Devi essere indipendente

di saffyj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita da incubo ***
Capitolo 2: *** Una vita fantastica ***
Capitolo 3: *** La mancia ***
Capitolo 4: *** Buone notizie ***
Capitolo 5: *** Giornate Strane ***
Capitolo 6: *** Quegli Occhi ***
Capitolo 7: *** Nuove Amicizie ***
Capitolo 8: *** Tanya ***
Capitolo 9: *** Il regalo per Jacob ***
Capitolo 10: *** Il Compleanno ***
Capitolo 11: *** Carlisle ***
Capitolo 12: *** Convalescenza ***
Capitolo 13: *** Bentornata Alice - 1° parte ***
Capitolo 14: *** Bentornata Alice - 2° parte ***
Capitolo 15: *** Casa Nuova ***
Capitolo 16: *** Brusco Risveglio ***
Capitolo 17: *** La festa di Rosalie ***
Capitolo 18: *** Peter, L'amico fotografo ***
Capitolo 19: *** L'uomo dell'anno ***
Capitolo 20: *** Il Dossier ***
Capitolo 21: *** Riemergere ***
Capitolo 22: *** Mr. Swan ***
Capitolo 23: *** Ritrovarsi... o quasi ***
Capitolo 24: *** Convivere con i puzza-sotto-il-naso ***
Capitolo 25: *** Ritorno al lavoro ***
Capitolo 26: *** Di Nuovo Disoccupato! ***
Capitolo 27: *** Punti di Vista ***
Capitolo 28: *** Festa della mamma ***
Capitolo 29: *** Compleanno di Alice ***
Capitolo 30: *** Tutto va come deve andare ***
Capitolo 31: *** La serata più bella della mia vita? ***
Capitolo 32: *** Punto a capo! ***
Capitolo 33: *** Tutto è bene ciò che finisce bene ***



Capitolo 1
*** Una vita da incubo ***


Ciao a tutti! Eccomi qui, con una storiella un pò particolare.
Ho letto tantissime FF dove Edward è ricco e Bella è una ragazzina buona. 
Mi sono "innamorata" di ogni Edward che ho letto nelle FF, però poi mi sono posta una domanda: facile innamorarsi di un uomo che ti ricopre di regali e protezione, e se non fosse ricco ma solo innamorato?
Beh! questo racconto è la mia risposta!
 Ho voluto provare a cambiare un pò le carte... non odiatemi! Spero vi piaccia!!!! 




“Devi imparare ad essere indipendente… devi partire dal basso per arrivare in alto … devi lavorare prima di gestire…” … le parole di mio padre continuano a riecheggiarmi nel cervello, mentre mangio nervosamente le pellicine delle unghie appoggiata ad un mobile nell’angolo più nascosto del ristorante New Moon.
 
Io, Isabella Mary Swan, obbligata a servire ai tavoli, come una poveraccia, nel ristorante di mio padre… quindi anche il mio! Inaudito!
 
Dopo l’ennesimo estratto conto stellare della mia carta di credito, mio padre, Charlie Swan, aveva perso completamente le staffe e, secondo me, anche il cervello.
Mi aveva tagliato la carta di credito sotto gli occhi, non erano bastate le mie lacrime e le mie suppliche. Lentamente e con un sorriso sadico sul volto, aveva tagliato in due la mia adorata compagna di shopping. Il mondo mi era crollato addosso nello stesso momento in cui la metà della carta aveva toccato la scrivania in mogano di mio padre.
Ma come aveva potuto fare una cosa del genere alla sua adorata unica figlia? Cosa c’era di tanto sbagliato nello spendere 15.000 dollari in un vestito o 8.000 dollari in scarpe? Quelle scarpe, per di più, erano bellissime e mi stavano divinamente! Padre senza cuore!!!
E così, dopo una lunga strigliata e tantissimi tagliuzzamenti, mi ritrovo in questo squallido ristorante obbligata a lavorare!
Mi ha tagliato le carte, congelato il conto e tolto ogni comodità. “Tranquilla, hai un tetto sulla testa e il cibo assicurato!” ha detto con la voce gentile e accarezzandomi i capelli come faceva quando ero bambina. “Mi ringrazierai!” aveva pure avuto il coraggio di aggiungere! MI RINGRAZIERAI? Mi ringrazierai di cosa?
La divisa è oscena, le scarpe andavano di moda circa dieci anni fa, sono obbligata a legarmi i capelli e devo servire i clienti… ringraziarlo? Era impazzito!
 
“BELLA” l’urlo arrabbiato di Jessica mi fa ridestare da quei pensieri.
“Che diavolo stai facendo? Abbiamo la sala piena e tu stai qui a mangiarti le unghie?” mi sbraita con lo sguardo adirato e le braccia puntate sui fianchi. “Muovi le gambine e vai a fare il tuo lavoro o ti licenzio!”
Ma come si permette? Sono io la titolare, semmai io la licenzio! Come si permette a darmi ordini?
 
Sbuffo girandomi verso il muro e continuo a mordermi le mani. Se lo può scordare! Io in sala non ci metterò mai i piedi, non servirò nessun cliente! Mi ci hanno portata a peso qui dentro, ed è già tanto che non me ne torni a casa… che gli basti la mia presenza! Di sicuro non lavorerò come una servetta!
Lo scatto di un telefono mi fa voltare.
“Nessun problema, chiamo tuo padre” mi minaccia componendo il numero.
Se perdi il lavoro, ti toglierò anche la casa!  Le minacce di mio padre mi riecheggiarono nelle orecchie. Tremo al pensiero di vivere sotto un ponte e, prendendo una grande boccata d’aria, drizzo le spalle e mi dirigo con passo pesante verso la sala, verso la mia maledizione!
“Brava! E mi raccomando, non dimenticare di sorridere!” mi schernisce la malefica Jessica trattenendo una risata.
 
