuma Sarutobi, conosceva bene tutti i membri del gruppo, con cui ha sempre avuto un rapporto speciale, e conosceva bene il loro repertorio, quindi chiese loro di suonare “Greta”.
 Shikamaru sbuffò, con la sigaretta fra le labbra. Sa che quella è una canzone difficile per Naruto, per cui soffre ancora. Ma non può andare contro Asuma, colui che praticamente li ha salvati. Ricorda perfettamente quella sera in cui, pochi anni prima, il gruppo suonò in un altro pub dove vennero bellamente fischiati. Erano molto abbattuti e per poco il gruppo non si sciolse. Asuma, annunciando l’imminente apertura del suo nuovo pub, ebbe fiducia in loro e chiese di suonare per lui. Col tempo, gli Origin divennero il gruppo fisso del pub. L’uomo una volta gli aveva raccontato che a lui e al suo gruppo era successa l’identica cosa e che, per alcuni mesi, il gruppo aveva oscillato sulla linea del baratro. Alla fine, in quel burrone profondo, ci erano caduti, e non voleva che succedesse lo stesso a loro.
Quindi il Nara acconsentì. Ed infondo, quella era la canzone in cui lui poteva fare di più il pazzo.
Quella sera quindi, i ragazzi salirono sul palco.
Sasuke dava inizio alla canzone, seguito a ruota dal basso di Kiba e dalla batteria potente e ritmica di Shikamaru.
 
Testa in giù, contorni e rovescio
Disperazione in heavy rotation
Londra dov’è? Londra non c’è!
Viaggi scalza per Liverpool Station
Col tuo bagaglio di malinconia
Che non va più via
Non va più via
 
          Naruto cantava svogliatamente, col suono trascinato. Era diverso dalle altre volte. Era triste.
           
Chissà se ti avessi avuta
Ma non ti ho avuta mai
 
Non guardava nemmeno il pubblico. Chiudeva gli occhi e pensava.
Hinata, a vederlo, aveva la sensazione che ricordasse qualcosa di brutto e che si ispirava a questo, mentre cantava.
 
Chissà se con il mio aiuto
Ma non l’ho fatto mai
 
Il mondo di Greta non ha
Non ha gravità
Non ha gravità
 
Naruto dava le spalle al pubblico, cantava per se stesso, camminando, cantava per i propri amici.
 
Pioggia scura e neanche la senti
Mille paure strette tra i denti
Londra dov’è? Forse non c’è
E vaghi sconvolta ogni giorno di più
Mentre i tuoi sogni stanchi
Cadono, cadono, cadono giù
 
Naruto si sposta, sgancia il microfono dall’asta e si sposta ancora, va verso Sasuke e canta con lui.
 
Chissà se ti avessi avuta
Ma non ti ho avuta mai
Chissà se con il mio aiuto
Ma non l’ho fatto mai
 
Ora si sposta di nuovo, va verso Shikamaru e lo incita mentre canta, con la mano libera batte il suo tempo.
 
Il mondo di Greta non ha
Non ha gravità
Non ha gravità
Il mondo di Greta non ha
Non ha gravità
Non ha gravità
 
I ragazzi gli fanno da coro, cantano con lui. Dicono “Greta non ha”.
 
Chissà se con il mio aiuto
Ma non l’ho fatto mai
Il mondo di Greta non ha
Non ha gravità
Non ha gravità
 
Poi Shikamaru parte con l’assolo e sembra che quel caos sia maledettamente perfetto,  trasmette rabbia.
Quando finisce si alza in piedi, in preda alla foga, e lancia le bacchette, che finiscono sul piatto facendolo suonare.
 
I ragazzi fuggirono dal palco e andarono verso i camerini. Hinata li seguì e stavolta furono invitate anche Ino e Sakura.
Appena entrarono si chiusero la porta alle spalle, voltandosi. Sasuke si era già preso una birra per festeggiare, Shikamaru fumava stravaccato sulla poltrona fiero di sé, è stato bravo. Kiba invece guardava preoccupato il loro vocalist, che in quel momento stava camminando avanti e indietro.
Le tre ragazze si avvicinarono  e si sedettero accanto a Kiba, sul divano.
-Smettila baka, mi fai passare la voglia di festeggiare.
Naruto si mette le mani nei capelli, sbuffa –Io la odio questa canzone.
-Si beh, purtroppo scrivi bene e questa è una bella canzone, ed è quindi richiesta, abituati.- sbuffa l’altro, mentre in realtà sta cercando di tranquillizzare l’amico.
Naruto incrociò lo sguardo interrogativo di Hinata e per un attimo arrestò il passo, più calmo. Improvvisamente ricominciò a camminare, con più foga di prima.
Ora la ragazza divenne ancora più preoccupata poiché coglieva la stessa emozione sui visi degli altri.
-Odio questa canzone ed odio lei, ‘ttebayò!
-Lei chi?- chiese Hinata, al resto del gruppo, mentre il biondo dava di matto.
-Greta.- risposero all’unisono gli altri ragazzi.
-Chi è?
Gli altri fanno per rispondere, ma Naruto li precedette.
-Una stronza che mi ha illuso.- arrestò il moto, ripensando a quella donna e, sotto lo sguardo di Hinata, cominciò a raccontare -Due fottutissimi anni fa, ho incontrato questa donna, più grande di me. Me ne ero innamorato.
-E qual è il problema?- chiese Sakura.
-Il problema- disse lui alzando la voce –E’ che era sposata.
Ah. Tutti rimasero in silenzio.
-Ci frequentammo per un anno buono. Siccome lei era anche ricca, mi nascondeva in un appartamento qui in città e, quando le andava, veniva a fare sesso con me.- in quel momento era rude e arrabbiato, come non lo era mai stato –Le chiedevo spesso di lasciare quel vecchiaccio del marito e lei prometteva di farlo. Un giorno però…- e qui si calmò, la voce si abbassò mentre si buttava sul divanetto accanto a Sasuke, fregandogli la birra. Ne prese un gran sorso – arrivò ubriaca. Mi infuriai, mi ricordava uno di quegli stronzi di padri che ebbi per famiglia da piccolo. Lei mi disse tante cose cattive, orribili, concludendo “non lascerò mai quel pozzo di soldi”. Al che presi le mie poche cose ed uscì di casa. Non la vidi più. E scrissi questa canzone.
Il racconto stupì le ragazze mentre gli altri rimasero in silenzio, in solidarietà con Naruto.
Ora Hinata capiva. Capiva perché Sasuke fosse stato così restio al loro legame, perché Naruto fosse stato all’inizio diffidente. “Una come te, una volta mi ha già inguaiato… ma ripeto, all’apparenza.” Ricordava quella frase di Naruto come una lama, ma ora se la spiegava. Una donna ricca, come lei, gli aveva fatto del male.
In quel momento sentiva il desiderio di abbracciarlo, di dargli conforto. Ma a suo modo, Sasuke gli stava già dando appoggio. Senza obbiettare sull’appropriazione della sua birra, si alzò e ne prese un’altra nel minifrigo. L’aprì e la passò a Naruto, riprendendosi la sua, mezza vuota, tornando a sedergli accanto.
-E comunque, ho capito di non essermene innamorato.- disse, stavolta sorridendo –Ti ricordi Shika, quella volta che parlammo della differenza fra fare l’amore e fare sesso?
Quello annuì lievemente.
-Mi dicesti che la tua prima volta era stata con la tua migliore amica, di cui eri innamorato.
-Sì- disse lui, guardando, senza farsi notare, una delle ragazze, che sussultò –Ricordo di averti detto che, per quanto imperfetto fosse, fare l’amore con lei fu bellissimo. Perché è questo che fa l’amore, rende perfetto ogni cosa.
-Beh, con quella puttana era solo sesso!- disse lui, contento.
Sasuke cominciò a sghignazzare, contento per l’amico.
-Voi invece, ragazze, siete innamorate?-la bionda e la rosa negarono debolmente col capo. Quindi, lo sguardo di tutti si posò su Hinata, rossa in viso.
Naruto ghignò, adesso sembrava Sasuke quando faceva il bastardo. –Sei innamorata, Hina-chan?
Lei negò debolmente col capo –Non ne sono sicura.
-Come mai?
-Non sono mai stata innamorata, prima.
-Capisco.- Naruto rise, sciogliendo la tensione –Chissà quanti si sono perdutamente innamorati di te.
Ed ora quasi tutti (praticamente quelli che andavano in classe con i due) osservarono Kiba, che si alzò. Richiuse il proprio basso nella custodia.
-Boh, credo sia ora di andare, no?- i suoi occhi erano leggermente tristi.
Naruto annuì e tutti si alzarono, per prepararsi. Andò da Hinata e la riprese per mano, entusiasta. Insieme agli altri, uscirono dal retro dove, come al solito, alcune ragazze li aspettavano.
La cerimonia si ripeté, come sempre, c’erano pacchi a destra e sinistra e molti sguardi assassini per le ragazze. Stavolta Naruto se ne accorse e ne rise con la ragazza. Sasuke invece, aveva voglia di far arrabbiare qualcuno. Quindi andò vicino alla sua ciliegina e le avvolse la vita con un braccio.
-Reggimi il gioco.- disse lui, sussurrando.
-Io non ti reggo proprio niente!- si infuriò lei, ma poco dopo arrossì per il suo stesso doppio senso.
Questo bastò a renderla docile (o imbambolata) quanto bastava per far morire di invidia le fan.
In seguito tutti si divisero, raggiungendo le proprie case. Naruto non lasciò la mano di Hinata fino a quando non furono in casa.
Era tardi, in breve si cambiarono per la notte. Hinata preparò del tè, che i due sorseggiarono guardando l’orizzonte.
-Che impressione hai avuto del mio racconto?- gli chiese lui.
-Ho avuto la sensazione che ancora ne soffrissi.
-A dire il vero- disse voltandosi verso di lei –la sofferenza sta andando gradualmente via.
Di nuovo quello sguardo dolce. Naruto sapeva esattamente come colpirla.
-Ne sono contenta.
Seguì qualche attimo di silenzio, in cui il loro contatto visivo non si bloccò.
-Quindi…- Naruto le si avvicinò, erano distanti di poco. Hinata riusciva a sentire il suo profumo dolce e temperato. Non era un profumo preciso, non somigliava a nient’altro. Era unico.
-Quindi?- chiese lei ingenuamente.
-Quindi…- riprese lui, che si era perso ad ammirarla –Sei innamorata.
Colpita e affondata.
Ora non sapeva che rispondere. Era lui la persona per cui sentiva le farfalle nello stomaco, il cuore battere all’impazzata. Ebbe la sensazione che lui lo sapesse, o che immaginasse qualcosa di simile. E lui non si aspettava una risposta, semplicemente, voleva sfidarla. Balbettò qualcosa, ma lui parlò prima di lei.
-Sai, scrivo sempre delle persone che mi colpiscono, in canzoni solo per loro.
Con una mano le spostò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, accarezzandola lentamente. Lei arrossì un po’ abbandonandosi a quel tocco.
-Spero che scriverai qualcosa su di me, allora.
Hinata non lo sapeva, ma Naruto aveva già cominciato a scrivere qualcosa ispirato a lei.
 
Domenica, Hinata faceva il suo solito giochino: buttava il cucchiaino nella tazza e lo osservava, mentre lentamente affondava, per poi ripescarlo appena in tempo.
L’idea che aveva avuto quella mattina non le sembrava più così buona. Aveva deciso di invitare Ino e Sakura in quello stesso bar con cui aveva parlato a lungo con Naruto, senza contare l’evenienza che Naruto stesso ci potesse portare gli Origin, in quella che era, evidentemente, un’abitudine.
Ed infatti ora erano lì ed Hinata si sentiva osservata. Oltretutto, non riusciva a dire niente, perché era di loro che dovevano parlare.
Ino fortunatamente la precedette e prese la parola. Osservava di sottecchi l’amica Sakura, come fosse un poliziotto durante un interrogatorio. Mancava la luce puntata su di lei, ma la sensazione era quella. Le venne da ridere.
-Ti sei divertita con Sasuke, ‘ne, Sakura-chan?
La voce di Ino era udibile anche da lontano, quindi figuriamoci se i ragazzi, a due tavoli da loro, non stavano ascoltando facilmente quell’assurda conversazione.
A Sakura non sembrava importare, anzi, lanciò uno sguardo di sfida al ragazzo interessato, che parve non accorgersene.
-Per niente, gli ho mollato uno schiaffo.- disse lei, ma in realtà pensava a prima di quello schiaffo, di come lui, seducente, le dicesse certe cose… all’orecchio, mentre dolcemente le baciava il collo, elettrizzandola. Il rossore che si cosparse sulle sue guance la tradì ed Ino colse l’occasione.
Abbassò il busto verso di lei, che le stava davanti - Bugiarda- disse, sorridendo maliziosa.
L’accostamento fra Ino e Sasuke, qualche sera prima, fu inevitabile, così arrossì maggiormente, ma non lo dette a vedere.
La bionda le si avvicinò ancora di più e poggiò le mani aperte sul tavolo –Racconta, fai divertire anche me.
-Ino-pig, e ho detto tutto. Sei proprio una maiala.
Quella alzò un sopracciglio, contrariata –Quindi avete fatto porcate?
Adesso è l’ingenua Hinata ad avere un guizzo –Ino-chan, lascia stare Sakura-chan!
Quella si voltò e la osservò –Tu patteggi sempre per i casi persi.- poi osservò di nuovo l’interrogata –Sei rossa, ho ragione vero?
Quella arrossì di più, ma negò l’evidenza. Ricevette un altro bel bugiarda da Ino, che però non rinunciò.
-Tu invece perché eri sempre silenziosissima, Ino-pig?- disse Sakura, cambiando discorso.
Lei sussultò e serrò immediatamente le labbra. Sakura e Hinata si preoccuparono.
-Ino…?- Hinata mise una mano sulla sua e la strinse, per darle conforto.
La ragazza sembrò rianimarsi. Guardò prima una e poi l’altra, poi sospirò.
-Ve lo dico ok? Ma non vi arrabbiate.
Le due annuirono ed aspettarono che la bionda parlasse.
-Vi ho mentito.- disse, la voce fioca –Ricordate quando vi ho detto che ho perso la verginità con il ricco figlio di un amico di mio padre? Beh, non è così.
-E allora…?- Sakura indagò, curiosa.
La ragazza inspirò e sputò fuori il peso della sua anima –HofattosessoconShikamaruNara.
Le due sgranarono gli occhi, stupite. Collegarono quella frase detta d’un fiato al discorso della sera prima fra Shikamaru e Naruto. Cogliendo la momentanea mutezza delle due, Ino si spiegò.
-Lo so che litigavamo sempre ed avevamo un rapporto un po’ strano, ma siamo sempre stati molto amici. E un giorno… ecco… gli proposi di “giocare”. Facendo l’amore, mi accorsi dei sentimenti di Shikamaru e.. ne ho avuto paura e… non gli ho più parlato.
-Per tutti i KAMI, INO!- sbottò Sakura, arrabbiata –E’ riprovevole!
Ino gli intimò di abbassare la voce e lei ubbidì –Lo so, ma è stato anni fa, non capivo nulla!
-E nemmeno ora capisci nulla, lasciatelo dire!- disse lei, in un sussurro.
-Hai parlato con lui?- chiese Hinata.
-NO! E non ho intenzione di parlarci.
La rosa grugnì –E’ ancora più brutto che tu non risolva questa situazione.
-Guarda che di questo passo lo rivedrai spesso.- disse Hinata, pacata –Per il bene di tutti, dovresti risolvere.
Ino cominciò a mangiucchiarsi le unghie, esasperata. Quando faceva così, le due lo sapevano da sempre, voleva dire che la ragazza aveva paura e che teneva qualcosa nascosto. Era un vecchio vizio che si portava dietro da quando era bambina.
-Cosa?- la incitarono le due all’unisono, ma questa non parlò.
All’improvviso, un’idea perversa balenò nella mente di Sakura, che si avvicinò col busto alla ragazza.
-Non mi dire che ne sei innamorata.- disse, in un’altro sussurro.
Quella scattò dritta a sedere. –Ino Yama-Yamanaka non si inna-innamora di nessuno, chiaro?- disse balbettando.
Le due la guardarono e cominciarono a ridere.
-Smettila Sakura! E da te, Hinata, non mi sarei mai aspettata che mi prendessi in giro!
-Ma io..- e riprese a ridere, gioiosa.
-Ah si?- disse Ino provocatoria. Poi alzò di molto il tono di voce –Allora, com’è dormire con Naruto, Hinata?
La ragazza smise di ridere diventando di un bel rosso peperone, mentre l’altra continuava a ridere buffamente. Il viso della bionda assunse uno sguardo soddisfatto.
Fu evidente che tutti nel locale avevano sentito quando, Naruto, spostatosi e sedendosi dietro Hinata, si affacciò dal bracciolo per porre la stessa domanda, divertito.
-Già, com’è dormire con me?
La ragazza ora fumava dalle orecchie e sia Ino, che voleva semplicemente vendicarsi, sia Naruto, che voleva divertirsi un po’, raggiunsero il loro obbiettivo.
Che bastardi!



Asuma ç.ç
Ok, emh, dovevo aggiornare settimana prossima, ma sono già qui dopo 3 giorni, contenti?
Non so come definire questa... cosa: direi che è una delle sette schifezze del mondo non ne sono esattamente contenta.
Era un Naruto centric, doveva spiegare molte cose sue, ma volevo fosse più dolce, più emozionante. Non credo sia venuto così.
Nel resto del capitolo invece, alcune cose si sono spiegate o almeno accennate. Stupiti? 
Spero che riuscirete a leggere fra le righe, perchè da alcune frasi si potranno capire molte cose in futuro ;)
Hinata innamorata! Cavoli se la adoro!
Ok, ringrazio tutti, come al solito e soprattutto le circa 200 persone che leggono ogni capitolo. Inoltre, un ringraziamento speciale va ai miei recensori: vi adoro, grazie dei consigli, delle correzzioni, dei complimenti (immeritati, questo capitolo ne è la prova certa). Grazie di cuore a tutti, compresi chi segue/preferisce/ricorda: siete sempre di più. Il prossimo capitolo sarà una bomba, giuro. Anche perchè è finito, ed è almeno il triplo di questo n.n
Ora vi chiederei un piccolo favore. Mi piacerebbe davvero che ascoltaste le canzoni, quindi, oltre al chiedervi qualche song-prompt (a cui sto già lavorando, nella mia mente fervida), vi chiederei di dare un voto da 1 a 10 alle canzoni dei capitoli, come testo appunto (anche se non sono miei), come likes, come integrazione nel capitolo. Lo fate? >///////<
Ora la smetto, che le note stanno diventando più lunghe del capitolo!
I was made for loving you, baby! :*

Nel prossimo capitolo...
[-Quella è la ragazza che “frequenta” Shikamaru.- disse Sasuke, scocciato -La più odiosa, menefreghista, stronza, vanitosa, prepotente, che conosca. In pratica è…

-Una puttana.- disse Ino, con una smorfia schifata mentre con la coda dell’occhio
osservava quei due fuori, mentre discutevano.
O almeno, la ragazza sembrava infastidita e lo teneva per il bavero,
lui sembrava solamente annoiato. Come sempre.]

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Capitolo 8
*** Ad un passo dalle nuvole & Tutto bene ***


Filosofia di vita
-
Ad un passo dalle nuvole
Tutto bene

[Come ti sentiresti quando,
assaggiato il dolce più buono del mondo,
te lo portassero via?]


 
 
[Doppia canzone oggi: Ad un passo dalle nuove - Negrita;
Tutto bene - Negrita]

 
Quel venerdì pomeriggio, i ragazzi erano montati sul vecchio pulmino hippy della sorella di Kiba, con i loro strumenti, ed erano partiti per andare a prendere le ragazze.
Sarebbe stato un viaggio di due ore e, nonostante non fosse poi tanto, sarebbe stato spossante: il luogo prefissato per quel weekend era a sud, in riva al mare, molto in basso rispetto Tokyo e per arrivarci si doveva fare una discesa tutta curve.
E questo, Naruto, non lo aveva detto a nessuna delle ragazze.
Ino cominciò ben presto a sbuffare, maledicendo Naruto e i Kami che le avevano fatto questo. Nel profondo però, sapeva che quel weekend lontano da Tokyo sarebbe stato il momento perfetto per parlare con Shikamaru. Non sapeva a cosa questo l’avrebbe portata, non sapeva se sarebbe riuscita a risolvere, ma ci voleva almeno provare.
Per Sakura invece, era diverso. In quei giorni si era spesso ritrovata quel demente di Sasuke fra i piedi e, se non fosse stato per lo sguardo scongiurante da dolce cucciolo di Hinata, non avrebbe mai intrapreso quel viaggio. Averlo poi accanto, in quel piccolo e buffo pulmino che singhiozzava spesso per la fatica di sette persone più strumenti vari, non era esaltante. Riusciva perfettamente a sentire il suo profumo sensualmente acidulo di tabacco e i muscoli delineati dalla maglietta stretta sul braccio contro il suo, cose che, dalla sera di capodanno, non riusciva a togliersi dalla testa. E lei non voleva questo. Non voleva essere una di quelle sciocche ragazzine che si innamorano del tipico ragazzo bastardo, facendo loro fusa da gatta morta per poi piangere ore in un letto. Non era quello che voleva lei. Non desiderava più un amore da liceale, come tutti quelli che l’avevano tempestata in quel periodo scabroso della sua vita, ma voleva un amore semplice, durevole, di quelli che si hanno a vent’anni.
In quel periodo, Sasuke, si stava davvero incazzando con qualsiasi cosa. Aveva chiesto esplicitamente ad Hinata una ragazza da portarsi a letto ed invece si era trovato una ragazza decisamente più difficile. Non era una facile e questo lo imbestialiva. Aveva ripetutamente detto di no alle su avances, cosa che, in venti anni di vita, non era mai capitata.
Quel gioco lo imbestialiva e deliziava contemporaneamente: più era turbato per la sconfitta, più era stuzzicato per la sfida.
L’aveva seguita, le aveva parlato, l’aveva fatta incazzare molte volte. Non riusciva però ad ammaliarla, a stregarla. Questo lo impensieriva. Stranamente, le sue tecniche di seduzione non funzionavano.
Shikamaru affrontava quel viaggio un po’ scocciato, un po’ stralunato. Sapeva che qualcosa di strano stava accadendo poiché la sua mente geniale non era riuscita a non accorgersi delle occhiate fuggevoli di una certa ragazza bionda verso la sua direzione e delle confabulate sussurrate fra quest’ultima ed un altro ragazzo dalla chioma d’oro. Che poi, come mai le sue, per così dire, “disgrazie” erano accomunate dal fattore biondo? Lui, tipico giapponese dai capelli scuri e dagli occhi dal caratteristico taglio a mandorla, era riuscito a beccare su una popolazione di oltre 127.300.000 le uniche tre persone bionde, per l’appunto, e dagli occhi chiari. Quante probabilità c’erano? Esattamente 3 su 127.300.00, pensò lui. Ed altrettanta sfiga pazzesca.
Hinata aveva avuto la grandissima fortuna di sedersi davanti, fra Kiba, che guidava, e Naruto, che intanto rideva e reggeva un paio di chitarre. Il ragazzo sembrava non accorgersi degli sguardi gelosi lanciati su di lui e quelli più tristi, carichi di rancore, lanciati alla mora.
Hinata ricordava perfettamente il giorno in cui, in seconda liceo, dopo anni di profonda amicizia, il ragazzo si fosse dichiarato. La guardava sicuro di ricevere una conferma alla sua proposta, con gli occhi marroni intrisi di gioia e aspettativa, che subito si tramutarono in qualcosa di indescrivibile e toccante, quando lei, con tutto il tatto possibile, aveva negato. In quegli occhi, che in quel momento la scoprivano letteralmente, riusciva ancora a vedere la sua delusione. Da quel momento, fra loro, era cambiato tutto ed il loro rapporto era andato perdendosi.
L’unico che sembrava affrontare il viaggio con serenità sembrava, per l’appunto, l’ignaro Naruto: dopo tanto tempo avrebbe visto il suo caro amico Gaara, vecchio compagno di sventure, ed avrebbe anche suonato al suo compleanno. L’unica cosa di cui avrebbe dovuto preoccuparsi, ma che in realtà non lo toccava nemmeno, era l’imminente ira iraconda di Ino, che di sicuro avrebbe urlato.
 
Ed infatti Ino, quando la vide, sentì il fuoco salirle dalla pancia violento e strapparle un urlo, che si trasformò ben presto in uno squittio, sotto lo sguardo sottile della rosa.
Quello era il suo incubo peggiore, decisamente.
La ragazza, quel giorno, indossava dei corti pantaloncini in jeans scuri, dei collant leggeri e ricamati, una felpa viola, stretta e scollata sul seno e degli stivali bassi e pelosi. Si chiese se le donne fredde non sentissero il freddo e se, quella Temari, non fosse in realtà vestita in quel modo solamente per attirare l’attenzione.
-Finalmente siete arrivati.- sbuffò lei –Non che mi faccia piacere vedere tutti.
Ed uno sguardo estremamente pungente si posò su di lei, come se quella frase fosse diretta solamente alla sua persona.
Che Temari sapesse qualcosa?
-Cosa guardi?- chiese, direttamente a lei.
-Non hai freddo?- la ragazza cercò di essere il più gentile possibile, nonostante quel tono di superiorità che aveva con lei non le piacesse nemmeno un po’. Cavolo, era gennaio!
-Ci sono tante cose da sistemare, per questa festa. Sai, io lavoro e mi muovo.- le parlava come se fosse un idiota o come se, semplicemente, fosse molto più intelligente di tutti i presenti.
Intendeva distruggerla ed Ino lo capì. Le parse subito necessario cercare di difendersi, come fossero tornati a tempi cannibali.
-Tanta pelle in mostra nonostante questo freddo indica un’elevata quantità di insicurezza, sai?- le disse lei, assumendo il suo stesso tono di voce –Hai forse qualche problema, cara?
-Sì…- e prima che potesse dire “tu”, Temari fu bloccata dall’arrivo del fratello e dallo squittire contento di Naruto.
-Gaara!- il ragazzo corse immediatamente verso la direzione di un ragazzo dall’aria seria ma serena e dai capelli rosso fuoco.
Tutti quanti, immediatamente, lo seguirono, ma la bionda ebbe il tempo di lanciare uno sguardo alla rivale che voleva dire proprio “La tua distruzione è solo rimandata”, per poi andarsene chissà dove.
Ci furono tanti abbracci e pacche sulle spalle, infine le presentazioni delle relativamente nuove ragazze.
-Sono contento che tu sia venuto, Naruto- il suo sguardo era felice, nonostante il resto del viso fosse rigido e la sua modulazione seriosa –ci tenevo a sentirti suonare, al mio compleanno.
-Ed io sono felice di essere qui. Spero che le cose vadano meglio!
-Ho tante di quelle cose da raccontarti.
-Mi sembra che abbiamo un po’ di tempo!- sorrise il biondo.
L’altro accennò ad un sorriso, ma chi ancora non lo conosceva capì che era il massimo che si potesse aspettare da lui. Infatti il ragazzo gli cinse le spalle con un braccio e lo fece incamminare verso un’altra direzione, mugugnando un “Andate da Kankuro, vi dirà lui dove sistemare gli strumenti” e cominciando immediatamente a confabulare con l’amico.
Il resto degli Origin si armò dei propri strumenti e si incamminò verso quella che doveva essere la voce del sopracitato ragazzo ed Hinata, seguendoli, capì che doveva essere l’altro fratello. Quei tre –Temari, Gaara e Kankuro- avevano ben poco in comune, se non alcuni tratti somatici e il colore degli occhi. Però avevano un’aria strana, simile fra loro, come se l’ombra del passato li stesse ancora tenendo fra le braccia.
Appena Kankuro vide il gruppo avvicinarsi, salutò Shikamaru con un “Oh, Fratello” e cominciò a dare ordini a destra e sinistra sulla disposizione dei vari strumenti.
La festa si sarebbe svolta in tre aree diverse: la prima con un palchetto dove gli Origin avrebbero suonato alcune canzoni e uno spazio dove ballare, la seconda con un favoloso buffet ed alcuni giochi da fare, mentre la terza consisteva in un grande fuoco acceso con alcuni tronchi intorno, per parlare e cantare tranquillamente al caldo.
Hinata aveva già deciso: avrebbe ascoltato l’esibizione degli Origin e poi, magari con Naruto, sarebbe andata a sedersi al fuoco. Già sentiva molto freddo. Poi quella strana sensazione… quella di essere osservata. Quegli occhi nocciola incontravano spesso i suoi e sembravano carichi di elettricità. Lei non voleva pensarci, ma sembrava averlo fatto troppo, poiché Sakura e Ino erano magicamente scomparse. Voltò lo sguardo ed incontrò quello scocciato e fugace di Sasuke.
-Cosa c’è, Sas’kè-kun?- chiese lei, incuriosita.
Lui sistemò la chitarra sul piedistallo accanto alla sua postazione, si sedette sulla cassa accanto a lei ed aprì energicamente una bottiglia d’acqua. La guardò, il suo occhi ridotti a due fessure.
-Ma perché volete divertirvi solo tu e Naruto?- le fa lui, rifacendosi ai precedenti pensieri, e Hinata, conoscendolo, capì di dover pensare in modo perverso per capirlo, quindi arrossì.
-Io e Naruto non ci divertiamo in nessun modo, Sas’kè, e ti pregherei di non farne voce.
Lui la guardò in modo eloquente –Stai scherzando, spero.
-Su cosa dovrei scherzare, Sasuke?
-Si vede lontano un miglio che ti sei innamorata.
Lei si fece quasi viola, le mancò il fiato –No..non- cercò di accampare qualche scusa, ma dalla sua gola rantolò fuori soltanto qualche sillaba.
Sasuke la fulminò con lo sguardo e prese un lungo sorso dalla bottiglia. Mentre pensava, Hinata concentrò i propri pensieri sul suo pomo d’Adamo che saliva e scendeva.
Era forse così evidente? Lei stessa l’aveva capito da poco. Eppure, come poteva Sasuke essersi accorto di ciò? Un’idea sconvolgente che le balenò in testa la fece sbiancare e spalancare gli occhi.
-Te lo ha detto Naruto?
Il ragazzo sputò tutta l’acqua che aveva ancora in bocca, stupito, e prese a tossire.
Alla fine, paonazzo, la guardò con uno sguardo divertito, nonostante stesse cercando di ricomporsi.
-Si vede che non lo conosci ancora bene. Lui non si accorge mai di queste cose!
Hinata si lasciò andare in un sospiro liberatorio mentre lui ghignava divertito.
-Ma non immagina proprio nulla?
-Io credo che solo quando capirà di essersi innamorato, vedrà i tuoi sentimenti.
Ora lei lo guardava estremamente stupita e stralunata e Sasuke sbuffò.
-Ma vi devo spiegare proprio tutto? Anche lui è innamorato di te, ma non lo sa ancora.
Negò leggermente col capo, senza un preciso senso: semplicemente, quell’idea del tutto impossibile non le entrava nella mente. Osservò Sasuke alzarsi in piedi dopo un lieve cenno di Shikamaru, che aveva bisogno di aiuto. Hinata lo interruppe.
-E tu, Sasuke? Sei innamorato?
Lui ebbe la tentazione di alzare leggermente un angolo della bocca, in un sorriso. Quella ragazza gli faceva quasi tenerezza. Fece spallucce.
-A volte serve del tempo per capire certe cose. Con voi è bastato poco.
Detto questo, voltò le spalle e raggiunse Shikamaru. Anche Hinata, dopo poco, si alzò. C’era un grosso via vai, segnale che questa festa sarebbe stata piuttosto affollata e ben organizzata.
Osservò attentamente la scenografia del palco che aveva per sfondo un grande telo nero e luccicante, issato su alte palafitte su cui erano montate anche delle grandi luci. Era sempre stata curiosa di vedere il retro di un palco e… beh, si avviò verso quest’ultimo. Lo vide pieno di scatoloni e con maestosi grovigli di fili elettrici, probabilmente connessi alle luci. Non era niente di che, si disse, quindi fece per avviarsi fuori dal palco, quando una mano si strinse attorno al suo polso, tirandola. Fu un attimo e si ritrovò vicino ad un corpo ben più alto di lei e con muscoli appena accennati.
Non le sembrava che Kiba fosse così maestoso, ma ora che gli era così vicino la sua mole le sembrava così grande da toglierle l’aria. Oltretutto, questo effetto era favorito dal fatto che il ragazzo avesse abbassato il viso verso di lei, penetrandole gli occhi con uno sguardo di fuoco.
Fece per dire qualcosa, ma Kiba le prese il mento con una mano e premette il pollice contro le sue labbra, per farla tacere.
-Ascoltami. Naruto non è quello che credi, è strano, non vive per amare, ma solo per la musica. Ti trascurerà, ti farà soffrire. Invece sai che puoi avere di meglio. Ed io sono sempre qui, da molto prima di lui.
Tolse lentamente il dito dalla sua bocca, per permetterle di parlare. Lei aveva gli occhi sgranati ed era impallidita violentemente. La vide deglutire e fare un passo indietro, forse impaurita.
-Non è una questione di precedenza, Kiba.- e si portò una mano sul cuore, come per dire che era colpa sua se amava Naruto –E sai bene che non provo niente per te. Scusami…
Girò i tacchi e corse via. Le dispiaceva davvero per Kiba, ma sapeva che non poteva amarlo come probabilmente avrebbe fatto la sua anima gemella. E Lei non era la sua anima gemella.
Quella discussione le lasciò addosso un gran turbamento.
 
-Beh, sono felice per te e.. com’è che si chiamava?- Naruto rise della sua dimenticanza, imbarazzato.
-Mitsuki, Naruto.- affermò l’altro, sorridendo al ragazzo –E tu invece?
-Cosa?- fece stralunato l’altro.
-Ragazze?
-Il solito, credo…
-Mi pare che tre belle ragazze vi abbiano accompagnato, no?- chiese lui, mettendosi una mano fra i capelli rossi.
-E cosa ti fa pensare che tra queste ce ne sia qualcuna con cui ho del tenero?
-I tuoi occhi luminosi e imbambolati.- disse lui, facendo ridere l’amico –So anche dirti chi è il soggetto del tuo interesse.
-Spara.
-La bella ragazza corvina.
Naruto arrossì imbarazzato, portandosi una mano alla nuca sorridendo –Ti accorgi sempre di tutto, ‘né, Gaara?
Lui annuì lievemente e lo guardò dritto negli occhi cerulei, incoraggiandolo a parlare.
-Lei è… è una persona che non ti aspetti, quando la conosci riuscendo a penetrare il suo muro di diffidenza e timidezza. Ed è una persona bellissima, sia dentro che fuori. Ha vissuto cose simili a noi, sai? Ma racchiude dentro di se ancora quell’animo sognatore da bambina.- lo guardò con occhi luminosi –Ma la cosa più bella è che ha il superpotere di rilassarmi- rise –E sai bene quanto sia difficile!
Anche Gaara accennò a un sorriso, che nel suo caso era il massimo da aspettarsi –Si vede che ne sei innamorato, ti brillano gli occhi quando ne parli.
-Innamorato?- ok, questa gli era nuova. Strabuzzò gli occhi, poco convinto, con un’espressione indicibile che esprimeva tutto il suo stupore.
In più stavano ancora camminando e Naruto riuscì ad inciampare nell’unico rametto in mezzo a quella sabbia bianchissima. Ruzzolò talmente tanto da ritrovarsi col viso al cielo e rimase così, immergendo i propri pensieri in un limpido mare alato.
Era innamorato? Non se lo era mai chiesto. Ma con Hinata era tutto così semplice, così facile… lei lo capisce subito, completa le sue frasi, lo ascolta con attenzione inaudita. Ed ora che ci pensava, che pensava ai suoi lunghi capelli dai riflessi del crepuscolo più dolce e con quegli occhi lunari, riflesso della sua anima pura, si accorgeva che gli batteva forte il cuore.
E si era perso talmente tanto nei suoi pensieri da non accorgersi che Gaara gli si era seduto accanto, aspettando paziente qualche sua parola, mentre passava tra le dita quella sabbia così fina.
Rimasero in silenzio e Naruto si rese conto che tre delle persone più importanti della sua vita erano sempre taciturne e che si limitavano a dire lo stretto indispensabile. Erano così, Sasuke, Gaara e Hinata: a loro bastava estremamente poco per farsi capire. Lui invece era sempre affondato nel mare di parole che avrebbe potuto dire, tutte quelle frasi non dette, incapace di esprimere, come se qualsiasi modo per sostenere qualcosa fosse quello sbagliato. Naruto era una persona estremamente solare e vivace, non stava mai zitto, sempre con un tono di voce più alto del dovuto. Ma quando era con loro cambiava e si rendeva conto, solo in quel momento, pensandoci, come questo fosse accentuato dalla vicinanza di Hinata. Quando era con lei era immediatamente più rilassato, calmo; la sua voce si faceva rauca e profonda, se ne stupiva sempre, il suo volto non più tirato in un espressione finta, talmente usuale da diventare il suo viso di sempre, ma trasformato in qualcosa di più morbido, più sincero, sensazione che non gli era più familiare. Diventava letteralmente un’altro, o forse diventava quel qualcuno che non aveva il coraggio di essere.
-Io amo questa sabbia.- disse Gaara, interpretando benissimo i suoi pensieri, che richiedevano di un’interruzione. –Starei qui delle ore, giornate intere, soltanto per sentirne il profumo e la consistenza. 
Una breve pausa in cui Naruto cercò le parole giuste. Alla fine, riuscì a dire solo qualche parola, sussurrando.
-Lei è così…- disse in un sospiro.
-Già, anche lei è così.
-Giuro che non l’avevo ancora capito… ma infondo, una piccola parte di me, lo sapeva che…
Che sei innamorato. Perché questo è quello che ti sta accadendo. Il pensare continuo a quella persona, a cosa stia facendo, cosa stia pensando, se magari pensa te. Quello strano sorriso che non è più una flessione di muscoli, ma qualcosa di molto più profondo, viscerale.
 Naruto si è innamorato di Hinata.
Perché l’amore è diverso da tutto, l’amore è capirsi in un sussurro impercettibile che solo chi ha un cuore grande e gonfio di sentimenti riesce a sentire.
 
 
La festa era iniziata e, come previsto, c’era tantissima gente. I 21 anni di Gaara erano festeggiati da molte persone, in riva al mare nonostante il freddo di gennaio. E, nonostante il freddo glaciale, c’erano pazzi che si immergevano nell’oceano.
Hinata guardò verso il palco, i primi a suonare erano gli Origin, con il regalo di compleanno per Gaara. Una splendida canzone per dare il migliore degli inizi a quella festa. Una canzone che, sicuramente, aveva caricato a palla l’adrenalina di Naruto durante il viaggio per arrivare, perché infatti sembrava nata da un viaggio spensierato.
Il gruppo cominciò la propria magia.
Stavolta fu Kiba a cominciare la canzone, con uno splendido giro di basso, seguito a ruota da Shikamaru e Sasuke, che intanto faceva qualche assonanza.
Poi Naruto cominciò a cantare, la voce carica di forza.
 
Flash di paesaggi scaricati sul vetro,
Oggi io non guido voglio stare di dietro
E farmi cullare, farmi portare
Fino al mare, fino al mare
Finalmente dove si va?
 
Occhi su un didietro che potrebbe parlare
Ma nessun motivo è buon per rallentare
La destinazione è un traguardo mentale
Santa Paranoia io ti lascio dietro di me…
Se il vento è troppo forte
Giro dall’altra parte e poi…
 
Sarà come avere una marcia in più
Proprio come avere una marcia in più
 
La voce sensuale e felice, Naruto aveva occhi luminosi, camminando e saltellando a tempo con la canzone, portandosi dietro l’asta rossa del microfono.
 
Umile viandante figlio di un dio minore
Fuori dalle righe a rasentare il cuore
E all’ombra dal sole quel pescatore
Versò il vino e spezzò il pane e disse:
presto scappa di qua!
Se c’è una rotta buona per me…
è ad un passo dalle nuvole
 
E sarà come avere una marcia in più
Proprio come avere una marcia in più
Morbido planare tra correnti instabili
E discese nelle quali perdersi
E sarà come avere una marcia in più
Proprio come avere una marcia in più
Spingersi in un salto verso il blu
E precipitare e poi tornare su… più su…
 
Il pubblicò cominciò ad applaudirli e a urlare euforici mentre il gruppo ringraziava. Naruto prese il microfono e parlò.
-Il gruppo degli Origin augura al nostro vecchio amico Gaara che i prossimi 21 anni siano ancora più belli dei precedenti. Grazie dell’invito!
Detto questo scesero dal palco, immediatamente sostituiti dal gruppo successivo, che si fermò più a lungo. Il gruppo raggiunse immediatamente le ragazze. Quando Naruto le si parò davanti, aveva il viso rosso d’imbarazzo. Fortunatamente per lui, Hinata lo interpretò male.
-Naruto-kun, non stai bene?- disse lei, sussurrando preoccupata.
Lui negò piano col capo, incapace di fare altro. Era stregato dalla visione di Hinata, che indossava un abito bianco e morbido, stretto in vita, in stile imperiale, che gli aveva mozzato il fiato. Sembrava un angelo caduto dal cielo.
Quando lei pose una delle proprie mani sulla fronte di lui, sentì immediatamente quella parte infiammarsi e tremò per la potenza dei suoi stessi sentimenti.
-Io…- non sapeva che dirle, sapeva solo che un altro secondo con lei davanti, così premurosa e angelica, gli avrebbe procurato un infarto –Scusami, devo andare…- balbettò, voltando le spalle e perdendosi nella massa accalcata.
La mano ancora a mezz’aria, Hinata era rimasta sola e sconsolata. Lo sguardo sbieco di Kiba le provocò un fremito.
Non poteva essere come diceva lui. No.
 
-Dai, dillo.
-Cosa devo dire, seccatura?
-Che ho fatto un buon lavoro per la festa.
Shikamaru sbuffò, seccato. Prese una sigaretta fra le labbra e mugugnò camminando verso il mare, seguito da Temari, che gli porse un accendino. Lui accese la sigaretta, ma si vide quest’ultima sfuggire dalle labbra per finire in quelle avide della bionda.
-Sei una rottura, Temari.
-Anche tu, Crybaby.- disse lei osservandolo con rabbia mentre lui si accendeva un’altra sigaretta. Inspirò dalla sigaretta –Perché l’hai fatta venire?
-Non è stata una mia decisione.
-Lei non dovrebbe essere qui, Crybaby.
-Perché mai?- la guardò negli occhi verdi, indecifrabili, probabilmente un misto di rabbia e tensione.
-Ti porterà via da me.- disse lei, con voce più seria del solito.
Si sedettero sul bagnasciuga, immergendo i piedi scalzi nell’acqua. Shikamaru sbuffò fumo, poggiò i gomiti sulla sabbia e volse lo sguardo al cielo scuro e stellato.
-Devo dedurne che sei gelosa?- disse lui, lievemente più interessato al discorso.
La ragazza si pietrificò, ma cercò di sembrare normale –E’ per dimenticare lei che stai con me, Nara.
-Noi non stiamo insieme, Temari. Tu stai con mille altri, sulle strade.- disse lui, facendole notare il suo status.
Temari era una prostituta della periferia di Tokyo. Era lì che l’aveva conosciuta, una sera disperata d’agosto, ed è lì che avevano cominciato a “frequentarsi”. Dopo aver fatto sesso, si raccontavano i propri segreti, certi che non ci sarebbe stato nessun interesse nel raccontarli ai quattro venti.
Quindi Temari sapeva tutto di Ino, del loro rapporto turbolento, del passato di Shikamaru proprio come lui conosceva la ragazza nel profondo, compresi i motivi per cui era costretta a fare quel lavoro del malaugurio.
-Non c’è bisogno di rinfacciarmi che ho una vita sessuale più attiva della tua, Crybaby- disse lei, sbuffando.
Il silenzio cadde, finchè Temari non gli strinse forte il polso costringendolo a guardarla.
E quando la vide, così triste e nostalgica, gli cadde la sigaretta dalle labbra.
-Non lo permetterò.
-Cosa non permetterai, Temari?
Fece leva su un ginocchio e si mise a cavalcioni su di lui. Lui la strinse forte e la spinse su di se, infilando una mano sotto la sua felpa. Anche a lei cadde la sigaretta dalle dita.
Due sigarette perse, che spreco.
Lo afferrò per le spalle, tirando forte un lembo della felpa per mostrare meglio il collo, la clavicola, i muscoli, tanta pelle che assaggiò con bramosia, esplorandone ogni lembo. Riuscì a strappargli un lungo gemito e la sua eccitazione si fece sentire attraverso i pantaloni. La bionda percorse il collo, assaggiando la parte puntigliosa della sua mascella, facendogli fare un altro gemito.
-Non permetterò che lei ti porti via da me.- disse sussurrando sensualmente al suo orecchio, per poi impadronirsi feroce delle sue labbra.
Ino non sentì quello che i due si dissero, ma dopo aver cercato a lungo Shikamaru, rimase delusa nel vederlo così con un’altra ragazza.
Perché tra loro, quell’unica volta, era stato tutto diverso, tutto più dolce, più naturale. Nel profondo sentiva che quello non era più il Shikamaru che conosceva.
Una lacrima le scese lungo la guancia. Forse era lei che non era stata mai abbastanza per quel nuovo Shikamaru che non conosceva.
 
La festa era agli sgoccioli, già in molti erano andati via. Naruto cercò con lo sguardo Hinata o qualsiasi altro membro del suo gruppo che potesse dirgli dove fosse.
Dopo una serata passata lontana da lei, aveva maggiormente capito quanto fosse importante per lui e adesso moriva dalla voglia di dirglielo. La cercava con lo sguardo ormai da un po’, quando finalmente la vide, accoccolata con la testa sulle ginocchia vicino la riva del mare.
Aveva un’aria sconsolata e triste ed in meno di un minuto fu da lei.
-Hinata…- la chiamò a mezza voce, incapace di ragionare.
Lei lo guardò, gli occhi perlacei carichi di dolore, e la osservò scrutare incerta quella mano che le tendeva.
Hinata non la prese, si alzò lentamente, come a rendere la tortura più lunga. Era colpa sua? Cosa aveva fatto?
-Cosa ho fatto?- lei gli porse la stessa domanda, con un significato leggermente diverso. Lo sguardo di Naruto era stralunato –Insomma, non mi hai degnato più di tre parole, oggi…
Il ragazzo si rese conto improvvisamente di quello che aveva fatto: l’aveva lasciata sola, senza un perché, e lei ci era rimasta molto male. Quel pensiero, nel profondo, non potette non lusingarlo: lei aveva sentito la sua mancanza. Naruto le sorrise, pronto a farsi perdonare. Era convinto che, dichiarandosi e quindi offrendo una valida motivazione per la sua assenza, lei lo avrebbe almeno perdonato. Almeno, perché non sapeva se lo avesse rifiutato o meno.
Boccheggiò, pronto a parlare, ma qualcuno li interruppe.
Kiba, puzzolente marcio di birra e vodka, si avvicinò a loro barcollando. Gli venne in mente immediatamente la madre alcolizzata che aveva avuto per un po’ di tempo, ed ebbe un gemito di disgusto.
Si avvicinò quanto bastava a loro da poter sentire ogni cosa che avesse bevuto quella serata e poggiò una mano sulla spalla di Hinata, più per sorreggersi che per attirare la sua attenzione.
-Non mi dire che perdi ancora tempo con ‘sto qui…- mugolò lui.
-Come, scusa?- chiese lei, che non aveva compreso.
-Ma non capisci? Fino ad ora ti ha solo usata per poter arrivare alla Possession…
Hinata sgranò gli occhi sul posto vuoto lasciato da Kiba, che era sgusciato via lentamente come era arrivato. Non voleva crederci.
Ma così capiva perché quel giorno non l’aveva degnata di uno sguardo, perché avesse sempre cercato di evitarla. Sasuke si sbagliava a pensare che fosse innamorato di lei, lo sapeva. Ma lei non si aspettava una cosa del genere. E quando si voltò e vide Naruto imbambolato e incerto, capì che non poteva più avere dubbi.
-E’ vero?- disse, dando voce alla sua ultima speranza.
Naruto boccheggiò nuovamente: in quel momento così importante gli mancavano le parole. Come spiegarsi? Come farsi capire? Vedeva negli occhi di Hinata una profonda delusione e ci sarebbe voluto del tempo per spiegarle che era tutto un fraintendimento, che lui l’amava. Ma gli mancarono le parole. Così, preso alla sprovvista, non sapeva che dire.
Hinata non attese più, trattenne un singulto e si voltò cominciando a correre, per non mostrare le lacrime che scendevano tiepide sul viso.
Naruto si sentì mancare: era solo, anche il suo cuore l’aveva abbandonato. E mentre osservava la sua figura esile allontanarsi da lui, ne ebbe la certezza, poiché si sentì svuotato.
Intanto in mezzo a quel casino, c’era qualcuno che suonava una chitarra.
Sasuke suonava e cantava, ignaro di fare da colonna sonora a tanti cuori spezzati.
 
Non si risolverà più
E allora provo a darmi pace
Ma ormai non c’è più la tua voce
E in questa stanza è vuota
Nessun rumore
Per non pensare
Eppure il vento ascolta
Saluta tutti alla finestra
La luce spettina alle candele
E la mia pace trema,
 ma di piacere
Se posso avere
Anna non ancora, ancora no
Non è il momento
Lascia che sia il tempo
Ad inventare un’altra fine a tutto
Anna non ancora, ancora no
Ti stai sbagliando
Lascia che proviamo un’altra volta
A fare finta che va tutto bene…
Tutto bene
 
L’estate spesso inganna
T’invita sempre sulla spiaggia,
poi scende il buio
e tu sei nudo e solo
senza parole, se non per dire
Anna non ancora, ancora no
Non è il momento
Lascia che sia il tempo
Ad inventare un’altra fine a tutto
Anna non ancora, ancora no
Ti stai sbagliando
Lascia che proviamo un’altra volta
A fare finta che va tutto bene…
Tutto bene
 


4682 parole, il capitolo più lungo fino ad ora!
Tanti auguri, Gaara-san n.n Sono arrivata in anticipo, contenti? Se sì, fatemelo sapere, voglio di nuovo 11 recensioni u.u 
Questo capitolo è.... prendetelo per quel che è, non lo capisco nemmeno io.

Gisella  ho ascoltato il tuo consiglio, che già avevo in mente, quindi, cosa ne pensi? Ho trovato il giusto espediente?
Naruto e Hinata hanno litigato: d'altronde non è mai tutto rose e fiori, no? Faranno pace? E se sì, come? Boooh, le scommesse sono aperte! Non sono belle, le canzoni?
Comunque, dobbiamo festeggiare anche il primo mese di vita di questa storia, quindi su, fatevi sentire! *evita un pomodoro* 
Perdonate la mia pazzia! Come posso farmi perdonare..? Semplice, vi lascio uno stralcio del prossimo capitolo, sperando di incuriosirvi! 
A presto, kiss!



Nel prossimo capitolo...
[Corsero immediatamente verso la stanza, dalla quale provenne un “sei un fottuto bastardo” urlato.

Sasuke e Gaara arrivarono appena in tempo per vedere il pugno chiuso di Naruto scaraventarsi sulla guancia ambrata dell’Inuzuka, che cadde a terra dolorante. Istintivamente, si portò una mano sulla parte colpita, mentre un rivolo di sangue cadeva dal labbro inferiore.
-Sei contento ora?- urlò nuovamente il biondo, già pronto a sferrare un altro pugno.
Sasuke lo raggiunse e lo afferrò da dietro, cingendogli le spalle con le proprie braccia, trascinandolo via.
-Lasciami, Sas’kè!- urlò lui, dimenandosi per liberarsi dalla presa.
-Smettila di fare cazzate, non ne vale la pena.- gli rispose lui, calmissimo, trascinandolo via dalla stanza. ]


:**

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Capitolo 9
*** Fragile. ***


Filosofia di vita.
-
Fragile
[Un pugno e una lacrima, stesso dolore]

 
[Canzone del capitolo: Fragile-Negrita]
In realtà, la vita stessa è un’altalena, che oscilla fra gioia e dolore. In quel momento Hinata si trovava nel punto in cui l’altalena andava indietro, in alto, poco prima di prendere la rincorsa. Quello era il punto in cui il dolore aveva il suo massimo acume. Lei sperava soltanto che la rincorsa le servisse per arrivare in breve alla gioia, senza sbatterci sopra con forza, come quando salti dall’altalena e, dopo un istante di adrenalina pura ed eccitante, sbattevi col naso per terra.
E ti facevi male.
Hinata era rimasta una notte intera senza dormire, rigirandosi più volte nel proprio lettino, nella stanza d’albergo che condivideva con Sakura e Ino.
Si sentiva decisamente male, distrutta e, nonostante morisse dalla voglia di dormire, i pensieri che l’attanagliavano erano troppi per perdere tempo in un sonnellino. Risultato fu che, la mattina dopo, due occhiaie profonde le solcavano il viso. Abbinate alla sua carnagione chiara, ai capelli scuri e agl’occhi chiarissimi, non dava un bell’effetto, sembrava un vero e proprio zombie. Quella mattina quindi, le sue amiche seppero cos’era successo senza nemmeno parlarne molto con lei. Ino, nonostante non stesse meglio di lei, si adoperò immediatamente a nascondere gli occhi cerchiati. Nemmeno lei aveva dormito tantissimo poiché si ritrovava nello stesso punto dell’altalena. 
L’immagine di Shikamaru che stringeva passionale un’altra ragazza non le si levava dalla mente e le faceva male, come se fosse appena caduta dall’altalena e avesse sbattuto il naso. In poche parole, era stata una bella batosta.
Sakura era molto preoccupata per le due ragazze. Non riusciva a capire come ci si potesse ridursi in quel modo per un ragazzo ma, d’altronde, lei non aveva mai provato un sentimento del genere, che le amiche definivano ‘vero amore’. 
 
Naruto aprì piano gli occhi. Sentiva freddo, ancora una volta, come i giorni passati sulle strade. Un vento marino gli stuzzicava il naso e gli scompigliava i capelli. Il sole batteva violento sui suoi occhi ancora chiusi, costringendolo a svegliarsi. Strofinò l’avambraccio sugli occhi con pigrizia, per poi mettersi a sedere. Un forte e pressante mal di testa gli fulminò il capo, facendolo mugugnare dal dolore. Aprì piano gli occhi, continuando a strofinarli con una mano. Vide il mare azzurrino d’innanzi a sé, la spiaggia biancheggiante sotto le proprie gambe. Perché era lì?
La bottiglia mezza vuota di vodka accanto a sé diede risposta a tutti i suoi dubbi. Si era ubriacato. Per dimenticare cosa?
Lo sguardo deluso della sua dolce Hinata, che aveva stroncato sul nascere il suo cuore innamorato.
Ecco cosa. Qualcuno si sedette accanto a lui. Gaara e Sasuke, rispettivamente il suo angelo custode e il suo diavolo personale, lo avevano accerchiato. Non lo guardarono nemmeno, si misero ad osservare l’orizzonte insieme a lui.
-Puzzi di alcool.- disse Sasuke, con voce roca. –Erano tre anni che non ti vedevo in queste condizioni.
-Ha importanza da quanto tempo non bevo?- rispose lui, giocando con la bocca della bottiglia.
-Ha importanza poiché ne aumenta la gravità.- affermò Gaara, con aria preoccupata.
-Volete sapere che è successo di grave?- il tono di voce si alzò notevolmente –E’ successo che mi sono accorto di amare una ragazza e lei mi ha lasciato ancora prima di metterci insieme!
In un lampo, la bottiglia finì velocemente sulla riva del mare, infrangendosi. Il suono di quei vetri che si spezzavano era lo stesso di quello del suo cuore in quel momento, pensò lui. Si sentiva spezzato.
I due ragazzi rimasero in silenzio, turbati dalla sua reazione, aspettando che lui continuasse a parlare. Naruto mise le mani dietro la nuca, fra i capelli, e tenne lo sguardo fisso sulla sabbia che si intravedeva tra le sue gambe, che erano messe all’indiana. I gomiti, poggiati sulle ginocchia, erano scossi da fremiti di rabbia.
-Io lo odio…- bisbigliò, dicendolo più a se stesso che agli amici.
Stava odiando uno dei suoi migliori amici, un membro del suo gruppo, con cui condivideva la cosa più importante della sua vita: la musica. Non era mai successo, quindi si stupiva di provare una cosa del genere verso qualcuno di così importante. Eppure era così. E l’unico motivo che si dava a questo fatto era che ci teneva immensamente ad Hinata e lui, Kiba, aveva rovinato tutto.
-Chi odi?- chiese Gaara, curioso.
-Kiba. Io odio Kiba. Lo prenderei a pugni…..
-Che ha combinato?- ora era stato Sasuke ad intervenire.
Naruto si alzò, in preda alla furia, e tirò un calcio alla sabbia, che si disperse nell’aria. 
-Per colpa sua Hinata non mi parlerà più! Io lo….- e prima di farfugliare un “lo ammazzo”, prese a camminare deciso verso l’hotel dove si erano fermati per quel weekend.
Sasuke e Gaara si alzarono immediatamente e lo seguirono, nonostante la furia di Naruto li avesse già distanziati.
Entrarono nell’albergo e Sasuke si guardò intorno: vide Naruto entrare in un ascensore.
Si tuffò a capofitto verso uno di quegli ascensori, ma erano tutti occupati.
-Presto!- disse a Gaara, prima di cominciare a salire per le scale.
Dovevano fare in fretta. Preso com’era dalla rabbia, Naruto non avrebbe risposto delle proprie azioni. Quando arrivarono al piano giusto, videro Naruto entrare nella stanza 303, la camera di Kiba e Shikamaru.
Corsero immediatamente verso la stanza, dalla quale provenne un “sei un fottuto bastardo” urlato.
Sasuke e Gaara arrivarono appena in tempo per vedere il pugno chiuso di Naruto scaraventarsi sulla guancia ambrata dell’Inuzuka, che cadde a terra dolorante. Istintivamente, si portò una mano sulla parte colpita, mentre un rivolo di sangue cadeva dal labbro inferiore.
-Sei contento ora?- urlò nuovamente il biondo, già pronto a sferrare un altro pugno.
Sasuke lo raggiunse e lo afferrò da dietro, cingendogli le spalle con le proprie braccia, trascinandolo via.
-Lasciami, Sas’kè!- urlò lui, dimenandosi per liberarsi dalla presa. 
-Smettila di fare cazzate, non ne vale la pena.- gli rispose lui, calmissimo, trascinandolo via dalla stanza. 
Gaara li seguì a ruota, lanciando uno sguardo preoccupato in direzione del ragazzo dagli occhi selvatici.
Shikamaru grugnì –Se tutto questo intaccherà la solidità del gruppo- disse lui –non te la caverai con un semplice pugno, sei avvisato.
E uomo avvisato, mezzo salvato, no? 
 
 
Nessuno ha più la voglia di godersi il mare e quella piccola località balneare, quindi noi ragazzi decidiamo di rimontare su quel camioncino e di tornare a casa.
Salutiamo i tre fratelli, ovviamente, dicendoci che non era un addio e che ci saremmo rivisti presto. 
Stavolta, sul pulmino, le formazioni sono diverse. Kiba guida, ma affianco ha Sakura e Sasuke. Dietro, in mezzo agli strumenti, Shikamaru, Ino, Hinata ed io ci scambiamo ben poche parole. 
Cerco di guardare fuori dal finestrino, cerco di distrarmi, ma i pensieri sono troppi e mi  fanno venire un forte mal di testa. Il mio subconscio porta ancora una volta il mio sguardo a posarsi su di lei.
Hinata. Hai il viso molto pallido, sembra che tu stia male davvero. Avrei tanto voluto portarti sulla spiaggia e scherzare con te, magari prendere il sole: invece è andato tutto storto ed ora sembri ancora più pallida. Hai la testa appoggiata al vetro che guardi come se fosse la cosa più interessante del mondo, mentre con una mano ti stuzzichi il labbro, in preda al nervoso. 
Ti prego, guardami.
Stanotte mi sei mancata. Mi è mancato il tuo respiro caldo e silenzioso, il profumo dolce dei tuoi capelli: lavanda. Mai come questa notte ho desiderato di averti vicino in un letto per poterti svegliare, per poterti parlare, per poter osservare quelle lune mistiche che ti caratterizzano.
Avevo bisogno di te, stanotte, ma sono stato capace di rovinare tutto. Perché la colpa, l’ho capito, è principalmente mia.
Il singulto della macchina ti ha fatto spaventare e ti sei voltata verso di me. I tuoi occhi chiarissimi hanno incrociato per un attimo i miei, come alla ricerca di un sostegno. Li hai subito distolti, portandoli a guardare la mano appoggiata sul sedile, che noto tremante.
Oh, Hinata, ci sono talmente tante cose che vorrei dirti… cose controverse, che si smentiscono l’una con l’altra, purché tutte vere. Sono controverse, com’è controverso il mio stato d’animo. Pensieri opposti mi affollano la mente, confondendomi maggiormente. In questo momento, Hinata, sono diviso in due. Com’è diviso a metà il mio cuore.
Ad esempio, Hinata, è strano a dirsi, ma sono contento che tu ti sia allontanata da me. Questo sentimento nuovo che mi invade il petto è diverso e difficile da capire; mi fa paura. Ho una paura matta di soffrire ancora, lo sai? Per questo non ho fiducia di quasi nessuno, per questo mi esilio nel mio mondo. Ma tu hai scalfito le mura del mio universo e sei entrata, silenziosa, a farne parte.
E se mai io e te avessimo formato un “noi”… beh, sono sicuro che ci sarebbero state tante cose a ferirti, a renderti vulnerabile, tu che già sei così bella e fragile. Sono contento, perché soffrirai ora, solo un po’, mentre stando con me avresti sofferto tanto, ogni giorno.
Perché la verità, Hinata, è che non ti merito. Io sono strano, lo so da sempre, è difficile capirmi e sopportarmi. Mentre tu, Hinata, sei pura. Non ho mai incontrato una persona così.
Che cos’è, infondo, la purezza?
È una cosa così bella e rara da essere astratta, intoccabile, invisibile. Se la purezza fosse un foglio bianco abilmente scritto dalle persone che hanno in mano questo foglio, allora Hinata, tu saresti un foglio bianchissimo, grande, una tela da dipingere. Le persone che hai conosciuto ti hanno lasciato qualcosa, bella o brutta, una scritta. Su una facciata del foglio alcune persone hanno scarabocchiato, non abbellendoti, non arricchendoti, ma soltanto sporcandoti e rovinandoti. Quelle persone, Hinata, sono state le persone che ti hanno fatto del male, come tuo padre, e credo che adesso ne faccia parte anche io.
Ma tu sei ancora quel foglio bianco e lindo, perché infatti hai ancora un’altra facciata da poter scrivere. 
Se ne avessi avuto la possibilità, Hinata, mi sarebbe piaciuto scriverci sopra, facendo del mio meglio, ornandolo di scritte eleganti e colorate, coprendolo di vitalità e virtù, rendendoti, se possibile, più meravigliosa di quanto già sei. Avrei voluto scriverci sopra una canzone, come quella che ho già scritto pensando a te.
Purtroppo però, ho bruciato questa possibilità ancora prima di averla.
Ho bruciato l’opportunità che avevo di stare con te e, per una volta, essere felice. Si vede che sono destinato a stare solo.
Ma parlavo, o per meglio dire, pensavo, di come fossi confuso e in preda a sentimenti contrastanti.
Perché infatti, Hinata, sono nato con un’indole da combattente. Non mi arrendo mai, non dopo averci provato almeno cento volte. È un’indole un po’ egoista la mia, poiché so che, se lasciassi fare a questa mia parte profonda, non ti lascerei mai in pace a vivere felicemente, a trovarti qualcun’altro che possa renderti più contenta. Combatterei per riaverti, Hinata, per crescere e maturare, per poterti amare meglio. Perché di questo si parla.
Hinata, io ti amo.
Ho rovinato l’unica cosa bella che avevo… è colpa mia. Perché tutto questo malinteso è frutto delle mie insicurezze. Se fossi stato più sincero e ti avessi detto “Sai, oggi ho parlato con Kiba della Possession” tu mi avresti comunque organizzato un appuntamento, lo avresti fatto per me. E se ieri non fossi stato così idiota da allontanarmi da te, da evitarti, per capire cosa esattamente provavo, quale assurdo marchingegno mi avessi impiantato nel cuore, beh, non avrei aumentato quella profonda delusione nei tuoi occhi, non avresti pensato di essere stata usata da me. Sono nato sbagliato, Hinata, ma io non l’ho fatto per indole cattiva, davvero. Ci puoi giurare. Ma per colpa della mia stupidaggine, mi sono bruciato anche la possibilità di poter spiegare che è solo uno stupido malinteso.
Mi dispiace tanto, Hinata. Avremmo potuto avere qualcosa di bello, o forse no.
Non so ancora cosa farò, non so se deciderò di essere egoista ed ascoltare il mio animo combattente e combattere per te, oppure lasciare che tu mi dimentichi, lasciare che tu sia felice.
Scusami.
Sospiri e chiudi gli occhi, come se i miei pensieri ti avessero raggiunto. Chissà cosa diresti.
Per ora, Hinata, mi riservo la possibilità di osservarti. Terrò gli occhi fissi su di te per le prossime due ore di viaggio, così da poter ricordare appena io voglia la tua immagine perfetta.
Aprì un poco gli occhi, che stringi a due fessure perché la luce ti fa male. Con la coda dell’occhio mi guardi. Ti vedo aprire gli occhi maggiormente, scrutarmi sorpresi.
Ancora una volta riesci a vedere la mia anima, che sanguina e piange al posto mio. 
Ti amo, Hinata. E spero che il mio pensiero, almeno questo, ti raggiunga.
 

 
Il campanello suonò imperterrito finchè Sakura, che era sotto la doccia, non fu pronta per aprire.
Si ritrovò davanti la figura alta e virile di Sasuke che, lo poteva ben intuire nonostante desse a vedere tutt’altro, era corrucciato.
-Dobbiamo fare qualcosa.- disse Sasuke, entrando senza tanti preamboli –E non ti fare strane idee, non mi riferivo a te, nonostante tu sia in asciugamano.
Sakura sbuffò –Come hai avuto il mio indirizzo?
-Ha importanza?
Sbuffò di nuovo, mormorò un “aspettami due minuti” e si infilò in camera per cambiarsi.
-Vivi da sola?- disse Sasuke alzando il tono di voce, per poter farsi sentire dalla ragazza.
-No!- urlò lei –Fortunatamente sei arrivato appena i miei genitori sono usciti.
Sasuke, senza farsi problemi, si intrufolò nel salotto e rubò qualche cioccolatino dal vassoio, che degustò ben accomodato sul divano. La ragazza entrò proprio in quel momento.
-Quelli ti servono per reprimere l’acidità?- chiese strafottente.
-Tsk- sbuffò lui, ghignando –Mi servono per sopportare la tua, di acidità.
-Idiota.
-Cretina.
La ragazza sbuffò, sedendosi accanto a lui sul divano e dando uno schiaffo sulla gamba di Sasuke, che aveva appoggiato i piedi sul tavolo, che ovviamente non spostò.
-Dimmi cosa vuoi e vattene in fretta.
-Il problema è evidente.
La rosa sospirò, sapeva bene a cosa si riferiva –Naruto e Hinata?
Lui annuì lievemente, scocciato di doversi occupare di quel problema.
-Cosa possiamo fare?
Sasuke la guardò, come per dire “devo sempre fare tutto io”.
-Costringi Hinata a venire al pub, venerdì sera. Per allora, io avrò convinto Naruto a sfogarsi scrivendo una canzone.
-Costringere?
-Abbiamo degli amici un po’ ottusi, o no?
-Vero.- e per la prima volta si ritrovarono d’accordo. –Non pensavo ti preoccupassi così, per i tuoi amici.
-Naruto non è un semplice amico.- disse lui –E’ la persona con cui ho condiviso tutto, ormai lo conosco da dieci anni. Farei cose per lui che non farei nemmeno per mio fratello.
-Provo la stessa cosa per Ino e Hinata.
-Sarò schietto, ma sinceramente penso che il vostro rapporto, a confronto con il nostro, sia superficiale.
-Non voglio fare paragoni.
-Bene, perché perderesti. Ciao.- disse alzandosi e avviandosi verso la porta.
-Come…?- farfugliò lei, seguendolo.
-Hmf?
-Te ne vai già?
Sasuke la guardò male, con uno sguardo indefinibile, e Sakura si perse nei suoi occhi. Sembrava un po’ deluso.
-Non penso solo al sesso come dicono tutti, Sakura.- disse lui, prima di aprire la porta e di chiudersela alle spalle.
Beh, se Sasuke non pensava solo alla scopata del giorno e, anzi, si preoccupava per i suoi amici, le piaceva sicuramente di più. Sicuramente.
 
Hinata non voleva saperne di uscire, quel venerdì sera, e Sakura era andata ufficialmente nel pallone.
Non sapeva cosa fare. Aveva raggiunto ugualmente il pub insieme ad Ino, amareggiata per non essere riuscita nella sua parte del piano. Ed ovviamente Sasuke, prima si infuriò, poi rise di lei.
-Ti avevo chiesto una piccola cosa, idiota.
-Lo hai detto anche tu che abbiamo degli amici ottusi.- disse lei, imbronciandosi.
-Sì, ma nessuno riesce ad essere rompipalle come te, altrimenti non ti avrei chiesto niente.
Sakura lo guardò con fare assassino, ma per il bene di Hinata saltò la parte delle offese.
-Che posso fare?- chiese, enormemente scocciata di umiliarsi in quel modo.
-Noi saliamo sul palco fra poco. Chiamala e falle sentire la canzone.
La ragazza si illuminò. Come aveva fatto a non pensarci prima? Si diede un buffetto sulla fronte mentre i ragazzi salivano sul palco.
Lei cercò il cellulare nella borsa, che faticò a trovare. Compose il numero e attese una risposta.
Ino la osservava –Dai Hinata, rispondi, rispondi, rispondi, rispondi!- diceva, con ansia.
Finalmente la ragazza rispose –sì?
-Hinata, non chiudere, per diamine! Devi sentire assolutamente una cosa.- disse, mettendola in viva voce.
Sakura e Ino osservarono il gruppo sul palco, mentre Hinata mormorava qualcosa a cui non diedero importanza.
Naruto era pallido, consumato dalla lontananza della ragazza. Avrebbe tanto voluto vederla lì.
Gli Origin si apprestarono a cominciare la canzone e subito delle note tristi arrivarono dall’altro capo del telefono, fino ad Hinata.
Naruto cominciò a cantare nostalgico, ignaro che lei lo stesse ascoltando.
 
Sì che ci sono
Sono qui, sul mio trono
E ti guardo da qui
Dea che ti sgretoli, fragile.
Fragile…
Un tempo sapevo amare
Sapevo lasciarmi andare
Ma ormai… ormai.
Sì, lo so
Non riesco ad apprezzare mai quel che ho
Professione buttar via
Quello che conta più per me,
Il bello che c’è.
 
E quando il vento si calmerà
Ed avrò sete, sete di te
Travestiti, sorella mia
Nasconditi nel buio, scappa via
Fragile.
 
Ah! Com’è dolce
Se mi lascio andare giù
Sul mio letto di pece
Pregherò sotto voce addio a un Dio,
quello che c’è.
Almeno ricordami
Anche per quel che c’era di buono in me…
 
E quando il vento si calmerà
Ed avrò sete, sete di te
Travestiti, sorella mia
Nasconditi Nel buio, scappa via
Fragile
 
Sì che ci sono
Sono qui, sul mio trono
Sì… sì…
Qui… sono qui…
 
Hinata chiuse la chiamata appena la canzone finì. Si prese il viso fra le mani e cominciò a piangere dolorante, come una bambina, singhiozzando forte. Quella canzone le aveva lasciato una sensazione bruttissima.
Riusciva a sentire tutto il dolore di Naruto, il suo disprezzo per se stesso, che non riusciva a trattare come di dovere le cose belle che aveva. Ma Hinata non aveva capito una cosa importantissima: Naruto, nel ritornello, le diceva di non farsi trovare, perché quando le acque si sarebbero calmate, lui l’avrebbe cercata, avrebbe combattuto per lei.






Eccomi di nuovo qui, puntuale come un'orologio n.n
Sinceramente, non ho controllato gli errori, quindi fate voi! Che dire... il mio numero preferito è tornato! 11 recensioni!! Grazie di tutto a tutti!
Entriamo nel vivo della fic ragazzi... Quelli in corsivo a metà capitolo erano, ovviamente, i pensieri di Naruto.
E niente, purtroppo ho da fare e non posso dilungarmi a parlare con voi, cari fans. Recensite!
A presto, Cla.

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Capitolo 10
*** Che rumore fa la felicità? ***


Filosofia di vita.
-
Che rumore fa la felicità?
[Esiste? E quando arriverà?]


 
[Canzone di oggi: Che rumore fa la felicità? - Negrita]
Mi sono svegliato, stesso vicolo, stesso cartone per dormire a terra. A terra, come il mio morale.
Dopo una settimana che sono stato lontano da te, Hinata, mi sembra che tu non sia nemmeno esistita. Un ricordo sbiadito, come un sogno. Mi sembra che non sia mai successo nulla, che tutto sia come un paio di mesi fa. Sono un senzatetto, che ogni tanto va dagli amici a farsi una doccia e a farsi la barba e che magari si ferma a dormire, giusto per dormire una notte intera senza interruzioni gelide, come per strada.
Gl’incubi sono tornati ed anche quello sprazzo di felicità che mi avevi dato è ormai un ricordo lontano. L’unica cosa che mi fa credere che non sono ancora diventato matto è il tuo sguardo deluso, che rivedo appena chiudo gli occhi.
Avevo qualcosa di simile alla felicità con te. Mi chiedo se la felicità prima o poi arriverà, senza preavviso. Non saprei come riconoscerla, in ogni caso, la felicità. Non l’ho mai conosciuta.
Un gatto si è tuffato nel cassonetto, facendo un rumore assurdo. Mi chiedo se la felicità, quando arriva, faccia rumore, come suo biglietto da visita.
 
Che rumore fa la felicità?
 
Non è servito nemmeno suonare il campanello, probabilmente mi aspettavi, apprensivo.
Ormai mi conosci talmente bene, Sasuke, che non serve nemmeno avvisare quando arrivo.
Ti aspettavi che venissi da te, a cercare conforto, a cercare amicizia. Tu sei il mio migliore amico, il fratello che non ho mai avuto. Ti ringrazierei, ma so che non ti piacciono queste cose sdolcinate.
-Itachi è a lavoro, il bagno è libero.- mi dici, scansandoti per farmi entrare.
Vado dritto in bagno e mi infilo nella doccia, come d’abitudine. L’acqua calda scorre sulla mia pelle, dandomi un po’ di sollievo. Mi conosci bene, Sasuke, e insieme siamo cresciuti, siamo cambiati. Mi ricordo ancora quando, qualche anno fa, ti era presa la mania della corsa. Stavi passando un periodo orribile. Mi raccontasti che Itachi si era fatto vivo, che voleva recuperare il rapporto abbandonato, che voleva di nuovo la sua famiglia. Voleva te, perché il resto della famiglia era morta in quella lotta fra Clan, lasciandovi soli. Mi raccontasti la tua rabbia. Lui se ne era andato, dicendoti che solo separandovi un giorno sareste stati in grado di tornare a vivere insieme senza l’ombra oscura della famiglia che avevate e che non esisteva più. Quel pensiero ti corrodeva la mente e il cuore, Sasuke. Non riuscivi più a provare emozioni, eri diventato un semplice specchio che rifletteva ignaro la vita. Non eri più vivo. E l’unica cosa che ti faceva sembrare ancora tale era correre, correre a più non posso, sentire il dolore dei muscoli, delle ossa, dei polmoni al limite. Il dolore ti faceva sentire vivo. No, Sasuke, nemmeno tu hai mai conosciuto la felicità.
 
Come opposti che si attraggono
Come amanti che si abbracciano
Camminiamo ancora insieme,
sopra il male, sopra il bene.
Ma  fiumi si attraversano e le vette si conquistano.
Corri fino a sentir male
Con la gola secca sotto al sole.
Che rumore fa la felicità?
 
Esco dalla doccia e mi infilo vestiti puliti, alcune cose sono tue, me le hai lasciate accanto al lavabo. Ti prendi silenziosamente cura di me.
Esco dal bagno con i capelli ancora bagnati e vengo verso di te, che stai seduto sul divano con un the caldo fra le mani. Mi fai un cenno e io prendo l’altra tazza, già riempita, e me la porto vicino al viso, per sentirne il caldo profumo.
-Finalmente non puzzi, ora posso sopportarti meglio.
Ti brillano gli occhi neri, sei preoccupato per me, ma sfottermi ti diverte comunque.
Ti risponderei a dovere, ma sto pensando ad altro. Penso a quante volte mi è mancato qualcosa di caldo nella mia vita, a quanti inverni passati a cercare di non morire congelato. A come il freddo abbia fatto morire assiderati tanti dei miei sogni fanciulleschi, mettendomi di fronte alla realtà. Anche tu eri come me, ma da qualche anno hai riottenuto una famiglia. Hai fatto pace con Itachi e, nonostante non andiate d’accordo, hai una casa ed un fratello da cui tornare. Sono invidioso, Sasuke. Cavolo se lo sono. Finalmente hai trovato un amore. Amore fraterno. L’amore invece sembra fuggire da me. La mia vita è piena di sprazzi, di assaggi di cose belle, che non fanno altro che rendermi più atroce la loro mancanza. Però sono anche felice per te. Forse tu puoi dirmelo: che rumore fa la felicità?
 
Mentre i sogni si dissolvono
E gli inverni si accavallano
Quanti spilli sulla pelle,
dentro il petto e sulle spalle,
ma amo il sole dei tuoi occhi neri
oltre il nero opaco dei miei pensieri.
E vivo fino a sentir male
Con la gola secca sotto il sole.
Corri amore, corri amore.
Che rumore fa la felicità?
 
-Vuoi?- dici porgendomi una sigaretta accesa dall’aria un po’ losca.
-Lo sai che le sigarette mi rovinano la voce.- dico io, in risposta.
Tu mi fai una smorfia, poi un ghigno. –Non è una sigaretta e, in ogni caso, non fanno altro che renderti la voce un po’ più roca.
Mi avvicino con la bocca alla canna e prendo un lungo tiro. Rido, siamo i soliti coglioni, ed espiro il fumo.
-Sei andato in palestra o era l’effetto della vodka?- mi chiedi, col tuo sorriso sbilenco.
-Cosa?
-Bel gancio destro!- dici, riferendoti al pugno che ho tirato a Kiba.
Nonostante il ricordo mi faccia male, mi metto a ridere. Sei proprio un idiota ad esultare per cose del genere.
-Un po’ entrambe le cose.- dico ridendo, nonostante tutti e due sappiamo che era la forza dell’amore a guidarmi, con in aggiunta un bel po’ di dolore che conosciamo ambedue molto bene.
Ti poggi al cuscino del divano e sospiri, il tuo sguardo si è fatto malinconico. So che, nonostante la canna provochi repentini cambi d’umore, questa è la tua indole.
-E’ andata così, che ci puoi fare.
-Ho paura.
-Di?
-Che il gruppo si sciolga a causa nostra.
-Non dire stronzate e mezze verità, baka, tu hai paura di perderla.
Ti guardo affranto. –L’ho già persa, teme.
Tu mi guardi negli occhi per un attimo interminabile. Stai scrutando affondo, per capire cosa provo esattamente, per capire di cosa ho bisogno.
-Hinata non è come le altre, Naruto.- affermi, e nonostante quel nome mi faccia male pronunziato dalle tue labbra, mi infondi speranza.
Vorrei ringraziarti, di nuovo. Perché sei sempre il condimento perfetto delle mie giornate. Insieme, possiamo affrontare qualsiasi cosa. Riesci sempre a dire la cosa giusta, con le tue poche parole. Sei il compagno di mille (dis)avventure, Sasuke, e non riesco mai a provarti quanto tutto questo sia importante per me.  Ma non ce n’è bisogno. Dal tuo sguardo riesco a capire che nel profondo provi le stesse cose, che capisci quello che vorrei dirti. Non c’è bisogno di parlare.
 
 
Insieme la vita lo sai bene
Ti viene come viene
Ma brucia nelle vene, è viverla insieme
È un brivido, è una cura
Serenità e paura
Coraggio ed avventura
Da vivere insieme, insieme, insieme, insieme
Insieme a te.
 
Che rumore fa la felicità?
 
-Non dovresti avercela con Kiba, comunque.
La tua frase mi stupisce, sgrano gli occhi e ti guardo.
-Non fraintendere, baka, non lo sto difendendo.
-E allora?
-Amate la stessa persona, baka. Dovresti capire quanto sia importante Hinata per lui.
Come lo è per me. Non ci avevo pensato. Io e Kiba amiamo la stessa persona, per questo ci siamo scontrati. Siamo rivali. Quindi dovrei chiedermi, se fossi stato nei suoi panni, come avrei agito?
Vedendo Kiba innamorato di Hinata e quest’ultima essere molto legata a lui, cosa avrei fatto?
Non avrei forse fatto la stessa cosa, cercato di interrompere quel legame, se non peggio?
Odiando una persona, ci si rivaluta, ci si considera migliori. Ma se io avessi fatto la stessa cosa, posso considerami migliore?
Posso davvero odiare Kiba?
La risposta è no, nonostante fosse stato un gesto piuttosto egoista. Bene, ora sono ancora più confuso.
Con Sasuke è sempre così, mi fa capire le cose da un diverso punto di vista, mi spinge a migliorarmi, è un costante input. Con una piccola frase riesce a demolire ogni mio credo. Se lui mi dicesse che la felicità non esiste, probabilmente gli crederei. In questo momento, la felicità a cui aspiro mi sembra ancora più lontana. Mi chiedo se faccia rumore, se abbia un sapore, se sia palpabile e quando, soprattutto, arriverà anche per me. L’amore sfugge ancora una volta dalle mie mani, come ogni certezza. La testa mi si riempie ulteriormente di domande.
 
Due molecole che sbattono
Come mosche in un barattolo
Con ali ferme senza vento
Bestemmiando il firmamento.
Mentre il senso delle cose muta
Ed ogni sicurezza è ormai scaduta
Appassisce lentamente
La coscienza della gente.
Che rumore fa la felicità?
Che sapore ha, quando arriverà sopra i cieli grigi delle città
Che fingono di essere rifugio delle anime.
Corri fino a sentir male
Con la gola secca sotto al sole.
Corri amore, corri amore
.
Che rumore fa la felicità?
 
-Hai ragione.- farfuglio io.
Lui mi guarda assolutamente scocciato, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Che novità.- dici infatti.
Rimaniamo in silenzio ancora per qualche minuto. Poi lui fa una cosa inaspettata, mi tira uno schiaffo in pieno viso.
-Svegliati, coglione, ti stai lasciando sfuggire via tutto.
Lo guardo stralunato, non capisco più nulla. E glielo dico.
-Perché? Ho così tante domande nella testa, non capisco più nulla, tu dovresti aiutarmi, ed invece…
-Smettila, baka.- dice lui, scrollandomi per le spalle. Mi guarda come se non mi riconoscesse. –Le cose sono semplici, devi porti due semplici domande.
-Spara.
-Prima: tu ami Hinata?
Sgrano gli occhi, non capisco dove voglia arrivare. Ma quella è l’unica domanda a cui so dare per certo una risposta.
-Sì, la amo, come non ho mai amato nessuno.
-Bene.- sbuffa, stringe la presa sulle mie spalle e mi fissa con i suoi occhi scuri –Seconda domanda: cosa diamine stai aspettando per riprendertela, allora?
Mi alzo di scatto, ha ragione. Ora che mi ha aperto gli occhi, stento anche io a riconoscere la persona che ero fino a un minuto prima. Mi sorride, uno di quei suoi sorrisi sinceri e soddisfatti, rarissimi.
Grazie, Sasuke. Non avrò mai il coraggio di dirtelo. Tu sei la mia bussola. Qualcun altro, vedendoci, potrebbe dire che sono una marionetta nelle tue mani, ma non è così. Semplicemente, tu mi conosci talmente bene da sapere cose che nemmeno io so di me stesso. Mi anticipi e mi aiuti a capire la giusta via. Anche il giorno più banale, con te, sembra bruciarmi nelle vene.
Non ringrazierò mai abbastanza chiunque lassù abbia deciso di affidarmi a te. O forse devo ringraziare qualcuno all’inferno, perché non ho ancora deciso se sei l’angelo custode o il diavolo tentatore. Nonostante non andiamo sempre d’accordo, nonostante noi due siamo così diversi e così imperfetti, colmiamo le nostre lacune grazie alla presenza dell’altro e, nonostante la vita, i fatti, i litigi, a volte ci abbiano portato ad odiarci, noi siamo ancora qui, insieme, contro tutto e tutti.
Non so come definirti. Non so se dire che sei il mio migliore amico, mio fratello maggiore o il più abile dei burattinai.
So solo che ora che varco nuovamente la porta di casa tua, ne esco cambiato, con un gran sorriso speranzoso ad irradiarmi il viso.
Grazie di tutto, Sas’kè.
 
Insieme la vita lo sai bene
Ti viene come viene
Ma brucia nelle vene, è viverla insieme
È un brivido, è una cura
Serenità e paura
Coraggio ed avventura
Da vivere insieme, insieme, insieme,
Insieme a te.
Dove sei ora?
Come stai ora?
Come sei ora?
Cosa sei ora?
Dove sei ora?
Come stai ora?
Come sei ora?
Cosa sei ora?
Come sei? Cosa sei…?
Ma brucia nelle vene, è viverla insieme
È un brivido, è una cura
Serenità e paura
Coraggio ed avventura
Da vivere insieme, insieme, insieme, insieme
Insieme a te.






Si, ok, emh, scusatemi n.n
Problemi tecnici e famiglia stronza, non ho potuto aggiornare e sono in ritardo n.n
Ma almeno vi lascio questo capitolone, dove non c'è nessuno che canta, ma una bella 
colonna sonora che direi ci si addice perfettamente! E mi pare
di aver anche soddisfatto un prompt! Già che ci siete, datemene u.u
Spero che vi piaccia e, se mi lasciate tanti bei commenti, magari aggiorno presto... <3
Vi lascio con le anticipazioni, kiss!




Nel prossimo capitolo...

[-Seguila!- gli ordinò Ino, perentoria.
-Non ci penso proprio!- rispose lui, altrettanto categorico.
-Senti, abbi un po’ di compassione. Sarò io a dovermi subire le sue lamentele, stasera, per telefono.
-E tu riattaccale in faccia!
-Come se non lo facessi già abbastanza.- sbuffò lei –Avanti, infondo sei curioso di sapere i motivi della sua reazione.
Sasuke fece per pensarci, poi si alzò lentamente e, prima di seguire la ragazza, che ormai era scomparsa dalla sua vista, bofonchiò un “mi devi un favore”.  ]

 

 

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Capitolo 11
*** Il giorno delle verità. ***


Filosofia di vita.
-
Il giorno delle verità.
[Verità accennate, verità nascoste, mezze verità]



[Canzone di oggi: Negrita - Il giorno delle verità]

Quando Ino diceva di dover fare qualcosa, di dover agire, non intendeva così repentinamente e, certamente, non in tal modo. La bionda voleva studiare un piano, agire con discrezione, osservare per bene il suo nemico. Invece si era ritrovata seduta ad un tavolo di un bar alquanto malconcio con Sakura, Sasuke e Shikamaru, che la osservava divertito.
Lei invece, sul viso aveva un’espressione indispettita. Al diavolo, Fronte Spaziosa! Ino vorrebbe saltarle addosso in quel momento, mentre sorseggia rumorosamente il suo drink analcolico, dando inizio ad un bell’incontro di judo.
Shikamaru sorrise, inebetito. Per una volta era contento di non aver ascoltato la propria pigrizia e di essere uscito con Sasuke, perché ora la bionda era in trappola. Non può fuggire, non può evitarlo, non può non parlargli. Ed era costretta a ricevere le sue occhiatacce. Shikamaru ne era sicuro, quello sarebbe stato il giorno delle verità. Avrebbero sicuramente parlato, che lei lo volesse o no.
Quello che un po’ lo turbava, era il notevole cambiamento della ragazza. Non era più istintiva, coraggiosa, gioiosa, esplosiva. Ora  era più calma, placida, timorosa, un po’ annoiata, forse.
Era terribilmente noiosa. Una volta lei riusciva a divertirlo, era l’unica cosa che gli interessava.
Ma quella era l’occasione giusta per risvegliarla, per ridestarla, per farla tornare la ragazza bella e forte di un paio d’anni prima.
Shikamaru era pronto ad essere stratega, a sfruttare tutte le frecciatine e le battute, nonostante non fosse nella sua indole, pur di risvegliare la bella addormentata.
Sakura tirò su un altro sorso con la cannuccia dal suo drink e Sasuke alzò vistosamente un sopracciglio.
-Seriamente, sembri una bambina.- disse, infastidito.
-E tu invece sei un idiota, non lo sembri nemmeno.- rispose lei, stizzita.
-Nessuno ti ha insegnato ad essere educata? Non si deve fare rumore con le cannucce.
-Forse mi diverte infastidirti.
-Sei terribilmente infantile.
-Sì? Ma se fino alla settimana scorsa cercavi di saltarmi addo….
Shikamaru si schiarì la voce, giusto in tempo per bloccare Sakura, prima che compisse la sua condanna a morte. Stava per fare una figuraccia.
La ragazza arrossì e si voltò stizzita verso l’amica –Tu non mi difendi, no?
Shikamaru sorrise. Ecco, l’occasione giusta. Guardò Ino negli occhi, con sguardo magnetico, cercando di capirne i pensieri.
-Già, Ino, sembra che il gatto ti abbia mangiato la lingua.
La ragazza sgranò gli occhi, stupita di essere stata interpellata dal ragazzo. Ma capì il suo gioco, o perlomeno pensò che volesse stuzzicarla, quindi gli fece una smorfia e una lunga linguaccia.
-Ecco, un’altra bambina.- bofonchiò Sasuke, parlando con l’amico –Perché siamo usciti con queste qui?
-Sei tu che mi hai costretto ad uscire, Uchiha.
-Dovreste essere onorati di uscire con due belle ragazze come noi.- disse altezzosa Ino.
-A cosa serve un bel corpo se dentro si è vuoti?- rispose il Nara, lanciandole un’altra frecciatina.
Voleva che recepisse bene il messaggio, che era: “mi hai fatto del male, ora ne faccio io a te, poi magari possiamo ricominciare”.
-Beh, almeno quando “entri” c’è più spazio, no?- rispose ghignando Sasuke, che parlava per doppi sensi.
Sakura strinse i pugni, aveva voglia di picchiarlo –Sei un grandissimo pervertito!
-No, sono esperto.- la corresse lui, vantandosi. –A buon intenditor…
Ma che diamine…? Ora Sakura ne aveva la certezza, quel ragazzo era estremamente lunatico. Un giorno si offendeva se lei alludeva ad altro, quello dopo le faceva proposte implicite. 
-Coglione.- disse, stizzita.
Si alzò dal tavolo e prese la via del ritorno, camminando decisa. Sasuke rimase stupito della sua violenta reazione.
-Seguila!- gli ordinò Ino, perentoria.
-Non ci penso proprio!- rispose lui, altrettanto categorico.
-Senti, abbi un po’ di compassione. Sarò io a dovermi subire le sue lamentele, stasera, per telefono.
-E tu riattaccale in faccia!
-Come se non lo facessi già abbastanza.- sbuffò lei –Avanti, infondo sei curioso di sapere i motivi della sua reazione.
Sasuke fece per pensarci, poi si alzò lentamente e, prima di seguire la ragazza, che ormai era scomparsa dalla sua vista, bofonchiò un “mi devi un favore”. Infine, si incamminò.
Quando Ino smise di seguirlo con lo sguardo e si voltò per guardare la persona che aveva di fronte, si rese conto del suo enorme errore. Shikamaru la guardava, soddisfatto e divertito: erano soli.
Rimasero per un po’ così, silenziosi, a guardarsi con aria di sfida, a studiarsi.
-Voglio sapere.- disse alla fine lui, con una voce roca e sicura.
-Cosa?
-Voglio sapere: quanti altri hai infinocchiato oltre me?
Negli occhi celesti di lei, lui riuscì a leggere il suo stato d’animo: la stizza stava andando lentamente via, mentre un moto di nostalgia e senso di colpa la invadeva.
-Io non ho infinocchiato proprio nessuno, Shikamaru.
-Invece sì, Ino. La nostra è stata un’amicizia sincera, durata anni. Ma tu poi sei cresciuta, precoce, sei diventata sensuale, bella, irresistibile. Mi hai fatto innamorare e hai sfruttato questo a tuo vantaggio, mi hai tenuto stretto, finchè non sei riuscita ad avere ciò che volevi.
Ino gli si avvicinò col busto, istintivamente. –Pensi davvero che io sia un’arpia assetata di sesso? Cavolo, Shika, era la prima volta anche per me! Io non sapevo fossi innamorato di me, non lo sapevo…
-Ti ho chiesto…- disse lui, stringendo i denti –…quanti altri hai infinocchiato.
-Nessuno.- rispose decisa lei, ma poi la sua voce si ruppe –Nessuno… Non c’è nessuno come te, Shikamaru.
Un altro sguardo magnetico, profondo, intimo, legò i due per alcuni istanti che sembrarono durare giorni.
-Non puoi ripiombare di colpo nella mia vita e dirmi queste cose, Ino. Sono passati anni e siamo cambiati, entrambi.
-Io vorrei tanto tornare a due anni fa, Shikamaru, e riaverti nella mia vita.
-Rifaresti l’amore con me, Ino?
La domanda detta d’un fiato, istintiva, le serrò il fiato. L’aveva stupita, colta in flagrante. Ma si decise a parlare. Doveva essere schietta, se rivoleva Shikamaru.
-Non c’è stato giorno che non ci abbia pensato. Sì, Shikamaru.
Lui smise di osservarla, stupito. Alzò il viso al cielo, che guardò interessato. La calma di quel blu lo rasserenava. Una volta, era così simile al colore degli occhi di Ino, da incantarlo. Ora lei era distante, nostalgica, e i suoi occhi avevano una tonalità più scura.
-Sei cambiata molto, Ino.- disse, continuando ad osservare il tetto blu –Sei rigida, composta, assente. Una volta eri più esuberante.
Non la guardò, ma capì che la ragazza stesse sorridendo.
-Mi innervosisci, Nara. Sono ancora esuberante, ma ora che sono sola con te, sono tesa. Mi emozioni.
-Smettila di dire queste cose dolci, mendokusee.
-Dillo di nuovo, ti prego.- disse lei, la voce fioca e dolce –Mi è mancato il tuo mendokusee.
-Sei ostinata, come sempre.- sospirò lui –Mendokusee.
 La guardò nuovamente. Nei suoi occhi blu rivide quelli di quando, da bambina, insieme a una smorfia dolce e dolorante, tratteneva le lacrime dopo una rovinosa caduta.
Stavolta non c’erano smorfie, ma solo due umidi occhi color cielo, che stavano per piovere tutte le loro lacrime. Era uno sguardo incredibilmente dolce, di quelli che erano rari sul viso di Ino.
E se non fosse uscito in fretta da quella situazione, il forte impulso di baciarla avrebbe avuto la meglio su di lui.
Quindi si alzò, ma indeciso sul da farsi, aggirò il tavolo e le andò vicino.
-Spero di rivederti esuberante.- asserì lui, evitando il suo sguardo.
-Dipende dal futuro.
-Ora…  io vado, Yamanaka. Ci vediamo presto.
Detto ciò si incamminò, con la speranza di non essere bloccato. Ma Ino lo richiamò, ancora, e Shikamaru si voltò, un’ultima volta.
-Hai una bella ragazza, Nara.- disse, anche se in quelle parole non ci credeva minimamente.
-Io non ho nessuna ragazza, Yamanaka.- disse lui, prima di voltarsi e di continuare a camminare.
E ora che lui stesso le aveva dato una conferma, Ino era decisa più che mai a combattere per il posto nel suo cuore.
 
Sakura camminava, la frustrazione nel cuore. Aveva cercato inutilmente di non innamorarsi di una persona del genere, ma allora come mai si addolorava tanto a causa dei repentini cambi d’umore di Sasuke? Era convinta che, quella volta a casa sua, lui le avesse mostrato un’altra parte di sé, più nascosta, più intima. E allora perché comportarsi così, davanti agli altri?
-Non ti inseguirò in eterno, Sakura.- una voce roca, alle sue spalle, la fece prima pietrificare e poi voltare lentamente.
Sasuke, un paio di metri distante, la osservava, mentre la raggiungeva piano piano.
-Che vuoi?- chiese lei, dura.
-Sapere che hai.
-Ah sì? Ho che sei strano e non capisco perché questo mi influenzi così tanto! Mi spieghi perché? Perché sei così diverso quando stai da solo con me?
Sakura gli sputò addosso tutti i suoi pensieri con rabbia, tralasciando il fatto che forse nutriva sentimenti profondi per quel ragazzo.
-Forse il problema sono proprio gli altri!- aggiunse alla fine, guardandolo con occhi infuocati.
Lui la fissò, immergendosi per la prima volta in quel verde smeraldino, incantevole.
-Infatti è così.- disse sospirando –Ho vissuto sempre con l’istinto di sopravvivenza e, ora che non ne ho più bisogno, questo è il suo pallido riflesso. Per questo motivo cerco sempre di mostrarmi forte e sicuro, virile, duro. Se questo non ti va bene, non andremo mai d’accordo.
E senza aggiungere altro se ne andò, silenzioso, così come era arrivato.
Ora Sakura era ancor di più assalita da dubbi. Sasuke era oscuro e misterioso e andava preso così com’era, questo lo aveva capito.
Ma lei voleva davvero inoltrarsi nel buio dei suoi occhi pece?
 
Naruto correva, ansimava, saliva a due a due gli scalini. Svoltò all’angolo delle scale e per poco non andò a sbattere su una signora piuttosto anziana, che inveì contro di lui. Non si fermò nemmeno a chiedere scusa, per la fretta.
Arrivò fino ad uno dei grandi portoni, quello marrone scuro, del quarto piano, che ben conosceva.
Quasi ad aggrapparsi, attaccò il dito prepotente contro il pulsante del campanello, facendo emettere il lungo suono che annunciava qualcuno alla porta.
Passarono attimi che a lui sembrarono anni, ma finalmente la porta si aprì, mostrando la figura esile e curvilinea della bella Hyuga, coperta da jeans scuri e maglia stretta in vita viola scuro.
Nei suoi occhi perlacei prima vide una profonda stanchezza e poi un immenso stupore nel vederlo.
-Hinata.- sospirò, affaticato dalla corsa –Dobbiamo parlare.
Lei negò piano col capo, poco convinta. Naruto si appoggiò quindi con le mani allo stipite della porta, per impedirle di chiuderla.
-Ascoltami! Lo so che ci stai male, ma anche io, perché non ho fatto niente!
-Tu mi hai usata, Naruto.- mormorò appena lei, la voce affranta.
-No, è stato tutto un malinteso!- urlò lui, per difendersi.
-Vorrei, ma non posso crederti…
-Andiamo, Hinata, pensi davvero che tutte le giornate passate insieme a parlare abbiano avuto come fine quello di usarti? Io ci tengo a te, Hinata!
-Troppo persone che dicevano di tenerci a me mi hanno causato dolore, lo sai bene…- disse lei, la delusione e il dolore negli occhi, la tristezza nella voce.
-Ma io non ci tengo semplicemente a te, Hinata! Io ti…
Stava per dirglielo davvero stavolta. Stava per dirle che l’amava. Ma forse non era il momento giusto, dato che anche questa volta venne interrotto.
-HI-NA-TA.- scandì bene una voce femminile eccentrica.
Naruto si voltò e vide una ragazza, su per giù sui sedici anni, curve sinuose e morbide, capelli lunghi e scuri, occhi chiarissimi. Se non fosse stato per il viso leggermente più squadrato e per i capelli più chiari, il biondo avrebbe potuto perfettamente affermare di trovarsi di fronte ad un’Hinata che viaggiava nel tempo dal passato.
-Hanabi!- Hinata sgranò gli occhi, si era quasi dimenticata che la sua bella sorellina era venuta a trovarla dalla Svizzera e sarebbe stata lì per qualche settimana.
Le corse incontro, per abbracciarla, quando dietro di lei vide un’altra figura, appena arrivata.
Suo cugino.
Neji.
 

Stai sanguinando, non puoi più difenderti.
Stai respirando, ma questo non è ossigeno.
E non è un avvertimento, non è un segno,
è tutto vero e sta accadendo adesso,
maledettamente proprio a te.
Mi stai sentendo? Sono tutto un altro te,
Quello che hai dentro, quello che forse non c’è.
Qualcosa sta cambiando, tu sai che è inevitabile,
ma è fresco questo vento che si sta alzando. E io ti salverò!
Questo è il giorno delle verità. O sei solo tu, che vivi a metà.
Vuoi prenderti tutto, non nasconderlo. Non dire no, non ti crederò.
So che tu vuoi correre, ridere, urla non ti sento.
Sei giovane, sei lucido, nel giorno delle verità.
Non credere alle favole, ma neanche alla realtà
A tutti quegli scrupoli che non ti fanno vivere.
Non perderti mai niente che tenga in vita questo fuoco.
Illuditi, convinciti che no, tu non ti brucerai.
Questo è il giorno delle verità. O sei solo tu, che vivi a metà.
Vuoi prenderti tutto, non nasconderlo. Non dire no, non ti crederò.
So che tu vuoi correre, ridere, urla non ti sento.
Sei giovane, sei lucido, nel giorno delle verità.
Se sei tu che vivi come me.. se sei tu… mi devi credere…
Se sei tu che vivi come me…
Just behind your soul.

 










Gomennè (?), in ritardo di un giorno o due!
Mi scuso anche per i numerosi errori, che sono sicura, ci saranno!
Ma tanto ci sei tu, no, arcx? Grazie di tutto n.n
Beh, che dire... Capitolo strano. Molto. Hanabi rovina momenti romantici mode. xD
E' un capitolo di passaggio, piuttosto, ma dice molte cose e ne introduce altre.
Per i/le fan del SasuSaku: pezzo piccolino solo per loro, lo so! ç.ç
Ma compenserò fra un paio di capitoli, con uno dedicato solo a loro. Già scritto n.n
La canzone è riferita principalmente a Shikamaru ed Ino, ma è in tema con tutto il resto, dai!
Avete qualche prompt?
Ma.... ci siamo lasciati qualche recensore per strada? XD Noto meno recensioni, nè!
Eppure siete molti di più (18 nei preferiti, 2 nelle ricordate, 35 nelle seguite) e vi ringrazio tutti.
Inoltre, ho fatto un record! 180 persone hanno letto il precedente capitolo solo nelle due ore dopo che ho aggiornato! Grazie anche voi, lettori!!
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, su su, fate i bravi!
Spero di risentirvi presto <3
Vi lascio con le anticipazioni! Kiss




[Cerca di sorridere, Hanabi, ma lo sguardo di fuoco che stavolta Hinata lancia a lei le fa capire quanto la cosa sia grave e ha un moto di paura. Si sposta, incerta, e si affianca alla sorella.
Le fanno paura quegli sguardi strani, soprattutto se lanciati da sua sorella maggiore, che era inusuale a certi atteggiamenti. Solo quando, quattro anni prima, suo padre aveva fatto “quella cosa” ad Hinata, aveva visto in lei un odio che non pensava fosse capace di provare.
Cerca celatamente la sua mano, che Hinata stringe subito con forza, lo sguardo ancora fisso sul cugino.

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Capitolo 12
*** Provo a difendermi. ***


Filosofia di vita 
-
Provo a difendermi

[Difendere me, i miei amici, la mia famiglia e il mio povero cuore. Difendermi dai miei pensieri]
 
[Provo a difendermi - Negrita]


A 4 anni.
“Itoko-san! Andiamo a giocare?”
Lui la prese per mano.
“Sì, andiamo subito in giardino!”
 
A 5 anni.
“Itoko-san, la mamma mi ha appena fatto vedere il mio regalo!”
“Com’è Hanabi-chan?”
“E’ carina ma…” un'aria di tristezza nella voce “Giocherai ancora con me, vero?”
“Hanabi-chan non prenderà il tuo posto, Hinata-chan”.
Una carezza sulla guancia.
 
A 7 anni.
“Hinata-chan, andiamo a giocare?”
Nessuna risposta, ma una profonda tristezza venuta a galla.
“Dov’è zia Hoshiko?”
Due occhi tristi e perlacei si fissarono nei suoi “Non c’è più, Neji ko-chan”.
 
A 10 anni.
“Non ho voglia di giocare, Hinata-chan.”
“Ti prego, Itoko-chan. Ho solo te al mondo…”
Una carezza dolce sulla testa.
 
A 14 anni.
“Siamo in due classi diverse, onii-san”
“Non ti preoccupare, Hinata-chan. Starò sempre alle tue calcagna”
Lei gli prese la mano, stringendola con delicatezza.
 
A 17 anni.
“Mio padre ti ha detto che alla maggiore età dovrai sposarmi.”
Un cuore spezzato, un padre padrone. Lui taceva.
“Ma tu perché hai acconsentito, sei rincretinito?”
La prima rabbia in 17 anni.
 
A 18 anni.
“Adesso capisco tutto, Neji. Io sono solo un’idiota, mi hai preso solo in giro.”
Lui rimaneva in silenzio.
“Non pensare che otterrai mai il mio perdono, Neji.”
Sguardi di fuoco.

 
 
Ventuno anni appena compiuti.
Neji sta lì, impalato, appena sbucato dalle scale alle spalle di Hanabi.
La ragazza sorride, non sa nulla. Per il bene della famiglia, Hiashi, Hinata e Neji si erano tenuti quella storia per loro.
Ma i loro sguardi, quelli che Hinata e Neji si lanciano, le fanno capire che qualcosa non va.
In effetti raramente li aveva visti insieme negli ultimi anni e quando era accaduto era per occasioni molto speciali, come le riunioni di famiglia e festività. In ogni caso avveniva in mezzo a tanta gente, in cui era facile disperdersi nella massa ed evitarsi.
Cerca di sorridere, Hanabi, ma lo sguardo di fuoco che stavolta Hinata lancia a lei le fa capire quanto la cosa sia grave e ha un moto di paura. Si sposta, incerta, e si affianca alla sorella.
Le fanno paura quegli sguardi strani, soprattutto se lanciati da sua sorella maggiore, che era inusuale a certi atteggiamenti. Solo quando, quattro anni prima, suo padre aveva fatto “quella cosa” ad Hinata, aveva visto in lei un odio che non pensava fosse capace di provare.
Cerca celatamente la sua mano, che Hinata stringe subito con forza, lo sguardo ancora fisso sul cugino.
Naruto sosta ancora sullo stipite della porta condominiale ed osserva interessato la scena. Anche lui ha notato quegli strani sguardi, soprattutto quelli furenti di lei.
Le si avvicina e la cerca con lo sguardo, appunto. Appena la ragazza incontra il suo sguardo preoccupato, si pente subito di essersi lasciata andare così tanto alle emozioni. Con la mano libera si stringe forte l’altro braccio, in preda all’ansia, e abbassa lo sguardo. Non ha il coraggio di sostenere il suo sguardo, che sente ancora posato su di sé. Naruto ha scoperto un altro lato brutto della sua vita, una sua esperienza malevola, anche se ancora non sa tutto. E questo, dopo essere stata ferita, non fa altro che farla sanguinare maggiormente.
-Hinata.- lui la chiama, aspetta una sua parola, un suo cenno.
-Scusa, Naruto.- dice in fretta lei, che non ha nemmeno la forza di ascoltare la sua voce –Devi andare, ora. Ho bisogno di stare con mia sorella.
Lui sostiene ancora lo sguardo su di lei, la osserva, preoccupato. Poi lo sguardo truce di quel ragazzo, che non ha mai visto e che non conosce, lo colpisce. Capisce che qualcosa sta succedendo e, anche se loro non avessero litigato, non sarebbe potuto rimanere.
-Rimango qui sotto.- le dice, prima di voltarsi e scendere le scale.
Infondo, Naruto non ha nemmeno altro posto dove andare. Aspetterà seduto sul portone del condominio, la chitarra in mano, la custodia aperta a mo' di elemosina.
Hinata alza lo sguardo e osserva le spalle forti di Naruto mentre scendono ritmicamente le scale. Quella testa bionda se ne stava andando, di nuovo, dopo aver tentato di riprendere un legame.
“Ma io non ci tengo semplicemente a te, Hinata!”, quelle parole le tornano alla mente pesanti e confuse. Cosa avrà voluto dire?
-Onee-san.- Hanabi la richiama, scuotendola via dai suoi pensieri.
Hinata le stringe di nuovo la mano e la conduce verso casa. Neji le segue taciturno, chiudendosi la porta alle spalle. È a disagio, ma non lo dà a vedere.
Uno sguardo che la sorella le lancia e Hanabi capisce che deve lasciare soli lei e il cugino, quindi trascina il suo bagaglio fino alla camera da letto.
 
*
 
Hinata si avviò verso la cucina, seguita dal ragazzo. Prese la teiera, la riempì d’acqua con calma estenuante e la poggiò sul fornelletto, appena acceso.
Si spostò e si appoggiò alla cucina, osservando il cugino, che scrutava da lontano la foto della madre: Hoshiko.
-Da quant’è che non vai a casa, Hinata?-
-Casa mia è questa.
-Sai bene che intendo.
-No, non lo so, per una volta parla chiaro, caro cugino.- il tono sfrontato, innaturale, conteneva in sé una punta di acidità che Neji ben conosceva.
Lui sapeva quanto lei, da alcuni anni, lo odiasse. Si parlavano a stento, il minimo indispensabile e non volentieri. Nonostante sapesse tutto ciò, nonostante sapesse bene che lei aveva tutti i motivi per odiarlo, lui non riuscì a non grugnire, irritato, ma non controbatté.
-Ti mancano le parole come sempre, vedo che non è cambiato niente.
Lui sospirò –Devi andare da tuo padre.
-Non credo che lui senta la mia mancanza.
-Questo, a causa del carattere di tuo padre, non lo potrai mai sapere.
Hinata boccheggiò pronta a rispondere, ma il lungo fischio della teiera la richiamò ai suoi doveri di ospite.
Con stizza osservò il liquido scuro cadere placido nelle tazze. Le posò elegantemente sul vassoio con due cucchiaini, il latte e, in una ciotola apposita, lo zucchero.
Prese il vassoio e sicura si avviò in salotto, poggiandolo sul tavolino di marmo scuro di fronte ai divani dello stesso colore. Neji la seguì e si sedette davanti a lei, mentre lei lo serviva.
-Hai dei doveri verso la famiglia, devi farti vedere.
-Che doveri?
-Devi amministrare i beni che ti ha lasciato la zia.
-E credi che non lo faccia già?- strinse forte l’alta tazza fra le mani, arrabbiata –Non lascerei mai i possedimenti di mia madre in balia di quel mos
-Hinata.- la interruppe lui –Non offendere lo zio.
-Non puoi venire in casa mia e dirmi come devo comportarmi.
-Hai ventuno anni.- continuò lui –Devi tornare in famiglia e comportarti in modo maturo.
Hinata si alzò, furente. Gli puntò contro un dito inquisitorio e tremante.
-Tu sei della stessa pasta di mio padre! Siete entrambi prepotenti e spavaldi, ma il mondo non va come pensate voi. Io non seguirò mai e poi mai le vostre perfide macchinazioni!
-Non sono macchinazioni, è ciò che vuol dire essere una famiglia!- disse lui alzandosi a sua volta, intimorendola con la voce alta.
-Questa non è una famiglia!- alzò la voce anche lei.
-Onee-san…
Hanabi sbucò sulla soglia della camera da letto, lo sguardo preoccupato e una mano che va su e giù sul braccio, cercando di ammorbidire i peli che si erano rizzati per la paura.
Entrambi si voltarono verso di lei, accorgendosi che non era il caso di litigare ancora una volta, coinvolgendo la ragazza. Si scambiarono uno sguardo duro ed eloquente.
-Non voglio persone come te e mio padre, in questa casa.- si permise ancora una frase stizzita –Devi andare via di qui.
Neji osservò con calma estenuante la cugina che aveva sempre considerato come una sorellina. Ha i capelli scossi e scompigliati, qualche ciuffo davanti alle spalle, qualcuno arruffato dietro, di quel particolare blu notte. Gli occhi sono duri come i suoi, perlacei, senza nessuna traccia di dolcezza ma solo con un profondo e malcelato dolore. Ha le guance rosse di rabbia, non più di inebriante timidezza. Si accorge che è cresciuta, che non è più la ragazza di qualche anno prima. Forse è stato lui ad aggravare il suo strano cambiamento, in quel periodo oscuro di alcuni anni prima.
Vorrebbe chiederle scusa, ma il suo temperamento e la sua indole da Hyuga non glielo permettono: Hinata ha ragione, è come suo zio Hiashi.
Ma Neji non ha il coraggio di cambiare, né tanto meno il motivo per farlo.
Si spostò, mosso da una forza che non credeva di possedere e si avvicinò ad Hanabi. Si abbassò leggermente sfiorandole i capelli scuri con un bacio, per poi prendere il cammino per la porta di casa. Hanabi seguì con lo sguardo la figura forte del cugino che si allontanava, mentre Hinata aveva già voltato lo sguardo verso il bel muro arancione, sdegnata dalla scena.
Una volta era così che si comportava con lei.
 