La sala è piena, i camerieri corrono come dei forsennati e il vociare dei clienti mi fa girare la testa.
“Mi porti questo al tavolo otto?” mi chiede sorridendo un cameriere e, senza attendere risposta, mi mette un piatto nelle mani prima di sparisce in cucina.
Tavolo otto, tavolo otto… e che cavolo ne so dove è il tavolo otto.
Inizio a cercare sui tavoli il segnalino con i numeri… tavolo venti, tavolo diciotto, tavolo quattordici…
“E’ nella saletta!” mi urla nell’orecchio il cameriere mentre si dirige a passo spedito verso la sala grande.
Sbuffo. Imprecando contro mio padre, mi dirigo nella saletta, il peggior posto di tutto il ristorante. Il luogo dove gli operai grezzi e sporchi si siedono per mangiare in pausa pranzo. Bleach!
Trattengo il respiro per non sentire la puzza di sudore e calce che emanano quelle persone e mi metto alla ricerca del famoso tavolo otto.
La saletta è piena, tutti parlano e ridono sguaiatamente. Un ragazzo mi chiama ed io mi stringo nelle spalle spaventata. Cosa vuole un grezzo operaio da me?
“Signorina, signorina. Mi scusi. Può portarmi l’acqua” dice indicando la bottiglia vuota che tiene in mano.
Tiro un sorriso e annuisco per fargli capire che ho sentito e poso il piatto sul tavolo otto.
“Sono le lasagne?” chiede un ragazzo con la salopette sporca di vernice seduto dal lato opposto del tavolo otto.
“Si” rispondo con l’ultima aria che ho in corpo, e torno in apnea.
“Allora sono per me” mi comunica con un sorriso. Ringraziando, non ha i denti sporchi come l’abbigliamento.
“Ok” rispondo dandogli la schiena e fuggendo fuori da quella stanza maleodorante per poter riempire i polmoni, ormai doloranti, di ossigeno.
“Devi posare il piatto davanti alla persona che lo ha ordinato” mi aggredisce Jessica sbarrandomi l’uscita e alza il braccio con fare perentorio indicandomi di tornare indietro a finire il lavoro. Scuoto la testa frustrata e trattengo di nuovo il respiro. Mi avvicino al tavolo per dare il piatto al ragazzo, ma sta già gustandosi le lasagne chiacchierando con i colleghi.
Grugnisco di rabbia e corro fuori dalla saletta schivando Jessica che è rimasta ferma sulla porta per controllare il mio lavoro.
“Signorina” mi chiama altezzosa.
“Isabella” rispondo girandomi infastidita.
“Isabella. O fai il lavoro come si deve o sono obbligata a chiamare tuo padre”
“Ok” rispondo con un ringhio e mi giro velocemente maledicendo sempre più mio padre e il suo sadismo. Jessica è una strega e mio padre un mostro, normale che si capiscano.
 