Quel vecchio film nel tardo pomeriggio, che vedevano sempre: V per vendetta. Non era esattamente un film da compagnia, dove divertirsi con un’amica o, come in questo caso, con la propria sorella, ma era un film che entrambe amavano e che, per tradizione, vedevano insieme ogni volta che ne avessero avuto la possibilità. Indossati quindi i pigiami pesanti e copertesi con dei pesanti plaid, Hinata e Hanabi, tazze di cioccolata e panna alla mano, guardavano assorte il film.
La ragazzina sente una mano tiepida cercare la sua, stringendola delicatamente. Si voltò e osservò la sorella maggiore, che è tornata quella che conosce lei. Ha gli occhi umidi e brillanti, nostalgici e un po’ tristi, dolcissimi. La bocca è piegata in una smorfia che dovrebbe somigliare a un sorriso.
Le ha fatto davvero paura qualche ora prima, non l’aveva mai vista così arrabbiata, infuriata. Non conosceva questo suo lato combattivo e ne era rimasta stupita: in quasi 16 anni di vita, non l’aveva mai vista alzare la voce.
-Imoto, mi dispiace tanto…- sussurrò lei, la voce tremante.
-Per cosa, onee-san?
-Per quello che hai visto. Non dovevi assistere a quella scenata…
-Onee-san, non ha alcuna importanza. Davvero.- disse lei, stringendole la mano.
-Mi perdoni?
-Non c’è nulla da perdonare, piuttosto… dovresti spiegarmi.
A quella affermazione Hinata sussultò. Spiegarle tutti quegli imbrogli e farle perdere la fiducia per la sua ‘famiglia’? Non se ne parla nemmeno.
-No, imoto.- disse lei, con un tono che non ammetteva repliche.
-Ma ho il diritto di…-
-No. Sei ancora troppo piccola, imoto. È meglio che tu non sappia.
Si guardarono negli occhi, entrambe con tono perentorio e testardo.
-Chiederò a Neji-san.
-Almeno su questo siamo d’accordo, lui non ti dirà niente.
Hanabi bestemmiò fra se e se e lasciò perdere la questione, continuando a guardare il film.
Osservò la sorella distrattamente. Era maturata, era più responsabile, più adulta. Aveva solo ventuno anni ma, da quando ne aveva memoria, ricordava la sua onee-san premurosa e dolce, comportandosi come una madre. La madre che non aveva mai avuto. E nonostante all’inizio avesse poche forze, fosse più debole e fragile, l’aveva sempre difesa da tutto e tutti, perdendosi la sua infanzia. Hinata non era mai stata davvero bambina. Aveva sempre dovuto occuparsi di qualcun altro. Aveva perso un’importante pezzo della sua vita…
Hinata invece osservava l’uomo mascherato, ferreo, dai saldi valori, testardo nel fare ciò che pensava fosse giusto. Lo accostò inconsciamente al ragazzo biondo, che ben conosceva, e sussultò.
“Rimango qui sotto”. Così aveva detto. Diamine!
Arrossì leggermente quando si accorse dello sguardo divertito della sorella, mentre la osservava corrucciarsi mordendosi il labbro.
-Non è come pensi.- disse subito, cercando di difendersi da quello sguardo.
-Sono quasi sedici anni che ti conosco, onee-san!- disse divertita lei, lasciando perdere il film ed osservando l’amata sorella. –Pene d’amore!
-Nessuna pena d’amore, qui!- riprovò a difendersi lei.
-Idiota.
-Hanabi!- arrossì vistosamente.
-Mi devi raccontare tutto e subito!
-Non c’è proprio niente da raccontare!
-E quel biondino?- fece maliziosa lei.
-E’… è finita ancora prima che cominciasse.- disse lei, mentre si rabbuiava.
Hanabi notò lo sguardo affranto e cercò di indagare.
-Ti sei aperta con lui?- chiese, sottovoce.
-Sì.
-E lui ti ha delusa, giusto?- chiese nuovamente.
-Sì…
-Purtroppo è così che va.
-Lo so bene, forse troppo bene.
Ahi. Stava perdendo fiducia nelle persone. Se avesse continuato, di lì a poco non sarebbe nemmeno più uscita di casa, cercando di difendersi dal mondo, e Hanabi lo sapeva bene.
-Onee-chan?
-Sì?
-Sei stata felice?
La domanda la fece sobbalzare. Sua sorella era sempre stata molto schietta, a differenza sua. Una domanda diretta ed estremamente significativa. Era stata felice? Come poteva dimenticare le ore passate insieme, coccolarsi, ridere, confidarsi?
Sì, era stata felice.
 
*
 

Provo a difendermi
Difendermi da me
Senza nascondermi
difendermi da me
Non so se riuscirò
Ma sono tutto quel che ho
Provo a difendermi
Ma il vento è troppo forte
Provo a difendermi
Rinforzo le mie porte
Al coperto e tra le mura
Preparo un’altra serratura
 
Difendermi
Difendermi
 
Provo a difendermi
Difendermi da solo
Io non possiedo armi,
però in compenso volo
un’ultima stazione
è la tua benedizione
 
Io volo sopra i campanili e sopra le città
Invento nuove forme in cielo
E all’improvviso contro il sole io andrò
Piano…piano… piano…
Io scomparirò
Davvero
 
Provo a difendermi
Difendermi da chi
Inutile suonare
Non abito più qui
Nessun indizio
Niente
Sto diventando trasparente
 
Difendermi
Difendermi
 
Io volo sopra i campanili e sopra le città
Invento nuove forme in cielo
E all’improvviso contro il sole io andrò
Piano…piano… piano…
Io scomparirò
Davvero
 
Piano…piano… piano…
Io scomparirò
Davvero
 

 
La sua voce era davvero bella e con la chitarra era molto bravo. Interpretava bene  il personaggio del rocker consumato, ma a stento capiva cosa la sua bella sorella trovasse in quel biondo tanto diverso dai canoni giapponesi.
Solo alla fine della canzone acustica, Naruto si accorse della sua presenza. La scrutò curioso nel buio della sera, osservandone i lineamenti che ricordavano quelli perfetti della sorella.
-Tu sei…
-Hanabi.- completò la frase per lui, presentandosi.
 -Piacere di conoscerti, io sono Naruto.- disse tendendole la mano con ancora il plettro fra le dita.
Lei strinse immediatamente quella mano e si sedette accanto a lui sul gradino di marmo del portone condominiale, stringendosi nelle spalle.
-Come mai sei ancora qui, Naruto?
-Devo parlare con tua sorella.
-Lascia stare, credo che per oggi ne abbia abbastanza.- disse in tono tranquillo.
-Ma io ho bisogno davvero di parlarle!- protestò lui.
-Non è il momento.- non ammetteva repliche.
Silenzio. Il freddo pungente incombeva su di loro.
-Ti ha parlato di me?- ci sperava.
-Un po’.
-E che dice?
-Che l’hai ferita.- disse, guardando il cielo scuro.
-E’ stato solo un malinteso.
-Questo non lo posso sapere.
-…Perché sei qui, Hanabi?- chiese titubante.
-Perché credo che tu abbia bisogno di un alleato.
-E tu mi aiuteresti?
-Certo.
-Perché?
-Non sono buona come mia sorella, ma so perfettamente quando è felice e quando no.- sospirò –Lo faccio per lei, che si è sempre presa cura di me. Tocca a me farlo.
-E come fai a sapere che sono la persona giusta per lei?- chiese lui, incuriosito.
-Perché con te è stata felice, anche se non c’è stato niente fuorché un’amicizia.
-E… e come fai ad aiutarmi?
-Prima dobbiamo stringere un patto.
-Cioè?
-Voglio anche io qualcosa da te.
Tacque, incoraggiandola a continuare.
-Sai perché mio cugino e Hinata hanno delle ostilità?
Lui negò col capo –Me lo chiedevo anche io, vedendo i loro sguardi furenti.
-Dopo… hanno litigato. Ma non mi vogliono dire cosa è successo.
-Avranno i loro motivi, credo.- asserì.
-Motivi stupidi!- si infuriò lei –Ed io voglio sapere, è un mio diritto!
-E come faccio, io, ad aiutarti?
-Dopo che tornerete in pace, fattelo dire.
-Non posso prenderla in giro così.- disse di nuovo lui, più serio. Non voleva sbagliare più.
Lei chiuse gli occhi, spazientita. Dentro non era affatto come la sorella, perdeva facilmente la calma.
-Allora inducila a sfogarsi anche con me.
-Questo… questo credo che potrei farlo.
-Bene.- disse Hanabi, alzandosi. Gli porse una mano –Affare fatto?
Anche lui si alzò e con la mano libera dalla chitarra strinse quella esile di lei.
-Hai un bel caratterino, Hyuuga.- disse divertito.
-Lo so. Adesso va a casa, è inutile che tu stia qui. Ti farò sapere io il piano a breve.
-Wow, stratega. Non pensavo che Hinata avesse una sorella così.- rispose, tralasciando il fatto che non aveva una casa a cui tornare.
-Siamo piuttosto diverse, ma la adoro.
Lui sorrise. –Anche io.








Mercoledì! Sono più che puntuale! YEH!
Allora, che dire. Intanto vado spiegando questo capitolo:
ci sono tante cose ancora per aria, niente è certo, non sapete ancora nulla.
MA ci sono gli indizi giusti per capire. SCOMMESSE APERTE!
Cos'ha fatto Neji? Che c'entra Hiashi? 
Passiamo alla nuova arrivata, che ora ha messo i panni di CUPIDO! NARUHINA LOVE!
Oggi sclero. YAH.
La canzone, cantata in acustica da Naruto, è intersecata con tutto il capitolo.
Si parla di difendersi, da noi stessi e dagli altri, parenti e amici da altri ancora.
Cercate di capirmi :D
Gente! Noto che abbiamo perso recensori :/ Come mai?
Sbaglio? Troppi errori? Non avete tempo? Siamo passati da 11 recensioni a 6!
Però, a tempo record, siamo arrivati a 101 recensioni. A questo proposito ringrazio tutti, 
sopratutto tratrin, che ha recensito tutti i capitoli in una settimana!, e arcx, fedele fan 
ma soprattutto amica e dispensatrice di consigli che non ringrazierò mai abbastanza!
Aaaaaah, credo sia tutto qui. Alla prossima, con il fatidico capitolo SASUSAKU!


Nel prossimo capitolo...

[Ultimamente era quello che vedeva, quello che desiderava.
Gli occhi verdi di quella ragazza lo avevano fatto traballare dal suo podio sicuro, lassù, dove sei indifferente e la sofferenza, le emozioni, non ti toccano più.
Erano riusciti ad entrargli dentro l’anima, quegli occhi tremanti d’emozione.
Forse, perché era consapevole di non averli da anni così espressivi, così emozionati, come i suoi.

-Sasuke.]

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Capitolo 13
*** Aria. ***


Filosofia di vita.
-
Aria
[Sei la cura a tutti i miei mali, sei l'essenziale per vivere]


 
[Negrita: Aria]
Aprì gli occhi lentamente, come ogni mattina, cullato dalla luce tenue che filtrava dalla tende serrate. Mugolò, infastidito, e voltò il capo dall’altro lato. I capelli scuri finirono scomposti davanti agli occhi.
Osservò distrattamente il suo braccio, la sua mano rilassata: quanto tempo era che non toccava un corpo sinuoso?
Da quando era entrato nella pubertà, non era mai rimasto senza prede per più di una settimana. Il suo fascino virile ed elegante gli permetteva di trovare facilmente nuove ragazze con cui divertirsi.
Ma ultimamente… che gli era successo ultimamente? C’erano ancora tante ragazze che lo cercavano vogliose, ma lui non sentiva più l’impulso di stare con loro. Perché?
Ogni volta che ci pensava gli venivano in mente due occhi smeraldini, che lo fissavano ardentemente.
Come quando, pochi giorni prima, aveva estrinsecato tutti i suoi dubbi.
Lui sapeva bene di essere esattamente come Sakura lo aveva descritto e quindi sapeva di essere lunatico, ambiguo, stronzo ed altro ancora, ma ad ogni cosa c’era un perché.
Sasuke è così e così va preso.
È stato ferito tante volte e ne porta ancora le profonde cicatrici. Solo con le persone a cui tiene veramente riesce ad essere più completo, un po’ più normale, premuroso addirittura.
Come con Naruto, che era pur sempre un scassa palle, ma l’unico con si poteva aprire.
Dopo aver bussato leggermente, Itachi si infilò nella stanza, avviandosi subito verso le tende, per aprirle.
-Buongiorno, otouto.
L’altro grugnì, seccato, infilando la testa sotto il cuscino per difendersi dal sole ora ben più presente.
-Mi correggo: buongiorno, belva! Ruggisci di prima mattina?- disse Itachi, avvicinandosi al letto.
Suo fratello era un tipo strano.
Quando erano piccoli, gli andava sempre dietro, lo seguiva ovunque, cercava le sue attenzioni. Voleva molto bene al suo fratellone.
Poi però… i loro genitori erano morti, uccisi in una lotta fra Clan. Erano morti, ma non bastava quella sofferenza, no, suo fratello lo aveva anche abbandonato.
Ricordava perfettamente le sue parole, quella notte. “Mi ricordi troppo loro.”. Aveva detto questo.
“Tornerò a prenderti quando avremo superato questo lutto.” Aveva detto ancora. “Torneremo una famiglia, ma una famiglia diversa.”
Se ne era andato e Sasuke lo aveva aspettato. Per tanto. All’inizio era speranzoso, fiducioso. Ma a mano a mano che il tempo passava… si inacidiva. Era frustrato, passavano gli anni e lui vedeva solo sofferenza.
Insieme a Naruto, giocava al parco con gli altri bambini e osservava i genitori, madri e padri premurosi, che prendevano i propri figli per mano e tornavano a casa insieme.
Alla fine, rimanevano solo Naruto e Sasuke. Parlavano spesso di quella frustrazione che sentivano entrambi. Ed era venuto naturale, quel gesto.
Dopo il tramonto, si prendevano silenziosi per mano e andavano via insieme dal parco, per andare nella casa-famiglia. Erano famiglia.
Ma poi, dopo otto anni, si era ripresentato, rompendo l’equilibrio che Sasuke aveva trovato con fatica. Era diventato scorbutico, insensibile, ed ogni suo difetto era elevato all’ennesima potenza. Aveva preso distanze anche da Naruto.
“Mi dispiace, otouto”. Lui aveva detto questo, l’aveva chiamato in quel modo, ma era difficile perdonare tutto il male e la sofferenza. C’era voluto molto, molto tempo.
Ma Sasuke voleva ancora bene a Itachi.
Non si era accorto che, mentre pensava a tutte queste cose, era rimasto in silenzio ad osservare il fratello, assumendo uno sguardo meno acido del solito.
Itachi, d’altro canto, capito il momento particolare del fratello, si era accomodato sul letto di lui, allungando un mano verso la sua, senza stringerla, ma sfiorandola.
-Ultimamente sei strano, fratello.- disse, la voce inquieta.
-Non ti preoccupare.
-Se c’è qualcosa che posso fare…- l’aria affranta.
-Non puoi fare niente.- rispose lui, secco –So badare a me stesso, ormai.
Il poco usato cellulare di Sasuke, posto sul comodino, vibrò. Sullo schermo brillava una scritta: “UN NUOVO MESSAGGIO: SAKURA.”.
Entrambi lo videro e, quando Sasuke tornò ad osservare il fratello, Itachi aveva in viso una bella espressione beffarda e maliziosa.
-Problemi di cuore, otouto?
L’altro grugnì –No e non sono affari tuoi.
Lo spinse con i piedi fuori dal suo letto e gli tirò un cuscino.
-Andiamo Sasuke! Ne puoi parlare con me!
-No!- altro cuscino che Itachi riuscì a scansare chiudendosi la porta alle spalle.
Stupido fratello impiccione.
Sasuke grugnì ancora, rabbrividendo, scostò le coperte e si sedette sul bordo del letto.
Strofinò gli occhi con i palmi delle mani e finalmente potette dirsi sveglio. Afferrò il cellulare, quel piccolo marchingegno grigio poco usato, e lesse il messaggio, che recitava:
“Ho bisogno di parlarti, urgentemente.”
Con non poca difficoltà scrisse una risposta ed inviò: “Fra un ora a casa mia, via Toshibawa numero 8”
Si maledì mentalmente per essere stato così frettoloso.
Quella ragazza portava solo guai.
 
*
 
Via Toshibawa era una via di poco distante dal centro di Tokyo. Era quindi una costruzione un po’ più antica delle altre, niente a che vedere con le ville e le grandi case a cui era abituata.
L’esterno era ben diverso anche dalla casa di Hinata che, essendo più in periferia, era una costruzione recente che possedeva anche una bella vista del fiume.
Sakura si maledì, non avrebbe dovuto scrivere quel messaggio. Anzi, si maledì due volte: era tutta colpa sua che si faceva influenzare così facilmente da 
Ino.
Lei era troppo vergognosa per poter compiere gesti simili. Era una fifona ma, cosa ben più importante, era una ragazza tremendamente orgogliosa.
Lei non poteva abbassarsi così facilmente e chiedere scusa. Anche se era la cosa che più desiderava al mondo.
Insomma, che ne sapeva lei se ne valeva la pena? Doveva rischiare e non le piaceva per niente.
La porta si aprì, interrompendo i suoi pensieri. Sasuke era di fronte a lei, un asciugamano buttato su i capelli bagnati, una maglietta scura e attillata e dei lunghi pantaloni neri.
Si guardarono per alcuni secondi che sembrarono anni, nero nel verde e verde nel nero.
Entrambi sembravano così orgogliosi, altezzosi, nessuno dei due voleva voltare lo sguardo.
-Volevi parlare.- disse lui, muovendo appena le labbra in un modo che fece rabbrividire la ragazza.
-E’ una cosa lunga.- rispose lei, continuando a fissarlo.
-Allora, forse..- Sasuke sembrava indeciso. Farla entrare o no?
-Forse dovrei entrare, oppure potrei venire un’altra volta, se..- anche lei era indecisa.
-No, entra.- e finalmente si scostò per farla entrare.
Meglio togliersi subito quest’impiccio. O era un altro il motivo?
La ragazza entrò, i passi incerti, e lui richiuse la porta. La invitò a togliersi gli stivali e le porse due ciabattine rosa. La lasciò a sistemarsi e si incamminò verso la cucina. Afferrò un pentolino, lo posò sul fornelletto acceso, ci versò dentro del latte e ci tuffò la cioccolata solubile.
Lei finalmente lo raggiunse, ma rimase ferma sulla soglia, incapace di fare qualcosa.
Fortuna che non c’era Itachi a rompere.
-Siediti.- ordinò, perentorio.
Lei si accomodò li vicino, seduta al tavolo. Sasuke si voltò, posò due sottobicchieri e due cucchiaini, osservando la ragazza.
Aveva una maglia lunga rosa pallido stretta in vita da un cinturino e dei leggins scuri. La osservò, osservò i suoi capelli lunghi e ribelli di quel rosa candido,
seguì la linea del suo collo flessuoso e delle sue spalle strette e sottili, seguì la linea armoniosa del suo corpo ed osservò i seni, i fianchi sinuosi e quelle lunghe gambe che sembravano alti aironi.
Poi tornò su, osservò le guance, leggermente arrossate per l’imbarazzo e si soffermò sugli occhi, prati verdi, cerchiati da lunghe e folte ciglia nere. Gli occhi tremavano, emozionati.
Chiuse gli occhi, Sasuke.
Ultimamente era quello che vedeva, quello che desiderava. Gli occhi verdi di quella ragazza lo avevano fatto traballare dal suo podio sicuro, lassù, dove sei indifferente e la sofferenza, le emozioni, non ti toccano più. Erano riusciti ad entrargli dentro l’anima, quegli occhi tremanti d’emozione. Forse, perché era consapevole di non averli da anni così espressivi, così emozionati, come i suoi.
-Sasuke.
La sua voce. Bellissima. Leggera. Riusciva a dire le tre sillabe del suo nome, che erano così dure, così forti e sgraziate, SA-SU-KE, in modo dolce e piacevole all’ascolto.
Aprì gli occhi e la vide in piedi, davanti a lui, fra il suo corpo e il tavolo della cucina. La vide tremare.
-Sasuke, chiudi gli occhi, ti prego.- supplicò lei.
-Perché?- chiese lui, stralunato.
-Non riesco a dirti quello che penso se mi guardi così…
Acconsentì, ma non chiuse subito gli occhi. Voleva osservare e prendere tutto di quell’immagine di lei, così piccola, così indifesa e imbarazzata, come non l’aveva vista mai.                                                                                     
Chiuse gli occhi e attese.
Sentì mani e dita affusolate (così fredde, perché?) stringersi intorno alle sue e sollevarle a mezz’aria, fra di loro.
-Scusa.- sospirò, la voce tremante –Sono stata stupida e superficiale. Non ti ho capito come avrei dovuto. Devo… devo imparare ad essere più aperta di mente. E… e lo voglio imparare con te.
Spalancò gli occhi. –Che vuoi dire?
-Ti avevo chiesto di tenerli chiusi…- sospirò, affranta.
-Non faccio mai quello che mi dicono di fare.
-Lo so. L’ho capito.- strinse le mani di Sasuke –Io.. ti sto chiedendo scusa, Sasuke.
-Cosa vuoi da me, Sakura?- disse lui, voltando lo sguardo.
Lei, per la prima volta coraggiosa, abbandonò le sue mani e portò le proprie sul viso di Sasuke, spostandolo e richiamando la sua attenzione. Erano di nuovo occhi negli occhi.
-Io voglio conoscerti, voglio prendere tutti i difetti e baciarli, voglio averti, così come sei.
Seguirono attimi di silenzio, poi Sasuke posò le proprie mani su quelle di Sakura e chiuse gli occhi.
Ne inspirò il profumo e ne memorizzò la morbidezza. In caso di bisogno, avrebbe potuto ricordare quelle mani sottili e fresche, mentre alleviavano il bruciore del suo dolore.
Infine, con calma, scostò quelle mani da sè e si voltò per sistemare la cioccolata calda, che ormai era pronta e non era venuta un granché bene. Cercò di sciogliere i grumi e aggiunse del latte.
-Siediti.- disse di nuovo, ma con un sguardo più frastornato.
Che diavolo gli prendeva? Non si era mai comportato in quel modo. Pensare che una ragazza fosse una tremenda rottura, porta guai, casinista e poi… poi lasciarsi cullare così da lei?
Che strano potere aveva su di lui quella strana ragazza? Chi sei, Sakura Haruno?
-Possiamo sederci sul divano?- chiese lei, timidamente.
Lui annuì lievemente e versò la cioccolata calda nelle tazze, afferrò al volo un pacco di biscotti e seguì la ragazza, che già si era incamminata.
La ragazza si accomodò sul divano bianco e cominciò ad armeggiare con il telecomando.
Passarono minuti di silenzio. Lei non sapeva che dire, era imbarazzata. Si era praticamente dichiarata e non aveva ancora ottenuto risposta.
Che poi, perché? Nemmeno Sakura sapeva cosa avesse mosso quelle parole; nemmeno lei sapeva cosa provasse per il moro. Eppure le aveva pronunziate e, date le sue reazioni, sentiva di essersi avvicinata a lui più di quanto immaginasse.
Lo osservò e si ritrovarono a fissarsi, occhi negli occhi, ancora una volta.
-Perché?- disse solo una parola, Sasuke.
-Cosa perché?
-Perché perdi tempo con me?
-Non è affatto una perdita di tempo, Sasuke…-  gli tese la mano esile, invitandolo ad offrirgli la sua, ma lui non volle e continuò a parlare.
-Potresti fare tante altre cose invece che perdere tempo dietro a me…
-Sasuke…- con una mano gli toccò piano il polso.
-No!- scansò la sua mano con un impeto violento ed alzò la voce –Non hai idea di come sono fatto io, non mi conosci.
-Io voglio conoscerti!- anche lei alzò la voce.
-Ti tratterei male!- Sasuke si alzò, arrabbiato –Lo dico per te, è meglio che non mi frequenti.
-Non mi interessa quello che dici! Perché vuoi tenermi lontana da te?
Sasuke strinse i pugni. Perché? Perché lui era una persona irrimediabilmente marcia, era diventato così e non poteva cambiare. Aveva problemi, grossi problemi. Non poteva permettere che Sakura venisse contaminata dal suo marciume.
-Perché distruggi e rifiuti ogni legame, Sasuke?
Perché? Sasuke chiuse gli occhi e inspirò forte. Perché i miei legami mi hanno sempre procurato sofferenza e, quando questo non accade, sono io a fare del male. E non mi va proprio.
-Tu sei sicura di quello che dici?- cambiò tono e la sua voce si fece roca e calma –Sei sicura di voler conoscere tutto di me? Di addentrarti nel buio che non conosci? È a tuo rischio e pericolo. Sei sicura?
Lei lo guardò, sicura. –Si, lo sono.
L’altro sospirò.
-Vado a fare del caffè.
 
 
Un caffè tiepido
Può salvare un giorno isterico
Un risveglio morbido
Mentre affogo nello zucchero.
Cibo no!
Vomito!
Ho un mattone nello stomaco…
E voglio aria… aria…
 
Guardo clip alla tv
Quella faccia
Quello è sempre su
È il buonismo che mi causa
Puntualmente delle crisi di nausea.
 
Oggi è un giorno pallido…
 
Butto un occhio sul giornale
Butto soldi per trattarmi male
Utopista, logorroico
Mentre invecchio paranoico.
 
Oggi è un giorno pallido
Non ho fatto niente
Le idee sbiadiscono
 
La mia casa ha porte liquide
Con muri e scale di nuvole
Mentre aspetto il sole che arriverà
Tanto da far bella
Anche questa città
Sospesa in aria…
 
Vorrei
Il tuo
Sesso
Qui su
Di me
Di me
 
 
 
Caffè, cioccolata, biscottini: Sasuke si nutriva praticamente solo di quello. Glielo aveva raccontato, le aveva detto della sua infanzia brutale, dei suoi trascorsi con l’alcool e la droga, dei suoi problemi alimentari.
-Non ho mai mangiato molto, in effetti. Quando ero piccolo, fino agli otto anni e cioè quando vivevo ancora… con la mia famiglia, mangiavo normalmente, impazzivo per i dolci e cose del genere. Ma poi… sono rimasto orfano e sono stato abbandonato da mio fratello. Trovare cibo era raro e non mangiavo mai molto, ma non sentivo la fame. Io non avevo fame. Non mi sembrava strano, nonostante vedessi sempre Naruto guardarmi con occhi dolci e supplicarmi di rubare delle mele per lui al banco del fruttivendolo.
-Siete sempre stati molto uniti?- chiese curiosa lei.
-Ci siamo incontrati per caso e non ci siamo mollati più. Non so ancora se sia un bene o un male..- rispose atono, ma si vedeva che stava scherzando.
Prese un cioccolatino e lo mise in bocca, lasciando che si sciogliesse sulla lingua.
-In ogni caso- riprese –Non ho mai patito molto la fame, non ne ho mai sentito il bisogno primordiale. Solo ora, che sono un po’ più sereno, sto cominciando a mangiare con gusto.
-Capisco.
-Questo in ogni caso non è il problema più grave che ho avuto. Sei sicura di voler sentire il seguito?
Lei lo guardò, gli occhi verdi sicuri –Sono qui per questo.
Rimasero un po’ in silenzio. Sasuke si chiedeva ancora come fosse possibile che cambiasse tanto in presenza di quella ragazza, di cui alcuni atteggiamenti lo scocciavano terribilmente, mentre altri lo affascinavano. Era forse bipolare?
Lei era la prima ragazza che si era rifiutata di cedere alle sue avances, la prima ragazza forte e decisa. Si poteva dire che era la prima vera donna che avesse incontrato: forte, caparbia, decisa, dolce al momento giusto, bella. Una donna, non più ragazzine insulse facilmente cacciabili.
Sospirò e si decise a parlare. Ne valeva la pena.
-Quando avevo sedici anni, mio fratello riuscì a trovarmi e a parlarmi. Mi si ripresentò di colpo tutto il mio passato, che a lungo avevo cercato di dimenticare. Caddi nel panico, si può dire. Per alcuni anni, cercai di fuggire dal mio passato, di rifugiarmi in altre cose, in altri luoghi. Arrivai a diciotto anni che ero un tossicodipendente da crack ed eroina. Ero completamente fuori…
Tacque, impassibile, attendendo una reazione dalla donna che aveva di fronte, che non tardò ad arrivare. Si spostò un po’ più vicino a lui sul divano, si torturò una ciocca di capelli rosa indecisa sul da farsi ed infine, incerta, toccò con due dita il bicipite del ragazzo, che aveva il viso fra le mani e la guardava; infine, lasciò sostare lì la mano affusolata.
Sasuke si stupì. Pensava che la ragazza si sarebbe irrigidita, si sarebbe messa sulla difensiva, ma niente di tutto questo aveva trovato un riscontro. Anzi, la ragazza, notando lo stupore da cui il ragazzo si era lasciato inaspettatamente sopraffare, gli regalò un sorriso rincuorante, con una punta di soddisfazione nell’essere riuscita a strappar via al moro un’espressione diversa da quella solita ed indifferente.
-Cosa ti ha spinto a cambiare strada, Sasuke?- chiese lei.
-Cosa ti fa credere che io abbia cambiato strada?- disse Sasuke, cercando di rifugiarsi di nuovo nella sua armatura da freddo e insensibile.
-Mi pare evidente che tu non sia più drogato.- asserì lei.
-Da cosa lo capisci?- chiese, celatamente incuriosito, lui.   
-L’unica cosa da cui sembri assuefatto, al momento, sono questi buonissimi cioccolatini!- guizzò lei, fiera della sua risposta.
Lui alzò lievemente un angolo della bocca in quello che doveva essere un mezzo sorriso, infine si decise a continuare, cullato dal perpetuo tocco delle dita di lei sul suo braccio.
-In tutto quel periodo, Naruto mi è stato vicino, nonostante io lo cacciassi e rifiutassi il suo aiuto. Ma l’anno del nostro diciottesimo compleanno fu terribile anche per lui.
La ragazza si stupì e fermò di scatto il movimento della sua mano.
-Cosa successe a Naruto?- chiese, seria.
-Lui…- cercò le parole adatte –perse violentemente una persona da lui amata. L’ennesima.
Il silenzio cadde, pesante e palese. Si guardarono negli occhi, comprendendo il reciproco stato d’animo.
-Chi..? Se posso chiedere…- sussurrò lei.
-Non mi pare il caso.- asserì subito lui –Dovrebbe essere lui a parlarne.
L’altra annuì, comprensiva.
-In ogni caso… Fu una cosa che lo scioccò molto. Fu come passare sale sulle sue vecchie ferite ed aprirne di nuove. Dovetti darmi una svegliata e stargli vicino, o anche lui sarebbe finito nel baratro.
-E’ ammirevole il modo in cui vi spalleggiate.
-Siamo sempre stati l’unica cosa che ci rimaneva.- la sua voce divenne rauca –Per molto tempo, sono stato assente, assuefatto, odiavo il mondo e volevo vendetta per tutto. La morte dei miei genitori, l’abbandono di mio fratello… ero bruciato dal rancore. Ho passato metà della mia vita a crogiolarmi nell’odio. Ho passato metà della mia vita a marcire. È una cosa che non augurerei a nessuno.
Silenzio, nuovamente. Sakura non sapeva che dire, anche se sapeva che adesso toccava a lei, interrompere quel silenzio. Ma non c’era niente da aggiungere, né da domandare, né niente di adatto da dire.
Mossa da un sentimento che non sapeva di conoscere, richiamò l’attenzione del ragazzo tirandogli un lembo della maglia. Lui si voltò e lo vide. Vide il vero Sasuke, quello che fuggiva, quello che odiava, quello che soffriva. Il candore della sua pelle era divenuto più pallido, malato. I suoi occhi spenti ed inumiditi dai ricordi, tristi e malinconici.
Sasuke è così e così va preso.
Allora, Sakura, di scatto, lo accolse nelle sue braccia e lasciò che lui la ferisse con le mani e le unghie, che stringevano forte la sua maglia e i suoi fianchi, cullandolo e accarezzandogli i capelli scuri e ribelli.
Non un singulto, non una lacrima, non una parola. Sasuke dopo poco si ritrasse, pur non abbandonando i suoi fianchi, e, con le proprie, cercò le sue labbra.
La intrappolò in un bacio acerbo e primitivo che sapeva di dolore, sofferenza e malinconia. Le donò una parte di sé e condivise con lei il suo dolore.
Si indispettì, nel trovarla pronta a ricevere tutto quel marciume e a ricambiare con un po’ d’amore.
Egoista, prese per sè un’altra dose d’amore, si drogò, si liberò del fardello che gli aveva rovinato la vita e lo lasciò a lei.
La baciò ancora, baciò le sue guance morbide, i suoi capelli profumati, il suo collo lungo, le sue spalle esili, i suoi seni accoglienti.
Baciò la donna che gli aveva donato la libertà.
 
 
{Hai rischiato, ma non puoi dire di esserne pentita.
Ti sei mostrata sicura, sei maturata attraverso di lui.
Dillo Sakura, invoca il suo nome.
Ti ha mostrato un altro lato di sé, quello più vero. Si è mostrato per il suo vero essere, fragile, insicuro, con il muro più spesso del mondo fra sé e gli altri. Ma a te ha aperto le porte, Sakura.
Ti piacciono le sue mani, le sue dita? Non sono morbide, ma piene di calli, da chitarrista qual è.
Lui non è morbido, lo avevi già capito. È solido, ruvido. Non è delicato, né tenero. È crudo, è acerbo. È istinto primordiale, amico intimo del Dolore e parente stretto della Sofferenza.
Ma a te sono sempre piaciuti i sapori forti, vero, Sakura?
Assaporalo, prendi tutto, soffri insieme a lui, grida, piangi, gioisci, vivi.
}









Angolo autrice:
Eccomi qui, in orario perfetto! Che dire, qui è nata la prima coppia! Finalmente un pò di LOVE *.*
Scusate la mia pazzia, ma oggi ho fatto le Olimpiadi di Italiano (purtroppo, già) e sto scaricando i nervi ascoltando ... i Negrita.
Non lo immaginavate, ne? xD
Che dire su questo capitolo? SasuSaku. Sono entrambi molto confusi ed in continuo contrasto con i loro sentimenti, che sembrano irreali, per l'altro.
Ma i racconti, il conoscersi, hanno fatto si che Sasuke si mostrasse debole, come è. Questo, ha dato modo a Sakura di scalfire il suo cuore con un piccolo-grande gesto.
Ed è nato l'amore! Spero che ai miei lettori SasuSaku piaccia e, anche se non recensiscono, mi diano un piccolo commento, bello o brutto che sia <3
Detto questo, vi adoro, vi lascio con le anticipazioni ;) 
 

Nel prossimo capitolo...

[Sakura un giorno l’aveva chiamato, arrabbiatissima. Urlava al telefono quanto fosse stato bastardo, inveendo contro di lui. Aveva ascoltato tristemente le sue parole rabbiose, consapevole dell’immenso guaio che aveva combinato. Ma non si dispiaceva di aver cercato di dividere Hinata e Naruto. Lui la desiderava, da anni ormai. Non c’era notte che non la sognasse, minuto che non la pensasse. Voleva diventare grande e degno di ammirazione, perciò si impegnava tanto con il basso, passione che era cominciata come semplice hobby. Voleva che lei si ricredesse, che lo ammirasse, che lo guardasse. ]

 

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Capitolo 14
*** Un giorno di ordinaria magia. ***


Filosofia di vita.
-
Un giorno di ordinaria magia.

[Anche il Diavolo, a volte, ti viene in soccorso]



[Negrita: Un giorno di ordinaria magia]

Kiba passeggiava per le strade di Tokyo.
La sera prima era andato in giro con Rock Lee, ad ubriacarsi e, mentre erano alticci, avevano fatto a botte. Non ricordava nemmeno perché! L’unica cosa che gli rimaneva di quella sera era un violento mal di testa.
Nel corso di quella settimana, non aveva parlato con quasi nessuno della sua band, solo con Shikamaru. E lui era di poche parole.
Sakura un giorno l’aveva chiamato, arrabbiatissima. Urlava al telefono quanto fosse stato bastardo, inveendo contro di lui. Aveva ascoltato tristemente le sue parole rabbiose, consapevole dell’immenso guaio che aveva combinato.
Ma non si dispiaceva di aver cercato di dividere Hinata e Naruto. Lui la desiderava, da anni ormai. Non c’era notte che non la sognasse, minuto che non la pensasse. Voleva diventare grande e degno di ammirazione, perciò si impegnava tanto con il basso, passione che era cominciata come semplice hobby. Voleva che lei si ricredesse, che lo ammirasse, che lo guardasse.
Desiderava i suoi bellissimi occhi bianchi e, se per sentirli su di sé doveva comportarsi in tale modo, non avrebbe esitato. Ormai era ossessionato, non capiva più se quello fosse amore.
Si pentiva solamente di averli fatti soffrire così tanto. Non pensava che le loro reazioni potessero essere così spropositate. Soprattutto non voleva che il gruppo si sciogliesse a causa sua e, se continuava di quel passo, sarebbe finita proprio in quel modo.
E non aveva nemmeno modo di chiamare Naruto: lui non aveva casa, figuriamoci se possedeva un cellulare.
Che situazione assurda! Ma sapeva bene che era colpa sua, soltanto sua.
Si avviava, quella mattina, verso casa Nara, per vedere come sistemare la situazione. D’altronde lui era un genio e uno stratega, no?
Camminava quindi da un po’, prima che la voglia di risolvere il problema gli passasse, con il violento mal di testa a palesarsi dentro le membra.
Tantissime persone sul marciapiede sfrecciavano, prese dalle più diverse occupazioni, allo stesso ritmo delle macchine. Al semaforo, una macchina era ferma, aspettando il suo turno per passare. Anche Kiba si fermò e, distrattamente, osservò lo specchietto della macchina. Gli parve di scorgere due occhi viola fissarlo, inquieti.
Pensò fosse una semplice coincidenza e non ci pensò su molto. Beata ignoranza!
Continuò per la sua strada, imperterrito, svoltò un paio di angoli e salì su un pullman.
Scese, dopo un paio di fermate, in una via che era meno trafficata ed industrializzata. Camminò con calma, finché qualcosa non lo interruppe, mettendolo in agitazione. Un rumore forte, delle lamiere di un cassonetto che si schiantavano sul marciapiede e passi veloci nella sua direzione.
Si voltò, appena in tempo per vedere una furia di ragazza, con i capelli scuri scompigliati, le guance rosse in preda all’affanno. La felpa, leggera nonostante il freddo di marzo, aperta fino a sotto il seno ad esaltarlo, si muoveva velocemente a ritmo dei polmoni pieni e vuoti. I pantaloni, stretti e scuri, concludevano in due tronchetti alti e neri. Gli occhi, cerchiati da una linea spessa di eyeliner, erano di un innaturale viola chiaro, tanto amato e conosciuto, quanto diverso da quello usuale.
-Hinata…- sussurrò flebile, Kiba.
-No.- disse lei, la voce sicura. Alzò il braccio e poi con un dito lo puntò, inquisitoria –Tu sei Kiba, vero?
L’altro annuì e si stupì nel vedere la ragazza colmare la distanza fra di loro in due falcate, arrivando a pochi centimetri da lui.
La mano si alzò nuovamente, scontrandosi in un sonoro schiaffo contro la guancia bruna del ragazzo.
Il ragazzo aprì la bocca, scioccato, e prese a massaggiarsi la parte lesa.
-Questo è per tutto quello che hai fatto a mia sorella, brutto bastardo.- si indicò col pollice –Guardami bene, talpa. Hinata è mia sorella maggiore.
Il ragazzo sgranò gli occhi, stralunato. Non vedeva Hanabi Hyuga da quando aveva dodici anni, e di conseguenza lei sette, età in cui venne mandata in Svizzera. Era cambiata, notevolmente, sia fisicamente che mentalmente, diventando una dispettosa ragazzina.
Assunse un’espressione inferocita e contrariata, mugolando.
-Nana malefica!- esclamò.
Lei gli diede un forte calcio sulla caviglia, facendogli perdere l’equilibrio e quindi cadere. Lui la guardò, stravaccato sul duro cemento, ancora più stupito e contrariato. In Svizzera distribuiscono forse steroidi alle bambine?
Lei gli si avvicinò nuovamente, sicura di sé, afferrandolo saldamente per il colletto della maglia.
-Cosa hai detto, piccolo bastardo?- la voce rauca e imperiosa, un’aura cattiva tutt’attorno.
-Ho detto- disse lui, noncurante –Che sei una nana malefica.
-Io sarei malefica?- cominciò a percuoterlo –O tu che hai la tendenza suicida nell’interrompere il rapporto fra mia sorella ed il baka?
-Tendenza suicida?- chiese lui, mentre continuava ad essere strattonato.
-Certo, perché stai andando incontro alla morte! Ti ammazzo!- e prese a schiaffeggiarlo –Pentiti, brutto bastardo!
-Adesso basta!- e la prese per i polsi, ribellandosi finalmente.
-Ehi, mollami!- protestò lei.
-Non ci penso proprio!- e si alzò, sempre tenendola per i polsi, per poi caricarsela in spalla.
-Non sono un sacco di patate, brutto bastardo!
Lui sbuffò e prese a camminare.
-E’ questo il rispetto che hai per le persone?
-E’ questo il rispetto che hai per le persone più anziane di te?
Quindi riprese la via per casa Nara, con la ragazza in spalla che tirava pugni contro la sua schiena salda. Camminò ancora per poco, fino a ritrovarsi davanti una costruzione un po’ anonima, una casa poco più che semplice.
Come sempre, aprì il vecchio cancello cigolante, percorse il vialetto fino ad arrivare allo zerbino e si abbassò, con ancora la ragazza sulla spalla, per prendere la chiave dalla crepa accanto alla porta.
La infilò nella serratura e sospinse la porta, entrando, per poi richiudersela alle spalle.
-Ehi, geniaccio.- disse subito, andando alla ricerca di Shikamaru.
Il fumo che proveniva dalla porta aperta del salotto gli consentì di intuire dove fosse il Nara e, a meno che non avesse dato fuoco a qualcosa, che non fosse solo.
Infatti, entrato nella stanza, vide Shikamaru e Sasuke stesi sui divani, mentre discutevano a bassa voce fumando come cappe.
Alzarono contemporaneamente lo sguardo su di lui, che li guardava a loro volta.
-Stavolta dovevi avvisare.- breve, coinciso, Shikamaru sbuffò sonoramente.
-E quella?- chiese Sasuke, osservando la ragazza posata malamente per terra.
-Chi, questa marmocchia?- fece lui.
-Yah.
-Hyuga junior.- disse, ridendo.
La ragazza storse il naso, indispettita. –Ho un nome, io.
-Non è importante.- rispose l’altro.
-Lo dici solo perché ti ho picchiato. Picchiato da una ragazza. Da una “junior”.- sorrise lei.
-Essere picchiati da te è come essere picchiati da un nano, seriamente. Non me la posso prendere con i piccoli.
-Allora non ti picchierò più, pardòn: sei piccolo di cervello, e chissà di cos’altro!
Gli altri due risero sonoramente per la battuta, il che rese la ragazza soddisfatta di sé.
-Ah, beccato, Kiba!- disse Shikamaru.
-Ti fai mancare di rispetto così da una ragazzina, Kiba?- disse l’altro.
Quello sbuffò, imbarazzato. Si abbassò al livello della ragazza, fissandola negli occhi e arricciando le labbra.
-Nana malefica.- mugugnò, con stizza.
La ragazza si infuriò e allungò uno schiaffo, facilmente evitato dal ragazzo, che le prese il polso con due dita e glielo girò dietro la schiena, senza forzare troppo per non farle seriamente del male. La ragazza si piegò, mugugnando dolorante.
La porta, quella che dava sul bagno, si aprì di scatto, mostrando un biondo stupito quanto indispettito.
-Lascia stare Hanabi, Kiba.- mugugnò –A quanto pare perseguiti tutte le Hyuga.
 
***
 
-Non c’era bisogno, Naruto, davvero.
-Ti stava facendo male!
Hanabi e Naruto sostavano nella cucina, al riparo da sguardi indiscreti. Più che altro, Sasuke lo aveva mandato via con la ragazza, per poter “rimproverare” indisturbato Kiba, sostenuto da Shikamaru.
Parlavano quindi, preparando qualcosa da mangiare.
-Ma perché lo hai picchiato?- disse lei, con tono di rimprovero.
-Perché se lo merita, ‘ttebayò!- rispose lui, stizzito.
-Guarda che non sei ancora mio cognato e, anche se tu lo fossi, non ti permetterei di intrometterti così.- disse, arricciando il naso.
-I bei gesti non vengono più apprezzati…- asserì ironico, scompigliandosi i capelli con una mano.
La ragazza sbuffò, mentre l’altro rise.
-Lo dovresti pestare a sangue per quello che ha fatto a te e Hinata.- disse lei, secca.
Lui fece un gesto con la mano: non ne voleva più sapere niente.
Si rabbuiò, poggiando la schiena contro il bancone della cucina, affranto. Hanabi lo vide con gli occhi vacui, angustiati e lontani.
Allora gli si avvicinò, spinta da un impeto che accomunava lei e la sorella maggiore. Altruista, cercò di richiamare la sua attenzione, ma lui rimaneva distratto.
Si ritrovò allora vicinissima a lui e fu costretta a sollevargli il mento con le dita. Finalmente, lui la guardò negli occhi.
-Potessi avere i suoi di occhi a guardarmi…- disse triste.
-Naruto. Non ti stai arrendendo, vero?-  chiese, decisa.
-No. Sono solo stufo di non averla con me.
-Non ti preoccupare.- lo rassicurò lei –Ti aiuterò io. Molto presto.
-E come?
Un rumore, piuttosto forte, li fece sobbalzare entrambi; la voce di Sasuke che urlava “Se la ami dovresti lasciarla libera, stupido stolker!”. Si voltarono immediatamente ed insieme raggiunsero il salotto. Quello che videro? Un Sasuke abbastanza incavolato che teneva Kiba per il bavero, dopo averlo sbattuto violentemente ad un mobile e Shikamaru piuttosto scocciato, più per il vaso caduto nell’impatto che per lo scontro fra i due, che gli pareva scontato.
-Che cavolo succede?- esordì Naruto.
Sasuke, appena si accorse del biondo, liberò Kiba non molto gentilmente. L’altro sbuffò, sistemandosi la maglia.
-Oggi le prendi da tutti, eh?- disse Hanabi, ridendo.
Il ragazzo grugnì e le schioccò un’occhiata indispettita, ma venne nuovamente spintonato, stavolta in avanti, da Sasuke.
-Subito.- disse solo, perentorio.
Kiba sbuffò, voltando lo sguardo e cerando le parole giuste da dire. Shikamaru e Sasuke gli avevano fatto una bella sgridata. Le loro parole erano rimaste impresse a fuoco nella sua mente. Si era reso conto, grazie a loro due, del danno che aveva fatto, nonostante continuasse a difendersi fino all’ultimo. Naruto… era depresso, non scriveva quasi più, non rideva più. Hinata… lavorava e, quando tornava a casa, non mangiava e andava quasi subito a dormire. La lontananza di quei due provocava a loro un dolore immenso, che né le parole gentili dei propri cari o amici né qualunque altra fonte di sollievo in natura avrebbe potuto alleviare.
Si sentiva obbligato in quel momento, anche per il bene del gruppo, a chiedere scusa.
Naruto lo guardava, stralunato poiché non capiva cosa stesse succedendo.
Strinse i pugni.
-Scusa- farfugliò, sottovoce.
-Parla decentemente!- urlò Sasuke.
-Basta, Sas’kè. Ho capito.- intervenne il biondo.
-Ma sembra un bambino!- protestò l’altro.
-Non serve più che si scusi. Basta che capisca.
Kiba alzò gli occhi verso di lui e lo osservò. Sul viso non aveva più un’espressione contrariata, ma solo la pallida ombra del dolore, malcelata da un sorriso pacato di nuova serenità.
-Ho capito, davvero.- disse, la voce roca.
-Non capirai mai pienamente finché non ti innamorerai come mi sono innamorato io, finché non subirai lo stesso torto.
Il moro cercò di passare oltre al fatto che Naruto avesse appena svilito la potenza del suo amore con un sorriso in volto e cercò, profondamente, di capire quelle parole, di carpirne tutta la sofferenza dell’esperienza appena vissuta.
Si stupì poi, nel vedere la mano forte e bruna del ragazzo tesa versa di lui. Lui la strinse, suggellando la pace con quel gesto formale.
Tutti i presenti sorrisero, finalmente c’era una tregua, finalmente erano tornati un gruppo. Presero più o meno tutti a fumare, a rincorrersi, a giocare, a divertirsi.
Naruto, guardando Kiba seduto accanto ad Hanabi sul divano di casa Nara, i loro reciproci dispetti, le loro reciproche attenzioni, prese a guardare tutto con occhi nuovi, notando ogni minima cosa, in parte libero da una sofferenza. Guardava ed amava, pensava, si ispirava.
Sembra che tutto sia tornato a posto, pensò il biondo. Come quando ci incontravamo per caso e cominciavamo a cazzeggiare. Tutto perfetto, ogni giorno così, tutti insieme a divertirci. Magia, abituale, una dose ogni giorno… E sembra che sia tutto merito di quel diavolo di Hanabi!
-Naruto?- urlò Hanabi, per sovrastare il casino provocato dagli altri.
-Hm?- fece lui, interrotto nel corso dei suoi pensieri.
-Vuoi ancora Hinata tutta per te?
-Assolutamente sì!- disse, guizzando.
-Allora, ho un’altra condizione per il mio aiuto.
Quello sospirò, snervato –Cosa ancora?- chiese.
-Scrivi una canzone. Qui, ora.
Naruto si guardò intorno, cercando carta e penna. Seccato, si rivolse nuovamente ad Hanabi.
-Dammi quel coso che usi per gli occhi.- disse, riferendosi all’eyeliner.
Lei lo prese dalla borsa e glielo diede, incuriosita.
Naruto si alzò ed andò nella piccola cantina dove Shikamaru si allenava e che ogni tanto veniva allestita a sala prove.
Scrisse sul muro, con l’eyeliner che andò irrimediabilmente rovinato, il testo di una canzone che gli veniva dal profondo.
Sasuke gli si avvicinò, si complimentò per il testo e sorridendo gli propose una melodia leggera, semplice.
Allora i ragazzi cominciarono a suonare e cantare, Naruto cantava la parte principale e Kiba intonava le strofe in inglese, la musica che diffondeva il verbo della gioia.
E Hanabi ballava, felice e persa nella canzone.
 
 

Siamo anime schizzate, Nel deserto all’improvviso.
C’è un cartello che ci avvisa: Benvenuti in Paradiso.
E tu che graffi sottopelle, come polvere di stelle, sempre più!
Take me down to L.A.
Mentre sanguina la vita, tra le palme e i sushi bar,
Ricopriamo le ferite col cerone delle star.
È una notte da star male, in questo immenso Luna Park!
Take me down to L.A.
E nel cielo gli angeli fanno surf.
È la nostra Hollywood e tutto può succedere,
nella notte di un giorno di ordinaria magia!
Giorni di un’estate indiana, respirando queste strade.
Labrea, downtown e colline che versano sound.
Tra lampeggianti e le sirene, ed il vento nelle vene.
Take me down to L.A.
Ballare liberi ed urlare a un mondo che non sogna più.
Un altro brindisi al veleno,
Luna chicana di città con mille teschi tatuati
ed il tuo rimmel da rockstar.
E nel cielo gli angeli fanno surf.
È la nostra Hollywood e tutto può succedere,
nella notte di un giorno di ordinaria magia!

 
 
Bevvero, si buttarono sui divani, disordinarono tutto, cantarono, strimpellarono.
Ma Kiba se ne stava ancora lì, seduto sulla scomodissima sedia della cantina, un sorriso strano e gli occhi lontani.
-Smettila di deprimerti e balla con me, cretino.
E allora Kiba pensò che non c’era angelo più bello di quello che aveva davanti: ribelle, selvatico, con le corna e le ali rosse, gli occhi viola e bianchi esaltati.

"Il più bell'angelo di Dio divenne il Diavolo"











Ciao gente! Che dire! Sono in orario perfetto.
Purtroppo sto passando un periodo piuttosto brutto e mi sono un pò bloccata... quindi niente anticipazioni,
anche se il capitolo è già più che iniziato.
Riguardo a questo, beh, che dire. Hanabi-Cupido-Diavolo è in gioco, gente!
Manesca xD Mi piace così, ok?
La canzone? Un pò è riferito al momento, alla ritrovata pace e tranquillita, a quella magia che c'era fra di loro.
Un pò è dedicata agli angeli, a coloro che ci stanno sempre vicino, ma che sono un pò diversi dagli angeli normali,
sono ribelli, surfano appunto, quindi è dedicata a... Hanabi. E a Kiba. Perchè mi è venuta di far nascere una nuova coppia.
You like? Comunque, seriamente, lasciatemi un pò di recensioni che così mi riprendo da sto malumore, ja!
Please ç.ç 

PS: Grazie ad
Arcx che ha notato i sottotitoli. Love you. <3

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Capitolo 15
*** Il mio veleno. ***


Filosofia di vita.
-
Il mio veleno

[Storie di ricchi e poveri] 

 
[Negrita: Il mio veleno]
La sua idea era semplicemente perfetta.
Il 27 sarebbe stato il suo compleanno, mentre il 28 quello di Sakura-chan. Ogni anno, Hanabi tornava a casa per il suo compleanno, lo festeggiava serenamente in famiglia mentre il giorno dopo andava con la sorella dalla rosa.
Da qualche tempo a quella parte però, cioè dall’anno che coincideva con l’abbandono del nucleo familiare da parte di Hinata, Hanabi festeggiava quel giorno unicamente con la sorella, Sakura e Ino, festeggiando i due compleanni la stessa sera.
Quella volta, avrebbe sfruttato quel giorno imminente per costringere i due innamorati ad incontrarsi e, con una buona dose di fortuna e un po’ di coraggio da parte di Naruto, a risolvere la situazione.
Si era quindi adoperata immediatamente per organizzare al meglio la festa: doveva essere incredibile e con una quantità tale di distrazioni o cose da fare da lasciar i due piccioncini  soli senza nessun disturbatore.
L’unico vero ostacolo a quel piano semplicemente perfetto? La cena in famiglia.
Accadeva infatti che, per mantenere una parvenza di famiglia, le due ragazze venissero sempre invitante a casa Hyuga in coincidenza dell’arrivo dei loro compleanni.
Ormai, il capostipite della famiglia Hyuga conosceva bene sua figlia Hinata e non era passato molto tempo che aveva capito quanto fosse inutile cercar di riprendere la primogenita sotto la sua dimora.
Per quanto riguardava invece l’altra figlia, il discorso era ben più delicato.
Hanabi era ancora minorenne. Non poteva ribellarsi come voleva anche se, di fatto, a lei non aveva fatto quasi nulla. Il fatto che però il loro austero padre avesse messo le mani su Hinata, colei che le aveva fatto da madre, suscitava in lei una rabbia ed un disprezzo tali che, fosse stato per lei, avrebbe volentieri fatto a meno di frequentarlo.
Inoltre, il padre era troppo potente. Se avesse voluto, avrebbe volentieri oscurato i suoi orizzonti.
Con Hinata forse si sentiva in colpa, per cui non aveva mai agito. Ma entrambe le ragazze sapevano che era meglio non suscitare la rabbia di quell’uomo tanto potente quanto irascibile.
Si erano quindi preparate, quella sera, con calma estenuante. In casa c’era un silenzio pesante, i gesti calmi, stanchi, quasi volessero dire “più tardi andiamo meglio è”.
Hinata indossava lentamente la camicetta bianca, una manica, un’altra, e poi via, a chiudere i numerosi bottoni. Indossò un foulard scuro, strinse bene la cintura attorno ai pantaloni ed assicurò il gioiello al polso.
Camminò, silenziosa nonostante i tacchi alti, ed andò a bussare alla porta del bagno, dove sostava ormai da un po’ Hanabi.
Bussò e sentì un singulto forte, quasi cercasse aiuto. Aprì lesta la porta e si gettò sulla sorella, seduta accanto alla vasca in una valle di lacrime. Il trucco nero, probabilmente appena messo con le mani tremanti, era scivolato giù sulle guance candide della ragazza, che era bianca come carta. Tremava e singhiozzava, in preda ad una crisi di panico.
-Hanabi? Hanabi calmati, ok?- urlò la maggiore, impaurita, premendo le mani contro le sue spalle.
Si alzò, avvicinandosi veloce al lavabo per bagnare un asciugamano.
-Respira profondamente! Hanabi, non chiudere gli occhi! Hanabi!- la chiamò, preoccupata come non mai vedendo i suoi occhi socchiusi.
Le si avvicinò, bagnandola celere con l’asciugamano, cercando di rianimarla.
Dopo alcuni minuti, Hanabi si calmò, smise di piangere e venne presto accolta da un caldo abbraccio.
-Spiegami.- sussurrò Hinata, direttamente all’orecchio della ragazza.
-Io… io non voglio che tu soffra a causa mia, onee-san.
La maggiore la guardò stranita, sgranando gli occhi in cerca di inespresse spiegazioni.
-Tu… tu non sopporti la vista di nostro padre e nemmeno io, per quello che ti ha fatto. Ma… non posso negarmi… io ti chiedo scusa…
Hinata sorrise pacata, accarezzandole le gote.
-Guarda che lo so! Non ti devi preoccupare per me, imoto. Ormai a ventuno anni so badare a me stessa.
-Potremmo chiamare per dire che sono stata male e non andare…
-Oh, Hanabi, no. È inutile ritardare la cosa. E magari,  vedendoti in questo stato, sarà lui stesso a farci tornare a casa prima.
-Facciamo come vuoi tu, onee-san.
Le ragazze si alzarono, finirono di prepararsi ed uscirono di casa. La grande macchina della famiglia Hyuga le stava aspettando. Salirono e, come un ombra scura nella sera, si dispersero nel buio.
Villa Hyuga era una costruzione fuori città, molto grande, enorme, di un bel giallo chiaro. Aveva numerosi piani ed un ampio giardino. Quella era la cosa che le due ragazze amavano di più.
Il giardino, grande e mistico, era stato pensato e creato come creta da Hoshiko Hyuga: era lei che ne teneva cura, lei che aggiungeva o toglieva fiori, lei che disegnava le forme delle siepi.
Era una delle cose più belle che lei aveva lasciato alle sue due figlie, quella più rappresentativa del suo amore. Quel giardino era per loro, per disperdere ogni loro dolore col profumo di betulle e di rose.
Ammiravano il loro amato giardino, ma non la casa. Quella era la casa del dolore, la casa dove Hoshiko era morta, la casa dove Hiashi alzava la voce e picchiava, la casa dove quell’uomo commetteva cose orribili.
Le due entrarono, come ogni anno, accompagnate da un collaboratore domestico. Vennero guidate fino alle porte di una grande sala, furono presentate ed infine introdotte nella stanza. Il collaboratore richiuse le porte scorrevoli, lasciando la famiglia sola.
Hiashi fumava, il nauseante odore di pipa nella sala. Neji, poco più distante, stava ritto, in piedi, con un sigaro fra le labbra. La sala scura, dai mobili imponenti, era quella dei ricchi fumatori, dove ogni tanto il capofamiglia ospitava il suo club.
Hanabi fece un lieve inchino, segno di rispetto impartitole fin dall’infanzia, che un tempo avrebbe fatto anche Hinata.
La maggiore invece osservava con occhi duri la scena, schifata. Sua sorella aveva ragione, la vista del padre la inorridiva, sempre di più.
-Finalmente.- disse lui, la voce profonda e dura –Mi avete fatto aspettare.
-Scusaci…- rispose flebile la minore.
Neji si avvicinò alle cugine, salutando con un bacio sui capelli la giovane e dando un leggero colpo all’altra ragazza.
Hinata lo osservò. I suoi occhi volevano rimproverarla per l’ennesima volta, ancora una volta dirle di comportarsi meglio.
Ma lei continuò, imperterrita, a guardare il padre con astio.
Lui si alzò dalla poltrona, spegnendo e posando la pipa.
-E’ un piacere vederti, Hanabi.- disse lui, non considerando di proposito Hinata.
Un tintinnio perpetuo fece capire loro che la cena era pronta, quindi si diressero nella sala da pranzo, dove vennero presto serviti.
La cena procedeva silenziosa, un continuo cozzare di posate e piatti, null’altro.
C’erano degli sguardi, però.
Hanabi guardava timorosa il padre o, preoccupata, la sorella. Mandò un unico, disperato sguardo implorante d’aiuto al cugino, che lui parve non cogliere.
Hinata invece, si prodigava nel lanciare silenziosa sguardi furiosi, al confine con quello di un assassino.
Non voleva che suo padre ferisse sua sorella, che aveva cresciuto in base ai propri valori, appresi non da lui ma dalla nobile madre.
Perché la vera nobiltà, l’eleganza, l’aristocrazia di quella famiglia, non era di quell’uomo rozzo ed ipocrita, ma della donna soave e dolce che le aveva lasciate da ormai quattordici anni.
Poi guardava il cugino. Neji-kun, il suo itoko, per un periodo il suo fidanzato. L’aveva tanto ammaliata, tanto affascinata, talmente tanto che quel sentimento fanciullesco, quell’amore fraterno, si era tramutato in qualcosa di più.
La convinzione, però, che le si stagliava nella mente in quel momento, le faceva male. Lei non era mai stata innamorata di Neji, lo aveva capito bene quando aveva incontrato Naruto.
Questo la feriva, doppiamente: Naruto era irrimediabilmente lontano e la sua mancanza la indeboliva, e inoltre, in quel periodo di cotta per il cugino, aveva fatto cose di cui adesso, ripensandoci, si pentiva.
Ripensava a tutto ciò con dolore. Aveva perso un cugino, un amico fraterno, un prezioso consigliere. Tutto perché il cognome che portavano entrambi quasi li marchiava, col suo potere, il suo schifo.
Non erano una famiglia. “Hyuga” equivale a condanna, a terrore, a ipocrisia.
Che famiglia ipocrita. Piena di giochi di potere e falsi sorrisi. Tutto falso.
E intanto, quell’uomo, colui che da tempo chiamava solo “Hiashi”, guardava la sua famiglia con aria ironica,  strafottente.
Quello sguardo ilare la fece infuriare e stava quasi per parlare, quando il capofamiglia la precedette.
-Ebbene, Hanabi, come procedono gli studi?
Ci era voluto il tempo di arrivare al dessert per far ricordare all’uomo i suoi doveri di genitore.
La ragazza si stupì, ma un poco si rianimò. Poggiò con eleganza le piccole posate da dolce sul piattino e guardò il padre con aria seria e matura.
-Bene, direi.- sentenziò –La cara professoressa Schowert ci sta illustrando la psicologia di Freud. Mi interessa molto.
-Che tu impari qualcosa è il minimo che ci si aspetti da un’istituzione talmente costosa.- controbatté acido lui.
La ragazza si zittì immediatamente, già pentita del suo piccolo slancio speranzoso. In quel momento Hinata, a vedere la sorella così abbattuta, infranse mentalmente tutti i propri buoni propositi, scacciando via i pensieri delle eventuali conseguenze.
-La maggior parte delle persone cresciute in collegio non vengono su bene, sapete, Hiashi?- disse lei, con tono fintamente calmo, lanciando una frecciatina al padre.
Lei era sempre stata contraria a quella decisione, non capiva il bisogno di separare lei e la sorella.
-Ti vedo preparata sull’argomento “Persone non venute su bene”.- fu la risposta del capofamiglia.
-In effetti ho molti esempi in famiglia.- rispose lei, sfrontata come non mai.
-Sì? E dicci Hinata, raccontaci le tue prodezze.- disse, facendole un cenno con la mano reggente il bicchiere di vino.
-Io lavoro.-
-In una mia azienda.-
-Gestisco bene i lasciti di mia madre.-
-Gestire non significa abbandonare.-
-Ho una cultura abbastanza ampia.-
-Costruita con libri pagati da me.-
-Adesso basta!- urlò Hinata, dopo questo battibecco, sbattendo le mani sul tavolo ed alzandosi in piedi inferocita –Io non sono il tuo burattino! Io ho una vita mia!-
Hinata aveva perso la calma. Quella famiglia (si poteva chiamare famiglia?) la inorridiva e rattristava contemporaneamente. Tutti quegli affronti, quelle mancanze di rispetto, lei non ne poteva più. Non era più tempo di recitare il ruolo di paciera.
-Hai forse perso il senno?- disse solo il padre, lievemente scocciato per quella reazione.
-Tu non puoi trattare così le persone, sei un mostro!- disse, alzando la voce.
-Tu sei mia figlia, ti tratto come mi pare.-
-Io, tua figlia? Io sono figlia di Hoshiko Hyuga, e basta.- il tono fermo e perentorio.
-Sì?- anche lui si alzò –Mi disconosci come padre? Allora non godrai nemmeno di tutti i tuoi privilegi!
-Bene!
-Sei licenziata!- gridò.
-Meglio!- urlò lei.
-Basta, Hinata.- disse flebile Neji, cercando di sedare la lite, ma non venne ascoltato da nessuno.
-Sei solo una lurida sciocca!- alzò lui la voce, minaccioso.
-E tu mi fai schifo!
Uno schiaffo si schiantò lesto sulla guancia linda della ragazza, che non perse nemmeno tempo a lambire la parte lesa, abituata com’era. Lo guardò, ferrea.
-Mi fai schifo e sono fiera di non essere della tua pasta. Presto vedrai, vedrai quanto sarò grande, anche senza di te! Mi riscatterò!
Detto questo si avviò verso la porta, pronta ad uscire.
Lanciò un ultimo sguardo alla famiglia, ad Hanabi scioccata ed intristita, a Neji rassegnato e al padre infuriato.
Povera Hanabi, povera piccola rosa delicata, sviluppa le spine e difenditi, o ti strapperanno dal mondo...
Fu fuori dalla casa in un lampo, camminò, al buio, intraprendendo il percorso, non pensando agli innumerevoli chilometri che la separavano da casa. Quel cammino, era solo l’inizio.
Hinata voleva cambiare.
Era vero, se ne rendeva conto. Non aveva ancora trovato una propria strada, non sapeva cosa fare, cosa seguire, dove andare.
Allora aveva sfruttato quel poco che poteva la sua situazione privilegiata, lavorando sì, ma non preoccupandosi del suo futuro.
Procedeva a tentoni, mentre tutti, intorno a lei, studiavano, diventavano dottori specializzati, fioriste abili e direttrici d’aziende, musicisti, cantanti.
Lei, invece, cos’era? Se lo chiedeva. Qual era la sua strada?
 Un groppo in gola la fece boccheggiare. Paura, frustrazione.
Sono una stupida, la solita stupida. Sono un pianeta vagante senza meta, errante.
Si toccò il polso, infreddolita. Aveva perso peso, era semplice ora stringere quell’osso con due dita.
Non mangiava, dubitava di sé, della propria vita, della propria forza.
- E mi cibo soltanto di tenera quiete, metabolizzando una dieta da prete.- canticchiò, Hinata.
Com’è che ora le veniva in mente quella canzone? Naruto… lui l’aveva scritta. L’aveva cantata con il gruppo guardandola negli occhi, con i suoi di quell’azzurro incantevole, dolci e nostalgici.
Possibile che anche lui avesse passato le sue stesse peripezie? Chissà, potrebbe darle un consiglio, ora.
Strinse forte la mano sul petto.
Questo stupido cuore mi vuole ricordare quanto sono sola. Ma perché devo soffrire così?
Le mancava, tanto, irrimediabilmente.
Era così scombussolata, così frastornata da quella serata e da quei pensieri, che non si rese conto che una macchina le si era accostata accanto e che il finestrino del conducente si era abbassato.
Se ne accorse solo quando una voce maschile l’interpellò, richiamandola e riportandola alla realtà.
Si voltò, un poco spaventata, ma rise nel vedere lo sguardo accigliato dell’uomo.
-Sasuke.- lo salutò, amichevole e felice di vederlo.
-Hinata, che diamine ci fai sola a quest’ora? Sali.- ordinò, perentorio, e lei obbedì.
L’abitacolo era caldo e confortevole, qualche patatina sul tappetino la fece sorridere inconsciamente.
-Scusa, il dobe.- spiegò lui, per poi vedere l’espressione di lei accigliarsi.
-E’ stato qui?- chiese lei, semplicemente.
-Fino a poco fa, stavo giusto tornando a casa.
Era stato lì, dove lei era seduta. Si accoccolò meglio sul sedile, inspirò forte quell’odore di uomo.
L’odore di Naruto.
Aveva cercato inutilmente di non pensarci, di non pensare a lui, a quello che aveva fatto per lei, al modo in cui aveva insinuato in lei quel sentimento strano e bello, facendola innamorare.
Ma si sa, prima o poi i nodi vengono al pettine; Sasuke le si era presentato di fronte, salvatore della sua serata stanca e squilibrata, concedendole quel contatto astratto col suo amato.
Le aveva dato la possibilità di sentire la sua presenza tangibile, nonostante lui fosse lontano. Ma lontano dove?
-Dove dorme?- chiese, titubante e preoccupata.
Sasuke non si stupì della domanda, ma fece uno strano gesto rassegnato, accompagnato dal movimento pacato del capo.
-Viene da me poche volte, per pulirsi e rifocillarsi, ogni tanto si fa un sonnellino sul divano, ma niente di più… Non vuole.
-Ma perché? Non lo capisco…- disse affranta lei.
-E’ troppo orgoglioso. Non vuole dare fastidio a nessuno. Vuole farcela da solo.- rispose lui, mettendo in moto la macchina.
-E allora, perché ha dormito da me?- chiese, effettivamente dubbiosa.
-Beh… Mi ha raccontato che in te ha visto le stesse cose. Non si è sentito a disagio nell’appoggiarsi a te, poiché anche tu avevi bisogno di lui.
La ragazza annuì lievemente, intristita dal discorso.
-Ha parlato di me?- chiese ancora.
-Sempre. Gli manchi molto, Hinata.- inserì la marcia.
-Ha sbagliato…
Sbuffò, scocciato.
-Tutti sbagliano.- schiacciò violentemente l’acceleratore –Ma non parlo più, risolverà lui.
Ci fu silenzio per qualche minuto. Tokyo scorreva nello sfondo, le luci sempre più ad infittirsi e il traffico facendosi più pressante, segno evidente dell'avvicinamento dalla periferia al cuore della città.
Hinata canticchiava ancora, sottovoce.
-Sasuke, come faceva quella canzone? ‘Il mio veleno’? – lo interrogò lei, curiosa di soddisfare il tarlo della sua mente.
- ‘Qual e' l'istante che disegna una vita? Quand'è che capisci a che cosa è servita?’ intendi questa?- chiese lui.
La ragazza annuì, gioiosa, ascoltando Sasuke che cominciava ad interpretare la canzone a cappella, unendosi a lui in un bel duetto giocoso, forse un po’ stonato, ma comunque artistico e significativo.
Quella era la canzone che raccontava la sua vita.
 
 
 
Qual e' l'istante che disegna una vita?
Quand'è che capisci a che cosa è servita?
C'è chi patteggia con le sue frustrazioni
e chi come me procede a tentoni
Ma benedico quei giorni
in cui tutto è uno sbaglio
l'amaro dentro è come un'arma da taglio
Mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho
 
LASCIA CHE SIA IL TEMPO A RIPOSARE
E AD ASCIUGARE IL MIO VELENO
PER SISTEMARMI PER DAVVERO
RISCATTARMI A COSTO ZERO
 
Il mio karma traballa e piscio spesso di fuori
ma in magazzino ho ancora troppi rancori
che mi fanno buttare anche senza una rete
mangiando sale per placare la sete
Mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho
Mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho
 
LASCIA CHE SIA IL TEMPO A RIPOSARE
E AD ASCIUGARE IL MIO VELENO
PER SISTEMARMI PER DAVVERO
RISCATTARMI A COSTO ZERO
 
E CHE SIA IL TEMPO A SISTEMARE
E A FARE SPAZIO NELLE VENE
PER ARCHIVIARE IL MIO VELENO
RISCATTARMI A COSTO ZERO
 
E mi cibo soltanto di tenera quiete
metabolizzando una dieta da prete
Ma io dubito dubito dubito... di me
Dubito dubito... perchè...
Me la leggi negli occhi qual'e' la mia natura
Me la leggi negli occhi tutta la mia paura
E mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho!
 
LASCIA CHE SIA IL TEMPO A RIPOSARE
E AD ASCIUGARE IL MIO VELENO
PER SISTEMARMI PER DAVVERO
RISCATTARMI A COSTO ZERO
 
 
 
{Guardati, Hinata.
Sei appena diventata povera. Tuo padre ti ha appena diseredato e sei stata licenziata. Camminavi, sola, angosciandoti e basta. Ma sola non sei più e non lo sarai mai.
Guardati, Hinata.
Sei appena diventata ricca. Hai guadagnato un po’ di calore e amicizia, braccia sicure a cui tornare, pagandoli con qualche sorriso dolce. Hai guadagnato un amico, ma fidati, non sarà solo questa la tua ricchezza.}












Ciao! Alloooora, eccomi qui, con due giorni d'anticipo! Contenti? 
Io si. Sono arrivata terza al concorso, con questa storia qui ----> 
La discoteca non fa per me.
Q
uesto capitolo, un pò difficilmente, alla fine è uscito.

Non so nemmeno che roba è, come definirlo!
Qui si vede un Hanabi un pò diversa, un Hanabi che ha 16 anni, orfana di madre e in conflitto con il padre, per cui una ragazza che soffre.
Vediamo Hiashi, che finalmente entra in scena, anche se era meglio che rimaneva dov'era
 con il suo animo burbero e infido nei confronti della figlia maggiore.
E Hinata... Cavolo, Hinata è Hinata, ma mica è solo dolce! Cazzo! Ha le palle anche lei quando servono! (NdSasuke: sembra che sia io a parlare!)
Sasuke sta diventando il mio beniamino, chissà perchè <3 Mi piace vederlo così, anche se non ho mai trattato di lui così tanto! 
Spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere ok? 
Prossimo aggiornamento fissato al 27 Marzo, in onore di Hanabichan!



Anticipazioni....
-Senti, baka, non possiamo farti tutto noi!- urlò Hanabi –E ora fammi andare a casa, che mi devo preparare!

-Ma sono solo le tre del pomeriggio.- soffiò Sasuke, sconcertato.
-E quindi?- chiese lei, non capendo.
-La festa è alle sette!

-Mi ci vuole tempo, dannazione!- disse mostrando loro una lunga linguaccia –A stasera! ]

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Capitolo 16
*** We need a change. ***


Filosofia di vita
-
We need a change

[Sarà una strada più corta se la percorreremo insieme.]


[Negrita: We need a change (instrumental)]

Le si stagliò in viso un sorriso malefico, da diavoletto furbacchione.
Sorrise, fiera di sé. In pratica era riuscita ad insegnare al culo di papera come usare decentemente un cellulare, nel giro di una settimana appena.
Lui infatti, l’aveva quasi subito avvisata. Naruto era concorde col piano, che in effetti era molto semplice. Almeno la loro parte.
Ah, quel diavolo di Hanabi!
Costringere la sorella a cucinare tonnellate di cibo per la sua festa e fuggire via per andare dal dobe-quasi-sfortunatamente-cognato. Tutto per dirgli cosa?
Che loro li avrebbero semplicemente chiusi in camera insieme! Questo era il suo folle, misero piano!
-Ma devo fare tutto io!- protestò Naruto, dopo che gli ebbero spiegato il piano.
-Infatti è così semplice che potevi pensarci da solo!- lo punzecchiò Sasuke, prendendolo in giro.
-Senti, oggi è il mio compleanno, ringrazia che mi prendo il disturbo di aiutarti!- asserì Hanabi.
-Oh beh, grazie tante per lo sforzo Miss, ma speravo in qualcosa di più!- protestò lui.
-'Fanculo, baka! Non farlo se non vuoi!- rispose lei, alterata.
-E che faccio?- chiese il biondo, la testa per aria.
-Muori!- disse Sasuke, esasperato.
-Ma… ma cosa le dico!- richiese ancora, dando in escandescenza.
-Senti, baka, non possiamo farti tutto noi!- urlò Hanabi –E ora fammi andare a casa, che mi devo preparare!
-Ma sono solo le tre del pomeriggio.- soffiò Sasuke, sconcertato.
-E quindi?- chiese lei, non capendo.
-La festa è alle sette!
-Mi ci vuole tempo, dannazione!- disse mostrando loro una lunga linguaccia –A stasera!
Si avviò verso la porta, ma Naruto la richiamò.
-Hanabi?
-Hm?
-Auguri… e grazie.
Lei gli fece un semplice occhiolino ed uscì da casa Uchiha, per tornare velocemente alla propria.
Arrivata a casa, diede un’ultima sistemata alla casa e agli addobbi, aiutò come poteva la sorella ai fornelli ed infine si concesse un bel bagno.
Entrambe le sorelle ebbero a malapena il tempo per prepararsi.
Alla fine, stanche, si buttarono sul divano in attesa dei pochi ospiti.
Hinata si voltò verso la sorella. Erano state taciturne per tutto il giorno e per poco tempo erano state davvero insieme. Spesso si era soffermata ad osservare i suoi tratti.
Era così cambiata, così diversa… Quando era una bambina, aveva dei capelli molto lunghi, il volto paffuto e gli occhi sempre spalancati a catturare più immagini belle possibili del mondo; era spesso taciturna ma dispettosa, piuttosto burbera, ma anche molto introversa.
Hanabi aveva sempre tenuto tutto il proprio dolore per sé, non l’aveva mai condiviso con anima viva, né fatto presente i propri pensieri.
Però… anche ora che era cresciuta, che era bella ed alta, con lunghi capelli scuri presi dalla parte paterna della famiglia, il volto più sottile e longilineo, il corpo formoso e femminile,
i suoi occhi grandi e perlacei erano rimasti invariati: nonostante lei ridesse, sorridesse, continuasse ad essere dispettosa, questi nascondevano malamente dolore e nostalgia.
Hinata conosceva e condivideva il dolore che si portava dietro la sorella minore. Aveva vissuto solo i primi due anni della sua vita con la madre, poi era rimasta orfana.
Troppo pochi per ricordare quel volto e le dolci carezze materne, di cui Hinata aveva goduto qualche anno in più.
Era questo il motivo per cui la ventunenne aveva sempre cercato di rimpiazzare quel ruolo.
La cibava, la accudiva; la notte, quando ascoltando attraverso la parete sentiva singulti e lacrime, la raggiungeva e la stringeva fra le braccia, la accompagnava a letto e dormivano insieme.
Hinata non dormiva se non dormiva anche Hanabi.
Non si erano mai raccontate reciprocamente il proprio dolore, ma erano sempre state presenti l’una per l’altra.
Adesso la guardava, quindi, notando quei suoi occhi perlacei e nostalgici, che le donavano un’aria misteriosa ed eterea.
Ma c’era un’altra cosa che pensava, mentre la guardava. Una cosa che la preoccupava, che però doveva comunicare alla sorella.
La mora si spostò, sedendosi sul tavolino d’innanzi la sorella. La ragazza la guardò, stupita e vagamente incuriosita.
-Imoto.- la chiamò, flebile.
-Onee-san.- fece lei, sedendosi più compostamente, incoraggiandola a parlare.
-Ti devo parlare di una cosa abbastanza seria.- Hinata sembrava turbata e si torturava concitatamente le dita.
La ragazza annuì, spostandosi ulteriormente, portando il busto verso la sorella. Le afferrò le mani con delicatezza, interrompendo quel gesto che un poco la innervosiva.
-Oggi è il tuo compleanno. Compi sedici anni, sei diventata bellissima e sei una persona dolce e divertente. Tu non lo sai, ma la mamma mi aveva fatto promettere di darti una cosa da parte sua, quando avresti compiuto sedici anni. E’ un oggetto che viene tramandato di figlia in figlia nella famiglia della mamma, che in teoria sarebbe dovuto passare a me. Ma la mamma era molto preoccupata per il tuo avvenire e, qualche tempo prima che ci lasciasse, quando già sentiva di.. di non potercela fare, ha deciso di darlo a te. Quest’oggetto…- e prese un piccolo bauletto, che sembrava uno scrigno – è il portafortuna di famiglia. Forse alla mamma non ha fatto molto bene… o almeno questo è quello che ho pensato io per molti anni della mia vita. Ma ai miei sedici anni anche io ho ricevuto un regalo dalla mamma, una lettera, in cui mi spiegava anche questo. Lei diceva che questo oggetto le ha permesso di vivere un po’ più a lungo, di dare alla luce un’altra splendida bambina nonostante il cancro, di amare per qualche anno ancora me e te…- Hinata aveva le lacrime agli occhi, per cui si interruppe.
Non disse altro, avvicinò senza dire nulla il regalo alla sorella, che lo aprì col suo tacito consenso.
All’interno stava adagiato un medaglione, d’oro bianco, raffigurante un quadrifoglio, che però, al posto delle solite foglie, aveva quattro splendidi cuori.
Hinata cominciò a piangere, il volto puro della madre dietro agli occhi. Le porse, lentamente, un altro piccolo scrigno, mostrando poi il proprio polso, al quale portava un bracciare dai lacci rossi con un ciondolo con il kanji che significava “Famiglia”, lo stesso che le stava regalando.
Fu allora che Hanabi, già commossa, cedette, abbandonandosi ad un pianto silenzioso abbracciando la sorella maggiore.

Non si dissero nulla per qualche minuto, rimanendo abbracciate strette strette.
-Ascoltami ancora un attimo- soffi­ò Hinata fra i suoi capelli neri, scostandola da sé –C’è ancora una cosa che devo dirti.
Hanabi la guardò, ancora preoccupata. La vide tirare su col naso e sollevare il viso verso il cielo, cercando di trattenere ulteriori lacrime.
I suoi occhi violacei si persero nuovamente in quelli di lei, che le trasmettevano commozione e qualche strano tormento interiore.
Fu Hinata stavolta ad interrompere il gesto perpetuo delle sue mani per stringere quelle della sorella.
-Credo che ricorderai bene qualche sera fa la litigata con nostro padre.- asserì, aspettando conferma che non tardò ad arrivare sottoforma di un mugugno.
-Io in questi giorni ci ho pensato a lungo- proseguì lei –arrivando alla conclusione che, nonostante questa casa che ha visto le mie fatiche venga pagata con il mio stipendio, non posso più tenerla. L’ho affittata con lo stipendio datomi da nostro padre e lui ha ragione nel dire che non sono capace di cavarmela da sola. Per cui, dato che sono anche senza lavoro, voglio cogliere l’occasione e ricominciare la mia vita da capo.
-Capisco.- disse annuendo –Sai bene che ti appoggerò in ogni cosa. Come intendi procedere?
-Io…- Hinata strinse maggiormente le sue mani -…ti chiedo di farmi un regalo, anche se è il tuo compleanno. Non so ancora che lavoro fare, ma voglio assolutamente abbandonare questa posto. Nostra madre ci ha lasciato una casa. Ricordi? Quella dove ci portava appena faceva bel tempo, dove amava riprendersi un po’ con aria pulita.
La ragazza parve confusa.
-Hai ragione Hanabi, scusami, eri troppo piccola per ricordare…- con due dita giocò con ciuffi di capelli neri, in un gesto affettuoso –Hanabi, quella casa è anche tua, per cui ti sto chiedendo il permesso di viverci. Almeno per qualche tempo. Cosa ne pensi?
Hanabi la guardò, per poi, dopo poco, cominciare a ridere.
La sorella la guardava, stralunata per quel comportamento. Cercò di riportare la sorella al discorso, ma fu inutile.
Quando finalmente Hanabi si calmò, le prese dolcemente le mani sorridendo, come quando da bambina le prometteva di smettere di farle tutti quegli scherzi perfidi.
-Hinata nee-san, ci sono state volte in cui ti ho chiamato kaa-chan, perché è questo che tu sei stata per me. Hai sprecato la tua infanzia dietro a me, sei maturata prima, hai cercato sempre di insegnarmi ciò che la mamma in pochi anni ha insegnato a te. Io, kaa-chan, non ho mai avuto modo di ringraziarti. E se posso fare questa cavolata per te… Io ti regalerei tutte le case del mondo!
Hinata arrossì d’imbarazzo e sorrise, per poi gettarsi di peso sul divano e sulla sorella, sgualcendo il bel vestito ed intrappolandola in un abbraccio da orso. Presero entrambe a ridere, finché il suono del campanello non le interruppe.
Le sorelle s’alzarono immediatamente, si diedero un’ultima sistemata ed andarono ad aprire la porta insieme.
Sasuke sostava appoggiato col braccio allo stipite dell’uscio, mentre una Sakura indispettita lo assillava con i suoi continui rimproveri; Shikamaru stava un po’ più in là, parlottando con Kiba e guardando di sottecchi una certa biondina.
Kiba si spostò, entrando per primo in casa. Tutti, nel momento in cui il moro si parò d’innanzi alla Hyuuga primogenita, tacquero.
Hinata alzò lo sguardo e lo fissò in quegli occhi marroni. Lui fremeva, non sapeva che fare e che dire. Riuscì però a comunicarglielo con gli occhi, in qualche modo, a comunicargli il suo dispiacere per tutto quello che aveva fatto a lei e contro Naruto.
Hinata sorrise, tranquilla e pacata, pareva una dea.
-Tranquillo, non fa nulla.- volle dire lei, spostandosi per farlo entrare.
Kiba rise e si rilassò, per poi cominciare a punzecchiare Hanabi, che ricambiava con tante smorfie e insulti.
Sasuke e Sakura si fecero strada, anche loro per salutare la padrona di casa e fare gli auguri a Hanabi.
I due si tenevano per mano e Hinata parve un po’ stranita dalla cosa.
-Stiamo insieme.- annunciò Sakura, arrossendo imbarazzata.
-Purtroppo.- disse Sasuke, confermando a modo suo.
La ragazza gli diede un leggero pugno sul fianco, sbuffando.
I due si spostarono verso Hanabi e Kiba, mentre Ino andava a parlare con la Hyuga. Hanabi si avvicinò di più verso Sasuke, facendo leggermente innervosire la rosa, che era gelosa.
-Dove diamine è?- sussurrò lei, alludendo all’unico assente.
-A me ha detto solo che sarebbe stato qui.- rispose lui, alquanto scocciato –E comunque non chiedere a me, non sono la sua balia.
-Oh sì che lo sei!- scherzò la ragazza –E non vorrei essere nei tuoi panni!
Intanto, anche Shikamaru, con la sua solita calma e lentezza, aveva salutato Hinata e quest’ultima si era avviata per chiudere la porta, un po’ distrattamente.
-Aspetta!- la sua voce la fece sobbalzare, sconvolta.
Il movimento della porta accompagnato dal suo braccio era stato bloccato dalle sue mani grandi e forzute.
La sua voce le rimbombava nelle orecchie, martellando, come martellava il suo cuore in quel momento.
Ebbe quasi paura ad alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi cerulei, ma mossa da una curiosità che non pensava di possedere lo guardò, ricercando nei suoi occhi una qualche reazione diversa al rivederla.
Trovò degli occhi azzurri ricchi di timore e ansia, piuttosto interessati nel guardarla e nel memorizzare ogni minimo particolare del suo corpo e del suo viso, quasi avesse paura di perderla e di dimenticarla di nuovo.
Hinata si ricompose, rossa in viso, aprendo un poco la porta. Lei non sapeva che Naruto fosse stato invitato, ma infondo doveva aspettarselo, dato che c’erano tutti gli Origin.
Anche Naruto pareva essere imbarazzato, infatti non si muoveva e con due dita si sfregava la guancia, continuando imperterrito a guardarla.
-Ciao, Hinata.

 
{ Sii deciso, Naruto.
La vedi? È davanti ai tuoi occhi. Ti è mancata per molto, avevi quasi dimenticato il suo dolce profumo di lavanda, il tocco leggero dei suoi occhi su di te.  
Sii quindi deciso, Naruto. Perché ora hai un’altra possibilità, puoi e vuoi riconquistarla.
Agisci, Naruto.
Così potrai vivere sulla tua pelle quello sguardo bianco, quel profumo delicato.}











Emh, salve e buona Pasqua! *esce da un angolo salutando timidamente con la mano*
Gomen! Scusatemi :( Problemi in famiglia!
E sono riuscita a saltare l'unica consegna prefissata da... emh, da me.
Cooooooomunque, sono tornata con questo capitolino così, molto in tema famiglia, tutto con Hinata e Hanabi!
Lo so, avevo promesso NaruHina e invece, sempre porgendovi le mie più umili scuse, 
vi ho rifilato questo inizio di serata!
Ma il prossimo capitolo è già scritto! Ne vedrete delle belle :*
Avete notato che non c'è il testo della canzone?
Ho scelto una instrumental, semplicemente perchè il suono della canzone è semplicemente perfetto per essere un sottofondo *.*
E poi, il titolo, dice tutto del capitolo!
Che ne dite di questa scelta?
E su su, una recensionuccia non vi fa male, giuro, in caso ne sarò direttamente responsabile :3



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Capitolo 17
*** La vita incandescente. ***


Filosofia di vita.
-
La vita incandescente.

[Se hai una foto sul comodino, qualcuno ti ama.]

 
[Negrita: La vita incandescente]
Era stato allestito un grande buffet in salotto, in modo tale che Hinata non dovesse sprecare tempo a passeggiare avanti e indietro per servire i vari commensali.
La musica era alta: i Red Hot Chilli Peppers, gli AC/DC, gli Oasis e qualche altro gruppo suonava per loro attraverso lo stereo.
Un po’ tutti ballavano, qualcuno beveva, qualcun altro rideva, qualcun altro ancora si picchiava.
Infine, due precise persone fingevano di divertirsi, ma sfruttavano ogni minima pausa per guardarsi ed osservarsi timidamente, alla ricerca di sfumature diverse, non colte, di reazioni impercettibili ma importanti.
Naruto infatti sostava, col bicchiere di vino in mano, sul divano in compagnia della prima coppia del gruppo, un po’ compatendo la ragazza per la sua sfortuna con gli uomini, un po’ alleandosi con lei pur di prendere in giro l’amico.
Hinata invece era in compagnia della sorella, che scherzava a sua volta animatamente con Kiba.
Shikamaru ed Ino intanto parlottavano da un po’, seduti vicini in un angolo della sala.
-Io voglio sapere, Ino.- disse, con quel tono serio che era caratteristico del suo animo.
-Cosa?- chiese lei, fintamente annoiata.
-Tutta la verità.- rispose lui.
La ragazza lo guardò un po’ scocciata per tutte quelle domande vaghe che le apparivano insensate, ma quando si voltò e vide il volto serio e corrucciato del ragazzo seduto alle sue spalle, capì immediatamente cosa lui intendesse dire e di conseguenza la risata che era nata naturalmente morì all’istante.
-Tu vuoi … -Non ebbe il coraggio di concludere la frase, ma lo fece lui per lei.
-Voglio che mi spieghi il motivo. Il motivo per cui tre anni fa mi hai abbandonato.- affermò lui, guardandola dritta negli occhi cielo che possedeva.
Lei lo guardò impietrita da quella richiesta.
Sapeva che quel giorno sarebbe presto arrivato, che lui le avrebbe chiesto spiegazioni, ma ora che era arrivato il momento non sapeva come agire, cosa dire, cosa fare.
Spesso aveva immaginato i suoi occhi guardarla in quel modo e chiederle perché, perché mai l’avesse abbandonato di punto in bianco.
La verità però la mortificava incredibilmente, costringendola quasi ad abbassare lo sguardo dalla vergogna.
-Io…- mormorò, affranta, non riuscendo ad incanalare un discorso sensato.
Lui le prese la mano, attirando nuovamente il suo sguardo e la sua attenzione. Vide che gli occhi le tremavano, ma non ebbe il coraggio di essere comprensivo: lei l’aveva ferito troppo.
-Devi dirmi il motivo delle tue azioni. O giuro, stavolta sarò io ad abbandonarti.- disse duro.
-Forse dovresti farlo davvero, così capirei cosa significa.- rispose lei, leggermente commossa.
Lui osservò i suoi occhi umidi e le strinse forte la mano.
-Avanti.- disse, incoraggiandola ma senza allargarsi troppo.
Lei inghiottì quel boccone amaro che era la sua freddezza che, però, ne era consapevole, meritava pienamente.
Strinse i pugni, cercando quella forza d’animo e quel coraggio sprezzante che possedeva e che si erano nascosti chissà dove.
-Shikamaru. Io… Noi… Siamo stati amici per così tanto tempo, che mi vergognavo quasi a pensare a te in un altro modo oltre all’amicizia, ma abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, siamo andati troppo oltre, per gioco. Poi però, ho capito quello che provavi per me… dal modo in cui facemmo l’amore. Io.. ero stupida e piccola… ed infantile! Non mi sono resa conto dell’errore che stavo facendo quando, per paura, mi sono allontanata da te.
-Paura? Paura di che?- chiese lui, che nonostante la sua genialità non riusciva proprio a capirci niente nelle questioni di cuore.
Lei lo guardò, i suoi capelli biondi lasciati liberi sulle spalle nude, le guance nivee di un colore più rosato, gli occhi azzurri e puri spalancati e tremanti, ma sicuri e consapevoli.
-Paura di te e del tuo amore e di me, che ti amavo da tempo senza capirlo. Ho avuto paura di noi, della forza del nostro amore, perché la potenza di quest’ultimo equivale al dolore che proveremo. Amare significa anche soffrire.
Il ragazzo la guardò incapace di dire qualcosa. Ammutolì, sgranando gli occhi su di lei.
Le aveva chiesto esplicitamente di spiegare perché anni addietro lo avesse evitato fino a rinunciare alla sua amicizia e si era ritrovato per le mani una folle, romantica, enorme dichiarazione d’amore.
In quel momento, gli tornarono in mente alcuni momenti della loro amicizia.
Fin da piccoli, Shikamaru ed Ino passavano la maggior parte del tempo insieme, intrattenendosi in quel gioco contorto di battutine acide e cattive, di sfottò, di provocazioni, che li divertivano entrambi.
Quando però c’erano altre persone, non propriamente amici, a dir loro le stesse cose per cui entrambi si prendevano in giro, l’uno andava in difesa dell’altra, coprendosi, sostenendosi.
Anche Ino ricordava, ricordava quella mano accarezzarle dolcemente i capelli, la nuca, le guance; ricordava quella mano prenderla a schiaffi pur di ridestarla dalla sua improvvisa e solitaria tristezza; ricordava quella mano asciugarle le lacrime e saggiarne l’aspro sapore; ricordava, infine, quella mano toccare abilmente la sua intimità, facendola sospirare e urlare.
Cercò d’istinto nuovamente quella mano, voltandosi appena e notandone l’indistinto tremore, accarezzandola imbarazzata per ciò che lei stessa, spinta chissà da quale Kami, aveva rivelato.
Shikamaru invece lottò, lottò con se stesso, col suo corpo che voleva afferrarla e baciarla, e con quelle gambe che invece erano pronte all’azione, a scappare.
Capì, finalmente; capì Ino, capì il suo dolore, la sua lotta interiore anni addietro. La paura, d’innanzi a quel sentimento, a quella potenza, davanti quell’io e te che diventava un noi strano e nuovo.
Lottò, lottò con tutte le sue forze per tutti questi motivi. Improvvisamente, però, due occhi verdi si ripresentarono bussando feroci alla sua anima.
Quei due occhi verdi gli avevano insegnato ad amare con riservatezza, ad essere prudenti, mai puerili,  perché non sai mai da che parte arriva la coltellata o se ti spareranno col fucile.
Occhi che avevano fatto di tutto per lui, che lo avevano accompagnato negli ultimi tre anni; che si erano confidati con grandi sforzi, che non avevano mai smesso di guardarlo da lontano e di renderlo sicuro ogni istante di più.
Perché Ino in quegli anni lo aveva lasciato in preda allo sconforto, procurandogli un grosso trauma, l’insicurezza con le donne, il cuore freddo e stagnate nell’oblio e solo lei, lei con il suo carattere burbero e imperterrito, mai dolce, mai tenero, sempre sagace e risoluto anche mentre facevano l’amore, aveva lambito il suo dolore, l’aveva contenuto senza mai lasciarlo scoppiare nel caos.
Shikamaru guardava nel vuoto, incapace di prendere una decisione.
Ino lo vide rabbrividire, svegliarsi dallo stato comatoso in cui era momentaneamente caduto, aprire e chiudere gli occhi più volte quasi ad abituarli a quella strana realtà.
Subito lei si ritrasse, staccò le mani dalle sue e le abbandonò sulle proprie gambe, che ora, in preda alla paura, parevano essersi sciolte.
-Io…- lui s’alzò, inquieto –Vado in bagno.- concluse, mandando l’intelletto a farsi fottere.
La bionda rimase lì, inquieta, incapace di dire qualsiasi cosa. Prese a torturarsi le mani, un gesto che apparteneva più all’amica Hinata che a lei.
Hinata appunto, ascoltava distrattamente Kiba e Hanabi che si punzecchiavano e litigavano: distrattamente, sì, ma stavolta non perché ci fosse un biondino nella sua mente, ma perché era intenta a notare come il suo vecchio amico di scuola si fosse accorto della nuova bellezza che la piccola Hyuga emanava, come lei stessa aveva constatato prima che la festa iniziasse.
Kiba aveva una luce tutta strana negli occhi scuri, una cosa che poche volte Hinata avevo visto nell’amico.
Scherzava, rideva, punzecchiava la ragazza, non allontanando mai lo sguardo dalla figura minuta e proporzionata della ragazza appena sedicenne, dai suoi occhi chiarissimi in contrasto coi capelli scuri.
Sguardo che difficilmente sarebbe passato inosservato a quello minuzioso ed interessato della Hyuga senior, che osservava la scena felice per loro.
Era una coppia un po’ strana, fra il duo comico e i nemici per la pelle, ma, per l’appunto, una coppia. 
Infatti Hinata si era accorta, poiché conosceva bene i due, dell’amore che inconsapevole stava nascendo nei loro cuori.
Sorrideva, Hinata, inconsapevole di ciò a cui stava andando in contro.
-Sei proprio un baka- urlò Hanabi, dopo l’ennesimo insulto di lui -Smettila di stuzzicarmi o ti faccio a pezzi!
-A pezzi?- rise Kiba –E come, con le tue manine di fata?
-Vogliamo parlare di quando ti ho atterrato l’altro giorno?- sorrise malefica la ragazza, fiera di sé.
-Mi avevi colto di sorpresa, non vale!- protestò lui –Chi si aspettava che in una nana come te si nascondeva un atleta dopato?
-Senti un po’, prova a chiamarmi di nuovo ‘nana’ e giuro che ti spacco la faccia!- urlò lei, infuriandosi.
-Nana.- la sfidò lui.
-Stronzo!- urlò lei, scatenando le risa di tutti.
-Nana malefica.- aggiunse lui, imperterrito.
Un breve, fugace sguardo lanciato al compare inventore di piani e il segnale fu dato: Sasuke subito sospinse il biondo interdetto verso la camera da letto dove aveva spesso soggiornato.
-Nee-san!- urlò la ragazza, richiamando la sorella maggiore –Vai a prendermi la mazza da baseball in camera da letto, urgente!
-Ma ‘oto-chan!- protestò timidamente la Hyuga per la violenza della più piccola.
-Ti prego!- rispose lei, sempre urlando –O userò Sakura come bastone!
-E io che c’entro, ora?- s’intromise la rosa, disapprovando anch’ella.
Hinata sbuffò e si avviò verso la propria camera da letto, decidendo fra sé di rimanere lì qualche minuto senza fornire armi illecite alla sorella minore.
Fu grande la sorpresa, quando aprendo la porta si trovò d’innanzi due occhi cielo ed un uomo ben più alto di lei.
Il ragazzo la scostò lesto, chiuse la porta con la chiave e si infilò quest’ultima nella tasca dei pantaloni, costringendo quindi la ragazza ad una permanenza forzata nella camera.
Lei non disse nulla, stupita ed allibita, guardandolo con due occhi gonfi di emozione.
-Ok, non dire nulla e siediti da qualche parte.- disse lui, facendo strada in quella camera che un poco gli era appartenuta.
La ragazza si mosse dopo poco, seguita dal ragazzo, ed in modo infantile, ma pur sempre con grazia, si sedette sul grande comò di fianco a letto, in modo da stare alla stessa altezza di Naruto, che era in piedi davanti a lei: in modo da poterlo guardare dritto negli occhi, nonostante la timidezza che la contraddistingueva.
Hinata tremava, era visibile, e questo scoraggiò ulteriormente il biondo, che non sapeva da cosa questo dipendesse.
Naruto non era bravo a parlare; era bravo a scrivere, a cantare, anche se non si considerava di certo il migliore in questi ambiti.
Ma parlare? Come si fa a render grazie ad un ragionamento senza prima averlo scritto, averlo corretto ed elaborato?
Come poter esprimersi in modo sicuro, senza intoppi, senza fermarsi a pensare su cosa dire dopo?
Nessuno gli aveva insegnato l’uso della dialettica, perciò si trovava come disarmato, d’innanzi a lei che lo guardava timidamente, gli occhi tremanti, il cuore a mille.
Non sapeva che dire, ma aveva il bisogno di chiarire e più di ogni altra cosa sentiva il bisogno impellente di toccarla, di sfiorarla, di saggiare la morbidezza della sua pelle, il profumo di lavanda dei suoi capelli, il calore della guancia contro la sua.
La guardava, avvolta in un morbido abito di chiffon violetto, desiderandola come non mai.
Alzò le mani tremanti, incapace di dargli una direzione; desideroso, cominciò a toccarle le spalle, i polsi, le mani, le guance, i capelli…
-Na-Naruto!- lo interruppe lei, rossa in viso per l'emozione.
Lui era troppo vicino, il suo profumo troppo forte, le sue mani parevano contenerla tutta e cercarla come spesso lei stessa aveva sognato.
Il ragazzo si fermò, incapace di dire qualcosa, arretrò d’un passo, mettendosi imbarazzato le mani nei capelli.
-Scusami.- disse lui, guardando di lato –E’ che mi sei mancata così tanto…
Le sue mani reclamavano ancora il suo corpo, ma si costrinse a non toccarla ancora.
La guardò, erano ancora molto vicini, abbastanza da poter sentire il suo profumo dolce, abbastanza da mandarlo in estasi.
Cercò il suo sguardo, che parve incoraggiarlo tacitamente.
-Hinata, io..- non resistette e si avvicinò per prenderle la mano –Devo spiegarti e vorrei che tu mi ascoltassi. Io… ho fatto un casino, lo so. Non devi pensare che io abbia cercato di sfruttarti, perché non è così. Sono stato influenzato. È stato tutto un fraintendimento e… è difficile credermi, lo so, ma fallo! Vedi, se io fossi stato più sincero all’inizio, se avessi detto “Kiba mi ha chiesto se…”, tutto questo folle casino non ci sarebbe stato.
Concluse, aspettando una sua minima reazione, ma lei né fece né disse nulla. Continuò a guardarlo, gli stessi occhi tristi di quando lui aveva iniziato a parlare, nessun cambiamento.
Il ragazzo si lasciò ancora una volta andare alla tentazione. Lentamente, le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, per poi passare a saggiare la pelle morbida e candida della sua guancia.
Lei arrossì repentinamente, respirando quell’odore di uomo forte e risoluto che Naruto possedeva: un profumo indistinto, non esistente in natura, acre, dolce, un turbinio di sinestesie messe insieme.
Lui le si avvicinò ancora un poco, annullando le distanze, continuando ad accarezzarla pigramente.
-Non puoi pensare che tutto quello che c’è stato fra noi sia stato falso.- le disse in un sussurro, parlando dolcemente. –Guarda nella mia anima, coi tuoi occhi di fata. Non mento, sono sincero.
Portò entrambe le mani ad avvolgere le sue e fece aderire la propria fronte con quella di lei. Ora respiravano la stessa aria, con le bocche vicinissime, naso contro naso, ed entrambi chiusero gli occhi per godersi quel caldo contatto.
-Perdonami, Hinata…- e stava per dirle che l’amava, ma fu interrotto dal dolce sospiro di lei che gli incaloriva le labbra.
Spalancò gli occhi, vedendo che su quelle di lei si andava formando un lieve sorriso, che gli fece battere il cuore come non mai.
Anche lei aprì gli occhi, perdendosi nel cielo infinito degli occhi di lui.
-Ti perdono, Naruto.
 
E’ fresca questa sera
Del secolo ventuno
Su questa pattumiera
Di fango e di miracoli
 
La vita incandescente
È istinto primordiale
Chi non si è fatto male
Non l’ha vissuta mai
 
E sopra il comodino
Un Cristo personale
Ci può giustificare
E ci perdonerà
 
Una benedizione
Non ha mai fatto male
Hai un cristo personale
Che ti perdonerà
Lui ti perdonerà…
 
All’ombra della Luna
Si cercano altre vite
Prendendo a schiaffi la fortuna
E liberano i diavoli
 
Un brindisi al veleno
A chi ci vuole male
E a questa primavera
Che non ritornerà
 
Una benedizione
Non ha mai fatto male
Hai un cristo personale
Che ti perdonerà
Lui ti perdonerà…
Ti  perdonerà!
 
La vita in dispersione
Appesa ad aspettare
La coincidenza astrale
Che ci dissolverà
 
Non sai dove svoltare
Per casa o per altrove
Un sogno è un ambizione
Che ci confonderà
 
Non pianga più nessuno
È scritto sul giornale
C’è un Cristo personale
Che ci perdonerà
 
La sua benedizione
È internazionale
Un cristo personale
Che ci perdonerà
Ti perdonerà
Lui ci perdonerà
Ci perdonerà!

 

{Naruto.
Il cuore è andato così forte che è uscito dal petto ed è volato via. Sei felice.
La vita è incandescente. Ti sei fatto male, ti sei bruciato spesso, ma è per questo che si chiama vita, è per questo che puoi dirti vivo.
Ma c’è sempre qualcuno che soffia sulle bruciature, qualcuno che si prende cura di te.
Sei entrato nelle case di molte persone e hai notato spesso che, sui loro comodini, c’erano proprio questi angeli dolcissimi ritratti in una foto.
Tu non hai mai avuto una di quelle foto. Beh… non hai mai avuto nemmeno una camera.
Ma ora… ora che hai lei, che soffia sulle tue ferite, che ti perdona ad ogni cavolata che fai…
Ora non sei più vivo. Sei un angelo. Stai toccando il cielo con un dito. Sei in Paradiso.}

 
 

 



 




Ehem.*esce intimidita da un angolo buio*
Salve! Sono già qui, con il mio aggiornamento :3
Dato che era colpa mia se ero in ritardo (e dato che siete stati così bravi da commentare in 10 in tre giorni, e non sapete quanto vi amo!)
ho deciso di aggiornare non aspettando la mia solita settimana.
Anche se, facendo questo, non ho capitoli scritti :'(
Vabbè, sapete na cosa? Vi amo. E sono rossa in viso.
Perchè quello che ricorda Ino lo ricordo anche io, e mi imbarazza!
Ma questo capitolo, che è InoShikaTema e NARUHINA (olèèèèèèè!) com'è????
Ditemi se vi piaceeee! Pleaseee :DDDD
La canzone, che dire? Ha dei pensieri che adoro e che forse potevo sviluppare meglio, ma il capitolo è venuto fuori così... vabbè :D
Ed è la canzone del PERDONO!
SI! (Smette di sclerare e torna seria)
Detto questo, miei cari lettori, grazie per tutto il vostro affetto, anche se sono in pochi a dimostrarlo :3
RECENSITE! <3



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Capitolo 18
*** Panico & Splendido. ***


Filosofia di vita
-
Panico
Splendido

[ Quando l'amore è cieco. ]

 


Sakura aprì improvvisamente gli occhi, turbata dallo scampanellio feroce di qualcuno che suonava alla porta, apparentemente impaziente di entrare… o di svegliare tutto il quartiere.
La ragazza si alzò, scostando da sé quello che sembrava più un corpo morto che il braccio di una persona.
Appena fu in piedi si stiracchiò come un gatto, per poi avvicinarsi alla maestosa finestra.
Vide Hanabi intenta a tirare calci alla porta e a suonare contemporaneamente il campanello con frenesia.
Poi vide Itachi uscire di casa e protestare contro la ragazza, in abito da lavoro inamidato ed elegante.
Li vide parlare per poco tempo, discutere quasi, Hanabi sdegnata e Itachi col suo tono calmo e poco interessato.
Infine, la ragazza andò via offesa ed irritata, mentre l’Uchiha, tempo di prelevare la macchina dal garage, si diresse verso il suo ufficio.
Perché Hanabi era lì? E perché diamine doveva essere sempre così gelosa?
Sentì un piccolo grugnito dietro di sé ed un braccio lesto la raggiunse, avvolgendole i fianchi e riattirandola verso il letto sfatto.
Si ritrovò coricata, avvolta in un caldo abbraccio. Riusciva a sentire le labbra fresche di Sasuke che le sfioravano le spalle attraverso i capelli arruffati. Sasuke sospirava, stringendola senza dire nulla. La usava come cuscino…. O come un peluche. Si stava quasi riaddormentando quando Sakura si voltò verso di lui e gli pizzicò il braccio per ottenere la sua attenzione. Lui mugugnò.
-Che ci faceva Hanabi qua fuori?-  sputò lei, senza peli sulla lingua.
L’altro sbuffò –Dovrei saperlo?
-Dato che era fuori casa tua alle…- controllò l’orologio sul comodino –Sette e mezza del mattino, sì, dovresti proprio saperlo!
-Non l’ho invitata io. Ricordi? Dormivo, finché non hai cominciato a dare di matto.- rispose acido, mollando la presa su di lei.
Lei lo pizzicò di nuovo.
-Non credo che una persona razionale arrivi di punto in bianco in una casa che non è sua.- rispose lei, mettendosi a sedere in quel lettone enorme.
-Tu sei davvero un’amica d’infanzia di Hinata e Hanabi Hyuga?- la guardò come se parlasse con un alieno, rispondendo sarcastico.
Si alzò, andò nel bagno e con le mani umide si massaggiò le tempie. Perfetto, Sakura gli aveva appena fatto venire un tremendo mal di testa.
-Sì, lo sono!- rispose lei, un po’ irritata, infilandosi la maglia dell’Uchiha –E so che Hanabi deve avere un buon motivo per presentarsi a casa tua a quest’ora!
-Appunto.- rispose lui, seccato, tornando in camera e rimettendosi sotto le coperte –Qual è il problema?
-Il problema…- iniziò lei, mettendosi a cavalcioni sul ragazzo, che prese ad accarezzarle le cosce – è che non capisco quale assurdo rapporto vi leghi così tanto che lei, alle sette e mezza di mattina, possa sentirsi autorizzata a venire qui per chiederti aiuto!
-Senti, chiedilo a lei, vedi che ti dice!- rispose acido lui –Non sono nella mente delle persone, ok?
-Ma…
Lui l’afferrò forte per il collo e l’avvicinò a sé, dandole un bacio appassionato che durò per interminabili minuti.
-Basta.- sussurrò lui sulle sue labbra, entrambi in preda all’affanno per quell’incredibile bacio.
Lei annuì lievemente, sentì le mani di Sasuke riattrarla a sé, per poi scendere e riafferrare prepotentemente le cosce nude e sode.
La capovolse stendendola sul letto e fu subito su di lei, ad accarezzarle i fianchi e a morderle lentamente il collo.
-Sarebbe stato meglio se non ti avessi incontrata, uragano Sakura.- mormorò lui, sorridendo fra sé e togliendole la maglia di dosso.
Lei si strinse a lui dopo un morso più forte e, al contatto con la pelle fresca e accogliente di Sasuke, un brivido la percorse per tutto il corpo. Il cuore le batteva cento volte più forte.
-Ti amo. – sussurrò lei fra i suoi capelli ribelli.
Sasuke la strinse di nuovo e cercò le sue labbra con ardore, intrappolandola in un altro bacio passionale.
Era il suo modo di dirle “Ti amo anche io”.
 
Hanabi aveva i nervi a fior di pelle. Era piuttosto emozionata per il passo che stavano per fare lei e la sorella. Eccitata. Euforica.
L’aveva lasciata a casa a inscatolare tutto il possibile e ad organizzare il trasloco.
Lei, invece, aveva deciso di andare a fare un giro a trovare i loro amici per cercare un po’ d’aiuto.
Non era stato difficile trovare Naruto, che praticamente si era addormentato sulle scale del loro piccolo condominio.
L’aveva svegliato poco dolcemente e lo aveva mollato in casa, facendo la felicità sua e della sorella.
Chissà che stavano facendo ora!
Prima di andare via, aveva chiesto gli indirizzi dei suoi amici.
Era andata da Shikamaru, ma quella casa sembrava addormentata quanto lui, quindi aveva deciso di tornare indietro e andare da Sasuke, ben sapendo che non era certo il ragazzo che si metteva a distribuire aiuti come niente.
Lì, per quelle che le erano sembrate ore interminabili (ma in realtà erano pochi attimi), aveva dovuto aspettare impaziente che qualcuno le aprisse e, alla fine, si era ritrovata un tipetto in giacca e cravatta con un lungo codino e profonde occhiaie. Amico, prenditi una vacanza!
Era un bell’uomo, certo, ma aveva avuto difficoltà a capire che fosse il fratello maggiore dell’Uchiha. A parte i tratti somatici e i colori, avevano ben poco in comune.
Era così serio, sembrava un bravo lavoratore, uno di quelli che sta notte e giorno sulla scrivania a compilare carte.
Anche il modo di parlare, era diverso: appena Itachi era uscito le aveva detto, in tono serioso, “Mi dispiace, Sasuke al momento è occupato. Se non ti è di troppo disturbo, torna più tardi”.
Sasuke le avrebbe spaccato la faccia per il modo in cui aveva preso a calci la sua porta e poi l’avrebbe mandata via dicendole di non scocciare.
Lei preferiva questo modo di parlare, le sembrava più naturale, più vero.
Strano a dirsi, ma per una volta apprezzava di più quel perfido dell’Uchiha junior.
Insomma, era rimasta con un pugno di mosche anche stavolta, per cui non le restava che andare da… per tutti i Kami, era difficile anche solo pensarlo!
Era tornata ancora una volta indietro, aveva cambiato due pullman e camminato per qualche chilometro a piedi, fino ad arrivare ad una zona residenziale apparentemente più povera.
Le sembrava strano passare da una bella zona popolare come la sua ad una così povera e triste.
I membri degli Origin non se la passavano certo bene: solo Shikamaru sembrava aver sempre avuto una casa decente.
Eppure, nonostante tutte le controversie, Hanabi sperava con tutto il cuore di aver sbagliato quartiere.
Invece eccolo lì, il numero 13 di quella strada vicino al parco di Ueno dove, dai racconti di Naruto, di giorno incontravi persone stese a terra a bere birra o sakè.
Era un piccolissimo condominio di due soli piani, ma con tante porte.
Salì la scala di ferro velocemente e ad ogni gradino il cuore batteva più forte. Le si era formato un groppo in gola.
Si avvicinò alla porta malconcia del numero 13 e suonò il campanello, che non proferì alcun rumore.
Perfetto, campanello rotto e numero 13: una sfiga dietro l’altra.
Prese a bussare, senza troppa convinzione e attese. Era strano, non era più spazientita come prima a casa Uchiha, anzi, sperava proprio di non veder l'Inuzuka uscire da quello squallido appartamento.
Speriamo che non abiti in questo postaccio.
Invece, dopo pochi minuti, vide la figura alta e scura di Kiba aprire la porta assonnato, una mano a sfregare l’occhio come una persona che si era appena svegliata dopo un lungo e pesante sonno.
Improvvisamente spalancò gli occhi, realizzando chi avesse davanti.
Cercò inspiegabilmente di sistemarsi, o meglio, di recuperare il recuperabile: strofinò bene sotto gli occhi per cancellare ogni segno della notte, per poi sistemarsi in fretta i capelli, ottenendo un disastro completo.
Lei lo guardò, divertita, ma non diede segno di ciò.
-Jho', nana.- la salutò lui, scortese come sempre, con un piccolo sorriso.
-Buongiorno, cagnaccio.- rispose lei, salutandolo sgarbatamente, ricambiando il sorriso.
-Come mai qui?- chiese allora lui, rimanendo sull’uscio della porta cercando di occuparlo il più possibile, in modo che lei non vedesse il caos che regnava nel suo umile appartamento.
-Mi manda Hinata.- disse, sapendo di colpire il tasto giusto, cioè quello del senso di colpa –Ci servirebbe una mano: traslochiamo.
-Hmm.- il ragazzo annuì e parve riflettere –Dammi due minuti per prepararmi e arrivo, ok?
-Ok.- ma la curiosità la vinse, voleva vedere il luogo in cui abitava –Posso usare il bagno, intanto?
Kiba la guardò spalancando gli occhi, chiedendosi E ora che faccio? , preoccupandosi per il tremendo disordine della sua camera.
Poi, si diede del matto. Perché ora mi preoccupo di quello che può pensare una stupida mocciosa?
Quindi si spostò, per farla entrare, ancora titubante.
Lei entrò e si fermò sulla soglia. Cosa vedeva?
L’ingresso era pieno di scarpe, stivali, anfibi; subito dopo lo scalino c’era una cassettiera e una porta, probabilmente del bagno; si vedeva inoltre un piccolo letto, tutto in subbuglio, ancora da rifare; vestiti e cappelli ovunque, sul tavolino basso, sul letto, sulla cassettiera, appesi alla porta.
Due bassi troneggiavano su una pila di vestiti, insieme ad una chitarra classica ed una elettrica.
Fece qualche passo e così vide anche quello che era nascosto dalla parete dello stretto corridoio d’ingresso: un piccolo cucinotto con tazze e pentole sporche ovunque, tutto incasinato.
-Non ricevi mai ospiti?- disse lei, storcendo il naso.
-Viene Naruto ogni tanto, tutti gli altri preferiscono evitare di entrare qui.- disse lui, un po’ imbarazzato.
-Li capisco.- rispose lei, facendogli il verso e cominciando a raccogliere tutti gli abiti sporchi per mettere un po’ in ordine.
Lui rise. Hanabi un po’ si stupì e rimase lì, con una maglietta retta dal braccio ed un paio di jeans in una mano. Non aveva mai visto Kiba ridere.
Aveva un sorriso strano, luminoso, ma la cosa bella era che sorrideva anche con gli occhi. I suoi occhi, scurissimi, riuscivano ad appropriarsi di una luce talmente intensa da luccicare dolcemente.
Ed in quel momento, mentre si lanciavano sguardi di eguale interesse, si accorse che, per la prima volta, lei e Kiba erano davvero soli, senza gente per le strade che guardava stralunata, senza amici che ridevano dei loro battibecchi. Erano soli, chiusi in una camera, sotto lo stesso tetto.
Fu allora che Kiba la vide arrossire.
Hanabi era imbarazzata. Non tanto perché si trovasse sola con lui, ma per il fatto stesso di averci pensato, dandogli così una certa importanza.
Era in imbarazzo, anzi, si vergognava! Si vergognava di sé, dei propri pensieri, di quello stupido cuore che chissà perché andava a mille.
Si voltò, intimidita, tornando a raccogliere vestiti e a sbuffare.
-Io i calzini non li raccolgo.- disse acida, facendo ridere ancora una volta il moro.
Lui si spostò, prese alcuni vestiti puliti dalla cassettiera (come ce ne fossero nonostante sembrasse che l’armadio fosse stato svuotato lì, in quella stanza, era un mistero!) e si diresse in bagno, lasciando socchiusa la porta.
-Nessuno ti ha chiesto di raccoglierli!- obbiettò lui, cominciando a cambiarsi.
Lei non gli disse il perché lo faceva e sbuffò –Dov’è la cesta per i panni?
-Non c’è!- rise lui.
-Come non c’è?- chiese di nuovo lei, stralunata.
-Non c’è- ripeté ridendo – nel senso che non l’ho mai comprato!
-Come no?!- scattò lei.
-E’ da poco che sto qui.- disse lui, infilandosi i pantaloni.
-Cioè quanto?
-Quattro anni.- rispose lui, ricordandoli tutti nella propria mente.
-Quattro anni non è nemmeno lontanamente poco!- obbiettò lei –Come cavolo fai ad essere così disordinato?
Si diresse verso il cucinotto alla ricerca di una busta, in cui mise tutti i vestiti sporchi e sbuffò, cominciando a lavare anche tutte le stoviglie.
-Deve essere… com’è che si dice? Ah, deve essere una cosa genetica.- disse, ripensando al passato.
La ragazza smise per un attimo di occuparsi del piatto incrostato e scattò sull’attenti, pensosa.
Per lei, la famiglia era una cosa estremamente importante.
Per troppo poco tempo ne aveva avuta una che per giunta era instabile, per troppo tempo e ancora allora viveva una situazione diversa quanto ambigua, una famiglia a metà.
Aveva sempre fatto ad ogni persona che aveva appena conosciuto la stessa domanda: “com’è la tua famiglia?”.
Lo faceva per cullarsi, per poter vivere un po’ di quella tenerezza familiare attraverso quei racconti; era diventato normale per lei immedesimarsi a tal punto da immaginarsi al posto del narratore, a fare gag, a ricevere carezze, magari un abbraccio. Non poteva farne a meno.
Perciò lo chiese, anche stavolta.
Udì rumori forti provenienti dal bagno ed una bestemmia sussurrata, segno che probabilmente Kiba era caduto o sbattuto.
Sorrise fra sé, ascoltando il moro che cominciava a parlare.
-Non ho avuto esattamente una vita bellissima, o non sarei venuto ad abitare in questo buco a soli diciassette anni.- sospirò –Non che avessi avuto chissà quali problemi, davvero. Mia madre era spesso assente per lavoro, ma ho una sorella più grande favolosa, che mi chiama quattro volte al giorno ancora ora. Il mio problema serio era.. mio padre.
La ragazza annuì fra sé, di problemi con i propri padri ne sapeva qualcosa. Più di qualcosa.
-Mio padre non ha un carattere particolarmente forte o manesco, è un uomo sempliciotto, che ama gli animali e fa il veterinario. E' un po’ strano, il suo laboratorio è sempre perfettamente in ordine, è maniacale, mentre a casa c’è sempre un casino a causa sua. Poi, ha paura di tantissime cose, anche delle persone.. non l’ho mai capito, ma forse è un po’ razzista... In ogni caso, vive sempre in agonia. Ha paura di qualsiasi cosa. Non vuole che qualcosa rompa la sua solita routine: il lavoro, il caffè, il giornale… Poi, ricordo che gli comunicai della mia decisione: smettere con gli studi e diventare un famoso bassista.
Smise per un attimo di parlare; era ben udibile lo scroscio dell’acqua fresca.
-Fu come se fossi stato io a buttare le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Mi tolse la parola, mi rese la vita impossibile. Non era arrabbiato, non molto almeno. Lo vidi completamente in preda al panico, così mi sembrava. Ero il suo pensiero fisso, il suo problema continuo. Lo vedevo, si sentiva oppresso. Ma tutto quel periodo di terrore in casa opprimeva anche me, così andai via.
Kiba uscì dal bagno, bofonchiò un -Scusa, dovevi usare il bagno-, ma si interruppe nel vedere lo stato della ragazza, che tremava notevolmente.
 -Hanabi?- la chiamò, preoccupato –Stai bene?
La ragazza annuì lievemente, anche se stava mentendo in un modo assurdo.
Era preoccupata per quel ragazzo e, sentir parlare della sua famiglia e di quel padre strano e incapace, la mortificava e intristiva a tal punto da tremare. Non era normale, lo sapeva.
Era una ragazza di sedici anni, ma era diversa dalle altre. Aveva perso la madre, il padre era assente, la sorella era l’unica fonte di affetto che aveva ma era stata costretta a separarsene per lungo tempo, essendo stata mandata in collegio. Non aveva esattamente delle amiche o confidenti, né passatempi o divertimenti. Amava ballare, ma sempre a causa del collegio, aveva dovuto rinunciarvi.
Era una giovane bella e vivace, estremamente dispettosa e sbarazzina, ma non mostrava mai quel suo lato dolce e sensibile, che la accomunava alla sorella.
Gli unici momenti in cui queste doti venivano fuori era quando si parlava di famiglia, di amore: cose che le erano mancate e che sognava per sè e per gli altri.
Ascoltare quindi Kiba parlare di quella mancanza d’affetto e fiducia che la turbavano atrocemente, mettendole addosso una strana sensazione, un groppo in gola e la voglia di far qualcosa che non sapeva bene cosa fosse, cercare di alleviare il suo dolore.
-Vado, ma continua a parlare.- disse, poco convinta, chiudendosi nel bagno e aprendo l’acqua.
-L’unico con cui ho parlato di queste cose, comunque, è Naruto.- continuò lui –Dall’alto delle sue esperienze familiari, mi disse che secondo lui, mio padre aveva paura per me. Pensa che lui abbia avuto un’esperienza simile alla mia a cui, per qualche motivo, aveva dovuto rinunciarvi: magari non ce l’aveva fatta, magari era stato costretto a rimanere coi piedi per terra, magari non aveva mai avuto il coraggio di rischiare. Quindi, avendo paura per me, cercò in tutti i modi di dissuadermi. Ma io, urla e schiaffi non potrei definirli “tutti i modi”.
-Mi dispiace tanto, Kiba.- disse Hanabi, asciugandosi il viso bagnato non solo dall’acqua del rubinetto ma anche dalle proprie lacrime, che inconsapevoli, avevano cominciato a sgorgare come un fiume in piena.
-Ormai, credo di aver superato tutto… anche se con la mia famiglia, a parte la mia adorata sorella, non parlo.- Kiba afferrò la chitarra –Sai, Naruto ha scritto una canzone sulla mia storia. Ti va di sentirla?
Hanabi uscì ed annuì, accomodandosi vicino al moro, sul suo letto.
Kiba afferrò la chitarra –Ho speso una fortuna per queste, ma sono l’unica cosa che conta!
Cominciò a suonare un motivetto molto frenetico e prese a cantare, facendo voce e seconde voci, cantando il testo di Naruto.

 

 
Tu sei Sempre stato così
Dopo pranzo ti fai
Il tuo sacro caffè
Che succede però
Dall’altra stanza qui accanto
arriva odore d’oriente
si prepara una bomba o un falafel?
Panico! Da grande esodo, da mondo piccolo
Che non ha le risorse e non sa dove va.
Panico! è un rumore di fondo in ogni situazione
Pandemia da contatto non si può evitare
Panico! Tra Pechino e Madrid, tra New York e Kabul…
C’è qualcuno alla porta e tu ti senti: oppresso!
Da non volerne più: Compresso!
Ti riconosci ancora? Ti riconosci ancora? Oppresso
Non vuoi sentirti più: compresso.
Sognavi un altro mondo. Do you remember? Do you remember?
Ok, todo bien! Allas Klar! Sayonara! Insh’Allah!
Fosse solo per te, nessun problema.
Sul tuo volo per Londra c’è un signore al tuo fianco,
sulla testa ha un turbante, in tasca cos’avrà?
Panico! Da grande esodo, da mondo piccolo
Che non ha le risorse e non sa dove va.
Panico! è un rumore di fondo in ogni situazione
Pandemia da contatto non si può evitare
Panico! Da berlino a Dubai, da Philadelphia a Shangai.
T’è scattato l’allarme e tu ti senti: oppresso!
Da non volerne più: Compresso!
Ti riconosci ancora? Ti riconosci ancora? Oppresso
Non vuoi sentirti più: compresso.
Sognavi un altro mondo. Do you remember? Do you remember?

 

 
 
Kiba era visibilmente emozionato, quella canzone gli faceva sempre quell’effetto.
Il passato tornava a bussare e lui, con tutte le forze, non voleva aprirgli, ma a volte i ricordi erano più furbi di lui ed entravano dalla finestra per farlo soffrire.
Quella canzone, il veder Kiba così concentrato sulla chitarra, sulla sue mani che si muovevano abili, mentre con gli occhi distanti ripensava a chissà cosa, commossero incredibilmente Hanabi, che per una volta nella vita sapeva cosa doveva fare.
Quella canzone e il racconto di Kiba le avevano fatto capire che era inutile pensare così tanto, doveva lasciarsi andare e, per una volta, vivere.
Allora, proprio mentre lui posava la chitarra al suo fianco, Hanabi si gettò su di lui, stupendolo.
Lui non ebbe nemmeno il tempo di capire che si trovò steso sul letto con lei di sopra, con le loro labbra che si scontrarono dando inizio ad un bacio bello quanto doloroso.
Doloroso, perché si stavano scambiando il loro dolore, le loro storie familiari.
Si erano sempre osservati da lontano, loro due, si erano annusati, avevano combattuto come cani rabbiosi; erano stati spavaldi, orgogliosi, ma anche loro, in quel momento, cedettero all’amore che era nato nei loro cuori.
Kiba ricambiò il bacio con passione, afferrandola per i capelli ed approfondendo quello scambio.
Anche se non voleva ammetterlo, non avrebbe mai potuto più fare a meno di lei.
 
 
 
Quella sera, gli Origin si erano ritrovati a casa di Shikamaru, per provare un po’, ed infine si concessero una pausa in cui parlarono di quella strana giornata.
Sasuke e Kiba parlarono delle loro ragazze, trovandosi d’accordo sul fatto che erano due fulmini a ciel sereno, incontrollabili, spaventosamente manesche, irascibili e piuttosto seccanti. Ma risero, nello stesso momento, nel capire il cattivo gusto dei loro cuori nello scegliere le loro donne, perché ormai il gioco era fatto e, anche se era piuttosto fastidioso da ammettere, si erano innamorati.
Naruto rise –Vi è andata male, ragazzi, ma tutto questo mi ha fatto venire l’ispirazione.
Così il biondo prese il suo blocchetto e cominciò a scrivere, strimpellando ogni tanto; nessuno lo disturbò.
Alla fine, diede loro il testo, si confrontò brevemente con i ragazzi per quanto riguardava l’arrangiamento e chiese loro di suonargli quella canzone.
I ragazzi si misero in posizione, Sasuke e Kiba erano emozionati, avevano gli occhi brillanti, e cominciarono a cantare insieme.

 

 
Arrenditi, è inutile.
Tu non puoi fermare le maree
O la grandine,
Un fulmine.
Questo uragano sta urlando per te.
Quando arriva l’amore
A salvarti la vita,
viva la vita! Buona fortuna
e sia SPLENDIDO.
Splendido.
E non sai più chi sei,
che farai,
e non puoi nasconderti,
no non puoi.
Ti perderai, per rinascere,
ma viviti tutto, ora che puoi.
Quando arriva l’amore
A spaccarti la vita, viva la vita!
Buona fortuna e sia splendido.
Splendido.

 

 
La canzone si fece più movimentata e Naruto si unì a loro cantando.

 

 
Non vivi da due secoli, non ti ricordi più!
Non sai cosa provare, ti guardi e non sei tu!
Arrenditi… è inutile!
Ti perderai! Ancora…
Danger! Splendido!
Danger! Splendido!
Danger! Danger! Splendido!
Danger! Splendido!
Danger!

 

 
{Sasuke, Kiba… siete stati intrappolati nelle grinfie dell’amore.
Non preoccupatevi, anime ribelli: non sarà un carcere.
Certo, cambierete, vi renderete conto di saper fare cose che prima escludevate a priori, di poter essere dolci, di poter mostrare voi stessi completamente,
per quello che realmente siete, ma l’amore non sarà una prigione, per voi.
Vi riscoprirete, imparerete ad amarvi e ad amare gli altri, sarete migliori.
 Anche se queste due donne sembrano il diavolo, voi state indossando un paio d’ali in più.
Non siete prigionieri, cari innamorati, semmai avete guadagnato una libertà nuova e diversa. Migliore.}
 






*Esce timidamente da un angolino*
Ciao ragazzi!
*Le tirano frutta e ortaggi*
Scusate! Sono in ritardissimo!!!!!! Gomeen :((
Cooooooooooomunque, non sono tanto soddisfatta di questo capitolo,
sarà perchè non è venuto come me lo immaginavo,
ma spero che si sia capito che le due ragazze di oggi
sono allo stesso tempo dolci quanto irrazionali n.n
E, purtroppo, si sono innamorati di ste due... *Le lanciano un pomodoro*
Ok, scusate!
Come sono le canzoni? Adatte? Spero di sì!
Volevo ringraziare di cuore arcx per il lavoro che sta facendo con me
e sopratutto perchè mi ha consigliato per le storie scelte. Che onore :*
Ora scusate, ma c'è quell'idiota della mia amica che scassa le bolls,
ma, anche se è insopportabile, volevo consigliarvi la sua storia
Originale (ha più palle di me!) che trovate a questo indirizzo.    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1646269
 E niente, spero che, nonostate gli impegni, riuscirete a scrivermi qualcosina...
Daltronde, siete così tanti (30 preferiti, 50 seguiti, GRAZIE A TUTTI!)!!
I LOVE YOU.



















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Capitolo 19
*** A modo mio. ***


Filosofia di vita.
-
A modo mio.

[A modo mio avrei bisogno di carezze anch'io.
A modo mio avrei bisogno di sognare anch'io.
A modo mio, quello che sono l'ho deciso io.]


 

 
[A modo mio: Negrita (Citazione filosofica "Piazza grande", Lucio Dalla)]
Quello stesso giorno, Naruto si ritrovò improvvisamente chiuso in casa con Hinata. Beh… tutto merito di Hanabi!
La sera della festa, si erano concessi poco tempo per stare da soli, insieme, a parlare. Avevano invece riso tanto, scherzato, giocato e cenato con gli altri. Il compleanno di Sakura e Hanabi era andato a gonfie vele.
Inoltre, aveva deciso di non essere troppo d’intralcio. Avrebbe potuto, se solo l’avesse voluto, rimanere a dormire lì, come faceva all’incirca un mese prima.
Invece, aveva deciso di andare via quella notte, per dare il tempo ad Hinata di metabolizzare tutto, di scegliere se invitarlo ancora a casa sua. Oltre a ciò, lo spazio era poco e non voleva dare intralcio alle due sorelle, che già si vedevano così poco.
Il ragazzo però, non aveva una grande scelta per decidere dove avrebbe dormito quella notte.
Non era il caso di dar fastidio a ‘suke, che aveva deciso di passare quella notte… emh… facendo gli auguri a Sakura, né di andare da Kiba, che di solito, quando sapeva di eventuali visite, cercava di sistemare il suo appartamento sudicio. Shikamaru doveva studiare per tutta la notte, poiché l’indomani avrebbe affrontato un esame.
Così, decise di dormire sulle scale di quel palazzo. Certo, poco raffinato, ma o quello o morire al freddo congelato.
Passò tutta la notte lì, finché, poco elegantemente, fu svegliato da una Hanabi a dir poco isterica, che lo trascinò in casa e gli ordinò di dare una mano alla sorella.
Naruto era quindi lì, fermo sul posto, accanto alla porta.
- Hanabi-chan? – chiamò flebile la ragazza dall’altra stanza, quando sentì la porta dell’ingresso sbattere violentemente.  –Puoi venire a darmi una mano? -
Il biondo mosse qualche passo verso la camera da letto, da dove veniva la voce bella e linda di Hinata.
Si affacciò lentamente alla porta e vide la mora di spalle intenta ad osservare intensamente una sedia posta vicino all’armadio e una grossa scatola che risiedeva su quest’ultimo.
Indossava un corto abitino viola, che le sottolineava il punto vita; i suoi capelli, raccolti in una coda disordinata, ricadevano ribelli sul collo e le spalle.
Era vestita come, probabilmente, era abituata a fare quando era sola o con la sorella: poco curata,
in un modo molto molto semplice e pratico. Hinata però vestiva in modo divino gli abiti casalinghi, che le donavano incredibilmente.
Naruto le si avvicinò, senza che lei se ne accorgesse. Le sfiorò con una mano la spalla e dopo poco la vide voltarsi. Subito, un tenue rossore le invase le guance.
-Naruto…- mormorò, regalandogli un sorriso timido.
-Mi ha fatto entrare Hanabi.- asserì lui.
-Capisco.- sorrise lei, annuendo –E’ andata via?
-Beh…sì!- rispose lui, ridendo –Ha detto che doveva andare a molestare Sasuke!
-Sempre la solita!- rise lievemente lei, per poi ricomporsi. –Allora puoi darmi tu una mano?
-Certo!- disse lui sorridendo, entusiasta. –In cosa posso aiutarla, gentile signorina?
Lei sorrise. –Potresti salire su questa sedia e prendere quello scatolone?
-Comandi!- scattò lui, facendo ridere la ragazza.
-Ho provato a prenderlo da sola- disse lei, in imbarazzo –ma soffro di vertigini! E in ogni caso, non ci arrivo!
Lui rise di gusto, mentre si arrampicava per prendere il sopracitato scatolone. –Povera ragazza bassina!
-Naruto!- esclamò lei, fintamente stizzita, dandogli un buffetto scherzoso sulla gamba.
Afferrò lo scatolone e lo passò alla ragazza, che con fatica lo posò sul materasso.
-Passami anche tutto quello che c’è lì, per favore. - chiese gentilmente lei, cominciando a riempire gli altri scatoloni vuoti, già presenti nella stanza.
-Certo.- disse lui, servizievole –Ma come mai inscatoli tutto?
Hinata si voltò, stralunata –Hanabi non ti ha detto nulla?
L’altro negò brevemente col capo.
-Io e mia sorella ci trasferiamo.
Naruto per poco non cadde dalla sedia. –E dove andate? - chiese, ansioso.
La ragazza sorrise –Nella vecchia casa di mia madre, in periferia. - divenne pensosa –Credo che dovrò imparare a guidare e comprare una macchina…
Lui invece sospirò rumorosamente. –Per un momento ho pensato andassi in Svizzera con tua sorella. – disse.
La ragazza gli sorrise dolcemente. Era molto tenero il modo in cui Naruto dimostrava di tenere a lei, le metteva sempre molta allegria.
-Comunque, come mai vi trasferite? – chiese Naruto, continuando a tirare giù tutto ciò che c’era nella parte alta dell’armadio.
Hinata si fermò, pensierosa, rimanendo seduta com’era sul letto. Fissò lo sguardo sulla felpa bianca che stava ripiegando per metterla in uno scatolone, assorta. Per un attimo, rivide le immagini di quella sera in cui litigò col padre alla cena di famiglia. Sbiancò al ricordo. Sua madre non ne sarebbe certo stata fiera.
E poi… aveva deciso di cambiare vita, perciò voleva avere un lavoro che le piacesse di più, che la appassionasse. Ma qual era? Non ne aveva la più pallida idea.
Naruto notò il suo incredibile pallore. Preoccupato, le si avvicinò lentamente. La chiamò, ma lei non diede risposta, assorta com’era nei suoi pensieri.
Si inginocchiò davanti a lei, per poi prendere lentamente il viso di lei fra le mani. Cercò i suoi occhi, e li trovò lucidi e commossi.
-Hinata… cosa c’è? – chiese, ansioso.
Lei fece un gesto strano col capo, come a scacciare via quei pensieri dalla mente. –E’ solo che..- la voce le si spezzò, incapace di continuare, cominciò a piangere.
Si sentiva così incredibilmente stupida… si stava mostrando nuovamente debole davanti a Naruto, che le aveva lasciato una ferita che sì, si stava rimarginando, ma era ancora aperta.
Perché non riusciva mai ad essere come voleva essere? Perché era incapace di lasciarsi scivolare via i problemi semplicemente?
Il tocco leggero delle dita di Naruto, che le asciugavano le guance dalle lacrime, la risvegliò riportandola alla realtà. Vide gli occhi azzurri di lui scrutarla, scavarle nell’anima, facendole perdere un battito.
-Ho litigato con mio padre. – disse, facendosi coraggio –Ho paura che prenda dei provvedimenti, che si vendichi, non su di me ma su Hanabi.
Naruto la osservò, ancora un momento, per poi sorridere negando piano col capo.
-Capisco la tua paura – disse –Ma credo che non sia solo questo il problema.
Hinata sgranò gli occhi, stupita. Naruto... quel suo modo di capirla… era tutto così strano. Fin dal primo momento, si era creata fra loro una certa complicità, un tale grado di intimità, da essere capaci di capirsi l’un l’altra. Era strano anche il modo semplice con cui Naruto l’aveva fatta innamorare.
-Io… - chiuse gli occhi e si abbandonò contro il calore delle sue mani –mi sento persa. Ero sicura di me quando ho detto di voler cambiare vita, di farcela con le mie sole forze… ma la realtà è che non so da dove cominciare. Ho bisogno di qualcosa da cui cominciare.
Hinata riprese a piangere, scossa da violenti singulti.
Naruto si mise lesto accanto a lei, prendendola tra le braccia e facendole appoggiare la testa contro il suo petto. La strinse a sé e cominciò a cullarla.
-Diamine, Hinata. – protestò lui –Lo sai che non so gestire queste situazioni, mi metti in difficoltà.
-Scusa…- rispose lei, intimidita.
-Scema, non chiedere scusa. – rispose lui, con un sorriso e cominciando ad accarezzarle i capelli –Piuttosto, sono migliorato?
Lei pensò al modo in cui Naruto la stesse consolando, alle sue mani che la accarezzavano e ai suoi sorrisi incoraggianti.
-Sì – rispose, tirando su col naso.
-Hinata…- cercò di sollevarle il mento per guardarla negli occhi, ma lei si rifugiò nascondendo il viso contro il suo petto.
-Ti prego! - disse lei, arrossendo –Non guardarmi, sono orribile quando piango!
Lui rise –Ma smettila…- asserì, riprendendola per il mento e riottenendo la sua attenzione. 
Il volto di Hinata era teneramente arrossato; gli occhi erano resi più brillanti dalle delicate perle salate ancora intrappolate fra le ciglia scure; i capelli, scompigliati, le incorniciavano meravigliosamente il viso. Bellissima.
-Non ti devi abbattere, hai solo ventun anni.
-Anche tu li hai, ma sai già cosa vuoi fare nella vita! - obbiettò lei.
-Voglio dire – riprese lui –Che hai tutto il tempo per trovare la tua strada. Devi solo rifletterci.
-Rifletterci… come, Naruto? – chiese lei, perplessa.
Lui ci pensò su un attimo –Devi capire cos’è che ti rende felice. – rispose, asciugandole le ultime lacrime.
La ragazza annuì, convinta dalle sue parole – Grazie, Naruto. – disse, accennando ad un dolce sorriso.
Naruto rise, mostrandole uno di quei larghi sorrisi che le facevano battere forte il cuore.
-Su, continuiamo! - disse, riprendendo a inscatolare tutto ciò che trovava.
Passarono le due ore seguenti ad inscatolare quasi ogni oggetto della casa e a scherzare e ridere fra loro.
Ad un certo punto, Naruto fu attratto da qualcosa che aveva un non so che di familiare, che era appoggiato su una sedia della stanza di Hinata. Nel suo breve soggiorno a casa Hyuga, non si era mai accorto di quell’oggetto.
Si avvicinò, prendendo il tessuto fra le mani. Era la sua sciarpa arancione, la sua preferita, quella che aveva “prestato” ad Hinata il giorno in cui cominciò la loro amicizia, alla caffetteria.
Sorrise, gioioso.
-Ce l’hai ancora? – disse meravigliato ad Hinata.
La ragazza si voltò e, quando lo vide con quella sciarpa fra le mani, divenne rossa come un peperone. Ci aveva dormito quasi tutte le notti dopo il litigio con il biondo.
-Io.. io.. emh, perché non dovrei averla? – rispose, incapace di dire qualsiasi cosa di sensato.
-Non so! - rispose lui –In effetti è una cosa stupida da dire. Pensavo che l’avessi dimenticata infondo all’armadio, ecco tutto!
Hinata sorrise fra sé. Non potrei mai dimenticare qualcosa di tuo infondo all’armadio, pensò. Ma non disse nulla.
Naruto le si avvicinò, in poche falcate. Lei lo guardò. Guardò i suoi grandi passi, così leggeri e veloci da far sembrare che fosse un angelo. 
Osservò i suoi movimenti, le mani strette intorno alla sciarpa. I suoi capelli ribelli, i suoi occhi ridenti, il sorriso folgorante che gl’illuminava il viso.
Arrossì, ancora più violentemente, quando si ritrovò tutta quella bellezza ad un palmo dal naso.
Lui rise – Sai Hinata, sei proprio buffa!
Cominciò a mettergli la calda sciarpa intorno al collo, premurosamente, e ad ogni gesto i loro visi si avvicinavano, colti da un’attrazione irresistibile.
La tentazione di baciare quelle labbra rosse e carnose era tanta…
-Onee-san! – urlò una voce euforica dal corridoio, seguita dalla porta che sbatteva.
Poi, il viso candido e sorridente di Hanabi sbucò dalla porta.
-Oh, ciao baka, piacere di rivederti! – urlò la ragazza, che sembrava in preda alla pazzia, non smettendo mai di sorridere –Vi comunico che sono incredibilmente felice, quindi oggi poltrirò guardando voi che lavorate!
I due rimasero immobili, a guardarla stralunati.
-Oh, Naruto, continua a fare quello che stavi facendo. - disse lei, voltandosi per andare in soggiorno –Qualunque cosa sia fa felice mia sorella!
Fu allora che i due si resero conto della vicinanza dei loro corpi e presero a ridere istericamente, rossi in viso.
Finalmente, erano tutti felici.
 
 
 
 
 
Prende bene stare fuori oggi che è primavera
prende bene andare in giro con il sole che saluta la sera
oggi che è primavera
E ho buttato via i pensieri via la noia e il magone
li ho buttati tutti quanti stamani tutti dentro a un bidone
e fuoco col kerosene !
 
E a modo mio, a modo mio sono
contento un poco anch'io
E a modo mio, a modo mio sono
contento un giorno anch'io
E a modo mio, ringrazio Dio
oggi la storia la faccio io,
a modo mio
 
E' che oggi sono in forma oggi è un giorno speciale
di quei giorni che non vengono spesso come le eclissi di sole
che le puoi quasi contare
E le bambine, le bambine oggi sono gentili
le bambine oggi fanno un sorriso ai fischi dei militari
oggi è un giorno alla pari
 
E a modo mio, a modo mio sono
contento un poco anch'io
E a modo mio, a modo mio sono
contento un giorno anch'io
E a modo mio, ringrazio Dio oggi
la storia la faccio io, a modo mio
 


 
{ Guardati, Naruto.
  Finalmente sei vicino alla normalità. Hai avuto una vita da pazzo, da spericolato, da schizzofrenico.  
  Ma ora sei così vicino a tutto ciò che hai desiderato. Ciò che desideri... presto potrai tenerlo per mano.
   E sai perchè? Perchè hai fatto tutto a modo tuo. Sempre.}



 




Ciao, meraviglie!
Direi che sono stata abbastanza incasinata, ultimamente, scusate se il capitolo è corto :(
Mi dispiace non aver aggiornato prima. E' che proprio non ho tempo e le forze.
Mentre oggi, che finalmente ho avuto del tempo per me,ho avuto talmente tanta ispirazione
che mi accingo a scrivere una nuova raccolta, che spero leggerete tutti.
Sarà su Hinata e la chiamerò 50 sfumature di viola (nessun riferimento a libri),
per cui cercate questo nome in giro.
La canzone che ho scelto... beh, è felicità allo stato puro e la adoro :D
Il finale, con Hanabi che torna a casa di Kiba un pò sclerata, è da pazzi, ma mi piace!
La citazione iniziale a Lucio Dalla era di dovere ;)
Love baby, see you later! 

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Capitolo 20
*** Bong. ***


Filosofia di vita.
-
Bong

[Le due cose più belle e brutte della vita? I ricordi e le decisioni.]



 
[Negrita: Bong (instrumental); Akeboshi: Wind ( A song of Naruto Ending)]


-Hanabi-chan, sei pronta?
La voce gentile della sorella maggiore la risvegliò, riportandola alla realtà: si era imbambolata guardando la grande struttura che si ergeva d’innanzi a loro.
La staccionata in ferro formava degli splendidi ghirigori intorno al piccolo giardinetto.
Un cancelletto stretto si apriva su un lungo vialetto in mattoni. Davanti alla casa, si ergevano due grossi alberi di camelie ed un albero di mandarini, che profumavano tutta l’area.
Una piccola altalena pendeva da uno di questi alti alberi.
La casa era alta, d’un bel giallo limone. L’ingresso era adornato da due piantine di rose di un caldo color arancio, molto rare da trovare in quella stagione.
Il grande portone di legno appariva massiccio e solido.
Hinata le sorrise, dolcemente.
-Se pensi che il giardino di villa Hyuga è la cosa più bella che nostra madre ci ha lasciato, adesso non crederai ai tuoi occhi.- disse la ragazza sorridendole, gli occhi nascosti da due occhiali da sole di un viola intenso.
Si voltò per pagare la corsa al tassista e si accinse a prendere le valige nel bagagliaio.
-Su, entriamo.- disse la ragazza –Fra poco arriveranno gli altri con il resto della roba.
Hanabi annuì, poco convinta. Lo stupore e la voglia di vedere quella casa le avevano tolto le parole di bocca, rendendola stranamente taciturna.
 Aiutò la maggiore a trascinare le valigie e la seguì mentre andava verso la casa.
La giovane donna prese un mazzo di chiavi dalla tasca della propria felpa, prendendo quella per aprire il cancelletto.
Quest’ultimo, cigolando, si aprì, lasciandole entrare. Le ragazze proseguirono lungo il vialetto.
Hinata non smise di sorridere neppure mentre cercava la chiave giusta per aprire il portone.  
La porta si aprì con un sonoro “clack” e la ragazza la sospinse, rimanendo sulla soglia ed invitando la sorella ad entrare per prima.
Hanabi entrò, titubante ma curiosa. Si fermò nell’ingresso, mentre la maggiore accendeva la luce dietro di lei.
Ciò che vide le fece perdere un battito.
La luce illuminò l’ingresso, con un cassettone di legno decorato e con alcune foto di famiglia poste sulla superficie scura.
Si tolse in fretta le scarpe lasciandole scompostamente sotto il gradino e, aprendo il cassettone, trovò tante ciabattine messe vicine. Ne prese un paio e le indossò.
Dopo un metro, l’ingresso si apriva in un’ampia stanza luminosa.
 Da una parte il salotto appariva maestoso, con un ampio divano color panna e due poltrone, il caminetto, la tv sopra il camino, due librerie poste ai lati.
Lo spazio si apriva in una cucina open space, con una grande isola dove poter consumare la colazione.
In un angolo della sala, c’erano una porta di legno bianco, una sala da pranzo molto moderna e la scala che portava al piano superiore.
Hanabi sorrise, mosse qualche passo e roteò su se stessa, osservando il lampadario a gocce sopra di lei e tutto quel ben di Dio.
-Ti piace, imoto? - chiese la sorella, osservandola felice.
-Questo posto è meraviglioso. - disse Hanabi, contenta –Sento quasi… il calore della mamma.
Hinata sorrise, mentre, come la sorella, indossava un paio di ciabatte. Osservò le foto poste sul cassettone.
Una raffigurava suo padre e sua madre, giovani; un’altra, lei da piccola che osservava Hanabi nella culla; l’ultima rappresentava sua madre, giovanissima, con un gran sorriso.
Sfiorò quest’ultima con due dita.
- Tadaima, ‘kaa-chan1. - sussurrò alla donna della foto.
- Hai detto qualcosa, onee-san? – chiese Hanabi, con gli occhi trasognanti.
- Sì, che dovremmo salire, così potrai scegliere la tua camera. – mentì lei, sorridendole.
Hanabi sbatté forte le mani, esultando. –Sì! - disse, convinta, salendo a due a due gli scalini.
La maggiore la seguì, lentamente, con un sorriso soddisfatto sul viso.
La trovò intenta ad osservare quella che un tempo era la stanza degli ospiti, abbigliata degli oggetti più moderni e variopinti, con un grande lettone che occupava tutta la camera.
-Questa! - urlò Hanabi, euforica –Posso, onee-san? –
La maggiore osservò con attenzione il suo sorriso felice e ne gioì.
-Certo, Imoto. – disse solo, per poi ricevere un abbraccio stritolante dalla sorella.
-Grazie, grazie, grazie!! – la ragazza urlò felice e si fiondò sul lettone.
Il suono di un clacson le fece sobbalzare: i ragazzi erano arrivati.
Hinata si incamminò verso la porta, ma venne superata da una super euforica Hanabi in preda alla pazzia, che scese le scale rischiando di cadere più volte per poi fiondarsi fuori dalla porta con ancora le ciabattine da interno.
La ragazza si fermò di scatto in mezzo al vialetto, a pochi passi da Kiba, che le sorrideva furbo.
-Ciao, cagnaccio. – disse lei, con un’allegria impertinente.
-Ciao, nanetta. – disse lui con altrettanta arroganza, per poi circondarle con un braccio le spalle ed avvicinarla a sé, chiudendola in un caldo abbraccio.
Anche Sasuke e Shikamaru erano scesi dal camion, nelle loro tute scure e con atteggiamento da gran malfattore: infatti si diressero verso il retro del camion, aprendo il grande sportellone.
-Voi due…- disse una voce nell’ombra con tono minaccioso –Consideratevi morti!
E dopo uno battito di ciglia, due belve dall’aura malefica e… incazzata, apparvero dall’ombra dell’abitacolo. Erano Sakura e Ino.
-Come avete osato rinchiuderci qui dentro come bestie?!- urlarono entrambe all’unisono, scendendo dal camion e guardando inferocite i ragazzi.
A completare quello scenario pazzesco, Naruto scese dal camion, gli occhiali verdi calati sugli occhi, il corpo che si tendeva all’indietro stirandosi come una gatto.
E ad Hinata, rimasta sulla soglia ad osservare, non potette non scappare una sonora risata, che fece voltare tutti verso di lei.
La ragazza, piegata in due dalle risate in un gesto che non l’aveva mai colta prima d’allora, fece sorridere tutti per la bellezza di quel momento.
Il gruppo si avvicinò a lei, ridendo e scherzando.
-Siete venuti tutti! – disse Hinata, asciugando col pugno chiuso una lacrima che le era scappata – Vi ringrazio!
Ed insieme, trascorsero il resto della giornata a ridere e scherzare, sistemando i vari scatoloni in casa, effettuando il trasloco.
 
Quando il trasloco ebbe fine, erano tutti così stanchi che decisero di rimanere a dormire lì.
Ordinarono qualcosa d’asporto e si sistemarono tutti nel salotto, il fuoco acceso nella fredda serata d’aprile.
Stavano tutti scherzando e ridendo e nessuno, a parte Naruto, si era accorto dell’assenza di Hinata.
La giovane, infatti, era caduta nella sua tentazione più grande. Entrando in quella casa, aveva sentito subito la familiarità tipica che aveva ogni volta che entrava lì con la madre.
Era da allora che non ci entrava.
Quella era la casa di sua madre quando era nubile, in seguito rimodernata da lei stessa per le proprie figlie.
Adorava quel tipico profumo di orchidee e rose che ora era quasi scomparso, ma più di ogni altra cosa... adorava la stanza della musica.
La madre la portava lì ogni volta che voleva evadere da quella casa insulsa e fredda in cui vivevano ed ogni volta le insegnava a suonare qualcosa, a farsi compagnia con la musica.
E poi… le cantava sempre quella canzone spettacolare…
Ed ora, mentre sfiorava con le dita i tasti avorio di quel piano magnifico, canticchiava a bassa voce -Don’t cry ‘cause you’re so right… - si interruppe, sentendo gli occhi di qualcuno su di sé.
-Naruto. – chiamò, a mezza voce, nel buio della camera. Ormai sapeva anche riconoscere la sua presenza dagli sguardi che le lanciava.
Il ragazzo tastò il muro ed accese la luce. Il suo sorriso era ciò che illuminava più di tutto.
-Ti ho trovata, finalmente! – disse lui, con aria stanca –Che fai?
-Io…- Hinata sussurrò appena –Questa era la stanza preferita di mia madre... mi cantava e suonava sempre delle cose bellissime.
Lui le si avvicinò ed in un attimo le fu davanti. Le baciò dolcemente i capelli scuri e cominciò a sistemarle delicatamente quelli più ribelli.
-Perciò, sei figlia d’arte? – chiese, la voce gentile.
-In un certo senso. – rispose lei, lasciandosi cullare in quell’amabile modo.
-Cosa cantavi? – chiese il ragazzo, spostando la mano dai capelli di lei alla sua guancia, accarezzandola con movimenti circolari.
-Una canzone che scrisse per me… - sussurrò lei –Ho tanta voglia di suonarla. Una volta, diedi a Sakura e Ino le altre parti della canzone e la suonammo insieme.
-Davvero? Perché non lo rifate, allora?- chiese lui, sorridendole dolcemente.
-Io.. non so.. Ecco, Naruto, la canteresti per me? – disse lei, con gli occhi imploranti e lucidi.
Lui la guardò, sbalordito per quella richiesta.
-Beh… se me lo chiedi così! – rispose Naruto –Farò del mio meglio, giuro, userò anche il diaframma!
La ragazza sorrise e, mentre Naruto chiamava gli altri, lei si prodigava a sistemare il necessario: gli strumenti, una leggera base automatica, gli spartiti ecc.
Sakura arrivò di corsa –Davvero? La vuoi suonare di nuovo? – chiese, eccitata all'idea di risentire quella splendida canzone.
Hinata annui semplicemente, osservando gli altri che entravano e si accomodavano su un divanetto. Si soffermò sulla sorella, appena dopo essersi seduta al pianoforte.
-Imoto, fa bene attenzione. - disse, seria –Questa canzone la scrisse la mamma per me mentre tu eri ancora nel suo grembo, per cui non credo di essere nel torto, dedicandola anche a te.
I loro occhi bianchi si incontrarono, scambiandosi un muto incoraggiamento.
La Hyuga osservò gli altri attorno a sé: Sakura era pronta col flauto traverso, Ino aveva finito di accordare il violino, mentre Naruto teneva gli occhi bassi sul foglio del testo.
La guardò, sorridendo, per poi accendere la base, che partì.
La canzone cominciò ed Hinata si lasciò completamente andare al suo amato pianoforte, chiudendo gli occhi e lasciandosi inondare dalla musica e dai ricordi della madre.
Dopo di lei, Sakura cominciò a suonare il flauto, che cantava come un usignolo.
Naruto cominciò a cantare, il testo davanti agli occhi.
 
 
 
Cultivate your hunger before you idealize.
Motivate your anger to make them all realize.
Climbing the mountain, never coming down.
Break into the contents, never falling down.
 
Anche Ino cominciò a suonare il violino, con un ritmo lento e cadenzato.
 
My knee is still shaking like I was twelve,
Sneaking out of the classroom, by the back door.
A man railed at me twice though, but I didn’t care.
Waiting is wasting for people like me.
 
Don’t try to live so wise
Don’t cry ‘cause you’re so right
Don’t dry with fakes o fears
‘cause you will hate yourself in the end.
 
 
Don’t try to live so wise
Don’t cry ‘cause you’re so right
Don’t dry with fakes o fears
‘cause you will hate yourself in the end.
 
Naruto cominciò a cantare guardando Hinata che si scatenava al piano, incrociando, di tanto in tanto, I suoi occhi.
Lei capì che la canzone gli piaceva e che gliela stava dedicando a sua volta.
 
You say “dreams are dreams, I ain’t gonna to play the fool anymore”
You say “’cause I still got my soul”
 
Take your time, baby, your blood needs slowing down.
Breach your soul to reach yourself before you gloom.
Reflection of fear makes shadows of nothing, shadows of nothing.
 
You still are blind, if you see a winding road,
‘cause there’s always a straight way to the point you see.
 
 Don’t try to live so wise
Don’t cry ‘cause you’re so right
Don’t dry with fakes o fears
‘cause you will hate yourself in the end.
 
Don’t try to live so wise
Don’t cry ‘cause you’re so right
Don’t dry with fakes o fears
‘cause you will hate yourself in the end.
 
 
Tutti li guardarono ammirati e senza parole. Avevano dato prova di sé, riuscendoci anche bene.
-Perciò…- bofonchiò l’Uchiha, interrompendo il silenzio –L’arpia e Ino sanno suonare?
E mentre Sakura si infuriava per essere stata chiamata arpia, Shikamaru rispose all’amico.
-Vuoi che le donne ricche non suonino?
-Per tua informazione – intervenne un’Ino seccata – è buona norma che le donne dell’alta società siano ben educate ed acculturate.
-Non mi stai forse dando ragione? - disse lui, con tono saccente.
L’altra si infuriò –Sì, cioè no, cioè… detto come lo dicevi tu sembrava una cosa cattiva!
Shikamaru fece un sorriso sbarazzino mentre Ino arrossiva per la sua stupidaggine.
Continuarono a scherzare per un’altra oretta ed infine si sistemarono per la notte.
Hinata però non riusciva a dormire e se ne stava sulla terrazza di quella splendida casa, a guardare il cielo stellato.
Quella canzone l’aveva scossa.
Doveva smettere di comportarsi come gli altri volevano che facesse e prendere a due mani il proprio destino, confrontarsi con sé stessa e capire cosa fare della propria vita.
Era venuta l’ora, il bong era suonato.
- Don’t try to live so wise. Don’t cry ‘cause you’re so right. Don’t dry with fakes o fears, ‘cause you will hate yourself in the end…- una voce alle sue spalle canticchiò il ritornello di quella canzone che l’aveva fatta riflettere.
Si voltò e vide Naruto che la guardava, con un mezzo sorriso sul volto.
-Pensavi a questo? – mormorò lui, andandole vicino ed appoggiandosi di schiena alla ringhiera.
-Sì – rispose lei, osservando il cielo –Mi ha fatto capire che è ora di smetterla di farmi passare davanti le cose come se non mi appartenessero. Devo capire cosa voglio.
Il ragazzo annuì –Sai che qualunque decisione prenderai, ti rimarrò vicino.
Le gli sorrise dolcemente, voltandosi verso di lui.
Naruto la osservò, accarezzandole dolcemente una guancia.
Era così bella, anche mentre aveva gli occhi preoccupati e nostalgici… i capelli perfetti, con i rifessi della notte più calda,
e la sua bocca carnosa, dischiusa e rilassata, gli faceva voglia di baciarla e di non smettere più.
-Cosa c’è, Naruto-kun? – disse lei, preoccupata –Ho qualcosa sul viso?
Lui scosse il capo e la guardò in un modo in cui non l’aveva guardata mai: tremendamente serio e voglioso di lei...
-Ti guardo perché vorrei tanto baciarti. – disse, con voce roca.
Lei lo guardò, sgranando gli occhi, incredula. Arrossì.
-Ma, Naruto…
-Voglio baciarti. Sentire il sapore delle tue labbra. Farti capire, in qualche modo, che sono presente, che sono sempre dalla tua parte, sempre con te. – le prese il viso con due mani e l’avvicinò al suo –E vorrei sempre stare con te. Perché io ti amo, Hinata.
Cosa? Hinata pensava di aver capito male, o che quello che lui le aveva appena detto fosse frutto della sua immaginazione. La sua bocca era dischiuse in un’espressione dolce e stupita.
Aveva tanto desiderato quel momento, quelle parole, quei tocchi. Perché con lui si sentiva al sicuro, perché lui, finalmente, era famiglia.
Famiglia vera, non un fantasma a cui dire “Tadaima!”, ma qualcuno che ti accoglie la sera con una coperta ed una cioccolata calda.
Lui era il suo porto sicuro e lo amava come non mai.
Però… sentiva che non era ancora il momento per loro, per quel meraviglioso ‘noi’.
-Naruto… - disse, balbettando appena –Ti amo, anche io, tantissimo.
Lui fece un gran sorrisone, sorpreso, e si chinò, per baciarla, ma lei si tirò un poco indietro.
-No.. aspetta Naruto, ascoltami. Non pensare che non ti voglio. – disse, notando la sua faccia triste –Io… ho delle cose da affrontare, ora. Devo affrontare me stessa, capire cosa desidero. E… per una volta, so che è una cosa che devo fare da sola. Cerca di capire… se noi cominciassimo la nostra storia ora, non la vivrei bene come dovrei, non è ancora il momento per noi. Prima, devo capire chi sono io. E con tante persone intorno, persone di cui prendermi cura, da amare, questo non sarebbe possibile. – gli accarezzò il viso lentamente –Capisci cosa voglio dire? Prima di amare te, devo amare me stessa.
Naruto capiva perfettamente cosa gli stesse chiedendo, anche se non se lo aspettava. Ma beh… non si aspettava nemmeno che lei lo amasse!
Lei voleva del tempo. Ed anche se la desiderava in quel momento, se desiderava baciarla, amarla, capiva bene le difficoltà di lei.
Per cui, dato che l’amava, avrebbe aspettato. Per lei.
-Va bene, Hinata. – disse, sfiorandole nuovamente le guance con un dito –Aspetterò. Per te. Solo… quanto? Quanto tempo devo aspettare per baciarti, per averti? 
Hinata arrossì e voltò lo sguardo verso il cielo, emozionata.
-Sai... ho sempre pensato che un bacio fosse una cosa bellissima, che ti rende la vita più bella. È per questo che io… vorrei il nostro bacio quando sarò triste, in modo che tutto passi.
-Alla Donnie Darko! – disse Naruto, ridendo.
-E’ un film che mi è sempre piaciuto, non so dirti bene perché!- sorrise lei, continuando a guardare le stelle.
A Naruto batteva forte il cuore. Fortunatamente, nel buio di quella notte stellata, non potevano ben vedersi in viso, per cui il suo rossore sarebbe rimasto celato, al sicuro dagli occhi di Hinata. 
Lei era così bella, in quel momento più degli altri, con i capelli sfiorati da un dolce vento, la bocca dischiusa in un piccolo sorriso, il pallore che quasi brillava della stessa luce della luna, gli occhi perlacei luminosi e tremanti.
E Naruto aveva gli occhi nello stesso modo, a guardarla: emozionati, sinceramente felici, tremanti di sentimento.
Hinata si sentiva esattamente come lui. In un turbinio di emozioni, non riusciva a pensare a nulla, cullata dalle dee e dagli angeli, che la stavano portando a fare un bel giro in Paradiso a godere delle gioie della vita e dell’amore.
Si sentiva in alto, improvvisamente leggera, mentre guardava tutto con occhi diversi.
Ma quando sarebbe tornata con i piedi per terra, i suoi demoni sarebbero tornati a soffocarla.
Perché non era l’ora dell’amore. Era l’ora di fare i conti col destino, di decidere.
Il bong era suonato.
 
 
{A volte, le canzoni sono peggio di certi monaci, che a certe ore della notte o del giorno, con in mano un grosso bastone,
sbattono su un largo disco placcata in oro, come rituale.
Cong, bong, tong, kong, chiamalo come vuoi, ma è suonata l’ora fatidica anche per te, piccola, dolce Hinata.}

 








Ehem... Eccomi! Scusate il ritardo, mi do malata!
Questo capitolo tardava proprio ad uscire dalla mia testa >.< 
Non ne sono nemmeno così convinta!
Allora, che dire su questo capitolo...
Trasloco avvenuto in una casa che ad Hinata ricorda tanto, 
facendo emergere maggiormente quanto sente la mancanza della madre e 
il tepore di una famiglia. Per Hanabi è un nuovo inizio,
mentre per Hinata significa combattere con i propri demoni,
le proprie insicurezze, e capire cosa vuole fare della sua vita.
Poi c'è.. NARUHINA A GO GO! Cavolo, non ho resistito ad inserire
ora la dichiarazione. Ho cercato di far capire come ormai
si capisco così bene che Naruto c'è sempre nei momenti in cui
Hinata comincia a sentirsi sola. TELEPATIA!
Vi piace la dichiarazione? EEEH?
Per quanto riguarda le song.. sono rimasta così colpita
da mister Akeboshi, scoperto nell'ultima settimana, 
che non potevo non inserire la canzone che ha fatto per Naruto.
Mi ha ispirata tantissimo.. ma i Negrita sono presenti, nè!
Bong è una canzone che mi estasia, 
quasi come il "bong" come oggetto.. ehem... cercate su google..
Infine, vi consiglio di leggere la mia nuova storia, incentrata su Hinata, "50 sfumature di viola". Ok, vi ringrazio per la vostra attenzione!
Spero che il capitolo vi piaccia, recensite :*



 

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Capitolo 21
*** Vai, ragazzo, vai. ***


Filosofia di vita
-
Vai, ragazzo, vai

[REAGIRE]




[Canzone di oggi: Negrita, vai ragazzo vai]

Quand’ero piccola, non ero piccola.
Quando diventai grande, ero già grande.
La mia vita è sempre stata così. Un prendermi cura degl’altri continuo.
La mamma stava male, allora correvo di qua e di là, le portavo impacchi freddi per la febbre, suonavo per rallegrarla, le accarezzavo quei pochi ciuffi di capelli con attenzione,
pur di rassicurarla, dormivo con lei, e quando stava malissimo, ero io a chiamare l’ambulanza.
Mio padre lavorava, allora era tutto un portare il tè caldo, portare il caffè freddo, stare in silenzio, inchinarsi fino a terra mentre porgevo le bevande,
essere ancora più educata mentre c’erano gli ospiti, portare i sigari, lasciarlo solo.
C’era quel piccolo batuffolo indifeso che era Hanabi, e quindi facevo ciò che non poteva fare mia madre: giocavo con lei, le raccontavo le storie, le spiegavo tutto,
la rassicuravo, la curavo quando stava male, controllavo il lavoro della bambinaia.
Le mie amiche avevano sempre problemi e si confidavano con me, in cerca di un consiglio.
In tutto questo, in tutte queste cose da fare, io mi perdevo. Dove finiva il mio carattere, le cose che amavo fare, ciò che pensavo?Chi sono io?

 

Non c’è niente da fare, non c’è niente da dire,
fermo in questo posto io mi sento morire.

 
Con Neji-nii-san, avevo la possibilità di scappare dal mio mondo.
Nell’ora che trovavo al pomeriggio per giocare con lui, mi divertivo, forse tornavo bambina, nonostante i miei occhi perennemente tristi.
E quando sei una ragazza che ne ha viste di cose orribili, che finalmente trova una persona di cui potersi fidare e quando quest’ultima la tradisce, è peggio di una coltellata.
Lui mi era sempre stato vicino, così tanto che negli ultimi anni era riuscito a persuadermi, a farmi credere di essere innamorata di lui.
Un grande stratega, certo. Cercare di sposarmi per ottenere le ricchezze di mia madre e della famiglia, con il consenso di mio padre, addirittura. Doppia coltellata.
Illudermi così solo per cercare di mettermi da parte, per impossessarsi di qualcosa che apparteneva a me sola, è orribile.
Mi alzai e cercai negli scatoloni il mio unico paio di scarpe da jogging. Le trovai e le sostenni con due dita, uscendo in pigiama dalla mia stanza, silenziosa.
Stavano tutti dormendo in salotto, buttati sui divani e le poltrone, alcuni sul tappeto. Fra i tanti, scorsi anche Hanabi, distesa fra le braccia di un Kiba che russava profondamente.
Naruto era steso sul divano, con il viso contro lo schienale e la testa di Sasuke appoggiata alla sua schiena. Avevo quasi voglia di restare a guardarli ancora, immersi com’erano nella loro felicità.
Però, mi venne da pensare che io quella felicità non l’avevo mai avuta e mi venne di nuovo voglia di andare a correre, di scappare. Indossai le scarpe seduta sullo scalino, presi le chiavi ed uscii.
L’aria fredda mi irritava il viso, mentre cominciavo a correre nel buio della periferia. Nessuno si sarebbe accorto della mia assenza, come al solito. Ero sola, e lo sarei sempre stata.
Cominciai a sentire il dolore nelle gambe, che spingevo al massimo, oltre il loro limite. Il dolore della vita si impossessava di me. Vorrei gridare, ma mi esce fuori solo un grugnito animale.
 

Spengo gli occhi un momento e provo ad urlare,
ma non mi esce la voce, esce un suono animale
che entra nelle finestre e sbatte nella membrana
che avvolge la gente e la porta lontana
lontana da tutto, tanto da non sentire
me che fermo in questo posto mi sento morire.

 
È per questo che ho sempre avuto tanta paura, già. Tutte le persone che ho amato, o se ne sono andate, o mi hanno ferito.
Perciò, potreste mai criticarmi se ho scelto di essere silenziosa, composta, docile ai comandi?
Se, invece di ribellarmi a tutto ciò che mi hanno inculcato in anni e anni, ho continuato la mia vita senza cambiarla minimamente, persistendo nel curare gli altri e mai me stessa?
Non ho mai visto la possibilità di prendere un’altra decisione. Non ho mai avuto altra scelta.
 

Fermo in questo posto la visuale e scarsa
Fermo a una stazione aspetto la mia corsa
Che mi porterà dove e chi è che lo sa?
Dove questo treno arriverà

 
È pur vero che ho avuto la forza di prendere decisioni importanti, certo. Ho lentamente tolto la parola a colui che avevo di più caro, mio cugino, soffrendone molto.
Ho lasciato casa mia appena ho avuto la possibilità di farlo.
Scappare da lui, da quel mostro che ho chiamato sempre “padre”.
Non potrò mai dimenticare ciò che accadde quella sera. Le sue mani sui miei fianchi, mentre mi attirava a sé. Orrore puro.
Ma se avessi avuto la forza di ribellarmi prima, questo non sarebbe mai successo.
… a cosa sto mentendo? A chi? Sto parlando nei miei pensieri. Diciamo la verità.
Se mio padre non avesse fatto ciò che ha fatto, avrei continuato a vivere a lungo in quella casa, anche se era un incubo.
Se mio padre non avesse fatto nascere in me quel senso di repulsione, io non avrei mai abbandonato quelli che consideravo doveri,
ovvero essere servile e docile per lui, come si vuole per una figlia nobile ed elegante. Nonostante mi avesse già ferito, vendendomi a Neji,
io non avrei abbandonato quella casa. Non ne avrei avuto il coraggio.

 

Chi lo sa quel è il percorso intestinale
Che da adolescenti si deve affrontare
Quando ti stai cagando sotto alla tua prima partita
D’adolescente che s’affaccia alla vita
 

Ovviamente, non avrei mai potuto abbandonare mia sorella, ma non è di questo che parlo. Era comunque già lontana.
Ma ciò che mi fermava era… la mia solitudine. La paura per quella solitudine che mi aveva sempre accompagnato.
Ho sempre avuto delle amiche, è vero. Però, a volte mi sentivo sola anche con loro.
Non ero capace di condividere il mio dolore con loro e questo mi isolava dagli altri.
Avevo così tanta paura di rimanere sola, che anche perdere la mia famiglia, la mia orribile famiglia, mi faceva paura.
Eppure, non si poteva certo chiamarla famiglia. Non potevo certo fare affidamento su di loro.
E allora mi dicevo “vai, va via”.  Ma mi sentivo impotente, incapace di fare qualsiasi cosa.
Mi sentivo talmente diversa dagli altri, eppure mi mancava così tanto il coraggio…

 

Vai, vai ragazzo, vai
Vai, vai ragazzo, vai
Ti senti impotente di fronte alla vita
Ti senti una rosa in un campo di ortica
Che sei tutto e sei niente sei la cima sei il fondo
Sul mondo… tondo… vai…
 

 
Perché io non so volare.
Vorrei tanto volare, essere una farfalla, come loro avere una vita breve, ma sempre in viaggio e ricca di posti da vedere. Sto ancora correndo, eppure, ferma in questo posto mi sento impazzire. Non capisco più di cosa ho bisogno.
Vorrei rubare le ali ad una farfalla e correre via, scappare in un altro posto. Ma chi sono io per togliere a qualcun altro la possibilità di volare?
Ho bisogno di andare via. No. Ho bisogno di calmarmi. Di che diamine ho bisogno?
Voglio smettere di sentirmi così male. Così impotente, così incapace di fare qualcosa. Voglio sentirmi felice. Calmarmi.
Mi sento morire…

 

Non c’è niente da fare, non c’è niente da dire
Fermo in questo posto io mi sento impazzire
Schiaccio una farfalla perché lei può volare
Poi mi sento un verme nell’impasse totale
Raccolgo le ali e me le metto addosso
Ma c’è troppa afa e comunque non posso
Staccarmi da terra sperando di non sentire
Me che fermo in questo posto mi sento morire…

 

                                                                                                           Vai, vai ragazzo, vai
                                                                                                                                                         Vai, vai ragazzo, vai

 
 
 
 
 
Buio.
Hinata aprì gli occhi, eppure è questo che vedeva. Buio.
Dove sono? pensò, affranta e disorientata. Non sono sentimenti nuovi, però. Si sente così da una vita.
Incapace di prendersi cura di sé, di pensare al proprio futuro seriamente e con più calma, si è lasciata andare in un uragano di problemi, il suo io si è disperso. Disorientata.
Tastò con le mani e si rese conto di trovarsi su qualcosa di morbido, un letto.
Mosse un poco le gambe e mugugnò dal dolore: le sentiva indolenzite e lontane, come se gliele avessero staccate dal corpo.
Dei passi pesanti e veloci le diedero il tempo di capire che qualcuno si stava avvicinando a lei.
La piccola abatjour accanto al letto venne accesa, dandole modo di notare l’ambiente, strabuzzando gli occhi, e di rendersi conto che si trovava stesa sul suo letto, in camera sua, nella casa della madre.
Dalla finestra, il cielo stellato la salutava.
-Hinata… - lui la chiamò e lei non  ebbe il bisogno di voltarsi, per capire di chi si trattava.
Lui era lì e questo non poteva che crearle un moto di gioia infondo allo stomaco.
Sentiva la sua agitazione nell’aria e così, ancora una volta, si preoccupò per gli altri più che per sé, cercando di mettersi a sedere per non farlo preoccupare.
Ma fu tutto inutile, poiché le braccia su cui faceva leva le cedettero, facendola mugugnare di dolore l’ennesima volta. Ma che mi è successo?
-Ehi, ehi, ferma!- ordinò lui, posandole le mani sulle spalle –Ci hai fatto preoccupare tutti oggi.
-Voglio alzarmi…- disse lei, mugugnando.
-No.- e Naruto, per la prima volta, ordinò –Hai idea dello spavento che ci hai fatto prendere? Non c’eri da nessuna parte. Sono uscito correndo a cercarti alle sei di mattina. Sai dove ti ho trovato? Sai dove? - e alzò la voce –In mezzo ad una strada! Dio solo sa per quale fortuita circostanza non siano passate macchine!
-Naruto…- sussurrò lei.
-Sei pazza! - urlò lui, ignorandola –Sarebbe potuta finire peggio!
I loro occhi si incontrarono, avvolti nei loro sentimenti. Naruto, vedendo quegli occhi così spenti e tristi, si calmò, mettendo fine a quella che in teoria sarebbe stata la loro prima litigata.
-Mi… dispiace. - sussurrò Hinata, guardando le proprie ginocchia, che a stento si piegavano.
-Scusami tu…- disse l’altro, la voce rauca –Sei libera di fare ciò che vuoi e non ho il diritto di parola.
Con due dita, fece si che lei lo guardasse.
-Almeno per ora. - disse, regalandole uno dei suoi sorrisi sghembi.
Poi lui si alzò, andando nel piccolo bagno che c’era in camera. Aprì l’acqua e preparò in fretta un bagno caldo.
-Posso sapere che hai fatto? – chiese Naruto, dall’altra stanza.
Hinata ci pensò su un attimo, accucciandosi, con un po’ di fatica, in posizione fetale. Cos’ho fatto? pensò, affranta. Ho corso in giro come una matta.
Poi ripensò a tutti i suoi problemi, a tutto ciò che aveva pensato quel giorno, senza trovare una minima soluzione. Era completamente disorientata.
Sono già matta.
-Ho cercato di... pensare. – disse, in un sussurro.
In realtà, aveva corso per cercare uno sfogo, per chiarirsi le idee, per scappare dai suoi problemi.
Risultato? Nessuno.
Il biondo sbucò dalla porta, appoggiandovisi.
La osservò, per un’istante solo, il tempo di capire quanto fosse triste e confusa la ragazza. 
Le si avvicinò veloce, sedendosi accanto a lei sul letto. Le accarezzò lentamente la schiena, con le mani tremanti.
-Mi dispiace vederti così… - disse, a bassa voce –Se ne vuoi parlare, io sono qui per te, lo sai.
La ragazza chiuse gli occhi, confortata da quelle parole e dal tocco leggero della mano di lui.
Era strano, aveva dormito tutto il giorno eppure sentiva le membra stanche, non rispondevano ai suoi comandi.
-Avanti Hinata, alzati. – disse Naruto, cominciando ad accarezzarle i capelli scuri –Ti ho preparato un bagno caldo, ti farà bene.
E lei ci provò, davvero, con tutte le sue forze, ma non riuscì nemmeno a voltarsi per guardarlo.
Un flebile mugugno le uscì dalle labbra, anche se aveva tentato di trattenerlo.
Naruto scattò in piedi, impaurito.
-Hinata. – disse, la voce tremante –Alzati, ti prego, mi fai preoccupare.
-Non… non ci riesco, Naruto-kun. – disse, ormai stanca anche di scusarsi.
-Per tutti i Kami! – urlò lui, impaurito.
Con estrema cura le alzò le gambe e le spostò sul bordo del letto. Prendendola dai fianchi, la sollevò, lentamente, aiutandola a sedersi.
-Riesci a spogliarti? - chiese, gli occhi d’un blu così intenso da far paura.
Hinata lo guardò. Non voleva farlo preoccupare, ma davvero non riusciva a fare il più piccolo movimento. Si sforzò addirittura per negare col capo.
-Ti dispiace se lo faccio io? – chiese ancora, la voce ferma e priva d’imbarazzo.
Solitamente, ad una richiesta del genere sarebbe arrossito ed avrebbe balbettato leggermente, ma non era proprio il caso di imbarazzarsi.
Si trattava della salute di Hinata. E lei aveva bisogno di lui. L’imbarazzo era solo d’intralcio.
Hinata deglutì, ma negò nuovamente.
Naruto cominciò, lentamente e con cura. Le tolse i calzini, le sfilò la giacca e poi fu la sua volta di deglutire. Il pomo d’Adamo andò giù e su velocemente.
Le toccò i fianchi, per poi sfiorarle con due dita l’elastico del pigiama azzurro. Lo sfilò, lentamente e con dolcezza, scoprendo due belle gambe, sode e allenate.
Quel tocco leggero di Naruto mentre le sfilava i pantaloni la fece rabbrividire, lasciandole un leggero senso di tepore sulle gambe.
Naruto, con la stessa lentezza di prima, le toccò nuovamente i fianchi, per poi sollevarle la maglietta. Hinata cercò di aiutarlo, con molta fatica.
In reggiseno e maglietta, Naruto non poté soffermarsi un attimo per contemplare la sua bellezza.
La pelle candida, una via lattea incorniciata da capelli blu notte, era morbida come quella di un bambino; le forme generose invitavano al tocco; le labbra carnose al bacio.
Naruto scosse la testa per scacciare quei pensieri, per poi alzarsi.
-Toglierai il resto nella vasca, ok? – disse, guardando con improvviso interesse un punto indefinito del pavimento.
Senza aspettare una risposta, si chinò su di lei, senza guardarla. Un braccio dietro la schiena, un braccio sotto le gambe,
Naruto la sollevò senza fare una piega, come se lei fosse una piuma. Camminò, fin dentro il bagno, per poi immergerla nella piccola vasca con le zampe d’elefante, stracolma di schiuma.
Si sedette accanto alla vasca e si voltò, mentre Hinata, immersa nella schiuma, si toglieva anche l’intimo, che lanciò dritto nella cesta poco distante.
Naruto si voltò ed incontrò lo sguardo della ragazza, ancora triste ma con una strana luce, mentre le guance erano di un bel rosso tinto.
Risero entrambi nello stesso momento, ed un po’ di tensione scivolò via, come l’acqua che cadeva dalla vasca.
-L’acqua è calda? – chiese, premuroso.
-Forse un po’ troppo.  – rispose lei –Ma meglio così!
Si rilassò, scivolando un po’ più giù nell’acqua. Naruto non poteva vederla, la schiuma era troppa.
Quel bagno caldo le stava già facendo bene, riscaldandole i muscoli. La rinsaviva.
Naruto si appoggiò con le braccio al bordo della vasca, dove poggiò la testa. Guardò Hinata negli occhi, estremamente serio.
-Dimmi ciò che pensi, ciò che hai pensato oggi – le disse, la voce roca.
-Io… sono confusa, Naruto. – rispose lei, sussurrando –Mi rendo conto di non essermi mai presa del tempo per pensare al mio futuro.
-E questo ti fa paura.
-Si.
-Perché? – chiese lui, non cambiando la sua espressione.
-Ho paura di… di fare la scelta sbagliata, di non essere in tempo per farla.
-Che stupidata, Hinata. – disse lui –Hai tutta la vita per capire cos’è che vuoi fare. E se farai la scelta sbagliata… beh, non è che non potrai mai cambiare idea.
-Ma è una cosa importante, Naruto. – disse lei, affondando ancora di più nella vasca –Non so cosa fare. Non ci capisco più niente.
Naruto ci rifletté un attimo, poi tornò a guardarla.
-Prova a pensarci per gradi, senza ricordarti ogni minuto quanto sia importante.
Hinata chiuse gli occhi. Non sapeva che domande farsi.
-Cos’è che ami? – disse in tutta risposta Naruto, leggendole nel pensiero.
Cosa amo?  Hinata ripensò a quella domanda, mentre sprofondava sotto il pelo dell’acqua.
Ripensò a tutta la sua vita. Cos’è che l’aveva sempre accompagnata, che le aveva sempre donato sfogo, libertà?
Sentì il proprio cuore battere, veloce, e fu allora che capì.
Ricordò, ricordò le ore passate nella stanza della musica a suonare il piano, a suonare il sax d’innanzi alla madre, ad imparare a suonare ogni strumento che aveva, a tenere concerti per lei sola.
E fu come se tutto si collegasse, un’incredibile piano era già stato scritto.
Amava la musica, la madre le aveva lasciato un’eredità consistente e le aveva regalato una stanza piena di strumenti, solo per lei.
Le aveva regalato l’amore e la cultura musicale. E poi, c’era stato l’incontro che le aveva cambiato la vita, quello con gli Origin. Tutto si collegò.
Tornò di colpo in superficie, riprendendo fiato a pieni polmoni, e fu come se fosse la prima volta che respirava. Guardò Naruto, immediatamente, gli occhi sgranati e felici.
-Ho capito. – disse, sorridendo fiera –Ed è tutto merito tuo!
Naruto rise sonoramente –Ma non è vero!
Di slancio, abbracciò Naruto, la vasca fra di loro, la maglia del biondo bagnata d’acqua e schiuma.
Un argenteo bacio schioccò sulla sua guancia.
 

{Hai finalmente capito cosa sei destinata a fare. Stop alla confusione.
Insieme a questa consapevolezza, ne è arrivata un’altra.
Non devi affrontare la tua vita da sola. Né il passato, né il presente, né il futuro.
Gli altri hanno sempre fatto affidamento su di te, ma ora è il tuo turno di scaricare il fardello che porti sulle spalle.
Perché ricorda, da sola potrai anche andare più veloce, ma in due arriverai più lontano.}








Olaaaa! Vi siete dimenticati di me?
Mi dispiace aver aggiornato dopo così tanto, ma problemi di salute e troppo studio uccidono!
E poi arrivano così tante delusioni... :/ Gente, le amiche donne fanno schifo!
Che dire.. mi scuso se il capitolo è incasinato, ma l'ho scritto in diversi momenti.
Spero che ci capiate qualcosa. Una parte, annessa alla canzone, 
è descritta dagli occhi di Hinata, un pò come il capitolo "che rumore fa la felicità".
E poi c'è tanto di quel NaruHina :*
Detto questo, spero che vi aggradi, un bacione enorme!

Mi dispiace molto aver perso recensori, se ci dovesse essere qualche problema, se ne può parlare!!!

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Capitolo 22
*** Era magico. ***


Filosofia di vita.
-
Era magico.
[Per qualcuno, tutto cambia]

 
[Negrita: Era magico]
Il corridoio era poco illuminato.
Il tacchettio forte contro il pavimento in lastricato scuro accompagnava i passi decisi della ragazza, che non era mai stata tanto sicura come in quel momento.
Finalmente, intravide la porta di legno color ciliegio che si ergeva, forte e sicura, infondo al corridoio.
Altre poche falcate, ed Hinata fu alla porta. Sospirò, ansiosa, mentre notava la familiare targhetta laminata in oro.
Bussò.
-Entra, Hinata. – disse la voce maschile, che l’attendeva.
Con un gesto secco Hinata aprì la porta, entrò nella stanza e la richiuse dietro di sé.
-Siediti, cara. – disse ancora l’uomo.
La giovane donna gli si avvicinò, accomodandosi elegantemente nella poltrona verde scuro, d’innanzi alla grande scrivania occupata da carte e telefoni.
I due si guardarono. Era un po’ che non si incontravano e i segni del tempo segnavano i loro volti, anche se in modo diverso.
Hinata era ora più matura, il viso a cuore più sottile, gli occhi grandi dal taglio fiero e regale.
Il viso dell’uomo, invece, era solcato da rughe dovute al troppo nervosismo più che alla vecchiaia.
I capelli, legati all’indietro, erano ancora scuri, ma leggermente più opachi. Inoltre, mettevano bene in vista le lunghe cicatrici che segnavano il volto.
-Buongiorno, Signor Nara. – salutò lei, seria.
L’uomo le sorrise, tranquillo.
-Shikaku, Hinata. Shikaku.
 
 
Quella era stata una mattinata strana per tutti.
Dopo aver passato l’intera sera a parlare e confidarsi, Naruto e Hinata si erano ripromessi di tenere quel piccolo segreto per loro.
Hinata aveva capito cosa fare e voleva agire subito, perciò, quella mattina, scappò subito via di casa, salutata da un sorridente Naruto.
Lui era raggiante da quando lei gli aveva rivelato cosa volesse davvero fare e per questo motivo non smise un attimo di sorridere,
nemmeno durante l’interrogatorio di prima mattina da parte di Hanabi, che voleva sapere come stava la sorella e soprattutto dove fosse finita.
Per un caso fortuito di circostanze, Kiba riuscì a liberare Naruto da quel terzo grado, portandosi via la ragazza per la città.
Un modo come un altro per dimostrare il loro immenso affetto per la ragazza.
In ogni caso, le urla di Hanabi contro Naruto, ovvero il suo modo “gentile” di chiedere informazioni, svegliarono tutti quanti,
facendo allarmare anche gli animi più duri. Il resto del gruppo, infatti, preoccupato per lo stato di Hinata, si era fermato anche quella notte a casa Hyuga.
Tutti osservarono con curiosità e divertimento quella scenetta assurda: una sedicenne che rimbeccava a dovere un ventenne in crisi di sonno con un’apparente paresi facciale che lo bloccava sul sorriso.
Appena fu libero, il biondo si rifugiò sul comodo letto di Hinata, ancora sfatto, e dormì soddisfatto per ore.
Sasuke e Sakura avevano deciso di farsi un bagno, coincidenza, contemporaneamente, e, forse per un’altra coincidenza, si erano ritrovati nello stesso bagno.
Ovviamente nessuno dei due cambiò stanza.
Ino, invece, fu irresistibilmente attratta dal caldo tepore di Maggio che diffondeva, in quella giornata serena, il dolce profumo degli alberi e dei fiori del giardino.
Perciò, spinta dalla curiosità e dalla sua grande passione, si inoltrò nel giardino posteriore, che era ancor più grande del cortiletto d’innanzi casa.
Poté osservare camelie, ciliegi, rose, viole, orchidee, e tanti altri fiori variopinti e profumati.
Fu proprio mentre era china ad osservare uno di questi fiori che scorse, disteso sull’erba un po’ alta, Shikamaru, mentre parlava seccato al telefono.
-No. – disse serio lui, rispondendo a sillabe –Non ne ho voglia. – disse ancora.
Ino si chiese con chi stesse parlando, ed uno strano tepore allo stomaco la invase.
-Temari, smettila. Sei una scocciatura. – rispose nuovamente lui, sbuffando sonoramente. –Non vengo.
Dopo quel nome, la bionda sentì quel tepore crescere. Gelosia.
-Ho bisogno di riflettere – disse Shikamaru, e dopo un po’ di silenzio, parlò ancora –Non stiamo insieme, non hai alcun diritto su di me.
Shikamaru si voltò in quell’istante, incrociando lo sguardo di Ino.
Lei, dentro di sé, si sentì imbarazzata, poiché stava origliando. Ma dato che era una persona molto orgogliosa, invece di alzarsi e andarsene, fece una smorfia al ragazzo, seguita da una linguaccia.
Shikamaru voltò lo sguardo e sbuffò sonoramente –Ah sì? – disse, con aria di sfida –Con chi sei stata stanotte? Con quanti?
A quel punto, Ino sentì bene la ragazza urlare, furiosa.
-Ho ragione io, Seccatura. – disse ancora – Io non ho il diritto di essere geloso, per cui tu nemmeno. Logica.
Poi, ci fu un altro po’ di silenzio, il che voleva dire che l’interlocutore stava parlando.
Ino non osò fiatare e drizzò le orecchie, cercando di carpirne quante più informazioni poteva.
Riuscì solo a capire un “arrivo” stentato e la parola “bar”. Non capiva come queste parole potessero essere collegate.
-Va bene, ho capito – disse il ragazzo chiudendo gli occhi, segno che era arrivato al limite della pazienza –Ma non ti aspettare che io venga subito. A più tardi.
E chiuse la chiamata con un gesto secco, senza attendere risposta.
Tirò le braccia all’indietro, stiracchiandosi, e poi le abbandonò di peso stese sull’erba, aperte come se lo avessero appena colpito al petto.
Chiuse gli occhi, inspirò profondamente dal naso, poi dalla bocca, rilassando i propri nervi.
Sollevò le palpebre e posò lo sguardo sul tetto blu incontaminato, con due occhi che sembravano mandorle in tutti i sensi.
Che fosse incontaminato, poi, era estremamente raro da vedere: bastava inoltrarsi poco più nella città che l’aria era così torrida da diventare irrespirabile.
E chi lo guardava il cielo?
Ino lo osservò, ammaliata, non perse nemmeno un suo movimento.
Poi rinsavì, come se si fosse appena svegliata, e riprese ad esaminare le orchidee.   
Sentiva il suo sguardo su di sé.
-Ti sono sempre piaciute le orchidee. – disse, non molto interessato –Ti piacciono ancora?
Lei si stupì di essere stata interpellata, ma con un sorriso rispose con un sì chiaro e forte.
Shikamaru tornò a guardare il cielo. La ragazza non riuscì a non guardarlo, mentre aveva gli occhi rivolti al cielo, il profilo dritto e longilineo, i capelli lunghi compostamente accomodati dietro la nuca.  
Ogni volta che lo guardava, non poteva non ripensare al sapore delle sue labbra, o meglio, alle reazioni che quelle labbra le procuravano.
Si avvicinò a lui, gattonando sull’erba alta.
-Posso? – disse, fintamente educata, mentre già si coricava al suo fianco.
Le loro spalle quasi si sfioravano.
-A te piace ancora guardare il cielo, non ho bisogno di chiedertelo. – disse lei, unendosi a quell’osservazione astrale –Non ho mai capito perché.
Shikamaru sbuffò.
–Guardare il cielo e come guardare te in viso. Avete gli stessi colori. – si fermò, non potendo non notare il sussulto della ragazza –Ma a differenza tua, Mendosuke, il cielo mi calma.
Fu lei a sbuffare.
-Ed io cosa faccio?
-Scocci.
Il silenzio cadde fra loro. Quella poca confidenza che avevano ripreso in quei giorni sembrava essere scomparsa.
-Cosa succede con la tua ragazza? – chiese, per interrompere quel silenzio frastornante, sottolineando quell’ultima parola.
-Non è la mia ragazza. – disse lui, scocciato.
-Beh, ma voi… - e la parola scurrile le si bloccò in gola.
-Voi cosa? – chiese lui, capendo benissimo cosa volesse dire –Facciamo sesso, ma ciò non vuol dire che stiamo insieme.
Lei rimase scioccata dalla sua freddezza. Non tanto perché le dispiacesse per Temari, che proprio non sopportava, ma per il cambiamento che aveva subito il moro in quegli anni.
-Sei diventato proprio uno stronzo. – asserì lei, esprimendo i suoi pensieri.
-Prova a chiederti un po’ perché…- rispose il ragazzo, atono.
Cosa? Pensò la ragazza, sconcertata.  Ora sarebbe colpa mia?
-Stronzo. – disse di nuovo lei –Perché sei cambiato così tanto?
-Guarda, non mi ricordo più cosa sia successo qualche anno fa. -  disse, con un tono sarcastico – So solo che prima la mia vita sembrava magica, surreale, perfetta. Invece, ora è uno schifo. Mi fa vomitare.
Sul suo viso apparve una smorfia di disgusto, come fosse davvero in procinto di vomitare.
-Sarebbe colpa mia? – chiese arrabbiata Ino.
-Sì. – rispose sincero lui.
-Hmf, ma guardati. Una volta non eri così sputasentenze. Quello che è successo tra noi non è solo colpa mia, Shikamaru!
Il ragazzo si mise a sedere, scioccato.
-E allora di chi sarebbe? – disse, alzando la voce e guardandola negli occhi.
-Io ero confusa. – asserì lei, sostenendo il suo sguardo –Ma tu non hai cercato minimamente di riavermi nella tua vita.
-Cosa?!? – urlò lui, perdendo la ragione –Io ti ho cercato!
-Mandarmi un paio di messaggi non è esattamente cercare di risolvere le cose!
-Quindi sarebbe colpa mia? – chiese lui, abbassando la voce di colpo e guardandola duro.
-Non dico di non aver avuto le mie colpe. – disse Ino, abbassando la voce e addolcendo lo sguardo, sinceramente mortificata –Sono stata stupida e codarda, ho avuto paura e sono fuggita. Ma se tu mi avessi voluta davvero, niente ti vietava di, che so, piombare a casa mia e chiedere spiegazioni. Forse le cose sarebbero diverse, ora.
Shikamaru osservò il cielo, di nuovo. Aveva ragione e lui non trovava le parole per ribattere.
-Forse… - disse solo, consapevole dello sbaglio che aveva fatto, dell’occasione persa.
-Perché non hai mai provato a cercarmi davvero, Shika? – chiese lei, la voce un sussurro.
-Ero ferito. – e sorrise di sbieco, consapevole che non fosse proprio una cosa virile da dire –Un ragazzo grande e grosso mortalmente ferito. Ti rendi conto di cosa sei riuscita a fare?
-Io… - la ragazza abbassò lo sguardo, affranta –Mi dispiace tanto, Shikamaru. Non so come giustificarmi.
Gli uccelli cinguettavano, allegri, in netto contrasto con i loro sentimenti.
Finalmente però, c’era stato un chiarimento, qualcosa di molto vicino al perdono.
Ino, con coraggio, prese una mano del ragazzo fra le sue. Lui si voltò, incontrando il suo sguardo, che sembrava quasi implorante.
-Sappi che, semmai riuscirai a perdonarmi, io vorrei tanto che stessimo insieme. Non scapperò, stavolta, lo giuro. – e sorrise, ma fu un sorriso triste e nostalgico –Dopo tre anni, io ti amo ancora tantissimo, Shikamaru.
Il ragazzo sgranò gli occhi. Lei lo amava, lo amava ancora, ed una parte di sé pensò che non tutto era perduto.
Ma si arrabbiò. Si adirò contro se stesso, contro quella parte che l’amava ancora.
Che parte? Lui l’amava con tutto se stesso e si odiò, odiò quella parte irrazionale di sé che amava colei che l’aveva fatto soffrire più di tutti,
procurandogli sconforto e dilemmi, portandolo a fare tante scelte sbagliate, ad essere quello “stronzo” inacidito che era adesso.
E si odiò così tanto che non guardò più in faccia nessuno.
La guardò con disprezzo, un disprezzo che era più per sé che per lei.
Ma lei non capì e cominciò improvvisamente a piangere, silenziosa, guardandolo ancora negli occhi.
Fu lui a scappare, stavolta. A scappare da quel misterioso sentimento, che non capiva e mai avrebbe compreso.
Si alzò ed agile corse verso la strada, dove la sua piccola Punto era parcheggiata.
Si mise in macchina ansioso e attraversò mezza città.
Parcheggiò, scese dalla macchina, corse verso un alto edificio.
Aprì la porta e vide una Temari scocciata e piuttosto indaffarata al bancone del bar, deserto, mentre puliva caraffe e bicchieri.
-Oh, Cry baby, i miei fratelli arrivano…- si interruppe ed abbassò la voce, notando il suo stato -… fra un’ora… il treno è in ritardo…
Shikamaru non si fermò, nemmeno l’ascoltò, e procedette verso di lei, girando dietro al bancone.
E mentre lei si girava, l’afferrò per le cosce, sollevandola su bancone.
La baciò, frenetico, mordendola e facendole male. La spogliò, lambì i suoi seni, prepotente ed egoista, con l’unico obbiettivo di soddisfare se stesso,
di dimostrare alla sua parte irrazionale cosa poteva avere, se solo si fosse dimenticato di Ino.
Temari, nonostante tutto, capì, ma non disse nulla. Semplicemente, lo lasciò fare, aiutandolo a spogliarlo, seducente e ferrea, ed inoltrandolo su nelle scale, per raggiungere la camera da letto.
Fecero l’amore, un amore rabbioso, ribelle, violento e seducente, dimenticandosi completamente di tutto, dei fratelli in arrivo, della band, del volto di Ino piangente.
 
-Ino! Ino-chan! – chiamò Sakura, più che preoccupata.
L’aiutò a sollevarsi da quello stato comatoso, dirigendosi con lei verso Sasuke, che manteneva la porta del cortile spalancata.
Entrarono, ed Ino fu portata nel salotto, dove venne aiutata a stendersi e a mettersi sotto una calda coperta.
Sakura le parlò per ore, cercando di confortarla, e Sasuke le lasciò sole, non volendo intromettersi.
Salì al piano superiore, raccontando i fatti a Naruto, che stava giusto scrivendo una canzone.
Naruto lo stupì, poiché capì subito qual era il problema, di cosa si trattava.
Scese con lui le scale, trovando Sakura ed Ino silenziose, ma calme.
-Posso parlare con Ino-chan? – chiese Naruto, premuroso.
Hinata l’aveva avvicinato a quella ragazza e lui ci si era inconsapevolmente affezionato.
Grazie a quella visibile somiglianza fra i due, a quella similitudine di colori e tratti somatici, la vedeva un po’ come la piccola sorella di cui doveva occuparsi.
Le si sedette accanto, dove prima sostava Sakura, e cercò di confortarla a sua volta.
Le disse di non preoccuparsi, di combattere e combattere per ciò che desiderava davvero.
Solo così le cose si sarebbero risolte.
Intanto, Sakura, seguita da Sasuke, si diresse verso la cucina, cominciando a preparare qualcosa da mangiare. Ormai, era arrivata l’ora di pranzo.
Maneggiò con cura delle patate, che cominciò a pelare, quasi con rabbia.
Sasuke si appoggiò con i gomiti al bancone, mentre la guardava lavorare. Sapeva che avrebbe parlato, perciò attese, con calma.
-E’ un bastardo. – disse solo, furente –Ha fatto soffrire Ino.
-Sakura. – la richiamò lui –Ricordati sempre che anche lei ha fatto lo stesso.
-Lo capisco, ma non si doveva comportare così!
-Vuoi solo proteggere la tua amica. – disse lui, con calma –Non vedi quello che succede davvero.
-Mi stai dicendo che sono stupida perché “non vedo”? – disse lei, acida.
-No. – e le passò una mano sui fianchi, paziente –Sto solo dicendo che nessuno di noi sa cosa passa per la mente di Shikamaru.
-Gli stacco la testa. – disse lei, accompagnando la frase con un taglio netto della patata –Così non gli passerà più nulla nella mente!
Sasuke rise. –Andiamo, Sakura. Non fare l’idiota.
Lei si voltò a guardarlo e si perse nei suoi occhi color pece.
-Se io ti facessi soffrire, tu ti comporteresti in quel modo?
-Io la faccio pagare a tutti quelli che mi fanno soffrire, Sakura. – disse duro lui –Ma probabilmente, ti renderei la vita un inferno per un po’ e poi ti lascerei stare.
-Non era la risposta che volevo sentire… - rispose lei, affranta, voltandosi e mettendo su una teglia le patate tagliate a fettine.
-Tu non farmi soffrire…- disse lui, mettendosi dietro di lei e scostandole un poco i capelli –E vedrai che ti farò sentire una dea…
Cominciò a baciarle il collo e a massaggiarle i fianchi, lentamente.
Lei cominciò a sentire piccoli brividi e con il viso si voltò verso di lui, sorridendogli.
-Ti amo, Sas’kè-kun. – disse lei, vicino alle sue labbra.
Per tutta risposta, lui l’abbracciò e la baciò con ardore.
Qualcuno suonò alla porta, interrompendo le risate di Ino e Naruto, che finalmente era riuscito a farle smettere di pensare al moro.
Il biondo si alzò e andò ad aprire, accogliendo con un sorriso Hanabi, Kiba e Hinata.
Ovviamente, i primi due stavano litigando, come al solito, mentre l’altra ragazza corse al collo di Naruto, abbracciandolo entusiasta.
-Ehi, ehi, ehi! – rise Naruto, contagiato da cotanta felicità –Calmati, bellezza!
Lei si strinse ancora di più al suo collo e lui l’abbracciò così forte da sollevarla da terra.
-E’ andato tutto bene. – disse lei in un sussurro, in modo che nessuno sentisse –Si può fare!
Naruto ebbe in guizzo e la stritolò ancora di più.
-Lo diremo presto agli altri. – disse ancora lei, fremendo dalla gioia –Tempo di sistemare tutti i documenti!
Naruto la posò delicatamente a terra e si abbassò verso di lei, arrivando toccarle il naso col proprio.
-Sei felice? – disse, respirando il suo profumo fresco di cocco.
-Da impazzire! – esultò lei.
-Ti va di festeggiare dandomi un bacio? – rise lui, vedendola arrossire di colpo.
-Ma… Naruto…- disse lei, la voce tremante.
Naruto rise più forte, stringendola al petto mentre le dava dolcemente della stupida.
Più tardi si ritrovarono tutti nella soffitta di quell'enorme casa.
-Sembra quasi un'altro piano della casa. - mormorò Sasuke, che in realtà era sinceramente stupito.
-Se volete usarla come sala prove, a me non disturba. - sorrise Hinata, guardando negli occhi Naruto.
Anche Shikamaru era finalmente arrivato, subito si avvicinò lentamente al vocalist, per mormorargli qualcosa all'orecchio con aria contratta.
-Ehi, è maleducazione parlare all'orecchio! - urlò Kiba, pervaso dalla curiosità.
Quando però Naruto sussurrò qualcosa sia a lui che a Sasuke, non disse più nulla.
I ragazzi si misero in posizione. Shikamaru batté il tempo e la canzone iniziò. 
Io non ricordo più cosa mi ferì qualche tempo fa
Io ero Robin Hood piccolo così e non piangevo mai
Ed era magico...magico...magico...
Era magico...magico...magico...
Io non ricordo più cosa mi ferì qualche tempo fa
Volts, schegge d'energia da una radio che somigliava a noi
Ed era 
magico...magico...magico...
Era magico...magico...magico...
Ed era magico...magico...magico...
Ma ora vomito...vomito...vomito...
Io non ricordo più cosa mi ferì qualche tempo fa
Io non odiavo io, m'innamoravo io, e non tradivo mai
Ed era magico...magico...magico...
Ma ora vomito...vomito...vomito... 

 
{ E’ quasi fatta, ragazzi. Presto, il vostro futuro vi sembrerà più vicino di quanto pensiate.
Potrete, finalmente, sorridere davanti al vostro sogno, appena divenuto realtà.}
 










Sono già tornata :D Contenti?
Beh, che dire, a volte l'ispirazione manca, 
ma questo capitolo è venuto fuori dalla mia testa
da solo :D Che dire, i personaggi principali qui sono
Shikamaru e Hinata, ed i loro cambiamenti.
La canzone l'ho trovata adattissima per il nostro cattivone,
che a sto giro fa quasi bestemmiare Ino :S
Spero che il capitolo vi piaccia, per quanto sia confuso.
Un bacioneeee :*

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Capitolo 23
*** Destinati a perdersi. ***


Filosofia di vita.
-
Destinati a perdersi.

[E forse, è qui che cominciano i rimpianti]

 
 [Destinati a perdersi - Negrita.]
-Hanabi-chan!
La ragazza correva, lui appresso a lei. In quella corsa senza arrivo, troppe cose erano coinvolte. Kiba voleva, e doveva, arrivare a lei, fermarla, farle capire quanto sbagliasse.
Quella non era una delle loro solite litigate scherzose, affatto, quello era il loro primo litigio, serio, violento, crudele. E soffrivano entrambi.
-Hanabi! Ti prego aspetta! - urlò lui, mentre Tokyo procedeva con la propria vita frenetica nello sfondo, fregandosene minimamente di loro, che stavano per perdere tutto.
Corse, ancora più veloce, e coincidenza volle che Hanabi vacillasse sui propri tacchi altissimi, storcendo una caviglia e mugugnando dal dolore.
Lui accorse e quando fu davanti a lei si inginocchiò, prendendo quel piccolo piedino fra le mani.
La caviglia si stava gonfiando velocemente, ma Hanabi non voleva ancora parlargli.
-Ecco, lo vedi che succede a correre come un’idiota?
Lei cercò di tirargli un calcio per scostarsi e scappare, ma cadde in avanti.
Kiba si alzò in tempo per sorreggerla e lei arrivò dritta fra le sue braccia.
-Puoi provare almeno ad ascoltarmi? – chiese lui, affranto.
-No. – rispose lei, secca, cercando di reggersi da sola. –Non avrei mai dovuto legarmi così tanto a te, Kiba. Mi fai schifo. E se ho sbagliato tutto, è colpa mia.
-Ma, Hanabi, aspetta dai… - implorò lui, con un viso triste.
Lei si divincolò, guardandolo con astio. Alzò una mano e fece un cenno, ed in breve un tassì fu davanti a lei.
La ragazza aprì lo sportello.
-Addio, Kiba. È stato bello, ma non era destinato a durare. – e per un attimo, i suoi occhi si inumidirono di tristezza.
Salì a bordo della macchina e dietro il finestrino tornò a sembrare arrabbiata.
Fu un attimo e lei si confuse nel caos della città, mescolandosi a tutta quella gente di cui Kiba non si interessava neanche.
Kiba la guardò, finché il traffico non fu abbastanza scorrevole da farla scomparire dietro ad un negozio.
Cominciò a camminare, silenzioso, tornando sui suoi passi. Le pubblicità luminose appese agli alti grattacieli comunicavano tante cose insignificanti, che non facevano che infastidirlo.
Ma che aveva combinato? Ripercorse con la mente quella strana giornata.
Era uscito, quella mattina presto, con Hanabi, che gli aveva chiesto esplicitamente di lasciare libera casa per consentire a Hinata e Naruto di stare da soli. Questo, stranamente, gli sapeva un po’ di scusa.
Avevano camminato per le strade affollate di Tokyo, rifugiandosi ogni tanto nelle piccole stradine fra i vari palazzi per baciarsi un po’, senza che nessuno li guardasse.
Avevano girato vari negozi e Hanabi si era divertita a sfilare davanti lo sguardo attento di Kiba, che le faceva ogni volta una radiografia con gli occhi.
Infine, si erano chiusi in una piccola caffetteria. C’era un grande bancone, lungo e di uno strano colore celeste pastello, e tutti in fila dei divanetti con un alto tavolo del medesimo colore in mezzo.
Si erano seduti, un po’ in disparte, e avevano ordinato due cappuccini e una fetta di torta con panna e fragole, la preferita di Hanabi.
Kiba si era accorto, mentre la guardava sorridere all’arrivo degli ordini, quanto la sua ragazza amasse in particolar modo quel dolce. Lo guardava sorridente, mentre gli occhi leggermente si inumidivano.
-Succede sempre così. – disse lei –Mi emoziono di fronte ad una bella fetta di questa torta.
-Perché? – chiese lui, sinceramente incuriosito.
-Onee-san la fa ogni volta che c’è qualcosa di particolare da festeggiare. – rispose lei –Così, quando ero un po’ giù, ce n’era sempre un po’ nel frigo. La mangiavamo a letto.
Kiba sorrise, non dicendo nulla.
Quel fulmine a ciel sereno che era Hanabi riusciva a calmarlo. Non capiva bene perché, forse sentiva che ci doveva essere qualcuno di un po’ più pacato dell’altro, in quella coppia.
Si portò la tazza alle labbra e bevve, gustandosi insieme al cappuccino la visione eterea di quella ragazza.
Hanabi affondò il cucchiaino nella torta, contenta, e lo portò alle labbra.
Mentre prendeva il primo boccone, sorrise, e le guance le si alzarono, colorandosi di un tenue rosa, rendendola incredibilmente più dolce e tenera.
-Sei così dolce, quando vuoi. – disse lui, sorridendole. E poi disse la frase fatidica –Perché non puoi essere un po’ più come Hinata?
Hanabi si bloccò, completamente. Lo guardò, gli occhi sgranati, il corpo irrigidito.
-Cosa? – mormorò, a bassa voce.
Lui sgranò gli occhi, rendendosi conto di cosa aveva appena fatto.
La ragazza si alzò, afferrando la giacca e guardandolo duramente.
-Io sono così e basta. – disse, a mezza voce –E tu stai con me perché te la ricordo.
Kiba si alzò, di scatto.
-No, Hanabi, non è così!
-Ma smettila! Sei falso e bugiardo!
-No, Hanabi, no!
E Hanabi corse, corse via.
Il resto, beh, lo sappiamo già.
 
Hinata, in quel momento, si stava occupando un po’ della casa. Da quando si era trasferita, il tempo era stato pochissimo.
Il telefono suonava sempre, persone che la cercavano per i suoi nuovi affari.
Quando sua sorella era in casa, cercava di stare insieme a lei il più possibile, dato che molto presto, ovvero l’indomani, sarebbe partita per tornare in Svizzera.
Le sue vacanze non duravano all’infinito.
Ad Hinata non era mai andato a genio il fatto che la sua piccola sorella fosse costretta a vivere in quel collegio per snob.
Suo padre le aveva separate fin da piccole. Probabilmente, non era capace di educare da zero la piccola Hanabi, dato che era proprio questo che doveva fare.
O, forse, ben sapeva che insieme, le due sorelle, erano invincibili, mentre separate erano più deboli e fragili.
Odiava starle lontana. Era sempre preoccupata, oppure non vedeva l’ora di parlare con lei, di confidarsi, o semplicemente di vedere un film insieme.
Mentre pensava, anzi, si arrovellava su cosa fare per potere tenere con sé sua sorella, aveva pulito con frenesia tutta la casa.
Non le rimaneva che preparare un buon pranzo, per rendere quel giorno indimenticabile.
Stava pulendo con calma il pollo, quando sentì dei piccoli colpi alla finestra. Si voltò e vide un Naruto sorridente, che chiedeva di entrare.
Hinata sorrise e con un saluto leggero aprì la porta a vetri che dava sul cortile, per far entrare il ragazzo.
-Vuoi qualcosa da bere, Naruto-kun? – chiese, mentre tornava a cucinare.
-Faccio da solo, grazie. – disse lui, aprendo il frigo e prendendo del succo fresco. –Cosa cucini?
-Faccio del pollo al curry con patate. – disse, mentre osservava con la coda dell’occhio il ragazzo che si sedeva vicino all’isola, poco distante da lei.
-Che bontà! – esultò lui –C’è qualche occasione importante di cui non sono a conoscenza?
La ragazza si fermò un attimo, il coltello a metà di una patata.
-Domani Hanabi torna in Svizzera. – disse, con aria solenne.
Riprese a tagliuzzare.
-Cosa? Kiba non mi ha detto nulla.
-Non credo lo sappia. – rispose lei, ancora seria e rattristata.
-Come? – disse lui, sorpreso –E perché?
-E’ una decisione di Hanabi. – rispose lei –Non le piacciono molto gli addii.
Mise le patate in un tegame, con erba cipollina e paprika.
-E’ proprio per questo motivo che è rimasta qui più tempo.- affermò –Non te ne sei accorto? Doveva rimanere qui due, tre settimane al massimo. Invece è passato molto, molto più tempo.
-Non va contro qualche regola del collegio? – chiese lui, incuriosito.
-Infatti. – rispose lei –Ho scritto una lettera a nome di mio padre. Fortunatamente, lì il primo quadrimestre è quasi giunto agli sgoccioli, e dato che Hanabi ha ottimi voti in tutte le materie, sono riuscita a chiedere una proroga delle vacanze per motivi di famiglia. Ovviamente, nostro padre non ne sa nulla.
Lui sorrise. –Ingegnoso.
La ragazza continuò, silenziosa, a preparare il pranzo.
Lui la guardava, assorto. Guardava il suo piccolo grembiule color verde pastello, i suoi jeans stretti che le delineavano le gambe, la maglia vaporosa di un opaco ocra.
Osservava le sue mani sinuose muoversi agili fra coltelli e fornelli, mentre il suo viso, un poco accigliato, andava rilassandosi.
Non riusciva a sentirlo, così lontano, ma era sicuro che i suoi capelli odorassero di quel tenue profumo di lavanda, mentre tutto attorno si diffondeva l’aroma di un buon pranzo fatto in casa.
Hinata si voltò, per un momento, e lo trovò intento a guardarla con un’espressione strana, ridente.
-Cosa c’è, Naruto-kun? – chiese, arrossendo un poco.
-E che… quest’immagine di te, mentre cucini, ti prendi cura di qualcuno.. mi riempie il cuore di gioia. – un grande sorriso si formò sulle sue labbra –Sa di casa, di famiglia e di amore.
Hinata gli sorrise, arrossendo.
-Ecco… - sussurrò, imbarazzata –Puoi rimanere a pranzo, se ti va. Non credo che dispiacerà ad Hanabi.
-Grazie! – rispose felice Naruto.
-E.. sempre se vuoi – continuò lei –Potresti fermarti a dormire. Tutte le volte che vuoi.
Lui guardò la sua schiena confuso. –Hinata, io non so se…
-Naruto. – lei si voltò, appoggiandosi con la schiena al bancone. In viso aveva un’espressione triste –Ti prego, non dirmi di no… non lasciarmi sola…
Lui si alzò ed accorse da lei. Hinata era sull’orlo delle lacrime.
La strinse forte a sé, mentre con una mano le sfiorava dolcemente una guancia.
-Non sarai mai sola. – sussurrò, con la voce rauca.
L’abbracciò per molto, finché lei non riuscì a calmarsi.
Si aggrappò con le mani alla sua schiena e con fare infantile nascose la testa nel petto di lui.
-Dove andrei, senza di te… - sussurrò.
Lui le baciò i capelli –Lo so, lo so, sono così utile e indispensabile per tutti…- disse facendola ridere.
Poi la scostò un poco, alzandole il mento, per poterla guardare negli occhi.
-Ti amo. – sussurrò, senza titubanze.
Lei divenne ancora più rossa.
Proprio in quel momento, la porta di casa sbatté fragorosamente, ed il rumore di tacchi che sbattevano veloci su per le scale fecero preoccupare i due.
Si guardarono, per un momento, per poi correre e salire in contemporanea le scale.
Andarono immediatamente nella stanza, trovando Hanabi a testa in giù sul letto.
-Hanabi-chan, cos’è successo? – chiese la maggiore a mezza voce.
La ragazza si voltò, ed in un attimo il suo sguardo arrossato dal pianto si tramutò in odio puro.
-Tu. – bofonchiò a denti stretti –E’ tutta colpa tua.
-Cosa? – sussurrò stralunata Hinata.
-E’ colpa tua!- urlò Hanabi, alzandosi –Tu sei sempre così perfetta, tremendamente perfetta.
-Hanabi, calmati… - disse Naruto, cercando inutilmente di calmare le acque.
-Non sei umana! – urlò nuovamente Hanabi alla sorella, scacciando dalla stanza sia lei che il ragazzo.
La maggiore però riuscì a fermare la porta con un piede.
-Adesso smettila. – disse lei, a denti stretti.
E con un potere che Naruto non credeva di poter vedere, la ragazza riuscì a calmare la minore semplicemente dicendo quella frase e guardandola negli occhi.
-Lasciaci sole, Naruto. – disse, non smettendo di fissare la sorella negli occhi.
-Posso fare qualcosa? – chiese, un po’ intimorito da quella Hinata tanto forte.
-Niente, grazie. – entrò nella stanza e richiuse la porta dietro di sé con tono solenne.
Il ragazzo si abbandonò ad un grande sospiro.
Non avrebbe mai capito le donne.
 
Certo, era normale parlare a lungo fra sorelle, ma ormai erano passate più di due ore.
Naruto non poteva fare a meno di preoccuparsi e aveva la tentazione di accostarsi alla porta per origliare.
Sapeva però che quella era una conversazione importante, che doveva spiegare tante cose, e soprattutto l’ultima prima di un lungo tempo di separazione.
Non voleva intaccare la loro intimità, perciò cercò di distrarsi cercando di ultimare il piatto di Hinata.
Ovviamente lui non sapeva cucinare, anzi, mai lo aveva fatto, per cui i risultati erano più che incerti.
Cercò inutilmente di capire il libro di cucina che sostava sul bancone, riuscendo a fare ben poco di quanto richiedesse il piatto.
Alla fine bruciò tutto e buttò ogni caso nella pattumiera, per poi ordinare dell’italiano con una chiamata.
Appena finì la chiamata, soddisfatto di ciò che aveva ordinato, vide sbucare Hinata dalla porta.
Aveva in viso una smorfia strana, triste e sconsolata.
Silenziosamente, andò a sedersi sul bancone, poco distante da dove era Naruto.
Lui la guardò e, notando gli occhi imperlati di lacrime, l’abbracciò rispettando il suo silenzio.
-L’ha mollato. – sussurrò lei contro il suo petto, cominciando a piangere –Ma lo ama ancora.
-Ma chi, Kiba? – chiese, notevolmente incuriosito –Che ha combinato?
-Hanno litigato. – rispose, tentando di calmarsi –Lui le ha detto che vorrebbe che fosse più simile a me. Hanno litigato e lei lo ha mollato. Ovviamente la capisco, ma… so che non è solo questo.
-Che intendi? – domandò di nuovo il ragazzo.
-Lei… lei ha sempre sofferto molto, ha sempre avuto difficoltà a legare e a mantenere i legami. Non ha amicizie femminili e con i ragazzi non ha mai nemmeno tentato un approccio. Lei… Hanabi distrugge i suoi legami prima che questi possano farle del male.
-Perché?- domandò sconcertato lui.
-Non vuole soffrire, perché ha già sofferto troppo. E.. ha solo sedici anni!- sospirò, affranta, staccandosi da lui –Pensavo che Kiba fosse l’occasione giusta per cambiare. Ho sempre visto una luce, nei suoi occhi, quando la guardava. Pensavo fosse quello giusto, davvero. Ma mia sorella non cambia e distrugge ogni cosa… e domani partirà e lui non avrà nemmeno la possibilità di parlarle.
Singhiozzò forte, preoccupata, e Naruto la strinse di nuovo forte a sé.
-Non piangere, angelo mio. – disse, con una dolcezza infinita. – Vedrai che si sistemerà tutto.
-Non si sistemerà nulla! – rispose lei, esasperata –Ho una sorella troppo cocciuta, che si sta rovinando la vita col suo modo di fare!
-Ehi, ehi, dolcezza – Naruto tentò di calmarla, circondandole il viso con le mani –Guardami. Farò l’impossibile per cercare di salvare la situazione, te lo prometto. Quant’è vero che mi chiamo Naruto Uzumaki!
-Provaci, se vuoi – disse lei, sconsolata –ma obbiettivamente, entrambi sono troppo cocciuti, troppo orgogliosi per capire cosa è meglio fare. Non credo che si risolveranno le cose se non lo vorranno loro.
Il biondo fece aderire la fronte contro la sua.
-Ci proverò, per te.
 
Come promesso, Naruto quello stesso pomeriggio andò a casa di Kiba.
Lui lo accolse, incurante del disordine in cui si trovava casa sua.
In breve, il biondo gli riferì tutto ciò che aveva detto Hinata sulla sorella. Gli parlò dei suoi problemi, del suo modo di fare di allontanare le persone.
Allora lui, inaspettatamente, si adirò.
-Che faccia pure così, se le va. – urlò, alzandosi –Io non sto qui per farle da baby sitter. È grande abbastanza da capire che nella vita si soffre e si continuerà a farlo.
-Kiba, non fare lo scemo. – disse Naruto, seguendolo nell’atrio –Me lo hai detto tu, no? Non puoi stare senza di lei, stai sbagliando tutto.
-Avrò anche sbagliato a dirle quella cosa – ammise Kiba, infuriato –Ma lei non ha capito il senso e non ha voluto sentire ragioni. Intendevo dire che potrebbe esternare un po’ di più la sua dolcezza, che io amo tanto in lei. Ma se lei voleva già lasciarmi, beh, che lo dicesse chiaramente invece di farmi sentire una merda della peggior specie!
-Kiba, cazzo, non fare l’idiota!
-Sono idiota, Naruto!- urlò lui –Mi lascio trattare come uno zerbino da una sedicenne!
-Kiba!- urlò il biondo, vedendolo aprire la porta –Domani tornerà in Svizzera.
Kiba si calmò, e divenne triste di colpo.
-Sono io che soffro per colpa sua. – disse, amaro –Che faccia quello che vuole.
Uscì e lasciò Naruto chiuso in casa sua.
Quello sbuffò, stanco e arrabbiato.
Aveva ragione Hinata , pensò facendosi posto sul letto. Sono due idioti, testoni e orgogliosi.
Si guardò intorno, sconsolato, ed un foglio scritto a mano attirò la sua attenzione.
Lo prese fra le mani e lo lesse. Una canzone.
 
Hello, hello. Parliamo un po’.
Avrei da dirti ma non so
Argomentato di fatti miei
Ti sto parlando ma non ci sei
Lontano io,
ma tu di più.
Ho un nodo in gola che non scende giù.
Mi stai sentendo?
Hello hello.
Ti renderò più facile decidere
Ciò che è inevitabile.
 
Destinati a perdersi
In spazi troppo piccoli
In pezzi che
Non puoi riappiccicare.
 
Hello hello, amore mio.
Ti sto aspettando ma mi avvio
Il pavimento sotto di me.. cigola.
Lontano io, lontana tu
Effetto nebbia alla TV
Pianeta Terra… hello goodbye!
 
Ti renderò più facile decidere
Ciò che è inevitabile.
Mi renderò partecipe
E farò ciò che è indispensabile.
 
Destinati a perdersi
In spazi troppo piccoli
In pezzi che non puoi riappiccicare.
E ritrovarsi stupidi
Spenti e poco utili
Trascinandosi, le gambe tremano.
 
Mi renderò partecipe
Se tu.. tu non vuoi decidere
 
Destinati a perdersi
In spazi troppo piccoli
In pezzi che non puoi riappiccicare.
E ritrovarsi stupidi
Spenti e poco utili
Trascinandosi, le gambe tremano.
Destinati a scivolare
In un vuoto che fa male
In pezzi che non puoi riappiccicare….
 
 
Hanabi non scese a pranzo, ne a cena. Hinata aveva cercato di convincerla in tutti i modi, di tirarla su di morale, ma la sorella voleva rimanere sola.
E quella sera, Hinata, non riusciva proprio a prendere sonno. Era stanca e preoccupata per la sorella.
Pensare, poi, di separarsi di nuovo da lei la logorava, la distruggeva.
Cercava un modo per poterla avere con sé, ma non ne trovava.
E non dormiva. Hinata non dormiva. Sapeva di cosa aveva bisogno… Naruto.
Sapeva che lui fosse solo a qualche metro di distanza, anzi, nella stanza accanto.
E sapeva perfettamente che solo lui poteva calmarla, rassicurarla.
Aveva capito che quello era il suo modo per prendersi cura di sé. Circondarsi delle braccia di Naruto, bearsi delle sue carezze, delle sue mani sui fianchi o fra i capelli… Naruto era la cura e mai più se ne sarebbe privata.
Si alzò ed in punta di piedi si avvicinò alla porta.
L’apri, silenziosa, per poi trovare Naruto seduto accanto all’uscio.
Le sorrise, gentile.
-Naruto…- sussurrò lei, mentre arrossiva.
-Speravo mi venissi a chiamare. – disse lui, sorridendo felice.
Si alzò e la prese per mano, trascinandola di nuovo in camera e chiudendo dietro di sé la porta.
 
 
{Oh, Kiba! Infondo lo sapevi. Sentivi come era fatta la piccola Hanabi.
Perciò la lasci andare via. Puoi solo accontentarla. Lei è la tua malattia e la tua cura insieme.
Ed anche se non glielo hai mai detto, tu l’ami.}









Sì. Ehem. Sono in un mortale ritardo, lo so, 
ma tanto voi non leggete u.u Scherzo.
Comunque, ho avuto molta difficoltà con questo capitolo.
Ho cercato di sistemare tutte le incogruenze che ho fatto
durante la storia, una questione un pò difficile.
Mi sono un pò bloccata su questo capitolo.
Ma fra ieri e oggi, ho finito questo e scritto altri due capitoli,
quindi posso ritenermi soddisfatta n.n
Che dire su questo capitolo... Non tutto va per il verso giusto
anzi, nelle mie storie, quasi nulla. Hanabi è una persona
davvero particolare, e Hinata parla di lei in questo capitolo.
La capisce, ma è preoccupata per il suo avvenire, perchè
pensa che rimarrà sempre da sola se non cambia.
Quindi ci sono preoccupazioni, momenti di tensione e 
momenti dolci NaruHina.
La canzone lo messa in veste dell'autore Kiba,
che già aveva capito come fosse Hanabi, e parla
di lei nella canzone con durezza e malinconia.
La trovo molto adatta,anzi, perfetta.
Beh, ho finito con i miei sproloqui!
Spero che l'inzio delle vacanze estive vi portino 
il tempo per leggere e recensire la mia storia.
Ci tengo molto!


 

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Capitolo 24
*** My way. ***


Filosofia di vita.
-
My way
[Storie di strade già scritte]

 
 
[Negrita: My way]
Era passata una settimana, ormai.
Hanabi era partita, e solo Hinata e Naruto l’accompagnarono all’aeroporto.
Era stata una decisione di Hanabi non dire a nessuno della sua partenza, e tutti rimasero scioccati quando seppero che era andata via.
Solo Kiba non mostrava stupore. Appena Hinata aveva cominciato a parlare di Hanabi, lui era uscito dalla stanza.
Erano stati giorni tristi, ma anche frenetici, per Hinata Hyuga.
Si era separata nuovamente dall’amata sorella, ma il lavoro e il progettare il proprio avvenire l’avevano un poco distratta.
Perché infatti, quel sabato, tutto era pronto.
Finalmente, Hinata Hyuga, erede del Clan Hyuga, aveva una professione degna di lei che le piaceva.
E quel giorno, avrebbe fatto il suo esordio.
Shikaku era venuto di persona, quella stessa mattina, per annunciarle che tutto era pronto.
Avevano preso un caffè insieme a casa per sistemare le ultime cose e firmare tutte le carte.
-Ti faccio i miei complimenti, Hinata.- disse lui, dopo aver apposto l’ultima firma –Sei ufficialmente una donna d'affari. I lavori sono già iniziati. L’edificio verrà eretto in quella zona residenziale nella periferia che hai scelto.
Lei sorrise, felicissima.
-C’è una cosa di cui vorrei parlarti Shikaku, ancora, se non ti è di troppo disturbo.- affermò, cercando coraggio.
-Dimmi tutto, cara. - rispose calmo lui.
Hinata strinse i pugni.
-Vorrei ottenere l’affidamento di mia sorella, di modo che sia io a decidere dove studiare e tutto il resto, non più mio padre.
L’uomo la guardò, esterrefatto.
-Io sono un commercialista, ma sai bene che la mia passione per gli studi mi ha portato anche ad approfondire temi legali. Perciò posso solo darti una consulenza. Potresti, come dire, intentare una causa ai danni di tuo padre, e quindi si parla di un processo che beh, potrebbe durare anni, oppure potresti ricorrere a vie più… veloci.
-Ovvero?- chiese, speranzosa.
-Non è un parere assolutamente legale ma… basterebbe una firma di tuo padre e una sua testimonianza a tuo favore.
-Non lo farebbe mai. – affermò la donna.
-Allora, ricattalo.- disse, serio –Sei sua figlia e lo conosci bene. Lui ha una grande reputazione, ma facilmente intaccabile.
-Ricattarlo?- Hinata cominciò a riflettere… di tutto per sua sorella.
 