“Porta questo al tavolo venti” mi ordina il ragazzo appena sono nuovamente nella sala grande.
Ancora! Ma non se li può portare lui i suoi piatti? Per chi mi ha presa?
Non mi dà il tempo di replicare che è già volato in sala lasciandomi il piatto di carne nelle mani.
Respiro profondamente per non esplodere dalla rabbia e mi drizzo nelle spalle.
Appena mi avvicino al tavolo venti poso il piatto a lato del tavolo e mi giro. Gli occhi diabolici di Jessica mi fulminano ed io mi rigiro con un sorriso teso.
“Per chi è l’anatra all’arancia?” attendo, trattenendo il nervoso, che qualcuno mi consideri.
Un signore, con fare snob, mi fa cenno con la testa. Prendo il piatto e glielo poso di fronte.
“Buon appetito” auguro con il mio miglior sorriso finto, guardo la mia carceriera che mi fa un cenno con il capo e mi mima un muto “Brava” con le labbra.
L’ora di pranzo continua così, non riesco a nascondermi perché quel maledetto cameriere continua a riempirmi le mani con i piatti indicandomi a quale tavolo devo servirli.
Finisco il turno con i piedi gonfi e le gambe stanche, ho anche male alle braccia a forza di portare quei pesantissimi ed enormi piatti. Devo dire a mio padre di sceglierli più leggeri. Mi cambio stringendo i denti per i dolori e cerco di rilassarmi con il silenzio che regna nello spogliatoio.
“Grazie!” la voce del cameriere maledetto mi fa sobbalzare. Mi giro inviperita per capire con chi stia parlando, disturbando il mio relax.
“Grazie!” ripete guardandomi negli occhi e sfoggiando un ampio sorriso.
“E di cosa?” chiedo acida.
“Per l’aiuto di oggi! Non sapevo più cosa fare per prima. Oggi c’è stato il pienone… bla bla bla” e continua a parlarmi, come se mi potesse interessare. Lo guardavo per cortesia, ma nel mio cervello continuo a sperare che smetta. E’ fastidioso.
Non so quando smette di parlare, me ne accorgo solo perché mi saluta uscendo dalla stanza. Finalmente!
Mi infilo le scarpe imprecando e maledicendo mio padre. Lo sfioramento delle calze sulla mia pelle arrossata è dolorosissimo e, lentamente, facendo attenzione a come appoggio i piedi, lascio finalmente il locale.
Uscita dal New Moon, alzo la mano per chiamare un taxi. Si avete campito bene! Un taxi, perché il mio caro paparino non si è limitato a togliermi le carte ed i soldi, mi ha anche vietato di usare le sue auto ed il suo autista. Io, Isabella Mary Swan, abituata a limousine e guardie del corpo, obbligata a salire su un mezzo pubblico da sola!!!!
Salgo mettendo lo scialle sulla seduta, non voglio sporcarmi con quel sudicio sedile! Dò l’indirizzo al taxista e rimango tesa, cercando di toccare il meno possibile, fin quando non arrivo al mio nuovo appartamento.
Dopo la litigata, mio padre mi ha obbligato a venire a vivere, come sistemazione momentanea ovviamente, in questo squallido appartamento nel Greenwich Village, il quartiere degli artisti per alcuni, il quartiere dei poveri per me. E’ piccolo in confronto a Villa Cullen, situato nella splendida Upper East Side, ha solo la zona giorno open space al primo piano e cinque camere e lo studio con annesso bagno personale al piano superiore. La mia vecchia camera da letto era più grande della zona giorno di questo stupido appartamento! “E’ più vicino al ristorante” si era giustificato, ma io sapevo che lo aveva fatto solo per non vedere la mia faccia e per non sentire più le mie suppliche. Maledetto!
Entro mugugnando mentre mi libero delle scarpe e le lancio con rabbia al centro della sala.
“Bentornata Miss” mi saluta la domestica, Carmen, schivando la scarpa destra.
“Mpf” rispondo iniziando a spogliarmi mentre mi dirigo verso la mia adorata vasca idromassaggio… l’unica cosa positiva di tutto l’appartamento!
Mi spoglio e mi immergo con piacere in quel fantastico e rigenerante specchio d’acqua.
Le bollicine mi massaggiavano divinamente ed il calore dell’acqua sembra lenire i dolori che provo in ogni singolo muscolo. Mi lascio cullare dalle note dello stereo e mi rilasso nella vasca.
 “Signorina, la cena è pronta” mi avvisa la domestica da dietro la porta del bagno.
Mugugno irritata. Come si permette di disturbarmi in un momento così paradisiaco?
Maledico nuovamente mio padre uscendo da qual paradiso. Chiamo la domestica per asciugarmi ed acconciarmi i capelli e mi vesto per la cena.
Il profumo che proviene dalla cucina è buonissimo e risveglia la fame che non avevo avvertito fino a quel momento.
“In veranda” specifico alla domestica mentre mi dirigo verso il tavolo esterno.
Mi riprepara la tavola in veranda e mi serve la cena… sarà stato l’effetto del bagno prolungato, ma ogni portata è veramente squisita e divoro ogni piatto.
 
Terminata la cena mi fiondo in camera per telefonare alla mia migliore amica Rosalie. E’ solo un giorno che non la vedo, ma già mi manca, come mi manca la mia vera vita!
Parliamo tantissimo e, sentire la sua voce, mi riporta il buon umore. Mi racconta la sua splendida giornata, passata tra shopping e chiacchiere con gli amici di sempre, ed io ascolto rivivendo nei suoi racconti… speriamo che mio padre rinsavisca in fretta!
 
Mi sveglio ancora dolorante. La notte non ha portato nessun beneficio. Le braccia sono pesanti e i miei poveri piedi, appena li appoggio sul pavimento, ricominciano a farmi male. Cammino lentamente, appoggiandomi al muro e mugugnando verso la cucina dove il profumo mi avvisa che la colazione è pronta. 
“Posso aiutarla Miss?” mi chiede la domestica accorgendosi del mio passo dolorante.
“NO” le urlo frustrata. Può aiutarmi solo imprestandomi i suoi piedi, ma ovviamente non può farlo, quindi la sua proposta è superflua! … Però…
“Chiama in ristorante e avvisa che non vado a lavorare perché sono malata.” Le ordino mentre mi serve le frittelle. “FALLO” le urlo vedendo che non si muove, ma mi guarda imbarazzata.
“Non posso Miss” sussurra abbassando il capo.
“COSA?”
“Non posso telefonare al ristorante. Deve andare al lavoro. Così mi ha ordinato suo padre” continua sussurrando.
“PARLA PIU’ FORTE”
“Non posso. Suo padre non me lo permette.” Ripete con voce più alta, ma continuando a non guardarmi.
“Non mi interessa cosa vuole mio padre. Ho male ai piedi, non posso andare! CHIAMA O SEI LICENZIATA” le ordino minacciandola con la forchetta.
“Suo padre mi licenzia se telefono. Ma se mi permette, ho la soluzione per il suo problema” si osa rispondermi.
“Cosa aspetti? Risolvimi il problema o chiama in ristorante!” le dico gettando frustrata la forchetta nel piatto.
Scompare nella lavanderia e ritorna con una bacinella piena di acqua fumante e dei sali. Mi fa accomodare sul divano e immerge i miei piedi in quell’intruglio.
“Wow” esclamo per la fantastica sensazione di benessere che risalendo dai piedi mi invade tutto il corpo. Mi rilasso con gli occhi chiusi e appoggiando estasiata la testa sullo schienale del divano. In paradiso, sì, sono in paradiso!
Termino colazione lasciando i piedi in ammollo e mi rilasso sul divano guardando il soffitto. Fantastico. Io da qui non mi muovo… no, no, non mi muovo!
“Miss, deve prepararsi!” mi disturba la domestica entrando in sala con la mia odiata divisa tra le mani e, raccapriccio, con le scarpe maledette.
“No” dico incrociando le braccia al petto e imbronciandomi.
“Miss. Per favore” chiede gentilmente mentre posa i vestiti vicino a me.
“No, ho male ai piedi” e lancio l’abbigliamento lontano da me.
Non rispose, raccoglie la divisa e mi toglie i piedi dall’acqua asciugandoli delicatamente.
“Come ti permetti?” le ringhio.
“Devo metterle la crema e si ricordi che tenere troppo i piedi in ammollo le rovina la pelle” non sia mai che la mia delicata pelle venga sciupata!
Mi massaggia i piedi con la pomata e mi infila delicatamente le calze. Provo ad infilare le scarpe, mi fanno ancora male, ma il dolore è accettabile. “Potevi cercare un rimedio migliore” la rimprovero mentre esco di casa sbattendo la porta. Una misera domestica che mi costringe a lavorare… la vorrei licenziare, ma è mio padre che comanda, e Carmen è la sua domestica preferita, quindi è una battaglia persa!
 