Naruto impazziva dalla gioia.
Aveva contattato tutto il gruppo e lo aveva fatto venire a casa di Hinata.
Inoltre, anche Ino e Sakura si erano liberate in tempo da lavoro e studio per partecipare a quella sorta di grande riunione.
Aveva fatto sedere tutti in soggiorno, mentre Hinata era rimasta in piedi, davanti a loro.
Era giunto il momento.
-Allora, sapete tutti che io ho avuto un momento difficile ultimamente, poiché cercavo cosa fare nella vita- iniziò la ragazza, mentre pensava a quanto fosse profonda la mancanza di Hanabi in quel momento importante –ma riflettendo sono riuscita a capire cosa dovevo fare io nella vita. Ed è una cosa che, beh, riguarda anche voi, ragazzi.
Sospirò. Le tremava la voce, poiché ora Sasuke, Shikamaru e Kiba la guardavano con vivo interesse e pendevano letteralmente dalle sue labbra.
Bastava dirlo, e la sua avventura sarebbe iniziata.
-Io voglio fare la discografica.
Lo disse velocemente ed aspettò la loro reazione.
Tutti erano rimasti muti. Sasuke era sbiancato, se si poteva diventare più bianco di quanto già fosse.
-Come, scusa?- disse lui, a mezza voce.
-Io ho già avviato i lavori per creare la sede della mia casa discografica e, beh, se vorrete, basterebbe la firma di ciascuno di voi e sareste la prima band che lancerei. – tutti continuavano a guardarla ammutoliti, le ragazze osservavano i ragazzi, mentre Hinata diventava sempre più rossa e inquieta.
-Non capisco…- sussurrò Sasuke, stralunato.
-OH TEME! – urlò Naruto, andando al fianco della ragazza –CI STA OFFRENDO UN LAVORO, IL NOSTRO SOGNO SI REALIZZA! Cosa non capisci della parola “DISCO”- disse gridando e indicandolo con fare minaccioso ma infantile.
-TU!- fu Sasuke ad indicare e gridare, stavolta –TU sapevi tutto dall’inizio, BAKA!
-Beh, in effetti… è vero. Problemi? – disse con aria saccente.
-TU NON MI HAI DETTO NIENTE! SEI UN FOTTUTISSIMO DOBE! – si alzò e tirò un destro al biondo, iniziando l’ennesima rissa.
Volavano frasi come –BRUTTA PAPERA!- o –BAKA TI FACCIO A PEZZI!-, insomma, il caos più totale, come al solito.
Nel mentre che la rissa continuava senza la minima intenzione a calmarsi, le ragazze si alzarono ed andarono ad abbracciare l’amica.
-Siamo fiere di te.- disse Sakura, con le lacrime agli occhi.
-Ce la farai sicuramente! – disse Ino, stritolandola letteralmente.
-Ma… è fantastico! – esultò Kiba, cominciando a saltellare per tutta la stanza –Diventeremo famosi!
-Baka.- dissero Ino e Sakura contemporaneamente.
-Avanti ragazzi, firmiamo subito!- urlò Naruto, cercando di liberarsi dalla morsa dell’amico che ancora tentava di picchiarlo.
-No.- disse serio Shikamaru, ancora seduto compostamente sul divano. –E’ una cosa molto rischiosa. Mai combinare una casa discografica appena creata con un nuovo gruppo. Basta che qualcosa vada storta ed entrambi crollerebbero a picco.
Tutti lo ascoltavano con serietà.
-Oh, andiamo Shika, non rompere le palle…- bofonchiò Naruto, con un aria delusa.
-No, ha ragione.- disse Hinata, annuendo –Me lo aspettavo.
–Dicevo, - riprese il moro, visibilmente scocciato -è una cosa molto rischiosa, ma non posso andare contro agli altri tre membri degli Origin, anche se sono pazzi scatenati. La maggioranza vince. Ma è anche vero che tutte le altre case a cui abbiamo fatto domanda ci hanno sempre detto di no su due piedi. Sei la prima che ci dà davvero fiducia.
-Credo in voi e nella vostra musica più di quanto credo che un pollo morto non cammina. – sussurrò lei, facendo sorridere alcuni, ma non Shikamaru.
Il testa a testa era duro, si sentiva la tensione.
-Dimmi cosa vuoi, Shikamaru. – disse, la voce calma e seriosa.
-Il contratto.- rispose lui –Lo devo controllare e, se c’è qualcosa che non va, la cambieremo.
-Ne discuteremo. – corresse lei, avvicinandosi alla sua borsa per prendere i fogli –Sei prevedibile, sai? Per questo ho detto a Shikaku di portare oggi il contratto.
-Mio padre?- chiese stupito lui, mentre prendeva il plico che Hinata gli porgeva.
-Sì.- rispose lei –Mi ha aiutato anche in questa impresa.
-E come al solito il segreto professionale gli impedisce di dirmi qualcosa…- disse seccato il moro.
La ragazza gli sorrise, semplicemente.
-Oh, quanto ci metterai?- piagnucolò Naruto, andandogli vicino.
-Per lunedì al massimo.
-Ma lunedì hai un esame, Nara. – disse Sasuke, interdetto.
-Questo è più importante. – disse, facendo sventolare i fogli.
I ragazzi gli sorrisero, felici.
 
Quella sera, Hinata non riusciva ancora a dormire, in preda all’ansia. Continuava a rigirarsi nel letto, incapace di assopirsi.
Un bracciò le circondò i fianchi, mentre un corpo aderiva alla sua schiena riscaldandola e rilassandola immediatamente.
-Cosa c’è?- chiese la calda voce maschile, vicina al suo orecchio.
-Sono preoccupata. – rispose lei, semplicemente –Secondo te, Shikamaru vi lascerà firmare?
Lui la strinse un poco a sé.
-Certo, tranquilla. – sussurrò lui, sbadigliando –Vuole solo controllare che tutto sia ok. Lo sai bene quanto sia razionale…
-Lo ammiro per questo, sai?- asserì lei –Io non sono mai obbiettiva.
-Non è una brutta cosa, Hinata. – le disse lui, accarezzandole il ventre da sotto la maglietta, procurandole tanti brividi –Tu sei buona, gentile e dolce. Perciò non puoi essere obbiettiva, perché sei fin troppo altruista.
-Naruto…- sussurrò lei, voltandosi.
Trovò il suo sorriso ad accoglierla, ed i suoi occhi, alla sola luce della luna, sembravano inchiostro blu, di quel colore che si vede solo dopo il tramonto.
Il cuore le batté più forte. Desiderava tanto le sue labbra, in quel momento, così invitanti mentre le guardava.
Naruto le passò una mano fra i capelli color crepuscolo, accarezzandola. L’afferrò dalla nuca e l’avvicinò a sé.
Il biondo si accostò ancora a lei, pericolosamente vicino alle sue labbra.
Improvvisamente deviò e le baciò il collo, le guance, le orecchie, i capelli.
-Tu e i tuoi stupidi divieti. – mugugnò lui, ridendo –Ho voglia di baciarti.
-Scusa, Naruto-kun. – sussurrò lei, celando quella voglia ricambiata. Ancora non era il momento.
Lui le accarezzò dolcemente il contorno del viso, fino ad arrivare alle sue labbra, che sfiorò delicatamente.
-Dormi, Moon’s eyes. – disse con la voce roca. 
Lei spalancò gli occhi, stupita.
-Come lo sai? – chiese.
-Cosa, il nome della tua casa discografica? – chiese, ridendo –Non sono così stupido, l’ho letto sul contratto.
-Occhi di luna. – tradusse lei. –Mamma diceva che vedevamo l’anima, con i nostri occhi di luna.
Lui sorrise, accarezzandola ancora –Strano, lo stesso pensiero che feci anche io tempo fa.
Moon’s eyes.
 
Quella domenica passò molto lentamente. Sasuke era passato da casa Hyuga per litigare ancora con Naruto e per fumargli un po’ in faccia, così, giusto per dispetto.
A parte questa breve intrusione, non ci fu altro che velocizzò la giornata. Hinata era in trepida attesa, e quella giornata così lenta a passare pareva ucciderla.
Chiamò la sorella in Svizzera, pulì casa da cima a fondo, suonò per ore il piano, ma nulla la distoglieva da quell’ansia.
Lunedì, tutti si presentarono a casa loro nel primo pomeriggio.
Lei e Shikamaru si sedettero al grande tavolo rettangolare per discutere del contratto, mentre tutti attorno guardavano interessati, neanche fosse una corsa illegale fra polli.
-Cominciamo subito. – disse la ragazza, che era stanca di aspettare.
-Bene. – rispose il moro –Per cominciare, non si parla di chi sarà il nostro manager. Di solito l’ho sempre fatto io.
-Vorrei occuparmi io di voi, se per te va bene.
-Sei indubbiamente intelligente, ma non hai esperienza. Io sì.
-La tua “esperienza” non ti ha portato più in là del vostro bar.
-Ahah.- urlò Naruto, ridendo –Hyuga 1, Nara 0!
Shikamaru grugnì.
-Va bene. – disse lui –Ma mi devi promettere che darai anima e corpo agli Origin.
-Ho già firmato questo patto col diavolo. – rispose lei, sorridendo.
Anche Shikamaru sorrise. Nonostante fosse una cosa seria, si stava divertendo.
-Chi curerà la registrazione?
-Ho chiamato un ragazzo di cui ho sentito parlare molto bene…prima lavorava nella casa discografica di mio padre, ma beh, è stato licenziato perché era un po’ troppo peperino. Si chiama Sasori.
-Potrebbe darci problemi.
-Ci sarò anche io in sala, ne so abbastanza per curare anche io le vostre registrazioni. E anche voi siete peperini, però mi pare che siamo qui a discutere.
-Ahah!- urlò di nuovo Naruto, che teneva i punti –Hyuga 2, Nara 0!
Il moro sbuffò.
-Decideremo insieme la strategia giusta per farci diventare famosi. – disse lui.
-Certo.
-Hyuga 2, Nara 1! – disse Naruto.
-La percentuale delle entrate alla casa discografica è troppo alta.
-Cosa?- disse stralunata lei -77% è troppo alta?
-Assolutamente sì.
-Ma ti sei informato, almeno? Hai idea di quanti soldi investirò prima che diventiate famosi? Non lo diventerete mica domani!- Hinata si infervorò –vai a vedere le percentuali delle altre case discografiche. Si parla di 84, 89 %! Vi va di lusso! Gli altri cantati sono poveri in confronto a voi.
Shikamaru ammutolì.
-Hyuga 3, Nara 1! – affermò il biondo –Dichiaro la partita vinta da Hyuga!
Shikamaru annuì, lentamente, per poi tendere una mano al suo avversario.
-Hai vinto.- disse Shikamaru –Sei brava nel tuo nuovo lavoro. È stato un piacere perdere contro di te.
Hinata sorrise e gli strinse la mano, come una vera donna d’affari.
-Quindi, firmate?- chiese, ansiosa.
Lui si voltò verso gli altri membri.
-Allora Origin, firmiamo? – chiese, sorridendo.
Tutti urlarono un –Sì!- senza esitazioni.
Hinata indicò dove firmare, per poi porre l’ultima firma anche lei.
-Bene. – disse alzandosi in piedi e guardando bene in viso tutti i presenti –D’ora in poi, mi impegnerò per divulgare la vostra musica. Se entro due anni a questa parte non riuscirò a farvi diventare famosi, il contratto scadrà e mi dichiarerò fallita. Se invece, in caso contrario, diventaste famosi, allo scadere del contratto avrete l’obbligo di firma con me per un altro, perché diventereste una mia esclusiva. Tutto chiaro?
I ragazzi sorrisero. Kiba mise il pugno al centro.
-Iniziamo la nostra avventura, Origin?- chiese ai presenti.
Naruto accostò il pugno al suo –Sì!- disse urlando.
Lo stesso fecero anche Shikamaru e Sasuke.
-Avanti Hinata. – disse quest’ultimo –Sei compresa anche tu ormai, negli Origin!
Lei sorrise e accostò il suo piccolo pugno al loro.
-Sarà un piacere, ragazzi!- disse lei, esultando.
Le ragazze applaudirono, felici.
-Possiamo cominciare subito?- chiese Naruto, agitato.
-Direi proprio di sì. – rispose lei –Ho già affittato una sala registrazioni finché non sarà pronta la nostra e, beh, costa!
Tutti risero.
Andarono tutti nella macchina di Sasuke e dovettero stringersi un bel po’. Erano tanti ma fortunatamente le ragazze erano minute.
Sasuke guidò fino a dove Hinata gli indicò.
Scesero in fretta e furia e andarono nella sala.
Una splendida sala registrazioni, non troppo grande, ma comunque ben attrezzata.
-Per oggi faremo a meno del fonico, ci penserò io. – disse, guardando l’attrezzatura. –Sapete già cosa incidere per il vostro album?
I ragazzi si guardarono.
-Beh, è stato il nostro sogno da sempre. – disse Naruto, guardando Sasuke negli occhi pece –Direi che ci abbiamo pensato tanto. Incideremo: Alzati Teresa, Che rumore fa la felicità?, Cuore di Cemento, Il mio Veleno, Era magico, Bambole, Radio Zombie, Tutto bene, Un giorno di ordinaria Magia, La vita incandescente.
Hinata sorrise.
-Tutte magnifiche, e se volete credo che potremmo inserirne anche altre due.
Sasuke spintonò Naruto.
-Baka.- gli disse –Hai dimenticato quella più importante.
Naruto si diede uno schiaffo in fronte. –Sono un’idiota. Ce ne é una che non avete mai sentito. E che è perfetta, davvero.- sorrise –è la canzone mia e della papera.
-Ehi!- si infuriò l’altro, per quel nomignolo idiota.
-Vi va di registrarla subito?- chiese la ragazza, sorridendo.
Gli altri esultarono.
-Allora, Naruto e Sasuke, voi sarete su due tracce diverse, andate al microfono uno e due. Shikamaru e Kiba, pensavo di mettervi sulla stessa traccia, perciò zona tre. Sulla quarta traccia metteremo gli effetti sonori da “laboratorio”.
I ragazzi obbedirono, andando nell’altra stanza e mettendosi ai loro posti e cominciando ad accordare gli strumenti.
-Ditemi quando siete pronti. – disse, cliccando su un tasto che apriva la comunicazione fra una sala e l’altra.
-Ragazze, non toccate nulla. – affermò sedendosi con loro di fronte a tutta quell’attrezzatura e ad un enorme vetro che mostrava la sala registrazione dove si trovavano i ragazzi.
Shikamaru gli fece un cenno e Hinata riaprì di nuovo la comunicazione.
-Qui è tutto pronto. Quando volete cominciate.
Shikamaru contò quattro battiti con le bacchette e cominciò a suonare, dando inizio alla canzone con una forte spinta.
La chitarra di Sasuke e il basso di Kiba si unirono alla batteria.
Naruto cominciò a cantare.
 
Come non volere bene
Alla notte che ci intossica
mostri ballerini e bari
con domicilio in top parade
esorcismi tattici
paura della nullità
questa è la mia rotta babe
 
this is my way
my way
my way
 
Sasuke faceva virtuosismi con la sua chitarra, in assonanza con il basso di Kiba. Naruto ballava e cantava, divertendosi e dando spettacolo. I ragazzi facevano le seconde voci.
 
conoscenze vergini
in barriere che si infrangono
messaggi in codice s.o.s.
capogiri flemmano
su ritmi che si attaccano
è l’attitudine
 
this is my way
my way
my way
It’s my way
My way
 
Sasuke si lanciò in un piccolo assolo, aiutato dal basso.
 
Lascia che ti porti giù
Come Virgilio fa con Dante
Vendette acriliche
We never never never stop
Genere mutante
Cerca un pò di sexy compagnia
Musica stordiscimi, I love my way
 
My way
My way
It’s my way
 
Naruto alternava abilmente frasi in esotiche lingue straniere con quelle melodiose e intense cantate in madrelingua, cantando della loro strada, la musica.
Faceva strane facce e ballava, si divertiva da matti. Non aveva mai cantato così.
 
Como te gusta amiga mia
Come non volersi bene
Come non volersi bene
Are you ready in this town?
Funky jazzy black hole sound
 
In my way
My way
It’s my way
My way
 
La chitarra faceva un nuovo assolo, Sasuke si inginocchiava e rideva.
Naruto non smetteva di ballare e ridere vicino a lui, a tempo con la chitarra.
 
 
Quando la canzone finì, le ragazze si alzarono in piedi ed applaudirono ridendo.
Hinata aprì la comunicazione.
-Non so se era perché eravate eccitati e felici, ma questa canzone è venuta perfetta! Penso basterà inciderla un’altra volta sola per sistemare bene le varie parti. – i ragazzi si diedero un cinque –Ora però venite di qua, c’è una cosa che vorrei domandarvi.
I ragazzi lasciarono i loro amati strumenti ed andarono nella stanza dove si trovavano le ragazze.
-Siamo grandi, eh!- si dicevano fra loro.
-Sedetevi, per favore – disse la nuova discografica –Allora, sapete che per farvi conoscere dovreste anche fare un video di una vostra canzone, da far girare in Tv ecc... Mi chiedevo, quale vorreste che fosse il vostro singolo?
I ragazzi rimasero in silenzio, tutti guardavano Naruto, che in quel momento si era incurvato su se stesso, rabbuiandosi un poco.
-Aspettavo questa domanda…- disse il biondo, per poi voltarsi verso la sua band –Ragazzi… voi sapete che non sarei quello che sono ora se non fosse stato per una persona che… che ora non c’è più. Ci terrei a dedicargli il singolo...
La tensione si alzò un poco. Le ragazze erano stupite, non sapevano di chi stesse parlando.
-Naruto… tu vuoi fare quella canzone, vero? – disse Sasuke, stringendogli l’avambraccio.
Il biondo annuì.
-Beh, sai che per me non ci sono problemi. Anzi, penso sia perfetta. – disse, rassicurando l’amico –Voi che ne dite? – chiese, rivolto a Kiba e Shikamaru.
I due annuirono, prontamente.
-No problem. – aggiunse Kiba.
-Ma… di che parlate? – chiese Hinata, che fino a quel momento non aveva capito molto.
Naruto la guardò con occhi infinitamente tristi.
-Voglio che il video sia fatto su una canzone che dedicai ad una persona che consideravo… un fratello minore.
-Chi? – chiese ancora lei, intristendosi nel vederlo così sconvolto.
Sasuke gli strinse la spalla per incoraggiarlo.
Naruto boccheggiò, emozionato al ricordo.
-Konohamaru.
 
 
{Origin. Origine. Siete l’origine di ogni cosa. Siete un inizio importante, siete l’inizio di una nuova musica, di una nuova vita per tutti. Una vita migliore.
Vi siete inoltrati in una strada buia, difficile da percorrere. Ma è la vostra strada.
Ed in fondo ad essa, una palco enorme ed illuminato vi aspetta}








*Schiarisce la voce*
Allora, gente!
Innanzitutto, ringrazio tutti coloro che seguono la mia storia, siamo arrivati a oltre 60 :D
Solo che non mi spiego come mai quasi nessuno recensisca... se lo fate mi invogliate ad aggiornare prima ;DDD
Apparte gli scherzi, questo è un capitolo importantissimo: Hinata si interroga su cosa può fare per 
la sorella, ed intanto apre la sua casa discografica e firma un contratto con gli Origin, è così sono tutti felici e contenti.
Non è bellissimo?
Ovviamente, c'è tanto NaruHina, ma anche un annuncio molto importante che fa il biondo:
vuole dedicare il video promo a... Konohamaru? Vi chiederete perchè? SCOMMESSE APERTE!
Vi consiglio di rileggere il cap SasuSaku allora :D
Ovviamente, la canzone è perfetta, non c'è che dire.
Vi saluto con un grande bacione!


vi prego recensite :(

 

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Capitolo 25
*** Io Pocahontas me la farei ***


Filosofia di vita.
-
Io Pocahontas me la farei

[Ci sarà sempre qualcuno a cambiarti la vita]

 

 
[Negrita: Io Pocahontas me la farei (assolutamente da sentire!)]
Avevano passato tutto il pomeriggio a registrare, fino a tarda sera.
Sul tardi, Sasuke aveva riaccompagnato Hinata e Naruto a casa.
-Parla con lui.- le aveva sussurrato il moro, riferendosi all’altro ragazzo che, dopo aver brevemente parlato del singolo, era rimasto triste e sulle sue.
Hinata voleva già farlo. Non aveva bisogno che il moro glielo dicesse. Vedere Naruto in quello stato le faceva male, tanto.
Il biondo però, quella sera non volle proprio parlarne. Era troppo triste.
E nonostante Hinata l’avesse stretto a sé tutta la notte, non riuscì nemmeno a dormire.
Il giorno dopo volle subito incidere quella canzone. La fecero mille volte. Tutto il giorno sulla stessa canzone.
Naruto voleva, anzi, pretendeva che fosse perfetta. E nonostante fosse stancante, nessuno protestava.
I ragazzi sapevano bene cosa aveva passato e cosa in quel momento gli stesse passando per la testa, perciò lo capivano e, silenziosamente, sopportavano i suoi sproloqui.
Hinata era molto preoccupata. Non capiva, ma voleva farlo. Voleva sapere cosa gli stesse succedendo.
Sasuke non voleva dirle niente. Diceva che era una cosa che doveva fare Naruto, quando e come avesse voluto. Potevano solo stargli vicino.
Sasori non c’era ancora. Hinata lo aveva chiamato, quella mattina, per ingaggiarlo ufficialmente.
Lui però non sarebbe arrivato non prima di due o tre giorni, perché veniva da lontano.
La mora cercava di far capire al ragazzo che tutte le incisioni che avevano fatto bastavano per quella canzone. Era già perfetta!
Ma Naruto era attaccato morbosamente a quella canzone. E non sarebbe stata perfetta finché non lo avesse detto lui.
Passò così un’intera giornata.
Anche quella sera, Sasuke li riaccompagnò a casa, ripetendo ad Hinata le stesse parole.
Lei era intenzionata a parlargli, ma non riuscì a farlo in tempo.
Il biondo si buttò sul letto e stavolta, stanco della notte precedente e di quella giornata impegnativa, si addormentò immediatamente.
Hinata non ebbe più il coraggio di svegliarlo.
Allora cenò, da sola, preparando dei tramezzini in più in caso Naruto si fosse svegliato affamato.
Poi si cambiò, lentamente, e silenziosa si infilò nel letto, cercando di non svegliarlo.
 
 
-Avanti, Konohamaru, non fare l’idiota. – disse il biondo, inginocchiandosi per scassinare la porta.
-Non mi va di rubare.- disse solo lui, sbuffando.
-Sei tu che mi insegui sempre, dicendo che vuoi diventare come me. – rispose, ridendo –Rubo in questo negozio da anni, ormai.
Il lucchetto cedette e la porta si aprì, cigolando.
-Fifone. – gli disse, con aria di sfida –Coniglio. Se non vuoi rubare per me nemmeno un pezzo di pane, allora ti puoi scordare di diventare il mio allievo.
-Non sono un fifone!- disse il ragazzo, stando attento a non urlare per non farsi sentire –Sono anche migliore di te. Che ne sai tu!
-Vedremo. – disse Naruto, ridendo. – Ti aspetto infondo alla strada.
Naruto si incamminò, mentre Konohamaru alle 02:24 di quella notte, entrava acquattato nel negozio di alimentari.
Ma dopo poco, esattamente alle 02:28 minuti, si sentirono degli spari.
Konohamaru corse fuori, in preda alla paura.
Un uomo, dietro di lui, il titolare dell’alimentari, sparò ancora.
-Così la smetterai di rubare, bastardo!
Konohamaru era quasi arrivato dove Naruto lo aspettava per scappare.
Un altro colpo scoppiò dalla pistola. Il sangue si sparse ovunque.
Il ragazzo cadde a terra, una pozza di sangue che si espandeva veloce sotto di sé.
Konohamaru perse la vita, quella notte di fine giugno, alle 02:31.
 
 
Naruto spalancò gli occhi, in preda all’affanno.
Si mise a sedere di colpo, spaventato da quell’incubo fin troppo simile alla realtà, o almeno a come la vedeva lui.
-Naruto.- chiamò la voce femminile, accanto a lui.
Il ragazzo si alzò, andando alla finestra per spalancarla. Non riusciva a respirare.
La luce fioca della Luna delineò la figura di Naruto.
Hinata si spaventò a vederlo in quel modo.
Era completamente bianco, gli occhi cerulei sgranati e spaventati, il corpo tremante e il respiro affannato.
Si alzò e gli andò velocemente vicino, terrorizzata.
-Naruto.- chiamò, massaggiandogli la schiena –Naruto, che hai?- chiese preoccupata.
Lui non rispose, portandosi una mano alla gola. Non respirava, non respirava…
-Naruto!-Hinata era terrificata –Ti prego, rispondi.
Calde lacrime cominciarono a cadere lente dagli occhi cerulei di lui.
-Naruto!- urlò lei, spaventata.
Lo prese fra le braccia e lo strinse forte, mentre il ragazzo cominciava a singhiozzare e a piangere d’un pianto disperato.
Lo coccolò, come un bambino, cullandolo e accarezzandogli la schiena e i capelli biondo grano.
-E’ tutto a posto, Naruto. – gli sussurrò, mentre lui la stringeva forte –Era solo un brutto sogno.
Lentamente si avvicinò al letto, sedendosi con lui sulle lenzuola.
Lui si aggrappava a lei, letteralmente, come se fosse la sua roccia, come se, se non l’avesse fatto, fosse caduto nell’abisso.
Cominciò a respirare velocemente, troppo veloce. Stava andando in iperventilazione.
Hinata si spaventò ancora di più. Lo fece stendere, alzandogli le braccia sopra la testa.
-Ti prego Naruto, calmati!- urlò, prendendogli il viso fra le mani –Basta Naruto, respira lentamente.
Ma anche provandoci, lui non ci riusciva.
Era completamente perso.
-Naruto!- urlò, vedendolo quasi svenire.
Si chinò su di lui, facendo congiungere le proprie labbra con le sue.
Non era un bacio. Stava cercando di fargli la respirazione bocca a bocca.
E finalmente, Naruto si calmò
Hinata cominciò a piangere, per lo spavento. Si alzò, andando nel bagno, per inumidire un asciugamano.
Tornò in camera e cominciò a passarglielo sul collo, sulle guance, sulle tempie. Infine lo lasciò ripiegato sulla fronte. Naruto guardava il soffitto, stanco.
Non fosse stato per Hinata, sarebbe morto.
La afferrò per un polso e la tirò giù, accanto a sé, non smettendo di guardare il soffitto.
Lei si asciugò le lacrime e cominciò ad accarezzargli una guancia.
Sapeva che lui avrebbe parlato, perciò attese, paziente, anche se notevolmente scossa.
-C’era un ragazzo. – cominciò lui –Si chiamava Konohamaru. Lo incontrai un giorno ad un bar. Io avevo diciotto anni, lui quasi quattordici. Stavo strimpellando con Sasuke seduto su un divanetto, giusto per fare incazzare gli inservienti. Lui ci osservò e da allora cominciò a seguirmi. Non era come noi. Nel senso, lui non era orfano, aveva una famiglia, una madre premurosa ed apprensiva ed un padre lavoratore. Però lui non li sopportava. Era ribelle, fin dalla nascita. Era strano. Cominciò a seguirmi ovunque, a copiarmi in tutto. Modo di vestirsi, cose da amare, cose da pensare. Mi incuriosiva. Figurati che, per cercare di sembrare più grande e per farsi il bello con me, voleva mettersi l’orecchino all’orecchio, come lo ho io. Ma era profondamente infantile, ancora. Adoravo divertirmi con lui, prenderlo in giro, fare lo stupido.
-Ti faceva piacere che cercasse di imitarti?-  chiese lei, passando ad accarezzargli il petto.
-Sì e no. – rispose lui –A tutti piacerebbe essere l’idolo per qualcuno. Ma io non era certo una bella persona da imitare. Avevo brutti vizi, rubavo per vivere, fumavo e bevevo nonostante fossero cose che odiassi. Mi atteggiavo da rockettaro ed ogni tanto mi drogavo in compagnia. Non volevo diventasse come me. Aveva una famiglia, un’avvenire promettente. Se avesse continuato a seguirmi, avrebbe rovinato tutto.
-Perciò cosa facevi? – chiese, ascoltando interessata.
-Cercavo di proporgli delle sfide impossibili, che lui non potesse superare. Ma ce la faceva sempre. Cercavo di fargli schifo, di trattarlo male. Ma col tempo cominciai ad affezionarmi, ed ogni tanto invece di farmi odiare gli dimostravo il mio affetto. Mi divertiva. Lo vedevo come un piccolo fratellino di cui prendermi cura. Per questo poi mi arrabbiavo con me e con lui, perché non riuscivo ad allontanarlo. Così lo trattavo male, molto male. Una sera… quella sera, accadde proprio questo. Gli urlai contro. Volevo togliermelo di torno. Alla fine lo mandai via, dicendogli di procurarsi da bere e da mangiare per me e i miei loschi amici.
-Cosa successe?- domandò, incoraggiandolo a continuare.
-Probabilmente, per farsi bello ai miei occhi, per dimostrarmi quanto fosse simile a me, andò a rubare ciò che gli chiesi. Ma il proprietario quella sera faceva la guardia per prendere i malviventi che rubavano le sue merci, cioè me, e lo uccise.
Hinata deglutì e non disse nulla.
-E’ tutta colpa mia. Se non avessi rubato in quel negozio, se avessi cercato di rompere il legame con lui, se… se non gli avessi voluto bene come ad un fratello…- singhiozzò, forte, mentre le lacrime scendevano di nuovo. –Guardami come sono virile, Konohamaru. Piango. E volevi essere come me? – urlò.
Hinata si mise a carponi, per poterlo vedere in viso, nonostante lui non la guardasse.
-Piangere è giusto, è normale. Non fare così. E non è colpa tua, Naruto.
-Sì invece. Solo colpa mia.
-No! Naruto, è colpa di qualcuno se mio padre è un maiale che ha cercato di violentarmi?
-Sua.
-No, perché è nato così. Ha una mente malata. E non è colpa dei genitori se lo hanno fatto così. E’ così e basta! Le cose accadono e basta. Perché devono accadere.
-Avrebbe potuto avere una bella vita, una bella famiglia, un bel lavoro.
-Naruto. – Hinata si mise a cavalcioni su di lui per occupare il suo raggio visivo. Lo guardò negli occhi –Io non lo conoscevo, ma so per certo che non avrebbe mai voluto tutto questo. Lui era felice con te. Era felice nel fare il ribelle. Tu eri già la sua “bella famiglia”. È andato via, purtroppo. Ma è successo e non è colpa di nessuno. Forse, doveva succedere. O non saresti la bella persona che sei adesso.
Naruto sorrise, fra le lacrime.
-Diceva che io sarei diventato il più grande cantate di tutti i tempi, ma che poi lui mi avrebbe battuto, perché l’allievo supera sempre il maestro…
Hinata gli sorrise, accarezzandogli una guancia.
-Non è colpa tua.- gli disse, abbassandosi lentamente verso di lui.
Naruto perse un battito, vedendo il viso dolce e non più spaventato di Hinata avvicinarsi al suo. I capelli blu notte caddero in avanti, solleticandogli il collo. La vide chiudere gli occhi ma lui non la imitò, per poter godere di quella visione eterea.
-Che fai?- sussurrò, prima che il nasino di lei sfiorasse il suo.
Hinata si abbassò ancora, ed entrambi ebbero un brivido quando le loro bocche aderirono perfettamente, scambiandosi un leggero bacio.
Naruto tremò ed inspirò il suo profumo di lavanda, così dolce. Cercò ancora le sue labbra con le proprie, intrappolandole in un altro bacio, un poco più profondo. Sapeva di dolce miele.
Il biondo alzò le mani e le incatenò a i suoi capelli. L’attirò a sé, approfondendo il contatto, baciandola a lungo senza darle aria. Cercò la sua lingua e cominciò a giocarci, a danzare. La danza dell’amore cominciò. Andò in estasi.
Si staccarono un momento, per riprendere fiato.
-Ti bacio.- disse lei, rispondendo alla domanda di prima.
-Avevi detto che volevi il primo bacio quando saremmo stati tristi.
-Appunto.- confermò lei –Eri triste… Eri.- disse, sorridendo sulle sue labbra e cercando ancora una volta quel contatto profondo.
Naruto la baciò passionale e capovolse le posizioni, facendola coricare in mezzo a letto afferrandola per le cosce mentre continuava a baciarla.
Lei mugugnò, emozionata.
Naruto aveva un profumo che aveva solo lui, unico e indescrivibile.
Le sue labbra sapevano d’arancia fruttata.
 
Dopo quella sera, Naruto sembrava più sereno. Aveva baciato Hinata tutta la notte, per poi addormentarsi stanco all’alba.
Alcuni giorni dopo, la ragazza aveva organizzato una uscita per il gruppo.
Sarebbero andati tutti insieme da un bravissimo fotografo che si occupava anche di realizzare video. Anche le ragazze li avevano raggiunti, poiché curiose di assistere alle riprese e vogliose di parteciparvi.
Il fotografo ra giovane, ma ad Hinata non dispiaceva.
Il suo motto, in quel periodo, sembrava essere “Promuovere i giovani”.
Raggiunsero lo studio del giovane fotografo in pieno centro.
Hinata sembrava proprio una donna in affari, con i capelli legati in una lunga treccia, la maglietta attillata e una gonna alta e stretta, che le segnava il punto vita.
Le piaceva impersonarsi in quel ruolo da manager, che richiedeva l’assenza d’imbarazzo e timidezza.
Divertiva anche gli altri, che la conoscevano bene e sapevano quanto fosse timida in realtà.
La giovane donna d’affari condusse la band all’interno dello studio, che era completamente imbiancato e che sembrava fresco di pittura.
Infondo al grande salone, un ragazzo dai capelli scuri preparava l’attrezzatura.          
Hinata gli si avvicinò, tendendogli la mano, che lui strinse prontamente.
-Io sono Hinata Hyuga, e questi sono gli Origin. – disse, presentandosi –Lei è Sai?
Il ragazzo annuì –Sì, sono io. Siete in ritardo.
-Ci scusi per il ritardo. Quando cominciamo?
-Anche subito.- affermò il ragazzo, con una faccia tanto bianca da sembrare cadaverica. Scrutò i ragazzi con aria poco interessata –Avete portato un cambio di vestiti?
-Che? E perché?- chiese Sasuke, irritato.
-Siete vestiti in modo così… anomalo. – disse alzando un sopracciglio.
-Scusa?- rispose a tono Sasuke, arrabbiato –Ma ti sei guardato tu?
Tutti squadrano il ragazzo. Capelli arruffati neri, occhi neri, vestiti completamente neri. Pelle bianchissima. Un po’ monocolore, avrebbe detto qualcuno.
-Sasuke, ti prego…- lo ammonì Hinata.
-No signora, stia tranquilla, i gusti sono gusti.- rispose lui.
Signora?, tutti rimasero interdetti per quel nome… che ragazzo strano. Chiamare signora una ragazza che probabilmente aveva la sua stessa età.
-Oh, ha ragione, ragazzi.- disse Ino, saccente quanto provocatoria –Non sapete proprio come ci si veste. Invece penso che Sai sarà d’accordo nel dire che io sono davvero brava in questo.
Lui la squadrò, poco curioso.
-Anche tu sei anomala. Esageri troppo in tutto ciò che metti. Sei piuttosto… come dire… esuberante.
Si può dire che la mascella di Ino arrivò fino a terra.
-La tua amica invece, sembra un ravanello con quei capelli rosa. È racchia.
Sakura si infuriò e tentò di ucciderlo, ma venne abilmente fermata da Hinata.
Quel ragazzo era strano. E pazzo. E tutti non lo sopportavano. Hinata cercava di salvare la giornata tentando di calmare tutti i dissapori. Naruto invece, scoppiò in una fragorosa e sana risata.
-Avanti. – disse, ridendo –Dicci che dobbiamo fare, anche se non ti piacciamo.
L’altro non fece nemmeno una smorfia.
-Direi di cominciare dalle foto per la copertina e cose del genere.- disse, poi si rivolse atono ad Hinata –Preferisce uno sfondo nero o bianco? Non consiglio quello colorato, perché i loro vestiti lo sono fin troppo.
-Nero.- asserì, decidendo da sola.
-Bene.- rispose il moro, indicando ai ragazzi la location.
La band si spostò, sistemandosi davanti agli obbiettivi, con per sfondo un telo nero scurissimo che arrivava fino a terra.
Il fotografo si avvicinò alla macchina.
-Ehi, non è una stupida foto delle medie, questa. Non vi abbracciate, non vi avvicinate neanche.- ordinò - Tu, col codino, mettiti sulla destra e mostra il profilo. Tu, bianchiccio. Subito accanto. Dammi uno sguardo misterioso. Più misterioso. Guarda, volta lo sguardo di lato che è meglio. Ok. Tu, biondino. Accanto al bianchiccio. Guarda dritto verso l’obbiettivo. Non ridere. Tu, brunetto. Hmmm.. mettiti le mani nei capelli. Non come se stessi impazzendo, idiota. Sensuale.
Sai ordinò, a destra e sinistra, affibbiando nomignoli stupidi perché ovviamente non sapeva i nomi dei membri del gruppo.
Cominciò a scattare le foto, continuando a dare indicazioni, sistemando luci e cambiando obbiettivi, mentre Hinata e le altre vedevano le foto appena fatte da un computer poco distante.
La quarta foto era decisamente la loro preferita. Sembravano tutti molto misteriosi e sexy…
Shikamaru, sulla destra, mostrava il profilo mentre mandava in aria una nuvola di fumo, nel suo giubbotto di pelle nera e i pantaloni verde pastello.
Sasuke guardava verso la camera, con quell’aria misteriosa e irritata che lo caratterizzavano, la canotte bianca attillata e pantaloni neri con le catene.
Naruto, accanto a lui, era decisamente il più stravagante.
Indossava un giacca di pelle arancione, una canotta bianca chiarissima e dei pantaloni larghi e rosso fuoco, mentre con le mani nelle tasche guardava dritto in camera, con un sopracciglio biondo inarcato.
Kiba invece indossava una maglia stretta di un marrone scuro, che esaltava il colore ambrato degli occhi e della pelle, e dei pantaloni neri. Aveva le mani fra i capelli, mostrando i bicipiti ben allenati, ed uno sguardo molto provocante.
Finirono di fare gli scatti e Sai si avvicinò al computer.
-Avete già scelto quale usare?
-La quarta!- dissero tutte e tre all’unisono.
-Hmm, non è la migliore, ma decidete voi. La sistemerò entro due giorni e ve la farò avere.- rispose lui, per poi richiamare gli Origin con un cenno –Venite, dobbiamo parlare del video.
Si misero tutti in cerchio e cominciarono a riassumere il significato della canzone. Naruto sapeva esattamente cosa voleva e Sai non si trovò in disaccordo, anzi, gli venne un colpo di genio grazie a lui.
-Mettetevi tutti in quella zona con la parete riflettente bianca. Aggiungerò nel montaggio qualche altra immagine. Ah, voglio gli strumenti.
I ragazzi si misero in posizioni diverse, piuttosto separati. Ognuno aveva il suo spazio.
Sai puntò telecamere da varie angolazioni su ogni membro del gruppo.
-Ok, adesso voglio che ognuno di voi suoni la canzone. Chitarristi, giocate con gli strumenti, ballate, divertitevi, siate provocanti. Tu, batterista. Ovviamente non puoi metterti a ballare, ma fa strane smorfie verso la telecamere, gioca con le bacchette, canticchia.
Poi prese tra le mani un’altra telecamera, più grande, ed andò verso Naruto.
-Io mi occuperò di te. Canta la canzone, divertiti, fai l’idiota quale sei, disturba gli altri, io ti riprenderò sempre.
Naruto rise –Grazie per il complimento, sì.
-Ah, donne, dopo voglio girare anche una scena con voi.
Le ragazze esultarono, a parte Hinata che non aveva voglia di venire ripresa, ma fu costretta.
Passarono tutta la giornata a registrare il video.
 
 
Nei giorni successivi, si buttarono anima e corpo nell’incisione delle canzoni per l’album.
Finalmente, Sasori era arrivato a dare una mano ad Hinata.
Quando era entrato nello studio la prima volta e l’aveva vista osservare con cura la postazione del fonico che avrebbero condiviso, mentre intanto i ragazzi si riposavano un attimo dietro di lei, era rimasto incantato dalla sua bellezza.
Si erano presentati senza troppe smancerie e quando fu il turno di presentarsi alla ragazza, le fece un elegante baciamano e aveva detto con voce ferma –Incantato.-
Hinata si stupì di quell’atteggiamento e Naruto, che aveva assistito a tutta la scena, si infuriò, scoprendo di essere molto, molto geloso.
Lo allontanò e lo guardò durò –Ehi tu, che intenzioni hai?
-Io?- chiese atono –Io sono Akasuna no Sasori, e sono il fonico.
-E questa è la mia ragazza!- urlò il biondo, facendola arrossire vistosamente.
-Oh, c’è stato un equivoco.- disse lui, smaliziato –Il mio era solo un gesto di galanteria. E se mi sentirai fare degli apprezzamenti per il mio capo, beh, sappi che è perché considero arte ogni cosa bella che è destinata a durare a lungo. Tipo le canzoni che state incidendo.
-Beh, vedi di non farti scappare nessun apprezzamento.- rispose duro.
Poi fece un cenno agli altri, che ridevano, ed andarono nella sala per registrare. 
Hinata e Sasori si misero a lavoro e lei potette vedere quanto il ragazzo fosse bravo e appassionato a quel lavoro. Ricordò la frase che aveva detto, “considero arte ogni cosa bella che è destinata a durare”, e pensò che fosse molto azzeccata.
Era un ragazzo alto e muscoloso, con capelli rosso fuoco in perfetto ordine e occhi scuri inespressivi. Aveva un viso esile, dal taglio quasi femminile, e le aveva confidato che aveva una cura maniacale di se stesso. Non lo conosceva bene, ma probabilmente era un po’ narcisista.
Beh, ad Hinata bastava che sapesse il fatto suo nel lavoro.
Invece Naruto moriva di gelosia.
 
Dopo una settimana e mezza dalle riprese, gli Origin ricevettero un pacco dall’artista degli obbiettivi, contenente un poster con la loro foto, che poi avrebbero riprodotto sui cd, e una Pen Drive con il video del loro singolo.
Hinata cliccò su play e il video partì.
 
La telecamera inquadrava prima Shikamaru, poi Sasuke, poi Kiba, molto velocemente, passando da uno all’altro.
Poi venne inquadrato il microfono e una mano che lo afferrava. La bocca di Naruto si avvicinò e cominciò a cantare.
 
Io c’ho un amico che c’ha vent’anni meno di me
Si mette solo le magliette dei gruppi che piacciono a me
Quando mi vede prende e mi segue e non capisco perché
Gli dico sempre: “Non sono l’amico più adatto per te...
 
Io Pocahontas me la farei
Non voglio mica litigare coi tuoi,
Ma che vuoi…”
 
Le inquadrature ripassavano di nuovo su tutti i componenti e, per sfondo, una Pocahontas smaliziata che ballava. I ragazzi suonavano e appena potevano giocavano con la telecamera.
 
Io c’ho un amico che c’ha vent’anni meno di me
E ha anche voluto l’orecchino d’argento  per crescere
E l’altro giorno mi prende e mi fa:
“A te fumare che effetto ti dà?”
Che ti dà!!
 
La telecamera si bloccò sull’assolo di chitarra, mentre in trasparenza si vedeva un Naruto che giocava con un’immaginaria Pocahontas, per poi prendere la telecamera e lanciarla via.
 
Io c’ho un amico che c’ha vent’anni meno di me
Gli dico sempre: “non sono l’amico più adatto per te”.
Io c’ho un amico che c’ha vent’anni meno di me
Ma non è mica regolare,
Qualcosa devo fare perché…
 
Io Pocahontas me la farei
Jessica Rabbit me la ripasserei
Io Pocahontas me la farei
C’ha due tettine che ci dormirei,
ci dormirei!
 
Ancora qualche immagine pazza di loro mentre facevano gesti provocanti o ridevano e poi la canzone finì. Le ragazze in un angolo cominciarono a gridare pervertiti, mentre i ragazzi se la ridevano di gusto, tutti insieme.
Infine, in una schermata nera, i titoli di coda e un piccolo tributo a Konohamaru.
 
Tutti cominciarono a ridere.
-Oddio, rimettiamolo!- esultò Kiba, che moriva dalle risate.
-Quell’idiota ha fatto magie, non credevo!- disse Shikamaru, ilare.
-Però rimane un’idiota. – rispose Sasuke, facendo ridere nuovamente tutti.
-Sono contenta che sia venuto così bene. Ora bisogna farlo girare un po’ per internet e il gioco è fatto. – disse Hinata –Sarà un inizio per farvi conoscere. Ho già provveduto a creare la vostra official page e una pagina di Youtube, dove posterò il video per poi condividerlo sui più grandi social network. Vedremo come andrà e reagiremo di conseguenza.
-Dimmi che non hai in mente di fare solo questo…- disse Shikamaru, un poco deluso.
-Assolutamente no. In contemporanea, dovremo colpire la città. Presto inizierà la stagione estiva, e ci sono molti palchi in giro per la città pronti per ospitare concerti.
-Quindi?- chiese Kiba, titubante.
-Beh… li occuperemo, a sorpresa. Farete una canzone e poi scapperemo di tutta fretta. Arriveremo come un uragano!
Tutti sorrisero a quell’affermazione ed esultarono.
Naruto si alzò e le diede un bacio sulla guancia, facendola arrossire di colpo.
-Sei grande.
 


{Ehi, Origin! Pare che sia arrivato un angelo a cambiarvi la vita, a far andare tutto dal verso giusto. Oppure, c’è qualcuno che vi protegge da lassù.
Le cose accadono perché devono accadere, ma sta a voi sfruttare bene la vostra chance}









*Schiarisce la voce*
Ammetto che vedere questo poco riscontro con le recensioni 
un poco mi destabilizza, ma non smetterò mai di aggiornare,
perchè questa è una storia davvero importante per me
(motivo per cui sto ancora più male nel vedere poche recensioni).
Comunque, ringrazio tutti coloro che continuano a farlo, anche 
perchè mi hanno permesso ad arrivare a 200 recensioni (201 eheheh),
un traguardo per me. A questo proposito, dico a Beckill, rispuntata
giusto in tempo per la 200esima recensione, che il premio consiste
nel... beh, il capitolo in sè, per il bacio tanto agognato ahahahah
e con una immagine NaruHina introvabile che ti lascio a fine pagina:D
Cosa dire del capitolo... si parte da una situazione triste, il ricordo
di Konohamaru, un bel bacio NaruHina, che era ora arrivasse!
E poi si va progredendo in momenti un attimo più leggeri
fra l'incontro con la mia personale versione di Sai, piuttosto
pignola e con poco tatto, e la registrazione del video degli Origin!
Chissà se ti ho stupito, arcx ! :D
Spero che la storia vi piaccia, me lo auguro veramente ç.ç
Per qualsiasi cosa, incomprensioni, critiche, consigli, e perchè no,
complimenti, fatemi una bella recensionuccia :****






 
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Capitolo 26
*** Prima del grande giorno. ***


Filosofia di vita.
-
Prima del grande giorno

[E succede tutto proprio quando spegni il cervello e smetti di pensare]

 

 
[Negrita: Prima del grande giorno]
Camminava per la strada di rientro a casa.
Era notevolmente stanco e spossato. In quell’ultimo periodo veniva sballottato un po’ ovunque.
Le registrazioni in sala lo sfinivano, anche se era felice che il sogno del gruppo e il suo si stessero finalmente realizzando.
Inoltre, appena finiva era costretto ad andare da una certa Temari, che lo obbligava a lavori forzati.
I suoi fratelli avevano appena deciso di trasferirsi a Tokyo, lasciandosi alle spalle il loro passato difficoltoso.
Volevano avere un nuovo inizio, buttandosi in una attività a conduzione familiare: avevano aperto un bar, in una sala molto grande che poteva ospitare anche musica dal vivo.
Per questo motivo, fra i due non era scorso buon sangue: Temari aiutava con tutte le proprie forze i suoi fratelli minori, ma chissà per quale assurdo motivo costringeva anche il Nara a tutto quello sfiancamento, nonostante sapesse bene quando lui odiasse sforzarsi.
Per il momento era riuscito a bloccare i suoi studi per diventare commissario, ma ciò non giustificava l’indole da sovrana della Sabaku No.
Era nervoso, nervoso perché non capiva tutto quel lavoro se poi alla fine non avevano nemmeno il tempo di vedersi, magari da soli.
Infatti, nonostante cercasse sempre di imbrigliarlo in quella subdola rete di lavoro, lei stessa se ne lavava le mani.
Riceveva sempre chiamate ad orari stranissimi, per non parlare delle visite improvvise, ed ovviamente, come ogni donna, si chiudeva per ore in bagno.
Doveva ammettere che, nonostante dedicasse poco tempo a quel nuovo inizio, lei era probabilmente quella che ci metteva più impegno e olio di gomito, svolgendo più mansioni di loro tutti messi insieme.
Ma lui era comunque notevolmente irritato, sia perché succube di un’arpia che nemmeno vedeva per ringraziarlo come doveva, sia perché sapeva che tutti gli impegni fossero per il suo “lavoro”.
Una profonda consapevolezza cresceva in lui, facendosi spazio in fondo allo stomaco ed impadronendosi poco a poco del suo petto, salendo fino ad arrivare al cervello, che ormai stava andando in cortocircuito.
Sì, perché lei lo faceva impazzire.
Sapeva, in poche parole, che Sabaku No Temari non avrebbe mai rinunciato a prostituirsi, nonostante fosse un argomento di discussione piuttosto frequente fra i due.
Per di più, lei si era sempre giustificata alludendo al fatto che non aveva la possibilità di far altro, ma ora che le si presentava l'occasione, per altro in famiglia, lei non sembrava nemmeno pensare all’eventualità di rinunciare a quell’impiego per lavorare coi fratelli.
-E’ l’unica cosa che so fare bene, Crybaby. – gli aveva detto spesso lei, alludendo alla sua bravura con malizia nonostante il discorso fosse profondamente serio.
-Non fare l’idiota, Temari. – aveva risposto lui allora, consapevole che quando si sforzava di chiamarla per nome era specialmente per una profonda rabbia interiore e per poterla, in un certo senso, richiamare un po’ all’ordine.
 Lei continuava però ad ostinarsi e a fuggire dalle discussioni e da lui stesso, andando chissà dove.
Shikamaru ricordava di come, una notte di tanto tempo prima, lei le avesse detto la famosa frase “in amore vince chi fugge”, affermando che in effetti era una tecnica da lei molto usata.
Stavolta però lui le avrebbe dimostrato quanto fosse falsa ed irrazionale questa credenza, poteva giurarci.
 
Per puro caso, l’occasione di vendicarsi di Temari l’ebbe proprio quella sera, di ritorno a casa.
Non era mai stato un tipo particolarmente vendicativo, anzi, solo pensarci un tempo gli procurava un notevole mal di testa.
Purtroppo però, quello che era successo con Ino lo aveva colpito nel profondo, arrivando a cambiarlo quasi completamente e nel contempo a fargli scoprire parti di se stesso che non aveva ancora conosciuto.
Quando quella stessa sera vide per strada una Ino dall’aria piuttosto sconvolta aspettarlo, decise a mente fredda di sfruttare quella occasione. L’altra bionda lo avrebbe sicuramente scoperto, lo sapeva.
Si fermò, nella notte buia della periferia di Tokyo, ad un metro dalla ragazza.
Si guardò un attimo intorno, senza darlo a vedere. Intravide immediatamente le “tipiche ragazze di sobborgo” agli angoli delle strade.
Le colleghe di Temari lo conoscevano bene, almeno di vista, ed incontrò i loro sguardi. Avrebbero sicuramente detto alla ragazza cosa stava succedendo quella notte.
Poi portò lo sguardo sulla ragazza di fronte a sé.
Poche volte aveva visto Ino in quello stato. Quando erano ancora amici, lei era sempre molto solare e sfacciata, esuberante, un poco prepotente per stuzzicarlo.
Solo quando Inoichi, suo padre, aveva avuto quella grave malattia superata dopo due faticosissimi anni, aveva visto quella luce nostalgica negli occhi cerulei di lei, accompagnati dal quel mezzo sorriso che si tramutava troppo spesso in una smorfia di dolore.
Adesso aveva quella stessa identica espressione.
Non più esuberanza, non più prepotenza; solo lei, in uno di quei momenti che le distruggevano anche l’anima, oltre al trucco solitamente sistemato con cura.
Notò infatti che quella notte non era nemmeno truccata, ma acqua e sapone.
Non che si truccasse in modo esagerato, come era invece abituata a fare solitamente Temari, ma non aveva nemmeno “uno sbaffo di fard”, pensò, ricordando la frase che gli ripeteva spesso in gioventù.
Aveva il viso arrossato e gli occhi un poco gonfi, e si annotò mentalmente di ricordarle in futuro che era inutile usare il collirio per cercare di alleviare le sue notti insonni e i pianti.
-Mendokuse. – disse senza accorgersene, più come conclusione dei propri pensieri che per salutarla.
Lei gli sorrise, con quel sorriso smorto, triste e accigliato, ma con quella nota sincera nell’essere davvero felice di quel nomignolo abituale che aveva accompagnato da sempre il tempo trascorso insieme.
-Strano incontrarsi qui, per strada, in piena notte. – disse beffarda, con un pizzico di sarcasmo che non guastava. E poi, con una smorfia strana e schifata sul viso –Cerchi la tua ragazza?
Shikamaru sorrise, fra sé. Amava quella parte di Ino: sempre con quell’ironia sventata, che la ricopriva come fosse un riccio e che usava continuamente pur di non far arrivare le persone lì, nella parte più sensibile di lei stessa.
Poi si rese conto di aver formulato quel pensiero nel modo più sbagliato possibile: aveva constatato che amava, ancora una volta, quasi senza accorgersene.
Quel sentimento gli annebbiava il cervello e lo distraeva da tutto ciò che era davvero importante, ovvero mantenersi sano e salvo, privo di ferite d’amore.
Come poteva lasciare che qualcosa di tanto irrazionale gli facesse perdere il controllo, proprio a lui, che era quello fermamente convinto che non ci fosse problema irrisolvibile usando un po’ di logica?
Come mai il suo corpo non riusciva ad impedire che qualcosa di ben lontano dal suo cervello prendesse il sopravvento sulla sua capacità di pensiero?
Mentre pensava a tutto questo, Ino ebbe un fremito nel vedere la sua mascella contrarsi, ma venne sfiorata dal piacevole pensiero che in fondo, se riusciva a farlo arrabbiare, voleva dire che non gli era del tutto indifferente.
Inoltre, amore e odio erano sempre sentimenti contrastanti ma fin troppo simili, perciò si poteva passare da una all’altra senza troppe difficoltà, anzi, senza accorgersene.
Le bastava che lui non si dimostrasse apertamente contrario ad ogni tipo di contatto con lei, perché se lui non la ignorava, allora aveva ancora possibilità di riconquistarlo in qualche modo.  
Già, ma qual era il modo?
-Cosa vuoi da me, Ino? – chiese alla fine lui con voce roca, distogliendo lo sguardo da lei e guardando con improvviso interesse i propri piedi, pur di darsi un contegno.
In effetti, se lo chiedeva anche lei.
Da quel pomeriggio nel giardino di casa Hyuga, lei si era talmente tanto demoralizzata da non riuscire più nemmeno a dare una mano al negozio.
Dalle sue mani, che tremavano costantemente, non usciva più un mazzolino decente da giorni. Evitava anche ti potare le sue amate orchidee, che pure non necessitavano di un grandissimo sforzo.
Era impallidita, non dormiva da giorni ed era anche dimagrita. Non che questo non le giovasse, avrebbe pensato successivamente, con quella punta di vanità che la spingeva ad essere sempre perfetta da ogni punto di vista, anche se, ne era consapevole, alla fine era brava in ben poche cose.
La botta finale gliela aveva data Sakura, confidandole con rabbia ciò che era riuscita a strappare dalle labbra serrate di Sasuke, ovvero che il Nara quel pomeriggio era andato subito da Temari, per… sfogarsi un po’.
In quei giorni era praticamente andata fuori di testa, passando da momenti di grande ottimismo a periodi in cui invece non sopportava la vista di nessuno.
Era successo tutto in fretta e furia e la sua speranza aveva notevolmente vacillato, ma vederlo poi mentre cercava con le unghie e con i denti di assicurarsi un futuro promettente con gli Origin, anche abbandonando parzialmente gli studi per diventare Commissario, aveva fatto tornare in lei quella voglia estenuante di stargli accanto in un momento così importante della sua vita.
Ecco cosa voleva: stargli vicino, riprovarci, ma non più come amica. Oramai i suoi sentimenti erano troppo sicuri e forti per poter segregarli in un cantuccio in attesa del momento giusto.
Tutto ora e subito, si disse mentalmente, ben sapendo con quanta poca pazienza era nata.
Tutto e solo per me, ripensò, consapevole di non poter resistere un attimo di più alla gelosia che s’impadroniva di lei più spesso di quanto avesse immaginato.
Ecco cosa voleva da lui.
-Un’altra possibilità. – disse allora, più sicura che mai dei propri sentimenti.
Shikamaru fu stupito a sentire quelle parole ma soprattutto dal tono sincero e pacato con cui le pronunciò, pensando invece che lei fosse pronta a gridargli contro per qualsiasi futilità.
Ci rifletté, trattenendosi dall’intrecciare la mani come faceva sempre quando aveva davvero bisogno di pensare alla soluzione giusta.
Temari lo verrà sicuramente a sapere, ponderò, osservando ancora una volta le prostitute nei d’intorni che lo tenevano d’occhio con insistenza, così gliela farò pagare per benenon è poi detto che facendola entrare in casa si faccia qualcosa di più oltre che parlare.
Alzò lo sguardo su Ino e per un attimo la sua sicurezza vacillò incrociando quei suoi occhi azzurri, tanto amati, come il suo cielo doveva ammettere, intrisi di sicurezza e desiderio.
Decise volutamente di non cogliere quel brillio innamorato nei suoi occhi cielo, mentre mentalmente tappò quella vocina in fondo al suo conscio che suggeriva sussurrando che, in realtà, non era per vendicarsi che stava aprendo la porta di casa alla ragazza che più lo aveva fatto soffrire e alla donna che più aveva amato.
 
 
Ino non stette molto ad arrovellarsi sul perché lui l’avesse accompagnata in casa tanto docilmente, senza nemmeno discuterne in precedenza.
Semplicemente, si fidò pienamente. Cos’altro poteva fare, quando era stata lei la causa stessa di tutti i casini irrisolti fra loro?
Si guardò intorno.
La casa di Shikamaru era tutta sua, ed ammirò molto questo fatto. Aveva un ingresso stretto ma accogliente, un piccolo salotto un po’ disordinato, con una porta che dava sul bagno, una che dava sulla cucina e una sulla sua stanza. Poi c’erano le scale, che andavano al seminterrato, che lui stesso le aveva brevemente spiegato fosse una sala prove occasionale dove stare con i ragazzi.
Con non chalance, si abbandonò sul divano, esausta. Quando era arrivata lì, in piena notte, il corpo le fremeva per l’adrenalina, ma ora che si era calmata e aveva visto come lui accettasse di buon grado quella sua visita, si era calmata, sentendo finalmente su di sé la stanchezza di una settimana a dir poco terribile.
Il ragazzo trafficò con alcune bottiglie e alla fine le porse un bicchiere di whisky con del ghiaccio, sedendosi scompostamente su una poltrona poco distante da lei.
-Wow, whisky americano, vedo che ci trattiamo bene! – commento lei, alzando di poco il bicchiere per osservare il liquido attraverso la luce.
-Parla proprio la ragazza nata in un castello. – rispose seccamente lui.
-Ehi! – rise lei, scherzando –Non essere ipocrita, tu vivi da solo!
-Vivere da solo in una piccola casa è molto diverso dal vivere in un castello di duecento stanze, sai?
-Andiamo, Shika, non fare l’inacidito che odia le classi sociali. – disse, per poi rabbuiarsi gentilmente –E poi sai che dopo l’infarto che ha avuto mio padre le cose sono state notevolmente più difficili…
-Dobbiamo parlare di questo proprio ora? – l’interruppe seccato lui, infastidito.
Lei lo guardò di sottecchi, un poco intimidita da quell’improvvisa rabbia di lui.
-No, hai ragione, ti chiedo scusa. – mormorò, prendendo un gran sorso dal proprio bicchiere.
Lui sospirò, tornando alla calma.
-Scusa tu. È solo che.. è strano. – si sistemò meglio sulla poltrona e chiuse gli occhi, con fare stanco –Come sta Inoichi?
-Considerato che l’infarto è stato cinque anni fa e ci ha messo ben più di due a riprendersi, direi bene. – mormorò, sconsolata –Oramai si occupa solo di cercare di formare nuovi fiori cercando di intrecciarne di diversi nella serra a casa, e devo dire che riesce a creare spesso delle vere meraviglie.
-Non ha più ripreso a lavorare in uno dei vostri negozi? – chiese lui, preoccupandosi sinceramente.
La ragazza negò debolmente col capo.
-Ormai è mamma ad occuparsi di tutto. Poche volte gli permette di occuparsi dell’impero Yamanaka. Ha paura che ricapiti, sai… lo stress per gli affari, le filiali… è preoccupata. – bevve il resto del Whisky tutto in un sorso, con fare drammatico –E anche io.
-Non succederà. – la rassicurò lui, un poco seccato di dover essere proprio lui a farlo.
-Shikaku è passato a trovarlo proprio l’altra mattina, di sfuggita. Si sono sempre voluti molto bene, i nostri padri. – disse, sorridendogli grata.
-Da quando ne ho memoria, sono sempre stati legati. – annuì lui, per poi perdersi chissà come in un fiume di sensazioni. L’effetto dell’alcool, pensò –Mio padre ha sempre avuto tempo per tutti, e poco per me. Nonostante tutto è riuscito ad essere un buon padre, se si può considerare un buon figlio un’idiota che non sa decidere fra l’essere un rispettabile commissario o un temuto batterista.
Ino rise. –Io né ti rispetto, né ti temo, Shikamaru Nara! – disse, alzando il bicchiere ormai vuoto per prenderlo un poco in giro.
Nel mentre, del ghiaccio schizzò fuori dal bicchiere, finendo inevitabilmente sulla sua maglia.
Scattò in piedi.
-Ma guada che ho combinato! – esclamò infastidita, cercando immediatamente qualcosa con cui pulirsi.
Lui le indicò seccato il bagno, consapevole che non ne sarebbe uscita mai più, e lei ci si fiondò letteralmente dentro.
Prese a strofinare la macchia con un asciugamano, non ottenendo altro che allargarla. Intanto il moro si affacciò sulla porta, per osservare divertito la scena.
-Oh, Shikamaru, sei la causa di tutti i miei guai!- quasi urlò lei, stizzita, per poi rendersi conto dell’irruenza e della profonda verità di quella frase, pentendosene amaramente.
Si morse un labbro, mentre le lacrime cominciavano ad annebbiarle la vista.
Lui le si avvicinò, porgendole un altro strofinaccio, poco utile in realtà.
Lei alzò lo sguardò, per prenderlo mentre lui glielo offriva, e due calde lacrime le rigarono il viso.
-Ma sei anche la cura a tutti i miei mali.- sussurrò, mentre il viso le diventava più rosso.
-Non puoi piangere per una macchia, Mendosukee. – affermò lui, anche se nel profondo era colpito da quella reazione.
-Non è per questo…- Ino quasi rise, fra le lacrime –Io non ti ho mai ringraziato davvero per tutto quello che hai fatto per me, Shikamaru. Ci sei sempre stato, e beh.. grazie, davvero.
Lui sgranò gli occhi, fissandola stupito. Era la prima volta che sentiva dirle grazie, invece che scusa o urla, e fu piacevolmente colpito nel notare che infondo lei era cambiata davvero, in meglio.
Non seppe dire cosa in quel momento lo spinse a farlo, o forse cercò a tutti i costi di reprimere quella ormai troppo familiare consapevolezza dei propri sentimenti, che mai col cervello avrebbe potuto accettare e capire.
Fatto sta che si avvicinò maggiormente a lei, cercando per la prima volta dopo tanto un contatto.
La baciò, con una frenesia e una passione che non riusciva più a contenere dentro di sè, mentre intanto le asciugava le lacrime e, con un gesto secco, le liberava i capelli dall’alta coda in cui erano soliti venire legati.
La spinse verso il bancone del bagno tenendola stretta, con le mani perse nei suoi lunghi capelli.
La sollevò per i glutei e cominciò a baciarle il collo, mordendolo poi con forza, pur di farle capire in quel gesto quanto dolore gli avesse inferto tempo prima.
Le tolse la maglia quasi stizzito, mentre lei contraccambiava incredula i suoi baci e sospirava mentre lui scendeva sui suoi seni.
Ancora una volta l’afferrò, con passione, insinuandosi nelle sue gambe e tenendole stretta, per portarla in camera da letto senza smettere di baciarla, desiderandola come non mai.
Fecero l’amore, per la seconda volta insieme. Lui decisamente più esperto di lei, la guidava e s’impadroniva di lei, del suo corpo, del suo cuore, della sua anima.
Fu completamente diverso dalla prima volta.
Stavolta era consapevole, più maturo, più reale. Anni prima erano stupidi e immaturi, mangiavano fragole sui prati e vivevano in modo assolutamente spensierato.
Ora, ora che tutto era cambiato, avevano fatto la cosa più malevola… ovvero loro, insieme, non più i due bambini, ma i due adulti che facevano l’amore.
Ino però notò un cambiamento che lui probabilmente esitava a cogliere, a capire.
L’amore l’uno per l’altro era cambiato.
Ora era forte, a tratti cattivo, a momenti sapientemente dolce, ma estremamente disperato.
Un amore disperato il loro, che esitava a nascere, che si nascondeva nelle menti e nel buio della notte di una strada di periferia, mentre fuori imperava un vento che sembrava potesse parlare.
Lui, semplicemente, non se lo seppe spiegare. L’alcool, si disse.
 
 
 
Un errore. Non poteva che essere un errore.
Certo, un piacevolissimo errore
, si disse, mentre silenziosamente si alzava per non svegliare la bella addormentata assopita accanto a lui.
Il sole brillava già, quando si rese conto di aver passato la notte intera con Ino.
Una notte meravigliosa, ricca di emozioni forti, di un amore diverso da qualsiasi altro, che in men che non si dica aveva cancellato con facilità la stanchezza repressa di quegli ultimi giorni.
Eppure, nonostante si sentisse così bene nel guardarla dormire, con i capelli scompigliati sparsi ovunque, le labbra delicate semichiuse e i seni scoperti, non riuscì a farsi sopraffare completamente da quella visione eterea.
La ragione aveva ripreso a dominare sui sentimenti, che oramai era inutile nascondere.
Alcool? No, non era stato quello. Voglia di vendicarsi di Temari? Era scomparsa già mentre parlavano tranquillamente in soggiorno.
Ammise che lo aveva fatto per sé, per accontentare quella parte che continuava ad amarla con tutto se stesso, e che moriva dalla voglia di ricordare quanto fosse bello fare l’amore con chi ami davvero.
Ma l’altra parte di sé, quella più razionale, non voleva fare di nuovo i conti con un amore che era troppo capace di ferirlo, di avere tutto quel potere emotivo su di lui.
Cominciò a tornare stanco. Forse, avrebbe dovuto semplicemente dire di sì ad ogni cosa, lasciandosi scorrere i problemi addosso.
Ma lui era un uomo ed in quanto tale doveva essere capace di mantenere il controllo su ogni cosa, cercando di uscirne sempre fuori illeso. Non importava se sarebbe dovuto rimanere solo, per farlo.
Capiva che forse quello era un atteggiamento più da militare che da un mezzo rocker e un mezzo commissario, ma erano stati i fatti a portarlo a quella scelta.
Era molto meglio abbandonarsi a quell’amore illecito e stravagante, ma che in fondo riusciva a controllare alla perfezione.
Provava amore verso Temari, lo sapeva ed era confuso da questo, ma comprendeva bene quanto fosse in realtà un amore diverso da quello per Ino, seppur di eguale importanza.
Almeno ai suoi occhi.
 
 
Quel giorno Shikamaru scomparve, dando forfè. Le registrazioni furono bloccate da questa sua mancanza, ma Naruto capiva bene la confusione che stesse avendo, per cui lasciò correre.
E poi, in pratica avevano davvero finito. Toccava a Sasori sistemare le canzoni, non più loro, che servivano solo in caso di emergenza. Il giorno dopo, con tutta probabilità, avrebbero fatto il loro esordio.
Shikamaru e Naruto stettero al telefono per delle ore a parlare, talmente tante che Hinata prese seriamente in considerazione l’idea di andare personalmente a controllare che tutti i lavori e gli affari andassero bene, piuttosto che chiamare i suoi subordinati.
Non si stupì nel constatare quanto Naruto fosse importante per ogni membro del gruppo, tanto da considerarlo oltre al loro leader come un ottimo confidente, che sapeva ascoltarli e capirli, magari tirarli su con una sana risata.
Si rese conto che era estremamente felice per lui, anzi, notevolmente fiera, ed arrossì nel riconoscere che non sapeva se poteva davvero avere il diritto di essere orgogliosa di lui, dato che non aveva ben capito se considerarsi o no la sua ragazza.
Non ne avevano parlato affatto, eppure erano rimasti vicini. Nella fretta di tutto ciò che stava accadendo, non si erano neppure più abbracciati.
Lui non le aveva detto niente al riguardo. Diamine!
Arrossì però nel ricordare ciò che Naruto aveva detto a Sasori, quasi possessivo. Ma... era talmente confusa!
Quando chiuse la telefonata, lui le disse che avevano deciso di ritrovarsi quella sera per suonare dal vecchio Asuma, dove avevano suonato fino a poco tempo prima.
Lei non aveva obbiettato, naturalmente, soprattutto poi nel vederlo inforcare la chitarra, deciso a scrivere una canzone su tutto quello che gli aveva detto Shikamaru, sotto preciso ordine di lui.
Gli aveva offerto anche molte frasi che avrebbe desiderato avere. A lui restava da sistemare il testo ed arricchirlo, creando anche il giusto spartito da suonare.
 
Quella sera, per una volta, i ruoli si invertirono un poco.
Naruto, Sasuke, e Kiba, suonavano le chitarre acustiche da seduti, tutti insieme. Shikamaru, seduto in mezzo a loro, batteva a tempo su un tamburellino da mano.
Cantò proprio lui, con una tristezza infinita, quella canzone che sembrava davvero perfetta, per lui e per quella situazione.
 
 
Io mi riposo un attimo
Andate avanti voi
La terra è ancora umida
Mi sdraio per un po’
E penserò ai miei vividi
Disturbi della grande corsa all’oro
 
Ricordi dodici anni fa?
Noi mangiavamo fragole
E il fungo più malefico
Lo abbiamo fatto noi
Distesa sopra un prato che non c’è
L’alba stamattina giuro è verde…
 
Bisogna dire sì
A tutta questa brava gente
Bisogna dire sì
Diventa tutto più efficiente
 
Prima del grande giorno,
c’è forse ancora un sorso per noi…
 
il figlio del disordine
l’hanno chiamato uomo
l’immensa solitudine
è nata insieme all’uovo
E niente più bambini nella pancia
Ultime notizie dalla Francia
 
 Bisogna dire sì
A tutta questa brava gente
Bisogna dire sì
Diventa tutto più efficiente
 
Prima del grande giorno,
volevo dire…!
 
 
{Cos’è che volevi dire, Shikamaru?
Cos’è che hai avuto paura di dire? Di ammettere?}








:3  Ma sono così contenta!
Devo ringraziare le nove persone che hanno recensito, 
soprattutto quelle che solo recentemente si sono aggiunte
al numeroso gruppo di fan. GRAZIE!!
Che dire su questo capitolone, interamente ShikaIno...
beh, ormai ho capito su che strada proseguire col triangolo,
ma direi che si è scritta quasi da sola. I personaggi si sono
evoluti da soli nelle mie mani, ed io non potevo far altro
che assecondarli. Shikamaru è ovviamente confuso per quello
che è successo, anche se è stata una cosa che era lui a volere.
Per tanto tempo a cercato di seporre i propri sentimenti,
ma all'evidenza (dopo ciò che hanno fatto!) non poteva negare.
Non c'è nemmeno bisogno di dire che la decisione di non rinunciare
a prostituirsi da parte di Temari ha giocato il suo ruolo,
allontanandoli un pò. C'è un clima di confusione quindi per quanto
riguarda questa coppia, e devo dire che la canzone proprio parlava
dal punto di vista di Shikamaru, stanco ormai, che steso su un prato d'erba
pensa alla sua personale corsa "all'oro", che ovviamente rappresenta i 
capelli biondi. Il NaruHina si è un poco bloccato, perchè ovviamente Naruto
è un dimenticone che non si è ricordato di chiarirsi con Hinata,
pensando che fosse tutto ovvio, ma lei poverina è alla sua prima esperienza!
Non c'è molto altro da spiegare credo, ma se avete domande 
non esitate a farle. Vi ringrazio per le recensioni, spero che
i vostri esami siano finiti e che possiate tornare a commentare
la mia storia :D
Un bacione! :*

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Capitolo 27
*** Luna. ***


Filosofia di vita.
-
Luna
{Ringraziare per quello che si ha fa aprezzare di più ogni cosa.}


 
[Negrita: Luna]
Tokyo, popoli, culture, vite.
I cappucci erano tirati giù fino al naso. Grandi occhiali da sole, scuri, nonostante fosse ormai sera.
Probabilmente in un'altra città avrebbero dato nell’occhio, ma lì, a Tokyo, a nessuno importava delle stranezze di qualcun altro, troppo occupati a guardare i propri impicci.
Era la quinta piazza, o per meglio dire palco, che occupavano, a detta di Shikamaru abusivamente, e nelle precedenti erano riusciti a scappare appena in tempo, indossando i loro travestimenti e confondendosi fra la gente.
I ragazzi si divertivano, certo, ma Hinata la trovava una cosa assurdamente pazza, nonostante fosse stata una sua idea.
In ogni caso, se Sasori non si sarebbe dato una mossa a sistemare tutto dalla posizione del fonico, stavolta sarebbero sicuramente riusciti a prenderli.
Hinata aveva già intravisto nei paraggi qualche poliziotto, probabilmente avvisato che stesse succedendo qualcosa di strano, quella notte a Tokyo.
Sasori le fece un cenno divertito, e subito la ragazza guardò fra la folla, in cerca degli Origin. Fece un cenno a tutti loro, segno che erano pronti.
I ragazzi salirono sul palco di corsa, senza più travestimenti, mentre la canzone My way riecheggiava in tutta la piazza.
La folla prese ad ascoltarli, incuriositi, mentre molti adolescenti o poco più si avvicinavano a loro, col corpo pieno d’adrenalina, per la prima volta stupiti di qualcosa che stava accadendo proprio lì, in quella città troppo grande e dispersiva.
I poliziotti cercavano inutilmente di intervenire, ma la ressa vicino al palco era troppa per riuscire a fermare ciò che stava accadendo, ed Hinata non potette fare a meno di sorridere.
Poi la canzone finì, e fra gli urli d’acclamazione degli ascoltatori, gli Origin si dileguarono e se ne andarono veloci come erano arrivati, confondendosi nuovamente fra la gente per dirigersi in fretta verso la nuova piazza, il nuovo palco.
 
 
 
-Probabilmente, molti di voi in ascolto hanno assistito all’improvviso ed irruento spettacolo che si è svolto nelle più grandi piazze di Tokyo, durante la notte di ieri. È indubbio che qualcosa di strano e diverso sia accaduto, quando un gruppo di ragazzi è salito su dieci diversi palchi per cantare una canzone, riuscendo ad intrattenere un numero inimmaginabile di persone. “Si tratta sicuramente di una mossa pubblicitaria” afferma il capo della Polizia, “non pensiamo si tratti d’un qualche tipo di atto di rivolta, anche se questo potrebbe portare altra gente come loro a usufruire indebitamente di attrezzature che appartengono alla città”. Beh, sicuramente sono riusciti a farsi notare. Il gruppo si chiama “Origin”, ed ora vi mostriamo un video di una loro canzone scovata in rete…
-Yeh!- tutti i presenti urlarono di gioia, incominciando a darsi il cinque e a scambiarsi abbracci e pacche sulle spalle.
Naruto addirittura strinse Hinata in una morsa per altri probabilmente letale, ma lei si lasciò abbracciare nonostante stesse diventato rossa come un peperone. Avevano atteso con ansia che la Tv dicesse qualcosa su di loro, che non era tardato ad arrivare.
Tutti poi si congratularono con lei, approvando in pieno quella genialata pubblicitaria.
-Le visualizzazioni su youtube e social network stanno salendo alle stelle. – disse, alzandosi e prendendo la parola –Cominciano già a chiedere se esiste un vostro albulm, e quando la notizia arriverà, credetemi, tutti i negozi di musica cominceranno a telefonarci, facendoci prezzi bassissimi.
Naruto parve confuso –Perché dobbiamo essere noi a pagare?
Hinata stava per rispondere pacatamente, ma Sasuke fu più agile di lei, e diede un pugno in testa all’amico.
-Dobe. – lo riprese lui mentre quest’ultimo piagnucolava –Noi facciamo i CD, noi paghiamo i rivenditori per venderli, e il ricavo va direttamente alla casa discografica.
Il biondo lo guardò ancora più accigliato –E a noi?
Sasuke fecee un gesto strano con la testa, sconsolato.
-Ci paga la casa discografica! – disse Kiba, cercando anche lui di spiegarglielo.
-Baka. – mugugnò nuovamente il moro –Ti rendi conto che è riuscito a capirlo anche Kiba?
-Cosa stai insinuando, stupido culo a papera?- Kiba si alzò, infuriandosi.
-Ehi, solo io posso chiamarlo così!- urlò Naruto, arrabbiandosi.
-No, nessuno mi chiama così, bakaiko!- Sasuke sferrò altri due pugni, e sta volta iniziò una rissa a tre, invece che il solito battibecco “Sasu-Naru”.
Shikamaru sbuffò, rassegnato, mentre Hinata li guardava un poco preoccupata, anche se ormai abituata a quelle scene.
-Lasciali stare. – bofonchiò il Nara, rivolgendosi a lei –Piuttosto, ti è già arrivata la notifica dalla Polizia?
Hinata gli sorrise. Non pensava che qualcuno potesse accorgersi davvero di quello che loro, e lei più di tutti, avevano rischiato facendo irruzione in quel modo in tutte le piazze.
Ma d’altronde, come aveva potuto dubitare dell’intelletto di Shikamaru Nara?
-Ho già ripagato la città del nostro… ehm… danno. – sussurrò Hinata, non sapendo bene come trovare le parole –Non preoccuparti.
Shikamaru negò debolmente col capo –Non dovevi. – sussurrò flebile –Ci stai mettendo tutti i soldi di tasca tua. Forse dovremmo trovare degli sponsor.
-No.- rispose lei, regalandogli un altro sorriso –Per ora va bene così, davvero. Appena la gente comprerà i vostri dischi arriveranno risorse, e non dovrò più pagare “di tasca mia”.- disse, ripetendo le sue parole.
-Grazie…- mormorò, del tutto inaspettatamente.
Poi il suo telefono squillò, interrompendo quella conversazione. Ecco, qualche negozio di musica, pensò Hinata, rispondendo alla chiamata con tono professionale, mentre nel suo salotto Shikamaru cercava inutilmente di sedare la rissa.
 
 
 
Sommersa dai libri, Sakura cercava di studiare inutilmente per il suo esame di anatomia.
Che senso ha?,si chiese, ormai disperata,studiare così tanto solo per un lavoro che non farà che uccidermi!
Ancora più abbattuta cercò il motivo per cui voleva diventare dottore in fondo a sé stessa per cercare di incoraggiarsi, quando, giusto mentre sottolineava un altro pezzo importante di quel paragrafo, sentì una presenza alle sue spalle.
Trasalì, quando di colpo percepì le labbra di quest’ultima sui capelli e poi sul collo, in cerca della sua pelle.
Non riuscì comunque a calmarsi vedendo i ciuffi di capelli scuri sulla sua spalla, anzi, li scacciò poco amichevole.
-Sas’kè-kun!- lo riprese sussurrando ma con forza, ben attenta a non farsi sentire dai propri genitori.
Quello sbuffò di rimando, sedendosi sul bordo del letto e guardandola accigliato.
-Come hai fatto ad entrare?- mormorò Sakura, addolcendo il proprio tono di voce, già notevolmente innervosito dall’insuccesso nello studio.
-E’ semplice arrivare alla tua finestra salendo sull’albero di ciliegio.- mormorò, con fare sbrigativo –Ancora a studiare?
-Sì, e senti, non so per quale motivo tu sia qui, ma sto cercando di prepararmi per un esame!- bofonchiò un poco irritata.
Sasuke alzò un sopracciglio, irrequieto. –Non hai guardato il telegiornale?
Lei sbuffò, indicando i libri. –Secondo te? Sto studiando!
-Peccato, ero venuto per ritirare il mio premio…- mormorò, poggiando i gomiti sulle ginocchia quasi si fosse intristito.
Lei lo guardò con più interesse, notevolmente stranita.
-Premio?- disse, incerta –Premio per cosa?
Lui si allargò in uno dei suoi grandi sorrisi, di quelli rarissimi che riservava solo a lei.
-La strategia di Hinata funziona, stiamo diventando famosi!
La bocca di Sakura si aprì in una piccola e leggera “o”, sbalordita. I suoi occhi verdi ebbero un guizzo appena ebbe il tempo di metabolizzare la notizia, e in contemporanea si alzò di scatto, avvicinandosi velocemente al bordo del letto per abbracciare Sasuke.
Lui non ricambiò quella dolce stretta, atteggiandosi come sempre a freddo e impassibile, ma nemmeno cercò di scostarla da sé.
-Sono contenta per te, Sas’kè-kun, davvero! – mormorò lei al suo orecchio, e senza bisogno di osservarlo capì che lui stava sorridendo contro il suo petto.
Il moro cominciò a solleticarle con due dita un fianco, per poi infilare la mano sotto la sua maglietta.
-Allora, posso avere il mio premio adesso?- chiese, con il suo solito tono malizioso.
-Semmai dovrebbe essere Hinata a venire premiata, non credi?- rispose lei, cercando di scostare la mano dalla sua pelle.
Lui reagì male, afferrandola per un polso e attirandola a sé ignorando le sue proteste, per poi saggiare possessivo la sua schiena con entrambe le mani.
La guardò dritto negli occhi, con uno sguardo magnetico che esprimeva tutto il suo desiderio.
-Andiamo, Sakura…- la esortò lui con voce rauca e passionale, cominciando a baciarle il collo.
Lei stavolta non cercò di divincolarsi, ma cercò comunque di obiettare a voce.
-Ma Sas’kè-kun… Mia madre è al piano inferiore!
-E allora tu non gridare…- rise lui col suo tono malizioso, imponendosi su di lei con la sua forza per stenderla sul letto.
Lei rise, rinunciando completamente ad opporsi al suo desiderio.
 
 
Shikamaru inforcò le chiavi e le inserì distrattamente nella serratura di casa, mentre con l’altra mano rifiutava l’ennesima chiamata sul suo cellulare.
Temari continuava a chiamarlo insistendo ogni due minuti, ma lui non aveva mai risposto a nessuna chiamata.
Era rimasto stupito, invece, del comportamento serio e maturo di Ino. Non l’aveva né chiamato né cercato, probabilmente perché, turbata in modo notevole, non voleva essere pesante e opprimente.
Era sicuro che, svegliarsi da sola dopo una notte di fuoco, qualche tempo prima l’avrebbe fatta imbestialire e agire come una bambina poco matura, ma ora le riconosceva quanto fosse cambiata e cresciuta, in questo caso in meglio.
Si diresse lentamente verso la cucina, per in seguito abbassarsi sul frigo per prendere il cartone di latte, dal quale bevve direttamente.
-Lo sai che tua madre si arrabbierebbe, se ti vedesse adesso?- disse una voce ferma che veniva dalla sala da pranzo, poco distante da lì.
Shikamaru sussultò appena, dimentico che, da quando era stato con Ino, si era momentaneamente trasferito dai suoi genitori pur di non incontrarla.
Si voltò per prendere una tazza dalla credenza nel quale versò del latte e del caffè, per poi raggiungere il padre al tavolo da pranzo.
Lì gli si sedette vicino, mentre l’uomo con fare annoiato leggeva il suo giornale sorseggiando il medesimo intruglio da un’altra tazza.
-Dov’è la mamma?- chiese, appoggiando il mento sulla mano stanco come se avesse subito le dodici fatiche di Ercole.
-Dalle sue amiche.- rispose appena l’uomo, cambiando annoiato pagina.
-E tu come mai sei qui?- domandò lui nuovamente, ben sapendo che lui a quell’ora era di norma a lavoro.
-Un appuntamento è saltato ed ora sono libero per un paio d’ore prima di pranzo.- affermò, non accennando a cambiare espressione –Così posso anche dedicarmi a parlare un po’ con mio figlio.
A quel punto Shikamaru sollevo sorpreso lo sguardo, incontrando immediatamente quelli del padre, tanto simili ai suoi, che lo guardavano.
-Di cosa devi parlarmi, papà?- chiese allora, esortandolo a continuare.
-Ho visto il telegiornale.- affermò, senza girare troppo intorno al discorso –State diventando famosi e suppongo che dovresti esserne felice. Eppure, ti vedo un po’ giù… diciamo più del solito, dato che è di famiglia essere stanchi anche di esultare.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio. –E da cosa lo deduci, sentiamo?
-Innanzitutto, sei tornato a pernottare a casa nostra senza dare spiegazioni, e questo mi fa preoccupare. Poi, hai delle occhiaie talmente profonde che anche un cieco le vedrebbe, accompagnate da uno sguardo accigliato che non mi piace per niente. Inoltre, ti preoccupi sempre di non fare arrabbiare tua madre per non sentire le sue urla, quindi bere dal cartone del latte o è stata una tua impudenza o una tua leggerezza perché c’è qualcosa che ti tormenta e quindi non ti fa pensare alle conseguenze del tuo gesto. Quindi?
Il giovane Nara sospirò, ritrovandosi a notare ed apprezzare una volta di più la capacità di suo padre, ormai cinquantenne, di dire e dedurre sempre cose esatte senza mostrare un minimo di sforzo o di espressività, quando, soprattutto in certi discorsi, smorfie di biasimo o di preoccupazione sono quasi dovute.
Sbuffò allora, trovando inutile anche rispondergli, dato che conoscendo bene il padre, sapeva che lui aveva già una propria teoria in mente.
-E’ per quella ragazza, vero? – disse lui infatti, in linea col suo pensiero.
-Temari non mi da grossi problemi, o perlomeno non me ne preoccupo.- rispose allora, incurante di essere appena cascato nella trappola del padre.
-Sabaku No Temari non è una ragazza che rimane a dormire da te e per cui tu l’indomani dovresti scappare di casa per non vederla.- affermò, stavolta con un tono irrisorio e beffardo –Infatti mi riferivo ad Ino, la figlia di Inoichi. Sai, quella bionda, alta, con gli occhi azzurri, di cui sei sempre stato innamorato?
Shikamaru impallidì, ma cercò inutilmente di non darlo a vedere.
-Io non sono mai stato innamorato di nessuno.- affermò, con voce ferma.
-Perché lo neghi? E’ una bella cosa!- rispose l’altro prontamente –Se non fossi stato innamorato non avrei mai sposato tua madre, e tu non saresti mai venuto al mondo.
-Forse non voglio fare la tua stessa fine…- commentò lui, sorridendo appena –No, davvero, non mi sono mai innamorato.
-Come vuoi figliolo, negalo pure a te stesso.- rispose lui, per poi alzare lievemente un sopracciglio –Quindi, è da lei che sei scappato ieri mattina?
Shikamaru ci pensò un attimo prima di rispondere, indeciso se mentire o ammettere tutto, ma alla fine si arrese alla capacità investigativa del padre.
-Sì. – disse solo.
-La mattina te la sei ritrovata magicamente nel letto e hai realizzato cosa avevi appena combinato?- domandò lui di rimando, con una lieve punta di sarcasmo.
-Esatto.
-E te ne sei pentito e hai deciso di non affrontare la cosa e scappare qui?
-Già.
L’uomo sbuffò, negando leggermente col capo e tornando al suo giornale.  –Idiota. – affermò.
Anche Shikamaru sbuffò. –L’asciamo cadere questo discorso? Piuttosto, come lo sapevi?
-Io so sempre tutto, Shikamaru.- affermò il padre, atono come prima.
-Già, allo stesso modo di come sapevi del contratto, di Hinata e della Moon’s Eyes. – rispose lui seccato e con un istinto accusatorio.
L’uomo tornò a guardarlo, scrutandolo a fondo.
-Perdonami, figlio mio, ma sai bene che sono tenuto a mantenere il segreto di ufficio, anche se è qualcosa che ti riguarda. Ormai dovresti sa…
-Papà, va bene. – lo interruppe lui –Non te ne faccio assolutamente una colpa. Sono abituato alla tua professionalità, ed in un certo senso è sempre stata una cosa che avrei voluto imitare. Ho sempre desiderato essere come te. Per questo mi sono sentito un po’ nel torto nel scegliere la strada della rockstar, dove è ovvio che non posso esserlo.
Si sentì immediatamente soddisfatto quando si rese conto di aver creato stupore nel padre, strappandogli un’espressione interessata quanto sorpresa e onorata.
-Non so se sia un bene somigliarmi, ma se ti fa piacere sono lieto di informarti che sei già come me. Stai facendo le stesse cavolate con Ino che facevo al tempo io con tua madre. – disse, guardandolo dritto negli occhi –E comunque puoi essere professionale anche nel tuo lavoro. Inseguire un sogno portando al massimo le proprie capacità è già professionalità.
Shikamaru rimase confuso per tutte quelle cose che aveva detto il padre, cose che ritardavano ad entrargli bene nel cervello, non capendole a pieno nonostante la sua genialità.
Perciò si alzò, diretto verso la porta per salire in camera sua, dove avrebbe potuto riflettere con calma.
-Shikamaru.- lo richiamò il padre, proseguendo solo dopo averlo visto voltarsi –Quindi hai deciso?
-Cosa, papà?- domandò lui, leggermente stranito.
-Abbandoni gli studi?
Cadde il silenzio, e mentre deglutiva il ragazzo potette vedere l’ansia negli occhi del padre. Temendo di dargli un torto, quasi sussurrò quando parlò.
-Sì, papà. È insostenibile portare avanti due professioni così diverse, che comunque amo entrambe. Ma prediligo seguire il mio estro e diventare a tempo pieno il batterista degli Origin. Non studierò più per diventare commissario, mi dispiace.
-No, figliolo. – Inaspettatamente Shikaku sembrò sollevato –Sono contento che tu non sia completamente simile a me. Sapere che hai fatto chiarezza con te stesso e che ti sei deciso mi rende felice, qualsiasi cosa tu faccia.
-Grazie, papà.- rispose lui, sinceramente sorpreso.
Si scambiarono un flebile sorriso e poi lui se ne andò, a riflettere come sempre nella sua stanza.
 
-Sas’kè, ti prego, aiutami!- piagnucolò Naruto, con le mani giunte a mò di preghiera –Giuro che se mi aiuti offrirò sempre io al bar!
-E con quali soldi, dobe?- mugugnò l’altro –Come cazzo ti viene in mente di spuntare dalla finestra di Sakura di colpo, eh?
-Scusa scusa scusa!- piagnucolò l’altro –Ti stavo cercando, che ne sapevo io che facevate le vostre cose con i genitori di Sakura-chan in casa?
-Sta zitto, dobe!- urlò lui, in preda all’ira.
Non riusciva nemmeno a capire come alla fine Sakura avesse attribuito a lui la colpa di essere stati sorpresi da Naruto mentre facevano l’amore. Tutto ciò lo irritava.
-Ma ti prego, non devi fare tanto!- mugolò il biondo, andandogli dietro fino alla cucina di casa Uchiha –Pensa ad Hinata! È una sorpresa per lei!
-Peggio per lei.- disse secco lui, prendendo una birra dal frigo.
-Ma sta realizzando il nostro sogno!- fu sul punto di mettersi in ginocchio –Glielo devi!
-Io non devo niente a nessuno.- rispose lui, minacciandolo col collo della bottiglia –Lo farò, ma solo perché provo pietà per qualunque ragazza abbia avuto la mala sorte di stare con te, razza di Dobe rincretinito!
Naruto si aprì in uno dei suoi larghissimi sorrisi, per poi correre da lui e stringerlo in una morsa per altri fatale.
-Grazie, grazie, grazie!- urlò, direttamente nel suo orecchio.
-E staccati! – obbiettò lui, scrollandoselo di dosso in malo modo –Mi fai venire il mal di testa con le tue urla, cretino.
Il biondo arricciò le labbra, in un espressione contrariata.
-Sei sempre stato così restio alle dimostrazioni d’affetto, piccolo iceberg. – bofonchiò, per poi assumere un’espressione molto più maliziosa –Certo, Sakura prima riusciva perfettamente a scioglierti, già!
Spazientito, Sasuke gli mollò un ceffone sulla nuca per zittirlo e lasciar cadere quel discorso.
-Mi dispiace tanto per Hinata che sta con te, davvero. Non se lo merita. – disse sbuffando e proseguendo verso il salotto, dove si abbandonò sul divano.
-Potrei dire la stessa cosa di Sakura-chan, teme!- protestò l’altro, rubandogli la bottiglia dalle mani –Comunque, lo faremo pomeriggio. Io distrarrò Hinata e voi salirete nella sua stanza della musica per preparare tutto. Chiami tu i ragazzi, vero?
Il moro non perse nemmeno tempo per protestare o rispondere e lasciò cadere il silenzio.
In realtà, sapeva che Naruto avesse qualcosa da dirgli, e stava aspettando che lui stesso parlasse.
Rubò a sua volta la bottiglia di birra per esortarlo a parlare, e finalmente Naruto sospirò, pronto a parlare.
-Io… ci tengo molto a lei. – disse, alludendo ad Hinata –All’inizio non pensavo proprio potesse succedere! Ti ricordi? L’hai anche fatta piangere.
-Abbiamo, dobe, abbiamo, tutti e due. – rettificò lui, senza dare troppo peso a quel particolare.
-Certo teme. Stavo dicendo… in realtà siamo molto simili, ci capiamo bene, e non pensavo che saremmo arrivati al punto in cui non potevamo stare l’uno senza l’altro… ha fatto molto per me soprattutto ultimamente, per cui volevo ringraziarla. Mi rendo conto di stare dicendo tante cose sdolcinate, ma ho bisogno di…
 -Tranquillo, dobe. – lo interruppe, seguendo la sua linea di pensiero –Non hai bisogno di giustificarti con me, ti capisco.
Seppe che Naruto sorrise a sentirlo parlare in quel modo anche senza guardarlo, quindi attese che continuasse.
-Se... se penso che fino a qualche anno fa ero un delinquente, un ladruncolo da quattro soldi, un mezzo alcolizzato, un drogato, un… idiota di proporzioni bibliche, mi pare impossibile di essere arrivato fino a qui! Insomma.. io e il mio migliore amico stiamo realizzando il nostro sogno più grande, ho un gruppo fortissimo, un contratto discografico, nuove amicizie ed una splendida ragazza che mi ama. Cioè… mi sembra quasi di non meritare nulla di tutto ciò!
Sasuke non commentò, ben sapendo che quello era un semplice sfogo dei pensieri dell’amico che non richiedeva alcuna risposta. Continuò a guardare il soffitto, nella stessa identica posizione di Naruto.
Il biondo riprese la birra strappandola dalle mani dell’amico per prenderne l’ultimo sorso.
Bevve, e poi indicò l’amico col collo della bottiglia, per richiamare la sua attenzione.
Lui lo guardò, poco stupito dell’atteggiamento teatrale dell’amico, a cui ormai era abituato.
-Pensi che… a lui piacerebbe?- chiese Naruto, incredibilmente serio e nostalgico.
-Probabilmente sarebbe geloso della sua presenza.- rispose Sasuke, accennando ad un sorriso –Ma sì, a Konohamaru piacerebbe molto Hinata.
 
 
Non era riuscito a convincere Hinata a prendersi qualche ora di pausa se non con difficoltà, ma ad un certo punto lei sembrò rendersi conto di quanto in realtà necessitasse di riposo.
Ovviamente Naruto aveva pensato di convincerla a riposarsi non solo per dare un bel po’ di tempo ai suoi amici per organizzare “la sorpresa” senza che lei se ne accorgesse, ma anche perché aveva notato i suoi occhi incredibilmente stanchi, la sua pelle spenta e i suoi gesti quasi meccanici.
E, nonostante fosse visibile, Hinata aveva resistito ad ammettere quanto avesse bisogno di staccare la spina, riscoprendo in lei una vena instancabile di stakanovista.
In quelle ultime settimane Naruto aveva prestato molta attenzione al duro lavoro della ragazza.
Era continuamente al telefono, correva da una parte all’altra della città per preparare al meglio il loro esordio, a cercare ingaggi, a farli conoscere al mondo.
Ogni cosa che lei faceva esprimeva tutta la sua voglia di farcela, il suo impegno e come credesse con tutta se stessa in ogni singola parola o nota pronunciata dagli Origin.
Era davvero instancabile e non si lasciava mai andare ad uno sbuffo stanco o al nervosismo. Ogni cosa, ogni movimento, ogni gesto veniva accompagnato col sorriso di chi ama davvero quello che fa.
Naruto l’aveva notato quasi subito, quel suo piccolo e flebile sorriso.
L’aveva notato fin dal primo giorno, fin da quando si erano scontrati per caso un giorno sotto la neve.
E nel guardarlo ora, a distanza di mesi, si rese conto di amarla davvero una volta di più.
Amava quel sorriso perché era capace di esprimere tutto senza dire nulla, lo amava perché era capace di scaldarlo e fargli venire i brividi allo stesso tempo.
Ed anche ora, mentre la guardava dormire, guardava il suo sorriso da angelo e ne gioiva di conseguenza, portandogli ispirazione per un’altra canzone.
Lentamente, andò a stendersi accanto a lei sul grande letto a baldacchino, mettendosi su un fianco per seguire i suoi respiri e la sua bocca che si apriva e chiudeva impercettibilmente.
Le si avvicinò ancora col viso, inspirando il profumo di lavanda dei suoi capelli.
Rimase qualche minuto in attesa, finché non fu lei a tirare un respiro più grande degli altri, svegliandosi.
La vide aprire gli occhi e voltarsi, mentre lui le regalava un dolce buongiorno dandole tanti piccoli baci sul naso, sulle guance, sul collo.
-Naruto-kun…- lo chiamava lei sussurrando, mentre le guance diventavano più rosse.
Le labbra si posarono dolcemente su quelle rosee di lei. Un contatto prezioso che riempì di brividi entrambi.
-Buongiorno, Hinata-chan.- sussurrò lui –Sembra che il sonnellino ti abbia fatto bene.
Lei sorrise, quel sorriso meraviglioso e grande.
-Sì, ed anche questo risveglio non è male.- disse, con la sua genuinità tranquilla.
Fu lui a sorridere sulle sue labbra, per poi coinvolgerla in un altro bacio molto più passionale, passandole le mani fra i capelli per attirarla a sé. Sapore di miele e d’arancia si mescolarono fra loro.
Si staccarono dopo poco per riprendere fiato. Lui s’intenerì nel vederla stupita e accaldata, col volto rosso d’emozione, e con il pollice le sfiorò delicatamente una guancia.
Lasciò che lei si stendesse contro il suo petto e chiuse gli occhi per assaporare quel momento di pace e tranquillità.
Dal canto suo, Hinata non era capace di fare lo stesso.
In effetti si sentiva un po’ in subbuglio, e non era capace di definire bene i suoi sentimenti.
Era confusa, su tante e tante cose.
In primis, la mancanza della sorella si accentuava ogni minuto di più. Succedeva sempre così.
Passavano le vacanze insieme ed il loro legame si consolidava, ma poi Hanabi era costretta a ripartire e non poteva fare altrimenti.
Inevitabilmente, causa studi e lavoro, accadeva che non si sentissero per settimane.
E poi, ogni volta la trovava più cresciuta, più donna, e lei si rattristava poiché la sua povera sorellina, tanto quanto lei se non peggio, non aveva mai avuto qualcuno che potesse davvero seguire la sua crescita, segnando a matita l’altezza raggiunta sullo stipite di una porta, vedendo la sua prima cotta o semplicemente preparandole i bento.
Loro non avevano mai avuto tutto ciò e non riusciva a fare a meno di considerarla una nota dolente della sua intera vita anche mentre realizzava il suo sogno e quello di qualcun altro.
Sentiva di non poter godersi davvero tutto ciò che passo dopo passo riusciva a raggiungere, ogni traguardo solcato, ogni sorriso realizzato, semplicemente perché era consapevo che la sorella non era lì a condividere quella gioia ma chiusa in un collegio da sola.
Voleva riaverla con sé, a tutti i costi, ma allo stesso tempo pensava che ricattare il padre non fosse la migliore delle cose.
Non era un atto che voleva compiere, e non sapeva bene se fosse per una nuova maturità raggiunta o per paura delle conseguenze che il suo gesto avrebbe causato.
Ma ciò non toglieva che fosse disposta a gettarsi nel fuoco per sua sorella.
E come se tutto ciò non fosse abbastanza, ancora lei e Naruto non avevano chiarito la forma della loro relazione.
Anche se cercava in tutti i modi di essere più forte e soprattutto più sicura, non riusciva a seppellire quell’indole che la poteva a considerarsi meno di quanto in realtà fosse, titubante e incapace di non perdersi i pensieri e viaggi mentali.
Ho ventun anni, pensò all’improvviso, devo smettere di arrovellarmi così e cambiare.
Con ancora una punta di insicurezza alzò il viso verso il biondo, con gli occhi chiusi perso nel suo mondo ed un’espressione serena in viso.
Pensò che fosse l’occasione giusta per parlargliene, ora che le “acque lavorative” si erano calmate ed erano entrambi più tranquilli e riposati.
Gli si accostò leggermente e sussurrandogli all’orecchio lo chiamò.
-Naruto-kun…?- sussurrò, e capì che lui fosse sveglio dal brivido che sentì sconvolgergli il corpo –Posso farti una domanda?
-Hmm..- rispose lui annuendo debolmente, mentre col pugno chiuso si strofinava un occhio e sbadigliava.
-Ma… ecco… noi due… intendo.. lo so che sono strana ma…- fu interrotta dalle dolce labbra di lui che si posarono sulle sue, lasciandola di stucco.
Con un secondo di ritardo rispose al bacio e, quando lui si allontanò, si rese conto di aver assunto un’espressione assurda e sbalordita, poiché lui rise di gusto.
-Come sei tenera!- constatò lui, baciandole la punta del naso. Poi la guardò negli occhi con i suoi tranquilli e ridenti –Sì Hinata, io sono tuo, e tu sei mia. Sono stato abbastanza chiaro? Stiamo insieme.
Lei sgranò ancora di più gli occhi e aprì leggermente la bocca. Forse si diverte a vedermi arrovellarmi?
Lui rise ancora, togliendole ogni dubbio, e non potette fare a meno di unirsi a lui.
Il biondo le accarezzò ancora dolcemente il viso, mentre lei pian piano si abbandonava al suo gesto, prendendosi il tempo per calmarsi da tutto quello stupore e pensare a come formulare la seconda domanda che aveva in serbo per lui.
-Pensi che dovrei fare quello che ha detto il signor Shikaku?- mormorò, ancora con gli occhi chiusi.
Lui fermò la mano sul collo di lei, subito coperta da quella della ragazza stessa.
-Scherzi? Certo che sì.- rispose lui, serio –So che vuoi andarci con i piedi di piombo e fai bene, ma devi assolutamente riavere tua sorella. Si vede che non stai bene senza di lei.
Hinata aprì lentamente gli occhi e lo guardò, triste.
-Oh, Naruto! Che dovrei fare?- chiese, sull’orlo delle lacrime –Non so come agire, né da dove cominciare…
-Qual è la cosa più importante per tuo padre?- domandò, dopo averci riflettuto un attimo.
Lo sguardo di lei si fece subito più duro nel pensare all’uomo sopracitato. Strinse i pugni e rispose.
-La reputazione della famiglia, assolutamente. Ha sempre voluto che apparissimo rispettabili.
-Certo, quando lui è il solo che prenderei a pugni!- mormorò a denti stretti Naruto –Comunque, è proprio su questo tasto che devi colpire.
-E come? Non ho nulla per…
-Hinata.- lui la riprese, notevolmente innervosito da quel discorso –Ti ha messo le mani addosso.
-Hai ragione ma è comunque la mia parola contro la sua!
-Sai bene quanto me che delle semplici accuse sono capaci di sollevare un polverone.- attirò il mento di lei al suo viso e la guardò negli occhi –Andiamo Hyuga Hinata, di cosa hai paura? È la tua occasione per riavere tua sorella e per riscattarti in un colpo solo.
-Lo so, hai ragione.- mormorò lei –E solo che… non voglio abbassarmi al suo livello.
Naruto non potette fare a meno di sorridere. La sua Hinata era così gentile d’animo, così pura!
-Tu… nemmeno volendo riusciresti ad arrivare ai livelli infimi di tuo padre. Non è un male pensare un po’ a se stessi una volta tanto, per cui pensa a te, al tuo riscatto, alla faccia di tuo padre nel vederti così agguerrita.
Con una mano le sfiorò la fronte, poi la guancia, infine nuovamente portò il suo viso ad avvicinarsi al proprio, per baciarla dolcemente.
-Tu sei unica, Hinata.- le sussurrò a fior di labbra –Sei una tela bianca che nonostante tutti gli schizzi di pittura rimane bella e pulita.
Hinata arrossì alle sue parole, per poi avvicinarsi ancora a lui e baciarlo.
-Grazie, Naruto-kun.- disse, gli occhi luminosi –Per tutto, davvero.
-A proposito di ringraziamenti!- esordì lui, sorridendole tenendo il suo viso fra le mani –Ho una sorpresa per te.
Detto questo si alzò e prendendola per mano la trasportò correndo fino alla sala musica, ormai impaziente.
I ragazzi avevano ben fatto il loro dovere: c’era un piccolo buffet dolce e salato, spumante pronto da aprire e gli strumenti tutti pronti e in posizione.
-Cosa succede?- mormorò Hinata, meravigliata, mentre i ragazzi l’accoglievano con un applauso.
-Io e i ragazzi abbiamo organizzato una festicciola per noi. Per ringraziarti per tutto quello che hai fatto per noi. – esplicò lui sorridendole –Ma è una cosa soprattutto da parte mia. È un po’ che lavoro ad una canzone per te, per ringraziarti di… di aver cambiato la mia vita, di aver realizzato tutti i miei sogni!
Gli occhi di Hinata si riempirono di lacrime mentre lui l’abbracciava e la baciava, non riuscendo a non ridere per la sua espressione incredula.
-Smettete di fare i piccioncini, voi due. – affermò Sasuke, stizzito –Voglio suonare questa benedettissima canzone!
Naruto si voltò verso l’amico ridendo e si avvicinò al microfono, impugnandolo saldamente.
Shikamaru batté il tempo con le stecche e la canzone ebbe inizio.
 
Tu Non lo sai
quanto mi piace
Non lo sai
Quando ti perdi
a fare finta di essere
Semplice, calma, morbida …
Come un mistero
Da decifrare
Tu sei la luna
Ancora da esplorare
Aspettami…
Voglio salire lassù
 
E non tornare più!
 
Ti vedo trasformare
Lacrime in coriandoli
Con un bicchiere in mano
Mi ritrovo qui a scoprire
Lucida, splendida serenità…
E ridi ancora
Mi aiuti a respirare
Bianco aquilone
Che gioca con il sole
Aspettami…
Voglio salire lassù…
 
E non tornare più!
 
L’estate è un sentimento…
È caldo anche d’inverno…
Aspettami…
Voglio salire lassù
 
E non tornare più!
 
 
La canzone finì e Hinata non riuscì più a trattenere le lacrime.
Tutto ciò era incredibile, aveva il suo sogno fra le mani e voleva goderselo fino a l’ultimo.
Ma mentre piangeva e rideva per quei ragazzi che l’abbracciavano e ringraziavano, non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stato ancora più incredibile avere la sua sorellina lì, a gioire con lei, dopo tanto tempo.
E mentre lacrime tristi si confondevano con quelle felici d’un minuto prima, incontrò lo sguardo perso di Kiba e non potette non notare la stessa sincera malinconia, vedendolo amareggiato quanto lei.
Fu allora, mentre i suoi occhi chiari offuscati dalle lacrime incontravano quelli marroni privi di luce del moro, che decise che doveva agire, ed anche subito.
Sua sorella, ora e subito, ecco cosa mancava, ecco cosa voleva.
 
 
{Ricordarsi di ringraziare, sempre, dai gesti più semplici a quelli più eroici.
Non è questo che ti aveva insegnato la tua mamma, Hinata?
Ti stupisci di ritrovare tutti quei giusti valori, finalmente, nelle persone che ti sono vicino.
Lotta ed avrai il mondo.
Ti diceva anche questo, la mamma…}









Ehem. Ringrazio chiunque abbia letto questo capitolo!
E' stato duro da scrivere: è vacanza anche per me e sto poco in casa, 
ma comunque la notevole diminuizione di recensioni mi
lascia un pò con l'amaro in bocca, ed anche se è tutto 
nella mia mente, fatico a scrivere come vorrei la storia.
Spero che questo capitolo non sia uno schifo!
Intanto ringrazio chiunque abbia messo la storia nelle seguite,
perchè siamo arrivati a 73.
Il prossimo capitolo lo sto già scrivendo, ma penso che 
ci vorrà comunque più del solito.
Riguardo questo capitolo, che dire...
è molto riflessivo, ci sono vari personaggi, ma
la canzone in sé è dedicata ad Hinata, 
poichè la trovo una splendida descrizione
del suo aspetto e del suo carattere.
Si vede anche un dialogo padre figlio tra i Nara,
un mezzo litigio (calmo, che non sembra tale) 
SasuSaku, un pò di cameratismo che non guasta mai
e qualche battuta privata fra Sasuke e Naruto, 
i nostri beniamini.
Spero vi piaccia!

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Capitolo 28
*** E intanto il tempo passa. ***


Filosofia di vita.
-
E intanto il tempo passa

[ Cose che accadono ]


 
[Negrita - ...E intanto il tempo passa]
Due settimane.
Erano passate già altre due settimane e Hinata non si era nemmeno accorta di quanto il tempo passasse in fretta, sommersa com’era dal lavoro e dalle responsabilità.
Non riusciva a trovare né il tempo per sé, né il tempo che necessitava una lunga e stressante discussione col padre per riavere la sorella.
In quel periodo era sobbarcata dal lavoro. I lavori per creare l’edificio che avrebbe ospitato la sede della sua casa discografica procedevano bene, e lei in quel momento si trovava lì, nel suo ufficio, attualmente occupato solo da una scrivania sovraccarica di documenti e due sedie, da dove poteva controllare l’andamento dei lavori o ricevere alcuni acquirenti.
Al momento c’erano solo tante sale abitabili ma vuote, mentre le sale registrazione richiedevano più tempo, essendo più difficili da costruire.
Era stanca, stressata e spossata, le tre parole con la ‘s’ che ultimamente andavano sempre di pari passo.
Non riusciva proprio a trovare cinque minuti per fare una pausa, ma con la sua tazza di thè alla mano finalmente pregustava un’ora libera solo per sé. Certo, avrebbe potuto usare quel tempo per andare a discutere col padre, ma un’ora sarebbe bastata a malapena a fare il viaggio di andata e ritorno.
Si sistemò meglio sulla poltrona in cuoio reclinabile, liberando i capelli dalla crocchia in cui erano stati costretti tutto il giorno.
Le palpebre erano divenute pesanti e incontrollabili, oramai non riusciva più nemmeno a sollevarle.
Il leggero vapore dell’infuso caldo che aveva tra le mani le arrivava dritto in viso, donandole un delicato senso di riposo e tranquillità che stava lentamente compiendo il proprio dovere, portandole via la stanchezza.
Proprio mentre stava per assaporare quell’elisir, persa nel suo attimo di pace, qualcuno bussò alla porta.
Sovrappensiero mormorò un – Avanti – stentato, per poi subito pentirsi quando un Kiba dall’aria sconvolta entro nell’ufficio, sorprendendola in quell’attimo di riposo dove si era scombinata i capelli e tolte le scarpe, diventando, a parer suo, impresentabile.
Arrossì leggermente mentre con un gesto solo si sedeva compostamente sulla sedia e assumeva un’aria da imprenditrice discografica, sistemandosi in contemporanea i capelli. Seguì un lieve cenno della mano per invitare il moro a sedersi sulla sedia d’innanzi a sé, dall’altra parte della scrivania.
Il ragazzo eseguì lentamente la sua indicazione, non smettendo un attimo di guardarla con quello sguardo stanco e preoccupato con il quale era entrato.
-Vuoi del thè, Kiba-kun?- gli chiese lei, con il suo tranquillo tono gentile.
-No, grazie.- rispose lui, guardandosi intorno –Ti sei sistemata bene, vedo.
-Ma che, Kiba! Devo sistemare ancora tutto. – abbassò lievemente il capo da un lato, scrutandolo di traverso –E’ successo qualcosa?
Era impossibile non notare quell’aria stanca e affranta del moro, aperto di cuore com’era.
In quel preciso istante riaffiorarono tutti i ricordi del liceo, delle serate con le amiche, degli scherzi di Kiba, delle loro confidenze.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto nel ricordare quanto aveva sofferto quando il loro legame si era rotto, ma una volta di più fu convinta di aver preso la decisione giusta rifiutando Kiba, ricordandosi anche quanto sarebbe stato spregevole stare con lui senza ricambiare i suoi sentimenti.
Quell’amicizia però le era tanto mancata e vedendo che il moro tentennava sul risponderle, lei protese una mano per stringere la sua, posata distrattamente sul legno duro della scrivania.
-Kiba-kun.- lo chiamò, attendendo che finalmente lui la guardasse negli occhi – sai bene che se c’è qualche problema, con me ne puoi parlare tranquillamente.
Lui annuì flebilmente, ma fu incapace di reggere il suo sguardo. Voltò il viso verso la grande finestra aperta, perdendo il suo sguardo su, nel cielo, fra quei riccioli bianchi che gli ricordavano tanto certi occhi.
-Ho parlato con Naruto.- affermò, a mo’ di informazione.
-E..?- cercò di esortarlo lei a continuare.
-Mi ha detto quello che vuoi fare per Hanabi.- concluse lui, con un sospiro.
Hinata volse distrattamente lo sguardo sulla foto della sorella posta sulla scrivania, poi tornò a guardarlo.
-E quindi perché sei qui, Kiba?
Non aveva parlato con tono duro, eppure Kiba parve esserne colpito, riscuotendosi d’un tratto.
-Io… non so con che faccia vengo qui a chiederti una cosa del genere.- disse, alzandosi per andare via. Non la guardò nemmeno –Scusami.
Hinata si alzò, velocissima, e lo afferrò per il polso, cercando di trattenerlo.
Gli rivolse un sorriso dolce, ricambiando il suo sguardo triste e stupito.
-Siediti, Kiba-kun. Puoi chiedermi tutto quello che vuoi.
Lentamente, si fece riportare al suo posto, mentre Hinata si accostava alla finestra, guardando il cielo leggermente nuvoloso.
-Io…- Kiba cercò il coraggio che gli serviva –Sono qui per dirti che voglio aiutarti, Hinata. Anche se so che non posso fare molto. E…
Si fermò, incapace di continuare.
-Kiba-kun.- lo richiamò lei –Dillo e basta, non preoccuparti della mia reazione.
Hinata si voltò e vide il suo pomo d’Adamo alzarsi e abbassarsi, mentre socchiudeva gli occhi per tentare di calmare quell’evidente agitazione.
-Vorrei che andassimo ora, subito, da tuo padre. Sta passando troppo tempo e… io ho bisogno di parlare con lei.
Hinata annuì distrattamente.
-Capisco cosa provi, Kiba. So perfettamente quanto bene vuoi a mia sorella e mi scuso se non ho agito prima. Mi sono lasciata prendere dal lavoro.
-Non devi scusarti, Hinata.- adesso lui la guardava –Non devi prenderlo come un ammonimento, piuttosto… come una ricerca d’aiuto.
Lei gli sorrise, ma non rispose. Semplicemente prese il proprio cappotto leggero e la borsa, per poi fare strada a Kiba. Lo attese sulla porta.
-Su, Kiba-kun.- disse, voltandosi verso di lui –Andiamo a riprenderci Hanabi.
 