Arrivo in ristorante e con mia grande gioia lo trovo completamente vuoto! Fantastico! Oggi non devo correre ed i miei piedi sono salvi.
“Ciao! Potresti preparare i tavoli 6 e 7? Grazie” mi accoglie il cameriere sfruttatore del giorno prima, mentre mi passa davanti diretto alla sala grande.
“E perché?” gli chiedo stranita, mentre mi accomodo sullo sgabello del bar e ordino un caffè.
Mi guarda confuso e poi scoppia a ridere scuotendo la testa prima di correre verso la sala grande.
“Cosa diavolo stai facendo?” mmmmh, di nuovo la strega. “Perché non stai preparando i tavoli?” mi chiede con le fastidiose braccia puntate sui fianchi.
“Perché non è compito mio” rispondo tranquilla continuando a sorseggiare il caffè. Quando quel sadico di mio padre mi ha mandato a lavorare nel ristorante mi aveva detto che dovevo servire ai tavoli. Punto! Mica prepararli o fare altro!
La strega scoppia a ridere isterica.
“Signorina! E’ uno dei tuoi compiti! Alza il culetto e vai a preparare la sala che tra venti minuti apriamo!”
La guardo spaesata. Forse si è drogata o ha bevuto. Io, Isabella Mary Swan, non mi sarei mai abbassata a ripreparare i tavoli o scopare per terra come Cenerentola! Assolutamente!
La strega, con un ghigno malefico prende il cellulare.
No, no, no, non ti permettere! Mi alzo come una furia e glielo strappo di mano!
“Ma… cosa!” balbetta sorpresa, ma in un niente si riprende e si fionda sul telefono fisso. Mi sfida con lo sguardo e digita, premendo con forza i tasti, il numero di mio padre.
“Mr Swan…” dice con voce mielosa e guardandomi vittoriosa.
Cavolo, noooo! Le restituisco immediatamente il cellulare e mi dirigo verso la saletta maledicendola.
“… mi scusi, tutto risolto. Buona giornata!” Le sento dire mentre varco la porta della saletta.
 
Le finestre sono aperte, fantastico, nessun cattivo odore. Mi dirigo verso i tavoli ed inizio a guardarmi intorno. Nessun tavolo è preparato… non c’è nulla a vista… che diavolo devo fare? Da dove comincio?
“Hai bisogno di una mano?” chiede sorridente il cameriere sfruttatore entrando nella saletta.
Annuisco con la testa mentre lo seguo con lo sguardo verso un mobile bianco addossato ad una parete vicino alla finestra.
Prende le tovaglie e inizia canticchiando a ripreparare la sala. Rimango ferma sperando che si dimentichi di me, in modo da fargli ripreparare a lui i maledetti tavoli, ma purtroppo se ne accorge e con un sorriso mi invita ad aiutarlo.
Io mi domando: che cavolo ha da sorridere? E’ un umile cameriere che deve servire le persone per una paga misera. E non solo sorride, ma pure canta. Sarà anche lui un drogato o un alcolizzato… boh!
“Le tovaglie sono nel mobile” dice gentilmente facendomi ritornare al presente.
Non rispondo e battendo i piedi mi dirigo verso il mobile a prendere le tovaglie. Le stendo sui tavoli, ma sono piccole, troppo piccole.
“Ma come diavolo!” ringhio mentre maltratto la stoffa gialla.
Scoppia a ridere e, con una tovaglia più grande, si avvicina e la sistema sul tavolo.
“Quelle piccole sono per i carrelli, quelle grandi per i tavoli”
Annuisco e, copiando i suoi movimenti, preparo il resto dei tavoli. Ovviamente senza dimenticare di maledire mio padre e il suo sadismo.
“Perfetto!” esclama compiaciuto lo sfruttatore rimirando la sala. Seguo il suo sguardo e non capisco a cosa si riferisca. La sala ovviamente è perfetta, è stata arredata da mia zia, arredatrice di fama mondiale, ed il suo gusto è sublime, ma non capisco cos’abbia quel misero cameriere da sentirsi soddisfatto, mica l’ha arredato lui quel locale!
“Mi chiamo Jacob Black” si presenta il ragazzo allungandomi una mano.
“Isabella Mary…” gli rispondo, omettendo volutamente il cognome, e guardo con disgusto la sua mano alzata. Non penserà mica che gliela stringa? Sicuramente sarà ruvida e mi potrebbe rovinare la pelle.
Sfoggio la mia miglior faccia indignata ed esco dalla saletta per dirigermi verso la sala grande dove Rosalie sta impartendo gli ultimi ordini e assegnando i tavoli ai camerieri.
“Tu oggi servirai nella saletta” dice guardando nella mia direzione. Mi volto verso il ragazzo, ma lui scuote la testa negando e mi indica con l’indice.
“IO?” chiedo incredula.
“Sì, tu. Isabella!” mi conferma la strega con un sorriso compiaciuto.
“E perché?”
“Tu lo sai” risponde semplicemente ed il che significa “tuo padre vuole così” perfetto… e lui spera ancora che io un giorno lo ringrazierò. Già tanto che non mi fiondo da lui per ucciderlo. E’ lui che deve ringraziare me perché mi trattengo dal strozzarlo!
Vedo gli altri camerieri dirigersi verso le loro postazioni ed io, digrignando i denti, vado nella maledetta e puzzolente saletta …. Maledetto mio padre!!! Maledetta Jessica!!!