 
Sasuke, Sakura, Naruto e Shikamaru sostavano con aria affranta nella zona prove del gruppo, nella sala discografica.
I due mori fumavano beati sui divani mentre con aria trasognante parlavano con gli altri due.
La situazione era piuttosto calma, tranquilla.
Hinata poco prima aveva parlato loro, rassicurandoli sul fatto che le vendite del disco procedevano bene e che ormai moltissimi li conoscevano.
Erano tutti felici per quella notizia, così avevano deciso di riposarsi un po’.
Sakura aveva finalmente dato qualche esame, perciò poteva concedersi un po’ di tregua in compagnia del fidanzato.
Ammetteva di essere stata poco presente in quegli ultimi tempi, e quando c’era era scostante e innervosita, a causa della mole dei suoi studi.
All’inizio però non aveva notato quanto questo avesse ferito Sasuke, un tipo di persona che raramente dimostrava di aver bisogno di qualcuno.
Era diverso, anche se non notevolmente, poiché era la normalità che lui fosse freddo e distaccato.
Eppure, nel corso di quella giornata insieme, aveva notato qualcosa di insolito nei suoi occhi pece: una leggera nota di risentimento mal celata, si disse.
Non si spiegava comunque come la sua assenza fosse riuscita a ferirlo, sempre se la sua teoria era esatta. Insomma, Uchiha Sasuke era il ragazzo più assente e distratto sulla faccia della terra, possibile che il suo stesso atteggiamento attuato da qualcun altro potesse ferirlo?
Non comprendeva come questo fosse possibile, ne tantomeno si sentiva in colpa. In fondo, non aveva fatto altro che somigliargli un po’ di più.
Inconsapevolmente, mentre guardava come lui la stesse ignorando, un moto di rabbia la percorse, risalendo fino alla gola. Avrebbe voluto gridargli quale fosse il suo problema, accusarlo di essere egoista ed egocentrico, ma non lo fece.
In quel momento, mentre uno strano ragazzo dai capelli rossi faceva la sua entrata, smise di pensare a tutti i suoi problemi col moro.
Fu quasi liberatorio.
Guardò il ragazzo e lo riconobbe dalla descrizione di Hinata. Il suo nome era Sasori, aveva i capelli del fuoco più caldo conosciuto, gli occhi d’uno strano colore scuro, ma non profondo, anzi, sembrava che con la loro forza ti fermassero lì, dove distinguevi i lampi della luce, senza lasciarti passare fino in fondo, fino alla sua anima. Il viso era esile, quasi femminile se non fosse stato per quella mascella quadrata e forte, aspra, che intimava sicurezza. Le spalle possenti, il petto gonfio e fiero, le gambe lunghe e prestanti, non facevano che incantarla insieme a tutto il resto.
Un bel ragazzo, aggiunse mentalmente, ricordandosi poi di rimproverare l’amica per la sua descrizione così sintetica e priva di dettagli.
All’improvviso i loro occhi si incrociarono e il ragazzo parve aprire la bocca stupito per dire qualcosa, ma Sasuke parlò un attimo prima.
-Che fai qui, Akasuna?- disse, con una voce talmente dura che Sakura ebbe il timore che lui fosse riuscito a leggerle nel pensiero.
-E’ pausa anche per me, Uchiha.- rispose lui, non indietreggiando minimamente –E non parlarmi così.
-Perché, sennò che fai? – lo provocò l’altro, già sul punto di iniziare una rissa.
-Ti rovino l’album.- rispose secco, tornando a fissare lo sguardo sulla ragazza dai capelli rosa.
-E ti licenziano.- ribatté Sasuke, infastidito.
Sasori non perse tempo a rispondere al moro e si sedette lesto su una poltroncina rossa, davanti a Sakura.
Prese a guardarla con un sorriso malizioso  e lei, quando incrociò il suo sguardo, arrossì un poco imbarazzata. Osservò le sue gambe lunghe e nivee, i pantaloncini non troppo corti e stretti, la semplice T-shirt che le esaltava le forme, i capelli di quell’insolito rosa lunghi fino a metà schiena.
A Sasuke non sfuggì nessuno di quei movimenti ed era pronto ad arrabbiarsi di brutto, ma Naruto si accorse che qualcosa non andava bene e cercò di rimediare, distraendo i due.
-Sakura-chan, Sakura-chan!- chiamò lui, con la voce alterata dall’ansia di fare qualcosa –Ma Ino dov’è?
Per un attimo la rosa parve persa nei suoi pensieri, ma poi si riscosse e, prima di parlare, osservò a viso duro Shikamaru.
-Ha dei problemi a casa, Naruto kun.- rispose, cercando di non sembrare arrabbiata ma continuando a guardare il moro, che dal canto suo voltò lo sguardo.
-E Hinata e Kiba?- domandò allora –Li hai visti, Sasori?
Quello lo guardò con aria interrogativa, come a chiedergli perché lo domandava proprio a lui.
-Sono usciti.- rispose secco e scocciato, tornando a guardare la ragazza d’innanzi a sé.
-Sakura-chan, tu sai dove sono andati?- fece allora il biondo.
Lei negò semplicemente col capo, incapace di rispondere.
-Andiamo a chiamarla dal suo ufficio, Sakura?- chiese lui, disposto a fare richieste stupide pur di allontanare Sakura o Sasori dal suo amico.
Lei assentì e quasi in contemporanea i due si alzarono, accompagnati dallo sbuffo dell’Uchiha che poco dopo si alzò per uscire all’aperto.
 
 
-Sì, Naruto-kun, sono con Kiba. Siamo appena arrivati… certo, dopo torno subito a raccontarti come è andata. A dopo.
Hinata chiuse la chiamata, mentre l’ansia riaffiorava.
Guardò brevemente Kiba scendere dal taxi che li aveva accompagnati, per poi tornare ad osservare l’immensa villa Hyuga.
Ogni volta che la vedeva sembrava più fredda, più abbandonata, non più la casa dove giocava da piccola, ma solo l’antro oscuro dell’uomo che le aveva fatto più male al mondo.
Ed anche se ormai giugno era finito, lì, solo lì, c’era aria fredda e tagliente.
-Hinata.- Kiba la richiamò alla realtà.
Lei si voltò e vide i suoi occhi intrisi di un’immensa tristezza.
-Scusami, stai rivivendo tanti brutti ricordi a causa mia e io non posso fare altro che rimanere qui. Sono completamente inutile.
Lei negò piano col capo, cercando di rassicurarlo anche se consapevole che aveva perfettamente centrato il punto. Lo guardò, a sua volta con occhi tristi, ma un lieve sorriso le increspò le labbra.
-Non preoccuparti, Kiba-kun.- rispose, tornando poi a guardare la villa, il lungo viale, il giardino. –Senza di te non mi sarei mossa dall’ufficio, avrei lasciato che non accadesse nulla, mentre il tempo passava. Non sei inutile.
Si voltò e prese una mano bruna fra le sue, chiarissime.
-Grazie. Io vado.
-In bocca al lupo, Hinata.- l’incoraggiò lui.
-Crepi.- rispose secca lui, lasciandogli la mano per percorrere la distanza fra il cancello e la porta di casa.
Percorse il viale sovrappensiero, rendendosi conto di essere arrivata all’immensa porta e di aver suonato solo quando intravide gli occhi di un’inserviente attraverso lo spioncino che, allarmata, cominciò a gridare –La signorina, la signorina!
Aprì lesta la porta e si scusò per l’attesa, accompagnandola all’interno della dimora.
-Vorrei vedere mio padre.- disse atona, per poi lasciarsi guidare fino all’ufficio di suo padre, che ben conosceva.
Fu introdotta dalla donna velocemente, e solo quando vide gli occhi bianchi di suo padre si rese conto di essere davvero lì, davanti a lui.
-Che ci fai qui?- mormorò duro l’uomo, fino a un secondo prima chino su una lunga pila di documenti.
-Non mi chiedi nemmeno come sto, papà? O come sta Hanabi?- disse la ragazza, con quel suo tono aspro e duro che solo suo padre meritava.
-Non mi interessa, lo vedo da me.- rispose l’uomo, altrettanto duro –Come vanno gli affari?
Hinata sorrise amara.
-La mamma non sarebbe felice di vederti interessato solo a questo.-  affermò lei.
Lui si strinse nelle spalle, tornando a guardare le carte.
Lei colse il momento per osservare l’uomo. Ormai era capace di distinguere i capelli grigi da quelli più scuri, le rughe per il progredire dell’età e gli occhi spenti e opachi.
Mentre lo osservava, con le spalle piegate a stare giorni e giorni su una pila di documenti, notevolmente invecchiato e stanco, le faceva meno paura. E pietà.
-Sembri invecchiato, padre.- asserì, con tono calmo. Cercò di provarci con le buone –Non pensi sia ora di affidarmi ufficialmente Hanabi?  
L’uomo alzò lo sguardo su di lei. –Cosa?- mormorò.
-Voglio essere il tutore di Hanabi. Voglio occuparmi di lei.
-Lo sto già facendo io.- rispose, cominciando ad infastidirsi.
-Metterla in un collegio il più lontano possibile non è prendersi cura di un’adolescente, di tua figlia!- alzò la voce, non si era nemmeno seduta, presa dalla rabbia com’era.
-Non sapresti fare il genitore meglio di me, non fare la stupida.
-Persino un cane ci riuscirebbe meglio di te!- urlò Hinata, spazientita.
-Zitta!- urlò di rimando lui, alzandosi di scatto –Vuoi dare ancora spettacolo con la servitù?
-Voglio mia sorella!- urlò lei, per poi calmarsi. Parlò dura –E l’avrò a tutti i costi.
-Non te lo permetterò.- rispose lui, guardandola dritta negli occhi.
Hinata aprì la sua ventiquattrore per prendere dei documenti, che posò lesta sulla scrivania.
-Firma.- disse, reggendo il suo sguardo duro –O io farò scoppiare uno scandalo.
-Mi ricatti? E vediamo, come faresti?
-La metà delle aziende che hai andrebbe in rovina se… se si sapesse che padre sei.- fu incapace di dire ciò che davvero pensava.
-Sono un padre migliore di molti altri, io!- affermò lui, con un’aria schifata sul volto.
Hinata, a sentirlo parlare così, si innervosì maggiormente. Non ebbe più pietà, né contegno.
-Tutte il tuo impero finanziario andrebbe in rovina se si sapesse che hai messo le mani addosso a tua figlia!
L’uomo impallidì. –Io non ho fatto nulla del genere.
-Bugiardo, falso e bugiardo!- era sull’orlo delle lacrime –Sei una persona orribile!
-Non puoi provarlo!- si difese allora lui, incapace di trovare un altro appiglio.
-Basterà la mia parola contro la tua!- le tremavano le mani –Firma, o ti rovino!
L’uomo guardò sua figlia e non riuscì nemmeno a pensare come poter reagire.
Grugnì, con rabbia, mentre incapace di far altro bestemmiava afferrando la penna e firmando con stizza.
Prima di ridare il documento alla ragazza, che ora aveva gli occhi luminosi,  mormorò a denti stretti.
-Te la farò pagare, Hinata. Sarò io a rovinarti.
Senza guardarlo, la ragazza uscì di fretta e si diresse verso l’ingresso col documento fra le mani.
E proprio mentre le aprivano la porta per uscire, un altro Hyuga sbucò da una porta li vicina, bloccandosi appena la vide.
Neji sussultò e il suo pomo d’Adamo andò pericolosamente su e giù, mentre ad occhi sgranati e con la bocca semiaperta la guardava. Sussurrò appena il suo nome, quando con rabbia Hinata uscì dalla porta.
 
Gli Origin, il fonico, più Sakura, si trovavano in quel momento al bar “Sabbia rossa”, ovvero quello gestito dai fratelli Sabaku No.
Quella sera ci sarebbe stata l’inaugurazione e loro avrebbero suonato, per poi venire pagati profumatamente.
-E’ quasi ovvio – aveva spiegato Shikamaru qualche ora prima –che dopo essermi ammazzato per giorni qui venissimo ripagati potendo esibirci ogni volta che vogliamo.
Nessuno aveva avuto niente in contrario, anche se sia Sasuke che Sakura erano stati restii nel passare del tempo con Temari, che infastidiva entrambi.
Naruto, appena lo aveva visto, aveva preso ad abbracciare Gaara con foga, quasi non volesse lasciarlo più.
Era molto che non si vedevano, e quasi immediatamente si allontanarono per parlare un po’ da soli.
Hinata non era presente in quel momento, sarebbe arrivata appena avrebbe finito di sistemare alcuni documenti.
Il locale si stava già cominciando a riempire e molte persone cominciavano a riconoscerli e a chiedergli autografi.
In realtà, molti erano i fan che li seguivano fin dalla loro nascita come gruppo, ma tanti altri erano visi mai visti.
Temari, in quel frangente, si era avvicinata lentamente al Nara.
-Sei un bastardo.- gli aveva sussurrato con rabbia da dietro.
Fra loro solo il bancone del bar. Lui sussultò impercettibilmente, ma non si voltò.
-Cosa vuoi, Temari?
-Ci sei andato a letto, vero?- la sua voce suonava isterica –Come hai potuto?
-Ricordi?- disse atono lui –Proprietà non esclusiva, vale per entrambi.
-Ma tu sei andato a letto con lei. – rispose, sottolineando l’accusa.
Shikamaru le mostrò il profilo, voltandosi leggermente verso di lei.
-Sai bene quale sarebbe la soluzione, Temari.- affermò –Smetti di fare la puttana.
E lo disse in modo così duro, che la biondina indietreggiò. Poi si ricompose, tornando la solita ragazza forte e scorbutica.
-Nessuno mi dice cosa devo fare, Nara.
Lui si strinse nelle spalle, seccato, e non rispose. Si allontanò, mentre con la mente vagava, e si accorse con un momento di ritardo chi era appena entrato.
Ino, accompagnata da Hinata, era finalmente arrivata al pub.
 
Finalmente, qualcuno li chiamò sul palco. Fu Kankuro stesso a presentarli, ed i ragazzi fremevano.
Naruto si avvicinò a Hinata, la strinse a sé e le baciò una guancia, e poi le sussurrò all’orecchio.
-Ascolta bene questa canzone. – disse –E’ nuova, e mi ha ispirato questa situazione fra te, tua sorella, tuo padre, tutto ciò che ci sta accadendo. A proposito, più tardi a casa mi devi raccontare tutto.
La ragazza annuì, prima di sciogliere l’abbraccio e sorridergli mentre si avvicinava al palco.
Sakura si avvicinò al moro. Gli schioccò un bacio sulla guancia e con uno dei suoi migliori sorrisi gli raccomandò di fare del suo meglio, ma Sasuke rimase freddo ed impassibile, rigido.
Non la guardava neanche.
-Sasuke…- lo chiamò lei, stranita da quel comportamento tanto severo –Cosa c’è? Mi fai paura così.
-Lasciami stare.- disse freddo lui, scostandosela di dosso.
Afferrò Kiba per un braccio ed insieme agli altri salirono sul palco.
Erano pronti per cominciare.
 
 
 
Bambini bambini bambini
avanti basta andatevene via
che tanto è inutile giocare
che tanto è tutta una grossa bugia
E fuori l'inverno è cattivo
brucia la terra, brucia l' energia
e nei cappotti i vecchi infreddoliti
pregano Dio che se li porti via (che se li porti via...)
E c'è chi aspetta una vita in un bar
quella schedina che non uscirà mai
ma intanto spera che aspettando
si risolvano i suoi guai 
Ma quante sere passate a parlare
a ragionare sulla demagogia 
Bambini bambini pregate
che arrivi il vento e se la porti via (questa democrazia)
 
Bambini bambini bambini
avanti basta andatevene via
che tanto è inutile giocare
che tanto è tutta una grossa bugia
E fuori l'inverno è cattivo
brucia la terra, brucia l' energia
e nei cappotti i vecchi infreddoliti
pregano Dio che se li porti via (che se li porti via...)
E c'è chi aspetta una vita in un bar
quella schedina che non uscirà mai
ma intanto spera che aspettando
si risolvano i suoi guai 
Ma quante sere passate a parlare
a ragionare sulla demagogia 
Bambini bambini pregate
che arrivi il vento e se la porti via (questa democrazia)
 
 
...E intanto il tempo passa
e non gli frega niente
di te che sopravvivi come un deficente
...E intanto il tempo passa
svelto e indifferente...
lo vedi andare via...
lo vedi fuggire via
 
E tra poco arriverà Natale
con quell'albero in plastica che non ne può più
e la gente aspetta un anno migliore
per poterlo guardare in TV
Questa TV che NON C'E'MAI NIENTE!
che c'è SOLO STRONZATE E VIA!
ma questa sera tutti al televisore
che c'è Pippo, che ci porta via... (e così sia)
 
...E intanto il tempo passa
e non gli frega niente
di te che sopravvivi come un deficente
...E intanto il tempo passa
svelto e indifferente...
lo vedi andare via...
lo vedi fuggire via
 
e intanto il tempo passa
e intanto il tempo và
e intanto il tempo passa e se ne và... e se ne và
 
 
 
 
La serata era finita. Sasuke era rimasto freddo e scostante con lei, quasi lontano.
Ad un certo punto, non seppe bene quando, smise di tentare di capire cosa avesse, di parlare con lui, di calmarlo. Era stanca di essere trattata in malo modo e lasciò che uscisse fuori da solo, mentre lei si divertiva con gli altri.
Quel Sasori non aveva smesso un minuto di tenerle gli occhi addosso, ma non si era mai avvicinato, e a lei, in fin dei conti, andava bene così.
Il suo gruppo fu l’ultimo ad abbandonare il bar, in pratica mentre i proprietari stessi chiudevano.
Mentre salutava Hinata e gli altri, non si accorse che lui era ancora lì, nell’oscurità, poggiato a quel lampione non funzionante.
Lo notò solo dopo che aveva preso la via per casa, proprio in quella direzione, e quando lo riconobbe si bloccò.
-Sasuke… cosa fai ancora qui?- chiese, e non seppe dire perché la sua voce sembrò così stanca e lontana, quasi non le apparteneva.
Lui non rispose e mosse qualche passo, emergendo dall’oscurità. La sua pelle chiara, quasi innaturale, brillò del riflesso della luna.
E poi incrociò i suoi occhi.
Così duri, così tetri, in quel momento così tristi e rancorosi. Si irrigidì nel guardarli, quasi si sentisse in colpa per qualcosa.
Quasi fosse la causa di tutto quell’odio. O dolore.
-Che cosa ho fatto, Sas’kè-kun? – gli chiese, e quella voce che non gli apparteneva suonò di nuovo stanca, inverosimile.
Con un grugnito animale Sasuke scaricò la propria rabbia su un cassonetto, tirando un calcio così forte che la ferraglia volò lontano, lasciando una scia di spazzatura.
Lei d’istinto si portò le mani alle orecchie e chiuse gli occhi, come a difendersi.
Riuscì comunque a sentire le grida rabbiose di Sasuke distintamente.
-Come puoi?- urlava –Evitarmi, essere assente per un mese così, come niente, e poi metterti a flirtare davanti ai miei occhi? Come puoi?
Lei negò col capo –No, no, io non ho flirtato con nessuno!
E rimaneva in quella posizione di difesa, impaurita.
Sentì i passi di lui veloci e pesanti avvicinarsi, le sue mani stringerle i polsi per allontanarli dal viso.
-Per tutti i Kami, Sakura. Ti faccio paura ora?- urlò –Guardami!
Lo fece e vide il suo sguardo furente, rabbioso. Gli occhi duri che la criticavano.
-Non ho flirtato con nessuno.- rispose a mezza voce –E non ti ho evitato, studiavo.
Le liberò i polsi così forte che lei dovette fare un passo indietro per non perdere l’equilibrio.
-Non ci sei stata, non ci sei stata in uno dei momenti più importanti della mia vita.
Lei sgranò gli occhi.
-Cosa, Sasuke? Ho provato ad esserci, ma devo pensare anche a me, ai miei studi! Non puoi essere così egoista da pensare che avrei potuto rinunciare a tutto per fare cosa, congratularmi con te dopo ogni autografo fatto?
-Sei così stupida da pensare che il tuo ruolo sia solo questo, che il problema sia solo questo.- Sasuke non urlava più, ma la sua voce risultava ben più crudele –Non capisci.
-Puoi davvero dire che ho sbagliato a preoccuparmi un po’ più per i miei studi? Mi sono comportata come te! Ho pensato a me, mi sono dimostrata forse un po’ meno disponibile a espansioni, sono stata più assente!
-E’ diverso.
-No, non lo è!- ora era lei ad alzare la voce –E perché te ne vieni fuori con queste cose solo dopo un mese in cui mi sono comportata così? Credevo che non ci fossero problemi.
-Chiamala immensa capacità di sopportazione…
-No, non volevi dimostrare di aver bisogno di me. Ma forse è meglio che sei stato zitto fino ad ora, perché stai facendo la figura dell’egoista!
Lui la guardò di traverso.
-Se è così che la pensi… non perdo più nemmeno tempo a dirti perché mi stai perdendo.
Voltò le spalle e andò via.
E lei, mentre guardava la sua schiena allontanarsi nel buio della notte, cominciò a piangere.
L’aveva lasciata.
Ma… perché avevano litigato?
 
Una mano si posò sulla sua schiena.
Fece un movimento rotatorio col palmo, come a riscaldarla. Non sapeva bene perché, ma sembrava che tutto quello non stesse succedendo davvero a lei.
Si sentiva svuotata, un corpo senz’anima.
Non provava emozioni, non sentiva nulla, solo vuoto.
La sua anima le era sfuggita e ora la guardava dall’alto, ridendo disgustata da quella ragazza buttata per terra, dopo ore che il suo ragazzo l’aveva lasciata in un misto di incomprensioni.
La mano passò su un fianco, mentre con l’altra le alzava un braccio portandoselo attorno alle spalle.
Si sentì sollevare, e per un attimo sentì il cuore così leggero che pensò potesse volare via per riacciuffare quell’anima bastarda che se l’era svignata.
Poi la mano, bollente, le asciugò il viso bagnato dalle lacrime e le scostò i capelli, per poi tornare ad accarezzare il braccio intorno alle proprie spalle.
-Su, su.- ed anche quella voce maschile sembrava così distante, persa –Andrà tutto bene.
Si accorse distrattamente che il lampione aveva ripreso a funzionare, illuminando la strada buia. Accecandola.
Non capiva bene che ore fossero e non le interessava saperlo. Riusciva solo a sentire il vuoto, il buio inondarle le membra, impadronendosi di lei nonostante la luce fioca di quel lampione folgorante stesse vegliando su di lei.
Mentre camminava cercò di guardare d’innanzi a sé. La visione era offuscata, come un vetro sporco. Sospirò, e probabilmente anche l’ultima traccia della sua anima scappò via con quel gesto, ad inseguire il cuore perduto. E si sentì così stanca, che l’unico movimento che riuscì a fare fu quello di guardare accanto a sé con la coda dell’occhio.
Ciò che vide?
Capelli rossi.
 
 
 
{Se lasci che le cose ti succedano e basta, non vivi, ma sopravvivi.
Se prendi il destino a due mani, lo strangoli, e poi decidi tu cosa fare, allora puoi dirti vivo.}













Pensavate di potervi liberare di me così facilmente?
Nono, sono ancora qui!
Tra i tanti impegni, ho trovato il tempo di scrivere questa
merda di capitolo e di postarlo qui.
Sto anche scrivendo una mini long fic per un contest,
che spero leggerete e commentere in tanti.
Allora, che dire....
non ci ho capito niente nemmeno io. 
E' venuto fuori così!
Si torna a parlare della SasuSaku, dove non può
andare tutto rose e fiori, è normale, e c'è un Sasori
che sfrutto come elemento di disturbo.
Una specie di triangolo, boh.
Hinata invece, finalmente entra in azione e affronta il padre!
Contenti? Cosa succederà?
Spero che recensiante e che il capitolo vi piaccia.
Con amore <3

 

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Capitolo 29
*** Welcome to the world. ***


Filosofia di vita
-
Welcome to the world

[Una catena che non si può spezzare]



 
[Negrita: Welcome to the world]
-Ehi, biondina.
Quella voce fin troppo familiare e stabile nei suoi ricordi non potette che bloccarla, richiamandola sull’attenti.
Guardò distrattamente di fianco a sé, dove un’Hinata preoccupata per il suo stesso motivo la guardava di sottecchi.
Guardò anche Naruto, quel ragazzo biondo tanto simile a lei nell’aspetto da rendergli quasi naturale considerarlo un fratello, che ora sostava interdetto mentre con lo sguardo guardava prima lei e poi la ragazza che avvolgeva per i fianchi, e non riuscì nemmeno a non farsi sfuggire quel sospiro affranto di chi non comprendeva come un adulto bello e fatto non riuscisse a capire certe cose delle donne.
Si ricordò mentalmente che dimostrare di essere superiori fino alla fine con certe persone fosse la migliore strada da seguire, per cui alla fine decise di voltarsi, lasciando ondeggiare lievemente la sua lunga coda bionda.
Dipinto sul viso, un sorriso beffardo da far morire d’invidia tutte le volpi.
-Temari, che piacere rivederti.- disse con una tale convinzione che non riuscì proprio a congratularsi interiormente.
E quando la vide irrigidirsi, osservando come non sapesse bene cosa rispondere, decise che poteva anche darsi una medaglia al valore per il suo atto eroico.
 -Per me non lo è affatto. – rispose la Sabaku No, decidendo che era inutile indugiare oltre in insulsi battibecchi –Ma ho bisogno di parlarti. Ora.
-Alle due di notte preferirei tornare con i miei amici a casa, invece che perdermi a discutere con te. – affermò Ino, che detto questo si voltò per proseguire oltre –Facciamo che un giorno di questi mi chiami, ok?
Temari strinse i pugni –Con quale numero, idiota?
E allora Ino non riuscì a non rispondere a quell’offesa con una provocazione. Si voltò, e con uno sguardo ancora più beffardo la guardò di sbieco.
-Chiedilo a Shikamaru.
La vide irrigidirsi di colpo, quasi pronta a scaricarle tutta la rabbia addosso, ma alla fine, a denti stretti mormorò –Ti consiglio vivamente di parlare con me, adesso…-
Ino guardò dubbiosa i suoi amici, come per chiedere cosa esattamente dovesse fare, ma loro avevano la stessa identica aria interrogativa.
Così decise da sola e, stringendosi nelle spalle, si voltò a guardare la ragazza con il viso più calmo e poco interessato che avesse nel suo repertorio, sperando che funzionasse.
-Fai strada.- disse, cominciando a seguirla sui suoi tacchi alti.
Temari aprì con un vistoso mazzo di chiavi una porticina secondaria che dava nuovamente nel bar, per poi infilarcisi dentro senza nemmeno assicurarsi che la ragazza la seguisse davvero.
Entrò, non perse tempo ad accendere le luci ad accese solo quelle sul vetro istoriato del piano bar, creando una luce soffusa un poco piacevole.
Si versò da bere, optando per una crema di vodka all’arancia, per poi bere l’intero bicchierino di colpo.
Ino invece oscillò sui suoi tacchi alti, si sedette davanti al bancone per poi con stizza togliersi quei trabiccoli che la stavano lentamente uccidendo, posandoli ordinatamente sul bancone stesso.
Accavallò le gambe, sicura di sé, e solo allora guardò la ragazza di fronte a sé, che ora, per altro, aveva uno sguardo omicida.
Lei fece nuovamente spallucce, incurante.
-Versami da bere e sputa il rospo.- ordinò, passandosi una mano fra i capelli biondi.
Temari scelse il suo peggior whisky e le porsela bottiglia ed un bicchiere, con fare scocciato.
Poggiò entrambi i gomiti sul bancone e si avvicinò, di modo che fossero molto vicine. Poi la guardò dritto negli occhi.
-Ti ho capito sai?- mormorò a denti stretti, quasi con rabbia –Sei la classica ragazza perfida che ha voglia di rovinare ogni cosa.
Ino la guardò incredula, poi scoppiò a ridere.
-Oh, per tutti i Kami, ti lascio credere tutto quello che vuoi!- smise di ridere e il suo sguardo si fece duro –Cosa vuoi da me, arpia?
Il viso di Temari si avvicinò ancora, e se Ino non fosse stata una persona sicuramente diversa dalle altre, probabilmente avrebbe tremato di paura.
-Voglio sapere cosa accade tra te e Shikamaru.
Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto –E tu ovviamente devi chiederlo a me perché lui con te non parla, esatto?
A mano aperta e rigida, Temari sbatté forte il palmo contro il bancone, arrabbiata.
-Sei una strega! Non lascerò per niente al mondo che tu ottenga Shikamaru, è chiaro?- e il suo fu quasi l’abbaio di un cane di razza irato.
Anche Ino tese le membra per avvicinarsi di più a lei, con aria di sfida. La guardò dritta negli occhi verdi dura e sicura di sé.
-Ma guardati… non te ne rendi proprio conto, eh?- sospirò, affranta, per poi tornare a irrigidirsi –Shikamaru si è affezionato a te perché mi somigli molto. Capelli biondi, viso scarno, occhi penetranti, forza da leonessa e sicurezza in sé. Ma… di Ino c’è n’è una, e tu sei solo la mia brutta copia.
Era visibile che quelle parole l’avevano turbata, ed in qualche modo Ino percepì di aver colpito il tasto giusto.
-Sono sicura di quello che lui prova per me, per questo non mi preoccupo delle scelte che fa o di perderlo. E tu, Sabaku No Temari, puoi dirti sicura dei suoi sentimenti per te?
Tese una mano e le accarezzò il viso tremante. Non si curò nemmeno dei suoi occhi inumiditi e continuò.    
-Sbagli a credere che sia io il problema o di dover fare qualcosa per conquistarlo, perché lui è adulto e prima o poi prenderà da solo le proprie decisioni. Infine, non hai nemmeno un po’ di ritegno, di dignità? Che senso ha urlare di voler riconquistare una persona che non vuole stare con te? Lo dico da amica.
Immediatamente, Temari si scostò e si irrigidì.
 -Non sei mia amica.- pronunciò quelle parole con la voce di un fantasma –Va via.
La bionda si alzò, per poi voltarsi sull’uscio.
-Non farmi la guerra ed abbi più cura di te.- detto questo, Ino andò via a passo svelto.
Sola e umiliata, Temari non pianse quelle lacrime che ormai lottavano contro le sue ciglia per seguire il loro corso naturale, ma sorseggiò altra vodka, tracannando direttamente dalla bottiglia.
Afferrò il suo cellulare per fare la sua ultima mossa e poi, forse, avrebbe abbandonato la battaglia.
Da vinta o da vincente.
 
 
Il materasso era soffice, le lenzuola pulite e fresche.
Le sue mani invece, quelle erano bollenti come il fuoco, mentre lentamente la spogliano dei vestiti, dell’anima e della dignità.
Due dita ardenti le accarezzarono distrattamente una guancia, probabilmente per eliminare le ultime tracce delle lacrime.
Qualcosa di freddo le premette contro la pelle nuda della pancia: una catenina d’argento con un pesante pendaglio.
Le dita sinuose s’insinuarono fra i suoi capelli arruffati, sollevandola un poco per sistemare i cuscini sotto di lei.
Lei con la mano si arpionò a quel medaglione, attirando il ragazzo a sé.
Lo baciò con forza e prepotenza sulle labbra.   Per respirare, tornare alla vita. Respira.
Lui semplicemente la lasciò fare, ma come lei si scostò per riprendere fiato, lui si alzò e le sistemò con cura le lenzuola fino a coprirle anche il mento.     Sei ancora sola.
-Quella che provi si chiama dissociazione temporanea. – le spiegò lui, che a quanto pare era un uomo colto –In pratica, ti senti come se il corpo non ti appartenesse più e vivi ciò che fai dall’alto, come se non lo facessi tu. Anche baciarmi è un atto di ribellione alla dissociazione, poiché cerchi di “risvegliarti” facendo cose di cui probabilmente di vergogneresti o trarresti piacere. Ti senti dissociata dal tuo corpo.
Dissociata dall’anima.
Le mani bollenti si posarono sul suo viso, che ancora una volta era bagnato da lacrime.
Con estrema dolcezza, le sfiorò le guance, le labbra, il collo, per poi accarezzare per tutta la loro lunghezza i ribelli capelli rosa che sostavano in modo scomposto sul cuscino.
Si perse ad ammirare quelle lunga ciglia scure e quegli occhi verdi, bellissimi, mozzafiato, intrisi di un tale quantitativo di tristezza e malinconia da apparire quasi dark, oltre che stanchi.
-Che bellezza unica e particolare. Chissà se è destinata a durare lungo. Chissà se sei arte, piccola Sakura. Mi piacerebbe molto scoprirlo…
            Dissociata dall’anima.
 
 
 
Entrò sbattendo la porta e non si curò nemmeno di procedere a passi felpati per non svegliare il fratello.
Si tolse con violenza la giacca di pelle, abbandonandola su tappeto, così come fece per le scarpe e la maglietta.
Andò in cucina, aprì il frigo e ci infilò la testa. Prese un paio di birre con l’intenzione di finire di ubriacarsi a casa, dopo aver bevuto gin lemon tutta la notte.
Era talmente su di giri che non si rese conto nemmeno che il fratello era appena entrato in cucina, quasi di soppiatto, ed inevitabilmente andò a sbattergli contro.
Sia per stanchezza sia perché aveva le mani occupate, non si ribellò nemmeno quando il moro si lasciò andare in un abbraccio, scompigliandogli piano i capelli.
-Sasuke. – mormorò, dolce –E’ quasi giorno e tu torni a quest’ora? Dopo aver bevuto? Per bere ancora?
Seccato, lasciò che il fratello rubasse dalle sue mani le birre per riporle in frigo, per poi cominciare a fare un caffè molto forte.
Si sedette buttandosi di peso sulla sedia, facendo un gran fracasso.
-Capisco che non sia un bel periodo dell’anno, per te, Sasuke.- mormorò Itachi, accedendo il gas –Ma non lo è anche per me, e vorrei che tu non tornassi all’ora in cui io mi preparo per andare in ufficio.
-Non è colpa mia se fai un lavoro di merda, Itachi.- disse il ragazzo, con leggerezza.
L’altro accusò il colpo senza dare segni evidenti, accostando le due tazze al fornelletto per versare la bevanda appena fosse stata pronta.
-Piuttosto, tu, ora che stai cominciando a dedicarti al tuo sogno, dedicati a quello e non pensare ai nostri problemi. Dedicati a quello e alla tua ragazza, otouto.
Sasuke sorrise amaro. –Oramai è tardi, onii-san.
Itachi si voltò con le tazze fumanti in mano e si sedette accanto a lui al tavolo, rivolgendogli uno sguardo preoccupato e triste.
-Basta, Sasuke. Devi imparare a dimenticare e ad andare avanti. Ormai… mamma e papà sono morti da tredici anni, non puoi rovinarti la vita perchè sei ancora triste per la loro morte.
-Non lo faccio apposta. – rispose lui, inspirando il profumo caldo del caffè.
Itachi gli scompigliò i capelli come suo solito e si fermò soltanto quando parlò con estrema serietà.
-Loro non vorrebbero, otouto. Io non voglio.
 
 
 
Le loro risate cristalline si infrangevano nell’aria, nel buio della notte.
Ridevano, i due, per qualsiasi cosa, banale o importante che fosse.
Lui le teneva caldo avvolgendole le spalle con un braccio, mentre lei, andando tentoni in quel buio pesto, cercava le chiavi di casa per aprire.
-Sei davvero un’imbranata, Hinata-chan!- rise lui, rincarando la dose.
Finalmente trovò ciò che cercava e la porta cedette facilmente.
Entrarono in casa, accendendo tutte le luci.
Mentre lei si toglieva compostamente le scarpe, lui le abbandonò in fretta davanti alla porta.
Le circondò i fianchi abbracciandola da dietro, inspirò il suo profumo di lavanda, per poi prendere a baciarle i capelli e il viso. Lei rideva, tranquilla.
Naruto sorrise –Stasera non ho capito niente di tutte quello che è successo al nostro gruppo!
-Ne succedono davvero di tutti i colori!- rispose Hinata, girandosi verso il ragazzo per ammirare il suo sorriso –Insomma, Ino e Temari che parlano da sole, Kiba che rivuole mia sorella, Sakura che scompare e Sasuke che si ubriaca! Oggi è stata una strana giornata, chissà cosa accadrà ancora!
-Vuoi vedere cosa succede ancora, hmm?- mugugnò Naruto, con un’espressione smaliziata da far girare la testa.
Lei di colpo arrossì, finendo per assomigliare a un peperone, e lui non potette fare a meno di ridere per la sua reazione.
-Tranquilla, tranquilla, non ti faccio niente!- affermò, cercando di calmarla. E poi, appena lei riprese a camminare per andare in soggiorno, aggiunse alle sue spalle –Al massimo, ti violento.
Si portò vicino a lei per vedere la sua reazione, che aveva abilmente provocato, ma mentre prima era arrossita, adesso sbiancò, fissando qualcosa oltre la sua spalla. Le braccia, che prima aveva alzato nel gesto consueto di portare davanti alla bocca, caddero pesanti lungo i fianchi.
Naruto si girò per vedere cosa avesse provocato tale reazione nella sua fidanzata e ci mancò poco che cominciasse a ringhiare, appena riconobbe la figura che sostava tra la cucina e il soggiorno.
Alto, virile, spalle larghe, capelli lunghi e scuri, lisci, mascella serrata in un’espressione imperturbabile e gli stessi occhi di Hinata in versione fredda e guardinga, inespressivi.
-Neji-nii-san…- mormorò Hianta, ripetendo il modo in cui lo chiamava anni addietro.
A sentirla così desolata e intristita, Naruto non riuscì a non infuriarsi.
-Cosa diamine ci fai in questa casa, bastardo!- urlò, e il ringhiò rabbioso uscì, accompagnando l’espressione furente –Va via di qui prima che chiami la polizia, sporco intruso!
Il ragazzo abbassò la testa d’un lato e lo guardò di traverso.
-Veramente, qui l’intruso sei tu.- disse.
Naruto scattò in avanti, arrivando a un pelo da Neji. Lo fronteggiò a viso duro.
-Vedi di andartene, subito.- ringhiò –Anzi, vedi di uscire definitivamente dalla vita di Hinata, hai capito?
-Se continui così non avrai vita lunga.
-Sei tu quello che…
-Naruto.- richiamò Hinata, interrompendoli prima che succedesse qualcosa di grave –Lascia stare, non perdere tempo con lui.
Si fece avanti e prese il ragazzo per mano. Nel sentire che quella di lei tremava, Naruto si calmò all’istante ed indietreggiò per starle vicino, per renderla più sicura.
Lei alzò gli occhi sul cugino e lo osservò.
Aveva uno sguardo molto simile a quello di che aveva visto la mattina stessa poiché nonostante lui cercasse di essere composto e rigido, come sempre, i suoi occhi trasmettevano paura e stupore.
Hinata non aveva capito perché quella mattina l’avesse guardata in quel modo. Era sicura che, dato i toni alti della conversazione, avesse sentito ogni cosa, ma lo stupore non era comunque giustificabile.
Probabilmente pensava che lei non fosse capace di imporsi così al padre. La considerava debole.
E a quel pensiero, Hinata si inorgoglì e il suo sguardo divenne immediatamente più duro e severo. Smise di tremare.
-Cosa fai qui?- chiese con tono brusco, non smettendo di guardarlo negli occhi.
Neji strinse i pugni e deglutì.
-Sai perfettamente che ho sentito la conversazione di questa mattina.- rispose, ma non proseguì oltre.
-E quindi?- il suo tono era ancora brusco, arrabbiato.
-Beh, cugina, sai quanto bene voglio ad Hanabi…
-Certo, quanto ne hai voluto a me. – l’interruppe sarcastica lei.
Naruto seguiva quello scambio di battute senza dire una parola, fiero del modo in cui Hinata teneva testa alla sua famiglia ma, in fondo, preoccupato.
-Sono qui per dirti – riprese lui – che nonostante tutto il bene che le voglio non mi metterei mai contro Hiashi.
Un sorriso sbilenco e innaturale apparve sul viso di Hinata.
-Suona tanto come “Sono vigliacco, mentre tu sei coraggiosa”.- disse, facendogli il verso.
Neji non riuscì a trattenere un grugnito. La ragazza continuava a mancargli di rispetto e non lo sopportava.
-No. – rispose Neji –E’ un “Sei così idiota da metterti contro una famiglia potentissima capace di ogni cosa”.
A quel punto, negli occhi di Hinata tornò la paura. Ogni suo sentore, ogni suo pensiero, venne confermato da quello che Neji disse dopo.
-Io ti voglio molto bene, così come ne voglio ad Hanabi, per questo ho vinto l’orgoglio e sono venuto qui a metterti in guarda. Hai sentito cosa ha detto tuo padre, ed io ti ho messa in guardia più volte, ma non mi hai mai ascoltato. E’ arrivato al limite della sopportazione e te la farà pagare. E sai bene quanto lo zio non sia un uomo dai gesti gentili.
Hinata strinse la mano di Naruto, per cercare di carpirne forza, ma questa volta non ci riuscì.
-Hinata non deve temere, ci sono io a proteggerla!- disse il biondo, cercando di trasmettere sicurezza a tutti.
Neji si voltò verso di lui, lo sguardo che trasmetteva pietà e rabbia.
-Dovresti preoccuparti per te stesso.- disse solo, per poi rivolgersi ad Hinata –Sai bene che cosa intendo, cugina. La nostra non è una famiglia dolce. Hai giocato col fuoco e ti sei bruciata. – alzò una mano sul suo viso e tentò di tranquillizzarla accarezzandola –Ambasciator non porta pena. Sai bene l’unico modo per riparare tutto è chiedere scusa. Ti voglio bene e so che anche Hia….
Hinata tolse malamente la mano del cugino dal suo viso, interrompendo il suo discorso.
Senza alzare lo sguardo, e con una voce da far paura, disse –Va via.
Lui si strinse nelle spalle, mormorò un –Riguardati – e veloce come era entrato se ne andò.
Appena sentì la porta chiudersi, Hinata crollò sulle ginocchia e cominciò a piangere.
-Amore, che hai?- Naruto si era abbassato subito e l’aveva stretta fra le braccia –Andrà tutto bene.
-Non andrà tutto bene! Ma non capisci?- lei lo guardò, in lacrime –Ho fatto un casino e ora siete tutti in pericolo, tutti! Tutte le persone a cui voglio bene!
A sentirla parlare in quel modo, Naruto serrò la mascella –E non è forse la vita?  È sempre così, Hinata. Un momento sei lupo, l’altro sei pecora. Le cose vanno così, è una catena che non si può fermare.
Lei lo guardò ancora, piangendo disperata.
-Non puoi parlare ancora di filosofia, quando la tua vita rischia di spezzarsi.
Le accarezzò i capelli –Io sapevo già a cosa andavo incontro.
Si alzò, e se ne andò. Voleva farle capire che non c’era bisogno che lei si struggesse tanto. Lui aveva già messo in conto quella possibilità, e la morte non gli faceva paura. Tante volte l’aveva scampata e ci sarebbe riuscito ancora.
Salì nella sala musica, inforcò la chitarra e cominciò a suonare.
Hinata lo seguì poco dopo, ma non entrò nella stanza per vederlo suonare.
Si perse, ascoltando quella canzone veloce quanto cattiva appoggiata allo stipite della porta e pianse, silenziosa, senza farsi sentire.
Perché lei, Hinata, per una volta cosciente di ciò che voleva, aveva fatto di tutto per averlo ed era andata troppo oltre.
Aveva combinato un casino. Aveva messo in pericolo le persone che amava.
 
 
Lo giuro sopra al mio seme di plastica
Su questa terra è il più furbo che domina
Credete pure alla storia dell’anima
Non c’è mai guerra se non c’è pecunia
E l’uomo forte si nutre del debole
Che poi sul debole a sua volta si vendica
E in paradiso c’è aria di svendita
Mettiti comodo inizia il varietà
 
E dare il culo è una formalità
Può fare male solo a chi non lo fa
E così l’ingranaggio si lubrica
E così tuo malgrado sei lupo o sei pecora
So, welcome to the world
Welcome to the world
 
Abbiamo ucciso I nostri profeti
E dipendiamo dai deliri allucinati
Di chi promette soldi facili
Ma se c’è roba
Nessuno ruba per te
Non è importante da che parte stai
Non è importante che tanto non lo sai
Sei solo un pezzo della macchina
E così tuo malgrado sei lupo e sei pecora
Aaah, so, welcome to the world
Welcome to the world
Welcome to the world
 
Welcome to the world
Welcome to the world
 
So, welcome to the world.
 
 
 
{E allora cosa fai quando sai che rischi la vita?
Costruisci, non smetti mai di realizzare progetti e innalzare sogni, anche se sai che tutto andrà in macerie appena tornerai cenere.}












Aggiornamento lampo, yeeep.
Che dire, che dire....
qui ci sono tante discussioni, tanti punti di vista diversi
che però portano sempre allo stesso discorso:
o sei preda, o sei predatore.
o entrambi.
Bhe, che dire, Neji che parla con Hinata, una minaccia incombente, 
la paura... Naruto non si aspettava niente di diverso,
però lo infastidisce vedere la sua Hinata così preoccupata. E Temari?
Che ha intenzione di fare?
Ci voleva un faccia a faccia fra le due bionde, spero che non risulti
OOC.
E Sakura e Sasori? Questo si che è un momento difficile.
E intato Sasuke si ubriaca... o ci prova, perchè il caro 
fratellone è sempre lì per lui.
Il prossimo capitolo è già stato scritto, è venuto
fuori da solo e aspetta solo voi,
se recensite in tanti aggiorno prima u.u
Un besos :*

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Capitolo 30
*** La musica leggera è potentissima. ***


Mettetevi l'anima in pace, questo è il 30esimo capitolo ed è anche il mio compleanno, perciò recensite! xD


Filosofia di vita
La musica leggera è potentissima

[Lasciamoci indietro tutto e pensiamo al futuro.]



[Negrita: La musica leggera è potentissima. MERAVIGLIOSA!]

Lo stava guardando.
Non aveva dormito per tutta la notte, non si era fermata un attimo.
Per non pensare, aveva progettato accuratamente le prossime settimane.
Ormai era estate e presto quella famosa band che sotto copertura aveva assistito all’esibizione degli Origin sarebbe partita in tour. Non lo aveva detto nemmeno ai ragazzi. 
Aveva lasciato due messaggi nella segreteria del loro manager, per sapere se erano stati presi per fare da intro ai loro concerti.
Sarebbero partiti per l’Italia, la Francia e la Spagna e, passando da lì, il viaggio sarebbe stato breve e semplice per andare a liberare la sua sorellina Hanabi da quell’orrenda prigionia orlata d’oro.
Inoltre avrebbero avuto molte occasioni di trarre le ispirazioni giuste per cominciare a pensare a un secondo album.
Si sarebbero esibiti in Europa, avrebbero fatto successo e la gente avrebbe cominciato ad appassionarsi agli Origin e alla loro musica.
Infine, non avrebbe perso Naruto di vista nemmeno un secondo.
Lui era quello più in pericolo.
Fra tutti, Naruto era quello che forse amava di più, e se ne rendeva davvero conto solo ora che rischiava di perderlo. Questo, la sua carissima “famigliola felice” lo sapeva bene, per cui sapeva dove colpirla.
D’altronde, Neji, con poche parole, si era fatto capire, mettendo in guardia soprattutto il ragazzo.
Perciò, ora lo stava guardando.
In camera sua, mentre lei sostava irrequieta appollaiata sul davanzale della finestra accanto al letto, penetravano le prime luci dell’alba, intersecandosi fra le tende pesanti e scure.
Sorseggiò la sua cioccolata calda, irresistibile desiderio nonostante le temperature alte delle estati di Tokyo, cercando di cogliere ogni piccolo particolare del sonno leggiadro del ragazzo poco distante da lei.
La luce chiara dell’alba disegnava piccoli spezzoni di luce lì, nel posto che aveva lasciato scompostamente vuoto nel grande letto che condividevano ormai da un mese, senza mai concedersi più di un bacio o di una carezza.
Dall’altro lato del letto, in penombra, Naruto dormiva su un fianco, le gambe un po’ coperte e un po’ no dal lenzuolo leggero.
L’addome perfettamente disegnato, i muscoli tonici e forti che si muovevano col suo respiro, le spalle larghe e raspanti, pronte al lavoro manuale per racimolare quei quattro soldi per mangiare, il corpo slanciato sferzato e segnato da anni di patimenti contro l’ingiuria del vento freddo d’inverno e dalle tempeste da solo sotto un cartone.
Le braccia, tese e abbandonate su letto che si protendevano verso di lei a cercarla bisognose, le mani, unica parte illuminata dagli stralci di luci fioca dell’alba, capaci di accarezzarla dolcemente, suonare una chitarra con passione e picchiare pugni per difendersi nell’unico modo che conosceva.
I biondi capelli, fili di grano, ribelli come fieno che scappa via mosso dal vento, umidi per il caldo d’estate. Il viso ammansito in un’espressione calma ma sempre pronto a ringhiare ruggente.
E poi la bocca, quel bocciolo caldo e carnoso, socchiuso, mentre un respiro tenue e sprizzante di vita sfugge al suo controllo.
E poi, l’alba.
E nonostante fuori dalla finestra sbocci lo spettacolo della Natura, Hinata non può guardare, perché è rapita da qualcuno che ormai è ben più importante di tutte le albe e i crepuscoli del mondo.
Perché Naruto, così tenero nella sua espressione fanciullesca e al contempo così rude e forte, abituato per anni a dormire con un coltellino vicino per paura che qualcuno potesse ancora fargli del male, ha bisogno di lei, anche se non lo sa.
E Hinata, a tutti i costi, vuole difenderlo.

 
 

Sakura non c’è.
A casa sua non è tornata. Il letto è in ordine, non è stato sfatto.
L’ha persa di vista, anzi, l’ha persa. E ora non sa dov’è.
Sasuke vacilla, a quel pensiero. Sul ramo dell’albero su cui tante volte si è arrampicato per vedere il viso della sua Sakura, Sasuke per la prima volta vacilla, preso alla sprovvista dal pensiero del misfatto, dalla consapevolezza che l’ha persa e sarà dura riaverla, e cade.
Non mette nemmeno le mani avanti per rallentare almeno un po’ l’impatto col terreno, e così cade, frontalmente, tagliuzzandosi la faccia e prendendo una botta che è sicuro gli lascerà un bel bernoccolo.
Ma per Sasuke, ormai, questa non è altro che l’ennesimo colpo in pieno viso sferrato dalla cruda realtà.
La vita fa schifo.

 
 
 
Oramai è mattina.
Shikamaru, invece di dormire, è stato tutta la notte al pc, con una sigaretta spenta in bocca.
Di ritorno da quella serata rocambolesca, si era messo a giocare a Craft Wars come un nerd della peggior specie, ma poco importava.
Dopo un’oretta, il gioco era andato in crash e lui aveva bestemmiato. Aveva riavviato il computer e, con l’intenzione di cancellare un po’ di file in modo da alleggerire il suddetto, si era messo a girovagare nei meandri dell’apparecchio.
È risaputo che, ormai, un computer è capace di contenere tutta la nostra vita.
Canzoni, foto, video, testi, documenti di lavoro, studi, ricerche stupide e cose del genere.
 Immagazziniamo tanta roba negli anni che, con un po’ di fortuna, dimentichiamo nelle cartelle più disparate.
E allora Shikamaru si era ritrovato davanti delle vecchie foto ed era rimasto imbambolato.
Lui e Ino mentre si punzecchiavano, o ridevano, o discutevano, o parlavano sommessamente di cose a lui ora ignote.
Tutti quei momenti, strappati crudelmente dalla sua memoria, ora erano lì, davanti ai suoi occhi, testimoni di un feeling e di una amicizia che andava al di là di tutto, ma si era fermata davanti all’ostacolo della paura per qualcosa di nuovo.
E così lui aveva scorso e osservato ininterrottamente quelle immagini fino alle sette di mattina, quando l’ennesimo messaggio di Temari era arrivato e lui aveva fatto lo sforzo di leggerlo.
 
                                                                                                                                                                                                                                                          “Sono incinta”   
 

 
Sole. Entra dalle finestre e tenta di scaldare un corpo freddo ed esamine di ragazza.
-La musica è potente ed eterna. Rimane per sempre, sia che sia un fiasco, sia che sia un successo. Qualcuno la ama, qualcuno la odia, qualcun altro la dimentica, ma rimane pur sempre archiviata nei meandri della nostra memoria. E allora penso: cosa c’è di più bello se non qualcosa che nonostante tutte le intemperie rimane, nell’eterno? Questa è bellezza.
La musica è potente…la bellezza è eterna…l’eternità è bellezza…la morte è orrenda, perché pone fine a tutto…
Sakura è soggiogata dalle parole di quel diavolo rosso a cui ha chiesto di parlare, ancora e ancora, per distrarla.
In realtà, è intrappolata dal desiderio di far sue quelle labbra coinvolgenti, che continuano a muoversi seducenti.
Ogni tanto si schiudono in un sorriso beffardo, altre volte si incurvano, pietose per quella ragazza bisognosa di tutto e niente.
Continua a guardarle muoversi e di tanto in tanto si addormenta. Morfeo l’abbraccia, l’avvolge, ma quando si sveglia è più stanca di prima.
Stanca di vivere, pensa, perché accanto a lei non c’è quel bel ragazzo moro che le ha strappato il cuore in un modo tanto eterno e atroce di cui non riesce a capacitarsi.
C’è solo quel diavolo di uomo, che chissà perché la salvata dalla strada e dalla solitudine portandola a casa sua e prendendosi cura di lei come nessuno.
Eppure Sakura si sente sola ugualmente, perché nonostante quel ragazzo sia tanto perfetto, lei non riesce a non pensare al demone che le ha rubato l’anima.
E si sente macchiata di una colpa impalpabile.
Si è lasciata andare all’amore e si è lasciata ferire.
Ancora.
 
 

Il buio.
Ormai è mattina inoltrata.
Ma lui, nel buio del suo appartamento, non vuole vedere la luce.
Le serrande sono abbassate, la luce non riesce a filtrare e la sua anima buia, in tinta con il suo appartamento, è illuminato solo da due occhi lillà che vede dappertutto.
Nella sua stanza, dietro le palpebre, nella sua memoria, nel cuore e nell’anima.
Tante volte ha desiderato scordarla.
Quella ragazza che era entrata come un uragano nella sua vita, lo aveva fatto innamorare tanto velocemente e poi l’aveva lasciato solo altrettanto in fretta.
Aveva cercato di dimenticarlo, quel fulmine a ciel sereno.
Eppure, si sentiva incatenato ai suoi ricordi.
Viveva di essi, si nutriva di essi, moriva a causa loro.
Imprigionato dalla sua memoria, che tanto aveva desiderato di distruggere, Kiba non può fare a meno di ricordare, e allora lascia che quest’ultima lo sorprenda e lo faccia suo interamente.
Soffre.
Il dolore che gli pervade l’anima gli impedisce di desiderare altro fuorché la cura – ed è lei la cura a tutti i suoi mali, la medicina da assumere ogni giorno, gradualmente, sempre di più, perché causa assuefazione.
Si crogiola nel buio e nell’intimità dei suoi pensieri, desidera come un’animale braccato la via d’uscita, si lascia logorare da una mente che lo imprigiona dolcemente e sopporta il dolore.
Abbracciami, Hanabi.
 

 
 
È successo.
Il manager l’ha richiamata e ha confermato tutto, con partenza pagata nell’immediato, l’indomani stesso.
Hinata scoppia di gioia a quella notizia, perché rappresenta un passo in più verso la realizzazione di tutti i suoi sogni e uno più lontano dal pericolo incombente.
È entusiasta, ma non dice niente a Naruto e si fa accompagnare da un taxì a prelevare tutti i membri degli Origin, che riporterà a casa con lei.
Prima Sasuke, poi Shikamaru e infine Kiba si siedono nei sedili posteriori della yellow car che sfreccia sotto sua indicazione in direzione casa.
Allora li fa entrare in casa e li riunisce tutti attorno a sé, in salotto, dove c’è già Naruto. Loro si siedono sul divano, ognuno esasperato dal proprio dolore, e lei comincia a parlare.
-Non avete delle belle facce.- esordisce –So che ognuno di voi ha i propri problemi e sapete che insieme possiamo risolverli, ma adesso non ne voglio parlare. Dovete sapere che, l’altra sera, al Sabbia Rossa, ho fatto venire anche una famosa band che presto partirà in Europa per un tour. Ebbene, noi andremo con loro e faremo l’intro ai loro concerti. Si tratta di una bella occasione perché, oltre a venire pagati, potrete vedere come fanno i professionisti all’opera e farvi le ossa sul campo. Si tratta di concerti, di un tour dove sarete visibili e vi farete conoscere, niente di meglio per iniziare in grande la vostra carriera. Perciò, non voglio vedere musi lunghi. Domani si parte e dovete concentrarvi. Lasciate qui i vostri problemi.
E Hinata non sapeva che, oltre a dare una grande notizia a tutti, stava dando loro anche la fuga che gli serviva.
 

Naruto aveva scritto quella canzone. La canzone.
Quella che in un secondo faceva dimenticare i problemi e venire voglia di ballare. Con Sasuke, aveva realizzato un bell’arrangiamento.
Quella sera stessa la suonarono, per festeggiare ed entrare nell’atmosfera giusta di concentrazione.
Il basso e la batteria cominciarono a dare ritmo alla canzone.
La voce di Naruto e la chitarra di Sasuke entrarono in gioco contemporaneamente. Il moro faceva come sempre le seconde voci.
 
Suona reggae ma è solo junk
Eri funky, ora sei punk
Eri bluesy, ma pure grunge
Eri clubby, Ora sei dark
 
Suona elettro, suona loud
Eri trendy, ora sei out
Non ti seguo ma sono qua
Quando cambi mentalità
 
La musica leggera
È potentissima
 
Quale beat? Quale sound?
Quale suono ti porta qua?
Quanto pesa un’anima?
Quanto peso ha la musica?
 
La musica leggera è potentissima

 
 
{Pensa, vivi, ama, ma ricorda che una vita in arte è una vita ben spesa.
Gli altri problemi, quando c’è l’arte, non esistono.}












It's my birthday baby!
xD
Buonasera! O buon giorno (?)!
Che dire, sono a dir poco euforica.
Questo è il 30esimo capitolo, che ho deciso di pubblicare
in coincidenza con il mio compleanno, quindi commentate
in tanti, sia sul capitolo che sulla storia in sè fino a questo
punto. Consigli, critiche, complimenti e richieste sono
tutti ben accetti, quindi andate tranquilli.
Qualche spiegazione:
il capitolo è quasi tutto al presente, non so dirvi perchè
è venuto fuori così da solo e così lo lascio!
Il testo è un pò spostato, c'è un'introspettiva di molti personaggi
ma soprattutto della NaruHina.
Tutto si svolge durante le prime ore del giorno, che dire,
dopo aver suonato al Sabbia Rossa. Tante, tante, le sorprese.
Che ne pensate? 
Questa canzone all'inizio non mi piaceva, anche perchè io sono
molto più rocker, quindi dire che la musica leggera è potentissima
mi suonava un pò di offesa, ma alla fine ho capito che beh, è vero,
perchè piace un pò a tutti (anche a me, ma non ditelo a nessuno).
La finisco qui ;D
Grazie a tutti :*

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Capitolo 31
*** L'uomo sogna di volare ***


Filosofia di vita
-
L'uomo sogna di volare

[L'uomo scappa e cerca la libertà, l'uomo fugge e si pente] 


 
[Negrita-L'uomo sogna di volare]
L’aria era fresca, leggiadra.
Un leggero venticello le smuoveva i capelli, portandole un delicato profumo di rose e limoni.
A pochi passi da lei, in riga indiana una decina di formiche camminavano veloci, sicuramente mentre si occupavano insieme di cercare qualcosa da mangiare.
Le osservò, le sembrò che fossero una piccola banda, una combriccola, un gruppo ben assortito e affiatato. La nostalgia fu immediata.
Una foglia portata via dal vento le passò davanti e le sfiorò il naso.
Si stava bene lì, seduta in mezzo al bosco verde ad alcuni metri dal collegio.
Però si sta meglio con Onee-san, pensò la ragazza, mentre con la sua aria malinconica vagliava tra i ricordi.
Era troppo tempo che veniva abitualmente richiusa in quel postaccio. Tutto sempre uguale, le insegnanti severe, la crudeltà delle ragazze e la dolcezza di altre, sempre lontana dalla sua vera vita.
Eppure, Hanabi lo sapeva bene. Lo sentiva nell’aria, mentre annusava il profumo di rose e limoni.
Qualcosa stava per cambiare.
 
 
Quello era uno dei posti che generalmente odiava. Caotico, chiuso, chiassoso, iperattivo.
Eppure, per una volta lo apprezzò, poiché gli dava la possibilità di cambiare vita e di lasciarsi per un po’ alle spalle tutti i suoi problemi.
L’aeroporto di Tokyo non poteva apparirgli più simpatico.
Insieme ad Hinata, stava prelevando i biglietti precedentemente prenotati su internet, mentre, in lontananza, Naruto, Kiba e Sasuke erano impegnati in uno dei loro soliti battibecchi.
Non sapeva dire quale fosse il più stupido fra i tre. Sospirò, stanco.
-Non so come facciamo a sopportare quei tre, Hinata.- disse, guardandola con aria distratta –Beh, almeno sono solo loro tre a fare casino.
-Che intendi, Shikamaru?- chiese lei, sorridendo all’assistente dell’aeroporto che la stava aiutando.
-Non ci saranno Temari o Ino a farmi impazzire, almeno.
-Ehm…- Hinata arrossì, imbarazzata –Veramente…
Lui la guardò interrogativo, poi finalmente capì ed un espressione distrutta si dipinse sul suo volto.
-No Hinata, non dirmi che…
Ma non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che l’urlo di una ragazza bionda completamente matta si fece ben sentire alle sue orecchie, mentre poco lontano la stessa colpiva con violenza un altro ragazzo biondo e urlava soddisfatta.
Per tutti i Kami, no, pensò disperato il moro, mentre guardava Naruto contorcersi e Ino scambiarsi un cinque con Sasuke e Kiba.
Poi i loro occhi si incrociarono, magicamente Ino divenne più calma e il sorriso dolce che gli regalò distrusse tutte le sue certezze.
Forse non sarebbe stato così male averla vicina.
 
 
Il viaggio fino in Svizzera sarebbe durato circa 12 ore. Lì, avrebbero avuto poco tempo per raggiungere Hanabi e portarla via, perché poi avrebbero avuto un altro volo diretto fino in Spagna, dove ci sarebbe stata la prima tappa del tour.
La giovane Hyuga era preoccupata. Le cose dovevano andare lisce come l’olio, o non sarebbero mai arrivati in tempo al concerto. Non sarebbe stato un bell’esordio, no?
Le prime ore del viaggio passarono in fretta. Kiba aveva vomitato un paio di volte, non sopportava facilmente le ore di volo.
Shikamaru e Sasuke, per stare ben lontani da certi biondini che gli fracassavano periodicamente l’anima, avevano preso gli unici due posti singoli vicini.
Hinata invece, non aveva avuto molto tempo per pensare alle sue ansie, perché era seduta proprio in mezzo a Naruto e Ino, che continuavano a parlare, a parlare, a parlare!
Subito dopo aver pranzato sul volo, Naruto si addormentò.
La bionda prese la mano dell’amica e, con il suo volto da angelo, la guardò interessata.
-Alloooora Hinata-chan, tu e Naruto avete già fatto sesso?
Per poco Hinata non si affogò con la propria saliva.
-Ino, Ino-chan, ti prego… a.. abbassa la voce!- la riprese la ragazza, ormai paonazza.
-Ma che c’è di strano se te lo chiedo, scusa!?- si intestardì la bionda –E’ normale! Insomma, state insieme da più di un mese e dormite nello stesso letto da…. Da quando? Sei mesi?
-Ma…Ino…- magicamente era tornata a balbettare come un tempo –Non ho mai nemmeno pensato a una cosa del genere…
Ino alzò vistosamente un sopracciglio, con aria di chi non credeva nemmeno ad una parola di quello che aveva detto.
-Sei mesi, nello stesso letto, nella stessa casa, con lui che ti passa davanti a dorso nudo, che ti sfiora come se fossi la più delicata delle chitarre, e non hai mai nemmeno una volta provato il bisogno di saltargli addosso? Cosa sei, una bambina di due anni?
Hinata arrossì di colpo e Ino rise –Beccata!- disse –Certo, è poco sexy quando russa così.- continuò indicando il biondo.
-E’ che… non ne abbiamo mai parlato e…- Hinata non sapeva proprio come finire la frase.
-E no Hina-chan.- la corresse subito Ino –Queste cose accadono all’improvviso, te lo dico io, lo so. E’ per questo che voglio che prendi queste.
Le porse una scatola con scritto ben in vista “pillole anticoncezionali”, e rise a vedere l’imbarazzo della amica. Gliele infilò velocemente in borsa, dato che lei era rimasta paralizzata, e si alzò dal suo posto.
-Fanne buon uso.- disse con un sorriso, per poi andare verso Shikamaru. -Ehi tu, lasciami il posto.- disse a Sasuke, che la guardava con aria annoiata.
-E perché mai?- rispose lui, non accennando a spostarsi.
-Perché devo parlare con il Nara!- Ino si infuriò, innervosita dal comportamento del moro.
-E come si dice?- disse, sbadigliando addirittura –Devo sillabare? Dì “per favore”.
-SUBITO!- urlò Ino, dandogli un pizzicotto sul fianco che lo fece alzare di scatto dolorante –SI DICE “SUBITO”!
Il moro non perse altro tempo e ormai in piedi andò ad occupare il posto lasciato vuoto dalla bionda, piuttosto infastidito.
Ino guardò in modo eloquente Shikamaru, con uno sguardo beffardo e saccente, per poi buttarsi di peso nel sedile accanto al suo. Cominciò ad agitarsi, a muoversi in continuazione, a spostare le braccia, le gambe, il collo in mille modi diversi pur di trovare una posizione comoda e, di conseguenza, Shikamaru cominciò a sbuffare peggio di un treno a vapore.
Alla fine, lei mise le sue lunghe gambe flessuose su quelle di lui, appoggiandosi con il fianco al sedile in modo da poterlo guardare negli occhi. Lui sbuffò, ancora una volta, ma non tentò di spostarla da lui.
-Potresti almeno evitare di usarmi come poggiapiedi.- disse lui, riprendendo tranquillo la lettura del suo Focus.
-Gnegnegne.- gli fece il verso lei, per poi utilizzare il suo stesso tono –Potresti almeno richiamarmi dopo aver fatto sesso con me a casa tua!
Lui sbuffò, chiuse gli occhi, cercò la calma e parva ritrovarla, ma quando tornò a guardarla, aveva uno sguardo confuso e triste.
-Mi dispiace.
-Lo so.
-Volevo richiamarti ma… non lo so.
-Lo so.
-Sono confuso e vorrei avere del tempo per pensare, ma… tempo non ce n’è.
-Lo so.
-…Aspetta, perché sei così comprensiva adesso? Mi aspettavo una sfuriata alla Yamanaka.
Lei gli sorrise, gli occhi dolci e sereni. –Perché ti capisco, davvero.
Lui sollevò vistosamente un sopracciglio, la guardò di sbieco, interrogativo. Ino rise la sua bella risata melodiosa.
-Davvero, ti capisco. Io sono cresciuta Shika, sono maturata, certe cose le capisco. Non volevi, ma abbiamo fatto l’amore… o sesso… o quello che è. E ami un’altra. So che sei diviso fra due fuochi, so che sei confuso, ma sono sicura che alla fine farai la scelta giusta. E se non coinciderà con la mia… beh, se sarai felice lo accetterò, altrimenti lotterò. Chiaro?
Lui la guardò, improvvisamente più calmo, e sospirò come se stesse tornando solo in quel momento a respirare. Le sfiorò leggermente un ginocchio, disegnando dei semicerchi.
-Grazie, lo apprezzo.- disse, osservando il movimento delle sue dita sulla pelle di lei –Con calma, senza fretta.
Lei rise nuovamente –Tu non sei certo tipo da fretta, pigrone.
-Hmm…- mormorò lui, senza obbiettare –E tu non sei tipa da calma.
-In effetti.- disse con un sorriso, per poi tornare seria. –Shikamaru…
-Hm?- rispose lui, atono –Cosa?
-Era sesso o… amore?
Lui non rispose, le strinse un ginocchio, accennò ad un sorriso.
 
-Cavolo, non lo sopporto.- sbuffò Sasuke, battendo il pugno sul poggiolo del sedile. –Come cavolo fai a dormirci ogni sera, Hinata? Non ti viene da bestemmiare?
-Di solito non è così…- mormorò lei, imbarazzata –Deve avere il naso un po’ chiuso…
-Ecco, perfetto.- sbuffò di nuovo –Giusto prima del tour.
-Dai Sasuke, cerca di ignorarlo.- suggerì lei –Infondo dovresti esserci abituato, no? Conosci Naruto da una vita.
-E pensa un po’? Ancora non mi sono abituato al suo russare!- e ci mancò poco che bestemmiò.
Lei lo guardò dritto negli occhi, preoccupata –Ok, Naruto è rumoroso, ma perché sei così nervoso?
L’altro grugnì, bestemmiando fra sé, poi mormoro –Ecco, ora deve arrivare una bambina a dirmi che sono nervoso.
Hinata sorrise fra sé –Fingerò di non aver sentito quello che hai detto.- disse –Però vorrei davvero sapere cosa ti succede.
-No.
Hinata sospirò, ma non cedette –Dimmi, riguarda Sakura? Non la sento dall’altra sera.
-Oddio no, non voglio parlarne.- e stavolta Sasuke ci diede dentro con le bestemmie –Non pensare che giusto perché sei la ragazza di Naruto puoi farti gli affari miei.
-Non è mia intenzione, infatti.- rispose, e la sua voce era dolce e pacata –Ma vorrei ricordarti che sono anche una tua amica, e che puoi venire a parlare con me in qualsiasi momento. Io ci sarò sempre per te.
Lui grugnì di nuovo –Non siamo amici.- disse, con l’intenzione di ferirla.
Ottenne solamente una sua sonora e melodiosa risata.
 
L’aria era diventata calda in quel pomeriggio inoltrato, e quel caldo tepore le riscaldava la pelle liscia e candida.
Con il suo vestitino estivo, Hanabi sostava ancora una volta nel grande giardino alberato, seduta comodamente su di un tronco. Con un braccio avvolgeva le gambe nude, mentre con un rametto nell’altra mano improvvisava disegni nel terreno. Era annoiata, stanca e annoiata, la giornata era stata stressante e faticosa. Seguiva disattenta il moto delle piccole formiche, ed ogni tanto le infastidiva con il ramo. Era strano e noioso, ma si sentiva come in attesa di qualcosa, e non poteva fare a meno di aspettare, aspettare, anche se non capiva che cosa.
Si alzò, prese a tirare calci ad un sassolino, camminando per il bosco per tornare nella sua stanza in quel buio e freddo collegio.
Camminava, fissando distratta il sassolino che stava torturando, e non si accorse subito di quello che stava succedendo proprio davanti alla maestosa porta del collegio, ma quando riuscì a capire, con gli occhi sgranati, prese a correre così forte che inciampò proprio in quel sasso che stava riempiendo di calci. Si rialzò, e si assicurò che quello che aveva visto non era un miraggio.
Ecco, vide tutto per quello che esattamente era: una macchina, probabilmente noleggiata, con a bordo alcune chitarre; occhi scuri, che la guardavano e ridevano di lei, e poi una chioma mora, leggiadra nel vento, ben conosciuta.
Corse, ancora una volta, ignorò la donna che riconobbe come sua istitutrice che urlava e che la guardava in malo modo, per prendere uno slancio e abbracciare la ragazza che stava litigando a sua volta con l’insegnante.
La ragazza sussultò, ma la strinse forte a sé, esultando di gioia nel rivederla.
-Onee-san!- esultò, mentre lei le baciava i capelli, le guance, le mani.
-Entra in macchina, qui ci penso io.- disse lei, aprendole la portiera.
Allora Hinata continuò a litigare con la donna, mentre finiva di caricare in macchina le valigie della sorella.
Un’altra portiera si aprì, e Hanabi, seduta dietro, poté incontrare uno sguardo nello specchietto retrovisore; occhi cupi, scuri, ma con qualcosa di brillante, una luce diversa, una certa speranza.
-Bentornata, Hanabi.- le disse lui, con una voce leggermente più profonda di quanto se la ricordasse –Bentornata, piccola Hanabi.
 
-Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!!!!!!!!!!!
L’urlo assordante di Ino mentre correva incontro ad Hanabi per avvolgerla in un abbraccio stritolante sovrastò ogni singolo rumore dell’aeroporto.
Hinata sorrideva, mentre Hanabi soffocava, si sentiva davvero molto, molto felice. Sasuke la salutò a debita distanza, mormorando un –Ciao, stronzetta-, mentre Naruto andò ad abbracciarla a sua volta scompigliandole i capelli. Kiba osservava da lontano, divertito.
Shikamaru arrivò poco dopo, salutò brevemente Hanabi, ma aveva un’aria preoccupata che non prometteva niente di buono. Infatti, poco dopo si rivolse a Hinata.
-C’è un problema.- esordì –A quanto pare il nostro volo ha un ritardo.
-Qual è il problema?- chiese Kiba, che non capiva.
-Quanto in ritardo?- chiese quasi contemporaneamente Hinata, che si stava già agitando.
-Due ore circa.- rispose il Nara, per poi rivolgersi all’amico –Il problema è che non arriveremo in tempo per il concerto, se il nostro aereo non torna dal precedente viaggio e arriva qui in tempo.
A quel punto, tutti si allarmarono, ma Shikamaru non aveva ancora finito. Guardò torvo Hinata, lo sguardo cupo.
-Il bello è che non mi sanno spiegare perché il volo è in ritardo. – esordì, la voce rauca –Nessuno conosce il motivo, ma il pilota ha cambiato rotta, facendo un giro più largo.
Hinata sussultò, si voltò e guardo terrorizzata Naruto, che capì benissimo cosa pensava. Le strinse forte la mano, continuò a guardarla negli occhi, ma rivolto a tutti disse –Troveremo una soluzione.
 
 
L’uomo sogna di volare
Guardare dall’alto
Planare sul mare
Che si trovi su un aereo
O in un grande appartamento
Sui gradini di una chiesa
Nella favela di Candea!
L’uomo sogna di volare
E scrive sui muri
Noi siamo tutti uguali
Ma prega nel buio
La sorte del più deboe
Non tocchi mai a me
 
Come diventa facile
Voltarsi e non guardare
Come diventa facile
Pensare non è colpa mia
Come diventa facile
ma tutto quello
che può dire un uomo è…
 
l’uomo sogna di volare…
guardare dall’alto,
planare sul mare
l’uomo ha voglia di cambiare
ma non sa più come fare
l’uomo ha voglia di cambiare
ma non sa più cosa fare
l’uomo sogna di volare
 
e allora
partenza, decollo,
non c’è nessun controllo
di scatto riparto,
ci sono cose che volevo…
ma non ti ho detto mai
 
come diventa facile
voltarsi e non guardare
come diventa facile
pensare non è colpa mia
come diventa facile
ma tutto quello
che può dire veramente un uomo è…
 
non fate come me
non fate come me!


 
{Un volo, gli alti e bassi, le indecisioni, le paure, i sogni;
per chi come Hinata e Hanabi ha vissuto una vita pacata, noiosa, in una bella gabbia d'oro, 
tutto, tutto appare nuovo e maestoso. Sauma}

 




Vi siete dimenticati di me? Presumo di sì, e mi dispiace molto.
So di essere stata a lungo assente (all'incirca tre mesi), e che il 
capitolo con cui mi ripresento non è un granchè, ma il blocco 
dello scrittore è davvero brutto da affrontare. Sapevo cosa scrivere,
ma non mi piaceva mai messo su carta, non sembrava vero,
soltanto molto stupido. Dopo mesi sono riuscita a fare solo questo e 
un inizio del prossimo capitolo, ma spero mi perdonerete. 
Sto cercando di tornare a cavalcare l'onda, davvero, ma non so come
andrà a finire. Forse con un pò di incoraggiamento e fiducia in me!

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Capitolo 32
*** Ehi negrita! & Hemingway ***


Filosofia di vita.
-
Ehi Negrita!
&
Hemingway

[Quando l'amore vince su tutto]


 
[DA ASCOLTARE. Negrita: Ehi Negrita! - Hemingway]
-No, non hai capito.- Sasuke urlava contro l’assistente di volo –Devi. Devi immediatamente trovarci un altro volo. ORA.
-Ma io… non posso!- mormorava la ragazza, impaurita.
-Subito!
Sasuke continuava a litigare senza trovare una soluzione, e vicino a lui Ino, Hanabi e Kiba gli davano il loro sostegno.
Hinata, poco distante, era al telefono con il manager della band a cui avrebbero dovuto far da spalla per spiegargli il problema, mentre Shikamaru e Naruto aspettavano lì con lei, cercando di arrovellarsi per trovare una soluzione.
-Mi dispiace molto, ma non sappiamo cosa fare e…- diceva Hinata, cercando di trovare una giustificazione.
-Non funziona così.- disse l’uomo severamente, per telefono –Se non trovi una soluzione, troveremo qualcun altro a farci da spalla.
-No, aspetti, abbi pazienza!
-Ascoltami bene ragazzina: se non sei capace di trovare un modo per arrivare qui, non sarai capace né di fare da manager né di gestire una casa discografica.
-Sono capace, sono nata per questo…
-Dimostralo e arriva qui in tempo, altrimenti per me non varrai niente.
Quelle parole furono dure, molto dure, ma assentì e chiuse la telefonata.
Guardò Naruto negli occhi, cercando in lui conforto, che trovò immediatamente perché lui le sorrise e le accarezzò una guancia.
Ad Hinata batté forte il cuore. Chiuse gli occhi, poi li riaprì e guardò in alto, verso il tabellone che indicava gli orari dei voli.
Si trovavano ancora in Svizzera, era già passata mezz’ora e non avevano ancora trovato una soluzione.
Dovevano arrivare in Spagna in meno di tre ore, o non ce l’avrebbero mai fatta ad arrivare in tempo al concerto. Pensò, si arrovellò, poi ebbe un idea.
Andò verso l’assistente di volo che si stava occupando di loro, spinse da un lato Sasuke e si appoggiò al bancone.
-Scusa, puoi dirmi se è possibile arrivare in Spagna da un altro aeroporto nelle vicinanze?
La ragazza annuì e cominciò a controllare i voli dal suo computer.
-E’… complicato.- rispose, quando ebbe finito la ricerca.
-Quanto complicato?- Hinata era speranzosa quanto determinata –Dovete prendere un volo a Ginevra, fare scalo a Leon e prendere un altro aereo per Barcellona. Purtroppo non ci sono voli diretti nelle prossime 24 ore.
-Ah.
La ragazza capiva quanto fosse complicato quel viaggio: si trattava di fare più volte il check in e il check out, di pesare i bagagli, di portare le loro chitarre, di cambiare volo. Eppure, in lei la speranza era forte, non voleva tirarsi indietro alla prima difficoltà. Tanto tempo prima, probabilmente, avrebbe presto rinunciato a tutto, si sarebbe arresa, soprattutto perché sapeva bene, come lo sapeva ora, che la causa di tutti quei problemi era unicamente la sua famiglia assurda, suo padre, vendicativo. Invece ora, guardava negli occhi la paura e la soffocava, cercando di fare del suo meglio per sé e per i suoi amici. Erano i suoi amici a spingerla.
-E per i bagagli?- chiese allora, cercando di curare ogni piccolo particolare.
La donna ricontrollò al computer.
-C’è un aereo merci che parte fra un ora per Barcellona. I vostri bagagli saranno lì ad attendervi.
Hinata sorrise, si voltò e fece coraggio al gruppo. Tutti insieme, bagagli e chitarre alla mano, si incamminarono verso l’uscita dove l’assistente li aveva indirizzati. Fecero il check in per i bagagli, li pesarono, li controllarono, per poi andare verso l’aereo. Affidarono i loro bagagli agli uomini che li stavano caricando, per poi ritornare sui loro passi. A quel punto Hinata era preoccupata soltanto per il loro viaggio, ma proprio prima di tornare nell’aeroporto, Naruto prese la sua mano e guardò gli altri, per poi correre a nascondersi all’esterno.
-Ma… che fate?- chiese Hinata, terrorizzata.
Uno sguardo furbo collegò Naruto e Sasuke, e già prima che il biondo rispondesse, tutti avevano capito.
-Prendiamo un volo diretto per Barcellona!
 
Ino sussultò e bestemmiò all’ennesimo scossone, cadendo su un bagaglio.
-Idea da matti!- gridava –Siete matti!
-Cuccia Ino, ci è andata di fortuna.- cercò di rabbonirla Shikamaru, mentre leggeva uno dei suoi soliti libri da sapientone.
-Non è fortuna, è scomodis….- si zittì, fissando un punto lontano –Cos’è quello?
-Un ragno.
-E’ enorme!- urlò –Uccidetelo! Toglietelo dalla mia vista!
-Non ti mangia…
A parte le urla sconcertanti di Ino e le risposte seccate di Shikamaru, tutti tacevano. Ognuno aveva i suoi pensieri, le sue preoccupazioni, emozioni che sconvolgevano l’animo.
Sasuke, coricato con la sua chitarra, con la testa appoggiata ad una borsa di chissà chi, pensava, ed era inutile negarlo, ad una certa ragazza con i capelli rosa, che con i suoi bei occhi verdi stava guardando sicuramente non lui. Kiba, guardava fisso davanti a sé, come un falco che non perde un attimo la sua preda, osservando Hanabi, memorizzando i suoi lineamenti, i suoi gesti, i suoi sorrisi, osservando la sua pelle di seta e cercando di ricordare com’era averla fra le braccia. Erano rimasti distanti tutto il tempo e nessuno dei due faceva la prima mossa per riconciliarsi. La ragazza stessa, oltre a pensare le identiche cose del moro, era felice perché finalmente aveva abbandonato quel posto lugubre, il collegio, ed era desiderosa di condividere il suo stato d’animo con la sorella, ma sentiva tensione nell’aria, oltre all’odore schifoso della stiva. Lo capiva dal modo in cui Hinata stringeva la mano di Naruto, da come lui l’abbracciasse senza dire una parola, lanciando teneri e accennati sorrisi alla piccola Hyuga per rassicurarla. Tutto questo la inquietava e le rendeva stressante il viaggio, e non riusciva a resistere senza sapere niente.
Strinse forte la mano sulla coscia della sorella, per ottenere la sua attenzione, e quando l’ebbe la guardò molto duramente.
-Ditemi cosa sta succedendo.- sussurrò Hanabi.
Hinata sbiancò, deglutì sonoramente –Nulla, perché?
-Hinata, no.- la ribeccò il ragazzo –Deve sapere, è tua sorella.
-No, Naruto, non dir…- Naruto le mise una mano sulla bocca e lei si rassegnò.
-Sai bene che non si può ottenere niente da vostro padre senza conseguenze.- esordì il biondo –Per non farti andare più al concerto serviva la sua firma. Lui l’ha data ad Hinata ma l’ha minacciata di vendicarsi… è siamo su questo volo merci a causa sua.
Hinata benedì il ragazzo nella sua mente, ringraziandolo di non aver aggiunto altro sulla gravità della cosa e su quanto aveva detto loro Neji. Guardò la sorella, e non vide accennò di stupore.
-Non mi aspettavo niente di diverso.- disse infatti –Perché non me lo avete detto prima?
-Mi dispiace tanto…- rispose solo lei, cercando di non farla preoccupare più del dovuto.
Passò altro tempo, forse un’ora, e sentirono tutti l’aereo cominciare a decollare. Ce l’avevano fatta.
-Ragazzi…- cominciò Hinata, diretta a tutti –Fra poco ci sarà il vostro primo concerto in Europa… Il vostro sogno.
Tutti sorrisero per quella verità, contenti e emozionati.
-Oppure si è rotto il motore e stiamo cadendo in mare.- disse Sasuke, negativo come al solito –Con la fortuna che abbiamo non è impossibile.
-Ma smettila, baka!- rispose Naruto.
-Bakaiko.- disse a sua volta il ragazzo –Prendete tutti qualcosa, appena apriranno lo sportello, correte.
Dopo poco il portone si aprì e tutti corsero fuori con chitarre e bagagli, fra le loro risate e le urla degli uomini in una lingua sconosciuta.
 
Cambiarono due taxi, ebbero problemi con la sicurezza, ma alla fine arrivarono a destinazione.
Lo stadio per il concerto era enorme e pullulava di persone, il gruppo già pronto ad esibirsi.
Arrivarono di corsa, il cuore che batteva forte. Hinata incontrò l’altro manager, che con un sorriso gli fece i complimenti, per poi dar loro cinque minuti per cambiarsi. Per fare più in fretta, andarono tutti nello stesso camerino, mentre Hinata dava loro i cambi, ed Ino e Hanabi guardavano ridendo stupefatte i ragazzi spogliarsi. Arrossirono più loro che Hinata hai tempi d’oro…
Alla fine i ragazzi erano pronti e sovraeccitati, avevano borchie e catene ovunque e sorrisi smaglianti. Hinata gli spiegò brevemente come dovevano aprire il concerto e finalmente tutto poteva iniziare.
Le ragazze andarono a vedere il concerto da dietro le quinte e dire che fu fantastico era poco.
Le luci lampeggianti li illuminavano a tratti, dando un effetto di vedo non vedo. Tutti erano alle loro postazioni, e Naruto, con un microfono rosso in mano, diede inizio alla canzone scendendo da una scala ballando.
 
E allora ehi, negrita!
È il blues che balla che ci porta qua
Ritmo sangue sangue ritmo e veleno
Che rokkerrolla sopra la città
Noi siamo il fuoco siamo il carnevale
Senza ma e senza tanti se
Saremo un rullo sotto lo stivale
Date retta a me!
 
Ehi negrita!
Ehi negrita!
Ehi negrita !
 
 
E allora Ehi negrita
Restare in moto finché il sogno resiste
Cinque dottori per curare la peste
Cinque tamburi dentro a cinque teste
Provincia insonne batte il tempo reale
Allarga lo sguardo campo totale
Ed anche l’acqua brucerà prima o poi
Date retta a noi!
 
Ehi negrita!
Ehi negrita!
Ehi negrita!
 
L’assolo di Sasuke fu idilliaco, lasciava senza parole, agitava la testa, mentre Naruto ballava vicino a lui indicando la chitarra, come due pazzi.
 
Noi siamo il fuoco siamo il carnevale
Saremo il rullo sopra lo stivale
Restare in moto finchè il sogno resiste
Cinque dottori per curare la peste
Noi siamo il fuoco siamo il carnevale
Saremo il rullo sopra lo stivale
Restare in moto finchè il sogno resiste
Cinque tamburi dentro a cinque teste
 
Ehi negrita!
Ehi negrita!
Ehi negrita!
 
I ragazzi finirono di suonare dopo mezzora. Un po’ poco, sì, ma era il loro primo tour come spalla, si sarebbero fatti conoscere, e tanto gli bastava.
Le ragazze si congratularono con loro, decisero di bere qualcosa guardando il concerto dei professionisti per poi tornare in albergo. Erano tutti felici e estasiati.
Kiba si assentò poco dopo per tornare in camerino a sistemarsi. Si era impegnato così tanto con il suo basso che adesso era tutto sudato, così prese un asciugamano e cominciò ad asciugarsi. Si accese una sigaretta e si buttò sul divano, appoggiando le braccia alla sommità dello schienale e reclinando il capo per guardare il soffitto. Era così stanco… avrebbe potuto addormentarsi da un momento all’altro, rilassato com’era.
-Sei stato bravo.
Quella voce lo ridestò. Si mise subito a sedere compostamente e si stupì nel vedere che, alla porta, a qualche metro di distanza da lui, c’era Hanabi.
-Davvero molto bravo.- continuò lei.
-E… grazie.- era senza parole, gli tremava la voce e non sapeva perché.
-Ti ho visto molto appassionato.- insisteva nel guardarlo in quel modo stranissimo, con un piccolo sorriso e gli occhi grandi e bianchi puntati su di lui.
-Sono poche le cose che mi fanno appassionare così.- le parole stavolta vennero fuori da sole.
-Tipo?- chiese lei, la voce suadente.
-La musica e…- gli occhi scuri e incredibilmente seri fissati su di lei –Tu.
Lei corse, saltò il tavolino e in poche falcate fu su di lui, le mani fra i suoi capelli, bocca contro bocca, mentre le mani di lui la stringevano, la toccavano, la facevano sentire ancora sua.
E non servirono “mi dispiace”, “scusa”, “ho fatto una cavolata”, “Ti amo”.
 
-Hmmmm- mugolii fra i sospiri –Non intendevo questo con “Dobbiamo festeggiare”…
Lui rise mordendole il collo, stringendola ancora di più contro il muro della loro camera d’albergo.
-Sì invece, intendevi proprio questo…- rispose rauco, togliendosi la maglia mentre lei faceva lo stesso.
La prese in braccio e la trasportò per la stanza, continuando a baciarla, per poi farla stendere sul letto. La svestì, mentre lei lo aiutava a spogliarsi, baciandole il collo e le spalle.
Si stese su di lei, le liberò i capelli dalla lunga coda, cominciò a baciarla e a morderle le labbra mentre con una mano le accarezzava un fianco, la coscia, il ginocchio…
-Shikamaru…- mormorò Ino, mentre lui continuava a dedicarsi a lei –Rispondi, amore o sesso?
Riprese a baciarla, senza darle tempo di respirare, con passione e forza la faceva sua, unicamente sua.
-Amore… amore mio…
 
Il balcone della sua stanza aveva una bella vista su Barcellona. Da lì, riusciva a vedere gli edifici tipici illuminati, la sagrata familia, le stelle, la Luna; uno spettacolo mozzafiato.
L’aria era calda quella sera, e questo gli faceva pensare che mai un tempo avrebbe potuto immaginare di passare l’estate in Europa. Fumava una sigaretta in tutta tranquillità, mentre ripensava a quell’assurda giornata irripetibile.
-Ciao! Questa è la segreteria di Sakura Haruno, evidentemente sono irraggiungibile, perciò lasciate un messaggio dopo il bip e richiamerò!
Attese il bip e si schiarì la gola.
-Ciao, sai chi sono. Oggi è stata una giornata importante per me, e non posso fare a meno di pensare che tu avresti dovuto esserci. Dove cavolo sei? Diamine… non sono il tipo di persona che lo dice, ma ho bisogno di te. Ora. Adesso. E né mi parli né ci sei. Torna…
Chiuse la telefonata con stizza e ci mancò poco che buttò il telefono dal sesto piano.
Sentì una presenza vicino a sé e poco dopo Naruto comparve al suo fianco, con lo stesso identico sorriso di anni passati insieme.
-Non risponde?
-No.
-Non preoccuparti, Sas’kè.
-Non sono preoccupato, infatti.
Il biondo rise –Certo…- disse –E io sono Cristoforo Colombo!
-Tu non sai nemmeno chi è Cristoforo Colombo.
-Appunto!- rispose il biondo, sorridendo ancora –Andrà tutto bene.
-Torna dentro o t’ammali, testa di cazzo.
-Non fare la mamma acida e premurosa con me, teme!
-Non lo faccio, o avrei detto “Tesoruccio, torna dentro, l’aria è fresca e la tua ugola leggiadra potrebbe risentirne!”….- disse, facendo il verso di una vecchia.
-Leggiadra!- e stavolta risero entrambi.
Naruto osservò il cielo, malinconico.
-Ci pensi mai, Sas’kè?- chiese lui, ora senza sorriso –Eravamo due bambini sporchi e con stracci a dosso che vivevano per strada e che guardavano da lontano le chitarre di un negozio. Adesso… il nostro sogno è stato esaudito. Si sta avverando. Eravamo niente e ora siamo… siamo…
-Quello che volevamo essere.- completò la frase per lui –Due idioti, invecchiati, ancora amici, che suonano e cantano insieme, che si divertono e che hanno un futuro davanti.
-Eravamo senza speranze, senza futuro.
-Adesso no, però.
-E’ incredibile! Sono così felice!- urlò –FELICEEEEEEE- poi lo guardò –Avanti Sasuke, urliamo!
E urlarono insieme –PORCO MONDO!- come facevano anni prima, quando erano ubriachi.
-Ci sono voluti dieci anni per arrivare fino a qui.
Naruto gli sorrise –Fra dieci anni saremo ancora più in alto!
-Smettila va, vai da Hinata.- e poi, rifacendo la voce da anziana –Salutami quella cara ragazza!
 
Era bellissima, e quando dormiva ancora di più. Naruto se ne meravigliava ogni volta, eppure, a vederla così, non poteva fare a meno di perdere un battito. Indossava un baby doll morbido, stretto solo sul seno, lungo fino alle cosce, di uno chiffon morbido e celeste. I capelli lunghi erano scompigliati sul cuscino, la bocca come un bocciolo socchiuso, le lunga ciglia scure a disegnare due mezze lune.
Era bellissima, sembrava un angelo, sembrava appartenere a un altro mondo, e, quasi inconsapevolmente, si ritrovò coricato vicino a lei nel letto, ad accarezzarle i capelli. Lei si svegliò, lo guardò dolcemente, poi si abbandonò ad un grande sospiro.
-Cosa c’è, Hinata?
-Sono stanchissima, Naruto…
-Mi dispiace averti svegliata, scusami.- disse lui, accarezzandole una guancia.
-No, non è questo che intendevo.- rispose lei –E’ stato un giorno incredibile, pieno di problemi, e io sono stanca di questi imprevisti… mio padre è uno stronzo… e sono stanca di avere paura…
-Wow.- Naruto era molto stupito –Non ti ho mai sentita parlare così.
-Non mi piace questo mondo, Naruto.- continuò lei –Sono tutti cattivi, perfidi, c’è solo male e dolore… mi piace solo stare con te…
-E io per te ci sarò sempre, piccola mia…- disse lui, avvicinandosi per baciarla.
Un bacio che fu inaspettatamente pieno di passione e calore, che li inebriò entrambi. La strinse a sé, infilò una mano fra i suoi capelli lunghi e l’avvicinò a sé, per assaporare meglio il sapore di miele. Le baciò il collo, le spalle, la riempì di baci e poi si stese su di lei.
Si allontanò un attimo, osservandola. Era accaldata, e una spallina le era scivolata, adesso intravedeva il suo seno. Non l’aveva mai vista nuda e la voglia di averla cresceva. Tornò a baciarla, stavolta con più dolcezza, le sfiorò il collo, poi il seno, per poi risalire e baciarle un lobo.
-Conosco un modo per non farti pensare più a niente, se lo vuoi…- sussurrò, mentre lei lo stringeva forte a sé…
-Naruto… io non ho mai…- e non finì la frase, intimidita.
-Lo so amore, lo so.- mormorò lui, accarezzandola –Sarò dolce, ma solo se lo vuoi.
Lo strinse ancora di più –Fammi tua, Naruto.
E allora lui continuò a baciarla, spogliandola con le mani tremanti, mentre anche lei faceva lo stesso. Fu una sorpresa riscoprirsi nudi fra le lenzuola fresche, e per un po’ con le mani esplorarono l’una il corpo dell’altro, scoprendo insieme un mondo nuovo e dolce.
-Sei sicura?- chiese infine lui, guardandola timoroso.
I suoi occhi… pensava Hinata, mentre annuiva. Si lasciò amare, lasciò lui la rendesse diversa, la rendesse sua.
I suoi occhi blu ricordano il punto più profondo dell’oceano…
-Grazie per aver realizzato tutti i miei sogni, Hinata.
 
Bentornata a Cuba
Giugno placherà i tuoi nervi
C’è una barca pronta
Dietro a un’altra pagina
Sfoga la tua rabbia
Nella rabbia dell’oceano
Forse c’è una spiaggia
Dietro a un’altra pagina
Ma come può accaderti questo?
Decolli a bordo del tuo letto
 
Stai tranquilla, non è niente
È solo vita che entra dentro
Il fuoco che ti brucia il sangue
Quella è l’anima
Può anche non piacerti il mondo
O forse a lui non piaci te
Comunque questa è un’altra storia
Questo è Hemingway
 
A Barcellona un uomo
Svelto fruga tra i ricordi
Dietro la schiena il suolo
E non capisce perché è lì
L’arena è tutta in piedi
Non si muove un filo d’aria
Sa di tequila e sale
E di dolore andarsene…
L’ultima pagina che hai letto
È stata un toro in mezzo al petto
 
Ma stai tranquilla non è niente
È solo vita che entra dentro
Il fuoco che ti brucia il sangue
Quella è l’anima
Può anche non piacerti il mondo
O forse a lui non piaci te
Comunque questa è un’altra storia
Questo è Hemingway
Questo è Hemingway
 
 
{Cambiamenti, ancora alti e bassi, ancora emozioni. Tutti hanno a che fare con qualcosa di diverso,
di nuovo, ognuno a che da pensare, ma tutti hanno un pensiero comune: “A volte, i sogni si realizzano”}





 




Hola! Sono molto contenta :)
Questa piccola vacanza, anche se a livello sociale 
mi sta facendo morire, mi ha portato tanto tempo e
tanta ispirazione, così questa mattina ho scritto ben 
due capitoli netti netti di questa storia, oltre a questo
capitolo che ho scritto due settimane fa. Sono conteta!
Sento che sto tornando in pista, e sono stata talmente
ispirata che non vedo l'ora di finire questa storia,
perchè ho in mente già il sequel. Ebbene sì, se questa
storia continuerà a piacere, potrei anche fare il sequel.
Quindi datevi da fare u.u
Ringrazio molto le ultime persone che hanno aggiunto
questa storia tra i preferiti e le seguite, spero che
qualcuno di voi scriverà una piccola recensione u.u
a presto, un bacio!

 

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Capitolo 33
*** Bonjour & Rumore ***


Filosofia di vita.
-
Bonjour & Rumore

[Rumori di vita e silenzi assordanti]

 
[Canzone di oggi: Bonjour; Rumore-Negrita]
Ah, il rumore…
Rumore di aeroporto, rumore di aereo in volo, rumore di macchina, rumore di stereo, rumore di chitarra elettrica appena collegata, rumore di risate, rumore di silenzio notturno… rumore di felicità.
Quella era l’estate più pazza della loro vita, decisamente.
Il tempo scorreva veloce, portandosi via la loro estate in Europa, il loro primo tour. Tutti le testate parlavano di loro, sul web i video impazzavano, i fan li riconoscevano e volevano i loro autografi.
Pochi erano gli attimi di respiro, erano sempre in viaggio, ognuno con i propri pensieri. Tra questi, quello più ricorrente era: “Dov’è Sakura?”.
La risposta venne poche settimane dopo. In quel momento, il gruppo si trovava in Francia, in un grande albergo. Fuori, le fan cercavano di entrare, e chiunque chiedesse della band famosa o degli Origin veniva cacciato malamente.
Fu in quel momento, quando il gruppo e le ragazze scesero per avviarsi al ristorante dell’albergo, che la videro, intenta a litigare con l’uomo dell’accoglienza ospiti.
La magliettina rosa antico, i pantaloncini corti, i lunghi capelli raccolti in uno chignon: appariva smunta e dimagrita, decisamente insolita, stanca, ma non abbastanza per dare tregua all’assistente.
Hinata la vide, e si ricordò di ciò che era successo: Sasuke alla fine le aveva raccontato tutto, con minuzie nei particolari, e adesso, a vederla così provata, perse un battito. Le si avvicinò e ancora prima di salutarla l’uomo le parlò, come in cerca d’aiuto.
-E’ con lei questa ragazza, signorina Hyuga?- chiese, repentinamente.
-Sì, la prego, le dia una stanza e faccia portare i suoi bagagli.
-Certo, signorina.- e si congedò, obbedendo agli ordini.
Hinata si voltò, vide i grandi occhi smeraldo guardarla, commossi, e poi in uno slancio Sakura fu su di lei, ad abbracciarla forte. Si strinsero a lungo, incuranti degli altri che le guardavano.
-Wow, hai fatto passi da gigante!- le disse, felice –Adesso ti chiamano addirittura Signorina Hyuga!
-Finalmente, finalmente sei arrivata!- rispose Hinata, ignorando completamente le sue parole, che quasi non riusciva a crederci.
-Ci ho messo un po’, lo so, scusa.- e poi, staccandosi e guardando oltre la spalla dell’amica, verso qualcuno che la guardava stupito –Dovevo esserci.
La mora le sorrise, la prese per mano, si voltò e guardò gli altri dolcemente –Adesso siamo davvero tutti!
Tutti sorrisero a quell’affermazione, e chissà perché anche un certo Sasuke, colui che non si lasciava mai andare ad emozioni di nessun genere, aveva un mezzo sorriso dipinto sul volto.
 
 
Cenarono, con molta tranquillità. Per sperimentare, dato che nessuno degli Origin ne aveva mai avuto la possibilità, cominciarono a prendere i piatti più costosi e ad atteggiarsi a gran ricconi, in un continuo sfottò. Tutti ridevano a crepapelle, nessuno poteva farne a meno… e il sakè faceva la sua parte!
Era quasi mezzanotte quando decisero di congedarsi. Tornarono tutti nelle proprie camere, per riposare, dato che il giorno dopo sarebbero partiti per l’Italia.
Per Sasuke e Sakura era diverso. Più difficile, più strano. Non tornarono nelle loro camere, non ne avevano intenzione. Sakura sorseggiava l’ultimo bicchierino di sakè guardando il panorama dalla grande terrazza dell’hotel. Parigi, la città degli innamorati… loro lo erano?
Lui la vide da lontano, con un bicchiere di whisky in mano le si avvicinò. Si appoggiò all’inferriata, accanto a lei, senza dire una parola, semplicemente guardò con lei la vista.
Ogni tanto si voltava, guardava il suo delicato profilo, desiderandola, desiderando che non fosse così triste.
-Non dovevo raggiungervi, Sasuke.- disse, senza guardarlo, la voce terribilmente seria.
-Non fare la stupida.
-No, non so nemmeno perché…- lui l’afferrò per i fianchi e la strinse a sé, interrompendola mentre parlava, per poi impedirglielo del tutto baciandola passionale.
Lei all’inizio rispose al bacio, poi tentò di liberarsi, mortificata.
-No, non dovresti, Sasuke lasciami!- diceva, spingendo con le mani sul suo petto –Io ti ho…
-Non dirlo.- l’interruppe lui, baciandola ancora, con più fervore –Non rovinare tutto.
-Ho già rovinato tutto!- l’interruppe lei, alzando la voce –Lo hai fatto anche tu!
-Non dirmi niente!- rispose, alzando la voce anche lui e tentando ancora di baciarla.
Lei si divincolò, allontanandolo violentemente.
-Io ti ho tradito, Sasuke!- urlò, buttandogli in faccia tutta la verità.
Le braccia ricaddero pesanti lungo il corpo. Il moro rimase impalato, gli occhi fissi su di lei, come morti, insensibili.
-Non avresti dovuto dirlo.- disse solo, stranamente pacato, per poi voltarsi e andare via.
 
Il sole era caldo, quella mattina a Parigi. Hinata aveva organizzato per la mattina una bella escursione, tutti insieme, per visitare un po’ la città.
Nel pomeriggio, come di consueto, avrebbero viaggiato in aereo fino a Roma, Italia.
Sasuke però aveva programmi diversi.
Era stanco, e prima di girare a zonzo per ore, aveva bisogno di parlare con il suo amico, così, di mattina presto, lo prelevò dalla sua stanza e so lo portò in giro anche se era mezzo addormentato.
Le ragazze, che erano già sveglie, si guardarono attentamente e decisero di seguirli con una videocamera, che avevano comprato per girare qualche filmato che avrebbero messo in seguito su youtube per i loro fan.
L’Uchiha trascinò l’amico fino ad un bar, dove si sedettero all’esterno. Ordinò per entrambi, mentre Naruto si appoggiava al tavolino per dormire un altro po’.
Il moro, dispettoso, gli tirò una ciocca di capelli, e quando il biondo cominciò a inveire su di lui, arrivò la colazione. Croissant, cappuccini fumanti ornati di cacao: Sasuke sapeva come prendersi cura dell’amico, ordinando sempre quello che a lui piaceva, anche se spesso non si rendeva conto di farlo. Quella scena, con Naruto che batteva le mani entusiasta, faceva molto intenerire le ragazze.
Era strano vedere quelle scene fra di loro impresse su video; il modo in cui si prendevano cura dell’altro, intimamente, quando tutti pensavano fossero buoni a litigare.
Nessuno fra le quattro ragazze aveva davvero capito quanto fosse stretta l’amicizia tra loro: Sasuke non lo menava, anzi, ordinava la sua colazione preferita, pagava, parlava in modo pacato mentre Naruto lo ascoltava, a volte con il suo solito sorriso incoraggiante, a volte mortalmente serio. Non avevano mai visto il moro parlare così tanto, confidarsi apertamente, chiedere consiglio. Erano troppo lontane per sentire le loro parole e probabilmente solo Sakura era a conoscenza dell’argomento trattato, ma non importava; incuriosivano molto di più i loro comportamenti, i loro gesti, che le loro parole.
Avevano il cibo davanti, ma da quando l’Uchiha aveva cominciato a parlare nessuno dei due aveva cominciato a mangiare. Lui parlava, una sigaretta fra le dita a consumarsi da sola, ogni tanto si prendeva d’animo e cominciava a gesticolare, altre volte sbuffava guardando il cielo. Naruto ascoltava, silenzioso, senza interferire, lo guardava negli occhi, a volte si abbandonava sulla sedia, stanco, come se non sopportasse più di sentire il suo amico parlare in quel modo. Altre volte gli stringeva il polso, gli sorrideva incoraggiante, lo rassicurava, gli dava pacche sulle spalle. Sembravano confortarsi come due innamorati.
Era come se le situazioni si fossero capovolte: Naruto quello taciturno, saggio, amico e consigliere; Sasuke quello timoroso, logorroico, istintivo, in cerca di conferme.
Le ragazze sorridevano a quelle scene, e quando, nel pomeriggio, in aereo, le ragazze montarono il video e sistemarono vari spezzoni del resto del gruppo, Hinata presentò loro una canzone che aveva trovato per caso di Naruto, con audio e base. La montarono, e anche se sembrava una presa in giro, non c’era niente di più adatto.
 
I bimbi e le campane
Gente con il cane
Grazie a Dio è domenica
Bello il mondo e bella tu
Bonjour
Sveglia amore è tardi e il cielo è blu
Bonjour
E l’inferno dell’inverno non c’è più
Bonjour
Bonjour
Hey hey hey bonjour
Potremmo andare al mare
O al parco a cimmanare
Uno spritz e due caffe per noi
Stare abbraciato a te
Bonjour
Sveglia amore è festa e il cielo è blu
Bonjour
E l’inferno dell’inverno non c’è più
 
Hey hey hey
Sveglia amore è tardi e il cielo è blu
Quanta gente in festa dai scendiamo giù
Bonjour!
 
Italia, Roma, ultimo concerto che chiudeva il tour. Fu grande: i ragazzi suonarono la loro mezzora come non mai, ballando sul palco, facendo partecipare gli italiani, che già conoscevano le loro canzoni. Erano diventati famosi, il loro sogno era stato coronato. L’emozione di guardarli dalle quinte, proprio accanto a loro, era grande e ripagava di tutti gli sforzi e i litigi. Un’energia, un entusiasmo, il loro carisma era palese. Tutti ascoltavano, ballavano, rockeggiavano, cantavano con loro; una gran bella chiusura.
Hinata non vedeva l’ora che i ragazzi scendessero dal palco, e quando, con le ragazze, li raggiunse nei camerini, aprì lo champagne preso a Parigi e festeggiarono. Erano tutti molto contenti, e quando Hinata prese la parola, altrettanto stupiti.
-Sono molto felice. Lo posso dire, ho trovato la felicità! Voi, l’amore, la realizzazione di un sogno: tutto crea felicità. Non poteva accadermi niente di meglio che incontrarvi. – alzò il calice –E dato che in questi mesi ce l’avete messa tutta, lavorando, prendendo un aereo ogni giorno, è giusto che abbiate una meritata vacanza. Ho organizzato una vacanza di dieci giorni, in Sardegna, in una casa al mare. Ve lo meritate!
Tutti alzarono i calici e brindarono, contenti, fra risate fragorose e tintinnii di bicchieri.
 
Era impossibile prendere sonno. Si stringeva in un cardigan, e mentre quella città fragorosa continuava a vivere incessante, Sakura volgeva lo sguardo all’alba.
Sapeva che prima o poi l’avrebbe raggiunta, quindi, quando Sasuke comparve affianco a lei nella terrazza dell’albergo, non si stupì.
-Potremmo rimanere così, non credi?- sussurrò lui, guardando il cielo che si increspava di rosso.
-Che intendi, Sasuke?- chiese lei, con lo stesso tono di voce.
-Ricominciare da qui, guardando il cielo, guardando l’alba.- sospirò, gli costava fatica aprirsi così tanto –Solo noi due.
-No.- rispose Sakura, cercando con tutte le sue forze di non guardarlo –Sasuke, non voglio che mi perdoni. Non farlo. Sarebbe inutile sforzarsi tanto, perché semmai tornassimo insieme, sarebbe difficile. Non ci fideremo l’uno dell’altro. Sarà un continuo avere sospetti, un continuo controllarsi, un continuo litigare. Non stavamo insieme, ma io ho sbagliato. Ti ho tradito, Sasuke, e non devi perdonarmi mai.
Poi lo guardò e lo vide abbassare la testa e stringere i pugni. Era arrabbiato. Aveva realizzato che, ormai, il loro rapporto era irrecuperabile.
-Bene.- disse, arrabbiato, per poi tornare in fretta sui suoi passi.
Sakura rimase a guardare l’alba, a ricominciare, da sola, la sua vita.
 
 
Rumore veloce di passi, di una porta che si apre sonoramente. Rumore di fiato corto, di cuore che batte forte.
Lei si alzò velocemente, scostando con un colpo secco le coperte, accorse. Lui, senza guardarla nemmeno negli occhi, si appoggiò di peso a lei, mentre l’alba insorgeva, lasciandosi abbracciare.
Hinata si guardò indietro, guardò Naruto, ancora a letto, il volto affranto, chiedendogli con lo sguardo cosa, secondo lui, fosse successo.
-E’ finita…- sussurrò Sasuke, ed entrambi lo sentirono bene.
Hinata lo strinse forte, mentre sentiva il collo bagnarsi di lacrime calde non sue.
 
 
Sento il bisogno di qualcosa di forte
Un’emozione che sbatte le porte
Ma io lo so dove devo cercare
Seguo il rumore, non mi posso sbagliare
Rumore viene dalla televisione
Ventisei pollici d’informazione
Eco del mondo che rimpalla su muro
Trapassa i nervi, rimbalza canguro
 
Rumore, rumore, rumore
Mi vibra forte nella testa dolore
Rumore, rumore, rumore
Mi batte in testa come un treno a vapore
 
Rumore quando guardo il telegiornale
Arriva all’apice, maldito canale
Ma nella testa ormai il rumore rimbomba
E quella voce squilla come una tromba
Masmerizzato non mi posso voltare
Eppure voglio, voglio, anzi devo scappare
Ma questa sedia è intrisa di colla
E quel rumore bastardo non molla
Rumore rumore rumore
Mi vibra forte nella testa dolore
Rumore rumore rumore
Mi batte in testa come un treno a vapore
 
 
{Non pensavi di averlo, eh? Il cuore ti batte così forte nel petto che sembra faccia un rumore inaudito… è l’unica cosa che ti ricorda di essere vivo.
Ti stai comportando in modo così diverso da come sei, solo per lei. Ma se invece tu fossi così, Sasuke?}

 




 




Buonasera amori miei!
Non mi aspettavo per nulla 8 recensioni per lo scorso capitolo,
nè così tante visualizzazioni! Grazie, Grazie, grazieeee!
Capitolo cortino, sì, scusate. Si può dire che sia quasi
un Sasukecentric, ma non so esattamente come sia venuto,
ditemi voi. Ho sempre la sensazione di essere nell'OOC, 
anche se per me certi cambiamenti e reazioni sono ragionevoli...
boh! Bene, a gran richiesta è tornata Sakura. Mi dispiace 
per tutti i fan SasuSaku xD la mia mente partorisce questo e 
non posso cambiarlo, mi è impossibile. Le canzoni penso siano
in tema... no? Che caos! Ultimamente qui su EFP ho letto cose 
meravigliose, che mi fanno vergognare di come scrivo. Spero 
di migliorare vivamente! Beh.. che dire ancora? Ah sì! Per tutti
gli scrittori, ho indetto un contest sul forum di EFP, a questo indirizzo.