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Capitolo 2
*** Una vita fantastica ***


Ciao a tutti!!! Grazie a tutti coloro che hanno già aggiunto la mia storia nei preferiti!
E per ringraziarvi, non vi faccio aspettare e pubblico subito il secondo capitolo!!!
I capitoli saranno alternati. uno di Bella ed uno di Edward!
Buona lettura


POV EDWARD

Caspita, come tutte le mattine sono di nuovo in ritardo! Merda, merda!!!
Corro come un forsennato verso l’autobus solo per vederlo partire. Mi sembra che lo sbuffo dello scarico mi derida dicendomi “Alla prossima!!!”.
Ringhio e tiro un calcio al palo. Vorrei anche tirare un pugno, ma oggi è la mia seconda settimana di lavoro e se mi presento con una mano fasciata, sicuramente sarà l’ultima.
Inizio a correre verso il cantiere, sperando di trovare un altro autobus o un miracolo.
Arrivo con mezz’ora di ritardo e con il fiatone. I polmoni sono in fiamme e le gambe tremano per lo sforzo. Cerco di riprendermi e, con fare noncurante, mi dirigo verso l’area nel quale ho lavorato per tutta la settimana.
“CULLEN” la voce mi fa drizzare i capelli. Merda! Mi ha beccato.
“Signore” dico girandomi lentamente e sfoderando il mio miglior sorriso.
“Non ha un orologio?” mi chiede avvicinandosi minaccioso.
“Ehm! Mi scusi signore” rispondo toccandomi, senza farmi notare, il polso. Effettivamente non ho un orologio, ma so che non voleva realmente chiedermi se lo avessi.
“Le scuse non servono, non so che farmene! Se vuoi tenere il lavoro, oggi non verrà contato nella busta paga… e se non ti va bene sei LICENZIATO!” mi minaccia con le braccia incrociate al petto e battendo nervosamente il piede destro sullo sterrato.
“Lavoro gratis, signore” rispondo abbassando il capo.
“Perfetto! Allora muoviti”
“Grazie signore” rispondo mordendomi la lingua. Una giornata gratis non è sicuramente il massimo, in particolar modo questa settimana, però comprendo che è meglio un giorno non pagato che rimanere disoccupato.
“Oggi sei con Sam. Segui i suoi ordini e non farmi pentire di averti tenuto!” e senza aspettare risposta mi dà le spalle e ritorna nella casetta di metallo.
Non me lo faccio ripetere e corro velocemente verso Sam prima che cambi idea e mi licenzi.
Mentre cerco il settore di Sam mi segno mentalmente di posizionare la sveglia mezz’ora prima.
 
“Cullen!” mi saluta Sam felice di vedermi.
“Oggi sono con te. Da dove comincio?” chiedo guardando l’enorme muro di cemento che mi si para davanti.
“Parti da quel lato e poi vieni verso di me. Ci troviamo nel mezzo. Mi raccomando. Non diluire troppo il colore o siamo obbligati a rifare il lavoro”
Porto la mano alla fronte mentre batto i talloni come un militare e mi dirigo verso il bidone delle vernici.
Mescolo il colore e penso a come sarebbe bello poter colorare quel gigantesco muro con colori vivaci, con le bombolette… chiudo gli occhi e riesco a vedere il murales.
Una bellissima vista dell’oceano con una palma sul lato destro e un cane, sul surf, con gli occhiali da sole che sorridente fa l’occhiolino… si, lo so, un cane non ammicca e non porta gli occhiali, ma i miei murales sono sempre un po’ fuori dalla realtà.
Sospiro e, con buona voglia, mi arrampico sull’impalcatura per iniziare a lavorare.
Fischietto felice e, mentre spennello, immagino il prossimo murales. So già dove farlo ed il soggetto… Alice ne sarà entusiasta!
 
“Mi raccomando ricordati il panino!”  Le raccomandazioni di mia sorella mi riecheggiano nella mente insieme al borbottio dello stomaco. Merda! Il panino. Nella fretta me lo sono dimenticato sul tavolo della cucina! Perfetto!! Oltre che a lavorare gratis, oggi mi tocca pura pagare il pranzo o saltarlo a piè pari! Perfetto!!!
“Cullen… pausa pranzo!” mi urla Sam da sotto come se mi avesse letto nei pensieri.
“Finisco ed arrivo!” gli rispondo cercando nelle tasche se ho il portafoglio, bene, almeno quello non l’ho dimenticato.
“Dai, forza, che ho fame… oppure ti fermi qui e mangi un panino?” beh, l’idea era quella, ma credo che oggi il Signore abbia deciso di prosciugare le mie tasche.
“No, aspettami. Vengo con te” e dando un’ultima occhiata al lavoro svolto mi dò la spinta per scendere dall’impalcatura.
 
“E’ un ristorante carino. Si mangia bene e da poco hanno iniziato a fare il menù di lavoro a prezzo fisso…” mi spiega Sam mentre ci incamminiamo.
“E a quanto ammonta il prezzo fisso?” chiedo sperando di aver abbastanza soldi.
Scuote la testa, dandomi una pacca sulla spalla “Tranquillo, oggi offro io!”
Mi blocco e lo guardo meravigliato.
“Finalmente mia suocera è tornata a casa… voglio festeggiare” e continuando a ridere entra nel locale.
Lo seguo e l’arredamento raffinato e perfetto del locale mi mette in soggezione. Chiedo conferma a Sam di essere nel locale giusto e lui, come risposta, mi prende per il braccio trascinandomi nella seconda porta del ristorante. Non passiamo nemmeno per l’entrata, è una saletta a parte. Divisa dal locale di lusso principale. Ha i bagni separati, l’ingresso separato e l’entrata dei camerieri separato… sì, è il classico locale di lusso che per mettersi la coscienza a posto ha messo a disposizione degli operai un’ala separata… non sia mai che ci mischiamo con la borghesia!
Entro nella saletta e il chiacchiericcio allegro mi allontana dalla rabbia che mi stava assalendo.
Sì, la rabbia di come quegli snob ci considerano. Sembra che ai loro occhi noi comuni mortali siamo solo dei noiosi e puzzolenti animaletti. Ci guardano altezzosi, senza rendersi conto che senza di noi non avrebbero le loro comodità. Senza il muratore non avrebbero le loro case di lusso, senza il giardiniere non avrebbero i loro giardini perfetti, senza il cameriere non avrebbero il cibo pronto e servito… ma fa nulla, sarà che i soldi annebbiano il cervello… io di soldi non ne ho, ma almeno il cervello… beh, senza modestia, quello ce l’ho e ben funzionante!
Mi siedo al tavolo insieme ai colleghi che ridono di qualche aneddoto che mi sono perso… sono simpatici, allegri e di compagnia.
Appena Sam racconta della suocera tutti alzano i calici e brindano alla sua fortuna. Sono muratori, carpentieri, elettricisti, imbianchini… gente semplice, gente felice.
Non bisogna nemmeno ordinare. Il menù è fisso non solo nel prezzo, ma anche nella scelta. Quindi, mentre mi perdo nei discorsi dei miei colleghi, i piatti mi vengono serviti ed io mi sento un re. Nessun pensiero, solo ascoltare le storie assurde dei miei commensali e mangiare ciò che la casa propone e, posso assicurarvi, che è tutto squisito.
“Mi scusi” alle spalle una voce gelida e stizzita mi fa sussultare. Stona completamente con l’ambiente. Mi volto per capire da dove viene e con sorpresa mi ritrovo una cameriera con il piatto in mano. Non sembra felice, anzi sembra nera di rabbia. E non so se è solo un’impressione, ma sembra che trattenga pure il fiato.
“Mi scusi” rispondo spostandomi maggiormente lasciandole lo spazio per appoggiarmi il piatto davanti. Non risponde, non sorride. Posa il piatto e, come se avesse visto il diavolo in persona, corre fuori dalla sala.
Scuoto la testa e riprendo a chiacchierare gustandomi quel cibo prelibato… alla fine il buon Dio non mi odia poi così tanto!
Vorrei versarmi dell’acqua, ma la bottiglia è vuota. Vedo il cameriere e gentilmente gli chiedo di portarmene un’altra.
La bottiglia piena viene sbattuta sul tavolo facendomi sussultare e facendomi scappare “Che modi!”
“Scusi” risponde la voce gelida e, quando mi volto, un sorriso tirato attraversa il viso della cameriera adirata. Quel sorriso stona con il viso delicato, ma è così freddo e finto che riesce ad oscurare ogni altra parte della ragazza.
“Scusa, è che mi hai spaventato!” mi spiego cercando di rimediare. Non mi piace essere maleducato, in particolar modo con i camerieri. Siamo nell’ora di pranzo e loro, invece che mangiare, ci portano il cibo, è giusto portare rispetto.
Con piacere noto che il suo sorriso si ammorbidisce, ma non replica e fugge fuori dalla sala. Che tipa strana!
Il pranzo procede divinamente. Lo stomaco è pieno e la mente è libera. Mi riprometto di ritornare al New Moon il più spesso possibile. Mangiare in compagnia ed in un piatto è sempre meglio che mangiare un panino in solitaria.
 