Mi farebbe piacere se partecipaste, dato che il mio primo! :*

http://freeforumzone.leonardo.it/d/10740371/SasuLoveHinaLoveNaru/discussione.aspx

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Capitolo 34
*** Soy Taranta ***


Filosofia di vita
-
Soy Taranta

[Di persone che ti risollevano da terra]

 
[Canzone di oggi: Soy Taranta - Negrita!]
-Tu sei un genio!- disse Ino, ululando di gioia –E io ti voglio tanto, tanto, tanto bene!
Quelle erano più o meno le parole che tutti le rivolgevano da tre, quattro giorni. La zona balneare che Hinata aveva scelto era fra le più belle d’Italia: acqua pulita, spiaggia pulita, grande albergo, bar sempre fornito, tanta bella gente. Andavano sempre in spiaggia, e in verità Hinata si vergognava molto: riemergeva quella parte timida e pudica di lei. Fino a quel momento non era mai entrata in acqua, un pareo copriva tutte le parti più “importanti” di lei, ma comunque arrossiva come qualcuno le chiedeva di entrare in acqua. Quel giorno, però, non l’avrebbe scampata, perché Naruto era ben deciso, e lo aveva dichiarato più volte, ad aiutarla a superare questa sua paura di mostrarsi in pubblico.
Appena arrivati in spiaggia, quella mattina, se la caricò in spalla e corse verso l’acqua, dove si tuffarono, ancora tutti vestiti. A quel punto, il pareo, completamente inzuppato, era troppo pesante, e fu costretta a toglierlo. Giocarono tutti insieme a pallavolo, tranne Sasuke, che era andato a prendere da bere al bar, ovvia scusa per non vedere Sakura.
Il tempo passava, e ognuno faceva ciò che desiderava. Shikamaru, steso sulla sabbia, ignorava le continue lamentele di Ino, accanto a lui, per dormire o guardare il cielo privo di nuvole.
-Uff.- sbuffò infine la bionda –Non ti sopporto proprio, sei un morto che cammina.
-Non sto camminando, Mendosuke.
-Hai capito il senso.-  e poi, con un sorriso –Sai qual è il bello di stare stesi al sole senza fare niente?
-No, illuminami, Ino.- rispose l’altro, fumando.
-Che da qui posso osservare tanti bei ragazzi a torso nudo!
-Ino…- la riprese l’altro, chiudendo gli occhi scocciato.
-Che c’è Shika, geloso?- chiese lei, con tono beffardo.
-Figurati.
-Guarda che non stiamo insieme, io posso guardare chi voglio, tu chi vuoi. È giusto!
-Tsk…
-Certo, - continuò lei  -se stessimo insieme sarebbe diverso, perché non mi sentirei autorizzata a guardare nessun’altro, e non lo farei mai e poi mai…
-Sta zitta, Ino.
-Uff.- sbuffò la bionda nuovamente, mettendosi a sedere –Allora vado al bar a conoscere qualche bel ragazzo che mi faccia impazzire..- disse, maliziosa, facendo per alzarsi.
-Non puoi.- affermò lui, aprendo gli occhi e afferrandola per il polso, in modo che le fosse impossibile alzarsi.
-Perché, Shika?- chiese allora lei, furba come una volpe.
-Perché no.
-Geloso?
-…Puoi guardare solo me. E solo io posso farti impazzire. Fine.
-Sì, sei geloso!- esultò lei.
-Può essere.- concesse lui.
-Allora stiamo insieme?- chiese lei, e mancava solo un sì purché lei si mettesse a saltare dalla gioia.
-No.- asserì lui, chiudendo di nuovo gli occhi e rilassandosi.
-Ma, Shika…
-Accontentati.- la bloccò lui, per poi tirarla per un braccio e avvicinarla a sé, in modo che fosse contenta e stesse zitta.
 
-Smettila, cane.- ordinò lei, infastidita, mentre ricambiava gli spruzzi d’acqua.
-Non ci penso proprio, nana.- rispose lui, schiaffeggiando l’acqua in modo che le arrivassero schizzi addosso.
-Puzzi di cane fradicio.- lo schernì lei, mentre si difendeva.
Lui la aggirò e l’intrappolò da dietro, stringendola a sé.
-Sicura che non vuoi andare più a riva, nana? Qui l’acqua è troppo alta per te.- affermò, trascinandola sulla sabbia.
-Sei insopportabile.- disse lei, quando furono seduti con i piedi nell’acqua.
Lui, ancora dietro di lei, non aveva smesso di abbracciarla.
-Sei un’idiota.- sussurrò lui, stringendola e annusando il profumo dei suoi capelli bagnati –Però mi sei mancata tanto.
-Dobbiamo proprio parlarne?- mormorò lei, affranta.
-Sì Hanabi, adesso dobbiamo.- rispose lui, muovendo appena le labbra contro la sua spalla –Basta rimandare.
Lei sospirò, cercando le parole giuste, cercando coraggio.
-Io… sono fatta così.- riuscì a dire alla fine, poche parole ma estremamente vere.
-Lo so.- rispose semplicemente lui, incitandola a continuare.
-E mi dispiace, ma a volte ho bisogno di scappare… per non soffrire.
-So anche questo.- mormorò lui, comprensivo.
-Solo che… stavolta ho sofferto ugualmente.
Lui la strinse forte, la loro pelle umida a contatto, la sua bocca contro il suo orecchio.
-Dimmi solo che non te ne andrai più, Hanabi.- sussurrò, la voce roca.
-Non me ne andrò, te lo prometto.- si voltò, abbracciandolo a sua volta –Adesso sarebbe impossibile.
-Perché?- chiese lui, guardandola negli occhi bianchi.
-Perché…- lo baciò leggermente sulle labbra -… ti amo.
Kiba la strinse forte, la baciò dolcemente, poi passionale –Ti amo anche io, idiota.
 
 
Hinata si chinò e gli diede un bacio molto dolce.
-Io vado a fare una passeggiata con Sakura.- gli disse, con un sorriso –Promettimi che ti occuperai di lui.
-Era già nei miei piani, principessa.- rispose lui, rubandole un altro bacio.
La guardò allontanarsi, mentre si infilava una felpa, per poi voltarsi verso l’amico.
Gli occhi scuri dell’amico erano fissi sul mare; ogni tanto si chiudevano, e lui inspirava forte, come per rilassarsi.
-Smettila di fissarmi, Naruto.- lo riprese lui, senza guardarlo.
-“Smettila di fissarmi!”- gli fece eco lui, prendendolo in giro –Sai cosa faccio quando sono triste?
-Io una canna, tu?- rispose Sasuke, acido.
-A parte quella, che mi offri tu, io di solito scrivo una bella canzone.
-Una di quelle mosce mosce che mi fanno venire il vomito?- chiese lui, infilandosi due dita in gola per simulare un reflusso.
-Sì, oppure l’esatto contrario.
-Ah sì? Che simpatico, ma io non ne ho voglia.
-Avanti Sas’kè! Riprenditi!- disse lui, scuotendolo –Scriviamo una bella canzone su ciò che ti è rimasto!
-E cosa mi è rimasto, sapientone?- lo interrogò lui, alzando vistosamente un sopracciglio.
-Me!- disse scherzoso Naruto, mettendosi in mostra e facendo uno sguardo ambiguo.
-Smettila di fare la fighetta, baka.- lo riprese il moro, leggermente schifato –Non è divertente.
-Avanti, scriviamo della pace del mondo!
-Per tutti i Kami, sono nella merda..- mormorò fra sè il moro, rassegnato.
-Avanti, Sas’kè!- disse, dandogli una sonora pacca sulla schiena che lo fece affogare –Cosa hai ancora nella vita, a parte i tuoi amici?
-La musica?- propose lui, appena si riprese.
-Benissimo, allora scriviamo sulla musica.
Naruto prese carta e penna, Sasuke la chitarra. Cominciò a creare una base, pensò a un testo.
-Voglio personificare la Musica.- gli disse –Come una santa, e dato che siamo in Italia, come Santa Maria.
Naruto lo guardò stranito –Ma perché?
-Scrivi cazzo, è la mia canzone!
Sasuke canticchiava frasi a caso che gli venivano in mente su una base suonata da lui e Naruto prendeva appunti.
-Buenas dia Santa Maria… Benedetta Fantasia.. il pianeta è dentro te… mangio a morsi una poesia… un sorriso per favore prima di volare via!... terra di mare che mi consola.. oooh… oh…
Il biondo scriveva, sistemava frasi, le commentava, ne aggiungeva altre, ne discuteva con il compare.
Insieme, in poco tempo, avevano scritto una bellissima canzone, che poi, quella sera stessa, cantarono tutti insieme in un bar locale. Sasuke stava trovando conforto.
 
 
…Don’t stop! … Don’t stop!
 
Buenas dia Santa Maria, protettrice di ogni crocevia
Benedetta fantasia
Viaggio lento che accarezza il tempo e come un lampo usciamo via, via!
Caldo Scirocco e Rock&Roll (Don’t stop)
Santi in processione e le Dance Hall (Sud Sound Colours!)
Il pianeta è dentro te, sei l’Oriente e l’Occidente
In un fondo di caffè
 
Soy Taranta
E balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
 
…Don’t stop!... don’t stop!... don’t stop!
 
Buenos dia, sorella mia.
Sole Greco, sole d’Albania
Mangio a morsi una poesia
Stacco un petalo d’amore in balia della stregoneria,
(don’t stop!)
Vento di mare, vento di ponente (Don’t stop)
Col cuore in mano al cielo onnipotente (Don’t stop)
Danze mistiche sopra la scia
Un sorriso per favore prima di volare via!
 
Soy tanta
E Balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
Soy tanta
E Balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
 
Ed è quell’attimo che spazza via le tenebre e
Che profuma il mondo e dona lucie alle periferie
Per quel che so rendo grazie a Dio e muoio di vertigine.
 
Don’t stop! Don’t stop!
 
Soy tanta
E Balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
Terra che brucia terra d’armonia! (per la via!)
Terra di mare che mi consola
Terra che brucia terra d’armonia! (per la via!)
Terra di mare che mi consola
Soy tanta
E Balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
Terra che brucia terra d’armonia! (per la via!)
Terra di mare che mi consola
Soy tanta
E Balkan Beat, je suis le freak
Voy cantando
Tous les jours et toutes le nuits
 
 

{Guardati intorno, osserva ciò che hai di buono nella vita e giosci: non hai niente, eppure hai tutto.}


 


Lo so, lo so!
Non si può dire che sia un lungo capitolo,
ma in realtà, se fate molta attenzione, 
succedono tante cose importanti. Nei prossimi capitoli
migliorerò, promesso. saranno più lunghi e articolati!
Qui, comunque, volevo far vedere un pezzo della loro vacanza,
del vivere quotidiano, e soprattutto il modo in cui cercano di
aiutare Sasuke a superare i suoi piccoli problemi.
Spero che vi piaccia!
Comunque, sto scrivendo una SasuHina, a questo indirizzo:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2278760&i=1

E vi riporto il link del mio contest ;)
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10740371/SasuLoveHinaLoveNaru/discussione.aspx

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Capitolo 35
*** Ho imparato a sognare. ***


Filosofia di vita.
-
Ho imparato a sognare.

[Di canzoni che raccontano vite.]


 
[Negrita: Peace Frog; Ho imparato a sognare]
Una volta che capì come usare l’oggetto, Naruto lo rivolse verso di sé e sorrise.
-Salve fan. Nel corso di questo video vi spiegherò come gli Origin scrivono le loro canzoni. Lo avete chiesto in tanti, eheh… e quindi ecco a voi! Piccola premessa: siamo in vacanza con amiche, non vi ingelosite!- disse, ricordandosi del modo in cui Hinata lo aveva rabbonito a riguardo. Per le fan, loro non erano fidanzati –Bene, la prima cosa da fare per scrivere una canzone è…porsi una domanda.- spostò l’obbiettivo della videocamera per mostrare un foglio su cui, in bella grafia, c’era scritto: “Sogni?” e “Come hai imparato a sognare?”. Spostò poi di nuovo l’obbiettivo su di sé –Bene, adesso possiamo scrivere!
 
Camminava veloce, Naruto, con la videocamera in una mano, riprendendo tutto ciò che lui stesso vedeva, un po’ distrattamente.
Ogni tanto gli cadeva una penna, poi si riaggiustava la custodia della chitarra sulla spalla, insomma, il solito caos. Era il primo pomeriggio, e Naruto correva assorto verso la spiaggia.
-Ino!- gridava, intestardito –Ino! Voglio cominciare da te!
La ragazza, stesa sulla sdraio, non accennava ad aprire gli occhi o a prestargli attenzione.
Naruto arrivò, si sedette alla sdraio vicino e la guardò truce, implorando la sua attenzione, videocamera alla mano.
-Ino-chan…- è sembrò quasi un miagolio.
-Cosa Naruto?- domando stizzita –Cosa devi cominciare?
-Ma come Ino-chan!- sbuffò Naruto –Parlo del video!
-Ah.- Ino aprì gli occhi, poi si ricompose, sedendosi per parlargli –Questa parte la taglierai vero?
-Certo, certo…- rispose, mentendo –Cominciamo?
-Sì!
-Allora, lei è Ino Yamanaka, ormai vecchia amica. Saluta Ino!- disse, ridendo, poi si fece serio –Allora, tu sogni, Ino?
-Intendi i sogni notturni? L’altra sera ho sognato che tu e Shikamaru…- cominciò a parlare a raffica, come suo solito.
-Alt, frena!- intervenne subito lui –Intendevo sogni per la tua vita. Sogni?
-Ah, quello… sì, certo!
-Cosa sogni, Ino?- si incuriosì lui.
-Sogno di avere una bella famiglia e di trasmettere ai miei famigli l’amore per la natura con la stessa forza e passione di mio padre.- disse, con occhi sognanti.
-Da brava fiorista vuoi tramandare la passione di famiglia!- rispose lui.
-Certo, e se prenderanno dalla mia bellezza saranno molto fortunati.- disse, con superbia.
-Ceeerto.- rispose Naruto, sogghignando –Qual è il momento in cui hai cominciato a sognare?
-Quando, dici?- ci pensò un attimo, poi rispose –Fra i banchi di scuola, quando ovviamente non seguivo la lezione!
Il biondo rise, poi la ringraziò e si incamminò poco distante, dove Kiba e Hanabi riposavano tranquilli, prendendo il sole sulla spiaggia.
Si sedette sulla sabbia, con tutta la sua roba appresso, poi puntò l’obbiettivo sui due, che si presentarono e sorrisero.
-Ciao ragazzi!- li salutò lui –Mi chiedevo, voi siete sognatori?
-Come non esserlo!- rispose Kiba, per entrambi.
-Bene Hanabi, tu quando hai cominciato a sognare?- chiese, interessato, facendo un primo piano su di lei.
-Ho cominciato a sognare giocando.- rispose lei, che aveva la risposta pronta –Correndo dietro ad un aquilone, mi ripetevo: “volerò, volerò!”
-Sei una stupida.- rise Kiba –Che primo sogno stupido!
-Perché, il tuo qual è stato?
-Il mio primo sogno è stato quando ho visto mio padre infelice e stressato per il suo lavoro. – rispose, ricordando il momento –Ero arrabbiato con lui, e mi dissi “io diventerò qualcosa di grande, così gliela farò vedere io!”. Decisamente un primo sogno migliore del tuo.
-Sì, sì, guarda, non ti dico niente, altrimenti le tue fan mi saltano addosso!
Risero tutti a crepapelle, poi Naruto si alzò, salutando, appunti in mano, chitarra sulle spalle nude e videocamera in mano, alla ricerca di Shikamaru.
Lo vide dopo aver camminato così a lungo sulla spiaggia da essersi ritrovato in una spiaggia diversa, desolata. Un immenso deserto, rocce alte, sabbia fina.
Lui era lì, buttato sulla spiaggia, i piedi nell’acqua. Gli occhi ben aperti, fissi nel cielo.
-Shikamaru?- chiamò lui, sedendosi al suo fianco.
Il moro non sentì, continuò a guardare il cielo, calmo e tranquillo. Sembrava la scena di un film.
Poi si voltò, guardò Naruto, mormorò un –Domanda pure.
-Come hai imparato a sognare?- chiese allora il biondo, guardandolo con la telecamera.
-Io?-  una riflessione di un attimo –Ho imparato a sognare dando calci ad un pallone. La mia vita era calma, piatta, perfetta. Qualche amico, un pallone, il prete palloso, la mamma che grida… tutto normale. Ma mi resi conto che non bastava più. Ho capito che volevo qualcosa di diverso della solita vita piatta. Ed eccomi qui.
Naruto sorrise. –Proprio quello che mi aspettavo da te.- affermò, per poi salutarlo con una pacca sulla spalla. Era quello che voleva lui, rimanere in pace, in solitudine, da solo.
Si mise alla ricerca di Sakura e la trovò solo dopo un’ora buona. Era con Hinata, seduta al bar. Parlottavano tra loro, a bassa voce. La mora le teneva stretta una mano, come a darle conforto. Gli dispiacque interrompere quel momento, ma ormai le aveva riprese con la video camera.
Andò da loro, chiese gentilmente il permesso di sedersi, sistemò le sue cose e si accomodò.
-Tutto bene, ragazze?- disse, gentile –Sicure che non disturbo?
-No, tranquillo.- rispose Sakura –Chiedi pure quello che vuoi.
-Bene, Sakura-chan!- si entusiasmò e cercò di trasmettere la propria allegria –Sogni, vero?
-Assolutamente sì.- rispose, convinta –Sogno di diventare un’importante chirurgo di traumatologia. Altrimenti non avrei studiato così tanto!
-E dimmi, quando hai cominciato a sognare?
-Quando?- ci pensò un attimo –Quando ho scoperto che un sogno, un obbiettivo, ti aiuta a crescere.
-Hmmm, bella risposta.- Naruto si alzò, raccolse le sue cose –Io vado, volete venire con me?
Le ragazze si guardarono, sorrisero, complici.
-Io vengo, Naruto.- disse Hinata, alzandosi a sua volta.
Si incamminarono, c’era il tramonto. Si chiesero dove fosse Sasuke, lo cercarono ovunque, e infine lo trovarono sulla spiaggia, da solo, vestito. Il lungomare era deserto già.
In piedi, con le mani nelle tasche, vestito di nero, Sasuke guardava l’orizzonte rosso, assorto. Sarebbe stata una bellissima scena, molto romantica. I due gli si avvicinarono, lo affiancarono, gli sorrisero e guardarono con lui il tramonto.
-Ciao, angeli custodi.- li accolse lui, sottolineando il modo in cui si erano posizionati.
-Come sei dolce Sasuke, grazie!- disse Naruto, facendo appositamente una vocetta effemminata.
-Era per dire, baka. Tu combini solo danni!- rispose, sogghignando –L’unico angelo qui è Hinata.
-Grazie, Sas’kè.- disse lei ridendo, mentre Naruto si ingelosiva.
-Di niente Hinata.- e Sasuke guardò di traverso l’amico, prendendolo in giro.
Aveva voglia di picchiarlo, ma si contenne e puntò l’obbiettivo sul moro.
-Allora, caro il mio Sasuke, cosa sogni?
-Sogno di essere esattamente quello che sono. Un musicista famoso.
-E dimmi, quando hai cominciato a sognare?
-Quando da bambino, guardandomi intorno, mi resi conto di non avere uno spicciolo, né una casa, né cibo. Ero solo in mutande.
Naruto sorrise, ricordò il periodo che stava citando come se fosse ieri, così gli diede una pacca sulla spalla e tornò a guardare l’orizzonte.
-E guarda dove siamo adesso, Sasuke.
Lui gli sorrise a sua volta, senza rispondere. Stettero per un po’ lì, in silenzio, poi Hinata disse che doveva andare.
-Devo organizzare la cena in fretta,- spiegò –perché dopo avete un piccolo concerto ad una festa sulla spiaggia!
I ragazzi la salutarono, la videocamera era spenta, loro ancora in piedi. Il sole, ormai, stava cedendo il posto a sorella Luna.
-Sei felice, Sasuke? – domandò all’improvviso il biondo, mortalmente serio –Me lo diresti se qualcosa non va per il verso giusto, vero?
-Cosa sono queste domande, Naruto?- domandò lui, invece di rispondere –Mi preoccupi.
-Rispondi e basta, dai.- disse l’altro, accennando ad un breve sorriso.
-Sto bene.- rispose allora Sasuke –Ho amici, una bella carriera davanti, sono single… sto bene.
-Ma non sei felice.- completò Naruto –Sono sicuro che non ti piace più essere single.
-Me lo farò piacere.- un sorriso amaro si dipinse sul volto di Sasuke.
-Non potresti tentare di farle cambiare idea…?
-No.- rispose il moro –Adesso non è il momento. Lei non vuole. Sa che sarebbe un disastro, e ha ragione.
-Ma…- Naruto lasciò perdere quello che stava per dire –Adesso, quindi la aspetterai.
Sasuke appoggiò un braccio sulle spalle dell’amico, cambiando argomento con un sorriso smorto –Andiamo fannullone, devi riempirti lo stomaco fino a strafogare, come al solito.
Naruto sorrise, mosse un passo, ma perse all’improvviso l’equilibrio. Sasuke lo sorresse, la faccia bianca, lo sguardo preoccupato.
-Ehi amico, tutto ok?- disse infatti.
-Sì..- rispose Naruto, tentando di sorreggersi –Tutto ok, sono soltanto stato troppo sotto il sole.
Il moro bestemmiò come suo solito e riportò l’amico nell’albergo, facendolo divertire.
 
Sangue sulle strade che mi arriva alle caviglie
Sangue sulle strade che mi arriva alle ginocchia
Sangue che si espande, melma su dal fondo
Sangue sulle strade e nei cunicoli del mondo
 
She came then she drove away
Sunlight in her hair…
 
Sangue sulle strade che mi arriva fino al petto
S c’è sangue sulle strade che mi arriva fino al collo
Lacrima sbiadisce per un attimo il colore
Sangue sulle strade, sangue e niente amore!
 
She came then she drove away
Sunlight in her hair…
 
Blood in the street in the torn of New Haven
Blood stains the roofs and the palm tree of Venice
Blood in my love in the terrible summer
Bloody red sun of fantastic L.A.
 
Sangue sulle strade che mi arriva alle caviglie
Sì c’è sangue sulle strade che mi arriva alle ginocchia
Troppo sangue sulle strade che mi arriva fino al petto
Sangue sulle strade che mi arriva fino al collo…
 
 
Naruto si riguardava, nel video registrato da Hinata e già postato su youtube. Le sue movenze, i suoi balli, la chitarra elettrica, Sasuke che si muoveva al ritmo suonato da lui, la batteria impetuosa di Shikamaru, il suono scandito del basso di Kiba. E lui lì, a ballare e cantare nel mezzo, come un pazzo: si piaceva, mentre si esibivano con Peace frog.
Ormai in camera, Naruto prese la videocamera e puntò l’obbiettivo su Hinata, seduta vicino a lui.
-Hinata, quando hai cominciato a sognare?- le chiese, guardandola negli occhi attraverso l’obbiettivo.
-Io ho cominciato a sognare una sera d’estate. Ricordo perfettamente il momento. – disse, con un sorriso dolce sulle labbra –Avevo litigato con mio padre e scappai di casa. Corsi così tanto che mi ritrovai nella Tokyo desolata, nei sobborghi, la periferia dei poveri. Vidi un bambino biondo guardare attento una vetrina ricca di oggetti musicali. Mi impietosii, sperai per lui, sognai.
Un sorriso grande e largo si disegnò sul volto sereno di Hinata. –Penso che quel bambino fossi tu, Naruto.
Lui sorrise, dolcemente –Allora è per opera della preghiera di un angelo che adesso il mio sogno si è realizzato.
Hinata rise, poi inforcò la videocamera e la puntò sul biondo.
-E tu, Naruto, quando hai cominciato a sognare?
-Non ricordo di averlo mai non fatto. Ci sono nato sognatore. Per forza, dovevo sognare, sperare, perché sono diventato solo troppo presto… mi ha aiutato, però!- sorrise, dolcemente, poi concluse –Ebbene, abbiamo raccolto ispirazione a sufficienza per una canzone. Presto posterò il video della canzone scritta e cantata, quindi aspettate il gran finale!
La videocamera spenta, la camera tutta per loro. Si baciarono, si amarono.
 
 
 
 
Ho imparato a sognare
Che non ero bambino
Che non ero neanche un’età

Quando un giorno di scuola
Mi durava una vita
E il mio mondo finiva un po’ là

Tra quel prete palloso
che ci dava da fare
e il pallone che andava come fosse a motore
c’era chi era incapace a sognare
e chi sognava già…

Ho imparato a sognare
E ho iniziato a sperare
Che chi c’ha d’avere avrà

Ho imparato a sognare
Quando un sogno è un cannone,
che se sogni ne ammazzi metà!

Quando inizi a capire
Che sei solo in mutande
Quando inizi a capire che tutto è più grande
C’era chi era incapace a sognare
E chi sognava già

 
Tra una botta che prendo
E una botta che dò
Tra un amico che perdo
E un amico che avrò
Che se cado una volta
Una volta cadrò
E da terra, da lì m’alzerò
 
C’è che ormai ho imparato a sognare e non smetterò…

 
Ho imparato a sognare
quando inizi a scoprire
Che ogni sogno
Ti porta più in là

Cavalcando aquiloni
Oltre muri e confini

Quando tutte le scuse
Per giocare son buone

Quando tutta la vita
È una bella canzone

C’era chi era incapace a sognare
E chi sognava già
 
Tra una botta che prendo
E una botta che dò
Tra un amico che perdo
E un amico che avrò
Che se cado una volta
Una volta cadrò
E da terra, da lì m’alzerò
 
C’è che ormai ho imparato a sognare e non smetterò…
 





 


Ciao :)
Questo per me è un capitolo davvero importante,
anche se mi sembra di averlo scritto un pò na mer...
Beh, ho voluto immaginare un Naruto in contatto con
i fan, che spiega come lui e il suo gruppo scrivono
canzoni, parlando del suo metodo personale.
Una canzone che racconta i vari membri del gruppo
e le ragazze, tutti il nostro carissimo gruppo insomma!
Alla fine ho colorato il testo con i colori che meglio
rappresentano i personaggi, provate a indovinare
a chi corrispondono! E poi:
Qual è il tuo sogno?
Quando hai cominciato a sognare?


Rispondete e recensite <3

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Capitolo 36
*** Gioia infinita. ***


Filosofia di vita.
-
Gioia infinita

[Comunque vada, siamo insieme.]


 

[Canzone di oggi: Negrita-Gioia infinita. DA ASCOLTARE!]
L’ultimo giorno. L’ultimo giorno di riposo, divertimento, sguardi, risa. L’ultimo giorno di vacanza.
Quella mattina Naruto si era svegliato di malumore. Aveva aperto gli occhi, di colpo, come dopo un brutto sogno. Aveva guardato il soffitto bianco che per l’afa di fine estate sembrava sudasse. Pensò che gli sarebbe mancato anche quello, l’afa, il soffitto bianco, la finestra aperta, l’estate fuori ad augurarti il buongiorno. L’ultimo giorno e poi sarebbe venuta l’ora di tornare a casa. Casa, casa di Hinata, un poco sua: il simbolo della sua vita che cambiava, passo passo. Tornare a casa… cosa aspettarsi?  Hinata l’aveva annunciato, la sera prima: al rientro li aspettava un concerto a Tokyo, poi il secondo album; la notizia del loro tour aveva fatto impennare le vendite, le piccole sommosse di inizio estate cantando nelle piazze avevano fatto scalpore, i video erano stati visualizzati da migliaia di persone, i commenti tanti e in tante lingue diverse. Erano diventati famosi, così, all’improvviso, dopo anni di tentativi falliti. Cosa aspettarsi? Come reagire alla vita che cambia, quando tu ti senti lo stesso di sempre, per niente diverso?
Si voltò, ed ecco la soluzione a tutti i suoi problemi. Quella bellissima donna, tutta sua, coperta solo da un leggero lenzuolo di lino, la sua pelle bianchissima e pura, la bocca come una fragola succosa e matura, le mezzelune scure degli occhi, i capelli come i suoi personalissimi frammenti di notte. Eccola lì, la donna che gli aveva cambiato la vita, rivoltandola da cima a fondo, letteralmente. La donna con cui voglio passare il resto della mia vita, pensò, mentre lentamente le si avvicinava, qualsiasi vita sarebbe troppo corta, per stare con lei. Scostò la coperta, rivelando le sue nudità; le accarezzò un fianco, si spostò su di lei e il contatto con la sua pelle fresca lo fece rabbrividire di piacere. Sentì il corpo di lei scuotersi, abbandonare Morfeo; le sfiorò la spalla con un bacio, salendo fino al piccolo lobo. Sentì il suo respiro caldo sulla pelle, la sua risata delicata e armoniosa. Sorrise, continuando a baciarla.
-Ci siamo svegliati di buon umore, Naruto-kun?- domandò lei, continuando a ridere, accarezzando con le mani fresche la sua schiena, donandogli tanti piccoli brividi.
-Veramente no.- sussurrò lui, contro la sua pelle –Ma stare con te mi fa stare meglio.
Hinata lo avvolse, lo abbracciò forte, lui si appoggiò, lasciò che il suo peso gravasse su di lei. Si sistemò sulla sua spalla, ascoltò i battiti veloci del suo cuore, tamburellò con le dita a tempo e si lasciò cullare dalla mano di lei fra i capelli biondi, chiudendo gli occhi.
-Qual è il problema, Naruto?- chiese lei, soave e gentile come sempre.
Il ragazzo smise di tamburellare con le dita, le accarezzò un braccio, avvinghiò le dita alle sue, pensando.
-E se fossi inadeguato?- chiese, la voce grave –Se non meritassi quello che sto ricevendo?
-Come puoi pensarlo?- fu la risposta immediata –Non hai avuto una bella vita fino a adesso.
-Appunto. Ho fatto tante cose brutte.- asserì lui –E non so come dovrò comportarmi.
-Non importa ciò che hai fatto prima.- gli accarezzò nuovamente la schiena –E imparerai come comportarti, tutto viene da solo col tempo. Non importa se sbaglierai.
Lui aprì gli occhi, li fisso in quelli bianchi di lei, dov’era così facile specchiarsi. Scorse la sua dolcezza, il suo infinito candore, tutto il suo amore. Le scostò una ciocca di capelli, si avvicinò alle sue labbra e la baciò lentamente. Vi rimase, a lungo.
-Ti amo, Hinata Hyuga.- disse, la voce roca, incredibilmente sincera e suadente.
Hinata sorrise mentre Naruto si spostava, le prendeva il viso fra le mani, cominciando a baciarla passionale, ad accarezzarla dolcemente, ad amarla con tutta la forza che aveva in corpo.    
 
La colazione in camera era perfetta. Latte, caffè, the, biscotti, ciambelle, pasticcini. Hanabi se la godeva davvero, mentre in accappatoio, i capelli bagnati sulle spalle, mangiava tranquilla nel terrazzino della sua camera, guardando il paesaggio perfetto del mare.
Tranquillità, finalmente, senza collegio, senza caos interiore, senza problemi.
Non sapeva che Kiba fosse sveglio e che la stesse guardando in silenzio, al di là del vetro. Quella visione eterea lo spingeva alla calma, alla tranquillità. Di colpo si era reso conto quanto fosse inutile la sua vita senza Hanabi. Guardandola, in quell’atteggiamento tranquillo, quotidiano, si era accorto di quanto desiderasse vederla ogni giorno in quel modo. Così serena da renderlo felice soltanto a guardarla. Si sentiva bene e male allo stesso tempo. Aveva capito che non poteva vivere senza di lei. Per la prima volta dipendeva completamente da qualcuno. Dolore. Dolce ed estasiante dolore, droga mattutina, botta di vita, sangue al cervello. Stare con Hanabi era come stare a testa giù per ore. Doloroso, ma estasiante. Come quando da bambino si metteva sul letto e lasciava il capo penzoloni, guardando la sua camera al contrario. Estasiante. Avrebbe voluto vivere di lei. Era così facile vivere con lei in quel modo, senza pensieri, perennemente in vacanza.
Aprì la porta a vetri, con un pensiero fisso nella mente. E a Tokyo?
-Ah, sei sveglio!- lo salutò lei, entusiasta –Vieni a provare questo pasticcino!- lo invitò lei suadente, con il suddetto fra le dita sottili e affusolate.
E nella vita vera?, continuò a chiedersi lui, ignorando completamente le parole della ragazza.
Le si avvicinò, lentamente, come un automa, lo sguardo mortalmente seria e la mascella serrata. Si inginocchiò vicino alla sdraio dove Hanabi era comodamente seduta, in modo da essere alla sua altezza e guardarla dritto negli occhi.
-Che succede?- mormorò la ragazza spaventata, porgendogli la mano –Non mi chiederai mica di sposarti, vero?
Sul viso bruno di Kiba nacque un sorriso smorto e stanco. Hanabi ammutolì, notando la profonda serietà e tristezza del ragazzo. –Che succede?- mormorò nuovamente.
Il moro prese con dolcezza la mano di Hanabi fra le sue. Notò il suo tremore, gli occhi terrorizzati, ma non gli importava in quel momento. Voleva solo dissipare i propri dubbi.
-Cosa succederà, Hanabi? – chiese, lo sguardo profondamente preoccupato –Cosa succederà tornati a casa? Qui abbiamo fatto pace, siamo stati tranquilli, calmi. Ma dopo cosa succederà? Mi lascerai? Torneremo a litigare, di punto in bianco? Cosa succederà?
Ad ogni parola pronunciata, la forza, la rabbia e la paura di Kiba era emersa pezzo a pezzo, mentre lentamente la bocca di Hanabi si socchiudeva, stupita, senza parole. Stettero per un minuto così, silenziosi, a guardarsi senza sapere cosa dire o come comportarsi.
A Kiba tornò in mente l’Hanabi di prima, non più spaventata, stupita, silenziosa, ma quella felice, dolce, scherzosa, quella che gli offriva gentile e suadente la colazione. In un attimo, la rabbia, la paura e tutto ciò che lo induriva sfumò, come la schiuma delle onde forti. Il suo sguardo si fece solo triste ed il leggero guizzo che prima li illuminava scomparve totalmente. Fu lui a tremare.
-Voglio solo sapere che non ti perderò…- sussurrò, la voce profonda -…che nulla cambierà…
Un momento e la ragazza si riprese. Sorrise, dolce, per poi accarezzare la guancia bruna di lui.
-Sai cosa succederà?- disse lei, serena –Torneremo a casa, e io andrò a vivere con mia sorella. Sarai il benvenuto, come sempre, tesoro mio. Io finirò gli studi, tu farai fortuna. Suonerai, farai tanti concerti, arriveranno un po’ di soldi e prenderai un appartamento nuovo, più grande e luminoso, più vicino a me. Prenderai una colf che terrà pulita la casa, ma deve essere vecchia, o sarò gelosa! – rise, scherzò –Ogni tanto passeremo la giornata insieme. La notte insieme. Preparerò la colazione per te e dovrai fartela piacere! Faremo una doccia, poi usciremo a fare la spesa, raggiungeremo gli altri. Saremo felici e saremo insieme.- disse, con un sorriso dolce, asciugando lesta la lacrima che le era sfuggita.
E poi vide i denti bianchissimi di lui, il suo gran sorriso. Lui l’abbracciò, la strinse forte, la baciò ed inspirò il suo profumo.
-Ti amo.- disse lui –E io non le mangio le tue schifezze!- scherzò, parando subito lo schiaffo che lei gli aveva sferrato stizzita.
La strinse, la sollevò tenendola fra le braccia e la baciò nuovamente.
-Dico che possiamo cominciare andando a fare una bella doccia insieme, adesso!
 
Era sveglia da un po’. Troppo forse, troppo tempo per pensare, senza che nessuno la interrompesse. Ragionamenti, logici e non, le affollavano la testa. Pensava, poi confutava, si dava ragione, si smentiva. In altre parole, non trovava pace a ciò che l’attanagliava.
Ah… mal di testa assicurato, pensò Ino, girata su un fianco nel letto che ormai condivideva con Shikamaru da giorni.
Ed eccole, le sue mani bollenti, la sua pelle nuda. Lui si era avvicinato, l’aveva avvolta nel pieno del dormiveglia, come faceva ogni mattina. Da lì a poco si sarebbe svegliato, stretto a lei.
Decise di non aspettare. Per lui sarebbe stato un brusco risveglio, o forse dolcissimo, ma la sua personalità la rendeva incapace di attendere oltre.
-Quando torneremo a Tokyo sarà tutto finito, vero?- chiese, secca e perentoria.
Sentì le mani di Shikamaru stringerla forte, avvicinarla a sé. Si era svegliato completamente, aveva capito a cosa si riferiva. Tornando a casa ci sarebbe stata Temari. I problemi sarebbero ricominciati, la confusione pure, e lui sarebbe tornato ad essere indeciso, come sempre.
-Non ci pensare…- mormorò lui, la voce leggermente impastata per il sonno.
-No, Shikamaru, dammi una risposta.- la rabbia, quella rabbia repressa, tornò a galla. Ino non era più comprensiva, Ino voleva risposte, Ino lo voleva.
-Sì.- disse lui allora, senza mezzi termini. Era la verità.
Ino tornò a respirare, rendendosi conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. Respirò, la rabbia rimase, ma lo capiva. Comprendeva la sua confusione, infondo non aveva ancora scelto. Quella vacanza era stata un bellissimo spin-off, nient’altro, qualcosa che, se non fossero partiti, non sarebbe mai successo.
Si divincolò dalla stretta di lui e si alzò, raccogliendo i capelli nella solita coda di cavallo. Indossò velocemente la maglia, i pantaloni, prese la valigia preparata la sera prima e tutto l’occorrente.
Poi lo guardò. Era rimasto nella stessa identica posizione. Steso su un fianco, le braccia lunghe nel letto, a coprire il posto vuoto lasciato da lei. Sembrava triste e desolato. Non la guardava neanche.
-Hai avuto la possibilità di vedere come si sta con me.- disse la bionda, orgogliosa di sé –Spero che questo serva a qualcosa.
Non attese risposta, e con tutte le sue cose uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Shikamaru tacque. Tacque la verità. Non disse nulla. Non esisteva più confusione, nessuna incertezza, non riguardo lei, Ino, la sua Ino. 
Esisteva solo un problema, quello taciuto, sempre presente nella sua mente affollata.
Temari era incinta.
 
Lei che fumava. Difficile a credersi, ma lei, la futura dottoressa, fumava. Un dottore, un medico che fuma è un vero e proprio controsenso, tipico caso di chi predica bene e razzola male. “Fumare fa male!” e lei, che lo aveva studiato, aveva studiato i polmoni, la composizioni chimica delle sigarette, se ne fregava e fumava. Quante volte aveva rimproverato a Sasuke di smetterla, di non farlo, e quante altre Sasori aveva rimproverato lei. “Ti fa invecchiare” diceva, scuotendo la testa “Morirai!” la ammoniva. Lei lo mandava affanculo, nello stesso identico modo in cui lo faceva Sasuke con lei.
-Finché mi fa sentire vivo, non m’importa di morire prima.- disse a denti stretti, sussurrando le parole che aveva detto a quel tempo, la stessa giustificazione di Sasuke, non cambiando nemmeno una virgola del modo in cui l’aveva pronunciata lui.
-A me importa.- disse lui, affiancandola, arrivato proprio in quel momento dopo averla cercata a lungo –Era questo che pensavi, quando te lo dicevo io?
Si portò una sigaretta alle labbra e contemporaneamente Sakura gli passò un accendino.
-Più o meno sì.
-Non penso torneremo insieme.- disse Sasuke, calmo e pacato –Ti è piaciuto tradirmi?
-All’inizio non mi rendevo nemmeno conto che era questo che facevo.- rispose lei, egualmente calma –Poi, quando me ne sono accorta, mi sono sentita giustificata. Mi avevi lasciato. Mi è piaciuto, sì.
-Ti ho lasciato per un motivo stupido, sai?- affermò Sasuke –Errore mio. Avevi ragione su tutto. Ma ero arrabbiato, perché era il periodo in cui i miei genitori erano morti.
-Non lo sapevo…- disse la ragazza, un po’ affranta –Non me lo avevi detto.
-Già.- rispose lui –Ci stavo pensando giusto ieri. Ho capito di non essermi mai aperto davvero con te. Forse non era destino…
Sakura lo guardo. Incontrò i suoi occhi scuri, anche lui la stava guardando. Ci si perse, un’ultima volta.
-Io ti amo ancora, Sasuke.- asserì la ragazza –Me ne sono accorta quando ti ho rivisto. Ma forse non era destino.
-Sei stata importante.- lo disse di punto in bianco, serio –E lo sei ancora. Ma tu sei troppo caparbia, e io troppo…
-Psicopatico, lunatico, maniaco, cinico, stronzo?- scherzò lei, fornendogli una lunga serie di aggettivi con cui concludere la frase.
-Sì, questo, e immaturo.- lui tornò subito serio –Ho bisogno di crescere prima di avere una relazione seria.
-Magari torneremo insieme fra qualche anno, chissà.- suggerì lei, con un leggero sorriso.
-Chissà…- concordò lui –Intanto moriamo un po’ insieme con le sigarette, ok?
 
 
 
Quel mare. Bello, bellissimo il Mediterraneo. Un’acqua salata “dolcissima” per i loro ricordi, probabilmente. Una vacanza da sogno per tutti, decisamente.
Ma per loro, per quei quattro ragazzi, assumeva una sfumatura particolare: color speranza per l’avvenire, per la loro promettente carriera.
Quel mare era stato spettatore della realizzazione di un sogno.
E mentre i ragazzi si accingevano a dirgli addio, pensavano tutti la stessa cosa.
Naruto appoggiò le braccia sulle spalle di Sasuke e Shikamaru, accanto a lui. Kiba era accanto a Shikamaru, e tutti insieme guardavano il paesaggio del mare a mezzogiorno, vestiti di tutto punto, pronti a partire. C’era da festeggiare, avevano fatto un tour, si erano fatti conoscere, ma nessuno aveva il coraggio di parlare. Inspiravano l’aria di mare, osservando tutto ciò che si stavano lasciando alle spalle.
-Siamo insieme e ce l’abbiamo fatta.- fu Naruto a rompere il silenzio –A casa brinderemo a noi quattro. Sono così felice di condividere questo cammino con voi… grazie di tutto, ragazzi.
E mentre in macchina, in cammino per l’aeroporto, nessuno parlava, assorto nei propri pensieri, Naruto scrisse la prima canzone del secondo album. La canzone che quella sera stessa suonarono a Tokyo.
 
L’onda lunga dell’asfalto schiaccia le parole,
sguardi persi oltre i vetri, oltre di noi
il ritorno porta addosso mal di testa e mal d’anima,
nei silenzi ognuno piano fruga dentro di sé…
 
Dal coma proverò a riemergere,
nelle nebbie mie lisergiche,
o madonna che ora era?
Era oggi o ieri sera?
20 notti e poco giorno
Me le sento ora che torno
Ora che la Fiesta è andata,
pace amore e gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!)
 Gioia infinita!
(Luz de luz mata mi dolor)
Gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!
Infinita!
(luz de luz mata mi dolor)
Pagherei per questa vibra buona
Per averla sempre quando uno suona
Porto dentro quei sorrisi
Le parole gli sguardi i visi
E qualcuno ancora si stupisce
Del fuoco sacro che ci unisce
Scosse forti all’anima
Che nessuno scorderà più.
È questo è il bardo rosa,
lui Illumina la città
Cantando si dimena, un viva alla strada un viva all’amicizia vera
Che è una cosa rara
Che un oceano ci separa
Brindo a voi e questa vita
Pace amore e gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!)
 Gioia infinita!
(Luz de luz mata mi dolor)
Gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!
Infinita!
(luz de luz mata mi dolor)
 
Senti roy come spacca con la tromba
 
Brindo a voi, a questa vita
Gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!)
 Gioia infinita!
(Luz de luz mata mi dolor)
Gioia infinita!
(como un rio, como el mar, como el sol!
Infinita!
(luz de luz mata mi dolor)



 
Pensavate di esservi liberati di me? Nono! Sono tornata!
Cominciamo... questo capitolo è molto importante. 
Tutti hanno dei dubbi, chi più, chi meno, e hanno problemi.
Naruto ha paura di non meritarsi quello che gli succede, di
non saper affrontare tutto il duro lavoro che lo aspetta; Kiba
ha paura che una volta tornati alla vita vera con Hanabi 
succeda il finimondo; Shikamaru ha lasciato i suoi problemi 
a casa e una volta tornato a Tokyo dovrà affrontarli; Sasuke
ha capito i suoi errori, ha capito che deve crescere, che 
Sakura ha sempre avuto ragione su tutto.
La cosa che conta di più però è il fatto che sono insieme.
Loro quattro sono ancora insieme è questo è l'importante.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lascerete qualche commento!
Grazie a chiunque legga! Vi lascio il link del mio forum!

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Capitolo 37
*** Sale. ***


Filosofia di vita.
-
Sale

[Racconti di rabbia sputata in faccia]

 
[Negrita - Sale]
Il ritorno a Tokyo era stato travagliato. Non tanto il viaggio in aereo: quelle ore erano passate esattamente come all’andata, fra sonnellini e risate. Era l’arrivo che aveva fatto tutto; il ritorno ai problemi, alla vita di tutti giorni, timore per l’avvenire. Ognuno aveva i propri pensieri, i propri mali, ma quello che forse era più attanagliato dai problemi, era Shikamaru.
Eccolo, mentre varcava la soglia di casa, rimasta chiusa per tanto tempo. Posò la valigia sul letto pronto a disfarla, stanco. Scostò le tende, fece trapelare la luce, lasciò qualche finestra aperta per eliminare l’odore di chiuso. Quel pomeriggio, il pomeriggio del ritorno, desiderava solo dormire, ma a vedere il proprio cellulare, dimenticato appositamente sulla scrivania, si ricordò che non gli era possibile. Prima avrebbe risolto i suoi problemi, prima sarebbe stato in pace, a dormire e riposare in tranquillità.
Prese il cellulare in mano e si assicurò di accenderlo bene in tutta calma. Il display si illuminò, e presto il cellulare cominciò a vibrare insistentemente. Raffiche di messaggi arrivavano appena acceso il suddetto, piccoli SMS arrabbiati di un’estate intera. Ciò lo stupiva. Conosceva il carattere di Temari come le sue tasche. Non amava aspettare, lo sapeva, ma non avrebbe mai creduto che la Sabaku No dimenticasse completamente il suo orgoglio e la sua dignità, pur di stressarlo.
Tantissimi i messaggi arrabbiati, e Shikamaru non poté che sospirare, affranto. Temari era incinta. Come procedere?
Stanco, si infilò sotto la doccia, per riprendersi. Si vestì, prese le chiavi della sua macchina e uscì.
 
Rimase fermo a guardare il volante per un po’.
Era arrivato al Sabbia Rossa, ma non sapeva cosa aspettarsi. Sarà leggermente ingrassata, pensò fra sé , sempre se è incinta davvero.
Come reagire? Si voltò verso il locale, osservando la finestra. Vi trovò due occhi verdi guardarlo. Eccola, Temari, boccale e straccio in mano, da brava proprietaria. A quel punto si fece coraggio. Lei lo invitava ad entrare, con i suoi occhi magnetici.
Aprì lentamente la portiera della macchina, scendendo con altrettanta calma. Spinse il bottone delle chiavi e chiuse l’automobile. Si incamminò, in pochi passi fu all’entrata del bar.
Temari lo guardò, lo strofinaccio ancora in mano. L’osservò, la sua figura era leggermente arrotondata, ma non si capiva se fosse incinta di dieci settimane.  
Lei lo guardava, dura. Sbatté forte il bicchiere sul bancone e tutti gli ubriaconi fecero silenzio.
-Andiamo di sopra.- disse, rude e severa, incamminandosi.
Shikamaru fu pronto a seguirla, su per le scale, dove i tre fratelli condividevano un appartamento.
Appena raggiunta la sua camera, la ragazza si voltò, mani sui fianchi.
-Sei un fottuto bastardo.- la voce era calma, stentorea –Sei scomparso.
-Ho lavorato. Sono partito in tour.- rispose lui, appoggiandosi al muro.
-E non ti sei nemmeno degnato di informarmi!- stringeva forte lo straccio, continuando a tenere le mani sui fianchi –Né hai risposto ai miei messaggi. Sono incinta!
Shikamaru abbassò lentamente la testa, mentre lei continuava a parlare, non curante. Temari cominciò addirittura a camminare avanti e indietro, nervosa.
-Dovrai comprare una casa più grande.- prese ad elencare, contando sulle dita della mano –Una macchina più grande. Non ho intenzione di crescere questo figlio da sola. Dovrai trovare un lavoro fisso qui vicino, oppure, se vuoi continuare a suonare, dovrai trovare qualcuna ad aiutarmi, una levatrice. E poi ovviamente dovremo arredare la casa. Voglio essere comoda… non c’è molto tempo per cominciare una vita insieme, prima dell’arrivo del bambino…
-Zitta, Temari.
La voce sibillina e oscura che provenne improvvisamente dal moro non sembrava appartenergli. Lei non lo aveva mai visto così. Con la schiena contro il muro, il viso abbassato ed adombrato, le mani nelle tasche, sembrava la versione passiva-aggressiva di Sasuke, non certo il caro Shikamaru Nara. Si spaventò, nel vederlo tanto arrabbiato e frustrato, e indietreggiò.
-Vuoi venirmi a dire che con tutti gli uomini con cui vai a letto, io sarei il padre di tuo figlio?- la risata che ne scaturì fu quasi sadica –Per favore. Vuoi legarmi a te. Sai cosa faremo, Temari?
Finalmente il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. Due occhi neri brillanti, guizzanti di rabbia.
-Andremo a fare un bell’esame dal ginecologo.
  
Passarono alcuni giorni. Hanabi era stata iscritta ad un liceo statale di Tokyo, non troppo lontano dalla zona in cui viveva.  Frequentava assiduamente, cercando di legare con una nuova classe. Gli studenti però si conoscevano già, mentre lei era stata lontana da Tokyo, quindi, almeno per il momento, le era difficile legare. Non sapeva bene il motivo, ma c’era sorta di diffidenza nei suoi confronti.
Inoltre, Hinata e Naruto erano quasi sempre lontani da casa, poiché insieme al gruppo stava programmando il secondo album. Di conseguenza, anche Kiba era impossibilitato dal venire a trovarla. Certo, appena lei stessa fosse stata libera dagli impegni scolastici, li avrebbe raggiunti, probabilmente nel pomeriggio. Nel frattempo però si sentiva molto sola e triste, perché non aveva parlato quasi con nessuno.
Dopo aver fatto un veloce viaggio in pullman, seduta accanto a un moccioso puzzolente che l’aveva infastidita tutto il tempo, percorse un breve tratto a piedi fino ad arrivare a casa.
Era stata una giornata orribile e, quando finalmente vide la casa che si ergeva in lontananza, il cancello, l’ampio giardino, subito cominciò a rasserenarsi.
Un impulso la spinse a correre e, quando fu al cancello, vide qualcuno all’uscio. Quando lo riconobbe, sgranò gli occhi e lasciò quasi cadere la cartelletta che sosteneva con la mano.
Si riprese, strinse forte la mano attorno alla maniglia nera della cartella, sospinse il cancello e corse verso la porta, entusiasta, con un gran sorriso felice.
<< Neji-niisan! >> urlò, saltandogli al collo mentre lui stesso l’abbracciava << Sono così felice di vederti! >>
Lui le regalo un mezzo sorriso.
<< Ciao, Hanabi >> disse lui, salutandola lievemente.
La ragazza arricciò le labbra, guardandolo con un espressione contrariata e buffa.
<< Il solito “sono uno Hyuga e anche se ti voglio un bene dell’anima rimango inflessibile”? >> chiese, per poi passare davanti a lui e aprire la porta << Avanti, entra! >>
Entrambi entrarono in casa, sfilandosi poi le scarpe e infilando le ciabattine.
<< Hinata? >> chiese Neji, guardandosi attorno.
<< Non c’è, lavora, altrimenti non ti avrei fatto entrare. >> affermò, facendo strada fino alla cucina << Non voglio che litighiate ancora. >>   
Il ragazzo grugnì, sedendosi sull’isola, osservando la ragazza mentre apriva il frigorifero e cercava qualcosa per cucinare. Come sempre, Hinata era stata previdente, e le aveva lasciato un pranzo che era soltanto da scaldare.
<< Io non voglio litigare con lei >> affermò lui, serio.
<< So che le vuoi bene. >> rispose la ragazza << Come ne vuoi a me. Ed anche lei lo sa! Solo che non riesce a non essere arrabbiata con te. >>
<< Lo so. >> il ragazzo era ancora serio e imperturbabile << Ma sono cose tra me e lei ed entrambi concordiamo che tu non debba farne parte. >>
La mora prese a scaldare il riso e tutto quello che aveva preparato sua sorella.
<< Vuoi mangiare con me? >> chiese lei, cambiando argomento.
<< Sì, grazie. >> accettò lui << Come ti trovi qui? >>
<< Hmm… >> Hanabi mugugnò << E’… diverso. Difficile. >>
<< Non ti trovi a tuo agio? >>
<< Devo solo abituarmi. >> sospirò, impiattando il pranzo << E’ strano, ma sento una strana diffidenza da parte di tutti i miei compagni di classe. >>
Neji rise << Vuoi sapere perché sono diffidenti? Perché si chiedono “perché questo splendore è arrivato a sconvolgermi la vita?” >>
Hanabi arrossì, arricciando le labbra in quella buffa espressione << Quanto sei scemo! >>
La ragazza apparecchiò in fretta, porgendogli da bere e da magiare, e alla fine si sedette davanti a lui. Cominciarono a mangiare, in silenzio, finché lui non posò le bacchette e la guardò seriamente, con gli stessi occhi di tutti gli Hyuga.
<< Sono davvero felice che tu sia qui. >> disse, la voce bassa e profonda << Ma sono preoccupato per te. Per  certi versi preferirei che tu tornassi in Svizzera. >>
Hanabi abbassò le bacchette, guardandolo seriamente a sua volta, con i grandi occhi spalancati su di lui.
<< Perché dici così? >> chiese, la voce titubante.
<< Mi sembra ovvio. >> rispose lui << Hinata per averti qui si è messa contro vostro padre, e lui ha promesso che gliela avrebbe fatta pagare. Ovviamente non farebbe mai del male a te o a tua sorella, ma non mi piace che tu sia convolta in… >>
<< Cosa? >> interrompendola, la ragazza sgranò gli occhi, impaurita << Neji-niisan, di cosa stai parlando? >>
<< Non mi dire che Hinata non ti ha detto niente… >> la guardò truce << Hinata ha fatto arrabbiare zio Hiashi, minacciandolo pur di averti qui. Lui ha ceduto, ma le ha detto che gliela avrebbe fatta pagare. >>
Hanabi aprì la bocca, rimanendo senza parole. Non sapeva che dire e cosa fare. Riusciva solo a pensare: perché Hinata mi ha taciuto tutto questo?
<< Sono venuto qui per metterti in guardia. Desidero che tu stia lontana da questo posto. Se non in Svizzera, ovunque tu voglia: ti aiuterò io. Ma ti prego, non rimanere a Tokyo. >>
La mora si alzò. Con le mani sul piano dell’isola, guardò il cugino negli occhi, dura e ferma.
<< Non ho intenzione di scappare. >> affermò, sicura << Sono cresciuta, non ho più otto anni. Adesso posso e voglio essere coinvolta negli affari di famiglia. Non scapperò. >>
Cominciò a sparecchiare, furente, nonostante non avesse mangiato nemmeno metà di quello che aveva nel piatto. Le era salito un groppo in gola, l’ansia le aveva chiuso lo stomaco.
E proprio mente Neji si era deciso ad aprire la bocca per obbiettare sulla decisione della cugina, il telefono di casa squillò.
Hanabi prese lesta il cordless e rispose alla chiamata. Era Hinata, che le chiedeva cosa stesse facendo.
<< Ah, sì, Hinata, qui tutto bene. Ho pranzato con Neji, ma ora se ne sta andando. >> disse, rivolgendogli uno sguardo eloquente << Sarò li da te appena finirò di studiare. Sì. A dopo, ti voglio bene. >>
Hanabi chiuse la telefonata e guardò Neji negli occhi mentre quest’ultimo si alzava, arrabbiato.
<< Sono molto deluso. >> disse lui, lo sguardo duro e severo, mentre seguiva la ragazza nell’atrio << Vuoi entrare a far parte dei problemi della nostra famiglia? Bene, decisioni tue. Ma non ti aspettare che accadranno solo belle cose. Andrà male, Hanabi. >>
Il ragazzo aprì la porta ed uscì, senza aspettare di ricevere risposta. Hanabi rimase sola, sola con i suoi pensieri.
 
In quei tre mesi, i lavori alla Moon’s eyes erano finiti. Adesso, tutte le sale erano pronte e abitabili, ben fornite e arredate. Hinata era molto felice di questo e non vedeva l’ora di usare una delle sale incisioni per gli Origin. Aveva indetto una riunione per discutere del nuovo album, impaziante di continuare.
Ad un certo punto, però, arrivò Ino nel suo ufficio, dove erano tutti riuniti, piuttosto allarmata.
Senza che dicesse una sola parola, Shikamaru uscì, andando con lei in corridoio.
<< Senti, lo so che mi hai già detto che fra noi è finita. Ma voglio qualche spiegazione! >>
Shikamaru, rimasto in silenzio, le prese una mano, cercando di calmare la sua isteria.
<< Sto ricevendo messaggi stranissimi! >> continuò la ragazza << Credo che siano di Temari, dice di starti lontano, perché lei è…  >>
<< Incinta. >> completò la frase lui, osservando il volto allibito di Ino << Ed è vero, a quanto dice. >>
<< Cosa? >> la ragazza sgranò gli occhi << Shikamaru, da quanto lo sai? >>
<< Da… dall’inizio del tour. >> mormorò, capendo che adesso sarebbe arrivato un disastro.
<< E tu me lo hai nascosto per tutto questo tempo? >> Ino cominciò a urlare << Hai fatto la doppia faccia fino ad adesso? Sei un fottutissimo stronzo! >>
<< Ino, Ino calmati. >> disse, scuotendola per le spalle << Non è sicuro che sia incinta! Io non le credo! >>
<< TU SEI UN BASTARDO! >> continuò a gridare e prese a riempirgli il petto di pugni << NON HAI NEMMENO PENSATO DI DIRMELO! >>
<< Cazzo Ino sta zitta. >> imprecò il moro, prendendole il viso fra le mani dimodoché potesse guardarlo negli occhi << Io non pensavo che mi sarei innamorato di te! Non l’avrei mai creduto! Se avessi saputo che mi avresti fatto perdere la testa di nuovo, non mi sarei mai permesso di nasconderti una cosa del genere. >>
<< Sei uno stupido! >> continuò lei << Non puoi venirtene con queste due paroline dolci e pensare di risolvere tutto così! >>
<< Ino, sai benissimo che non sono uno stupido. >> mormorò lui, accarezzandole il viso << Tu lo sei! Ti ho appena detto che ti amo e non te ne sei nemmeno accorta! >>
Lei scostò bruscamente le mani dal suo viso, guardandolo con odio.
<< Sai cosa? Non me ne faccio niente del tuo amore, se c’è un bambino di mezzo. Non voglio togliere il padre a nessuno io, non a un bambino indifeso. >>
<< Ino, non fare così, aspetta. >> disse, mentre la ragazza andava via, per poi alzare la voce in modo che lei lo sentisse << Risolverò tutto, Ino! >>
Proprio mentre Ino percorreva il corridoio per andare via, Hanabi percorse lo stesso tratto nel senso inverso, correndo verso Shikamaru.
<< Dov’è mia sorella?? >> chiese, alterata.
Il ragazzo indicò la porta e non ebbe nemmeno il tempo di spostarsi che la ragazza aprì di scatto la porta e urlò contro la sorella, mentre tutti la guardavano stupiti.
<< Come diavolo fai a non dirmi che rischiamo tutti di morire, Hinata?!? >>
 
 
Nuove serpi
Strisciano
Prepotenti
È quello che
Quello che so
Nuovi guitti
Senza età
Strafottenti
Svelti nell’oscurità
 
Tutto quel che hai fatto non vale…
La tua faccia è piena del mio sale!
 
Cani neri ridono
Era ieri…
È quello che
Quello che so
Mezzi nuovi
Arriverai
A scordarti
Di quello che
Quello che sai…
 
… o forse è Dio che ci vuole male
La tua faccia è piena del mio sale!
 
Nessuno mi comanda ne me pode comandar
Neanche con le bombe e le sue false verità
Falsas verdade, mentira, bugia globalizante
Ipocrisia è la filosofia ominante
Os comandantes arrogantes com a sua truppe
Com a sua frota e suas fotos de tortura yuppie
Se a gente manda ninguem manda na gente
Tenemos mucha gana
Nuestra sagre es caliente, que pasa?
Somos de la raza humana
Tanto quanto Brasil ou Italia
Todo mundo è vitima desta batalha
El mondo intero paga con terror
Sin criterio los errores de los senores de los
Imperios que parecen nunca hablar serio
Quizas no ganan comisiones de los cementerios?
Las rasones de las guerras
Non son mas un misterio
Parla serio! Should be throwned in a different throne!
Electric chair, thro the motherfuckers
There and turn it on!
Should be throwned in a different throne!
Electric chair, thro the motherfuckers
There and turn it on!
Congratulations to the Kings of Nowhere:
Mr W.Bullshit and his loyal royal Clowny Blair
All dishonor to be shared with Sharon
We don’t need another Hitler
Paz e amor
Pensado e Negrita.
 
Ma quando è tramontato il sole
La tua faccia è piena del mio sale!
 
La coerenza no
Non può più pagare
Sparami, spara perciò!
L’aria sporca arriverà
Ma mi convinco
Che forse è un brutto sogno e passerà
Che forse è un brutto sogno e passerà






 
Sono tornata, con un nuovo capitolo, questa volta molto prima del previsto!
Quest'oggi non spiegherò il capitolo, ma sono qui, nel mio angolino, per 
darvi alcuni avvisi molto importanti. Il 19 sarà un anno che ho questa storia.
 E' un traguardo molto importante, ma mi sono resa conto che sto andando 
troppo per le lunghe, e sinceramente non vedo l'ora di andare avanti con la 
prossima serie, che è già tutta nella mia mente! Così, ho deciso di pubblicare
di nuovo oggi e poi il 19, che festeggieremo con un capitolo molto, molto 
importante su Naruto. Al dire il vero avevo creato un altro capitolo, quello
dell'anniversario, che penso posterò appena cominciate le vancaze, ma ho fatto
male i conti e prima c'era questo capitolo da pubblicare. Così, penso che
andremo molto velocemente in questi giorni, perchè ci tengo che le date coincidano,
più o meno. PERCIO' VI PREGO, VI SUPPLICO, CHE SE NON CAPITE 
QUALCOSA, O QUANTO MENO PER INCORAGGIARMI, DI LASCIARE QUALCHE 
RECENSIONE
, dimodoché abbia la possibilità di corregere e eventualmente
rallentare con la storia. In realtà, ora che si avvicina la fine ( forse la fine sarà il 50esimo
capitolo) mi sono anche accorta che le recensioni si sono dimezzate e non so
cosa questo voglia dire. Mi scoraggia non poco, perchè penso che se continua
così sarà inutile postare un seguito. Detto questo, spero di aver detto tutto!
Ringrazio come sempre tutti i lettori, le 91 persone che hanno inserito questa 
storia nelle seguite e tutti coloro che recensiscono. GRAZIE DI CUORE!

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Capitolo 38
*** A.J Angelo Ribelle & Ululaallaluna! ***


Filosofia di vita.
-
A.J. Angelo Ribelle
e
Ululaalluluna

[ Parti dalle ORIGINI, poi guarda avanti. ]


 
[ Negrita: A.J. Angelo Ribelle - Ululaalluluna; DA ASCOLTARE]
Era piena notte, una buia notte di fine ottobre. Erano passati due mesi esatti da quando erano tornati a Tokyo, e forse non avevano nemmeno avuto tempo di pensare.
Era stato un continuo tran tran, tra concerti in città, registrazioni in studio, foto, udienze con i fan, ecc…
La loro vita era cominciata soltanto adesso e già aveva preso la quinta; la loro vita non aspettava di certo lui, che invece aveva bisogno di riflettere, di calma, di riposo.
Era quello il motivo per cui si trovava lì, in piena notte, con il freddo di fine ottobre a graffiargli il viso. Vedere da dove era partito, ringraziare le persone che lo aveva cambiato.
Hinata lo guardava nascosta dietro un grosso albero. Lo aveva seguito nella notte, silenziosa, svegliandosi quando aveva sentito le lenzuola leggere scostarsi appena e il suo corpo scivolare via.
Era strano vederlo in quel posto, in piena notte: tutto vestito di nero, col volto intristito, il suo Naruto si era alzato mentre tutti dormivano per andare nella periferia buia di Tokyo, tutto solo.
Aveva dei fiori in mano, il suo Naruto, fiori bianchi e camelie rosse, che nel buio della sera rischiaravano ogni cosa.
Naruto, il Naruto sorridente, quello sempre ottimista, sempre finto tonto, non c’era più: al suo posto era arrivato un uomo alto, biondo, vestito elegantemente con un lungo cappotto nero, l’orecchino al lobo destro, gli occhi seri, la mascella contratta. Un uomo dolorante e pieno di cicatrici nascoste, che si era reso amico il vento freddo nel pieno dei suoi inverni solitari.
Le faceva tremendamente male assistere a quella visione, ma era una parte di Naruto che avrebbe dovuto conoscere e amare. Il Naruto uomo, il Naruto silenzioso, riflessivo, malinconico.
Lentamente, uscì allo scoperto: così piano da simulare l’incontro fra un cervo e un cacciatore, dove l’animale era pronto a scappare al primo rumore.
Lui però la vide e non scappò, anzi, tese una mano in sua direzione, per niente stupito di vederla lì. Un piccolissimo sorriso gli sfiorò le labbra per un attimo.
<< Vieni, Hinata. >> disse, serio << Voglio presentarti qualcuno. >>
La ragazza prese la sua mano, avvicinandosi, e quando Naruto la strinse, non disse niente, ma ricambiò la stretta. Poi, guardò nella stessa direzione in cui due occhi celestiali guardavano e per un attimo un sussulto la pervase.
Non si era resa conto di essere in quel posto, tanto importante, tanto speciale. Le vennero immediatamente le lacrime agli occhi e faticò a trattenerle.
<< Hinata, ti presento la mia famiglia. >>
 
 
Guardava le lapidi, desolata e intristita. Le foto rappresentavano momenti felici, grandi sorrisi, occhi gioiosi di persone che se ne erano andate per sempre.
La famiglia di Naruto, eccola, tutta vicina, riunita. Konohamaru Sarutobi, Jiraya Namikaze, Minato Namikaze, Kushina Uzumaki Namikaze.
Una profonda tristezza si impossessò di lei.
<< Da chi vuoi cominciare, Hinata? >> chiese il ragazzo, stringendole la mano << Ti presento la mia famiglia e ti spiego come ognuno di loro mi ha cambiato la vita. >>
La ragazza guardò nuovamente i visi. Sarebbero state tutte storie tristi, ma meglio cominciare da qualcuno che già conosceva, in modo da essere più preparata. Indicò lievemente il viso del più giovane tra loro, Konohamaru, incapace di parlare.
Osservò il biondo annuire e flettere le gambe davanti alla lapide del ragazzo. Con una mano, scostò tutte le erbacce e pulì il marmo dalla polvere. Figlio adorato e amico prezioso. 1996/2010 erano le poche righe scritte in bella grafia sotto l’immagine del ragazzo.
Infine, posò un fiore bianco vicino alla foto.
<< Ciao, scemo. >> mormorò, la voce sottile come un filo << Lei è Hinata, la mia bellissima fidanzata. Non ti offendi se le racconto di come ci siamo conosciuti, vero? >>
Hinata si inginocchiò vicino al biondo, congiungendo le mani in preghiera.
<< Ti ho mai detto che Konohamaru scrisse una canzone per me? >> disse, con un sorriso triste, alla ragazza << Ricordi, quando ti ho detto di averlo incontrato in un bar, e allora lui cominciò a seguirci ovunque? Voleva entrare nel nostro gruppo. Che poi, allora, nemmeno c’era ancora un gruppo: eravamo solo io e Sasuke, due ubriaconi, due cretini, che ogni tanto prendevanoo a fumare insieme a una banda di scapestrati e malavitosi. Ebbene, lui voleva entrare a far parte del nostro gruppo. Allora gli dissi: quando sarai capace di scrivere una canzone che mi stupisca, vieni da me. >>
Con un sorriso smorto, sfiorò la foto sorridente del ragazzo con due dita, come a dargli un’ultima carezza.
<< Che stupido. Ci lavorò davvero, per tutta la durata della nostra amicizia. Ricordo ancora quando, pochi giorni prima che morisse, mi diede la sua canzone. Voleva farmi un complimento, con quella canzone. Diceva che ero un Angelo Ribelle… >>
 
Konohamaru arrivò di corsa, sbattendo la porta del garage di Sasuke con vigore, ed ovviamente quest’ultimo bestemmiò, incazzato.
<< L’ho finita! >> urlò il ragazzo, ansimando per la corsa << Ho finito la canzone, ti prego devi cantarla! >>
Naruto rise sonoramente << Dammi qua, vediamo che hai combinato. >>
Lesse la canzone scritta su fogli di quaderno stropicciati e cancellati mille volte, e pian piano sgranò gli occhi, stupito.
<< Ho voluto immaginare la prima volta che hai cominciato a rockeggiare! >> disse, tutto gioioso << Tu ribelle che vinci la sofferenza, che ti ribelli a Dio, a tutto e tutti e…!>> smise di parlare a raffica quando vide Naruto mostrare il testo a Sasuke e sussurrargli qualcosa all’orecchio. << Che c’è, non va bene?>> mormorò.
Poi sorrise, vedendo i due inforcare le chitarre e mettersi d’accordo sui tempi. Suonarono, la sua canzone.
 
Dicono che a 15 anni
Già cominciava a non ridere più
Dicono che nei suoi panni
Fosse già qualcosa sopravvivere…
Il delta, terra melma e cotone
Troppo sudore molta dignità
Pianse insieme alla chitarra
Ruppe la bottiglia e tutto cominciò
 
Corro, corro, corro
Ma lui mi prenderà
Sento il fiato sul collo
Arriva Satana
 
Fuori niente luna stanotte
Proprio la notte adatta a me
Scese di corsa al crocicchio
Piegò le ginocchia sotto le nuvole…
Attese l’Angelo Ribelle
E la chitarra si accordò
Mise l’anima in contratto
Poi strinse i denti e montò sopra al blues
 
Corro, corro, corro
Ma lui mi prenderà
Sento il fiato sul collo
Arriva Satana
 
Non so contare i miei soldi
Perché soldi mai avrò
E il Blues che viene giù
Come la grandine…
 
 
<< Potrà non avere molto senso, quella canzone. >> spiegò il biondo, stringendo la mano dell’amata << Ma io l’ho capita e la conservo ancora nel cuore. È stato il primo complimento sincero, il primo regalo che abbia mai ricevuto senza aver lottato per averlo da una persona esterna che non doveva volermi bene per forza. Questa canzone rappresenta il suo ricordo. Rappresenta tutto il bene che ho voluto al mio fratellino. >>
Si voltò verso la ragazza, accarezzandole dolcemente il dorso della candida mano << Sai, penso che tu gli saresti piaciuta davvero tanto. Magari sarebbe stato geloso, però gli sarebbe piaciuto averti come cognata. >>
Hinata osservò il suo viso, il suo sorriso dolce, ma soprattutto i suoi occhi tremanti e brillanti di lacrime. A stento riuscì a trattenere il pianto e per farlo tornò a guardare la foto di Konohamaru, che gli sorrideva felice, come a dare la propria benedizione.
<< Ti ringrazio per esserti preso cura del mio Naruto. >> sussurrò, per poi baciarsi le dita che posò sulla foto.
Naruto si alzò, spostandosi di pochi metri per poi fare lo stesso lavoro di pulizia. Scostò le erbacce, spolverò la polvere, posò un fiore bianco accanto alla foto di un signore robusto, con i capelli bianchi e gli occhi guizzanti. Uomo di grande cuore e amore. Padre e nonno affettuoso. 1945/2000. Questa la scritta del suo epitaffio.
Hinata si inginocchiò nuovamente accanto al ragazzo, pronta ad ascoltare il suo racconto.
<< Ciao, nonno. >> salutò Naruto, accennando ad un sorriso << Lei è Hinata, la mia fidanzata. >> 
Prese nuovamente la mano della ragazza, che lo accarezzava dolcemente.
<< Mio nonno aveva partecipato alla guerra in Vietnam. Era un grande, un eroe, e aveva tantissime medaglie, che mi faceva vedere spesso. Lui e il suo amico Orochimaru ne avevano passate di ogni: figurati che si erano innamorati della stessa croce-rossina! Mi raccontava sempre tantissime cose. Era davvero affettuoso, anche se molto burbero e brioso. Io lo chiamavo sempre ero-sennin, perché amava molto… le belle donne. Eh sì! In quartiere lo conoscevano tutte, pagava bene, ma ti giuro che ho sempre avuto la sensazione che pensasse ancora alla giovane Tsunade Senju, la crocerossina. Era vecchio ma non lo si è mai troppo per pensare all’amore… mi dissero che morì di vecchiaia, ma a pensarci era ancora troppo giovane, ed io troppo piccolo, non mi avrebbero mai detto la verità. >>
<< Sembra che gli volessi molto bene. >> sussurrò Hinata, appoggiando la testa alla spalla di lui, per guardare insieme la foto.
<< Mi ha insegnato tutto. A leggere, a scrivere, a parlare, a pensare, ad amare. Non lo ringrazierò mai abbastanza per il modo in cui si è preso cura di me. >>
<< Hai una canzone che te lo ricorda? >> domandò, poco dopo, la ragazza.
<< Oh sì. Un modo molto divertente per ricordarmelo. Non avrebbe voluto che piangessi per lui, che fossi sempre triste. Eheh… anni fa scrissi una canzone sul suo essere un don Giovanni… >>
Cantò la canzone a mezza voce, ricordando il modo in cui per anni l’aveva suonata con gli Origin.
 
In giacca stile dandy mannaro
Esce quando fa scuro
Con passo criminale (ululallaluna!)
 
Non ha rivali per la città
Nelle cantine e nei bar,
bevendo via la notte (ululallaLuna!)
 
poeta d’ombre e di botte
tra ubriachi e mignotte
e umanità in calore (ululallaLuna!)
 
ragazza impazza il Re della piazza
ciuccia i soldi e li smazza
ha il fascino latino e ululallaLuna!
Babe babe babe babe tonight i need your money
Because I love tonight I need your money
Babe babe babe babe tonight I need your money
 
 
<< Nonno Jiraya sapeva molte cose. Era acculturato, anche se faceva sempre lo stupido. Gli saresti piaciuta, avrebbe trovato qualcuno con cui parlare senza freni. Però se avesse provato a toccarti, gli avrei spezzato le mani! >> rise, fra sé, per poi tornare malinconico << Gli saresti piaciuta come gli è piaciuta la mamma. Mi parlava spesso di loro, sai? >>
Si alzò, andando a pulire la tomba coniugale dei suoi genitori. Novelli sposi, figli adorati, amici fedeli, deceduti in un incidente, proteggendo con i loro corpi il piccolo Naruto Uzumaki Namikaze. 1968/1991 era la scritta commovente posta sotto a due grandi foto: la prima, raffigurante un uomo giovanissimo, biondo e con gli occhi azzurri come Naruto, la seconda, una donna bellissima con lunghi capelli rossi e occhi chiari, lo stesso viso e sorriso del figlio.
<< Mamma, papà, vi voglio bene. >> sussurrò Naruto, inginocchiato davanti alle foto, cominciando a tremare << Nessuna canzone potrebbe esprimere quanto vi ami, quanto mi manchiate, quanto a lungo ho desiderato i vostri consigli, la vostra presenza, il vostro amore. Vi ringrazio tantissimo. Non sarei quello che sono senza di voi, non sarei vivo, non avrei amato nè provato tutto quello che provo adesso... Mi avete mandato un giovane angelo a proteggermi, a farmi stare bene, a salvare la mia vita. Se non fosse per lei, se voi non me l’aveste fatta incontrare, adesso sarei ancora uno stupido mendicante che muore di fame. Mamma, papà, adesso sono felice, potete stare tranquilli. Nei tuoi diari, mamma, dicevi sempre di sperare tante cose per me. Tranquilla. Adesso mangio bene, dormo abbastanza, ho un lavoro che amo, amici che adoro e soprattutto ho Hinata. Ti piacerebbe davvero molto, mamma… >>
Entrambi cominciarono a piangere, lei silenziosa, lui con grandi singhiozzi.
Hinata accarezzò gentilmente il viso dei giovani genitori di Naruto.
<< Grazie per averlo reso ciò che è. >>
 
 
{Ricordarsi le Origini, da dove si è partiti, è il miglior mezzo per andare avanti. }





 



Il 19 Dicembre 2012, publicavo ansiosa il primo capitolo di questa storia,
sognata ed immaginata a lungo prima di aver avuto il coraggio di scriverla.
La sento dentro, nell'anima, la considero molto più di una fanfic, ma un
romanzo vero, che coniuga la mia passione per la musica e i Negrita con
quella della scrittura. In questo anno sono cresciuta molto, tantissimo,
poco ci manca che io riscriva tutti i primi capitoli, che mi sembrano
tutti così dozzinali e allo stesso tempo importanti. In questo anno me ne
sono capitate di ogni, eppure questo romanzo c'è sempre stato, insieme
alla musica. Ed io giuro, giuro che ho pianto a scrivere questo capitolo,
anche se corto e piuttosto "superficiale" e veloce, ma certe cose non
si possono davvero esprimere, nè a voce nè scrivendo. 
Vi devo ringraziare dal profondo del cuore, perchè siete davvero
tanti a leggere, ma soprattutto, devo ringraziare coloro i quali
di tanto in tanto mi hanno lasciato qualche recensione, che mi
hanno fatto crescere e maturare: 
radioheadFin_Lighttratrin,  
azzu tazzuYellow_BlueLinduz94_violetgirl_,OhJeice_
MikyBloodyBreezeMissDidichanGisellaBeckill,
Hello Selena Lovem4dd499SunliteGirlLexi_Asari_kun_,
 
Narutina_MarysashinaruLizzie1096 ecc... Mi siete davvero
state d'aiuto e spero che ci risentiremo presto.
Un ringraziamento speciale va a 
AlexRae00, perchè sì, io ti
adoro e poi, in ogni caso, ti sei già proclamata la mia fan 
numero uno!, e a  
Puffin, perchè mi fai morire dalle risate,
perchè sei la prima che si è arrabbiata quando non accettavo
complimenti, perchè ci sei sempre e spero che ci sarai tante
e tante altre volte! E a Sask'è, non ce lo dimentichiamo,
che si vendica!
E no, arcx, tu non sfuggi da questo elenco, anzi, a te un
ringraziamento ancora più speciale, perchè ci sei sempre,
mi capisci sempre al volo, ci siamo spesso confrontate e
ti giuro che sei diventata davvero importante per me.
Sento di volerti un bene dell'anima, quindi non mi abbandonare!
Ora, ho fatto davvero dei lunghi ringraziamenti, ma questo
non significa che è finita qui. La storia non è finita, ma sta
volgendo al termine... e se "farete i buoni", posterò il seguito!
ADIOS!







 

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Capitolo 39
*** Corvo nero. ***


Filosofia di vita.
-
Corvo nero

[ Minaccie in arrivo. ]


[Negrita: Corvo nero ]
Con cura, dispose le tazze di cioccolata calda sul vassoio, stando bene attenta a non bruciarsi.
Agitò la bomboletta, per poi fare un ricciolo di panna sul liquido scuro. Indossò i guanti da forno, aprì il suddetto e una folata di vapore la annebbiò, facendole per un attimo perdere la vista.
Scosse la mano guantata, in modo da spostare il fumo, per poi estrarre la teglia dove tanti croissant fatti in casa la aspettavano fumanti.
Con un coltello ne aprì due, per poi prendere la crema di nocciole che aveva preparato la sera prima per farcirli.
Posizionò tutti su dei piattini arancioni, per poi togliersi il guanto e afferrare il vassoio.
Salì lentamente le scale, in modo che la sua goffaggine non intralciasse tutto il lavoro svolto.
Scostò con il fianco la porta della sua camera, che era rimasta appositamente semi aperta.
Sul letto, ancora avvolto nelle coperte, il corpo muscoloso e tonico di Naruto era ancora nel pieno del sonno.
Di tanto in tanto lo vide tremare, poiché anche se oramai era metà dicembre, lui aveva indosso soltanto i pantaloni del pigiama. La maglietta arancione, invece, in quel momento era impegnata a coprire Hinata, che si apprestava a posare il vassoio colmo di vivande sul comodino.
<< Naruto-kun >> mormorò, tentando di svegliarlo.
Si sedette accanto a lui e con il suo tocco leggero gli sfiorò una guancia, cercando di svegliarlo.
<< Amore… >> gli sussurrò all’orecchio, in tono dolce << è ora di svegliarsi! >>
Naruto, che in verità si era svegliato del tutto quando aveva sentito i capelli di Hinata sfiorargli la spalla, senza ancora aprire gli occhi strinse la ragazza a sé, facendole fare un guizzo per lo stupore.
La mora gli diede uno schiaffetto scherzoso sul petto, ormai coricata su di lui.
<< Mi hai fatto morire di paura! >> disse, rispondendo al saluto beffardo di lui, che ancora l’abbracciava.
<< Buongiorno, amore. >> rispose lui, ignorando completamente le sue lamentele. Cominciò ad accarezzarle i capelli, come faceva sempre << Quanto sei bella… >>
Hinata arrossì << E’ impossibile, Naruto… >> ribatté, diventando sempre più color pomodoro << E’ mattina, mi sono appena svegliata, devo ancora farmi la doccia e… >>
Naruto la fece tacere con un bacio, sempre pronto a bloccarla quando cominciava a diventare imbarazzata o quando gli sembrava che diceva cose stupide, come in quel momento.
<< Ti… ho preparato la colazione. >> mormorò Hinata, ancora frastornata << Perché oggi è un giorno importante e dobbiamo festeggiare… >>
<< …Il fatto che esattamente un anno fa ci siamo conosciuti. >> completò lui per lei, stupendola << Lo so perfettamente, stupidina. A proposito, stasera ti vorrei portare nel mio locale preferito a mangiare. Niente di formale, una cosa semplice… Ti va? >>
Hinata era davvero senza parole. Era contenta che lui si ricordasse del loro, si può dire, anniversario, e ancor di più che la volesse portare in un posto speciale, ma… tutto quello che era successo in quei mesi la fece titubare. Da quando erano tornati dal tuor di tre mesi, era successo il finimondo. Aveva dovuto spiegare a sua sorella tutti i problemi che avevano avuto con il padre, scusarsi un miliardo di volte per non averglielo detto, spiegargli il motivo; Ino e Shikamaru si erano lasciati – sempre se si può dire che siano stati insieme – ed era stato difficile subire i loro nervosismi, perché per di più non si capiva cosa stesse succedendo; era difficile vedere Sasuke che aveva ricominciato ad andare a letto con tutte le ragazze che si ritrovata a tiro, mentre Sakura stava con Sasori che, a dirla tutta, non le piaceva nel suo nuovo ruolo di fidanzato ufficiale; lei aveva dovuto ingranare la quarta, cercando lo staff per la sua casa discografica e nuovi artisti da lanciare, che in verità scarseggiavano; avevano progettato il nuovo album e si erano già messi all’opera in sala registrazioni; più tutti i concerti e le esibizioni per beneficenza che erano chiamati a fare… ma la cosa che più le dava davvero fastidio erano i paparazzi, che avevano cominciato a inseguirli ovunque. All’inizio si erano comportati bene, ma adesso la situazione era diventata estenuante, tenendo conto del fatto che dovevano tenere nascosta le loro vite amorose.
Così si era trovata in mezzo al caos, senza un minuto libero, ritrovandosi a stare con Naruto e con Hanabi solo la sera, mai fuori dalle mura di casa.
Era sfibrante, quella vita che per amore avevano scelto di fare, e nessuno lo avrebbe mai immaginato.  
Così, si ritrovò a pensare che festeggiare il loro anniversario sarebbe stato davvero difficile: uscire, andare per le strade, mangiare in un locale, erano cose che non gli erano più permesse.
Mentre pensava, vide gli occhi di Naruto rabbuiarsi: aveva capito tutto. Anzi, sapeva e non tollerava ogni cosa cento volte più di lei: lui era abituato ad uscire, a passeggiare, a vivere all’aperto, ad essere libero, perciò era dura per lui più che per chiunque altro.
Piuttosto che fargli un torto simile, decise che avrebbe rivoltato il mondo pur di farlo felice.
<< Va bene >> mormorò, con un sorriso ancor più grande quando vide i suoi occhi colmarsi di felicità << Ti va di fare una doccia, mentre aspettiamo che la colazione si raffreddi? >>
E a quella proposta, Naruto la prese tra le braccia cominciando a correre verso il bagno ridendo.
 
Non si parlavano da mesi.
Non pensava che fosse così difficile stare senza di lei, eppure, delle volte si ritrovava a pensare a quanto avrebbe dato fastidio quella cosa a lei, quanto sarebbe piaciuto quel film a lei, quanto tempo avrebbero discusso lui e lei per quell’argomento e così via… non c’era minuto in cui non pensasse a lei.
Quattro mesi senza parlarsi. Davvero, non pensava che potesse impazzire così tanto soltanto perché non sentiva quella voce che lui aveva sempre definito da ochetta.
Eppure aveva dato il massimo per risolvere tutti i problemi che li stavano temporaneamente dividendo. Aveva combattuto, lottato, uscendone vincitore.
Per circa tre settimane aveva vissuto con Temari. Quella vicinanza forzata lo infastidiva, ma era lui che l’aveva voluto: lei era ancora la sua ragazza e, se davvero era incinta, non avrebbe mai voluto che lei rimanesse sola a badare a quel figlio suo.
Aveva badato a lei, ubbidendo a tutte i suoi stupidi ordini e sopportando tutti i suoi malumori. Avevano litigato spesso, perché lei non si decideva ad andare dal ginecologo e, quando andò, i risultati non arrivavano mai. Era sempre più nervoso, ma la situazione si risolvette da sola quando, un giorno di primo ottobre, Temari si tradì con le sue stesse mani.
 
 
Stava pulendo il bancone al suo posto. L’ennesima volta che, dopo una giornata di lavoro al Sabbia Rossa, lui faceva il lavoro che avrebbe dovuto fare lei.
Ormai non la sopportava più. Aveva fatto tante storie per andare dal ginecologo, era diventata intrattabile  e non lo mollava un secondo. I risultati non arrivavano mai e i dubbi in lui crescevano un secondo di più.
Stava giusto andando a dirgliene quattro, quando, passando davanti al bagno, sentì distintamente la sua voce.
<< Oh beh, quel tuo amico ginecologo è davvero fantastico. Ha delle mani… tutti i consigli che mi ha dato per fingere una gravidanza sono stati fantastici. In effetti, per i primi mesi basta ingrassare un po’… anche se è davvero fastidioso! Non posso nemmeno lavorare, ma tu guarda… beh, comunque, il ginecologo mi fornirà dei risultati positivi e poi fingerò di perdere il bambino. In questo modo Shikamaru non potrà andare via e… >>
A quel punto, aveva sentito fin troppo. Aprì la porta di getto, trovando una Temari senza parole, estremamente stupita, colta in fragrante mentre si confidava con qualche sua amica sciacquetta per telefono. Andò verso di lei, prendendole l’apparecchio e scaraventarlo con forza contro il pavimento. Il cellulare si distrusse in mille pezzi, mentre la guardava con un astio che non si era mai visto, nei suoi occhi neri.
Uscì dal bagno facendo poi di gran carriera le scale, per andare nella camera che avevano condiviso in quell’ultimo mese di finzioni e bugie. Distrusse ogni cosa, ogni foto, ogni mobile, ogni sedia, a suon di calci e pugni. Con le mani arrossate, mise tutta la sua roba in una borsa, mentre lei lo guardava terrificata.
Si allontanò dal Sabbia rossa quasi correndo.
Era stato abbindolato, ma ne era quasi contento.
 
 
Ciò che più gli doleva era che, nonostante la situazione fosse risolta, Ino continuava imperterrita a non volerlo incontrare.
Per questo, precisamente alle 18 e 20 di una domenica di dicembre, Shikamaru Nara era fermo in macchina davanti a casa Yamanaka. Palazzo, non casa, Yamanaka.
 
 
Non aveva idea di come era riuscita a trovare il tempo, ma aveva fatto un salto veloce dal rivenditore di automobili e lo aveva sollecitato a fare le pratiche per un acquisto molto velocemente. Così, alla velocità della luce, era riuscita a comperare un’automobile sportiva molto bella e molto costosa, ma ciò che più importava era che aveva i vetri oscurati.
Già, perché nonostante ci avesse pensato per tutta la mattinata, l’unica vera soluzione che aveva trovato era quella.
Decisa a fare andare per il meglio quella serata, si era fatta una doccia veloce nel bagno dell’ufficio, aveva indossato un vestito rosso e corto di chiffon, dei leggins a fantasia neri e rossi e dei tronchetti alti e del medesimo colore. Aveva abboccolato  i capelli e si era addirittura messa l’eye-liner.
Indossato il cappotto nero stretto in vita, si era infilata nella sua macchina nuova ed era andata a casa. Naruto l’aspettava davanti al cancello, con indosso dei pantaloni eleganti, una camicia arancione ed una giacca di pelle rossa. Al collo portava quella sciarpa morbida color arancio che aveva dimenticato il giorno del loro primo incontro, e ciò la fece sorridere. Aprì la portiera e ancora prima di salutarla si fiondò sulle sue labbra, baciandola passionale. Hinata gemette, estasiata da quel bacio, mentre lui l’attirava ancor di più a sé approfondendo quel contatto, con le mani fra i suoi capelli.
<< Hmmm >> mormorò Naruto, staccandosi da lei per riprendere fiato, per poi sorridere nel vederla accaldata << Tanti auguri di buon anniversario, amore mio. >>
Lei gli sorrise, accarezzandogli dolcemente una guancia. << Tanti auguri anche a te! >>
<< Questi sono per te! >> disse dopo, mostrandogli un mazzo di rose rosse e di rose di Natale che aveva nascosto fino a quel momento dietro la schiena.
Hinata prese fra le mani meravigliata il mazzo di fiori, un turbinio di colori bianchi e rossi. Immerse il naso fra i petali, inspirando il profumo. Inebriata, guardò Naruto con occhi dolci.
<< Grazie >> sussurrò, per poi avvicinarsi alle sue labbra e baciarlo nuovamente, stavolta teneramente.
Dopo poco, Naruto si scostò da lei, di malavoglia << Avanti andiamo, sto morendo di fame. >>
La mora accese di nuovo la vettura e, aiutata dal ragazzo che le indicava dove andare, guidò fino al ristorante che aveva scelto.
Parcheggiò dietro al locale, spense l’automobile e rimase un minuto a guardare l’insegna, dove si leggeva, scritto in bella grafia, Da Ichiraku.
Hinata guardò interrogativa il suo fidanzato, cercando ulteriori informazioni.
<< Che c’è? >> chiese il ragazzo, ridendo << Te l’avevo detto che era una cosa semplice! >>
Lei gli sorrise e, dopo aver preso tutte le sue cose, scese velocemente dalla macchina, subito seguita da Naruto, che non aveva ancora smesso di ridere.
Entrarono nel locale ed un tintinnio annunciò il loro arrivo. Teuchi, colui che effettivamente era il proprietario, si voltò verso i clienti appena arrivati. Quando vide Naruto, subito un gran sorriso gli irradiò il volto.
<< Ehi, Uzumaki! >> chiamò, mentre Naruto si avvicinava al bancone << Finalmente sei venuto! >>
<< Ciao, Teuchi! >> salutò Naruto entusiasta << Come stai? Ancora male al collo? >>   
<< Eh, purtroppo sì… >> rispose l’uomo, tornando a sorridere << Il tuo tavolo è lì, in fondo al locale. >> disse, facendogli strada con i menu in mano, per poi chiedere curioso << E lei? E’ la tua ragazza? >>
<< Sì. >> affermò Naruto, osservando felice il volto imporporato di Hinata, che li seguiva silenziosi.
<< E’ molto bella, sei proprio fortunato! >> asserì, mentre loro si accomodarono << Ehi, Naruto, sai che mi devi fare l’autografo, vero? Ho già ricavato il posto dove appenderlo, ho addirittura comprato la cornice! >>
Il biondo rise di gusto << Certo, più tardi portami foglio e penna che te lo faccio. >>
<< Cosa prendete? >>
<< Per me Ramen di maiale. >> ordinò Naruto, per poi accarezzare il dorso della mano di Hinata << Per te, amore? >>
<< Mi fido dei tuoi gusti. >> disse soltanto la ragazza, accennando ad un sorriso.
<< Bene, allora due Ramen di maiale. >> confermò il ragazzo, contento.
<< Venti minuti e torno, ragazzi! >> Teuchi si dileguò nella cucina, pronto a preparare il loro pasto.
Naruto fece un gran sorriso, stringendo la mano di Hinata.
<< Sono così contento di averti portato qui!! >> annunciò, felice << Questo è un posto davvero importante per me! >>
<< Davvero? >> Hinata strinse a sua volta la mano di Naruto << Come mai? >>
<< Vedi, quando ero piccolo venivo qui con nonno Jiraya. >> il biondo aveva occhi malinconici, ma gioiosi << E poi, quando il nonno morì e io fui affidato a varie famiglie per poi scappare, potevo venire qui ogni volta che volevo per un pasto caldo! >>
<< Sono felice di essere qui, allora! >> rispose la ragazze candidamente.
Naruto guardò la ragazza senza dire parole. Amava la sua serenità e guardare il suo viso delicato lo rilassava all’istante. Hinata arrossì, sentendosi osservata, e Naruto rise, trovandola molto buffa.
<< Hinata? >> chiamò lui, allungando una mano per sfiorare la sua.
<< Sì, Naruto? >> disse lei, incoraggiandolo a proseguire.
<< TI ho mai detto quanto sei speciale per me? >> chiese lui, con gli occhi luminosi.
La ragazza sgranò gli occhi, stupita. Arrossì maggiormente ed abbassò gli occhi.
<< Smettila Naruto… >> sussurrò flebilmente << Mi metti in imbarazzo. >>
<< Ma come, Hinata? >> disse lui, ironizzando << Come faccio a metterti in imbarazzo? Sei così forte! Ti sei messa in proprio, hai creato una casa discografica da zero, sei diventata una manager, ci hai fatto diventare famosi! >>
<< Ti prego, Naruto, smettila. >> disse lei nuovamente, timida << Non sono abituata ai complimenti. >>
Lui le rivolse uno sguardo confuso e stupito << Come mai? Una ragazza bella e talentuosa come te dovrebbe averne ricevuti a bizzeffe! >>
Hinata abbassò ancora lo sguardo, fissando la punta delle sue dita. Quello era un importante pezzo della sua vita.
<< Non sono mai stata brava con i ragazzi, né ho avuto la possibilità di uscire molto, dato che mio padre me lo impediva. Non ho ricevuto molti complimenti… fuorché da Neji, in quel periodo particolare di cui ti ho già parlato. E per quanto riguarda il talento, che non sento di avere molto… ho sempre ricercato l’approvazione di mio padre, che non ho mai avuto. Figurati se mi ha mai fatto qualche complimento. >>
Naruto annuì, comprensivo. Le strinse la mano in modo rassicurante.
<< Perciò non ti sei mai sentita molto apprezzata, giusto? >> chiese, sorridendogli << Beh, sappi che tutte quelle persone che non ti hanno fatto complimenti o ti hanno fatto sentire inferiore, sono stupide e inutili. Tu sei persona più fantastica che conosco e mi hai cambiato la vita. >>
Hinata rialzò lo sguardo, accennando ad un sorriso.
<< Guarda che anche tu mi hai cambiato la vita. >> rispose lei << Non ero chissà come prima di esserci conosciuti. >>
 << Ma smettila! >> disse lui, gesticolando per enfatizzare il concetto << Non ci credo nemmeno un po’! >>
<< Ricordi il nostro primo incontro? >> mormorò la ragazza, ricordando quel momento importante << Ti sono sbattuta addosso, non l’ho fatto apposta, ci tengo a dirlo, ma in periodo non me ne andava bene una: ero terribilmente goffa, sbagliavo tutto, cadevo sempre, facevo cadere le cose, mi macchiavo di caffè e così via… ero terribilmente sfortunata. >>
Naruto rise all’idea, ricordando anche il loro primo “incontro-scontro”.
<< Saresti bellissima, buffa e degna di complimenti anche se goffa, fidati! >> affermò il giovane, tenendole la mano << Sei dici che sei cambiata, ti credo. D’altronde vuol dire che siamo cresciuti insieme, e questo non può che farmi piacere. >>
<< E’ vero, in quest’anno siamo cresciuti molto, e fa piacere anche a me. >> disse la mora, guardandolo dolcemente << Abbiamo condiviso così tanto! Non penso che avrei potuto farlo, con qualcun altro! >>
<< Ti ho raccontato cose che nessuno sa, a parte Sasuke, forse. >>
Al pensiero, Hinata si intenerì. << Lui è il tuo primo amore! >> affermò, prendendolo in giro.
<< Non dirlo mai più! >> rispose lui con veemenza, arricciando le labbra in un’espressione buffa e infastidita << Altrimenti ti farò ingelosire. >>
<< Sì, certo. >> la ragazza cominciò a ridere.
<< Ehi smettila! >> obbiettò lui, ridendo a sua volta << A parte gli scherzi, lui è davvero più di un amico, per me. L’ho sempre considerato un amico, ho imparato a volergli bene e, ovviamente, a sopportarlo. Nonostante i suoi comportamenti burberi o apparentemente freddi, mi ha sempre voluto un gran bene. Abbiamo sempre cercato di aiutarci a vicenda. >>
<< Si vede >> Hinata sorrise << Sono davvero contenta di questo. E sai, ormai ho capito che stare con te vuol dire anche stare con Sasuke. E’ un pacchetto completo! >>
Naruto sorrise ancora << Spero che non ti dia fastidio! >>
Hinata stava per rispondere, ma furono interrotti dall’arrivo delle loro ordinazioni, portate da una ragazza.
<< Ciao, Ayame! >> salutò subito il biondo, che evidentemente la conosceva << Come stai? >>
<< Bene, grazie! >> rispose la ragazza, posando le ciotole di rame davanti ai due << Mio padre non è stato troppo inopportuno vero? >> chiese, gentile, per poi rivolgersi alla mora << Ah, tu devi essere la bellissima ragazza del nostro Naruto! Io sono Ayame, la figlia di Teuchi. >>
<< Hinata, piacere >> rispose lei, sorridendole leggermente rossa in viso.
<< Davvero un’ottima scelta, ragazzo! >> disse, dando una pacca al biondo, che rise << La cena la offre la casa! Buon appetito. >>
La ragazza andò via e Naruto si sporse verso la sua fidanzata.
<< Visto? >> disse, alzando le sopracciglia << Abituati ai complimenti! >>
<< Non riuscirò mai a farlo! >> affermò la ragazza, cominciando a mangiare. Quel ramen era davvero gustoso, Naruto aveva ragione. Cenarono e parlarono del più e del meno.
<< Non so davvero come ringraziarti. >> disse all’improvviso lui, profondamente serio << Tu mi hai cambiato la vita. Hai reso possibili tutti i miei sogni. Amo cantare, amo far arrivare quello che penso a così tante persone, ed amo il fatto che tu lo abbia reso possibile. Voglio che tu lo sappia e ne sia consapevole, perché ho bisogno di te. Per sempre. >>
Hinata gli sorrise esterrefatta, stringendogli la mano calorosamente.
<< Per me è lo stesso, Naruto. >>
<< A volte, però, vorrei scappare. >> era ancora serio, stavolta terribilmente pensieroso << Odio il fatto di non poter fare quello che mi pare, di non poter uscire, prendere un gelato con te, fare una passeggiata… io non sono più libero, questo lo odio. >>
<< Non… non prenderla così male, Naruto… >> mormorò incapace di dire altro.
<< Naruto. >> Ayame arrivò interrompendoli nuovamente visibilmente preoccupata << C’è un problema. >>
<< Immagino… >> disse il ragazzo, incoraggiandola a continuare.
<< Qui fuori è arrivato un folto gruppo di tue fan… stiamo cercando di trattenerle fuori dal locale, ma ci stanno dando dei problemi. Se tu volessi uscire e farti vedere velocemente sarebbe bello per lo, ma se volete non incontrarle posso benissimo farvi uscire da un’altra entrata. >>
Naruto strinse i pugni, arrabbiato e deluso.
<< E’ di questo che parlavo. >> disse diretto alla fidanzata, per poi alzarsi << Non fa niente, stavamo andando via. Vado a riceverle. >>
<< Ma… Naruto-kun… >> mormorò la mora, guardandola affranta.
<< Avanti Hinata. >> disse lui, con tono triste << Andiamo a casa. >>
Hinata si alzò, seguendolo fuori. Un gruppo di ragazze cominciò ad urlare e Naruto tentò di tirare fuori un sorriso decente. Firmò una decina di autografi e poi disse che era troppo tardi per firmarne altri e, nonostante le insistenze del gruppo, prese Hinata per mano e corsero verso la macchina.
<< Non posso nemmeno uscire a festeggiare con la mia ragazza. Non c’è più tempo… >> mormorò in macchina, a denti stretti.
 
Chi parla non è morto vive per vivere molto
Avrà grigi i capelli, grigio il giardino e grigio anche il cuore
Ma cerca 100 ragioni per non restare da solo
Dimmi che sei qui devo sentire il calore
Sentire che sei qui da solo che paura
la Solitudine è dura
È come un corvo nella notte scura
 
Brutto corvo corvo nero vola senza di me
 
Chi parla non è morto vive per vivere meglio
Dormito tutta la notte ma da rasato ancora più stanco
Cercare 1000 ragioni per non dormire da soli
Dimmi che sei qui voglio sentire il calore
Sentire che sei qui, tu con le tue parole
La solitudine è dura è come un corvo nella notte scura
 
Brutto corvo corvo nero vola senza di me…


 
 
Sono tornata!
Eccomi qui con un nuovo capitolo, piuttosto triste, 
anche se con alcuni momenti di serenità.
Questa è la premessa principale per il declino
della storia, il prologo ufficiale del climax in arrivo
e che farà da conclusione alla mia storia.
Come si concluderà?
Le scommesse sono ben accette n.n
Vi ricordo, come indizio, che ho la tendenza a trasformare 
ogni cosa che scrivo decentemente in roba drammatica...
Infine, vorrei chiedervi un favore.
Ho in mente un progetto molto importante e ho bisogno
del vostro aiuto. Vorrei che mi citaste, copiandoli
dalla mia storie, le parti peggio riuscite e quelle migliori,
che vi hanno fatto emozionare e quant'altro.
E' importante!
Buone feste :*
 

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Capitolo 40
*** Mother. ***


Filosofia di vita.
-
Mother

[Scenda il sole tra gli stolti e tra chi mente.]
 
[Negrita: Mother]
Che razza di idiota.
Quello era l’unico, martellante pensiero di Ino quando, quella mattina presto, era uscita di casa per andare a correre e si era ritrovata Shikamaru, addormentato in macchina, con la fronte e il naso schiacciati sul finestrino, davanti casa sua.
Che razza di idiota.
Cosa si era appostato a fare lì se non era capace nemmeno di rimanere sveglio? Di aspettarla in un modo decente?, erano le domande furiose che si rivolgeva internamente mentre aggirava la macchina, portandosi al lato guida, per poi dare un forte pugno contro il vetro del finestrino che, manco a dirlo, fece più male a lei che al ragazzo.
Il colpo, però, ebbe il fortuito effetto di svegliarlo con successo, poiché infatti il ragazzo spostò immediatamente il viso dal vetro, sul quale rimasero gli aloni lasciati dal suo volto. Si riscosse, strabuzzò gli occhi, insonnolito, e finalmente riuscì a distinguere e riconoscere il viso paonazzo di Ino, che lo guardava pervasa d’ira con le mani sui fianchi.
Con la mano le fece segno di spostarsi, dimodoché potesse aprire lo sportello senza farle del male, e lei allora si spostò, appoggiandosi al cofano della macchina con le braccia incrociate e una smorfia di disappunto sul volto.
Il ragazzo uscì e velocemente si apprestò a bloccare fisicamente la bionda, parandosi davanti a lei.
<< Ino. >> disse solo, concedendosi un secondo per raccogliere le idee, il discorso da farle.
<< Cosa sei venuto a fare qui? >> chiese lei, cominciando ad urlare << Non hai un bambino a cui badare? E ti pare il modo? Ti sei pure addormentato? Cavolo, quanto ci tieni! >>
<< Abbassa la voce, Mendosukee >> rispose lui, gesticolando con la mano << o tuo padre ci sentirà. >>
<< E quindi? >> domandò lei, strafottente << Mio padre mi ha visto soffrire, non hai idea della voglia di ucciderti che ha. >>
<< Mi dispiace… >> cominciò lui, mentre la bionda voltava lo sguardo, arrabbiata << Davvero Ino. Mi dispiace. >>
Ino chiuse gli occhi. Non voleva vederlo, né sentire la sua voce. Aveva combinato un disastro.
Certo, un bambino non è mai un disastro, anzi, è l’avvenimento più bello del mondo. Un figlio di Shikamaru, poi, sarebbe stato così bello, così calmo e quieto, tranquillo, magari geniale. In certi momenti, in quei mesi trascorsi, Ino aveva creduto che forse, per amor suo, sarebbe riuscita ad amare anche quel bambino, diventando la più bella matrigna del mondo, la protagonista della favola, non la strega cattiva.
Eppure, quando si ricordava, anzi, quando quel tarlo tornava a farle impazzire le sinapsi, non riusciva a non ribollire per la rabbia. Shikamaru era partito, per tre mesi aveva finto che tutto andasse bene, omettendo quella grande, enorme, esorbitante verità. Come si fa a nascondere un bambino? Come si può pensare che bastava non dire niente perché tutto andasse bene?
Avrebbero potuto scegliere cosa fare insieme, in modo maturo, ma Shikamaru era stato stupido ed egoista, altro che geniale. Aveva tenuto tutti all’oscuro, aveva dimenticato quel figlio per tre lunghi mesi, senza nemmeno preoccuparsene. Come aveva potuto?
Shikamaru leggeva tutti quei pensieri sul suo volto contrito, accartocciato dal dolore, spezzato, deluso. Vedeva le notti insonni passate a piangere solcare lunghe occhiaie sul suo viso, vedeva quell’ovale sottile, sciupato, a causa dell’assenza di fame, gli occhi celesti stanchi, invecchiati, pozzi chiusi, senza uscita. Vedeva tutta la sua sofferenza, insieme alla rabbia di quelle labbra serrate, e non poteva non dispiacersene. Aveva agito in modo insensato, irragionevole, mentre la mentre era offuscata da mille dubbi e mille pensieri, completamente inabile. Non aveva scuse.
Desiderava soltanto riaverla con sé, sentire nuovamente il suo calore.
Cercò quel calore, portando lentamente una mano sulla sua guancia. Subito Ino scattò, rifiutò quel gesto amorevole, scacciò via la mano crudelmente, guardandolo con astio.
<< Non toccarmi! >> la voce stridula, le palpebre serrate a cacciare indietro le lacrime, come quando da bambina aspettava la punizione che meritava.
<< Ino… >> la voce del ragazzo tremante, profondamente addolorato << Ino, è tutto ok, davvero! >>
<< Ma che tutto ok, cazzone di un Nara! >> Ino cominciò a piangere in un modo atroce, non da lei, tirando su col naso, sciupandosi il viso con le unghie nella carne.
<< Ino, Temari non è incinta! >> sbottò il moro, che non tollerava vederla sgretolarsi, per giunta a causa sua << Non lo è mai stata, mi ha mentito! >>
Ino smise d’un tratto di piangere, spalancando gli occhi davanti a sé, esterrefatta. Cosa cavolo…?
Non capiva più cosa stesse succedendo ma d’improvviso il problema più grande che li aveva tenuti separati tanto a lungo era svanito, come per magia. Non aveva avuto lo stesso destino evanescente il suo odio, il suo rancore, la sua profonda delusione. Sentiva, però, che qualcosa stava per succedere, per cambiare ancora.
<< Questo… questo non sistema le cose. >> mormorò, quasi inudibile.
Si divincolò e scappò via, nonostante le obbiezioni del moro, dietro di sé.
Scappò via, Ino, lasciandosi dietro un pezzo di cuore, l’anima fattasi improvvisamente più leggera.
 
 
Dire che non ci aveva capito un’acca era dir poco.
Non capiva Ino, non capiva il suo fuggire, le sue parole, i suoi gesti. Poteva soltanto immaginare, teorizzare cause, empatizzare emozioni, ma era impossibile, per lui, riuscire davvero a capire cosa fosse successo in quei venti minuti di discussione.
Per di più, quando il suo cellulare aveva bippato, avvisandolo dell’arrivo di un messaggio di Hinata, aveva sentito odore di guai.
Infatti, la ragazza gli aveva scritto di andare a prendere gli altri e di venire velocemente nel suo ufficio.
Così era andato a buttare giù dal letto Kiba, che lo aveva seguito piuttosto insonnolito, aveva suonato il clacson fuori dalla porta di Sasuke, facendolo bestemmiare, per poi andare a prendere Naruto che, stranamente, li stava già aspettando sul vialetto con le mani nelle tasche e il viso serio.
Era entrato, sedendosi davanti accanto a Shikamaru che guidava, ed aveva sbattuto forte lo sportello, presagio che non c’era niente di buono, nell’aria.
Se Naruto, che ormai conosceva da anni, era serio ed arrabbiato qualcuno sarebbe finito con il naso spaccato, in ogni caso al macello.
Aspettò a partire, guardando seriamente l’amico. Incontrò i suoi occhi che lo guardavano a loro volta truci, angustiati, un blu così profondo da sembrare quasi nero.
<< E’ così grave? >> mormorò, notando la sua mascella contratta, le labbra serrate.
Naruto si voltò, fissando la strada. Tutti si fecero attenti, aspettando una risposta che tardava ad arrivare.
<< Abbastanza da farmi imbestialire. >> affermò il biondo, stringendo forte il pugno dove si era appena appoggiato con la fronte.
Calò il silenzio, un profondo silenzio estraneo agli Origins, assurdo per loro. Per interrompere qualcosa di così doloroso per tutti, Shikamaru mise in moto, avviandosi verso la Moon’s eyes.
Sasuke grugnì, sentendosi in dovere di fare qualcosa. Si avvicinò al sedile che aveva davanti, dov’era seduto Naruto, e guardo il suo volto irato riflesso nello specchietto retrovisore.
<< E’ successo qualcosa a Hinata? >> tentò, mentre la ruga di quando era corrucciato gli solcava la fronte << Neji ha fatto qualcosa? >>
<< No. >> rispose solamente Naruto, impassibile.
<< A Hanabi? >> s’intromise Kiba, alquanto preoccupato.
<< Ancora no. >>
<< Siamo andati in fallimento? >> chiese nuovamente Sasuke, cominciando ad irritarsi.
<< Nemmeno. >>
Tornò il silenzio e tutti gli umori si erano modificati. Adesso ognuno di loro provava un misto di fastidio, preoccupazione e paura, che nessuno osò esprimere a parole.
Dopo poco arrivarono al grande edificio che Hinata aveva fatto erigere in poco tempo, quel posto che per loro era sogno e speranza e, nella sua magnificenza, anche paura.
Il Nara vagò alla ricerca di un posteggio libero, finendo poi per parcheggiare proprio accanto alla vettura nuova di Hinata. Tutti insieme scesero dalla macchina. Sasuke guardò Naruto, che si era irrigidito vedendo ciò che li aspettava davanti all’entrata dell’edificio. C’era qualcosa che non andava e che, evidentemente, c’entrava con i tizi fuori dalla porta. Seguì silenzioso Naruto, seguito da Shikamaru e Kiba, anche loro preoccupati.
A pochi metri dall’uscio della Moon’s eyes i flash cominciarono a scattare, all’impazzata. Tutti i giornalisti chiamavano gli Origins, ma soprattutto Naruto, che passò davanti a loro senza degnarli di uno sguardo, e ciò non passò inosservato agli occhi del moro.
Qualcuno allungò un microfono, bloccando un Kiba sorridente.
<< Signor Inuzuka, cosa ne pensa delle foto che sono uscite questa mattina del leader del suo gruppo? >> gli chiese una giornalista bionda e occhialuta, facendo segno al suo cameramen di riprendere.
Il ragazzo non capì e subito un’espressione confusa si dipinse sul suo volto. Di che foto parlano?
<< Come, scusi ? >> chiese lui, completamente sbalordito.
<< Kiba. >> chiamò serio il biondo senza nemmeno guardarlo, fermandosi sulla soglia.
<< Ah? >> si voltò come stordito, incrociando gli sguardi truci e rimproveranti degli altri membri della sua band << Sì. >> mormorò, lasciando perdere la giornalista e seguendo i ragazzi nell’edificio.
Insieme fecero la solita strada, quella di ogni giorno, verso l’ufficio di Hinata, ma stavolta qualcosa era diverso: tutto lo staff, chi più, chi meno, si voltava a guardarli, vociferava, interrompeva le loro mansioni abituali per guardarli invece di lavorare.
<< Ma che ca…? >> mormorò Kiba, che ormai non riusciva più a chiudere la bocca con l’espressione inebetita che aveva in volto.
Naruto grugnì e, una volta arrivato alla stanza, aprì la porta d’impeto senza bussare, sorprendendo Hinata che, in modo assolutamente poco professionale, sostava appoggiata con la fronte al palmo della sua mano, guardando col viso corrucciato una rivista di gossip.
La ragazza sgranò gli occhi, per poi riscuotersi e saltare sull’attenti: velocemente si mise in piedi, sistemando la gonna del suo tailleur blu.
Incontrò gli occhi severi di Naruto e si sentì mortificata: l’aveva scoperta, ancora una volta, a leggere quell’articolo, nonostante fossero d’accordo di non farlo.
Naruto abbandonò la maniglia, dopo essere rimasto lì per un attimo, completamente impassibile, per poi spostarsi e sedersi su davanzale della finestra, mentre gli altri entravano e prendevano posto nelle due poltroncine davanti la scrivania. Sasuke rimase in piedi, osservando taciturno la scena.
<< Spero di non avervi disturbato. >> cominciò la mora, sentendosi osservata da quattro paia di occhi << Ma c’è una cosa urgente di cui dobbiamo parlare. >>
Cercò timorosa gli occhi di Naruto, il suo sostegno, il suo aiuto, ma lui non la stava nemmeno più guardando. Aveva reclinato il capo, appoggiandosi quindi al vetro, ed aveva chiuso gli occhi stanco.
Lo conosceva e sapeva quanto a stento trattenesse la rabbia e le urla, l’impeto di distruggere ogni cosa a suon di pugni e ciò non la confortava affatto.
<< Ecco… >> deglutì, cercando la forza in se stessa << Purtroppo ieri dei paparazzi ci hanno seguito e hanno fatto delle foto a me e Naruto mentre uscivamo da un ristorante. Non ce ne siamo accorti nemmeno, perché c’erano delle fan. Queste foto stamattina sono uscite su tutte le maggiori riviste di Gossip. >>
Incontrò lo sguardo perplesso di Kiba, che infatti le chiese << E quindi? >>
<< Quindi questo non va affatto bene. Vi avevo detto di non farvi vedere in giro con le ragazze, perché questo avrebbe recato un grave danno alla loro privacy e beh, alle nostre vendite, perché alcune fan vi seguono perché siete effettivamente dei bei ragazzi. Io e Naruto ci siamo fatti beccare, ci dispiace molto, ma adesso avremo i paparazzi addosso. Anche voi sarete tampinati ovunque. Mi dispiace tanto… >>
Sasuke guardò di traverso Hinata, che arrossì. Sentiva che c’era qualcos’altro. Era effettivamente abbastanza grave che non potessero più uscire liberamente, ma ciò non rappresentava un gran danno per lui, che amava stare in casa, fra i suoi libri, il suo letto e le sue chitarre, come in un covo. Capiva invece quanto dolore potesse recare a Naruto, che amava essere libero, uscire, ispirarsi a ciò che vedeva, alla gente, alla vita vera. Lui aveva sempre vissuto per strada, proprio sempre, anche quando con Jiraya ne aveva una, lui era sempre in giro a correre, saltare, vivere. Per lui, la vita relegata in casa non era vita, per non parlare dell’ispirazione che andava a farsi fottere.
Ma, notando lo sguardo rabbioso che adesso il biondo rivolgeva alla sua fidanzata e il rossore in viso di quest’ultima, fu per lui certo che c’era ancora qualcosa da dire.
<< Parla, Hinata. >> disse soltanto, ermetico.
Lei si voltò un attimo verso Naruto, che la guardava tristemente. Vi leggeva rabbia ma, soprattutto, delusione. Abbassò lo sguardo e strinse le dita affusolate in un pugno.
<< I giornalisti hanno cominciato ad insinuare cose non molto gentili sul mio conto. >> rispose, la voce, un tono più bassa, non più ferma << Dicono che mi sono fatta abbindolare da Naruto in modo da produrre il vostro disco. Dicono che io ho creato una casa discografica per lui in cambio di una relazione… cose così… per non parlare che la mia faccia è sulla copertina di tutti i giornali. >>
Sasuke annuì, comprensivo, celando sotto la calma una rabbia molto simile a quella di Naruto. Cose così, dette sul conto di Hinata, stonavano terribilmente: era la creatura più dolce e pura sulla faccia della terra.
<< Potremmo fare un comunicato stampa >> intervenne Shikamaru, fino ad allora in un silenzio riflessivo << smentire le voci, dichiarare la vostra relazione, raccontare di come… >>
<< No. >> Hinata lo bloccò subito con un gesto della mano << Non ho alcuna intenzione di rendere di pubblico dominio la mia relazione con Naruto. Quello che abbiamo resta fra noi, fine. >>
<< Ma non c’è altro modo di bloccare le accuse su di te. >> affermò il moro, guardando la sua esile figura tremante << Non è proficuo nemmeno per gli affari. Nessuno vorrà essere prodotto da te, e non puoi campare solo con noi. >>
<< Lo so perfettamente. >> rispose lei, tornando a guardare Naruto << Non ho comunque intenzione di espormi, sarebbe inutile e controproducente. Prima o poi le voci si affievoliranno… >>
<< Non puoi aspettare! >> Naruto sbottò, cominciando a urlare tutto ciò che aveva a lungo trattenuto << Mi stanno già rovinando la vita, rendendomela impossibile, perché diavolo vuoi mandare in fallimento la tua società?! Hinata! >>
La ragazza lo guardò con occhi tristi, vedendolo fremere di rabbia e follia. Non si spaventò, quello era il suo Naruto, che si arrabbiava davanti ad una decisione presa per il suo bene.
<< A me non importa di quello che dicono, Naruto… >> rispose lei, facendo un passo verso il ragazzo.
<< Ma al resto del mondo sì! >> il biondo urlò, ed aprendo le braccia con enfasi ruppe un vaso di fiori.
L’acqua, i gigli, i cocci, tutto era a terra in mille pezzi. Piccole schegge frastagliavano le nocche del biondo, che perdeva sangue. Tutti si alzarono, pronti ad accorrere, ma lo sguardo con cui li fulminò, incurante di essere ferito, li fermò.
<< Cazzo Hinata, pensa al tuo futuro! >> ordinò, la voce grossa << Io non me lo merito! Non merito i tuoi sacrifici! >>
<< Naruto… >> lei ebbe appena il tempo di mormorare il suo nome, per poi vederlo correre via dalla stanza, diretto chissà dove.
Le braccia si afflosciarono lungo il suo corpo. Quando Naruto uscì, Hinata sospirò pesantemente: le sembrava di aver corso una maratona, eppure, avevano soltanto discusso tutti insieme per a malapena dieci minuti.
Non si accorse che Sasuke le si era avvicinato fino a quando non prese il posto prima occupato da Naruto, giusto davanti a lei.
<< E’ soltanto deluso perché si è reso conto che la vita che voleva non è proprio tutta rosa e fiori. >> affermò, cercando invano il suo sguardo << Starà bene. >>
<< Lo spero. >> mormorò lei, per nulla convinta << Lo spero. >>
 
 
Madre madre, eccomi da te
Accecato dal peccato originale
Inseguirò le verità
Che la storia ha messo via
Che la storia non ci dà
 
Mother Mother, tutti i dubbi che ora ho
Dea perduta dentro ai dedali di Roma
Oh no madre naturale
Di equilibrio e simmetria
Di simbiosi spirituale
 
L’universo è ancora vergine per me
È scintillante, vivo per rinascere
Scenda il sole tra gli stolti e tra chi mente
E che sia la luce
Dove è buio sempre
 
Mother mother, ritrovando mani e piedi
Sto sfiorando i tuoi intimi segreti
E cade un altro muro
Appoggiandomi al tuo ventre
Sono solo più sicuro
 
L’universo è ancora vergine per me
È trasparente, vivo per rinascere
Scenda il sole tra gli stolti e tra chi mente
E che sia la luce dove è buio semore
 
E rallentano i miei battiti
Madre madre madre abbraciami
Bevo al calice e brindo a Venere
Finchè armonia sarà!
 