L’orario di lavoro è terminato, ma mancano solo più pochi metri per terminare il muro. Faccio finta di nulla e continuo a spennellare, non sono sicuro di essere di nuovo assegnato a Sam domani e mi dispiace lasciare il lavoro incompiuto.
“Ehi, stacanovista! Vai a casa” mi urla Sam.
“Finisco ed arrivo” rispondo continuando a colorare.
“C’è ancora domani… forza a casa” e mi fa traballare l’impalcatura.
“Ok, ok, ho capito”
Scendo per pulire e sistemare i pennelli sperando di poter terminare il giorno dopo e non ritrovarmi di nuovo a fare il muratore o l’idraulico… preferisco di gran lunga la vernice alla calce.
Quando esco dal cantiere mi incammino verso casa. Non prendo l’autobus, voglio fare una sorpresa ad Alice!
Arrivo di fronte alla vetrina della sartoria dove lavora e mi perdo ad osservarla. Ha il sorriso smagliante e chiacchiera felice con la collega. La adoro, è il mio punto luce, il mio punto di riferimento. Vedere i suoi occhi luccicare mentre fiera controlla il lavoro svolto mi riempie il cuore di gioia.
La mia sorellina! Nonché ormai unica parente. Eh, già! Dopo la morte dei miei genitori siamo rimasti solo io e lei.
Mi mancano i miei genitori, il loro amore e le loro attenzioni. Sono morti in un incidente aereo cinque anni fa. Ero appena maggiorenne e fu una fortuna, perché Alice, ancora minorenne, mi era stata affidata ed eravamo riusciti ad evitare le casa famiglia. Non nego che i primi tempi siano stati duri. Tornare a casa e non sentire più il prelibato profumo della cena preparata da mia madre. L’odore acre delle sigarette di mio padre in sala mentre legge il libro illuminato dalla lampada. Le risate durante i pasti intorno alla tavola… ma non perdiamoci nei ricordi… siamo in salute, siamo uniti, e penso che i miei da lassù ci proteggano ed aiutino.
Sì, adesso parlo tranquillamente di quella tragedia, ma non sempre è stato così facile. I primi anni ero spaventato, triste, arrabbiato e faticavo a parlare con la gente. Vedevo le famiglie felici passeggiare spensierate nel parco e l’invidia mi invadeva.  Vedevo figli cinquantenni che accompagnavano l’anziana madre sulla sedia a rotelle che sorrideva ai nipotini. Per un anno mi sono fatto avvelenare dall’odio e dall’invidia, fin quando mia sorella non riuscì a farmi rivedere il bello della vita. Vi assicuro che nella nostra situazione, solo un raggio di luce come Alice poteva riuscire a vedere il bello, e non solo era riuscita a vederlo, era riuscita a farlo vedere anche a me. Lei non era mai venuta a conoscenza delle meschinerie che i nostri simpatici parenti ricconi avevano fatto, a me e a lei, appena i miei genitori morirono. Lo so, prima ho detto che lei è la mia unica parente e per me è così. Ho degli zii e ancora i nonni paterni, ma per me sono morti il giorno stesso in cui sono morti i miei genitori. Non sono cattivo, sono solo realista, non puoi reputare parenti delle persone che hanno sfruttato la tua fiducia in un momento difficile della vita.
Quando i miei vennero a mancare ci avevano lasciato una bella casa e un conto bancario adeguato ad assicurarci il proseguimento degli studi ed una vita agiata. Sarei riuscito a terminare il college e far studiare mia sorella, ma i miei parenti preferirono assicurarsi una maggiore ricchezza invece che aiutare due poveri orfani.
Mi ero affidato a loro dopo l’incidente e quei simpaticoni, con falsi sorrisi e parole gentili, mi avevano consigliato passi volti a lasciare tutto nelle loro mani. Nemmeno un centesimo mi avevano lasciato. Dopo un anno di trattative, avvocati etc.… qualcosa mi aveva fatto rinsavire. Ero riuscito ad accantonare il dolore per la perdita dei miei cari ed il timore di perdere anche Alice e mi ero imposto a non dar loro anche la casa. Quel giorno fu l’ultimo in cui li vidi. Mi insultarono, mi minacciarono, ma io riuscii ad uscire da quel ufficio pieno di avvocati con la casa ancora in mio possesso. L’ho venduta quasi subito, mi dispiacque perché era pregna di bellissimi ricordi, ma era troppo grande e dispendiosa. Così, con le lacrime agli occhi, la vendetti e mi comprai un appartamento piccolo e fatiscente nel quartiere degli artisti di New York, risparmiando i soldi utili per superare le difficoltà che potevano presentarsi all’improvviso. Anche se l’appartamento era piccolo, era comunque un tetto sicuro sulla testa ed un nido al quale tornare dopo una giornata di lavoro. Ovviamente gli studi furono un’utopia per me e mia sorella, ma noi siamo forti e intelligenti e siamo riusciti a rimetterci in piedi e vivere senza l’aiuto di nessuno, iniziando a creare qualcosa per noi stessi!
“Eddy!!!” nemmeno il tempo di sentire la voce che i capelli corvini di mia sorella mi coprono la visuale e d’istinto la abbraccio forte per non farla cadere. Mi stringe le braccia al collo mentre mi bacia le guance euforica… è un folletto allegro e scatenato… il Mio folletto!
“Sorpresa!” le dico allontanandola ed immergendomi nei suoi occhi felici.
“Io ho finito… ci facciamo una passeggiata?” e senza attendere risposta mi prende la mano e mi trascina verso casa. Racconta felice dei suoi nuovi vestiti e di come le clienti del negozio siano entusiaste dei suoi lavori. Mi racconta tutto nei minimi particolari, aiutandosi mimandomi ogni cosa con ampi movimenti delle braccia. Sembra che parli del suo negozio anche se è solo una dipendente. Io la ascolto e le racconto dell’ottimo pranzo che ho mangiato e del murales che il muro del cantiere mi ha ispirato.