L’universo è ancora vergine per me
È scintillante, vivo per rinascere
Madre madre madre la quiete e l’energia
La sento dentro è già mia
Trasparente e pronto per rinascere
Madre madre madre madre madre
 
 
Terminò di scrivere quella canzone assurda diretta alla Musica in tarda sera. Festeggiò con un sorsò di brandy, preso direttamente dalla bottiglia. Aveva bevuto tutto il pomeriggio ed ancora non era sbronzo.
Sentì vagamente il rumore di una macchina posteggiare, i passi chiari di Hinata correre nel vialetto, aprire la porta, pronunciare il suo nome ansioso.
Si beò, ancora una volta, del suono dolce di quelle tre sillabe pronunciate armoniosamente dalle sue labbra, immaginando la sua espressione, i suoi occhi, il suo corpo morbido.
Poi prese la borsa, indossò la tracolla ed uscì dalla finestra, fondendosi con la notte.




 


Buon annooooooo!!!
Spero che voi abbiate festeggiato e,
pieni come siete, verrete subito a leggere questo capitolo.
Comincia ufficialmente il climax finale, nell'aria alleggia
odore di guai , nè? Naruto si sente tappare le ali ma, 
soprattutto, non tollera di mettere nei guai Hinata.
Un capitolo importantissimo, quest'ultimo, il 40esimo!
C'è qualcosa che non si capisce bene? Chiedete pure!
La notorietà ha anche delle gravi conseguenze, non 
calcolate, purtroppo. Hinata è pronta a subirle, per il
bene di Naruto e degli Origins, ma lui non riesce ad
accertarlo. L'ultimo paragrafo, il più importante,
a cosa vi fa pensare? Cosa succederà? Scommesse aperte!
Ho visto che avete lasciato 9 recensioni per "Corvo nero",
fremo dalla voglia di rispondervi, perciò corro!
Ancora, BUON ANNO! ***




 

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Capitolo 41
*** In un mare di noia ***


Filosofia di vita.
-
In un mare di noia

[Pesci che soffocano nell'acqua.]


 
[ Negrita: In un mare di noia.]
Hinata chiamò ancora il nome di Naruto, la voce che riecheggiava nel salotto buio. Le rispose solo un immenso silenzio.
Salì le scale, di fretta, evitando per un pelo di sbattere contro il tavolo posto lì vicino.
Arrivò al primo piano e si guardò intorno: la casa era completamente nel buio, nonostante fossero poco più delle nove di sera. Una cosa alquanto anormale, dato che solitamente Naruto la aspettava alzato.
Si mosse verso la loro stanza. La porta era socchiusa, il letto sfatto, la finestra aperta a far entrare il vento e il freddo, che le stava gelando anche il cuore e la mente, incapace di accettare cosa fosse davvero successo. La bottiglia di brandy, mezza vuota, sostava imperterrita sul pavimento, quasi con tono di sfida, la custodia e la chitarra stessa erano come scomparsi, come a beffeggiarsi di lei, stessa sorte per tutti i Canzonieri del biondo. Nessuna traccia di lui, della sua esistenza, del suo passaggio, se non quella bottiglia di veleno ormai prosciugata che possedeva l’assurdo potere di inquietarla.
Hinata cominciò a respirare in modo affannoso, guardando quella scena ancora sulla soglia, al chiarore della luna. Quasi si accasciò contro lo stipite, incredula ed esterrefatta. Scosse la testa, come a cacciare via tutti i brutti pensieri che le affollavano le sinapsi facendola impazzire, per poi voltarsi e percorrere qualche metro del corridoio, aprendo di scatto la camera della sorella.
Buio anche qui, ma stavolta un rantolio leggero proveniente da un fagotto sotto il piumone invernale le suggerì che Hanabi era a letto, dormiente. Accese la luce incurante del grugnito della sorella minore, infastidita, ed accorse al suo capezzale, per poi scuoterla vigorosamente per le spalle.
<< Hanabi… Hanabi! >> chiamò la giovane, cercando di svegliarla.
<< Onee-chan… devo svegliarmi presto domani… >> mormorò la ragazza, stendendo le braccia in avanti cercando di allontanarla da sé.
<< Ti supplico! >> la implorò lei, la voce spezzata << Dov’è Naruto? >>
Sentendola tanto affranta e abbattuta la ragazza si ridestò, aprendo gli occhi all’improvviso, abbandonando velocemente le braccia di Morfeo.
<< Fino a mezzora fa in camera vostra, perché? >> la vide piangere e si spaventò, tanto da alzarsi dal letto ed andare a verificare di persona, seguita dalla sorella << Cosa diamine è successo? >>
Hinata piangeva silenziosa, seguendola fino nella sua camera da letto, dove lo scenario assurdo non era affatto cambiato. Hanabi vagò per la stanza cercando, come poco prima aveva fatto la sorella con lo sguardo, segni della presenza di Naruto.
<< Era qui. >> mormorò, incredula, per poi prendere con due dita il collo della bottiglia di vetro scuro. Alcool uguale guai.
<< Come… come ti è sembrato? >> chiese lei, incespicando sulle parole, mentre ancora calde lacrime le irroravano il viso.
<< Diverso… troppo diverso. >> affermò, cercando di ricostruire la scena << Era seduto qui, ai piedi del letto e scriveva. L’ho visto bere e gli ho chiesto scherzosamente per cosa festeggiasse, lui mi ha guardato con un’espressione indecifrabile e mi ha detto che non aveva nulla da festeggiare. Gli ho domandato se stava bene e lui ha detto che… presto lo avremmo scoperto. Poi mi ha detto di andare a letto e… >>
Hinata crollò sulle ginocchia e cominciò a piangere di un pianto disperato, dapprima con il viso fra le mani, poi con le dita fra i capelli a cercare respiro. Sua sorella la guardava incapace di fare qualsiasi cosa.
All’improvviso la vide alzarsi in piedi e correre verso il bagno. Sentì il rumore dei suoi conati di vomito e non ebbe nemmeno il tempo di raggiungerla e soccorrerla che lei era già uscita, come se non fosse successo niente, con in viso un’espressione più decisa e determinata.
<< Adesso devo uscire. >> affermò, prendendo i suoi vestiti dall’armadio lasciato per metà vuoto dal biondo per poi schiaffarli disordinatamente in una borsa, cosa che non era affatto da lei << Non ti azzardare ad andare via. Domani fa venire qui i ragazzi e spiegagli che cosa è successo. Loro capiranno. >>
<< Ma… Onee-chan! >> provò lei, cercando di fermare quella furia, di calmare quell’ansia.
<< Dì anche che li chiamerò io appenò l’ho trovato, in modo che possano raggiugerci. >>
La vide uscire e la seguì, inforcando le scale di gran carriera, mentre la paura cresceva dentro di lei.
<< Hinata… >> la richiamò, mentre lei prendeva le chiavi, soldi e patente e infilava tutto nella borsa, pronta ad andare << Pensi che c’entri nostro padre? >>
Per un attimo tutta la determinazione della Hyuga senior scomparve lasciando trapelare la sua tristezza, poi aprì la porta, il volto abbassato.
<< No, Hanabi. >> disse, voltandole le spalle per uscire << E’ Naruto che ha deciso di andarsene. >>
 
Amava suonare? . Amava scrivere? . Amava cantare? .
Ma perché? Non ci aveva mai pensato fino in fondo, ma ora, ad ogni passo che percorreva allontanandosi da Tokyo, ne era sempre più convinto: per la libertà.
Quando suonava era libero di perdersi nella musica come piaceva a lui, quando scriveva era libero di esprimere tutto ciò che a parole, senza un ragionamento precedente, non sarebbe mai riuscito a dire, quando cantava era libero di gridare il proprio pensiero, la propria gioia, il proprio dolore.
Lui non amava quello che faceva, amava il senso di libertà che tutto ciò gli dava; amava sentirsi libero, planare fino al rischio con le sue ali d’aquila, decidere o meno di uscire e correre per la città.
Lui, che aveva sempre vissuto all’aperto, mai fermo nello stesso posto, per amore di quello che faceva si era fermato nello stesso luogo, rinunciando, in conseguenze non propriamente dirette, all’amore per la libertà.
Lui? Proprio lui aveva rinunciato alla libertà? Lui che usciva per le strade anche se sapeva che al ritorno lo aspettava più di qualche sberla, lui che rubava se desiderava qualcosa, lui che cantava invece di lavorare, lui non si era mai adeguato agli altri, lui che era sempre testardo nei propri credo, proprio lui si era tappato le ali?
Ovviamente no. Era andato incontro al sogno di una vita senza pensare alle ripercussioni che avrebbe avuto su di lui. Non aveva tenuto conto dell’impossibilità di poter fare tranquillamente un giro per strada quando ne aveva voglia senza disturbi, né dell’impossibilità di vivere la sua vita alla luce del sole, per non parlare del dover nascondere la sua vita privata con l’amore della sua vita nonostante tutti cercassero di mettere le mani nella sua privacy.
Come aveva fatto ad inguaiarsi così tanto? Come aveva fatto a coinvolgere in tutto questo Hinata?
Adesso era lei che ne subiva le conseguenze, lei che aveva i paparazzi sempre attorno, la stampa addosso, senza possibilità di continuare in pace il proprio lavoro, ingiustamente.
Le aveva fatto del male e lei aveva preso il colpo senza lamentarsi, senza arrabbiarsi, senza vendicarsi. Non era assolutamente umana! Era un angelo!
Come aveva fatto a farle del male? L’amava! Avrebbe voluto che lei avesse una vita felice, lei come tutti i suoi compagni! Non c’era più tempo… non c’era più tempo da perdere in chiacchiere, in assurdi litigi, in lotte con chi non era capace di farsi gli affari propri. Non c’era tempo per essere tristi. Avrebbe vissuto ogni giorno che gli restava facendo le cose che amava in libertà, impegnandosi nel non intralciare i sogni della sua amata, dei suoi cari.
Così, Naruto Namikaze aveva deciso di andare via, togliersi di mezzo, far perdere le proprie tracce in modo da evitar loro le pene più dolorose.
Nel nulla, scomparire.
 
<< Per favore, Sasuke, non gridare. >> mormorò la mora, sull’orlo del pianto << E’ tutta la notte che lo cerco. Sono andata in tutte le direzioni, ma conoscendolo non penso proprio si sia diretto in città. Pensò sia andato fuori Tokyo. >>
<< Come cazzo hai fatto a non chiamarmi? >> urlò il moro dall’altro capo del telefono << E’ matematico, più persone lo cercano prima lo troviamo. Come cazzo hai fatto? >>
La notte passata a cercarlo non aveva dato frutti. In quel momento, ovvero le otto di una mattina piuttosto gelida, Hinata era ancora in macchina, al telefono col moro che l’aveva chiamata appena saputo, fregandosene delle leggi che vietavano di usare il cellulare alla guida. Era stanca, aveva le occhiaie, gli occhi arrossati, le mani tremanti, ma per nessun motivo al mondo avrebbe interrotto le ricerche.
<< Ho cercato di non perdere tempo, di correre a cercarlo e basta. >> mormorò la ragazza, cambiando marcia con la mano libera.
Con un singulto la vettura aumentò la velocità e si infilò in una stradina sterrata.
<< Potevi farmi chiamare da Hanabi appena uscivi. >> affermò l’altro, abbassando la voce << Lascia stare, ne discuteremo quando lo troveremo. Adesso dove sei? >>
<< Ho preso una strada di campagna a Sud, cerco qualche alloggio. >> rispose prontamente lei, scrutando dal finestrino per vedere meglio i segnali stradali.
<< Perfetto. >> disse Sasuke, indossando la giacca << Appena chiudo con te, chiamo gli altri e ci dividiamo. Cercheremo imboccando le altre strade. >>
<< Va bene. >> la ragazza si intristì maggiormente, sentendo l’agitazione dell’amico << Sasuke… perdonami. >>
Sasuke si lasciò andare a un sospiro, una fragilità che avrebbe mostrato solo e soltanto a lei.
<< Ti richiamo fra un’ora, Hinata. >>
 
 
La donna fece capolino nella stanza all’improvviso, senza avvertire. Semplicemente aprì la porta di legno chiaro, incurante, per poi aggirare il letto di quella piccola stanza e avvicinarglisi.
Lo vide seduto sul bordo del letto, la schiena incurvata, la fronte poggiata sul palmo aperto, una bottiglia di whisky nell’altra. Gli occhi, tanto profondi da non sembrare nemmeno blu, erano fissi nel vuoto.
<< Toh. >> disse, porgendogli un piattino con una fetta di pane e una strana sostanza rosea al di sopra << Mangia questo che ti passa la sbronza. >>
Lui si voltò. Per un attimo il suo sguardo parve confuso, come se non la riconoscesse. Poi prese il piattino dalle sue mani e mangiò silenziosamente, con una smorfia disgustata quando sentì un sapore amaro sulla lingua. Prese un altro sorso di whisky tracannando rozzamente dalla bottiglia.
<< Certo, se continui a bere, quella sbobba non servirà a niente. >> affermò lei, mentre lui si asciugava il rivolo di alcool che colava dalla sua bocca con la manica della felpa.
Finì di mangiare, la stanza ancora persa nel buio, mentre una luce fioca trapelava dalle tapparelle abbassate.  La donna si spazientii e incrociò le braccia davanti al petto abbondante.
<< Cosa diamine ci fai qui, Naruto? >> chiese, imprecando, quasi pronta ad allungargli uno schiaffo pur di ridestarlo da quella strana trance in cui era caduto. << Sono più di dieci anni che non ti vedo! Perché cavolo sei qui?! >>
Il ragazzo deglutì rumorosamente, come a ingoiare un brutto torto subito, la vita che gli passava davanti.
<< Mi dispiace… >> mormorò, incapace di dire altro, la bocca ancora impastata.
<< E del mio tappetino imbrattato del tuo vomito, ti dispiace? >> sibilò lei, abbassando la testa come una gallina biforcuta per guardalo in faccia.
<< Mi dispiace se sono piombato qui all’improvviso, ma ho bisogno del tuo aiuto. >>
<< Vuoi aiuto? >> si stupì lei, sgranando gli occhi << Dopo dieci anni e passa che non ci vediamo? >>
<< Non sapevo dove altro andare e… >>
<< Deve essere una cosa di vita o di morte, altrimenti non ti aiuterò. >> fu irremovibile.
<< Infatti è così. >> affermò lui, guardandola finalmente negli occhi, lo sguardo serio, quasi cattivo, disperto << Devi aiutarmi, perché mi sento morire. >>
 
 
 
Qualche giorno bastardo lo passo da me
Rintanato e rinchiuso lo passo così
Così stanco di tutto e di tutti chissà
Questi giorni son giorni che vivo a metà
E viaggio in un mondo che forse non c’è
Tra cent’anni di libri e i miei sogni da star
E un bersaglio di giochi truccati perché
Non mi viene la vita che voglio per me
Che fatica nuotare in un mare di noia
Senza pinne e senz’aria in un mare di noia
Di noia…
E telefono a caso a qualcuno che può
Regalarmi un momento di tempo che ha
Per morire un po’ meno da solo…qui
Certi giorni son giorni che vivo così
Che fatica nuotare in un mare di noia
Senza pinne e senz’aria in un mare di noia
Di noia
La noia… la noia…



 
 
 Salve salvino! La vostra befana vi ha portato i regali e
spera che li stiate divorando per il nervosismo mentre
leggete questo piccolo capitolo, piccolo ma intenso!
Allora, vi ho lasciato a bocca aperta? Tanti spezzoni,
prima la notte, poi la mattina ed infine l'ingresso di un
nuovo personaggio. A chi si sarà mai rivolto Naruto?
Sono pronta ad ascoltare le vostre teorie n.n Come 
finirà questa storia assurda? 
Vi devo chiedere un piccolo favore per ultimare un 
capitolo. Mi sembrava carino fare un capitolo-intervista
a Naruto, perciò, c'è qualcosa che vorreste chiedergli, 
su di lui o sugli Origin? O su Hinata?
Rispondete in tanti e buona epifania! :*

 

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Capitolo 42
*** Transalcolico. ***


Filosofia di vita.
-
Transalcolico

[Motivi nascosti]

 
[Negrita: Transalcolico (DA SENTIRE!)]
Si stava facendo sera e lei, esattamente come gli altri degli Origins, aveva girato a vuoto per tutto il giorno.
Hinata si era fermata in ogni locanda, ogni casa abbandonata, ogni B&B, aspettandosi ogni volta di trovare un Naruto risoluto e pacifico. O almeno era quello che sperava.
Invece, tutte le persone a cui aveva chiesto avevano dato una risposta negativa, rifiutandosi addirittura di credere possibile che un giapponese biondo, abbronzato e con gli occhi azzurri esistesse e che, addirittura, si fosse perso.
Il sole già non si vedeva più. Si era nascosto dietro le colline, colorando di un tenue rosso il cielo azzurro. Tutto sembrava più buio, più triste, più senza speranza.
Procedeva lentamente, con la macchina che stava consumando le ultime gocce di benzina. Volente o nolente si sarebbe dovuta fermare, così parcheggiò lungo la strada e scese dalla vettura, procedendo a piedi.
Un’alta casa rosa si ergeva a un paio di centinaia di metri, così decise di incamminarsi e chiedere asilo, altrimenti le sarebbe toccato dormire in macchina, al freddo.
Percorse quel lembo di strada, dopo poco arrivò, salì le scale e bussò alla porta in legno di ciliegio.
Ai suoi piedi, un quadrato segnato dalla polvere stava a simboleggiare la precedente esistenza di un tappetino per pulire le scarpe, ora assente.
Sentì dei passi e poi una donna bionda, alta e magra le aprì la porta. Si guardarono in silenzio per un attimo interminabile.
Sulle prime, la donna non dimostrava più di cinquant’anni: era bella, biondissima, in forma. Dopo un’osservazione più attenta, però, era facile notare le rughe sul collo e le tempie, la pelle delle mani squamose, la leggera incurvatura della schiena. Quella donna aveva più di cinquant’anni, nonostante li portasse molto bene. Il suo fisico, il suo sguardo, tutto di lei trasmetteva forza e autorità.
La vide sgranare leggermente gli occhi, un poco stupita. << Tu sei…? >>
<< Hinata Hyuga, piacere. Mi scusi il disturbo, ma… >>
<< Stai cercando un ragazzo biondo, di nome Naruto? >>
La domanda, piuttosto semplice e diretta, per un attimo non fu registrata nella mente della mora, rimasta sbalordita. Poi, quando ebbe il tempo di capire che una fortuita coincidenza le aveva fatto trovare Naruto e che lui probabilmente era a meno di qualche metro da lei, parve riprendersi.
<< Sì. >> affermò, stringendo i pugni nella speranza di esserci riuscita, finalmente.
<< Vieni, entra. >> affermò la donna, sospingendola dentro, per poi chiudere la porta dietro di lei. Fece qualche passo, fino a una porta di legno chiaro << E’ qui. Vi lascio soli. >>
Non si chiese il perché di quel comportamento strano e infinitamente cordiale della donna poiché in preda a mille emozioni diverse.
Come aveva detto, la donna la lasciò sola, percorrendo al buio il corridoio che la portò via da lei.
Hinata mise una mano sul pomello della porta. Il contatto con il ferro freddo e ambrato le fece venire un brivido, ricordandole che lei era lì, davvero, ad un passo dalla persona cercata per quasi due giorni. Ci siamo.
Girò lentamente il pomello e la porta si aprì con un clack. Non vide luci, né la testa bionda di Naruto. Si intrufolò nella stanza, chiudendosela alle spalle e, quando si voltò, vide un uomo, al buio, seduto sul davanzale della finestra, il viso segnato da lacrime, una bottiglia scura di whisky sulle labbra.
Quell’uomo non poteva essere Naruto. Quell’uomo vecchio, logoro, liso, che odorava di alcoolici non poteva in alcun modo essere lui.
Quell’ubriacone piangente non poteva essere il suo Naruto sempre solare, sempre dolce, sempre sorridente.
Gli si avvicinò lentamente, impaurita da quella verità che si rifiutava di accettare.
Eppure, quando incontrò il suo sguardo non ci furono più dubbi. Naruto la guardava, gli occhi bui e languidi, ispidi, senza frammenti né ricordi di quel biondo ragazzo che correva sulla spiaggia, il mare nelle iridi.
<< Hinata, sei tu? >> disse il ragazzo, ridendo quasi << Cazzo, non ci capisco più niente! … >>
<< Che hai combinato, Naruto? >> mormorò lei, toccandogli la guancia e fremendo di rabbia nel sentire la pelle irsuta.
Lui sbottò in una risata << Mi sa che sono un po’ sbronzo… >> disse, sempre ridendo, per poi appoggiarsi a lei tanto pesantemente che quasi cadde << Ho bevuto per dimenticare… >>
<< Sei un deficiente. >> affermò la mora, inveendo contro di lui per la prima volta in un anno, mentre tentava a stento di sorreggerlo << Che devi dimenticare? >>
<< Che sto male! >> affermò l’altro, balbettando leggermente << Non c’è la faccio più! Mi sono bevuto tutto quello che ho trovato… cosa c’è che non va? Sono qua ancora, no? >>
Hinata lo sospinse leggermente verso l’armadio, in modo da aiutarsi a sorreggerlo. Più lo sentiva parlare, più sentiva la puzza di alcool, più gli veniva voglia di prenderlo a schiaffi. Una rabbia nuova, diversa, provata verso l’uomo che più amava al mondo. L’uomo che si stava rovinando con le sue stesse mani.
<< Dai, che la vita è stupida… >> rise lui << inutile! Guardami, sono un’animale io… mica posso essere perfetto…’sta parte deve respirare, ogni tanto… >>
Hinata tentò di guardarlo in volto, ma vederlo in quel modo, col viso paonazzo e rigato da lacrime, gli faceva male. Un misto di rabbia, odio e disgusto le invase le membra.
<< Bevo così ti faccio arrabbiare! >> disse il biondo fra i singhiozzi e le risate << Dai, incazzati! Sei sempre troppo buona con me, non me lo merito, sono un’animale! >>
Lei lo sospinse pian piano verso il letto, dove lui si lasciò andare con un tonfo.
<< Io ti faccio sempre così male e tu non ti arrabbi mai… sei sempre troppo buona… ti faccio sempre soffrire… >> mormorò lui, ormai in preda al delirio << Ed ora questo… devi lasciarmi! … non posso fare questo a te, non devi soffrire così tanto per me! Lasciami…. >>
Si aggrappò al suo collo, costringendola in un abbraccio che lei non desiderava affatto.
<< Eppure mi sei mancata così tanto… >> disse lui, mordendole voracemente il collo, facendole male << Tu sei mia… >>
Le morse il collo nuovamente nonostante le sue proteste, scese verso la scollatura e le morse i seni, facendole buttare un grido. Hinata gli diede uno schiaffo forte involontariamente, per difendersi. Lui si calmò all’istante.
<< Perdonami… >> mormorò, fra parole sconnesse << Lasciami… >>
<< Fidati, questa volta mi hai fatto arrabbiare. >> disse lei, accarezzandogli leggermente i capelli arruffati madidi di sudore << Riposati, ci vediamo domani mattina. >>
Lo guardò addormentarsi e afferrò la bottiglia, ancora stretta fra le sue mani. La donna bionda si affacciò proprio in quel momento alla porta.
<< Tutto ok? >> chiese, in volto un’espressione preoccupata << Ho sentito gridare. >>
<< Sì, è tutto ok. >> rispose la mora, alzandosi per raggiungerla << E’ solo molto ubriaco. >>
La donna gli diede una pacca sulla spalla invitandola ad uscire. Richiuse la porta dietro di lei.
<< Ho fatto del thè. >> affermò, avviandosi in cucina mentre Hinata la seguiva.
<< Vi conoscete? >> chiese la mora, accomodandosi al tavolo della cucina con aria stanca.
<< No. >> rispose dopo un attimo di titubanza la donna, servendo il thè alla menta << Questa notte ho sentito un gran baccano e l’ho trovato fuori a vomitare. E voi? Da quando vi conoscete? >>
<< Da circa un anno. >> rispose lei, accogliendo con un grazie la bevanda calda fra le mani, che tremavano.
La donna bionda afferrò una busta di cioccolatini, l’aprì e versò il contenuto in una ciotola che mise fra lei e la ragazza, seduta dall’altra parte del tavolo. Hinata ne prese uno senza tanti complimenti, sentendo un leggero languorio infondo allo stomaco. Erano due giorni che non toccava cibo.
<< Sei la sua fidanzata? >> chiese la bionda, curiosa.
<< Sì. >> rispose lei, servendosi un altro cioccolatino.
<< E come vi siete conosciuti? >> domandò di nuovo lei, decisa a non farle pensare a ciò che aveva appena affrontato.
<< Un giorno… gli sono sbattuta contro, ecco. >> rispose la mora, sorridendo al ricordo << Ero molto impacciata e maldestra… piuttosto timida… lui mi ha cambiata. >>
<< Lui? >> chiese la donna, stupita << Che ha di speciale? >>
<< Lui… Naruto è così forte e sicuro di sé che ti trasmette la sua forza. Ha sempre avuto le idee chiare, il sorriso in volto e la risposta pronta. >> il volto sognante della ragazza si incupì quando la donna apparì contrariata.
<< E adesso che ha? >> indagò lei.
<< Non lo so… >> rispose confusamente la mora << All’inizio credevo avesse paura, adesso non lo so più. >>
<< Paura per cosa? >>
<< Per il futuro. >> affermò Hinata << E’ un’artista promettente e ha paura del futuro che sta arrivando troppo presto. O almeno così credevo… >>
La donna si alzò, cominciando a sparecchiare. << E’ una paura razionale, credo. La supererà. >>
Si voltò per prendere le tazze e allungò una mano per accarezzarle il volto << Spero che rimarrai a dormire, cara. Ho preparato una stanza di sopra, se vuoi. L’ultima a destra del corridoio. >>
<< Grazie, signora. >> accettò la mora con un mezzo sorriso, felice di quella cortesia << Buonanotte, a domani. >>
<< Buonanotte, cara. >>
Hinata salì le scale, seguì le indicazioni e si avviò nella sua camera. Non accese la luce, né altro. Stanca, si sedette sul letto e si tolse le scarpe, per poi spogliarsi velocemente e infilarsi nel letto. Non capiva la dolcezza di quella donna così comprensiva e mesta, quasi come una mamma, ma non diede molto peso alla cosa. 
Qualcosa le diceva che doveva rifletterci, ma la stanchezza era troppa, così come la tristezza che l'aveva avvolta.
Prese il cellulare, avvisò Sasuke di aver trovato Naruto e attese una risposta.
Desiderava quella risposta. Desiderava trovare una persona amica con cui parlare, confidarsi, sfogarsi. Naruto non c’era, anzi, era lui la causa del suo dolore. Senza di lui, senza il suo sostegno, si sentiva così persa, così di malumore, così sola… cosa avrebbe fatto se un giorno Naruto l’avesse lasciata? A chi si sarebbe rivolta? E se Naruto fosse… morto? Con chi condividere quel dolore?
Scosse la testa per cacciare quei pensieri. Sperò che fosse solo la stanchezza a farle avere quelle idee atroci, che non fossero una sorta di brutto presentimento. Si accoccolò meglio nel letto, abbracciandosi le gambe nude, quando il suo cellulare squillò. Sul display, il nome salvato da Naruto: ‘suke.
<< Hinata. >> rispose e Sasuke parlò ancora prima di lei << In che condizioni è? >>
<< Ubriaco fradicio. >> mormorò la mora, stringendosi le gambe al petto << Non l’ho mai visto così. >>
<< Io spesso, purtroppo. Brutto segno. >> affermò lui << Ci hai parlato? >>
<< Non molto… >> strinse i pugni, mentre sentiva le lacrime che tentavano di spezzarla per uscire << Sasuke… è strano. Dice che sta male. Che lo devo lasciare. >>
L’altro grugnì, ma non rispose. Cambiò marcia e attese ulteriori informazioni.
<< Sembra assolutamente fuori di sé… >> Hinata cominciò a piangere, silenziosamente. Non aveva vinto quella lotta contro le sue lacrime << Sasuke, io ho paura. >>
<< Shhh… >> mormorò il moro, incredibilmente premuroso << Tranquilla. Ora arrivo e mi occupo io della faccenda. >>
<< Vorrei tanto fare qualcosa… mi sento così inutile! >> esplose in un singulto che tentò malamente di controllare.
<< No, tu sei stata brava. >> affermò lui, convinto << Questa è una cosa troppo grande da gestire da sola. Io lo conosco da più tempo e so cosa fare. Capito? >>
Hinata non rispose, lasciandosi cullare e consolare dalla voce calda di Sasuke, all’altro capo del telefono.
<< Hinata, io sono qui apposta. >> continuò, la voce accompagnata dal suono del suo clacson arrabbiato che si faceva strada nella notte << Sono qui con te, l’affronteremo insieme. Sarò lì fra due ore al massimo e voglio trovarti addormentata. Hai bisogno di riposare. Domani, quando ti sveglierai, sarà già tutto risolto, promesso. >> 
Sospirò, un altro dei suoi sospiri stanchi riservati solo a lei.
<< Sei stata grande, piccola Hinata. Sto arrivando. Dormi bene. >>
Sasuke chiuse la chiamata e Hinata si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Era così facile credergli, avere fiducia in lui… perché?
E perché Naruto si comportava in quel modo? Perché beveva? Perché?
 
Io bevo per dimenticare
Bevo per non stare male
Bevo che così mi drogo
Bevo tutto quel che trovo
Bevo che non mi fa niente
Bevo come un deficiente
Bevo… cosa c’è che non va?
Bevo eppure sono qua
 
Io bevo che mi da la carica
Bevo che la vita è stupida
Bevo solo per fare rabbia
A chi ha la testa nella sabbia
E credo che ognuno ha una misura
E non sarà mai una censura
In grado di poter stabilire
Cosa è bene e cosa è male
Bevo solo per pisciare
 
Transalcolico viaggio cosmico
Puoi cercarmi lì quando sono così
 
Io bevo anche se poi sto male
Ma mi serve a far uscire fuori la mia parte animale
Devo farla respirare
Bevo anche se non è vero
Qui lo dico e qui lo nego
Solo per provocare
Guarda che per giudicare
Devi un po’ saperci fare
 
Transalcolico viaggio cosmico
Puoi cercarmi lì quando sono così
 
Io bevo per dimenticare
bevo per non stare male
bevo che così mi va
Bevo tutta la città
 
Bevo per dimenticare
Bevo per non stare male
Bevo che così mi và
bevo da fare pietà…




 
Buonasera, sono tornata fra voi!
Capitolo importantissimo che vi deve
dare molto da pensare, cercate di cogliere
tutte le piccolezze, i piccoli indizi disseminati
nel capitolo: nulla è lasciato al caso.
Un Naruto ubriaco è sempre un guaio! Ed 
è una cosa che solo Sasuke Uchiha può 
gestire, così il prossimo capitolo sarà tutto
per loro, siete avvisati, perchè sapete quanto
io li ami :) Perciò... spero che il capitolo
vi piaccia e spero che mi lascerete qualche 
recensione, oppure sono pronto a ricevere
tanti pomodori in faccia! Grazie a tutti :*


PS: UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE ALLE 1O3 PERSONE CHE HANNO INSERITO QUESTA STORIA NELLE SEGUITE!
 

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Capitolo 43
*** Immobile & In ogni atomo. ***


Filosofia di vita.
-
Immobile
&
In ogni atomo

[Discorsi inconcludenti. ]
 
[Negrita: Immobile; In ogni atomo]
Entrò da una finestra aperta cercando di non fare rumore.
Con facilità trovò la stanza di Hinata, che riposava tranquilla al piano di sopra.
La osservò nell’ombra della sua camera, le sistemò le coperte e le cancellò dal viso un’ultima lacrima.
Aveva deciso di maturare, una decisione che era venuta da sé quando aveva capito gli errori commessi con Sakura.
Uno fra tanti era stato non dimostrarle apertamente quanto tenesse a lei.
Con Naruto e, in seguito, con Hinata era sempre stato facile. Naruto, anche se fingevano malamente di non sopportarsi, litigavano sempre per ogni idiozia, tentavano sempre di uccidersi a vicenda, era suo fratello fino al midollo. Avevano sempre condiviso pane e acqua, i dolori dell’uno erano quelli dell’altro, parlare e raccontarsi era facile, scontrarsi e riappacificarsi ancora di più. Con Hinata, invece, non servivano parole. Lei era così, sempre pronta ad accoglierti, ad offrirti un letto, un pasto caldo, una carezza, un abbraccio; la parola giusta, quella che ti serviva ad ingranare, si trovava sempre sulle sue labbra.
Con loro non servivano tanti gesti, bastava essere se stessi, esserci sempre.  
La guardò dormire per un secondo ancora. Osservò il suo volto sciupato dalla stanchezza riprendere pian piano colore, le labbra torturate da morsi nervosi, i capelli arruffati scomposti sul cuscino, soffermandosi infine sulle lunghe ciglia scure che delineavano mezze lune perfette.
Naruto la stava trattando davvero male, sciupando pian piano la sua vita, la sua naturale bellezza.
Si era accorto dell’insofferenza sempre presente di Hinata in quell’ultimo periodo. Era stressata, dal lavoro e dalla famiglia, e adesso ci mancava soltanto quel baka a farle perdere la testa.
Era strano vederla così ben disposta a perdonare e a preoccuparsi della persona che le stava facendo così tanto male, ma sentiva di desiderare la stessa cosa per sé; strano ma vero, Sasuke Uchiha sentiva di aver bisogno di qualcuno che fosse disposto a sopportarlo accanto a sé.
Si chiese se Hinata fosse sempre stata così permissiva e docile nei confronti delle persone amate: l’aveva sempre conosciuta in quel modo, sempre disposta a prendersi cura degli altri e mai di se stessa. Nemmeno Naruto, almeno in quel momento, sembrava fregarsene: l’avrebbe pagata cara, decisamente, perché non poteva assistere ad un sopruso del genere.
Si assicurò che stesse bene, per poi scendere le scale alla ricerca di Naruto, silenzioso.
Lo trovò chiuso in una camera molto piccola al pianto terreno. L’aria era impregnata dell’odore di alcool, la stanza immersa nel buio. Si sedette sul davanzale e, dimodoché avesse il tempo di farsi passare la sbronza, aspettò che Naruto si svegliasse.
 
Era ancora notte quando Naruto aprì gli occhi, svegliandosi di colpo. Sentiva la testa per aria e la bocca impastata. Uno schifo. Si voltò, cercando di riacciuffare il sonno perduto, ma tutto fu inutile.
Aprì gli occhi e, vedendo un viso cadaverico e due occhi neri e lucidi osservarlo, sobbalzò spaventato.
<< Cazzo, un uccello del malaugurio! >> imprecò, lanciandogli contro un cuscino << Va via, mostro! >>
<< Sei proprio un Baka! >> mugugnò l’altro, rilanciandogli il suddetto.
<< ‘fanculo Teme!  >> rispose Naruto, riappropriandosi del cuscino dove posò la testa improvvisamente troppo pesante << Dillo che sei qui, invece di fissarmi! >>
<< Stronzetto, pensavo dormissi. >> affermò quello, guardandolo storto << Ti ucciderei, ma sono stato gentile. >>
<< Ah.. Sas’kè, smettila… >> mormorò lui, non capendo sulle prima a cosa si riferisse.
Sasuke si avvicinò a lui, lo prese per il bevero e lo guardò dritto negli occhi, che erano estremamente stupiti.
<< Cosa diavolo stai facendo, idiota? >> mormorò, a denti stretti.
<< Io… >> Naruto non seppe che dire, non riuscì nemmeno a sostenere il suo sguardo, consapevole finalmente dei suoi errori, così voltò leggermente il capo.
Sasuke lo colpì, forte, allo stomaco, facendo perdere il respiro al ragazzo.
Attese che si riprendesse, poi lo vide ridere lievemente fra sé, gli occhi però tristi.
<< Va sempre così… >> mormorò, ricordando momenti passati << Siediti qui con me, Sasuke. >>
Il ragazzo aggirò il letto lentamente e si stese supino accanto a lui, che aveva il volto nel cuscino,  e subito il calore del corpo di Naruto inondò anche il suo.
<< Facevamo così da piccoli, quando faceva troppo freddo. >> mormorò il ragazzo, ricordandosi di quei momenti.
<< Si, si. >> rispose il biondo, la testa che sembrava sul punto di esplodere << Dormi, ‘suke. >>
Calò il silenzio, ma nessuno dei due si addormentò. Entrambi erano in preda a emozioni diverse miste a ricordi e brutti pensieri. Ormai, la voglia di dormire era passata.
<< Che cazzo combini, Naruto? >> sibilò il moro, la voce profonda a riecheggiare nella stanza buia e vuota.
Il biondo si avvicinò e si sistemò accanto all’amico, spalla contro spalla.
<< Non lo so più, Sasuke. >> sospirò amaramente << Sono solo un povero uomo che vede cambiarsi intorno la vita, il mondo. Ed io mi sento sempre uguale, sempre a disagio, sempre fuori posto… tento di cambiare, di adeguarmi, ma rimango sempre fermo. Dove vado non dipende da me… non so, è un discorso complicato. >>
Sasuke grugnì, contrariato, poi sbuffò: ormai era diventato un gesto abituale.
<< Credi di essere il solo a provare queste cose? Tutti noi proviamo questi sentimenti. >> affermò, convinto << Bene o male tutti noi stiamo cercando di combattere questi brutti pensieri, ma io e te siamo i fondatori del gruppo… se affondiamo noi, cosa rimarrà a galla? >>
Vide gli occhi azzurri di Naruto incupirsi maggiormente, in sintonia con l’ambiente buio. Per la prima volta si sentì incapace di capirlo, di capire i pensieri di cui quegli occhi erano lo specchio. Lo sguardo affranto, per la prima volta incomprensibile, stupì l’Uchiha, che comunque non lo diede a vedere.
<< Sasuke, mi devi fare una promessa. >> mormorò, la voce profondamente seria.
<< Spara. >>
<< Se io affondassi… tu devi perseguire i nostri sogni anche per me. Non mollare mai, Sasuke. >>
La solennità della frase non si addiceva per nulla alla personalità di Naruto. Cosa cavolo gli sta succedendo? Pensò il moro, mentre sentiva tutti i muscoli irrigidirsi.
<< Promettimelo. >> continuò il biondo, con uno sguardo duro che raramente gli aveva visto in volto.
<< Te lo prometto. >> affermò Sasuke, la voce titubante, stranamente confusa << Devi promettermi la stessa cosa. >>
<< Promesso, ‘suke. >> annuì il biondo, appoggiandosi meglio sul cuscino.
Sasuke allungò una mano e la mise sulla nuca dell’amico, come quando lui si fermava a dormire a casa sua e per farlo smettere di russare tentava di soffocarlo nel cuscino. Solo che questa volta non impresse forza nel palmo, semplicemente, sostò lì fra i suoi capelli in una sorta di goffa carezza.
<< Perché? >> mormorò il moro << Perché ti comporti così? >>
<< Perché sento che questa crisi non risolve… >>
 
Io chi sono non lo so
Sono soltanto un uomo
Dove vado non dipende da me
È un discorso complicato
Ho una madre, dei fratelli, una donna
Ho due figli, con il mio nome (con il mio nome!)
C’è una guerra che mi fa paura
Una crisi che non si risolve
Vedo gente che sta male
Come me, come me
Se guardo in alto vedo sfuocato
Se guardo in basso rischio di cadere giù
Sto correndo, ma sono fermo, mi sto muovendo
Però rimango immobile
Per il mondo, immobili, nessuno si sposta
Immobili, nessuna risposta, immobili, nessuno si sposta
Sta crescendo…
 
 
 
 
<< Mi sento confuso… un naufrago disperso in mezzo al mare. >> continuò, aprendo il suo cuore << Sasuke… dove mi devo voltare, per pregare? >>
L’altro inarcò un sopracciglio, disorientato << Ti sei fumato una canna o qualcosa di peggio? Queste domande da dove ti escono? >>
Naruto si voltò, prendendo a guadare il soffitto come Sasuke. Dopo poco, chiuse gli occhi. Sasuke lo guardò e per poco non gli venne un infarto. Naruto, il suo amico solare e rompipalle, sembrava essere invecchiato di colpo. Il suo volto era stanco, la barba incolta, gli occhi non più così giovani e sprezzanti. Era maturato di colpo, gli era passato sopra un treno, ma qualsiasi cosa fosse successa, Naruto era cambiato e non sembrava affatto stare bene.
<< Me lo chiedo davvero, Sasuke. >> rispose lui, le palpebre ancora abbassate << Mi sembra di cadere… Tutto, tutto mi confonde. Io rimango immobile e intanto tutto scorre, l’universo è sempre in movimento e io… non ci capisco nulla, Sasuke. >>
 
Da quale parte mi devo girare,
quando ho bisogno di pregare Dio?
Da quale parte, da quale parte?
L’infinito li confonde
Da quale nave ci ha visto arrivare?
L’universo è sempre in onda
Sempre uguale, sempre uguale
Se guardo in alto vedo sfuocato
Se guardo in basso rischio di cadere giù
Sto correndo, ma sono fermo, mi sto muovendo
Però rimango immobile
Per il mondo, immobili, nessuno si sposta
Immobili, nessuna risposta, immobili, nessuno si sposta
Sta crescendo…
 
 
 
 
<< Mi dispiace, Naruto, non posso rispondere alle tue domande. >> il ragazzo cercò il suo sguardo tentando di trasmettergli fiducia << Ma su un punto puoi essere assolutamente sicuro: non sei solo. >>
Naruto fece una smorfia addolorata, seguita da una risata isterica e stonata.
<< Questo… questo mi spaventa. >>
Sasuke sgranò gli occhi, stupito. Quella sera non riusciva proprio a capirlo.
<< Ti spaventa avere amici che ti aiuteranno sempre? >>
<< No. >> rispose l’altro, prontamente << O forse sì, anche. Mi spaventa perché vi porterò a fondo con me. >>
<< Cazzo Naruto, adesso ti prendo a ca.. >>
<< Sasuke. >> l’interruppe lui, severo << Noi siamo uguali, dovresti capirmi. Non ti dispiacerebbe far soffrire le persone che ami semplicemente perché non ti senti bene con te stesso? >>
<< Baka, hai rotto con ‘sti disco… >>
<< Rispondimi! >> Naruto fu impaziente, gli diede un colpetto leggero sul fianco << Rispondi sinceramente e basta! >>
<< Non è giusto, sai che è una cosa che ho provato spesso, conosci già la risposta. >> disse secco lui, sbuffando << E’ comunque è un caso diverso, la risposta non si può applicare. >>
<< Sasuke… >> mormorò affranto l’altro, che continuava ad attendere una risposta << Sii obbiettivo, non considerare le situazioni. Se potessi, eviteresti di far del male alle persone che ami? >>
<< Sì, lo eviterei. >> affermò l’altro, stringendo i pugni per quei discorsi che non gli piacevano affatto.
<< Bene. >> rispose lui semplicemente, all’improvviso sorridente.
<< Questo non vuol dire che scappare in piena notte sia giusto! >> affermò l’altro, mettendosi di scatto a sedere, osservando il suo sorriso smorto.
<< Calmati, ‘suke. >> rispose l’altro, dandogli delle piccole pacche sulla schiena << Puoi davvero dire che non avresti fatto lo stesso? >>
Sasuke ci pensò e, effettivamente, lui avrebbe fatto la stessa cosa. Piuttosto che far soffrire enormemente le persone che amava tutto il tempo con la sua presenza, sarebbe scomparso, facendole star male solo un po’, per poco tempo.
Sbuffò, arrendendosi davanti a quella verità.
<< ‘fanculo, Baka. >> esordì lui, tornando a stendersi << perché oggi sembri essere tu quello ragionevole ed io quello fuori di testa? Eppure ci comporteremmo comunque in modo immaturo. >>
<< Teme, sei proprio un’idiota. >> affermò l’altro ridendo << Non è solo oggi. >>
<< ‘fanculo. >>
<< A parte gli scherzi, adesso ti spiego perché. >> continuò lui << Noi siamo uguali, quindi entrambi siamo sia idioti che seri. >>
<< Tu pensi troppo, Naruto. >> rispose Sasuke, dandogli un colpo sulla spalla << Comunque, non scappare mai più. Perché noi ti inseguiremo ovunque, quindi è inutile. >>
<< Avevo bisogno d’aria. >>
<< Anche io ne ho bisogno ogni tanto, ma non me ne scappo per cercala! >>
<< Maledetto! >> Naruto rise << Non ti fai scrupoli, eh? >>
<< Tu te ne fai troppi, come già detto, pensi troppo. >> rispose Sasuke << Ti sciupi così. >>
<< Tanto… >> mormorò Naruto, ridendo.
 
Hai le carte e passi
Giocati i tuoi assi
Punta pure ciò che hai
Pensi troppo a cosa fai
Perché a quelli come noi
Serve spazio ed aria sai
Troppo poco quel che c’è
Troppo poco anche per te
 
Sei uguale a me
Altro che no
Sei come me
In ogni atomo
 
Maledetti fragili
Che si fanno scrupoli
Che si sciupano da sé
Siamo vuoti a perdere
 
<< Sei un idiota, Naruto. >> disse, avvicinando la testa ai suoi capelli, che gli sfiorarono delicatamente il naso << Lotta, che hai i motivi per combattere. Hai Hinata. Non ne troverai un’altra come lei. >>
Naruto annui, lievemente, consapevole che quello che stava dicendo era vero. Smisero di parlare, anche se quel dialogo era stato abbastanza infruttuoso.
Naruto e Sasuke si addormentarono così, come da bambini, vicini a trasmettersi calore, cogliendo l’attimo di silenzio da parte di entrambi. E quando, alle prime luci dell’alba, Hinata ormai sveglia accorse nella loro stanza, lì trovò vicini, quasi abbracciati.
Ne sorrise. Solo loro due potevano comportarsi come bambini, tollerarsi, sopportarsi, dormire insieme senza remore. Era qualcosa di permesso solo a loro due, perché sapevano che ci sarebbero stati sempre l’uno per l’altro. A difendersi, a mordere, a colpire, due come loro non li avrebbero schiacciati mai. C’erano sempre nel momento del bisogno. Loro… si curavano a vicenda.
E lei con loro.
 
Ma stavolta è colpa tua,
prendi al volo e metti via
che di donne come te
lascia stare non ce n’è
 
sei uguale a me
altro che no
sei come me
in ogni atomo
 
hai le carte e passi
giocati i tuoi assi
in due il rischio è minimo
siamo in condominio
che chi mangia polvere
lascia i denti mordere
perché quelli come noi
non li schiacceranno mai
e se ti abbandonerai
io ti curerò
medicine come noi
non le inventeranno mai
siamo soci
I’ll give you all my love
 
Sei uguale a me
Altro che no
Sei come me
In ogni atomo




Sono tornta!
Che dire, vi avevo avvisato, capitolo su
Sasuke e Naruto (con un pò di Hinata, che non guasta mai!),
decisamente strano, inconcludente, e a dirla tutta non
ne sono molto convinta. Ci sono cose (tante cose) di 
quest'ultimi capitoli che si capiranno solo alla fine,
perciò vi invito ad espormi le vostre teorie.
A proposito, sto ultimando il 48esimo capitolo e,
credo, che la storia finirà al capitolo 50.
Cominciate il coutdown n.n
Ringrazio tutti e spero che mi lascere qualche recensione!
Sempre vostra,
Tomoko.
 

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Capitolo 44
*** Lontani dal mondo. ***


Filosofia di vita.
-
Lontani dal mondo.

[Il male comune]
 
[Negrita: Lontani dal mondo]

Sasuke si svegliò quella mattina stessa con l’odore di caffè nell’aria. Nonostante avesse dormito poco e niente, soprattutto a causa dei calci notturni di un certo baka, non si sentì affatto stanco, solo un poco intorpidito.
Buttò giù dal letto le gambe, sbuffando a causa dell’assenza della coperta rubatagli nella notte sempre dal baka sopracitato, per poi stropicciarsi con una mano gli occhi insonnoliti.
Si alzò, muovendo qualche primo passo più rigido del dovuto, per poi stiracchiarsi come una gatto, inarcando la schiena a dismisura.
Uscì dalla stanza e, seguendo l’acre profumo del caffè, entrò in cucina.
Hinata, una bellissima Hinata riposata e sorridente, stava versando il liquido scuro in due tazze. Si voltò, porgendogliene una, con un sorriso grato e sincero.
<< Ho sentito che ti eri alzato >> spiegò, mentre gli porgeva la ciotola con lo zucchero << Buongiorno, Sasuke. >>
<< ‘giorno. >> rispose lui, bevendo tutto d’un fiato il caffè bollente, incurante delle ustioni procuratigli.
Lei bevve il suo caffè con calma, ancora appoggiata al lavello della cucina, senza smettere nemmeno un attimo di guardarlo in cerca di informazioni.
Lui si sentì osservato, anche quando prese a rintracciare nei vari ripiani la vaga presenza di qualcosa da mangiare. Si voltò irritato quando dopo un po’ non riuscì nella sua impresa e, proprio in quel momento, Hinata gli porse una busta di biscotti al cioccolato. Lui l’afferrò, pronto a fare colazione, ma lei non mollò la presa: così, rimasero per un attimo interminabile immobili a guardarsi, il sacchetto di invitanti frollini fra di loro.
<< Che c’è? >> sbottò Sasuke dopo poco, inarcando un sopracciglio.
<< Naruto? >> chiese lei, invece di rispondergli, in attesa di una risposta.
<< Tutto ok. >> affermò l’altro, scocciato << Posso avere i miei biscotti, adesso? >>
Hinata mollò la presa, ma invece di lasciarlo in pace a mangiare, gli saltò al collo, in un abbraccio improvviso. Sasuke sbuffò, leggermente imbarazzato e, dopo un’istante di immobilità, ricambiò la stretta, posando goffamente le mani sui fianchi di lei. La busta, ormai, era finita a terra e i biscotti erano un po’ sparsi per la stanza.
<< Grazie, grazie, grazie! >> esultò lei, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro << Sapevo che potevo fidarmi di te. >>
<< Sì, sì. >> mormorò lui, sbuffando nuovamente << Fra poco arriveranno anche Kiba e Shikamaru, così potrai abbracciare anche loro e lasciare in pace me. >>
<< Ma è merito tuo se Naruto è tornato in sé! >> affermò la mora, straordinariamente felice << Dammi soltanto un altro minuto! >>
<< Hinata… >> la rimbeccò lui, un poco seccato.
Dopo poco, però, sentendo che quella calda stretta non accennava ad allentarsi, abbassò il viso e si appoggiò alla spalla di lei. Soffiando fra i suoi capelli profumati, si beò di quell’abbraccio inaspettatamente affettuoso.


Quando si svegliò, nel primo pomeriggio, stanco e frastornato, non trovò solo gli occhi pece di Sasuke a guardarlo, ma anche quelli scuri di Shikamaru e Kiba. Mugugnò, stanco, ma quando Kiba gli mise davanti agli occhi un bel panino tutto farcito, un certo languorio gli ricordò che sì, purtroppo, aveva ancora uno stomaco a tormentarlo. Si mise a sedere e, affamato, divorò con voracità il suo panino.
<< Bene, buongiorno. >> esordì Shikamaru, con tono severo << Mi hai proprio seccato, Naruto. >>
Il ragazzo lo guardò fra lo stupito e lo scioccato.
<< Che? >> mormorò, masticando << Mi sono appena svegliato, che ho fatto adesso? >>
Tutti e tre i ragazzi sbuffarono, esausti. Si guardarono per un attimo e infine Sasuke fece cenno a Shikamaru di continuare.
<< Non puoi prendere e sparire, Naruto. >> riprese il moro << Mi hai davvero scocciato! Non ti comporti mai seriamente! >>
<< Ehi, ehi, cos’è tutta questa rabbia? >> chiese il ragazzo accusato, gettando nel cestino la carta del panino, che aveva finito di mangiare.
<< E’ la rabbia con cui ora ti prenderei a sberle! >> rispose l’amico, alzando la voce << Ma non lo farò, perché a differenza tua sono maturo! >>
Il biondo grugnì, ma non rispose. Shikamaru cercò di calmarsi e si schiarì la voce, pronto a continuare.
<< Siamo qui tutti e tre perché abbiamo qualcosa da dirti. >> affermò, gli occhi fissi in quelli di lui << Siamo tutti sulla stessa barca e, se c’è un problema, ci sediamo come persone civili e lo risolviamo. >>
Si fermò un attimo, per poi guardare i compagni seduti al sua fianco, che annuirono convinti in segno di approvazione.
<< Se così non sarà >> continuò, con sguardo severo << allora il gruppo si scioglierà. >>
Il biondo sgranò gli occhi, sbalordito. Socchiuse la bocca, in una “o” che la diceva lunga.
<< Cerca di capire. >> intervenne Kiba << E’ il sogno di tutti noi, ci teniamo tutti allo stesso modo, perciò non ci faremo intralciare in nessun modo. >>
<< Tantomeno dai tuoi sbalzi d’umore da ragazzina mestruata. >> infierì Sasuke, con un mezzo sorriso sardonico. 
<< Questi sono i patti. >> concluse Shikamaru, riprendendo parola << Se ci stai, qui la mano. >>
Protese la mano nella sua direzione, mentre un Naruto alquanto scioccato da quella presa di potere guardava tutti e tre i ragazzi con uno sguardo pieno di sgomento.
Osservò, per un attimo interminabile, la mano tesa verso di lui.
Sono pronto?  Si chiese, deglutendo per l’ansia. Sono pronto a correre per adeguarmi al mondo?
Tornò a fissare il volto dei suoi compagni d’avventura, dei suoi amici inseparabili, dei suoi patner di vita. Noi prenderemo il mondo in contropiede.
Allungò la mano e strinse quella di Shikamaru, che ricambiò con un sorriso gioioso.
La decisione era presa, il patto suggellato.
 
 
Si prepararono per la partenza. Tutti i membri del gruppo salutarono e ringraziarono con affetto quella donna alta e fiera che li aveva ospitati, offrendo il suo aiuto gentile.
Pronti per andare, Naruto si fermò sulla soglia insieme a Shikamaru.
Si voltò verso l’interno, dove la bionda sorrideva, gli occhi stranamente lucidi.
<< Addio, Naruto. >> disse, in una strana solennità che diede da pensare al moro.
<< Addio. >> mormorò Naruto a sua volta, con una nota di affetto nella voce.
Si voltò e si chiuse la porta alle spalle, per poi scendere in giardino, dove gli altri aspettavano.
<< Naruto… come si chiama quella donna? >> indagò Shikamaru, incuriosito da quello strano atteggiamento.
Lui, per un attimo, abbassò il volto, all’improvviso incupito. Sasuke lo chiamò nell’attimo provvidenziale.
<< Naruto >> chiamò, prendendo la tanica di benzina con cui Hinata aveva fatto il pieno per riporla nel bagagliaio << Con chi vuoi viaggiare? >>
Naruto guardò le tre macchine posteggiate davanti il vialetto in pietra. C’erano Kiba e Shikamaru che erano arrivati lì con la macchina sfasciata di quest’ultimo, Sasuke, arrivato lì con la macchina di Itachi, e infine Hinata, che si era appoggiata leggermente al muso della sua macchina con i vetri oscurati. Non poteva vedere il suo volto perché, come lui poco prima, aveva abbassato lo sguardo, d’un tratto interessata alla punta delle sue scarpe.
Con la borsa sottobraccio, si indirizzò verso la macchina di quest’ultima, salutando gli altri con un cenno.
La guardò per un attimo interminabile, senza ottenere risposta, per poi salire in macchina e chiudere la portiera. Attese silenziosamente che Hinata salisse in macchina.
La vide sospirare portandosi una mano sulla fronte, come se si sentisse incapace di affrontare quella situazione. All’improvviso si riscosse, aggirò la macchina ed entrò al posto guida.
Non lo degnò di uno sguardo. Girò la chiave nel quadro e mise in moto. Inforcò la prima e, seguendo gli altri, si inoltrò verso la città.
<< Hinata.. >> Naruto provò a parlare, tentando di spezzare quella strana tensione che aleggiava nell’aria dell’abitacolo << Io… >>
<< Sta zitto, Naruto. >>
Quella voce, una voce seria, sicura, rabbiosa, non più dolce e armoniosa, non sembrò appartenerle e la foga con cui l’aveva interrotto, per poi cambiare marcia e superare il dio alla guida, Sasuke, gli fece capire che non era proprio momento per parlare. Hinata era arrabbiata, furiosa, molto più di Achille nella sua famosa ira.
Non l’aveva mai vista tanta arrabbiata. Stranamente, trovò seducente il modo in cui si mordicchiava le labbra, la fronte aggrottata, le mani strette al volante, pronte a stritolarlo. Quella parte, forse totalmente inedita, di Hinata lo affascinava a tal punto da sentirsi attratto da lei. Forse un po’ masochista, certo, ma sentiva di amare anche quella parte, sentiva di amarla molto di più.
La vide cambiare marcia e inforcare una strada sterrata, ripida e in salita. Gli altri invece proseguirono sulla strada verso Tokyo, scambiandosi un eloquente colpo di clacson.
Hinata rimase in silenzio per la mezzora di viaggio che seguì, ma gradualmente si rilassò.
Si era fatta sera ed era più difficile guidare in mezzo ad un bosco di campagna, ma ben presto si fermarono e Naruto, scoprendo quella che era la meta di Hinata, non poté che strabuzzare gli occhi, totalmente meravigliato.
<< Qui… qui è fantastico! >> esultò, guardando quello spettacolo così dolce, per i suoi occhi.
Si trovavano su un’altura isolata, lontano dal mondo, lontano da quella Tokyo disordinata e caotica, ora ordinatamente risplendente in quella visione d’insieme, dove una semplice città brillava di luci ovunque, fra grattacieli e casupole all’antica.          
Lontani dal mondo, lontani da tutto ciò che rappresentava i loro problemi, Naruto si sentiva così libero e in pace con se stesso, in quel luogo magico. Si sentì grande, grande nel guardare dall’alto quell’immenso incubo, grande e libero, libero di essere ciò che voleva, in quel luogo sperduto.
Ed era tutto merito di Hinata.
Si voltò, cercando il suo sguardo. La trovò incredibilmente incupita. Il viso abbassato, le mani strette al volante con violenza, gli occhi fissi nei buio dell’abitacolo. Hinata non lo guardava, no, perché sentiva che se lo avesse fatto, avrebbe perso totalmente il controllo. Le sarebbero tornate alla mente quelle scene distruttive del giorno prima. Un Naruto ubriaco, impertinente, fuori controllo, quella visione le faceva prudere le mani, le faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi.
Non lo fece. Hinata strisciò sul sedile e appoggiò le ginocchia al volante, stendendosi un poco, per poi fissare il panorama.
Naruto non smise di guardarla nemmeno un attimo. Deglutì a vuoto, ansioso, per poi allungare una mano e posarla tremante sul ginocchio flessuoso di lei. Strisciò con il pollice, le diede una carezza nella speranza di attirare la sua attenzione. Lei non lo guardò, ma osservò quella mano bronzea e bollente, quella mano che, fino al giorno prima, reggeva a stento una bottiglia d'alcool.
<< Hinata… >> richiamò lui, titubante << Ti va di parlare? >>
Lei ascoltò quella voce profonda che tradiva una leggera paura, osservò ancora quella mano forte che, nonostante tutto, l’aveva sfiorata tante di quelle volte con una dolcezza tale da rendere quell’arto suo almeno un po’. Annuì, leggermente, mentre ricordi contrastanti di lui ubriaco e di lui follemente innamorato le facevano impazzire le sinapsi.
<< E… >> Naruto tentò di aggiungere qualcosa, ma quasi perse il coraggio << Potresti guardarmi? >>
 << No. >> la risposta le sfuggì dalle labbra più dura di quanto volesse << Non ci riesco. >>
Non ci riusciva davvero, nonostante sapesse che quella barba fastidiosa era stata rasata, quell’odore atroce di alcool era stato lavato via con una lunga doccia. Non ci riuscì, il ricordo era troppo doloroso.
<< Va bene. >> disse lui, sospirando, per poi voltarsi tornando a guardare il panorama << Ci sono tante cose che dovrei dirti, che dovrei spiegarti… ma la cosa più importante che devo dire è che mi dispiace. Mi dispiace follemente. Combino sempre cazzate. >>
Non ricevette risposta. Preoccupato da quell’indifferenza, stonata sulla bella figura di Hinata, sospirò angustiato. Il mondo aveva smesso di esistere da quando Hinata aveva spento il motore. Adesso c’erano solo loro due, insieme, e doveva a tutti i costi smorzare quella tensione.
<< Ho un vago ricordo di quello che è successo l’altra sera. Non ricordo cosa ci siamo detti o cosa ho fatto, ma se ti ho fatto del male.. io… mi dispiace moltissimo. Non succederà più, non berrò più. Sarai la mia regina. >>
La ragazza annuì, poco convinta.
<< Perché ti sei messo a bere? Perché sei scappato, Naruto? >> chiese, cercando distrattamente con lo sguardo immerso nel panorama casa sua.
<< Perché… tante cose, troppe cose insieme. >> con una mano si sfregò la fronte, corrucciato << La verità è che… sono rimasto deluso. >>
<< Da cosa, Naruto? >> domandò lei, senza guardarlo.
<< Dal mio sogno. Io ho sempre desiderato diventare una Rockstar, ma senza mai pensare agli effetti collaterali. Troppa fama taglia le ali e io voglio volare. Essere libero. >>
Lo disse, lo disse e spiegarlo a lei lo spiegò anche a se stesso. Si capì, capì il suo dolore, capì il suo malessere. Le frasi, le risposte, in quel momento, con quell’atmosfera, venivano fuori da sole. Era semplicissimo parlare con Hinata, anche se non lo degnava di uno sguardo. Era come parlare con la propria coscienza, chiarirsi con il proprio angelo custode che, bene o male, ti invita sempre a riflettere e a seguire la giusta via. Così, continuò.
<< Io non sono fatto per vivere chiuso in casa. Io voglio essere libero, voglio poter andare ovunque, voglio cantare sull’alto di un grattacielo senza aver paura che quando scenderò un mucchio fan non mi dia tempo di respirare. Voglio prendere un gelato con te, in santa pace. >>
<< Non è una cosa che durerà per sempre, Naruto. >> rispose lei, con tutta calma << Basterà spiegare che vuoi la tua libertà e vedrai che le fan, che ti vogliono bene, ti daranno pace. Basterà organizzare qualche evento apposito per dar loro ciò che vogliono e andrà meglio. >>
<< Lo so, lo so. >> rispose lui, digrignando i denti, infastidito << Ma a volte penso che sarebbe meglio tornare indietro, invece che vivere questa vita assurda e frenetica. >>
Hinata si voltò, sconvolta da quell’affermazione. Lo guardò negli occhi azzurri, talmente densi da renderle impossibile capire i suoi pensieri. Lo guardò e ripensò a quella sera assurda.
<< Tornare indietro, Naruto? >> la sua voce era quasi rabbiosa << Indietro, e per fare cosa? Per tornare ad essere un senzatetto? Un mendicante? Un uomo senza futuro? >>
Lui fu colpito da quell’affermazione.
<< E’ questo che sono sempre stato per te? >> mormorò, deluso << Beh, hai comunque centrato il punto. A volte desidero essere niente, perché almeno ero libero di fare quello che volevo. >>
Lo sguardò di Hinata mutò. Da furente qual era, divenne triste e amareggiato.
<< Io non c’ero nella tua vita di prima, Naruto. >> lo disse in un sussurro lieve e tremulo << E non ci sarò nemmeno in futuro, se rinuncerai a tutto quello che hai conquistato. Io voglio stare con un uomo forte e ambizioso, con l’uomo che mi ha insegnato a sognare. >>
Naruto la guardò incredulo, poi sorrise. Allungò una mano e le sfiorò una guancia, scostando una ciocca di capelli dal suo viso candido.
<< Io non ti ho insegnato a sognare, Hinata. >> affermò, con un’espressione dolcissima << Ho capito che ci sono due tipi di sognatori: quelli che realizzano i loro sogni e quelli che amano sognare e basta, perciò si ostinano a inseguire un dato sogno senza raggiungerlo mai appositamente. Tu fai parte della prima categoria, sei una sognatrice pura. >>
<< E tu, Naruto? >> chiese lei, ben attenta alla risposta.
<< Ho creduto di essere come te per molto tempo, ma la verità è che non lo sono mai stato. Io ho sempre inseguito un sogno a vuoto, impegnandomi, sì, ma senza mai fare molto per realizzarlo. Poi un giorno sei arrivata tu, che avevi sogni talmente nascosti in profondità che non credevi di averli, e li hai realizzati. Tu mi hai spinto a fare lo stesso, a diventare a mia volta un sognatore puro. >> le sfiorò i capelli, posò un bacio delicato sulla sua fronte << La verità è che le persone che inseguono e basta i loro sogni hanno paura di realizzarli e, forse, ne ho un po’ anche io. >>
<< Non devi. >> disse la ragazza, avvicinandosi di più a lui, ormai completamente dimentica di quelle brutte visioni.
<< Hai ragione, non devo. >> concordò lui, posando un bacio sulla sua gota << Non devo se non voglio perderti. >>
La baciò sulla bocca per lungo tempo, dapprima dolcemente, poi passionale, stringendola in un abbraccio bisognoso di affetto e calore. Gli era mancato quel calore, quel corpo femmineo sul suo, quella famiglia che si era creato nel giro di un anno. Questo era, Hinata era la sua famiglia.
<< Non posso perderti. >> disse, appoggiandosi col mento ai suoi capelli, stringendosela al petto, al cuore << Tu… tu sei la mia forza, Hinata. Sei ciò che mi spinge a dare il meglio di me. Sei cambiata così tanto, in un anno… vedo una donna bellissima e forte, fra le mie braccia. Un tempo eri pudica, ingenua, immotivata. Adesso sei la persona più forte e decisa che io conosca. Non so come fai. >>
<< Perché ho te, Naruto Namikaze. >> spiegò lei, con un sorriso dolce dopo tanto tempo.
<< Ti amo con tutto me stesso, Hinata Hyuga. >>
Si baciarono a lungo, quella notte, prima di tornare a casa. Fu riabilitante, fu come rinascere.
E mentre Hinata, silenziosa e stanca, guidava taciturna, Naruto scriveva una canzone, di tanto in tanto posando lo sguardo su di lei, sulla sua fonte di ispirazione.
E’ strano come a volte la vita sia difficile e dolorosa, folle, senza senso, e poi all’improvviso basta un po’ di calore, un po’ di amore, per far cadere ogni insicurezza.
 
 
Seduti in macchina a parlare
Mentre vivi la luce che al mattino scompare
Questa è l’ora giusta per sognare
Quando le frasi vengono fuori da sole
Seduti in macchina a parlare
Tanto il mondo si è spento quando hai spento il motore
È proprio lì che mi lascio andare
E dico le cose che non sapevo dire
Che strana la vita basta un po’ di calore
 
Vorrei restare qui
Vorrei vivere qui per sempre qui
E continuare così
Se mi dici di sì continuiamo così
 
Seduti in macchina a parlare
Sul vetro due gocce come fosse un bicchiere
Un bicchiere grande che ci guardi dentro
E che niente nasconde tranne questo momento…
Lontani dal mondo lontani abbastanza
 
Vorrei restare qui
Vorrei vivere qui per sempre qui
E continuare così
Se mi dici di sì continuiamo così

 
 

Sono felicissima, proprio tanto tanto n.n
Questo è un capitolo importantissimo, 
perchè c'è finalmente un pò di calma...
anche se Hinata è arrabbiata, e ce ne vuole!
Ci sono alcuni importanti punti che devono 
farvi riflettere, spero che sarete abili a 
trovarli.
E ho due importanti notizie da darvi:
ho finito di scrivere il 49esimo capitolo,
il penultimo (enorme!), quindi siamo
proprio agli sgoccioli, belli miei.
E io so come finisce ohohoh, e voi no!
Scleri a parte, seconda notizia:
ho vinto un contest! Con una long 
NaruHina, che troverete nel link qui 
sotto e che spero vi piaccia!
E sono proprio di frettissima :/
GRAZIE A TUTTI!
Tomoko.

 
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Capitolo 45
*** Dannato vivere. ***


Filosofia di vita.
-
Dannato vivere.

[Rialzarsi sempre.]
 
[Dannato vivere - Negrita, da sentire assolutamente!]

Avrei bisogno di sfogarmi
E non so più nemmeno piangere.
Com’è difficile aspettare quando arrivi
Alla mia età. Dovrei parlare con qualcuno
E non c’è campo in tutto l’etere
E sento il peso delle stelle
Che non ho afferrato mai
Però è qualcosa che ho provato
E una volta tornerà
A scivolare giù nella corrente
Per risalire su dolcemente
Irresistibile, stupendo, inconcludente
Dannato vivere
Dannato vivere.
E penso al tempo che ho sprecato
A far programmi senza agire mai
Stordito pallido e incazzato,
non importa sono qua.
E ho camminato sul pianeta
Scalzo, disperato e libero.
E certe cose che ho provato non le proverò mai più
Ma ho già volato per amore e una volta tornerò
A scivolare giù nella corrente
Per risalire su dolcemente
Irresistibile stupendo inconcludente
Dannato vivere
Waiting, I’m waiting for the sun…
 

Naruto cantava, stringendosi le cuffie con la base alle orecchie, il microfono di registrazione vicino alla bocca. Cantava tranquillo quella canzone che aveva scritto un po’ per lei, un po’ per far vedere a tutti che davvero ci credeva a quello che diceva: era stato solo un momento di frustrazione, presto sarebbe tornato sull’onda. Era la canzone che avrebbe concluso l’album.
Erano passati alcuni giorni da quando Naruto era tornato a casa, chiedendo umilmente scusa per la sua follia. Hinata lo aveva riempito di attenzioni. Hanabi prima lo aveva rimproverato, poi se lo era abbracciato manco fosse un orsacchiotto, stritolandolo.
Il tempo era trascorso piacevolmente e alla fine avevano passato tutti insieme un bel Capodanno, anche se c’erano stati alcuni imbarazzi piuttosto notevoli.
Ino non degnava di uno sguardo Shikamaru, che scocciato aveva finito per dormire per gran parte della serata. Sakura si era portata dietro Sasori e Sasuke finì per guardarli tutto il tempo, per guardare lei con sguardo sognante e nostalgico più che altro, cosa che allo sguardo materno e affettuoso di Hinata non era passato inosservato.
Lo stesso Sasuke la raggiunse proprio in quel momento e la affiancò. Entrambi mirarono silenziosamente Naruto che cantava attraverso il vetro che li separava.
<< Pensi che si sia ripreso? >> chiese titubante la ragazza, guardandolo infine con a coda dell’occhio.
<< Ancora non del tutto >> asserì, squadrando l’amico << ma questa canzone è la prova che lui stesso ci sta provando con tutto il cuore. >>
Sentirono un rumore provenire dall’entrata della saletta ed entrambi si voltarono. Sakura e Sasori scherzavano, abbracciati, e poi all’improvviso lei gli saltò addosso, baciandolo con voracità. Per tutto il tempo, Sakura tenne gli occhi fissi su Sasuke, quasi con sfida.
<< E tu, Sasuke? >> mormorò la mora, guardandolo triste per lui << Quando tornerai sull’onda? >>
Lui finalmente la guardò, concentrando il suo sguardo sui suoi occhi bianchi.
<< Che intendi dire? >> domandò, ermetico.
<< Credo che tu sia tornato a desiderare Sakura, adesso >> affermò, schietta e sincera << Hai fatto passare qualche mese, ti sei concentrato su altro, ma il tuo cuore le appartiene. >>
Sasuke tornò a guardare verso il corridoio: Sakura e Sasori erano spariti all’improvviso.
<< E lei ci gioca a calcio. >>
Un sorriso amaro fiorì sul viso di Hinata.
<< Mi dispiace, non so perché si stia comportando così. >> mormorò, delusa << A dire il vero, ultimamente credo di essermi avvicinata così tanto a voi da aver perso di vista le mie amiche. Tenterò di parlarle. >>
<< No, non serve. >> le disse, regalandole un mezzo sorriso << Non mi serve aiuto per conquistare le donne. >>
Hinata rise, sinceramente felice, e lo salutò. Continuò ad ascoltare Naruto mentre registrava la sua canzone, pronto ad affrontare tutto, pronto ad essere felice.
Dei rumori richiamarono nuovamente la sua attenzione. Si voltò verso l’uscio e notò che Hanabi era appena arrivata. Kiba era già accorso ad accoglierla. Li vide salutarsi, scherzare, punzecchiarsi.
Poi, all’improvviso, lui bloccò il viso di lei con le mani e la baciò dolcemente, tanto a lungo da farle perdere il fiato. Erano così dolci, insieme, così vivi. Per molto tempo aveva temuto che la sua piccola sorellina fosse così tanto influenzata dal non avere una madre, che prima o poi si sarebbe abbandonata allo sconforto, al buio. Invece era arrivato Kiba e tutto era cambiato. L’aveva presa in giro e l’aveva fatta risalire su, dolcemente.
Nostro padre avrebbe voluto vederci sposate a diciotto anni con dei signorotti, pensò, per un attimo divertita da quel gioco del destino, e tu, mamma? Sei felice delle persone che abbiamo trovato? 
Si portò una mano sul cuore, lì dove stava sua madre, certa che la risposta sarebbe stata affermativa.
Due braccia l’avvolsero, gentili, da dietro. Sentì il profumo di Naruto, che sapeva di arance, e si appoggiò al suo petto, continuando a mirare la felicità della sorella.
<< Come stai? >> le chiese lui premuroso, che aveva appena finito di registrare << Come ti senti? >>
<< Sto bene. >> affermò lei, con un sorriso sulle labbra, sentendo le mani di Naruto scivolare sul suo ventre << Mi sento felice. Non sono carini, insieme? >>
<< Quel cane di Kiba non può essere carino, ha le pulci! >> disse ridendo l’altro, stringendola più forte a sé.
Lei si voltò, lo abbracciò più forte, avvinghiandosi al suo collo.
<< Sono contenta che sei qui. >> bisbigliò, vicinò al suo orecchio << Se non ci fossi stato, avrei vissuto momenti come questo con tristezza. >>
Lo baciò, senza dargli il tempo di rispondere. Si staccarono solo per respirare, poi Naruto si appoggiò alla fronte di lei e sorrise.
<< Sembri stanco. >> mormorò la ragazza, accarezzandogli i capelli arruffati.
<< In effetti un po’. >> concordò l’altro << Ti dispiace se vado a riposare un po’ nel tuo ufficio? >>
<< No, vai pure. >> gli diede un bacio sulla guancia e lo lasciò andare via, richiamando Sasori per rimettersi al lavoro sul l’ultimo brano dell’album.
Non si era mai dovuto sforzare tanto per una ragazza. Nemmeno lo aveva mai voluto!
Eppure, ascoltando i consigli di una espertissima Hinata, si era messo di impegno. Ogni giorno aveva fatto arrivare a casa Yamanaka i fiori più rari e costosi, ricercandone ogni qualvolta il significato. Fiori comprati nei negozi Yamanaka per una Yamanaka, ovviamente, cosa alquanto rischiosa e… stupida. Le aveva fatto recapitare tanti di quei cioccolatini, perché Ino amava il cioccolato, non c’era dieta che tenesse, che adesso lui stesso ne provava il disgusto.
Orsacchiotti, peluche, di tutto e di più arrivava in quella casa – sarebbe meglio dire castello, difatti Shikamaru era convinto che Ino avesse preso tutti suoi regali per poi chiuderli in una delle tante stanze mai usate – ma niente, niente bastava per farsi richiamare.
A volte si era pure arrischiato a tampinarla – a volte, diciamo appena si liberava dagli impegni con gli Origins – in modo da beccarla nel momento giusto per parlarle, ma troppe volte gli era mancato il coraggio. E nonostante il suo comportamento fosse perseguibile dalle legge, che lui aveva studiato per anni interminabili, in quanto stalker, non si riteneva affatto coraggioso ma piuttosto un vigliacco della peggior specie, che tiene nascosto figli inesistenti e non ha la forza di fronteggiare una donna, la sua donna, per riconquistarla. Certo, la sua donna era Ino Yamanaka, la donna più permalosa e violenta di tutta Tokyo, alla pari soltanto di Sakura Haruno, suo violentissima amica, ma questo era un dettaglio che non giustificava la sua paura.
Quel giorno si era lanciato all’inseguimento subito prima di pranzo. L’aveva vista prendere una strada mai presa, verso un quartiere troppo poco chic per essere volontariamente frequentato da lei, e l’aveva seguita. Aveva posteggiato davanti un’osteria, un ristorantino di poche pretese, ed era entrata tranquilla sui suoi tacchi 12 fiammanti. Era vestita troppo, troppo bene per un posto del genere.
Velocemente, aprì il cruscotto e prese il suo travestimento migliore. Sbuffando scocciato, si slegò i capelli, indossò un paio di occhiali da sole e un cappello. Adesso era irriconoscibile.
Seguì la bionda dentro all’osteria. Si sedette ad un tavolo e si nascoste dietro al menù.
Allungò un occhio alla ricerca della ragazza e, quando la trovò, boccheggiò stupito.
Ino era ancora in piedi, vicino ad un tavolo. La vide togliersi il cappotto costoso, per poi sfoggiare un bellissimo abito corto rosso e nero, in tinta con le scarpe. Si sedette, fiera di sé, mentre guardava con aria di sfida davanti a sé. Seduta proprio dall’altro lato del tavolo, con due occhi cerchiati da far invidia anche a Gaara, Temari sedeva rigida e composta, le mani intente a giocare con un tovagliolo pur di non saltarle addosso.
Non si salutarono. Semplicemente, ordinarono i loro antipasti, con finta calma. Shikamaru dava loro le spalle, ma era abbastanza vicino da poter sentire i loro discorsi. Anche lui ordinò qualcosa da mangiare, anche se gli si era completamente chiuso lo stomaco.
<< Sono venuta, visto? >> cominciò Ino << A cosa devo la tua chiamata? >>
<< Sono qui per… >> rispose la ragazza, violentandosi per non ucciderla.
<< A no, aspetta, lo so, sei qui per minacciarmi ancora! >> riprese Ino, con un sorriso sulle labbra << Non mi importa, guarda che lo so che non sei incinta! >>
<< Ino… >>
<< Devo ammettere che mi sarebbe piaciuto vederti grassa quanto una balenottera! >> disse, tutto d’un fiato, con occhi di fuoco.
Temari, per rabbia, infilzò con la forchetta un pezzo di salsiccia. Prese a mangiare, tentando invano di calmarsi.
<< Allora? >> intervenne Ino, intrepida.
<< E allora non capisco perché Shikamaru desideri stare con te. >> rispose l’altra, finalmente alzando lo sguardo serio per guardarla << Ma sono qui per aiutarlo. >>
Ino spalancò gli occhi, mentre Shikamaru sentiva rivolarsi le viscere dentro al corpo.
<< L’ho ingannato per tutto il tempo. Ho detto di essere incinta solo per riacciuffarlo, per un bel po’ ho finto di esserlo, ma mi ha beccata. >>
<< Sì sì, queste cose le so già. >> rispose sbrigativa la ragazza, gesticolando << Ma tu che vuoi da me, adesso? >>
<< Sto cercando di giustificarlo, perché l’ho preso in giro ma merita qualcosa di più. >> sbuffò, cercando nella borsa il suo pacchetto di sigarette << E se pensa di essere felice con te, devo aiutarlo un po’, per farmi perdonare. >>
Ino la guardò contrariata, inarcò stupida un sopracciglio biondo, per poco non sbottò in una risata. Poi, più calma, le fece cenno di continuare.
<< Come ho detto, Shikamaru è stato imbrogliato. Per tutto il tempo in cui è stato con me, non mi ha mai sfiorata, né parlato come una volta: l’unica cosa a cui pensava era il suo bambino. >> si portò una sigaretta alle labbra incurante del divieto e l’accese, per poi inspirare << Pensò abbia avuto dei dubbi fin dall’inizio, fin da quando gliel’ho scritto, per questo non ti ha detto niente, credo. E ti è rimasto fedele, non ti ha tradito con me da quando è tornato. >>
<< Ciò non giustifica il suo comportamento. Non mi ha mai detto niente. >> ripensò a ciò con rabbia, tanta da farle uscire una smorfia di dolore << Ha ignorato il problema. >>
<< Oh andiamo >> sbottò la ragazza di fronte a lei << chi ogni tanto non scappa dalle proprie responsabilità? Abbiamo tutti bisogno di staccare da tutto e tutti, e lui voleva soltanto occuparsi del suo tour, coltivando intanto l’amore per te. >>
Shikamaru si irrigidì sulla sedia: i loro discorsi erano così azzeccati, così giusti da rendersi conto che quelle donne, due esseri provenienti da Venere, per lui, lo conoscevano talmente bene da capirlo meglio di quanto facesse lui. Ciò venne confermato da quello che, poco dopo, disse Ino, con voce titubante.
<< Lo so, lo so bene… >> rispose, cercando di nascondere quell’emozione che si stava impadronendo del suo corpo << Credo anche di capirlo, ma non riesco… non riesco a… >>
 << A perdonarlo? >> Temari sorrise, lasciando uscire dalla sua bocca una zaffata di fumo << Perfetto, così me lo riprendo. >>
Istintivamente, lo sguardò di Ino si fece più duro, cercando di gelarla sul posto.
<< Non ti azzardare. >> borbottò, minacciandola in preda alla gelosia << Non ti azzardare a toccarlo o ti macello al momento. >>
<< Cos’è, rivuoi il tuo giocattolo? >>
<< Sì, appunto perché è mio. >> enfatizzò con rabbia l’ultima parola, poi si alzò ed elegantemente andò via, lasciandole il conto da pagare.
La ragazza rise, sbuffando un altro po’ di fumo.
<< Ehi, Shikamaru! >> richiamò, ad alta voce.
Lui sbuffò, scocciato, dopo essere rimasto impietrito per un attimo. Si alzò, voltandosi verso la ragazza. Lo aveva beccato.
<< Come hai fatto a capire che ero io? >> mormorò, legandosi i capelli e togliendo quel travestimento idiota.
<< Riconoscerei quei capelli ad ananas ovunque, Cry baby. >> rispose lei, con tutta calma << Penso che anche lei se ne sia accorta. >>
Per un attimo mise il broncio, deluso che la sua performance fosse stata scoperta. Poi guardò Temari, ancora intenta a fumare tranquilla, il cibo di infima qualità davanti.
<< Grazie. >> disse, cercando i suoi occhi per poi trovarli leggermente incupiti.
<< Quando vuoi. >> rispose lei, spegnendo la sigaretta quasi senza forze proprio mentre la sua figura tanto amata scompariva dietro la porta d’ingresso.
Dolore.
 
 
Dolore. Quella visione gli provocava un tale grado di dolore che, dentro di sé, urlava disperato, sperando che quel supplizio potesse semplicemente finire, scomparire in un buco nero, qualsiasi cosa. Il vederli così vicini, così affiatati gli provocava un moto di gelosia. Qualcosa si era semplicemente smosso e Sasuke sapeva che per tornare a scivolare giù avrebbe dovuto passare tante volte attraverso quel dannato vivere.
Lui però non era il tipo che aspettava, paziente e tranquillo. No, assolutamente! Lui era quello che prendeva tutti a pugni per eseguire la sua vendetta!
Così, quando quella sera si ritrovò l’occasione perfetta, occasione che in realtà era stata abilmente redatta dalle mani affusolate di quella che era diventata ben più di una amica per lui, per meglio dire Hinata, la colse al volo.
Avevano finito l’album nel pomeriggio, per la gioia di tutti, e ora non restava che programmare il lancio, le interviste e molto altro, cose di cui solo Hinata stessa poteva occuparsi. Lei però non si era sentita molto bene, e questo era vero, dato che aveva vomitato un bel po’, così aveva deciso di sbrigare solo le cose urgenti e di tornare a casa e lavorare da lì.
Purtroppo però aveva dimenticato il portatile, e questo no, non era vero, così aveva chiesto a Sakura se gentilmente poteva andare a prenderlo nel suo ufficio e portarglielo a casa.
Lo aveva detto a Sasuke che, nonostante odiasse essere aiutato a conquistare le ragazze, men che meno da una ragazza stessa, si disse mentalmente carpe diem! ed era tornato in fretta e furia alla Moon’s Eyes.
Lì, con la sigaretta in bocca, entrò con l’aria di  non-so-cosa-diavolo-fai-qui, trovandosi di fronte una Sakura che stava rivoltando mezzo ufficio.
<< Che accidenti fai qui? >> disse infatti, poco gentilmente.
<< Tu che cavolo ci fai qui! >> rispose la ragazza alzando la voce, come ai vecchi tempi << E non parlarmi così, stronzo! >>
<< Ehi carina, calmati un po’. >> esordì lui, sorridendo vittorioso fra sé << Scusa tanto se sembra che tu stia rubando nell’ufficio del mio capo. >>
<< Ma sei idiota? >> chiese lei, isterica << Si da il caso che il tuo capo, idiota, sia una delle mie migliori amiche, idiota. >>
<< Sì, sì. >> rispose lui << In tanto hai distrutto mezzo ufficio, casinista. >>
<< Non lo trovo quel cavolo di portatile! >> rispose Sakura, alzando per la prima volta gli occhi su di lui << Te lo dico io, quella è incinta. Prima vomita, poi ricorda dove mette le cose… Te lo immagini? >>
<< Sì certo, è la stupidità del bambino di Naruto che la rende stupida. >> rispose lui, avvicinandosi di un passo, con la scusa di aiutarla a cercare, distrattamente, il portatile.
<< Proprio quello che intendevo! >> concordò la ragazza, che in preda all’isteria gli prese la sigaretta dalle labbra portandola sulla sua per poi continuare a cercare.
Lui non obbiettò, anzi, con la bocca libera le baciò sensualmente il collo.
Un brivido pervase la ragazza, che comunque, rossa in viso, si voltò arrabbiata.
<< Ehi, ma che fai? >> chiese, guardandolo negli occhi.
Ancora una volta, quegli occhi magnetici la attrassero, ma tentò di combattere quella naturale propensione a stargli vicino, molto più vicino di come erano ora. Non notò così il sorriso malizioso di Sasuke.
<< Guarda che lo so che lo vuoi anche tu. >> rispose, calmo, il timbro di voce stranamente profondo e irrisorio << Per giorni non hai smesso di tentare di farmi ingelosire con quel Sasori… >>
Sasuke si avvicinò ancora e le premette le lebbra sul collo sinuoso, mentre una mano si infilava fra i suoi capelli rosa, ormai molto più lunghi di come li ricordasse, cresciuti.
La ragazza gemette al contatto, mentre con le mani tentava debolmente di spingerlo via.
<< Non è vero. >> obbiettò la ragazza, pervasa da mille emozioni diverse << Io non tradirei mai Sasori! >>
Il moro le baciò delicatamente la clavicola, poi lasciò una scia fino alla spalla, mentre con una mano si intrufolava sotto la sua maglietta, accarezzandole un fianco.
<< Guarda che hai la mia sigaretta fra le labbra. >> esplicò lui, mordendole la pelle nivea << Prima era tra mie labbra, è come se ci stessimo baciando. >>
Salì, mentre lei retrocedeva e si appoggiava alla scrivania, fino alla sua mascella delicata, che baciò con voracità.
<< L’hai già tradito. >> sussurrò sensuale contro il suo lobo << Lasciati andare, amore. >>
La sigaretta cadde sul pavimento, una maglia volò via mentre un’altra faceva ancora resistenza.
Sakura gli baciò i pettorali, mentre lui lascivo le stuzzicava collo. Poi, con una mano sulla sua nuca e l’altra sul suo collo, l’avvicinò a sé facendola cozzare con le sue labbra. Si baciarono, un bacio rude, ricco di passione repressa, di amore nascosto. Si baciarono, mordendosi ai vicenda, le lingue calde in lotta, mentre l’ordinata scrivania veniva liberata con un gesto frettoloso dal braccio di Sasuke. Un’altra maglia scivolò via, mentre fra gemiti e sussurri lui tornava a baciare quella pelle delicata e amata dopo tanto tempo, troppo, troppo tempo. Lei lo feriva, gli graffiava la pelle, ma ciò che contava era che lo stringeva a sé, bisognosa di quella pelle fresca e nivea sulla sua.
Bisognosa di lui.
 
 
Avevano davvero passato tutti un dannato vivere, in quei giorni. Hinata ci ripensava, stesa sul letto con lo sguardo sul soffitto decorato a volute, esaminando tutti i vari pro e contro. Erano stati giorni terribili, giorni in cui aveva temuto di perdere qualcosa di importante, qualcuno, giorni in cui era stata diffamata, giorni di confusione e molto altro ancora. Paragonati agli anni precedenti però, anni senza Origins, anni di apatia e sofferenza muta, almeno era stata parte di qualcosa, almeno aveva qualcosa da perdere. Rimpiangeva quei giorni passati senza fare niente, e penso al tempo che ho sprecato a far programmi senza agire mai , cantava Naruto in quell’ultima canzone, e mai più adatte erano quelle parole per lei. Quello era stato un dannato vivere decisamente peggiore, di cui pentirsi, di cui piangere. Eppure, adesso non poteva che sorridere.
Aveva così tanto motivi per essere felice… tutti così belli, così inaspettati.
Dopo alcuni passi leggermente ovattati, Naruto sbucò dal bagno, i capelli bagnati, un asciugamano sulla testa e i pantaloni del pigiama addosso. Ecco uno dei suoi personalissimi motivi per essere felice, pensò, mettendosi a sedere.
Naruto la guardò, per un attimo preoccupato, poi vide il suo sorriso che prontamente ricambiò e riuscì a tranquillizzarsi.
<< Stai bene? >> le chiese, avvicinandosi a letto strofinandosi i capelli bagnati.
<< Sì, tranquillo >> rispose gentile, mentre lo guardava sedersi sul bordo del letto.
Gli si avvicinò e gli baciò le spalle, le scapole che si muovevano agili seguendo i movimenti delle braccia muscolose. Hinata gli sfiorò con due dita la colonna vertebrale, poi il collo e Naruto rise per il solletico, voltando il viso per guardarla con quegli occhi vivi e guizzanti.
La ragazza si inginocchiò sul letto e si appoggiò alla schiena di lui, avvolgendo in un abbraccio la pelle bagnata, incurante della leggera vestaglia di chiffon che si inumidiva. Avvinghiò le dita affusolate alle ciocche bionde e ancora umide, giocando con quei tenui raggi di sole che tanto adorava.
Lui appoggiò la nuca sulla spalla di lei, completamente rilassato, e chiuse gli occhi, lasciandosi baciare e accarezzare, cullato dall’amore di lei.
<< Davvero saresti scomparso per sempre? >> sussurrò lei, pentendosi un attimo dopo della domanda che aveva fatto.
<< Sì, per il tuo bene. >> rispose lui, continuando a tenere gli occhi chiusi << Ma avrei sbagliato. Non sapevo cosa mi sarei perso… sarei stato profondamente infelice. >>
Si avvicinò un poco alla sua bocca e premiò quella risposta con un bacio lunga e dolce.
Naruto si rilassò, si svincolò dall’abbraccio per mettersi sotto le coperte, coricandosi al centro, subito raggiunto dalla mora, che si mise a cavalcioni su di lui per baciarlo ancora e ancora.
<< Pensi che andrà meglio? >> chiese ancora, titubante << Pensi che potrai sopportare ciò che la notorietà comporta?  Riuscirai a riprenderti? >>
Il ragazzo le regalò un sorriso caldo e genuino, mentre lasciava scivolarle una spallina.
<< Te lo prometto, Hinata. >> rispose, mentre lei si abbassava per baciargli il collo << E so che mi aiuterai ad essere felice. >>
Dolcemente le baciò una guancia, poi i capelli, che accarezzava morbidamente.
<< Tu sei già la mia felicità. La mia salvezza. >>
 
 
<< Comunque… tu e Sasuke che dormite insieme siete davvero dolcissimi, sai? >>
 





 
 
E con questa battuta finale, chiudo Filosofia di vita...
Sì, certo, volevate voi! Sembra tornare tutto per il 
meglio vero? Ma io ho promesso un finale drammatico
e so già che nessuno di voi leggerà il sequel!
Ma non sono stata io a decidere come
devono andare le cose, lo giuro, la storia
si sta scrivendo da sola! E non mi importa se 
non leggerete, mi basta scrivere per me
( Naruto: Sì, certo, ora fai l'orgogliosa.
NdMe: Zitto tu! ) u.u
Che dire di questo capitolo? Si apre con 
una delle mie canzoni preferite, un Naruto
che tenta di convincere tutti che tutto va bene,
Kiba e Hanabi si sbaciucchiano, Sakura e Sasori
si sbaciucchiano, Hinata e Naruto si sbaciucchiano,
Sasuke e Sakura si sbaciucchiano... Eh? Aspetta un pò!
Mi sa che Sasuke ha fatto il biricchino n.n con l'aiuto della
dolce Hinata, of course. E poi ci sono Ino e Temari che 
litigano per il loro giocattolo infilzando Salsiccie... vabbè.
Dopo questo inutile riepilogo, mi congedo.
Mancano 5 capitoli! E sto giusto ultimando l'ultimo!
Secondo voi come finirà la storia?
Vabbè, vi ringrazio tutti per le recensioni e ringrazio
i miei cari lettori silenziosi, siete sempre di più n.n
Vi lascio il link della mia nuova NaruHina qui in fondo!
Kiss kiss
Tomoko-chan.


http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2426253&i=1

Mamma mia quanto ho sproloquiato :/



 

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Capitolo 46
*** War. ***


Filosofia di vita.
-
WAR!

[ Perchè? ]
 
[Negrita: War]
<< Possiamo darci del tu? >> chiese il giornalista, profondamente serio, anche se a Naruto veniva da ridere per i suoi strani occhi a palla e le sopracciglia spesse.
<< Certo, mi sentirei a disagio altrimenti! >> rispose il biondo, sorridendo sornione.
In realtà si chiedeva perché proprio lui dovesse essere intervistato, dato che non era né capace a parlare, né ne aveva voglia. Ci voleva uno come Kiba, semplice e simpatico, o Shikamaru, sbrigativo e intelligente, non certo lui, che poteva dire la cosa sbagliata in ogni momento.
Ma Hinata aveva detto << Tu sei il vocalist, hai fondato il gruppo, sei il leader! >> quando lui non si sentiva affatto leader, proprio lui che ad ogni parola intelligente di Shikamaru rimaneva scioccato e che quando vedeva Sasuke risolvere i problemi, alzando un po’ la voce e prendendo qualcuno a schiaffi, tremava di invidia. Certo, non che lui non fosse utile, anzi era quello che infondeva coraggio, che spingeva appunto Shikamaru, Kiba e Sasuke a fare quel che dovevano, ma non si sentiva all'altezza.
Aveva accettato solamente perché in questo modo era davvero libero di dire quello che voleva, libero perciò di scagionare Hinata dalle sue accuse, nonostante il suo divieto. Dopo avrebbe dovuto sentire solamente qualche piccola sfuriata, ma ormai la frittata sarebbe stata fatta, il suo nome riabilitato e tanti saluti alle fan poco giudiziose.
<< Bene Naruto, iniziamo. Come è nato il tuo gruppo? >> chiese il giornalista, che si chiamava Rock Lee e scriveva su un taccuino verde.
<< Il gruppo è nato dal sogno di due ragazzini, cioè Sasuke e io, che desideravano cambiare vita. >> affermò, ricordando i vecchi tempi << Poi abbiamo incontrato Shikamaru e Kiba ed è nata l’alchimia. >>
<< Origins, perché questo nome? >>
<< Perché tutti e quattro abbiamo origini diverse, che comunque ci hanno segnato nel tempo. >> rispose il ragazzo, ricordando quel nome scelto da Sasuke quando avevano dieci anni.
<< Ovvero? >>
<< Shikamaru ha le sue origini in una famiglia borghese, molto severa, da un padre irraggiungibile bravo in qualsiasi cosa ed incredibilmente intelligente ed una donna amorevole, simpatica e un po’ rigida. Kiba proviene da una famiglia che camminava a stenti, da un padre insoddisfatto ed una madre fredda e severa. >> prese un attimo di fiato, restio a parlare di quelle cose << Sasuke ha avuto una famiglia meravigliosa fino agli otto anni ma, dopo una lotta fra Clan, gli è rimasto sempre solo il fratello. Io sono rimasto orfano molto presto, per un breve periodo ho vissuto con mio nonno e poi in altre famiglie, ma la mia casa è sempre stata la strada. >>
Il ragazzo scrisse tutto senza fare una piega, in modo molto professionale.                        
<< Cosa apprezzi di più della tua band, del vostro modo di fare musica? >>
<< Mi piace il fatto stesso che tutti e quattro amiamo fare musica >> rispose Naruto, dopo un attimo di riflessione << E’ fantastico sapere che c’è qualcuno che ama la musica quanto te, che condivide la tua stessa passione, che ti capisce quando parli di come migliorare una canzone o delle emozioni che provi a suonarla. >>
<< E cosa stimi in ogni membro degli Origins? >> chiese nuovamente Rock Lee, prendendo appunti diligentemente.
Naruto ripensò nuovamente ai suoi amici: Sasuke era estremamente risoluto, per lui le cose erano o bianche o nere, perciò era semplice arrivare dritto al punto, alla soluzione di tutto; Shikamaru invece era riflessivo, ponderava tutte le varie soluzioni, scegliendo la migliore soluzioni fra tutte; Kiba era invece molto semplice, molto simile a lui in quel senso, sempre allegro, con una mente aperta e disponibile.
<< Sasuke è schietto e risoluto, Shikamaru riflessivo e intelligente, Kiba semplice e disponibile. >>
Poi però ripensò a quelle qualità, qualità a doppio taglio, perché al stesso tempo erano anche i loro più grandi difetti: Sasuke era testardo proprio per quella sua concezione del mondo; Shikamaru a volte si perdeva nei suoi stessi pensieri, perché certe cose non potevano essere risolte semplicemente ponderando i vari pro e contro; Kiba a volte era troppo semplice e non riusciva subito a capire le cose più complesse.
<< A volte però sono anche i loro peggiori difetti, dipende dalla situazione. >> aggiunse, dopo un attimo.
Rock lee annuì, convinto,  per poi tornare a guardarlo, pronto a porgli un’altra domanda.

<< Tu come ti descriveresti? >>
<< Testardo, caparbio, determinato e solare. >> rispose << Ma gli altri dicono che sono stupido e che ho la testa quadrata! >> rise ancora.
<< E’ evidente che il rapporto che vi lega è molto forte, pensi di poter vivere senza di loro? >>
<< Assolutamente no. >> fu istintivo, nonostante poco tempo prima avesse abbandonato tutto e tutti.
<< E loro, senza di te? >> chiese ancora il moro.
Lui si rabbuiò per un attimo, pensando a quell’eventualità. Era assolutamente certo che avrebbe lasciato un vuoto nei loro cuori, ma tutti erano capaci di cavarsela da soli, anzi, temeva che con la sua presenza spesso li avesse limitati.
<< Non so, devi chiederlo a loro! >> rispose tranquillo il ragazzo, sbottando in una risata genuina quanto isterica.
<< Grazie al tuo video, abbiamo potuto vedere come crei le canzoni. E i tuoi compagni? Scrivono? E gli arrangiamenti? >>
<< Degli arrangiamenti di solito si occupa Sasuke. È quello con l’orecchio migliore, è estremamente precisino e pretende che ogni canzone sia perfetta dal punto di vista del sound… >> sorrise, rimembrando internamente la scena, ma profondamente serio << Anche Sasuke scrive spesso, delle volte Kiba e Shikamaru mi danno dei loro pensieri che io poi sistemo, in pratica collaboriamo un po’ tutti. >>
<< E le ragazze che appaiono nei video? Non sono attrici, esatto? >> il ragazzo pose la domanda con uno sguardo vagamente malizioso.
Naruto rise, scompigliandosi i capelli con una mano.
<< Lo sembrano perché sono tutte molto belle, ma no, non sono attrici. >> rispose, sicuro che a casa avrebbe ricevuto un abbraccio grandissimo da Sakura e Ino, per aver soddisfatto la loro vena vanitosa << Sono tutte amiche di vecchia data. >>
Rock Lee rise << E’ qui che ti volevo! >> disse, con tono scherzoso << Tu e una delle ragazze, Hinata Hyuga, siete stati visti uscire da un ristorante. Lei è anche la vostra produttrice, ma sembra avere un legame stretto con voi, soprattutto con te. Diciamocelo, non si fa tutti i giorni una cena romantica con un’amica. >> lo indicò con la punta della penna, per dare enfasi alla frase << Come definiresti il vostro rapporto? >>
Il biondo ingoiò a vuoto, emozionato. Quello era il suo momento. Era sicuro che gli sarebbe stata posta una domanda del genere e spesso aveva formulato mentalmente una risposta che ora tardava ad arrivare, ostacolata dalla visione macabra delle possibili conseguenze del fattaccio: una Hinata sinistramente furiosa, chiusa nel suo mutismo, lontana, capace di lanciargli quei terribili e inquietanti sguardi che lo facevano sentire terribilmente in colpa, manco avesse commesso un massacro. Strinse i pugni, cercando tutto il coraggio dentro di sé, per poi rispondere.
<< Aprì bene le orecchie e scriviti la risposta parola per parola >> iniziò, continuando a mantenere quella suspense che tanto amava << Hinata Hyuga è una formidabile manager e produttrice musicale. Rientra nella top five dei titolari di case discografiche qui in Giappone, senza considerare che nel giro di un anno ci ha resi famosi da band da quattro soldi quali eravamo. E’ fantastica nel suo lavoro, professionale e obbiettiva. Tutto ciò non c’entra con me. Noi due siamo destinati, indipendentemente se ci avesse prodotto o meno, noi siamo profondamente legati. >>
<< Mi stai dicendo che… >> alluse il ragazzo, senza smettere di scrivere.
<< Hinata Hyuga ed io siamo fidanzati. >> rispose schietto Naruto << E non tollererò mai più di sentir parlare male di lei. Fra di noi non c’è stato mai nessun doppio interesse. Siamo soltanto molto innamorati. >>
<< Dopo tutto questo silenzio stampa, come possiamo crederti?! >> sbottò il moro << Sembra che sia stata tutta una farsa pubblicitaria! >>
<< Ah, non dire sciocchezze. >> obbiettò l’altro << Piuttosto abbi pietà di me, che quando tornerò a casa dovrò sorbirmi una lamentela dal mio capo e una dalla mia fidanzata! >>
I due risero per qualche istante, poi tornarono all’intervista.
<< Beh, mi dispiace per una fetta delle tue fan, allora. >> rispose Rock Lee << Non pensi che dichiarando di essere fidanzato perderete un bel po’ di ascoltatori? >>
<< No, perché se sono davvero ascoltatori a loro interessa solo la nostra musica. >> rispose, sincero << E se ci vogliono un po’ di bene, saranno felici per me! >>
<< Hai ragione da vendere, ma a volte il mondo del business è incomprensibile. >> rispose il moro, appuntandosi la risposta, per poi guardarlo con i suoi grandi occhi rotondi << A questo punto la domanda è lecita: come vi siete conosciuti? >>
<< Ci siamo scontrati un giorno d’inverno, sulla neve. >> raccontò il biondo, con sguardo sognante << All’inizio non le avevo dato molta importanza, era soltanto una donna ben vestita, estremamente diversa da me, ma poi la rividi, stavolta a frugare fra i CD degli Iron Maiden esposti in un negozio, così ci siamo scambiati qualche parola. Qualche sera dopo suonammo al nostro solito locale e, casualmente, Kiba incontrò Hinata. Loro, Shikamaru, Ino e Sakura, le ragazze del video, andavano a scuola insieme. Così abbiamo cominciato a frequentarci sempre più assiduamente… >>
<< Un incontro da film! >> affermò il moro << E adesso come va? >>
<< Viviamo insieme. >> rispose Naruto << E andava tutto bene finché voi paparazzi non avete combinato il guaio! >>
<< Io non sono un paparazzo, sono soltanto un giornalista serio! >> asserì il moro, arrossendo di rabbia e di vergogna << Piuttosto, sono qui per lavorare, quindi continuiamo con l’intervista. Cosa pensi sia la fama? >>
<< La fama è semplicemente un mezzo per dire ciò che pensi a più persone. >>
<< Come pensavi fosse essere famoso? Cosa ne pensi adesso? >>
<< All’inizio credevo fosse semplice e fantastico, perché ho sempre visto solo il bello, ovvero la fama, e qui mi collego alla frase precedente. Adesso invece mi accorgo che è impegnativo, richiede energie e grande controllo di se stessi, che a me manca! >>
<< Di chi ti fidi ciecamente? E perché? >>
<< Ovviamente della mia band e di Hinata. >> rispose sereno << Hinata farebbe qualsiasi cosa per me, così come Sasuke, Kiba e Shikamaru. Obbiettivamente però, mi fiderei più di Shikamaru, perché lo credo capace di prendere decisioni esatte se ignora i sentimenti che ci legano. >>
<< E qual è la tua più grande paura? >>
Naruto si arruffò i capelli nuovamente e prese a mordersi il labbro inferiore, agitato da quella domanda. Aveva ben chiaro cosa più lo spaventasse, ma confidarlo così a freddo era difficile per uno come lui. Ipotizzò mentalmente la risposta da dare, riformulò la frase più volte, mentre con i ricordi viaggiava nel passato e nel futuro.
<< E’ la Morte. >> rispose, buttandola lì all’improvviso, per poi continuare intristito << Nella mia vita la Morte mi è venuta spesso a trovare ed ho il terrore che mi porti via ancora una volta qualcuno di importante. >>
<< E se venisse per te? >> chiese il ragazzo, incuriosito << Voglio dire, non ti sto augurando niente di male, rimodulo la domanda: hai paura di morire? >>
<< In un certo senso sì, per altri versi no. >> disse, dopo un attimo di riflessione << Ho paura di morire perché ancora non ho vissuto tutta la mia vita, perché amo vivere e vorrei farlo per tanti altri anni, ma non ho paura di morire a sessant’anni o giù di lì. Come ho già detto, la Morte mi è venuta spesso a trovare e ormai abbiamo fatto amicizia. >>
<< Beh, dopo questo giro a 360° nel mondo di Naruto Uzumaki e gli Origins, credo che abbiamo finito qui. >> affermò il moro, alzandosi in piedi con un sorriso cordiale << E’ stato un piacere incontrarti e spero di cuore che ci rivedremo presto, magari con un’altra intervista! >>
<< Anche per me è stato un piacere. >> rispose il biondo, mentre si scambiavano una stretta di mano e una pacca sulle spalle << Sei bravo nel tuo lavoro. A presto! >>
Il ragazzo ripose tutto nella sua borsa da ufficio, di uno stranissimo verde acceso, per poi accompagnarlo in corridoio, dove li attendeva un’Hinata ancora inconsapevole, mentre sorseggiava tranquilla del the. Immediatamente si alzò dalla poltrona della sala d’aspetto della Moon’s eyes, dove aveva preso luogo l’intervista, per andargli incontro con un sorriso. Per un attimo Naruto si agitò, ma si rese conto che era impossibile che la ragazza sospettasse già qualcosa!
Lei salutò cordialmente il giornalista, ponendo le solite domande di rito, per poi inoltrarsi fuori dall’edificio insieme ai due.
Il sole era alto: era l’ora di pranzo. Hinata si fece schermo con la mano e guardò aldilà della strada, dove quel gruppo tutto pazzo di amici camminava sul marciapiede, verso il parcheggio,  fra le risate: aveva detto loro di incamminarsi tranquilli verso casa, perché credeva che l’intervista stesse andando per le lunghe mentre, inaspettatamente, era già finita.                                                                                                                              
Sasuke si accorse distrattamente di loro e lei lo salutò con la mano, facendogli segno di aspettarli. Anche Kiba, Hanabi e Shikamaru si fermarono, notandoli.
Hinata camminò, percorrendo metà della strada che la separava dai suoi amici, fermandosi sulla strada cementata da poco, imbiancata da quelle lunghe strisce pedonali che indicavano il tragitto.
Si voltò, rendendosi conto di camminare da sola, e vide Naruto intento a firmare quello che probabilmente era un autografo, con un gran sorriso stampato sul volto mentre incontrava gli occhi scuri del giornalista, brillanti di gioia. Gli disse di venire, quasi urlò, perché si sentiva davvero felice quel giorno: Naruto aveva fatto il suo dovere, lei aveva appena lanciato il loro secondo album, aveva da poco saputo che Sasuke e Sakura erano stati insieme, che le cose fra Ino e Shikamaru andavano migliorando.
Stava andando tutto bene, in modo perfetto, quasi da non crederci. Presto sarebbero tornati tutti sull’onda, pronti a lasciarsi trasportare senza compiere sforzi.
Era particolarmente felice, perché lei è Naruto stavano particolarmente bene.
Tanto felice da non percepire il rombo minacciosio di una macchina veloce, sempre più vicino.
                      
Ho bello chiaro in testa quel che va e non va.
Quello che risulta, quello che si sa
Non tiene affatto fede al corso degli eventi
Non tiene fede affatto ai veri avvenimenti…
Mai… mai…
La carta stampata e fresca di giornata
Rimbalza nell’edicole e comincia la crociata
Alle verità, alle ambiguità,
a quello che si è detto a quello che sarà
e va… ovunque va…
ma qual è il ruolo dell’informazione?
E chi pilota quest’aberrazione?
Chi dirige questo gioco bestiale-virtuale?
…è solo un …
 
WAR!
Nella corsa al Trono
Nella corsa al Trono
 
Perché se mi schiero e difendo un pensiero
Dico quel che penso e lo penso sul serio
Confutando i fatti aldilà delle opinioni
Dell’azienda, del mercato delle oscillazioni
Ma qual è il ruolo dell’informazione?
E chi pilota quest’aberrazione?
Chi dirige questo sabba infernale-fatale?
…è solo un…
 
WAR!
Nella corsa al Trono
Nella corsa al trono
 
Trouble in my head, trouble in my head trouble…



 
Ah ehem.. siamo già arrivati a questo capitolo? Davvero?
La frase finale di questo capitolo è molto importante,
vi avverto: i prossimi capitoli saranno addirittura un pò 
angst.
 Sicuramente qualcuno sarà stato contento di aver 
ritrovato le proprie domande all'interno dell'intervista, che anche se
breve spero vi sia piaciuta. Cosa ne dite del mio Rock Lee-giornalista?
Non so perchè ho subito pensato a lui per la parte xD
Emh... siamo alla conclusione e spero che tante anime pie lasceranno
un commentino, soprattutto chi non ho mai sentito o non sento da tanto.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito con tanto affetto <3
Un bacio,
Tomoko.
 

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Capitolo 47
*** Alienato. ***


Filosofia di vita.
-
Alienato

[E' non capire cosa è stato]

[ Canzone di oggi: Alienato - Negrita ]
Come era potuto succedere?
L’odore del sangue… me lo sento addosso, ovunque.
Le urla… rimbombano dentro la mia testa.
Le mie, quelle dei ragazzi, quelle di Hanabi, quelle del giornalista, tante grida che ne formano un’unica nella mia mente ammorbata.

Quel fracasso… mi scuote ancora l’anima, come se fossi ancora una volta investita dall’auto in corsa. Rumore di Morte che entra in scena alla grande.
L’odore di bruciato… quello è sulle carni, sulla pelle lacerata. È odore di pneumatico, di frenata, di scontro, tutto fuorché un odore umano.
Ma l’odore del sangue… mi annebbia il cervello, mi indebolisce, odore di morte, odore di sangue, odore di vita, odore di sangue, vita, dolore, morte, odore… del mio sangue? Del suo sangue?
Che sangue è?
Come è potuto succedere?
E’ stato un millisecondo… è successo tutto in un attimo, in un batter di ciglia.
E pensare che prima ridevo, felice.
Ridevo… e ora?
<< Hinata? >>
Se li avesse avuti chiusi, Hinata avrebbe spalancato gli occhi, riscossa da quella voce che la chiamava insistente. Lei però aveva già gli occhi aperti, nel vuoto, fissi e inanimati, come quelli di una morta.
Hinata era un po’ morta, in quell’incidente; sentiva perfettamente di essersi frantumata, sentiva il cuore fermo, immobile, sentiva le mani fredde e l’anima evaporata. No, lei era morta davvero, non c’era niente che si salvasse in lei. Rimaneva solo un corpo vuoto, lacerato in più punti, ricucito come una bambola di pezza.
Lei era quella bambola di pezza sgualcita e deteriorata, la stoffa consunta e ruvida, i capelli di filo grosso secchi e irsuti, le cuciture su braccia e gambe per non far uscire l’interno di cotone, ma gli occhi erano lì, spalancati, due bottoni freddi e glaciali, inquietanti.
Hinata era morta, si sentiva vuota dell’anima e piena di cotone messo lì tanto per farla stare in piedi.
E non stava nemmeno in piedi, non ne era capace, non ci riusciva, stava buttata lì, sul letto dell’ospedale, come una bambola dimenticata.
Hinata, la bambola di pezza, era morta.
<< Hinata… >>
Un bacio caldo e umido si posò sulla sua fronte e nemmeno in quel momento chiuse gli occhi.
Li mosse appena, giusto per seguire con lo sguardo i movimenti del ragazzo che in quel momento la guardava a sua volta, con quelle pozze di ossidiana adesso umide, calde, infuocate, come petrolio colato.
Ne era sicura, e non seppe perché ci pensasse proprio in quel momento, ma se Sasuke avesse cominciato a piangere, le sue lacrime non sarebbero state trasparenti, ma sgorgando da quegli occhi tanto neri sarebbero diventate inchiostro: inchiostro, meraviglioso inchiostro nero, specchio dell’anima cupa di Sasuke, con cui Naruto avrebbe scritto una bella poesia che gli avrebbe reso onore.
Si lasciò avvolgere silenziosamente in un abbraccio caldo, bollente, indesiderato. Si lasciò stringere, confondendosi fra quei capelli così simili ai suoi, mescolandosi un po’ a lui. Lasciò che giocassero un po’ con quella bambola di pezza triste e abbandonata. Si lasciò usare, perché tanto ormai era incapace di autogestirsi.
Qualcuno le toccava i capelli, quei capelli arruffati, sporchi di sangue e morte, tentando invano di farla rilassare. Hanabi la conosceva, sapeva che amava quei tocchi leggeri sulla cute, gli stessi che usava lei quando da piccola doveva farla addormentare, ma adesso erano inutili, perché Hinata era già calma, già addormentata. Di un sonno eterno, purtroppo.
<< Shikamaru! >> sentì distrattamente quella voce disperata e stanca appena sopraggiunta << Ma allora è vero? >>
La voce si ruppe in un singulto tremulo. Con la coda dell’occhio intravide Ino piangente abbracciare forte Shikamaru, dapprima gli occhi chiusi, poi con gli occhi azzurri spezzati rivolti verso di lei.
Ma li sto vedendo davvero? È un sogno?
Ogni istante sembra andare alla metà della velocità. I rumori, le voci… mi arrivano ovattate. Le sensazioni, il calore delle sue braccia, non sembrano avvolgere il mio corpo. Mi sembra di non essere più dentro queste membra lacerate, mi sembra di vedere tutto da lontano.
Ho spirato l’anima?
Vedo tutto dalla mia anima? O è solo un sogno?
<< Lascia perdere, lascia perdere tutto… >> mormorò ancora la voce affranta di Ino << Io sono qui per te, siamo insieme. Lo affronteremo insieme. >>
Lui rimaneva in silenzio, lasciandosi abbracciare sconsolato.
Una lunga chioma rosa le passò per un attimo davanti agli occhi. Sakura aveva dato un bacio sui capelli a Sasuke, che non aveva scostato gli occhi incupiti dai suoi, e poi uno sulla sua fronte candida.
Hinata nemmeno percepì quelle labbra, né le carezze che seguirono. Tutti sembravano coccolarla tristi, anche Kiba, che silenziosamente le stringeva una mano.
Era strano come tutti, in quel momento, sembrassero il contrario di sé stessi.
Il risoluto, intelligente, riflessivo Shikamaru non sembrava pensare a niente, incapace di trovare una soluzione a quella situazione.
Kiba, il spumeggiante, vivace, rumoroso Kiba, adesso se ne stava completamente avvolto nel silenzio, incapace di dimostrarsi allegro in quella situazione.
Sasuke, quel Sasuke introverso, imperturbabile, riservato, che aveva imparato ad amare, adesso la riservava di mille attenzioni, le dava affetto e quasi si scioglieva in lacrime.
Chissà se io sembro diversa…
Lo sembrano tutti così tristi, così distrutti. Perché?
Perché si struggono tanto per me? Cosa ho significato per loro?
Perché? Mi sembra di conoscerli… ma non ricordo i loro nomi.
Un lampo guizzò negli occhi scuri di Sasuke. Consapevolezza, forse, oppure aveva intercettato quei pensieri raccapriccianti, nonostante non riuscissero ad essere pronunciate da quelle labbra tremule.
Come poteva ancora osare in qualche speranza, dopo tutto quello che era successo davanti ai suoi occhi?
La macchina in corsa, l’odore di bruciato, oro rubino che si spargeva ovunque lasciando fetore di morte: poteva facilmente richiamare tutte quelle sensazioni alla mente, riviverle, sentire forse lo stesso dolore.
Aveva visto la sua vita – insieme alla sua – finire in un batter d’occhio, sciogliersi come neve al sole; eppure solo in quel momento aveva capito di poter sentire mille emozioni diverse nello stesso istante, solo in quel secondo si era accorto che anche lui era umano, che non era forgiato con metallo prezioso, ma fatto di carne ed ossa, carne debole, mente e cuore entrambi fin troppo sentimentali per i suoi gusti. Aveva sentito rabbia, paura, angoscia, orrore, terrore, dolore, addirittura amore per quelle persone che stava perdendo così, all’improvviso.
In un momento del genere si era accorto che sì, non era un uomo d’acciaio ma era umano, e che amava, oltre l’inimmaginabile, si era attaccato fortemente ad una persona senza la quale non poteva vivere. E quella persona stava morendo o era già morta, chissà.
Non era temere, quello? Temere per la vita per qualcuno? Temere che quella vita si spezzasse?
E quella voce che gli sussurrava chissà, forse vivrà non era una speranza, probabilmente vana, ma comunque preoccupazione per quella vita quasi distrutta?
Qual è la differenza? Perché indicare in modi diversi la stessa cosa?
Qualcuno moriva e lui si accorgeva di non aver mai davvero vissuto, di aver sprecato una vita intera dietro ad una maschera da babbeo.
Ti accorgi che volevi una cosa solo quando la perdi.
Non capisco più niente. Non ricordo dove sono, non capisco perché sono qui, non capisco perché quest’uomo con gli occhi in fiamme mi guardi come se stesse perdendo tutto. Non capisco, o non ricordo il motivo, ma mi sento male a provocargli tanto dolore, a fargli così tanto male.
Mi detesto. Perché sono nata? Perché sono qui?
Mi sembra di essermi persa nel vuoto, mi sembra di essere scomparsa in un sogno, mi sembra di essere stata soltanto la fantasia di qualcuno.
Qual è lo scopo della vita?
E soprattutto… io chi sono?
Un altro guizzo svettò in mezzo a quelle pozze di petrolio. Come folgorato da un idea oscura che poteva risolvere ogni cosa, Sasuke allungò una mano alla sua destro ed afferrò un piccolo brik di succo all’arancia. Con lentezza estenuante inserì la cannuccia nell’apposito foro e glielo avvicinò alle labbra.
<< Ti prego, Hinata, bevi. >> disse solo, cercando di essere il più convincente possibile.
Il viso di lei non si mosse, parve soltanto ulteriormente confuso, amareggiato.
<< Lasciala stare, Sasuke. >> Shikamaru mormorò quelle parole a denti stretti << Non mangia da giorni. >>
<< Appunto. >> rispose seccato lui, per poi tornare a concentrare le sue attenzioni su Hinata.
I suoi occhi di petrolio stavano davvero per spezzarsi in lacrime. Oramai la sua armatura era stata infranta, le sue difese sbaragliate e le mura distrutte. Non poteva più fare niente, nient’altro oltre che arrendersi all’evidenza.
<< Ti prego, Hinata. >> sussurrò, la voce tremante quanto le mani << Non morire anche tu. >>
<< Non sta morendo, Sasuke! >> Shikamaru quasi urlò, sbigottendo tutti << E Naruto non morirà, capito?! >>
 
 
Squallidi processi quotidiani con giudizi sommari
In cui sei condannato a un’esistenza formale
D’andamento normale costipato in un ruolo
A cui nessuno ti candida…
Pasti a base di EN e di TAVOR per capirci qualcosa
L’ignoranza fa scena, l’intelletto che scema,
sto cadendo di schiena o è solo una posa?
 
ALIENATO, ALIENATO
E NON SAPERE CHI HA INIZIATO
ALIENATO PROPRIO COME TE!
 
Ho dimenticato il tuo nome e quello di altre persone
In un labirinto in cui qualcuno mi ha spinto
Qual è il male minore tra osare e temere?
Se la noia si arrampica?
Ho dimenticato anche chi sono in un sogno qualunque
E non ritrovo la chiave, in ogni occhio una trave
Che non mi fa vedere come mi chiamo
Come mi chiamo… come mi chiamo?
 
ALIENATO, ALIENATO
E NON CAPIRE CHI E’ MALATO
ALIENATO, ALIENATO
E DETESTARE D’ESSER NATO
ALIENATO PROPRIO COME ME!
ALIENATO, ALIENATO
E NON CAPIRE COSA E’ STATO
ALIENATO PROPRIO COME ME!
ALIENATO, ALIENATO
E NON SAPERE CHI HA INIZIATO
ALIENATO PROPRIO COME TE!
 
 
L’immagine gli ritornava sempre davanti agli occhi, annebbiandoli di tutte quelle lacrime che non aveva versato negli ultimi quindici anni.
Gli tremavano le mani compulsivamente; il respiro si era fatto affannoso all’improvviso. Tutti se ne erano accorti, costringendolo ad uscire dalla stanza.
Da quella stanza, quella dove il corpo di Hinata giaceva senza vita, ormai completamente spezzata dagli avvenimenti appena accaduti, e dove si era reso conto che tutto, davanti ai suoi occhi, si era incenerito.
Non sapeva spiegarselo, né darsi una risposta decente per tutte quelle domande che lo ammorbavano costantemente. Aveva orrore dei suoi stessi pensieri, tanto che talune volte si chiedeva se fosse stato proprio lui a formularli, lui, l’impavido Sasuke Uchiha, che conservava dentro di sé tutto quell’insopportabile orgoglio della sua stirpe, il risoluto, schietto, irreprensibile Sasuke Uchiha.
Lo stesso irreprensibile Uchiha che adesso si ritrovava seduto su una sedia in corridoio, il volto rigato dalle lacrime fra le mani, le dita a stringersi fra i capelli provocandogli dolore appena sufficiente per ricordargli che sì, lui era vivo, e l’anima gli faceva male tanto quanto quella gola infuocata pervasa da singhiozzi sconnessi.
Lui, Sasuke Uchiha, si era abbandonato alle lacrime, al dolore, alla frustrazione, alle emozioni  in generale, consolato dalle lunghe carezze di Sakura, sconfitto in breve contro quella guerra mai vinta contro se stesso, il lato umano a lungo represso, il corso sbalorditivo degli eventi.
Cosa era successo?
Era molto semplice: un auto era arrivata a 200 chilometri all’ora in mezzo ad una strada quasi mai affollata, incurante di Hinata, in mezzo alla strada.
Ma non era finita qui, no, perché ovviamente le cose non possono soltanto andare male, devono andare doppiamente male: Naruto si era messo a correre, aveva spinto lontano Hinata, ed era stato preso in pieno dall’auto, che non aveva fermato la sua corsa.
Aveva sterzato, anzi, tentando imperterrito di ferire Hinata, che in effetti aveva riportato gravi ferite, per poi continuare la sua corsa.
L’odore di bruciato e di pneumatico impregnava l’aria. Sasuke era capace di rievocarlo alla mente con estrema facilità, tanta da stupirlo, proprio lui che non aveva mai fatto caso a piccolezze del genere.
Le urla, soprattutto quelle di Hanabi, resero quel luogo desolato non tanto pieno di vita, ma di morte. Palpabile, crudele, onnipresente morte.
Il sangue, rubino liquido d’un rosso brillante, copriva ogni cosa visibile, peggio di una macelleria: quei corpi erano stati davvero maciullati, abbastanza da diffondere più sangue di quanto potesse produrne un corpo normale.
Il corpo di Naruto era volato via per metri, librandosi in aria per interminabili secondi: Naruto aveva volato, come aveva sempre sognato, era Rotolato verso Sud, come Un angelo ribelle, andando in Paradisi per Illusi, alla ricerca della sua Mother. E se ne rendeva conto: descrivere, proprio in quel momento, ciò che era accaduto con i titoli delle loro canzoni era macabro e assurdo, ma era stato istintivo, era un pensiero venuto da solo.
Tutti, escluso lui e Hanabi, corsero verso il corpo agonizzante del biondo.
E non seppe perché, ma insieme alla giovane ragazza, distrutta dalla paura, cominciò a gridare il nome di lei, di Hinata, cercando quel corpo all’improvviso scomparso dalla loro vista. Si sgolò, sforzò gli occhi, poi la vide e fu traumatico.
Il corpo di Hinata era arrivato da tutt’altra parte: era vicino ad una macchina, la sua macchina, il suo fuoristrada con i vetri oscurati, comprato di recente per Naruto.
Il suo corpo non era distinguibile. No, da lontano sembrava soltanto una massa informe di carne, sangue e brandelli di vestiti, un vomitevole Picasso di una bellissima donna.
Sasuke fece segno ad Hanabi ed insieme accorsero.
Subito, lui si inginocchiò vicino al corpo moribondo di Hinata, non prestando attenzione ai suoi occhi aperti, vigili, spaventati, che altrimenti lo avrebbero distratto da ciò che una vocina dentro di sé gli suggeriva di fare.
Il sangue si disperdeva, a tratti zampillava: ricordava di essersi tolto la maglietta scura, di averla fatta a strisce in un batter d’occhio e di averla usata per tamponare le ferite e stringere lembi di pelle.
Non sapeva da dove gli fosse uscita, ma forse tutti i corpi sanguinanti, i cadaveri e i morti che aveva visto da infante gli avevano insegnato qualcosa, portandogli ad una ossessione compulsiva per tutto ciò riguardasse il primo soccorso e peggio ancora.
Hanabi era rimasta in piedi, a due metri da loro, completamente scioccata; uno spettacolo del genere non doveva avere come spettatrice una ragazzina già così traumatizzata di suo, ma non ebbe il tempo di pensarci, in quel momento, mentre Hinata cercava il suo sguardo, stringeva la sua mano sporca di sangue, tanto sangue che se lo sentiva ancora addosso.
Finalmente, la guardò negli occhi. Occhi bellissimi, bianchi, puri, ancora candidi nonostante si fossero posati su cose inaudite, nonostante stessero vedendo tutto quello, subendo tutto quel dolore.
Occhi bianchi imperlati di lacrime, pezzi di occhi, frammenti di sogni infranti. E pensò che era la prima volta che la vedeva piangere, perché lei era una donna forte, non una bambina indifesa, non una ragazzina viziata, ma una splendida donna capace di qualsiasi cosa.
La vide piangere e pianse a sua volta, per la prima volta dopo anni, perché fra le altre cose, lei era capace di riaccendere in lui il suo lato umano, il suo lato buono, e solo ora che la perdeva se ne rendeva conto.
Non poteva vederla piangere, vederla morire, e non fare niente: nonostante dentro fosse pietrificato dal dolore, Sasuke allungò una mano insanguinata, le sporcò ulteriormente le guance con una tenera e tremula carezza, le baciò i capelli con dolcezza infinita e le labbra tremanti. 
<< Andrà tutto bene. >> le assicurò, vacillando mentre la vedeva a stento annuire, poco convinta << Te lo giuro, andrà tutto bene! >>
<< Naruto… >> mormorò lei, incespicando sul nome, su quelle poche sillabe.
Lui annuì, continuando a piangere tristemente.
<< Tranquilla, se ne stanno occupando gli altri. >>
Ma non bastava, non bastava tenerle la mano e coccolarla, cercando invano di rassicurarla, non bastava, perché Hinata stava morendo, stava vedendo la sua vita passare in un soffio, una vita orrenda, solitaria, glaciale, bella forse solo in quell’ultimo anno.
Si abbassò su di lei, vedendo i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi, stanchi, tristi, morenti.
Le donò un ultimo bacio sulla fronte, poi vi si appoggiò con la sua, cercando di guardarla negli occhi e di farsi guardare a sua volta.
<< Ti amo. >> disse, sussurrando proprio mentre le ultime lacrime di lei scendevano sulle gote, simbolo della fine che stava arrivando << Ti amano tutti, ti amiamo tutti. >>
E poi aveva annuito debolmente, perdendo infine coscienza. Sasuke rimase così, in quella posizione, la morte incombeva alle sue spalle e lui non riusciva a voltarsi.
Rimase così finché non la portarono via, insieme a Naruto, che lui non aveva nemmeno avuto il coraggio di guardare. Amava Naruto, amava Hinata, amava Sakura, Ino, Kiba, Shikamaru e Hanabi.
Era un amore viscerale, di cui era diventato consapevole soltanto grazie a Hinata, che pure non aveva detto niente.
Adesso Hinata era viva, Naruto sotto i ferri chissà come.
Ma Hinata dentro era morta, Naruto stava morendo, e lui stesso era morto.
Perché…
L’incidente gli aveva tolto il fiato.
Le urla gli avevano tolto la voce.
Il sangue gli aveva tolto la vista.
Naruto gli aveva tolto l’anima, volata via con lui.
Hinata gli aveva tolto il cuore, dopo averglielo fatto scoprire per pochi, interminabili minuti.
Naruto, Hinata, Sasuke… erano morti.





 

Ehem.
Ecco.... non uccidetemi ok? La storia si è scritta da sola n.n
Sono tornata qui, pronta a ricevere tanti pomodori in faccia,
e credo che alcune precisazioni su questo capitolo siano 
d'obbligo, anche se scriverò un popello, non importa.
Le frasi in corsivo sono i pensieri di una Hinata diversa, 
distrutta, in totale stato di shock, tanto da farle perdere
per un pò la memoria,  alcune ore dopo l'incidente.
La prima parte del capitolo narrà del suo stato e di quello dei
suoi amici che, come vedete, sono tutti sconvolti e affrontano
la cosa in modo diverso. Shikamaru e Ino sono tornati insieme,
perchè sì, una cosa del genere va affrontata insieme. 
E Sasuke piange. La seconda parte del capitolo è dedicata
tutta a lui, che racconta l'incidente dal suo punto di vista, si sente morire.
Perchè cerca Hinata e non Naruto? Perchè non ha il coraggio
di vedere un altro membro della sua famiglia completamente 
distrutto e martoriato, perchè sa che non saprebbe aiutarlo,
perchè immagina non ci sia niente da fare. Ha il coraggio di 
cercare Hinata, però, perchè è quello che Naruto vorrebbe.
Ed è lui che la salva, anche se sulle prime non capisce nemmeno
lui come. Semplicemente agisce, ma sente che Hinata sta andando via,
sta morendo, e ha paura. Vuole farle sentire un'ultima volta che 
era una persona amata da tutti, per questo le dice "Ti amo"
perchè "ti voglio bene" non basterebbe, affatto, perchè è amore
viscerale, caspiterina!, non perchè è "attratto" da lei, non in quel
senso almeno, ma voi siete liberi di vederla come volete.
Quindi... niente, ho distrutto tutto, e mancano 3 capitoli.
Ma poi c'è il sequel! OUI! Lo sto già scrivendo! E alla fine tutti saranno
felici e contenti
! OUI!!
E' stato un piacere trovare nove recensioni la scorsa volta. 
Evidentemente vi ho scossi, perciò spero che mi lascerete tutti qualche
altro commento
, anche solo per avvisarmi di tenere un occhio aperto 
mentre dormo perchè state venendo ad uccidermi n.n
Spero che non mi ucciderete. Eheheh....
CIAO!
Tomoko.


Naruto: Stai diventando davvero folle... paura eh?
Io: OUI!






 

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Capitolo 48
*** Nevrotico Alcolico Stomp ***


Filosofia di vita
-
Nevrotico Alcolico Stomp

[Non constringermi (a crederci)]

 
[Negrita: Nevrotico alcolico Stomp]
 
E come no livida
Come ogni alba che mi incrimina
Sudore, fumo e nebbia che si appicica
Come nell’assa sulle ossa sulle ossa
It’s my game
 
Da dove vieni barbaro?
Da metà tra la luce e la follia
Troppo emotivo e ansioso per riflettere
Troppo impulsivo per resistere
Uguale a sempre uguale a mai
 
It’s my game… non so stare seduto sulla playa
It’s my game… a grattarmi le palle sulla ghiaia
It’s my game… vecchi conti in sospeso con la noia
It’s my game… da scalare con le unghie e l’Himalaya
 
Mama io non canto e non ballo se mi ci spingono
Mama io non canto e non ballo se mi costringono
Mama io non canto e non ballo se mi ricattano
Mama guardami impazzire two-three-four
It’s my game
 
Chi può insegnarmi tutto quello che non so?
Mi ficcherò in qualche casino già lo so
C’è stato un temo in cui cantavo per la cena
E andava bene ma ora che pena è questa la scena
 
It’s my game… e ti ritrovi per la via, Mamma mia!
It’s my game… con il cervello in avaria, cosa vuoi che sia?!
It’s my game… cresciuto a pane e dolore come i samurai
It’s my game… ti ritrovi accessorio per i bottegai
 
Mama io non canto e non ballo se mi ci spingono
Mama io non canto e non ballo se mi costringono
Mama io non canto e non ballo se mi ricattano
Mama guardami impazzire two-three-four
 
 
Sasuke canticchiava quella canzone a mezza voce, debolmente, immerso in quel silenzio infernale, accompagnato dal metallico suono dei macchinari.
Aveva avuto modo di riflettere; erano passati tre giorni e Hinata si era ripresa, mangiava un poco e beveva, costretta da tutti. Ogni giorno, nonostante i medici glielo sconsigliassero, accompagnata da qualcuno dei suoi amici, spingeva la sedia a rotelle fino ad una camera del reparto intensivo, entrandovi raramente. Perlopiù sostava fuori dalla porta a vetri, il viso triste, gli occhi morti, incapace di entrare nella stanza e sostare lì per più di un’ora. Perché li c’era Naruto, ed il dolore era lacerante.
Aveva avuto modo di riflettere, dicevamo, come mai prima: aveva pensato costantemente al suo amico, interpellandosi sul perché Naruto fosse fuggito, cercando di capirlo meglio, dato che all’inizio, in preda alla collera, non ci era riuscito.
E poi, grazie a quella canzone-messaggio, Sasuke aveva capito. Lui aveva lasciato tutto lì, in quella canzone che avevano registrato, perché sì, aveva ragione a dire che gli veniva meglio scrivere che parlare. “Da dove vieni barbaro? // Da metà tra la luce e la follia // Troppo emotivo e ansioso per riflettere// Troppo impulsivo per resistere” recitava la seconda strofa, che già di per sé era una bella spiegazione al suo comportamento. Era stato istintivo, per Naruto, scappare, preso com’era dai sentimenti e dall’ansia. Non aveva ragionato a pieno, aveva soltanto agito, aveva raccolto le sue cose ed era scappato, fine della storia. Ma perché? Questo veniva spiegato in più punti. Già quel “non so stare seduto sulla playa” era molto esplicativo; Naruto non riusciva a stare fermo, mai, né fermo nello stesso luogo senza fare niente, né, in un senso più allegorico, a guardare gli altri soffrire, ad esempio Hinata, senza agire. La sua voglia di fare lo aveva spinto a muoversi e sbagliare, ma capitava a tutti, no? Non poteva che perdonarlo, per questo. Il ritornello era la cosa più importante, perché lì c’era Naruto, quello vero. “Mama io non canto e non ballo se mi ci spingono // Mama io non canto e non ballo se mi costringono // Mama io non canto e non ballo se mi ricattano”, parole che non andavano spiegate, perfette così com’erano.
Naruto si era raccontato in “Nevroticoalcolico Stomp” come non mai. Si era meravigliato quando lo avevano registrata. Anche il sound era frutto del suo sacco, stavolta, era il biondo che aveva deciso tutto e chissà quando aveva avuto il tempo per pensarci, con tutto quello che era successo.
C’era una cosa, però, che lo aveva colpito più di tutto. Naruto aveva parlato anche di lui, in quella canzone, con quel “c’era un tempo in cui cantavo per la cena” o “cresciuto a pane e dolore”: erano cose solo loro, da soltanto loro vissute e condivise. Canticchiò quelle frasi, ricordando la loro vita.
 
 
La chitarra in mano, la custodia aperta. I due cantavano, vicini, racimolando pochi soldi.
Avevano dodici anni, troppo pochi per tenere come dovuto una chitarra da grandi, ma abbastanza per essere capaci di rubarla e di impararla a suonare. Avevano rubato quelle due chitarre dopo aver progettato con cura una strategia, tutta frutto dell’intelligenza di Sasuke, non all’infantilità di Naruto, che voleva semplicemente prenderle e scappare.
Non avevano altro da fare, il giorno, se non qualche birichinata, e così suonavo per un pezzo di pane, comprato o offerto per la prima volta dopo esserselo guadagnato.
Era una delle tante sere in cui quasi tutti li snobbavano. Sasuke si era allontanato un attimo, un solo istante, richiamato da una anziana benevola che voleva offrirgli delle caramelle, sempre meglio di niente.
Naruto era rimasto solo e, in quel momento, un teppista di circa trent’anni, la cui vita era stata sciupata fra alcool e donnacce, si avvicinò a lui per rubargli con un ghigno divertito i pochi spicci che avevano racimolato.
Subito il biondino si infuriò, scattando sull’uomo, per poi colpirgli con forza una gamba.
L’uomo gridò per il dolore provocatogli e gli diede un grosso schiaffo.
Sasuke arrivò in soccorso: si contrappose fra i due, aprendo le braccia in segno di difesa. L’uomo, che era pronto a sferrare un altro pugno, lo guardò sbalordito.
<< Teme, che fai?! >> urlò il biondo, che era a terra dietro di lui.
<< Lascialo in pace! >> gridò rabbioso Sasuke all’uomo, ignorando le sue parole << O te ne pentirai! >> osò dire.
L’uomo ghignò, uno sguardo macabro, e colpì anche Sasuke. Prese a colpirlo, alternando calci e pugni, passando di tanto in tanto a Naruto, che tentava di difenderlo come aveva fatto l’amico poco prima.
Ma nulla potevano contro quell’uomo tre volte più grande di loro, ed oramai si era fatto tardi: in giro c’era soltanto gente malfamata, nessuno interessato ad aiutarli.
Dopo un bel po’ di colpi, l’uomo si stancò. Sbuffò contrariato, raccolse i soldi e andò via. Con quelli ci avrebbe comprato a malapena una birra.
I due adesso erano a terra, malconci. Naruto guardò Sasuke ed ebbe la forza di sorridere.
<< Allora mi vuoi bene, né, teme? >> mormorò, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
<< Tsk. >> fece l’altro, tentando di alzarsi, per poi dare una mano anche all’amico.
<< Ti voglio bene anche io, teme! >>
 
Naruto era capace di tirar fuori da ogni brutta situazione un lato positivo. Ne aveva viste di ogni, aveva combattuto tante guerre personali, eppure manteneva sempre il proprio ottimismo, il proprio sorriso. Delle volte poteva risultare un po’ finto, ma soltanto lui era capace di riconoscerli, almeno finché non avevano incontrato gli altri degli Origins e Hinata.
Aveva mai risposto a quel “ti voglio bene”? In più di dieci anni di conoscenza era successo solo una volta, quando Konohamaru era morto e Naruto si era buttato giù. Per un pelo era riuscito a risollevarlo dall’oblio e quando aveva riavuto indietro il suo vecchio amico glielo aveva mormorato, sì, sottovoce, ma seriamente, senza baka o altri nomignoli. Semplicemente, glielo aveva detto, e Naruto lo aveva abbracciato, una delle rare volte in cui fu ricambiato calorosamente.
Suo fratello, quel bonaccione del suo fratello acquisito, era sempre stato delegato ai livelli di un semplice amico, di un baka qualunque, ma lui lo sopportava, sopportava i suoi silenzi, le sue urla, la sua freddezza, i suoi attacchi d’ira, perché sapeva che non era affatto un semplice conoscente: Naruto, anche se non lo aveva mai detto, aveva preso il posto vuoto lasciato da Itachi; perché sì, non lo avrebbe detto mai neanche sotto tortura, ma delle volte il biondino si era occupato di lui come soltanto un fratello maggiore poteva fare. Famiglia, famiglia, famiglia: l’avevano sempre desiderata, tanto da sopportarsi e rendersi fratelli.
E gli doleva il cuore a vederlo buttato su quel letto, rimaneva senza fiato e lo stomaco si torceva se pensava che soltanto una volta gli aveva detto di volergli bene, una soltanto in quasi 14 anni.
Si sentiva oppresso da tutte quelle sensazioni, tutte in una volta, soprattutto quando il suo sguardo passava dalla figura assente di Naruto a quella morta di Hinata, che stava lì, sulla sedia a rotelle, a guardarlo silenziosa, oppressa più di lui da mille sentimenti, come punta in tutta il corpo da mille spilli.
Gli veniva da vomitare, stava male per lei; stavolta era incapace di aiutarla e mai lo aveva desiderato tanto: lui era Sasuke Uchiha, aveva sempre dovuto badare alla sua sopravvivenza, non a quella degli altri.
<< Sasuke? >> una voce familiare e pacata lo richiamò ansiosa.
Si rese conto solo in quel momento di aver fissato il suo sguardo sulla mora, che fortunatamente non si era accorta di nulla.
Si voltò, tentando invano di non apparire troppo distrutto, per poi incontrare gli occhi smeraldini di una Sakura preoccupata.
<< Ti va di fumare? >> gli chiese semplicemente, per poi incamminarsi, sicura di essere seguita.
I due si fermarono sulla prima terrazzina disponibile. Sasuke le offrì le sue Alboro, ma lei rifiutò, perché fumava sigarette più leggere di quelle. Prima di estrarne una del suo pacchetto, e ancor prima che Sasuke riuscisse a mettersi la sigaretta fra le labbra, Sakura si fiondò su di lui, baciandolo caldamente, tentando di dargli conforto nell’unico modo che conosceva.
Istintivamente Sasuke si irrigidì. Non capitava mai che rifiutasse un bacio da una bella ragazza, per di più era Sakura, la sua Sakura, eppure Sasuke si sbloccò: si sentiva male a stare con qualcuno con Naruto in quello stato; si sentiva male a vivere, se Naruto non poteva farlo.
Non rispose al bacio, non si offrì ulteriormente. Sakura si fermò, retrocesse di qualche passo, lo guardò intristita. Non sembrava stupita, anzi, non sembrava aspettarsi niente di diverso.
Si appoggiò alla balaustra, con aria melodrammatica, si accese una sigaretta e passò l’accendino al moro, che fece altrettanto.
<< Mi dispiace molto, Sasuke. >> mormorò la ragazza, i capelli al vento, lo sguardo perso << Sappi che ti sarò vicina… voglio solo capire in che ruolo. >>
Sasuke sbuffò un po’ di fumo, strofinandosi una mano sulla fronte dove martellava la stanchezza e il dolore, incapace di pensare ad una risposta sensata. Ciò che sentiva era assurdo, impressionante, e non desiderava condividere ciò con la ragazza.
<< Non ho la testa per una relazione, adesso. >> bofonchiò il ragazzo, stringendo la sigaretta fra le labbra << Non voglio farti soffrire, ma non ci riesco, perdonami. >>
La ragazza annuì, probabilmente era proprio quello che si aspettava.
<< Quando Naruto starà meglio, ne riparleremo, Sasuke, tranquillo. Va bene così. >>
<< Quando Naruto starà meglio. >> ripetette lui, chiudendo gli occhi.
 
<< Dove sono Kiba e Hanabi? >> chiese la bionda, accarezzando la spalla del compagno.
<< A casa, a prendere qualcosa per Hinata e a riposarsi. >> rispose Shikamaru, accoccolandosi meglio sulla spalla di Ino.
Erano seduti in corridoio, davanti alla stanza di Naruto, dove Hinata sostava imperterrita.
Era inutile parlarle, lei non rispondeva; era un automa che parlava soltanto per chiedere di Naruto.
Nelle sue condizioni non mangiava neanche abbastanza, eppure così avrebbe perso tutto, tutto.
<< Dovresti andare anche tu, Shika. >> affermò la ragazza, accarezzandogli per un attimo i capelli << Devi riposare, sono giorni che non dormi, ed è strano per te. >>
<< Non ci riuscirei, Ino. Non con questa situazione. >> rispose lui, alzandosi un poco per guardarla negli occhi << Sono contento che tu sia qui. >>
<< Non potevo abbandonarti. >> disse, appoggiando la fronte contro la sua << Non ci sono liti che tengano. >>
Shikamaru la baciò, brevemente, nonostante desiderasse farlo molto più a lungo. Ino riprese a parlare.
<< Lo sai? Siamo diventati il pettegolezzo dell’ospedale. >> il senso non era giusto, così aggiunse << Per meglio dire, tutti parlano di noi. Sono tristi per quello che è successo e ammirano la vostra solidarietà. Siete sempre tutti qui, notte e giorno. >>
<< Ah bene, ci mancava solo questa, siamo già sulle copertine di tutti i giornali e riviste di Tokyo. >>
<< Ma quelli dell’ospedale non lo fanno per cattiveria, Shika… >>
Ino si bloccò, rimanendo a bocca aperta, quando vide qualcuno percorrere in lontananza il corridoio, diretto verso di loro. Si alzò in piedi, corse, mentre Shikamaru la seguiva stupito con lo sguardo.
<< Cosa ci fai qui? >> chiese subito la ragazza, fermandolo a dieci metri dalla stanza di Naruto.
<< Sono qui per mia cugina. >> rispose la figura alta e longilinea.
<< Non credo che ti voglia qui, Neji! >> affermò lei, conscia della situazione fra Neji e Hinata.
Lui si irrigidì, poi sbuffò << Lo so, ma… ho saputo e devo parlarle, davvero. Devo. >>
Ino vide, cosa inaspettata, un leggero velo di tristezza negli occhi determinati di Neji Hyuga, uno degli uomini più stronzi sulla faccia della Terra, a parer suo. Stupita da tali sentimenti, si decise.
<< Aspetta qui, vado a chiederglielo. >> asserì la ragazza << Se non vuole, te ne andrai. >>
Si incamminò nuovamente, stavolta con un passo più lento e cadenzato, e si avvicinò ad Hinata.
Si inginocchiò accanto a lei, osservando la figura smunta e smagrita della ragazza. Adesso sembrava più piccola, su quella sedia a rotelle, grande quanto una bambina. La pelle era innaturalmente bianca, cadaverica, gli occhi vacui, morti. Quella visione le fece male.
<< Hina-chan? >> la richiamò dolcemente, tentando invano di non essere sopraffatta da quel dolore << C’è qui tuo cugino… dice che è importante, vuole vederti. Sembra triste. >>
Hinata guardò oltre la sua spalla, alla ricerca della figura familiare di Neji. Annuì, brevemente, permettendo ad Ino di fare un gesto veloce che richiamò il ragazzo. Salutò Hinata con un bacio sulla guancia, prese Shikamaru con sé e li lasciò soli in meno di un secondo.
Neji si avvicinò lentamente, prendendosi del tempo ulteriore per riformulare il suo discorso.
Ogni metro in più era qualche secondo per osservare la cugina, profondamente diversa, in quel momento.
Sedeva tranquillamente su una sedia a rotelle, con indosso una veste ospedaliera bianca a fiori lillà, le gambe coperte da una plaid azzurro. I capelli erano arruffati, liberi, gli occhi stanchi, pestati, cerchiati da occhiaie profonde, la pelle sciupata, bianca, malata. Dalle maniche corte si intravedevano le numerose fasciature che le rivestivano il corpo mentre sul viso numerosi tagli erano nascosti da piccoli cerotti. Dal braccio sinistro, coperto di lividi,  partiva un lungo tubicino, attaccato ad una flebo dal colore biancastro.
In breve, fu a un metro da lei, e il vedere il suo stato, la sua espressione, lo fece vacillare. Tremò, gli tremò il cuore a vedere il suo sguardo vacuo, perso nel suo, come se non lo stesse davvero guardando negli occhi.
Ed in effetti, Hinata, lo fissava, ma non guardava lui, né soffriva per la sua presenza, quanto più per ciò che rappresentava: una famiglia distrutta, che per anni si era tenuta in piedi per miracolo, ma che ormai si era sfracellata contro il suolo. E in quella caduta, in quella famiglia corrotta, Hinata aveva coinvolto Naruto, e quella situazione ne era la conseguenza diretta. O almeno così immaginava.
Tornò alla realtà soltanto quando vide Neji accovacciarsi davanti a lei, gli occhi bianchi estremamente commossi. A quella visione, si stupì.
<< Hina-chan… >> cominciò lui, prendendola una mano, estremamente fredda << Mi hai sentito? >>
No, non lo aveva sentito, troppo persa nei propri pensieri, troppo persa a pensare al perché, all’ archè di tutto ciò che era successo. Osservò la sua mano martoriata in quella di Neji, stranamente tremante, proprio in lui, il perfetto e irreprensibile Neji Hyuga.
Quella mano tremante, quegli occhi commossi, quel tono di voce gentile e pacato, tutto di lui in quel momento gli ricordava il suo Neji, l’amico d’infanzia, il fratello amato, la prima cotta.
<< Ho detto che mi dispiace molto di vederti così, che farò di tutto per farti stare meglio. >> continuò il ragazzo, accarezzando col pollice quella bella mano affusolata << E, aggiungo adesso, voglio cominciare subito, perché ti devo una spiegazione. >>
Imperterrita, continuò a non rivolgergli lo sguardo. Sembrava un automa spento, una bambola inanimata.
<< Mi dispiace per quello che è successo anni addietro, ma sono qui per rimediare. >> riprese lui, animato da un nuovo moto di coraggio << Ho sbagliato tutto, non avrei mai dovuto mentirti, ingannarti, prendermi gioco di te. Ho cercato di farti innamorare di me, come aveva richiesto zio Hiashi, per toglierti dalla mente tutti i fannulloni della tua scuola e farti concentrare su qualcuno di degno. Ma io non sono mai stato davvero degno di te, tu sei perfetta. Non avrei mai dovuto obbedire allo zio, ma era un ragazzino stupido e incosciente. Ti prego, perdonami. >>
Stavolta, Hinata si fece attenta. Spostò il suo sguardo dalle loro mani giunte agl’occhi di Neji, specchio dei suoi.
<< Hai sempre avuto ragione su tutto. >> continuo il moro, facendosi coraggio nell’ammettere un suo errore << La nostra famiglia è corrotta e dopo l’ultima cosa che hanno fatto gli Hyuga, ripudio il mio cognome. >>
La bocca di Hinata si schiuse dallo stupore come un bocciolo di rosa. Sorpresa, sgranò gli occhi, e per un attimo non fu più quella donna senza vita degli ultimi tre giorni, ma solo la giovane Hinata Hyuga, quella stupita e delusa.
Il cugino abbassò lo sguardo, mortificato.
<< E’ stata opera loro. Un ragazzo aspettava che usciste per avvisare un mercenario di colpirti. >> la voce gli morì in gola, ma doveva continuare, glielo doveva << Finché si trattava soltanto di minacce potevo adeguarmi, ma questo… >>
La mano di Hinata tremò leggermente; lui l’avvolse più saldamente, voltandosi nuovamente per guardarla negli occhi bianchi, estremamente sofferenti e oscuri, così diversi da come erano di solito, da come erano fino a qualche giorno prima.
Allungò una mano cercando di trasmetterle un po’ di calore e affetto, accarezzandole il viso, tentando di far riemergere quella dolce Hinata ormai scomparsa, sepolta sotto il dolore.
<< Se lo avessi saputo… >> continuò << non avrei mai permesso che ti facessero del male. Ti avrei protetta. Ci tengo troppo a te per perderti completamente. >>
Lei non rispose, distolse lo sguardo, tornò a fissare Naruto steso a letto, guardandolo attraverso quel vetro simbolo di tutto ciò che adesso li separava.
<< Hinata, rispondimi, ti prego… Voglio proteggerti, voglio cominciare adesso, recuperando tutti questi anni. >> le strinse la mano ancora più forte, cercando inutilmente di richiamarla << Ti prego, Hinata-nee-san, perdonami. Posso… posso abbracciarti? Io.. ti voglio bene, da morire. >>
Stavolta Hinata aveva sentito ogni cosa, ed ogni sillaba era una lama in fondo al cuore. Vacillò, non sapendo bene cosa fare. Stranamente, quelle frasi, insieme alla consapevolezza che le avevano accompagnate, le facevano più male di tutto il resto. Era colpa sua se Naruto adesso era in coma e non si svegliava, era unicamente colpa sua, che lo aveva coinvolto in quella famiglia macabra e vendicativa, che si era innamorata di lui, lasciando che un rapporto incredibile li legasse, abbastanza profondo da mettere a repentaglio la sua vita per lei. Era colpa sua, le sussurrava una voce nella mente, che continuava a parlare facendola impazzire, e quella consapevolezza le faceva così tanto male da risollevarla dall’apatia di quegli ultimi giorni, da farle sentire così tanto male in mezzo al petto, laddove il suo motore era andato in avaria, da ricordarle che , era viva e apriva gli occhi, mentre lui no.
E mentre qualcosa la riportava alla vita scheggiandole gli occhi in cerca di una via d’uscita, annuì disperata, ricambiando la stretta di suo fratello, che era riuscito a tornare ad esserlo in meno di due minuti, che l’aveva abbracciata di slancio piangendo al suo posto.
 
<< Neji-nii-san? >>
Quella voce pacata e bambinesca lo fece tornare in un attimo alla realtà, quella in cui non poteva piangere,
no, non poteva permetterselo, perchè doveva occuparsi di lei. Alzò lentamente il viso sperando che gli occhi
arrossati non si notassero troppo, una speranza inutile e vana, lo sapeva bene.
<< Cosa ha detto papà? >>
Tentò di ignorare la domanda, detta così ingenuamente, con quel tono dolce e leggermente ansioso, guardandola
in volto, ma ciò non gli provocò che un immenso dolore. Perchè Hinata era una bambina bellissima, dolce,
di sette anni appena, la pelle bianca, le guance rosse, molto più bella di Biancaneve e di tutte le altre principesse.
Non poteva permettere che tutto quel dolore scalfisse ancora il suo cuoricino, no, e nonostante avessero la stessa
età si sentiva in dovere di proteggerla: nella loro famiglia non poteva andare tutto male,
no.
<< Ha detto che zia starà bene. Starà meglio. >>
Non aveva il coraggio di dirglielo, no. Mentì, spudoratamente, nonostante quelle parole fossero un pò vere,
perchè sua zia, la dolce e premurosa madre di Hinata, era morta, ma sarebbe stata meglio lì che tra folli sofferenze
nel loro mondo. Ma... dirlo a Hinata erano tutte un altro paio di maniche. Non credette ai suoi occhi quando la 
bambina si rabbuiò, in mezzo al corridoio di quel familiare ospedale, abbassando poi lo sguardo e smettendo di
stringere il dolce coniglietto bianco di peluche, difensore delle sue notti più buie, lasciando le braccia lungo
il corpo piccolo e infantile.
<< Non mentirmi, nii-san. >> sussurrò, la voce triste di chi è abituato fin troppo a quel genere di cose << La mamma è morta, vero? >> 
Non sapeva cosa rispondere, non ne aveva il coraggio. Fu la sua volta di abbassare lo sguardo.
<< Adesso però c'è Hanabi, Hinata. >> 

Quel pomeriggio erano nuovamente tutti insieme, seduti in corridoio su quelle sedie di plastica ormai troppo familiari, l’insegna luminosa sempre presente. Ognuno cercava di darsi conforto l’un l’altro, raramente c’erano parole, ma erano tutti uniti in quel tacito dolore. Hinata non fece parola del suo rinascente rapporto con il cugino, troppo presa a pensare a ciò che quella mattina le aveva comunicato, troppo presa a crogiolarsi in quel senso di colpa che le era stato vicino così spesso, nella sua vita.
Di tanto in tanto, Hanabi si alzava, l’abbracciava silenziosa, le baciava i capelli e le guance, perché la conosceva bene e sapeva interpretare perfettamente i minuti in cui i suoi occhi erano chiusi, ovvero i momenti in cui i suoi pensieri raggiungevano il culmine della disperazione.
Una ragazza sulla trentina, con corti capelli scuri e gli abiti da infermiera, si avvicinò al gruppo, in mano una cartelletta che continuava a sfogliare.
<< Buon pomeriggio >> esordì, cercando di non alzare mai lo sguardo su di loro, ansiosa << fra poco verrà la dottoressa, vuole parlare con i parenti più prossimi delle condizioni del paziente. >>
<< Shizune-san! >> proruppe Sakura, sgranando gli occhi, riscoprendo nell’infermiera una sua amica, non che allieva della sua sensei.
<< Ah… Sakura, non pensavo fossi qui. >> rispose, sbalordita << Mi dispiace molto per la vostra situazione… >>
<< Grazie, Shizune. >> disse l’altra, per poi affermare, intristita << Comunque non ci sono parenti prossimi. >>
<< Di solito ho sempre parlato io con il medico. >> intervenne Shikamaru << Non hanno mai chiesto di parenti, è strano. >>
<< Lo so, lo so. >> continuò la donna << Ma si tratta di una situazione diversa e la dottoressa ha espressamente richiesto di parlare con i parenti, ovvero un certo Sasuke e Hinata Hyuga. Dovete aspettarla nella camera del paziente. >>
Sakura socchiuse la bocca, stupita per la strana circostanza, ma fu la prima a riprendersi.
<< Va bene… grazie Shizune. >>
L’infermiera andò via, lesta come era arrivata. Shikamaru si voltò verso Sakura, lo sguardo interrogativo.
<< Puoi spiegarmi quello che è appena successo? >> chiese, mentre tutti si facevano attenti.
<< Non le ho mai parlato di Naruto. >> rispose la ragazza, che cercava di rifletterci << Non so come abbia saputo dei loro rapporti o come lo abbia saputo la dottoressa. >>
Un sonoro sbuffò arrivò dall’angolo più lontano del corridoio.
<< Che importanza ha? >> disse in un soffio Sasuke, avvicinandosi alla porta a vetri della camera.
Non chiese il permesso, non attese nessuna risposta. Semplicemente, arrabbiato con il mondo e con se stesso, spinse la carrozzina di Hinata dentro la stanza. L’avvicinò il più possibile al letto e non si aspettò di vederla voltare lo sguardo, incapace di guardare la persona che riposava sul letto, che invece lui prese a contemplare in ogni minimo dettaglio.
La pelle, solitamente bronzea, adesso era più pallida e malata; le mani sostavano vicino ai fianchi, sul lenzuolo candido, e da una partiva un grosso tubo, collegato al macchinario che segnava il battito cardiaco, che era lento ma cadenzato; i muscoli erano rilassati, probabilmente anche intorpiditi; dal braccio partiva un lungo tubo collegato alla flebo, come quello di Hinata; i capelli erano liberi, scompigliati, arruffati, ma sempre di quel biondo solare; il viso era pacato, tranquillo, gli occhi chiusi, come se stesse dormendo, mentre un tubo gli scendeva in gola, per farlo respirare.
Naruto era lì, fra loro, a separare Hinata e Sasuke. Sta soltanto dormendo, si disse, ingannandosi per l’ennesima volta, lasciandosi trasportare da un’illusione perfetta e dolce. Ma erano lì, in un ospedale, e se Naruto era su uno di quei letti voleva dire che non tutto stava andando per il meglio; per di più, il ricordo cocente dell’incidente gli passava ancora davanti agli occhi, ricordandogli ogni istante il momento in cui tutti, compreso lui, erano morti.
Alzò lo sguardo, tentando di distogliere il pensiero da quei ricordi atroci, e vide Hinata, il volto ancora voltato verso l’uscita, incapace di guardare il suo amato. Gli fece male, sentiva le mani prudergli per il desiderio rabbioso di sballottarla, di scuoterla, di farla tornare in vita.
<< Che fai? >> chiese, in un ringhio << Perché non lo guardi? >>
La vide deglutire, ma non accennò a nessuna risposta. Sasuke si infuriò.
<< Ma che diamine fai, Hinata?! >> quasi urlò << Non me ne fotte un cazzo che stai male, mi devi rispondere! Adesso Naruto ti fa vomitare? RISPONDI, cazzo, ti ho salvato, me lo devi! >>
<< E’ colpa mia! >> sbottò Hinata, urlando << E’ colpa mia se è così, non ci riesco a guardarlo! >>
A Sasuke caddero le braccia. Ma perché le aveva urlato contro? Non poteva semplicemente farsi gli affari suoi? Adesso non sapeva che rispondere… era lei che capiva lui, non capitava quasi mai il contrario. Cosa doveva dirle, adesso? Ma in che guai si ficcava?
<< Non è colpa tua. >> e la frase fu così poco originale che gli fece tornare la nausea << Davvero… come ti viene in mente? È stato un’incidente. >>
Hinata adesso lo guardò negli occhi, senza mai posarli su Naruto. Occhi d’odio, occhi di fuoco, intrisi di rabbia quanto i suoi.
<< No, non è stato un incidente. >> sibilò, a denti stretti << E’ stata la mia fottutissima famiglia. >>
I dubbi di Sasuke, con quella frase, si dipanarono. A chi dare la colpa di tutto? Ovvio, alla famiglia più bastarda di tutta Tokyo, gli Hyuga. Non si aspettava nessun altro colpevole e si maledisse per aver avuto ragione. Un sorriso ironico si dipinse sul suo viso. Un sorriso stanco, intristito, tirato.
<< La tua famiglia è in questa stanza e in quel corridoio >> rispose, dopo qualche istante << Noi non abbiamo fatto niente. >>
Quella risposta la colpì, la commosse quasi. Era impossibile negare la sua veridicità, eppure sentiva di doversi sentire partecipe di quel brutale assassinio… altro che incidente. Artigliò con le unghie i braccioli della sedia su cui era costretta a stare, tentando di sfogare tutta quella rabbia.
Allungò una mano, tremante, e pettino leggermente i capelli biondi di Naruto, guardando suo fratello, sperando che aprisse gli occhi e stralunato gli dicesse << Ehi, Teme, che fai? >>.
<< Non puoi non guardarlo, Hinata. >> le disse, tornando a guardarla con i suoi occhi tristi << Dobbiamo prenderci cura di lui. >>
Fu in quel momento che videro una donna bionda conosciuta, coperta da un camice, entrare nella stanza. Entrambi spalancarono gli occhi, stupiti di vederla lì, indossando per di più i panni del medico.
<< Ma lei è… >> mormorò confusa Hinata.
<< Non ci siamo mai presentati. >> l’interruppe lei, vigorosamente << Io sono Tsunade Senju. >>
Quel nome venne immediatamente accostato da parte di entrambi ai numerosi racconti di Naruto, confondendoli maggiormente.
<< Ma che diavolo significa? >> sbottò Sasuke, dando di matto << Chi è lei? >>
<< Te l’ho appena detto, ma se me lo chiedi vuol dire che Naruto vi ha parlato di me. >> la bionda si avvicinò, appoggiandosi all’inferriata del letto << Ho fatto parte dell’infanzia di Naruto per molto tempo. >>
<< Lei… Jiraya-sama era innamorato di lei. >> disse Hinata, cercando di riordinare i pensieri << Lei mi ha mentito. Mi ha detto che non vi conoscevate. >>
<< Lo so, mi dispiace molto, ma aveva fatto una promessa. >> rispose, con gli occhi lucidi al ricordo << Avevo una relazione con il povero Jiraya e alla sua morte ho lottato per avere Naruto con me, ma non avevo il titolo per farlo, così mi è stato tolto. Ho cercato di rimanere in buoni rapporti con lui, ma non mi è stato permesso. Ha sempre pensato che lo avessi abbandonato, ma penso che con il tempo abbia capito e abbia cercato la mia abitazione. Così, quando qualche giorno fa si sentiva confuso, è venuto da me per affidarmi un compito. Non credevo che arrivasse così presto il tempo per adempirlo… >>
<< Continuo a non capire. >> disse Sasuke, guardandola duramente << Perché lei e qui? >>
<< Naruto vi ha raccontato di come morì Jiraya? >> chiese lei, invece di rispondere alla domanda.
<< Gli dissero che morì di vecchiaia. >> rispose Hinata, annuendo lievemente.
<< Gli dissero una bugia. La verità è che morì di un cancro al cervello, assolutamente incurabile. >> il suo sguardo si fece nostalgico e triste << Naruto non l’ha saputo finché non è venuto da me poco tempo fa in cerca di conforto. >>
Sasuke si passò una mano sulla fronte corrucciata. Era stanco di girare in torno al punto della questione, stanco di non sapere.
<< La prego, non allunghi il discorso. >> implorò esausto << Ci dica quello che deve e basta. >>
<< Come vuoi, Sasuke. >> inspirò forte, facendosi coraggio << L’incidente che ha subito Naruto gli ha provocato varie emorragie interne, a cui si è fatto rimedio con una lunga operazione che ha sfiorato quasi le dodici ore. Avrebbe dovuto svegliarsi dopo uno-due giorni, ma non è successo perché Naruto ha un cancro all’ultimo stadio, incurabile e inoperabile, che non gli ha reso sopportabile un tale trauma. >>
Le bocche di entrambi si spalancarono. Sasuke si lasciò addirittura cadere su una sedia posta al capezzale di Naruto.
<< Cosa… un cancro? >> farfugliò Hinata, incapace di comprendere la verità.
<< Ha scoperto di averlo circa sei mesi fa, in Europa. Si sentiva sempre stanco, aveva dei forti mal di testa e delle volte anche dei capogiri. Sulle prime pensava non fosse nulla, ma si è insospettito e si è fatto fare un controllo. >> raccontò, in breve, la donna << Ha lo stesso cancro di suo nonno. E’ venuto da me perché in preda allo sconforto, non faceva altro che pensare alla sua morte e tutto quello che stava accadendo gli faceva pensare che stava perdendo il suo tempo. Gli avevano dato ancora un anno, ma con l’incidente la situazione è irrecuperabile. Mi aveva chiesto di esservi vicino quando fosse morto per spiegarvi meglio la situazione e per affidarvi la sua eredità. >>   
<< Non può essere… >> Hinata era incredula, non riusciva nemmeno a realizzare ciò che gli stava dicendo Tsunade << Naruto non sta morendo. >>
<< No, infatti, ma solo perché è attaccato ad una macchina che lo tiene in vita. >> disse la donna, negando col capo << Il suo encefalogramma non mostra nessuna attività celebrale. >>
E allora Sasuke capì, capì che realmente in quell’incidente era morto lui, era morta Hinata ed era morto anche Naruto. La sua anima era volata via, nonostante il cuore gli battesse ancora nel petto, la sua anima non c’era, né la sua mente.
Naruto aveva un cuore grande, si ritrovò a pensare, tristemente, mentre una sola, calda lacrima gli rigava il volto, tanto che è l’unica cosa ancora funzionante
<< Mi dispiace, sono desolata… Naruto non si sveglierà più. >>



 
Un bambino dai capelli mori sostava in piedi in mezzo al corridoio buio, singhiozzante,
i pugni stretti contro gli occhi cercando di trattenere quelle lacrime amare che non smettevano
di scorrere sul suo viso pallido. Piangeva, il bambino, di un pianto disperato e unico, solitario,
di un pianto che non si dovrebbe conoscere a 8 anni, l'età del gioco, della felicità, non della 
disperazione. E piangeva il piccolino, piangeva, bagnandosi le manine, la maglietta celeste
chiaro ancora sporca di sangue, imbrattata di un mondo che nessun bambino dovrebbe vedere.
Piangeva, non la smetteva, perchè era rimasto solo al mondo: la sua famiglia era stata uccisa,
erano tutti morti, e non c'erano mezze misure per dirlo. Il solo, piccolo, bambino stava già 
cambiando, in quel momento, e mentre si asciugava le lacrime decise che non avrebbe mai
più pianto. Perchè lui era Sasuke, il piccolo e fiero Sasuke Uchiha. 


 
Sono tornata, perchè non resistevo, e odio farvi aspettare
con tutta la suspance, l'ansia, insomma tutto questo >.<
Dovete scusarmi per il cambiamento di scrittura: ultimamente
sto avento dei problemi con il layout e il corsivo, e ho notato
che nelle altre storie, dove uso questo scrittura, il problema 
non sussiste. Speriamo bene! 
Che dire di questo capitolo? Una notizia bomba! 
Come vi avevo detto, tutto si sarebbe spiegato verso la fine:
come predetto Hinata è stata colpita dalla sua "famiglia", che 
voleva danneggiarla, e Neji ha cambiato parte, contenti? io si!
La donna bionda degli scorsi capitoli? Tsunade. Il suo ruolo?
Persona coinvolta che possa spiegare tutto ciò che Naruto 
ha nascosto con tatto e che sia ingrado di lasciare la sua
eredità e di far seguire il suo volere. Cosa nascondeva
Naruto? Il cancro. Perchè sì, perchè stava male e qualcuno
di voi se ne è accorto, sono contenta. Arcx... conteta? 
"Purtroppo" ci becchi sempre. Yah. Però non avevi completamente
intuito tutto quello che c'è dietro , eh. Spero che non ci 
rimaniate male, ma ormai la fine è vicina e spero vi fiderete
di me, seguendomi anche nel sequel. Nelle note dell'ultimo 
capitolo vi spoilerò un pò il sequel, ma una cosa ve la dirò
lo stesso: IL NARUHINA SARA' PRESENTE, anche se in
un modo un pò diverso, un esperimento (?). 
Se avete dubbi, chiedete.
E RECENSITE, che siamo agli sgoccioli °.°
A presto,
Tomoko.

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Capitolo 49
*** Per le vie del borgo & Brucerò per te. ***


Filosofia di vita.
-
Per le vie del borgo
&
Brucerò per te.

[Dure realtà]
 
[Negrita: Per le vie del borgo; Brucerò per te]
<< Smettila di fissarmi e basta, ‘suke. >> mormorò lei, muovendo pacatamente la mano davanti al proprio viso.
Sasuke si risvegliò all’improvviso dal suo stato di trans, non tanto per la frase, detta col solito tono calmo e melodioso, né per il gesto, ma per il nomignolo con cui era stato richiamato. Usualmente pronunciato dalla voce imperiosa e allegra di Naruto, ora dormiente, quell’abbreviazione appariva tanto stonata e sbagliata sulle labbra di Hinata, eppure così dolce e tenue.
Sbuffò, sonoramente, spostando lo sguardo vacuo sul corpo di Naruto, sul suo viso sereno, la pelle pallida.
Chi l’avrebbe mai detto?, si disse mentalmente Sasuke, Rimane il solito baka anche in coma. Sembrava tranquillo, nel pieno del sonno, come in una delle tante notti passate insieme, sul punto di voltarsi e mormorare << Non fissarmi ! >>. Eppure no, a quanto sembrava Naruto non lo avrebbe più detto, Naruto non avrebbe più parlato. Sarebbe stato un miracolo se… no, non doveva assolutamente pensarci. Si era convinto, aveva creduto a Tsunade, facendosi del male, ma quella vana speranza che cercava di intrufolarsi nella sua mente e nel suo cuore, sbattendo forte i pugni contro i muri che lui stesso aveva innalzato per difendersi, poteva fargli male più di tutto, più di ogni certezza.
<< Non chiamarmi in quel modo. >> disse in un soffio,  tornando a fissare Hinata.
Da quando l’aveva rimbeccata, da quando Tsunade aveva raccontato loro quella storia assurda, che appariva talmente estranea al loro gruppo da non crederci, Hinata non aveva mai smesso di osservare il biondino. Respirava a fatica, l’odore di ammoniaca e sapone che impregnava l’aria, si sentiva soffocare mentre pensava che tutto era sul punto di finire. Tsunade aveva parlato chiaro, eppure Hinata non riusciva a smettere di sperare, a credere in un miracolo, a sognare il meglio. Non poteva accettare quell’assurda conclusione, era impossibile crederci, così continuava ad accarezzargli i capelli, sperando che si svegliasse.
Erano passate molte ore, si era fatta notte e Sasuke e Hinata non avevano toccato cibo. Quando Tsunade se ne era andata, Sasuke aveva portato Hinata in corridoio, più per sostegno morale che per altro. Toccava a lui dirlo agli altri, che quando li avevano visti uscire si erano alzati tutti in piedi, in preda al panico, e sapeva che Hinata non avrebbe spicciato parola, troppo scossa.
Lo aveva detto, utilizzando le stesse parole di Tsunade-sama, aveva detto << Naruto non si sveglierà più. >> e tutti avevano cominciato a piangere, senza proferire parola. Aveva continuato a parlare, spiegando quella situazione incredibile che nemmeno lui aveva capito a pieno.
A turno erano entrati nella stanza, per trascorrere del tempo con il biondino. Aveva visto Shikamaru piangere in silenzio mentre lo abbracciava, Ino accanto a lui che tentava di essere forte ma tremava tutta per il dolore. Aveva visto Kiba piangere e singhiozzare, tirare su col naso come un bambino, seduto al capezzale di Naruto, Hanabi al sua fianco che piangeva allo stesso modo. Sakura era entrata lì con Hinata, aveva abbracciato lei con la scusa di consolarla pur di non piangere per quella perdita, aveva cominciato a riempirsi di cose da fare per non pensare, come suo solito, aveva chiamato Gaara cercando il numero ovunque e lo aveva avvisato, ed anche lui era arrivato in breve tempo con Kankuro e Temari. Era stato doloroso per tutti, anche loro si erano persi in lacrime, Shikamaru si era stretto anche a Temari senza dire nulla, e Ino non aveva obbiettato, capendo che aveva bisogno di tutto l’affetto possibile. 
Avevano pianto tutti, proprio tutti, sarà ripetitivo dirlo, ma fu così.
Tutti, tranne Sasuke, che aveva versato qualche lacrima appena saputa la notizia, e Hinata, che invece non era stata capace nemmeno di crederci. Lo scioccava vederla così fredda, così insensibile, anche mentre gli altri, in diversi momenti, si stringevano a lei cercando di darle amore e calore, consolazione, mute condoglianze a cui lei non rispondeva. Tutti avevano abbracciato sia lei che Sasuke, perché sì, era proprio vero, loro erano i parenti più prossimi, quelli che nonostante tutto lo conoscevano meglio, sua moglie e suo fratello.
Avevano preso male la notizia, ma non potevano fare a meno che accettarla, mentre Hinata invece lottava, con i pugni e con i denti, non si sarebbe mai arresa a quell’evidenza: Naruto sarebbe morto.
Il suo cervello si era spento. Il suo respiro era manovrato da una macchina. Il suo cuore batteva innaturalmente, procedendo a stenti. Naruto era morto eppure loro continuavano ad accarezzare quel corpo innaturalmente caldo, innaturalmente vivo. Sorretto unicamente dalla forza di una macchina, Naruto rimaneva lì per loro puro egoismo.
Era inumano pensare solo di trattenerlo lì per mesi, anni, trattenere lì quel corpo privo di vita, pur di vederlo vicino a sé ancora una volta, pur di sentirlo presente nonostante la sua mente non ci fosse più. Quel pensiero non l’aveva sfiorato minimamente,  perché sapeva perfettamente che Naruto non avrebbe mai voluto che tutti loro si aggrappassero a quel corpo inanimato, ad una speranza vana e crudele. Non avrebbe mai voluto quello per se stesso, era stato Naruto stesso a dirglielo, non molto tempo prima, e solo ora capiva perché quei discorsi strani e inconcludenti: Naruto stava preparando il terreno, e gli aveva detto che mai avrebbe dovuto permettere che il suo corpo rimanesse a marcire internamente sul letto di un ospedale.
Glielo aveva detto, se ne accorgeva solo ora che aveva il motivo davanti, perché sarebbe stato proprio quello che Hinata avrebbe voluto.
Hinata stava lottando contro l’evidenza, aspettandosi un miracolo, si stava aggrappando a quel corpo inanimato, a quella speranza vana. Si stava facendo del male da sola, in quel modo, e stava facendo del male anche alla memoria di Naruto. “Tu devi perseguire i nostri sogni anche per me” gli aveva detto quella notte, nello stesso letto, e ciò voleva dire fare tutto ciò che Naruto avrebbe voluto fare, onorare la sua memoria, quindi proteggere Hinata da tutto quel dolore che si stava auto-provocando. Non avrebbe più permesso che un suo caro soffrisse, era Naruto ad averglielo insegnato, ed ora che lo vedeva steso su quel letto capiva tantissime cose, tante frasi sconnesse di Naruto all’apparenza incomprensibili, le parole di un pazzo, tutti gli insegnamenti che negli anni gli aveva inculcato. Naruto non era perfetto, né era la prova il fatto che non avesse detto a nessuno del suo male, ma era un uomo grande, che gli aveva insegnato a vivere.
Un mugolio strascicato lo richiamò dai suoi pensieri. Hinata si teneva il ventre dolorante, un’espressione di sofferenza sul volto contratto. In men che non si dica si alzò in piedi, aggirò il letto e fu da lei. Flesse le ginocchia per guardarla in viso, o dove posava le mani cercando di affievolire il dolore, posandole una mano sulla spalla per dirle che lui era lì, per lei.
Del colore rosso traspariva dalla veste dell’ospedale, che si era attaccata alle bende insanguinate. I punti probabilmente si erano riaperti per lo sforzo di stare seduta a lungo, e adesso si stava sporcando di sangue. Sbuffò indispettito, pensando che spulciare troppo fra i libri di medicina di Sakura gli aveva fatto male.  Si alzò nuovamente, strinse velocemente la mano di Naruto in segno di saluto e sospinse leggermente la sedia a rotelle di Hinata.
<< No, che fai? >> mormorò lei, cercando di voltarsi per guardarlo contrariata << Voglio rimanere qui. >>
<< E’ mezzanotte, oggi ti sei sforzata abbastanza. >> rispose lui, accompagnandola fuori dalla stanza << Ti prego, non farmi parlare come un’infermiera bastarda. >>
 << Sei un bastardo se non mi lasci in quella stanza. >> disse amaramente lei, tentando di fermare il moto aggrappandosi alla porta.
<< Smettila, o ti farai male. >> affermò lui, scostando quelle mani con un gesto veloce << E so perfettamente di essere bastardo da quando avevo 10 anni. >>
La ragazza si arrese, sbuffando lievemente, e si lasciò portare in camera da quel Sasuke stranamente premuroso. Non poteva chiedere aiuto a nessuno, perché Sasuke aveva mandato tutti a casa a riposare. Dopo aver percorso numerosi corridoi, arrivarono nella stanza 207 dell’ospedale, una stanza come tante altre. Accostò la sedia al letto, scostò le lenzuola e mentre faceva questo, Hinata si appoggiava con le mani sull’asse del materasso tentando di alzarsi. La lasciò tentare ancora una volta, finché non si lasciò andare mollemente sulla sedia. Le mise un braccio dietro la schiena, uno sotto le ginocchia e la sollevò, sotto lo sguardo stupito di lei. L’adagiò sul letto e le sistemò meglio le coperte.
<< Chiamo un infermiere per la medicazione. >> affermò lui, ma Hinata lo trattenne per un braccio.
<< Non serve, non disturbare. >> spiegò lei << Sakura mi ha spiegato come fare, devi solo passarmi l’occorrente. >>
Sasuke annuì e, obbediente, le passò tutto ciò che lei elencava. Hinata ripensò, stranamente, a quando lei e Naruto avevano parlato per la prima volta di lui, accostandolo ad un cane da guardia, un mastino feroce che però non mordeva mai. Adesso le venne in mente che era proprio un cane obbediente, altro che mastino. Sasuke era sempre stato docile ma, come un cane maltrattato, quando sentiva il pericolo tirava fuori i denti. Era strano come adesso si fidassero l’uno dell’altra, nonostante i primi battibecchi.
Hinata si alzò la veste a fiori lillà fin sotto il seno. Le gambe, nonostante fossero scoperte, erano nascoste dal lenzuolo. Sasuke poté comunque vedere i filo sottile delle sue mutandine e le numerose bende che le coprivano il corpo. Furono queste ultime ad attirare la sua attenzione.
Pensare che ci aveva messo le mani, in quelle ferite aperte, chiudendole come poteva e fermando forti emorragie goffamente, gli faceva quasi male. Ricordava nei minimi dettagli ciò che aveva fatto, nonostante fosse tutto alquanto confuso mentre agiva. Ricordava di averle detto “ti amo”, rimproverandosi di non averlo mai detto, rimproverandosi di non aver mai dimostrano a nessuno l’amore che celava nel sottosuolo del suo cuore, credendo che lei stesse morendo davanti ai suoi occhi. Invece era viva, e nonostante i suoi occhi continuassero a sembrare vuoti e morti, aveva un cuore che batteva, una mente che pensava e ferite che sanguinavano. Ed era merito suo.
La vide stringere i denti mentre scostava silenziosamente il grande cerotto dalla pelle, che si era attaccato ai numerosi punti con cui l’avevano ricucita. Punti che dovevano aiutare a chiudere le ferite, e Sasuke pensò che lui avrebbe dovuto fare la stessa cosa con se stesso e il cuore di lei, doveva trovare un modo per riuscire a soffrire di meno. Ma era inutile, ah, che speranza inconsistente, nessuno poteva davvero cercare un modo per lenire il dolore della perdita!
Con del cotone si passò sopra la ferita del mercurio liquido, per pulire i punti e disinfettare il tutto. Sul suo volto si dipinse una smorfia di dolore, ma non disse nulla. Si rese conto che Hinata era diventata, o forse lo era già, una donna molto orgogliosa e forte, che rifiutava l’aiuto di tutti, che voleva fare tutto da sola. Ma i suoi tocchi erano sbagliati, a stento riusciva a vedere bene la ferita sul basso ventre, così le bloccò il polso e le rubò il cotone che stava usando.
<< Ehi! >> obbiettò la ragazza, ma Sasuke era ben più orgoglioso e testardo di lei, così la ignorò.
Prese a pulirle il taglio con gesti delicati e precisi, curandosi di ogni piccolo lembo di pelle.
Con gli occhi vagava sulla pelle setosa tutt’attorno, sulle bende, sulle ecchimosi violacee che coloravano quella pelle candida e pallida. Interruppe il suo operato dopo qualche minuto, quando decise che era abbastanza.
<< Adesso che devo fare? >> la interrogò, notando che aveva voltato lo sguardo, incapace di farsi aiutare.
<< Cotone, benda e cerotto. >> bofonchiò, guardando un punto lontano oltre la finestra.
Sasuke eseguì, mise con cura il cotone, strappò con i denti la benda, posizionò con delicatezza il cerotto.
<< Apri l’armadio, prendimi un'altra vestaglia. >> ordinò lei, e quando l’ebbe in mano non si curò di avere Sasuke accanto, si spogliò e rimase in reggipetto.
E allora Sasuke vide la devastazione del suo corpo martoriato, un tempo bellissimo, adesso rattoppato e ripreso in più punti. Ricucita sulle braccia, le spalle, i fianchi, le gambe: tagliata, lacerata, distrutta dalla vita. Distolse lo sguardo, mentre la tristezza riaffiorava crudelmente, e lei finì di rivestirsi.
Rimasero in silenzio per un po’. Nessuno dei due aveva voglia di parlare, né tantomeno di dormire, nonostante fosse tarda notte ed il letto molto invitante. Rimasero in silenzio, entrambi a macchinare con la propria testa.
<< Secondo te, perché non ce lo ha detto? >> Hinata interruppe quel silenzio dopo un tempo che sembrò ore << Non si fidava? >>
<< Non lo so. >> rispose lui, che aveva riflettuto proprio su questo fino a quel momento << Forse aveva paura. >>
“Mi spaventa perché vi porterò a fondo con me.”, disse la voce del ricordo di Naruto, nella sua testa, “Se potessi, eviteresti di far del male alle persone che ami?”.
Sasuke aveva paura di tutti quei ricordi che riaffioravano proprio al momento giusto. Risentire la voce di Naruto nella sua testa, pronta a suggerirgli la risposta esatta, gli faceva venire un gran mal di testa. Odiò Naruto e la sua teatralità, il suo non dire niente dicendo comunque tutto. Naruto era un codice indecifrabile, che nascondeva mille enigmi che solo col tempo si sarebbero risolti. Perché affidare proprio a lui tutte quelle parole insensate che insieme formavano quella risposta temuta? Non poteva dire quelle cose a Shikamaru, a Kiba, a Hinata? Perché doveva succedere proprio a lui, così incapace di dimostrare i propri sentimenti, così restio ad aprirsi, a consolarsi e consolare gli altri?
<< Voleva proteggerci. >> affermò, pur di liberarsi da quel turbinio di pensieri << Non voleva farci soffrire. >>
Hinata sorrise, fra sé << E’ sempre stato così… >>
<< … così idiota. >> finì lui per lei, in quello che non era un vero e proprio insulto << Ho sempre odiato questo suo modo di fare. Caricarsi da solo dei problemi delle persone… è inutile e impossibile. >>
<< E’ altruista. >> asserì lei, tentando di difenderlo.
<< Piuttosto egoistico. >> rispose lui << Le persone hanno bisogno di soffrire, per crescere. E credere di potersi arrogare tutte le sofferenze del mondo è da megalomani. >>
<< Non vorresti salvarlo? >> mormorò Hinata, la voce rotta, fissando i suoi occhi umidi in quelli pece di lui.
<< Morirei per lui. >> affermò, la voce ferma << Ma lui si è sacrificato per te. È un eroe. >>
<< Vorrei che non lo avesse mai fatto. >>
<< Non dirlo mai più. >>
Si guardarono, nuovamente, lei tristemente stupita, lui freddamente arrabbiato. Si stavano sfogliando l'un l'altra, per merito di Naruto, ancora.
<< Non pensare che io non soffra per la sua perdita. Mi sento terribilmente confuso, non so come affronterò il resto dei miei anni, senza di lui. Ma ha dato la sua vita per te, lo accetto, quindi… >> si avvicinò di una spanna al suo viso, furente << ringrazialo e ringrazia ogni giorno di essere viva. >>
Hinata deglutì quel boccone amaro e scostò nuovamente il viso, non riuscendo più a reggere il suo sguardo.
<< Perché non hai pianto per lui, Hinata? >> riprese lui, continuando a fissare il suo profilo.
<< Perché non è morto, Sasuke, può ancora riprendersi, il suo cuore batte ancora! >> la sua voce era quasi isterica << Piangerò per lui soltanto quando avrò gettato la terra sulla sua tomba! >>
<< Naruto è morto, Hinata. >> disse, la voce triste. Aveva ragione.
<< Smettila di essere così cattivo! >> urlò, sospingendolo via << Non capisci? Anche io morirei per lui! >>
<< E’ che non m’importa niente di quello che succede, nemmeno della gente >> Sasuke cominciò a canticchiare a mezza voce, così, all’improvviso << voglio solo stare con te e rivederti ridere! E brucerò, per te, mi ferirò per te… >>
<< Perché canti quella canzone? Perché?!? >> Hinata urlò, batté un pugno sul petto di Sasuke, che continuava a canticchiare << Smettila! >>
<< Amica cara, amica speranza, parti da qui, dalla mia stanza e vola, salì più in alto della paura che ci corrode, che ci tortura e vai! >> nonostante i suoi colpi sul petto, Sasuke le accarezzò i capelli << Corri più della paura che ti corrode, che ti consuma e vola, io lo so che lo sai fare e niente ci potrà fermare più! >>
<< Ti prego, smettila… >> Hinata, nonostante tutto, era sull’orlo delle lacrime.
<< Lo sai che l’ha scritta Naruto, conosci questa canzone. >> spiegò, utilizzando l’ultima arma che aveva << Vuole che ci liberiamo della speranza e della paura che ci sta intrappolando qui. Dobbiamo lasciarlo andare, Hinata. Me lo ha detto anche lui. >>
<< Ma è impossibile, Sasuke! >> mormorò lei, mentre si lasciava abbracciare, abbandonando definitivamente tutte le sue difese << Non posso lasciarlo andare così all’improvviso! >>
<< Lo so, lo so. >> la strinse a sé e continuò ad accarezzarle i capelli << Lo faremo insieme, con calma, te lo prometto. >>
Un tempo non sarebbe mai riuscito a lasciarsi andare così, a consolare in quel modo una persona, a dimostrare il suo affetto. Ma ormai tutte le sue certezze erano cadute, così come le mura difensive che per lungo tempo si era creato intorno.
<< Mon Amour è triste non averti più, ma ho ancora forza per un’altra corsa, voglio bruciare ancora, cadere, rompermi le ossa, avere un’altra scossa di umana fragilità. >>
E stavolta canticchiò quella canzone di Naruto per incoraggiare unicamente se stesso e per ricordare il suo ormai vecchio e defunto amico…


Che cos'ero intorno a vent'anni? 
un manicomio in un letto di danni 
sogni sciatti, notti di festa 

tiravo sassi alla tua finestra 
ma cos'hai visto in questo qui? 
e quella cosa è ancora lì o no? 
o no? o no? o no? 

E ora, amore, dopo una vita 
cosa pensi che ti dica? 
sei l'aurora boreale 
sei la luce che squarcia il mio vuoto banale 

Brucerò per te 
mi ferirò per te 
io brucerò per te 
mi ammalerò per te 

Davanti a te un plotone schierato 
esplode colpi e non prende fiato mai 
sarò con te ovunque andrai 
ti prego dimmi che non t'abbandonerai 

Primavera, festa del mondo 
mentre io, io mi nascondo 
è che non m'importa niente 
di quello che succede, nemmeno della gente 
voglio solo stare con te 
e rivederti ridere 

E brucerò per te 
mi ferirò per te 

E la Luna pensa per sè 
se ne frega di noi 
ma io lo so che tornerai 
l'universo si muove e non smetterà mai 

E brucerò per te 
mi ferirò per te 
io brucerò per te 
mi ammalerò per te 

Amica cara, amica speranza 
parti da qui, dalla mia stanza 
e vola, sali più in alto della paura 
che ci corrode, che ci tortura, e vai! 

Corri più della paura 
che ti corrode, che ti consuma, e vola 
io lo so che lo sai fare 
e niente ci potrà fermare più 

Per te, per te 
io brucerò per te 

Per te, per te 
io brucerò per te
Dolce naufragare nel gas nervino blu.
Tra Bangladesh e Corso Como ho preso due proiettili.
Io queste vie del centro non le conosco più. Pestaggi di studenti.
Ma è una splendida giornata e ho la forza per un'altra corsa.
Posso bruciare ancora cadere rompermi le ossa per un'altra scossa di umana fragilità di umana fragilità! 
È meglio rincasare, gracchiano i megafoni.
Ma forse ho ancora il tempo di un caro e vecchio drink Shakerato bene un Hiroshima Boom!
Mon Amour è triste non averti più ma ancora forza per un'altra corsa voglio bruciare ancora
cadere rompermi le ossa avere un'altra scossa di umana fragilità di umana fragilità.
Guarda questi denti il crimine non c'è più io sono un rocker purosangue, parlano i testicoli.
Tu hai la tua Beretta io ho soltanto me!! Amico sparami che ho fretta... BUM!
FORZA! voglia un'altra corsa. Posso bruciare ancora sbandare e rompermi le ossa avere un'altra scossa...
Tra le chiavi che non girano. Soldi che non pagano. Vite che si svitano. Frasi che non spiegano.
Fari che si spengono. Su strade che non portano.....
E per le vie del borgo dal ribollir dei poveri va l'aspro odor di zolfo le anime a rallegrar...





 


uuuuuuuuff. Giuro, scrivere e postare questa long è
come fare dieci chilomentri in 15 minuti. Stancante.
E non so nemmeno che dire, o meglio, da dove 
cominciare! Innanzitutto, mi scuso per non aver risposto
a tutti, ma ho avuto molti problemi con internet.
Poi, poi...scommetto che tutti voi, o almento tanti,
da come vi conosco n.n, si immedesimeranno in
Hinata: << Non può morire, il cuore batte, ci può
stare un miracolo! >>. Ebbene, io invece sono Sasuke
e vi dico che non ci sarà nessun miracolo, che dovete
"lasciare andare" Naruto e che affronteremo tutto questo
insieme, davvero. 
Sto proprio amando il mio Sasuke, che si intrufola nella
mia testa e da' saggi consigli, cerca di aiutare tutti, di
aiutare Hinata, di realizzare i desideri di Naruto, eseguendo
il suo volere in suo vece. Si è scritto da solo, Sasuke,
e lo ammiro ç.ç
Penultimo capitolo, eh. Il prossimo sarà l'ultimo.
Cosa mi aspetto? Amerei arrivare a 400 recensioni,
ma è impossibile, lo so. Amerei entrare nelle storie
scelte, ma senza la vostra collaborazione è impossibile,
che Dio me la mandi buona! Amerei che voi continuaste
a seguirmi nel mio prossimo progetto, il sequel,
di cui vi parlerò a storia conclusa. 
Amerei che non mi odiaste ç.ç


 

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Capitolo 50
*** Bonanza & Lasciami dormire. ***


L'intenzione è di farvi piangere, quindi,
armate i fazzoletti! Dedicato a tutte quelle persone
che con le loro recensioni e messaggi privati mi hanno
fatto crescere e mi hanno dato man forte. Grazie <3
Ci sentiamo a fine pagina!

Filosofia di vita
-
Bonanza
&
Lasciami dormire

[Vivete le vostre vite, 
ascoltate il sangue che vi scorre dentro]


 
[Da ascoltare assolutamente: Bonanza; Lasciatemi dormire - Negrita]
Era notte, fuori pioveva.
L’incessante battere della pioggia sull’asfalto nascondeva il battere veloce dei loro cuori.
La finestra era aperta e lasciava entrare dentro tutto quel fragore, l’odore fresco della pioggia, la notte.
Non era poi così importante che fuori piovesse, ma Hinata notò quel particolare, inspirò l’aria fresca, memorizzò ogni istante perché ogni istante era importante. Fuori pioveva, ma anche dentro di lei pioveva, ed era come se il cielo le facesse vedere che era in grado di fare ciò che lei non riusciva neanche a pensare, era in grado di accettare l’evidenza e, infine, piangere. Il cielo piangeva perché Hinata non aveva più lacrime.
Hanabi, accanto a lei, le strinse la mano in silenzio. Erano passate due settimane da quando avevano avuto quella notizia, ma per lei non era stato abbastanza per incassare il colpo. Aveva continuato imperterrita la sua permanenza nell’ospedale, anche quando, con le dovute premure, le avevano detto che poteva tornare a casa. Ma lei non voleva abbandonare Naruto, incapace di smettere di sperare, nonostante tutti i discorsi che le aveva fatto Sasuke. Solo quella sera, con l’aiuto della sorella, Hinata si era degnata di fare le valigie e di firmare il documento dove si dichiarava ufficialmente dimessa. Si era cambiata, aveva indossato una tuta nera, le scarpe da ginnastica, la felpa prestatele da Sasuke e quella splendida sciarpa arancione al collo, appartenente a Naruto.
“Ci vuole un po’ di colore nella vita!” le aveva detto entusiasmato, mettendogliela al collo, più di un anno prima. E in quell’anno Naruto non aveva fatto altro che colorarle la vita di mille sfumature, riempiendole le giornate di allegria, il mondo di cose buone, che lei non aveva mai visto. Grazie a lui la sua vita era cambiata, grazie a lui era cambiata lei stessa.
Ma poteva benissimo vestirsi di mille colori, sembrare Arlecchino, lei comunque rimaneva la solita ragazza dalla pelle candida, gli occhi bianchi, i capelli neri. E il nero e il bianco non sono colori.
Si trovavano tutti lì, in quella stanza. Hinata si reggeva a fatica per l’emozione.
Più si guardava intorno, più notava i volti dimagriti, le guance ossute dei suoi amici, gli occhi segnati di Sasuke.
Hanabi, accanto a lei, la sorreggeva, e Sasuke, anche lui al suo fianco, di tanto in tanto le lanciava un’occhiata preoccupata. Erano tutti attorno al letto di Naruto. Kiba era proprio davanti al letto, mentre teneva stretta la mano della sua ragazza. Accanto a lui, Sakura e Ino piangevano sommessamente. Shikamaru non aveva il coraggio di guardare gli altri. Gaara, stretto a Temari e sorretto da Kankuro, sembrava sul punto di dare di matto.
Tsunade, fra Sasuke e il macchinario, era pronta a far smettere di vivere Naruto.
Ma no, Naruto non viveva già da tempo.
In quelle settimane lo aveva fissato a lungo, ma non aveva mai visto le sue mani muoversi, i suoi occhi aprirsi, il suo sorriso affiorare dal nulla.
Sasuke continuava a ripeterglielo, eppure lei non riusciva ad accettarlo. Nemmeno ascoltava.
La stanza era tutta bianca, le lenzuola erano linde, appena state lavate, profumate di ammorbidente. E poi c’era Naruto, pallido, biondo, la maglia arancione come a prendere tutti in giro con quello sprizzo di vita. Allora Hinata no, non poteva crederci che Naruto era morto, perchè lui continuava a colorare.
<< Devi soltanto premere il bottone verde. >> mormorò Tsunade, anch’ella presa da emozioni fortissime.
Sasuke annuì, si fece più vicino al macchinario. Hinata osservò la sua mano alzarsi e accostarsi al pulsante luminoso. La vide tremare.
<< Ti prego, non lo fare. >> sussurrò lei, la voce rotta, in un ultimo slancio di speranza.
Sasuke cominciò a piangere, ed Hinata non vide scorrere inchiostro sul suo viso, ma lacrime nivee e umane, lacrime amare, di chi ha sofferto troppo e ancora non si è abituato.
Lo vide incespicare, probabilmente non vedeva bene a causa della vista offuscata, così sperò che sbagliasse bottone, che Naruto rimanesse ancora lì con lei.
Ma Sasuke non sbagliò, inspirò forte e avvicinò le dita al pulsante, che con il suo tocco si spense.
Il macchinario si spense. Tsunade staccò il respiratore e rimase a osservare, in silenzio. Tutti avevano il respiro mozzato.
Alla vista del petto del biondo che continuava ad alzarsi e ad abbassarsi, Hinata ebbe la tentazione di scuoterlo, di prenderlo per le spalle e svegliarlo. Perchè sembrava dormisse.... Naruto stava dormendo, ne era certa....  ma il suo respiro poco dopo si fece più lieve, più lento... fino al punto che il suo petto non si mosse più.
Un altro macchinario ancora segnò, dopo poco, con il suo bip lungo e meccanico, che il cuore di Naruto non batteva più. Naruto si spense. Sasuke si spense, quasi cadde sulle ginocchia. Hinata si spense, si frantumò in mille pezzi, incredula. E Tsunade spense anche quel macchinario strafottente.
<< Ora del decesso: 21 e 54. >> disse la donna, mascherando con professionalità il suo dolore atroce.
Hinata, dapprima silenziosa, guardò tutti con occhi sgranati. In seguito cominciò a urlare, a piangere forte.
<< L’hai ucciso! E’ MORTO! >> urlò, dibattendosi contro Sasuke, colpendolo con pugni forti contro il petto << L’hai ucciso! Assassino! E’ morto! >>
Continuava a urlare, a dimenarsi, ma Sasuke l’abbracciò, la strinse forte a sé, nascose il pianto fra i suoi capelli morbidi, mormorando << Mi dispiace, mi dispiace… >>. Hinata smise di dimenarsi fra le sue braccia, si abbandonò ad un pianto doloroso e drammatico. Le gambe non ressero a nessuno dei due e si lasciarono andare mollemente sul pavimento, abbracciandosi inginocchiati, piangendo forte, proprio loro che non piangevano mai, proprio loro che avevano perduto tutto.
Piansero tutti, tutti in modo diverso e disperato.
E fuori continuava a piovere.
 
Stanotte scappo mama se torno non lo so
Ma quello che ho rubato non lo restituirò
Ho il mio cavallo adesso e un nome giù in città
Sta scritto sulla taglia per chi mi prenderà…
 
Mama puoi sentirmi adesso?
Cristo è rimasto e l’hanno fatto fesso
 
Stanotte scappo madre se torno non lo so
Ma se ho rubato giuro che lo rifarò
Il Paradiso è stretto ma un posto ci sarà
Sarà di quel bastardo che se lo comprerà
 
Mama puoi sentirmi adesso?
Se c’era un cristo l’hanno fatto fesso
 
Solo un’altra ora
Poi la notte mi accompagnerà
L’orizzonte m’inghiottirà
Forse per metà
L’altra resterà….
 
Aveva dormito insieme alla sorella, come da piccole. Quando aveva varcato la soglia di casa, a tarda notte, le era mancato il coraggio: ripercorrere quei luoghi dove era stata con Naruto, dove avevano riso, pianto, scherzato, fatto l’amore, le metteva l’anima al rogo. Era come se tutto si fosse fermato. Era rimasto tutto come tre settimane prima, come quella mattina in cui si erano svegliati tardi, avevano fatto la doccia insieme senza smettere mai di baciarsi ed erano corsi alla Moon’s eyes, dove Rock Lee li attendeva per l’intervista. E poi, semplicemente, c’era stata l’Apocalisse. E’ strano come una giornata possa significare così tanto, in una vita. Pochi giorni, belli o brutti che siano, emergono fra gli altri perché sono quelli che ci hanno cambiato la vita. Non una vita, non un anno, non un mese, ma giorni: particolari ore, istanti inenarrabili da cui dipende tutto.
Per quanto uno possa dire di avere una vita monotona, ci sarà sempre un’istante in grado di cambiare un’intera esistenza: perché la disperazione non è altro che una triste speranza, perché la passione non è altro che amore che brucia.
La disperazione era giunta come di casa nel suo cuore, ricordandole quella passione bruciata in quella dimora, passione che ormai era diventata cenere, come un fuoco spento all’improvviso da un getto d’acqua. Perché ricordava quell’ultimo giorno passato davvero insieme, quello e tanti altri giorni felici in cui Naruto marciva dentro, tenendosi il suo male per sé. E lo odiava alla follia per aver taciuto una cosa del genere, ma lo amava da impazzire per aver comunque reso ogni istante tanto felice da ricordarlo per sempre.
Avevano dormito insieme, ma Hinata non aveva riposato. Si era alzata presto, sveglia da molto prima, si era buttata sotto una doccia bollente e c’era stata per ore, ricercando i tocchi bagnati di Naruto, le sue dita premurose a scorrere sulla pelle, le labbra sui seni, le clavicole, la bocca.
Pianse, confondendo le sue lacrime con il getto rassicurante dell’acqua, e decise che quel giorno doveva essere impeccabile.
Si asciugò nell’accappatoio di Naruto – così follemente arancione – cercando ancora quel profumo dolce d’arancia che lo distingueva; pettinò a lungo i capelli che raccolse in una treccia morbida, come piaceva a lui, e poi si odiò perché costretta ad indossare un vestito di chiffon nero, quel colore che Naruto detestava e che non voleva vedere addosso a lei. Indossò le scarpe alte, mise del profumo alla vaniglia e ricordò ancora Naruto con quella sciarpa arancione attorno al collo, quella sciarpa che c’era sempre stata nei momenti importanti, dal primo 
all’ultimo saluto .
Dopo poco entrò nella propria macchina pronta a guidare. Certo, prontissima… ricordò i grandi discorsi di lei e Naruto, seduti in macchina a parlare, il rombo del motore quando era alla sua ricerca, il rombo del motore che li investiva... e non riuscì più a guidare. Con un singulto uscì dalla macchina, in preda ad un conato di vomito. Ricordò il rombo del motore della macchina che li aveva investiti, ponendo fine a tutto, e un mugolio di dolore le sfuggì dai denti stretti. Hanabi aveva aggirato la macchina, l’aveva stretta a sé: aveva chiamato Sasuke tenendola vicinissima, impaurita, e aveva potuto facilmente distinguere quella voce roca affermare << Sto arrivando. >>.
Lo aveva detto con quel tono rassicurante di sempre, che riservava solo a lei probabilmente, lo stesso di quando l’aveva rassicurata sentendola piangere, aveva detto “Sto arrivando, sistemo tutto io”, ma adesso non aveva affermato di poter aggiustare tutto, perché la situazione era irreparabile e lui lo sapeva.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensarci che Sasuke fu lì. Non scese dalla macchina, non la guardò neanche. Hanabi si avvicinò alla macchina, aprì la portiera davanti e fece accomodare la sorella maggiore, trattata come una bambina piccola, mentre lei si sedette dietro.
Sasuke e Hinata si guardarono negli occhi, per un attimo interminabile. Sembravano discutere con gli occhi, con quel gioco di bianco e nero, colori che Naruto odiava, ma che amava sul viso delle due persone a lui più care. Poi lui si avvicinò, le baciò la fronte con dolcezza, vi si appoggiò con la sua, intensificando lo sguardo.
<< Dobbiamo affrontarlo. >> le disse, invece del solito “Possiamo affrontarlo” che si vedeva in tutti i libri, in tutti i film, perché no, non potevano affrontarlo, era impossibile, ma dovevano, non per loro volontà.
Hinata annuì debolmente, le lacrime agli occhi. Sasuke le ribaciò la fronte, poi tornò a guardare davanti a sé, pronto a guidare.
Guidò lentamente, dimodoché la ragazza si sentisse meno male. A conti fatti, dall’incidente soffriva di mal d’auto. Non voleva pensarci, non doveva farlo, eppure quegli istanti erano sempre lì, davanti ai suoi occhi bianchi. Perché era successo tutto in un attimo, aveva visto all’improvviso gli occhi di Naruto davanti suoi, le sue mani spingerla via. E poi la macchina investire lui, il suo corpo volare, le ruote girare e scaraventare anche lei lontano dal mondo. Rivedeva quei due occhi incantevoli e cerulei ad ogni svincolo, ad ogni pezzo di cielo, ad ogni insegna dello stesso colore, li vedeva sempre vicinissimi ai propri, fissarli. E quegli occhi incantevoli erano diventati in breve il suo incubo.
Hinata ebbe il tempo di osservare il suo compagno di sventure. Di tutto pur di non pensare al dolore.
Indossava dei pantaloni neri eleganti, la camicia dello stesso colore, le scarpe di cuoio. Tutto normale, per uno come lui, ma la differenza stava nella giacca. Sasuke indossava una giacca di pelle, color arancio scuro, che spesso aveva visto indosso a Naruto: a quanto pareva Sasuke aveva avuto la sua stessa idea. Continuò a fissare il suo volto triste e corrucciato per tutto il viaggio, fino a quando la macchina non si fermò e la sua portiera venne aperta da un altro ragazzo.
Shikamaru li aveva aspettati con Kiba, dandole riparo sotto l’ombrello, e subito l’aveva abbracciata, tentando di darle conforto. Anche lui aveva indosso un completo scuro colorato da una cravatta arancione. Kiba era molto elegante, ma invece della camicia indossava una T-shirt arancione con il simbolo degli Origins, una delle prime in commercio, con un vortice rosso e azzurro e la scritta in grande stile, tutto voluto da Naruto.
Tutti loro, in modo diverso, avevano voluto ricordarlo.
I fan erano tantissimi, ed erano tutti chiusi fuori dal cancello del cimitero, con gli ombrelli aperti e tantissimi striscioni di incoraggiamento. Nessuno fiatava, neanche i giornalisti, che però continuavano imperterriti a scattare foto.
Hinata rivolse ai fan un lungo sguardo. Il loro silenzio era ammirevole. Non si curò dei giornalisti che fotografavano il suo corpo coperto dalle cicatrici, i visi stanchi, le occhiaie di tutti. Osservò ogni volto, pensando a Naruto, immaginando di ritrovarlo lì.
Sentì la mano fredda di Sasuke sulla sua schiena sospingerla leggermente. Si mosse, in automatico, condividendo l’ombrello con il moro, che non accennò a sciogliere quel mezzo abbraccio protettivo. Il cimitero era lugubre, un posto scuro pieno di lapidi picchiettate dalla pioggia, pieno di visi di persone morte, intriso di tristezza. Si incamminarono tutti e, ad un centinaio di metri, trovarono il luogo prescelto. Sotto un grande salice piangente, le ragazze, Gaara, Temari, Kankuro, Sai, Asuma, Tsunade, Teuchi e Ayame li stavano aspettando. Non erano in molti, ma ogni singola persona presente era stata in qualche modo toccata dalla presenza di Naruto nelle loro vite. Un prete, vestito di scuro, li attendeva, dinanzi ad una fossa rettangolare. Al suo interno, una bara di legno scuro veniva continuamente martellata dalla pioggia, producendo un suono triste e lugubre. Dinanzi al sepolcro, una lapide raffigurante un Naruto sorridente che sembrava salutarla allegro. Sotto la foto, la frase incisa in bella scrittura “Uomo nato per combattere e morto da eroe. 10 Ottobre 1991/ 12 Gennaio 2014”, scelta da chissà chi. Poco distante, le lapidi di Minato Namikaze, Kushina Uzumaki, Jiraya Namikaze, Konohamaru Sarutobi. La sua famiglia.
La cerimonia fu breve quanto triste. Ad uno ad uno, gli Origins lanciarono una manciata di terra sulla bara, come era consuetudine. Hinata, invece, gli lasciò un grande girasole.
Non pianse. Le lacrime erano state abbastanza; adesso si sentiva soltanto stanca e vuota. Sasuke le si avvicinò, si abbassò per parlarle nell’orecchio.
<< Naruto mi aveva fatto promettere che al suo funerale avremmo suonato una canzone scritta da lui. >> le sussurrò, la voce rotta << Ti dispiace? >>
Hinata negò debolmente col capo << Perché me lo chiedi? >> sorrise, lievemente, un sorriso che sembrò più una smorfia di dolore << E’ lui a volerlo. >>  
Lui si allontanò e si organizzò con i ragazzi. Nonostante la pioggia continuasse a battere, i ragazzi si sedettero su tre sedie che si erano portati e presero tutti e tre le chitarre. Fu Sasuke a cantare.
 
 
C’è una ragazza che gioca col mio baricentro
Lei mi accompagna in posti che non vedrei mai
Se lei non c’è la tristezza mi avvolge di un velo
E non c’è io capisco… dipendo da lei
 
Lasciami dormire ancora
Lasciami sognare ancora
 
C’è una sostanza che offende la voglia di vita
E lascio che lei mi prenda, mi porti con sé
Che senza ali né gambe io poi mi stanco
E visto dal pavimento il mondo non è più lui
 
Lasciami dormire ancora
Lasciami sognare ancora
Lasciami soffrire ancora
Che non so dire se sto male
 
C’è una voce che affonda fra i miei pensieri
Ed è qua dentro che danza e non smette mai
E adesso ho un’ala spezzata, scivolo giù
Il mio telefono è sveglio ma non suona più
 
Lasciami dormi ancora
Lasciami sognare ancora
Lasciami soffrire ancora
Che non so dire se sto male
Lasciami sognare ancora
Lasciami dormire ancora
Lasciami dormire ancora
Lasciami dormire ancora
 
 
 
 
 
<< Kushina-san, Minato-san. >> la sua voce era flebile, ma sembrava quella di sempre, mentre pregava << Prendetevi cura di lui. >>
Era rimasto lì ad aspettare con lei nonostante tutti se ne fossero andati ormai da ore. Era difficile abbandonare Naruto lì, da solo, lui lo sapeva bene. Eppure era strano che una ragazza di appena ventidue anni si trovasse così a proprio agio in quel cimitero, incurante della pioggia e della fanghiglia, a pregare persone che nemmeno aveva mai conosciuto. Non disse niente comunque, perché la capiva, capiva quell’attaccamento morboso, e rimase in silenzio ad osservarla e ad attenderla. Solo che… in quel modo, senza fare niente, i pensieri si concentravano di nuovo tutti nella sua testa, ed era impossibile scacciarli.
Perché?
Non aveva smesso un minuto di chiederselo, dandosi sempre mille risposte diverse. E le domande crescevano.
Perché sempre a lui?
Qualcuno lassù gli impediva di essere felice, questo era sicuro. Era la maledizione della sua famiglia, che lo perseguitava da anni, nessun Uchiha poteva essere davvero felice. Maledetti bastardi.
<< Jiraya-sama, la prego, non faccia vedere a Naruto le donnine nude. >>
Ma cosa diavolo blatera? , si chiese, ascoltando quelle richieste insensate,  sta diventando matta per davvero.
Nonostante tutto, non le si avvicinò. Attese, caparbio, ignorando la pioggia battente, come un avvoltoio che osservava la sua preda. La capiva, capiva che doveva rispettare i suoi spazi, farle affrontare a modo suo la perdita, anche se in un modo strano e inquietante.Forse era più inquietante lui, però, il grande Uchiha che si era messo a frignare troppe volte per uno come lui nell’arco di quelle settimane. E ne sentiva ancora il bisogno.
<< Konohamaru-kun, mi raccomando, non fate troppo casino in Paradiso. >>
E pianse.
 
L’aveva presa per il polso quando era calata la notte e l’aveva costretta a stare con lui sotto l’ombrello, stretti vicini. Non si curò che fosse bagnata fradicia e che in quel modo si stesse bagnando anche lui, non gli importava. Semplicemente, tutto quello che aveva visto adesso era diventato davvero troppo. Non che avesse sonno, perché tanto ormai soffriva di insonnia, non che avesse fame, tanto il suo stomaco sembrava essere diventato quello di un pulcino, ma era stanco di rimanere lì immobile, a vederla congelare e buscarsi un raffreddore, mentre lui continuava a chiedersi se fosse pioggia o pianto quello che gli bagnava il viso.
Era stanco di rimuginarci su, di soffrire. Tutti erano andati via da più di mezza giornata, perché continuare a rimanere lì, a farsi male?
L’aveva sbattuta in macchina senza neanche pensarci due volte, e non aveva sentito neanche lamentele. Aveva chiuso la portiera con un colpo secco e forte, privo di emozioni se non rabbia. Aveva aggirato la macchina, chiuso l’ombrello ed era entrato nella vettura. Aveva inforcato le chiavi, inserendole poi nel quadro, ma non aveva nemmeno avuto la forza di girarle e accendere l’automobile. Se ne voleva andare, ne era sicuro, tutto il suo corpo era un fremito per la voglia di scappare, la sua mente glielo urlava a gran voce, ma i suoi arti non rispondevano ai comandi, rimanevano lì, imbambolati.
Non sono capace di fare un cazzo, ringhiò, al pensiero, neanche di andarmene da questo fottuto cimitero.
Un altro ringhio, molto più forte, e in preda alla rabbia Sasuke urlò, tirando calci e pugni, sbattendo impetuoso le mani contro il volante. Urlò forte, sfogò la sua rabbia, il suo dolore, le sue lacrime, le sue urla, perché sì, era rimasto imperterrito ad osservare gli altri sfogarsi, mentre lui non si era mai lasciato andare veramente. E adesso, fra urla disumane e ringhi animaleschi, Sasuke Uchiha si stava abbandonando al dolore, alla disperazione, alla rabbia pura verso tutte quelle ingiustizie che continuavano ad abbattersi con vigore su di lui. E poi due braccia lo avvolsero, all’improvviso, ed erano fredde e accoglienti allo stesso tempo. Le braccia lo attirarono a lei, interrompendo quella violenza, e lui abbracciò quelle braccia, quel corpo bagnato, si lasciò andare fra i suoi capelli umidi, fra i vestiti sgualciti. Hinata era rimasta lì, a guardare comprensiva quello sfogo, unico pubblico di quello spettacolo incredibile, e poi aveva raccolto i pezzi di lui e li aveva avvolti in una carezza lenta e morbida. Aveva ascoltato i suoi forti singhiozzi, il pianto bambinesco e infantile, quel corpo forte e così fragile contro il suo, il naso che tirava vigorosamente pur di trattenersi. Stringeva un uomo o un ragazzino? Sfogava una morte... o tutte quelle della sua vita?
Lo aveva abbracciato, e si erano stretti l’un l’altro nell’abitacolo di quella vettura, per un attimo incuranti del resto del mondo fuori. Era dura, lo sapevano e non serviva dirselo, era dura affrontare tutto quel dolore, era dura lasciare Naruto lì, a marcire, separarsene, dopo anni. E Sasuke allora si era aggrappato a lei, intersecando le sue dita affusolate con i capelli bagnati e lisi di lei, eppure ancora bellissimi, di quel colore rubato alla notte e alle stelle fulgide.
Hinata aveva avvolto le sue spalle e se le era strette contro il petto, immaginando appartenessero a qualcun altro, ma il profumo maschile era così diverso da quello che conosceva, troppo per confonderli. Aveva spinto la sua nuca contro il proprio collo, tentando invano di aiutarlo, come stava cercando di fare lui con lei. Un abbraccio stretto e bisognoso, disperato.
<< Come faremo, Hinata? >> chiese, le lacrime di entrambi e bagnargli la pelle << Come faremo a vivere? >>
 
 
 
<< E’ già passata una settimana dai funerali di Naruto Uzumaki Namikaze, leader degli Origins, che si è spento nell’ospedale principale di Tokyo a causa di un’irrisolvibile tumore al cervello. Il gruppo, chiuso in un ligio silenzio, continua a ricevere generi di conforto da parte dei milioni di fan conquistati dalla calda voce del defunto, e… >>
Hinata spense la tv con un gesto stanco e sbrigativo.
Era rimasta chiusa in camera sua per tutto quel tempo, a cercare il vano profumo di Naruto fra le lenzuola e i cuscini, sui vestiti nell’armadio, sugli asciugamani in bagno. Non era mai uscita, né per mangiare né per bere, a stento si alzava dal letto. Numerosi erano i telegiornali che parlavano del suo Naruto, addirittura dei giornalisti si cimentavano in assurde indagini e in tentativi di interviste sempre diniegati. Si era vista arrivare Shikamaru e Kiba, mettendo radici in casa sua, quasi lo stesso per le sue amiche. Sasuke invece era scomparso la notte stessa del funerale, e Itachi era riuscito a dire soltanto che il suo otouto era andato via "per fare ciò che Naruto aveva sempre tanto desiderato", girare il mondo. 
Brutto bastardo, continuava a pensare, anche troppo debole per essere arrabbiata, mi hai abbandonato!
Sul comodino sostava ancora la lettera scritta dal biondo per lei per quando fosse morto, ancora sigillata nel proprio involucro, insieme ai suoi diari, che mai e poi mai avrebbe avuto il coraggio di leggere. Fosse per lei, sarebbero rimasti lì per mesi, anni. Non importava. Niente importava più.
Non aveva mangiato niente – da giorni – eppure le veniva ancora da vomitare. Si alzò lentamente, in preda ad un conato, ma quasi subito ricadde su se stessa, povera di forze. Sentì qualcosa scivolarle lungo le cosce e si rese conto che era sangue nello stesso secondo in cui una seconda fitta al ventre la travolse. E allora si ricordò, ricordò tutto ciò che aveva messo da parte in quelle settimane per tentare di dimenticare tutto e tutti, di dimenticare di vivere, e urlò forte. Perché c’era ancora, c’era ancora e doveva continuare ad esserci, il motivo per vivere.
Hanabi spalancò la porta in preda allo spavento.
<< Hana… chiama… chiama l’ambulanza. >> mormorò, sul punto di svenire, mentre la vista le si offuscava << Sono… sono incinta. >>
E si accasciò sul suo stesso sangue.







 

Toc toc.
Disturbo? Sono quella matta dell'autrice di questa storia, che adesso 
scriverà un poema nelle note. Pronti? Da cosa comincio? Spiego il finale.
Tutto quello che voi temevate, è successo. Naruto è morto. E' sepolto. 
Tutto gira attorno a lui, al suo viaggio verso il paradiso dove "
L’orizzonte m’inghiottirà
Forse per metà .... L’altra resterà…." da qui la prima canzone, che
fa spesso riferimento alla "mama", "mama, puoi sentirmi adesso", nel senso
che sono più vicini. L'altra canzone è un tributo dedicato a Hinata da parte
di Naruto, non so perchè "Lasciami dormire" mi ha sempre fatto pensare
alla morte, e poi io la amo tantissimo, così eccola qui. Cosa è successo agli altri
personaggi? Analizziamo attraverso Sasuke e Hinata quelle che sono le diverse
reazioni. C'è chi non vuole crederci, che si aggrappa alla speranza con tutte le
proprie forze, e chi è stanco di soffrire e vuole lasciare andare. Questo è
evidenziato soprattutto negli ultimi paragrafi, dove prima Hinata si sfoga, piange,
poi non piange più, parla con i morti, ripensa ai tocchi di Naruto, ai loro istanti.
Poi invece c'è Sasuke, che da sostegno agli altri, che non ha tempo di piangere,
che semplicemente si chiede il perchè, ma che alla fine scoppia, e piange tutti
i suoi morti, aggrappandosi a chi meglio può capirlo, Hinata. Tutti però lo ricordano,
indossando qualcosa di Naruto o semplicemente del suo colore preferito. Fine spiegazione.
Adesso, spoiler. Cosa conterrà il sequel? Perchè sì, sto scrivendo già il terzo capitolo.
Innanzitutto, il finale di questo lascia molte cose in sospeso. Sasuke scappa. Hinata è incinta.
Il bambino ci sarà o lo perderà? Vedrete. Sasuke tornerà? Vedrete. E gli Origins?
A... qui viene il bello. Perchè gli Origins non ci saranno più, ma questo non vuol dire
che non ci sarà musica, anzi.... anzi... anzi! Solo che sarà musica un tantino diversa, e spero
che vi fiderete di me, come avete fatto in molti adesso. Viaggeremo con musica inglese, gente,
proprio soft: Evanescence, Serj Tankian, System of a down. Il modo ve lo faccio immaginare.
E ci sarà anche musica classica, con Ludovico Einaudi! E i Negrita non mancheranno, rrrr.
Vi chiedo solo di fidarvi di me perchè finirà bene, davvero. FIDATEVI!
Eeeeee adesso... i ringraziamenti. E di persone ce n'è una marea, ed un bene, GRAZIE!
Ringrazio tutti i lettori, perchè siete tantissimi ad ogni capitolo, e wow. Vi invito soltanto a 
farmi sapere perchè mi leggete, ecco tutto, perchè io non lo capisco! Ringrazio tutti coloro
che mi hanno inserito nelle seguite, ricordate e preferite. Oltre 200 in totale.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione. Ringrazio Puffin, che mi ha
fatto morire dal ridere e con cui ho sempre avuto un ottimo confronto. Dal profondo del cuore,
Ringrazio Beckill, hisui fangirl, frisifra, Lizzie1096, crazyfrog95, Marie_, Radiohead, Naruhina 4ever,
AlexRae00, Lexi, Asari_kun, Narutiana_Mary, farshfid e tanti altri, mi dispiace se non vi cito
tutti, ma siete tantissimi!!! 
Infine devo ringraziare krosty, a cui ancora non ho risposto alla recensione, ma che con mio grande
stupore mi ha suggerito per le storie scelte. Non ho parole. Grazie.
Devo ringraziare Selene Potter93, per lo stesso motivo, e perchè nei pochi messaggi che ci siamo
scambiate mi ha dato fiducia in me e una carica impressionante. Non avrei mai creduto di riuscire
dove mi dici che sono riuscita, quindi grazie, di cuore. !
Infine devo ringraziare la mia dolcissima Arcx, il mio angelo custode, che condivido con tanti altri
autori qui su Efp, e di cui sono un tantino gelosa n.n sei stata la prima a credere in me, a suggerirmi
per le scelte, a consigliarmi, a picchiarmi le mani quando sbagliavo (ahah), con cui ho avuto un 
confronto serio e alla pari... e essere alla pari con te è un successo enorme, quindi GRAZIE!
GRAZIE A TUTTI, DAVVERO. E tornerò, fra qualche settimana, tanto lo sapete che non resisto
senza di voi, devo aggiornare. Ah, sì.... La nuova storia si chiamerà " Occhi Paradiso " !  
 A presto,
Tomoko.

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