Ridiamo e fantastichiamo fino a casa.
Il nostro appartamento è piccolino ed è situato in un palazzo senza ascensore. E’ arioso e, dalla finestra della sala, se superi con lo sguardo il palazzo frontale, c’è una vista meravigliosa.
Quando lo abbiamo acquistato era fatiscente e poco accogliente, ma Alice si è impegnata a renderla confortevole con tendaggi e tappeti, ed io ho provveduto all’impianto elettrico ed, ovviamente, alla ritinteggiatura delle pareti.
Ho rallegrato i muri sbizzarrendomi con le mie amate bombolette ed ho disegnato paesaggi e personaggi immaginari. Appena entri, sulla parete frontale, un enorme cane rosa tipo Leone il cane fifone, alto fino al soffitto, ti saluta con un occhiolino ed un sorriso a cinquantacinque denti! Ho anche disegnato un albero stilizzato ed ho fissato gli appendini sulla cima dei rami per poter appendere le giacche.
Dal corridoio dell’entrata entri direttamente nel salotto, dove, su tutte le pareti, ho disegnato un bosco stilizzato con il cielo azzurro. Non ci sono tantissimi mobili, solo una libreria in legno non trattato stracolmo di CD e libri, un divano letto a tre posti che Alice ha rifoderato con un tessuto giallo così soffice che quando ti ci corichi sembra di essere su una nuvola, un tavolino in vetro basso appoggiato ad un tappeto rosso a quadrettoni e un piccolo mobiletto, sempre in legno non trattato, dove riponiamo i documenti e gli oggetti di uso quotidiano. Quello che mi piace di più della nostra sala sono le tende. Alice le ha cucite con maestria, sembrano delle cascate azzurre e, per aumentarne l’effetto, ho disegnato delle rocce sui lati. Le tende, anche tirate, non coprono la luce che arriva dall’esterno, permettendo la dovuta privacy e assicurando luminosità alla stanza. La cucina, anche se è divisa dalla sala solo dalla penisola su cui mangiamo, è sobria, mi sono solo sbizzarrito a disegnare il cielo e l’edera stilizzata che scende sul divisorio. Non è ancora terminata, vogliamo appendere le foto di famiglia e disegnarla come la sala, ma con qualche particolare che faccia capire che è un ambiente separato. Abbiamo molte idee e tutte molto confuse, quindi per evitare di fare un qualcosa che non ci piace, stiamo attendendo la giusta ispirazione. Sinceramente, da quando ho iniziato a lavorare anche in cantiere, non stiamo attendendo solo il lampo di genio, ma anche il tempo! Comunque ci siamo prefissati di terminarla entro la fine dell’anno… quindi sarà meglio che mi organizzi ed inizi a mettermici di impegno…
Quasi dimenticavo, i lampadari, quelli sono veramente spettacolari… basta dire che sono un’idea di Alice. Sono semplici lampadari da magazzino economici, ma la mia pazza sorella ha avuto la grande idea di ricoprirli con dei tessuti lucidi bianchi. Rendono la luce meno diretta e più calda, e la stoffa è stata posizionata leggermente stropicciata, sembrano delle nuvole, perfette per la nostra stravagante zona giorno! 
Il nostro rifugio è il mio orgoglio, mi ricorda ogni giorno quanto sia importante l’unione tra me e mia sorella e cosa questa riesca a creare. Abbiamo ancora molto da sistemare, le camere da letto ed il bagno sono solo abbozzate, l’impianto elettrico è sistemato ed i muri sono stati già stati verniciati di bianco, come base per i prossimi murales.
Per la stanza di Alice ho già l’idea e le bombolette, ma voglio aspettare il suo compleanno per farla, sarà il mio regalo. Per quanto riguarda la mia camera non ci ho ancora pensato, alla fine ci entro solo per dormire, non mi ci cambio neppure, per quello uso il bagno, quindi penso che la farò solo quando tutto il resto sarà terminato… Beh! L’ultima stanza della casa è il bagno, quello, mi dispiace, ma non ho assolutamente idea di cosa ci farò, penso che rimarrà un semplice e impersonale bagno.
 

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Capitolo 3
*** La mancia ***


Chiedo scusa per il ritardo e mi impegno a pubblicare un capitolo alla settimana! Giurin Giuretta!


BELLA

“Tu non puoi farmi questo!” esclamo sbattendo la porta dell’ufficio di mio padre. “Se volevi darmi una lezione me l’hai data. Ho capito. Mi trattengo nelle spese… ti chiedo, se vuoi, anche scusa, ma restituiscimi le carte e fammi andare via da quell’inferno!” continuo avvicinandomi piangendo alla sua scrivania. Non sono lacrime vere, ma sono certa che siano perfette per convincerlo.
“No!” risponde come se fosse scontato e senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
“COSA?” urlo indignata avvicinandomi come una furia alla sua scrivania e sbattendo a terra i fogli che sta leggendo.
Attendo una reazione sfidandolo con lo sguardo, ma lui, si alza con un sorrisetto e, tranquillamente, raccoglie i fogli dal pavimento. Mi tolgo le scarpe e le calze, per fargli vedere il danno che quel maledetto lavoro ha fatto ai miei poveri piedi. Li appoggio con rabbia alla scrivania. “Guarda! Guarda! Sono pieni di calli e bolle. Non potrò mai più mettere un paio di tacchi in vita mia… quel luogo mi sta rovinando.” Ma lui continua a leggere quei maledetti fogli. “E guarda le mani!!! Sono screpolate e ruvide. Se provo ad accarezzarmi mi rovino la pelle della faccia” e lo accarezzo sulla guancia per fargli capire cosa intendo e quanto sia ripugnante l’effetto. “E i capelli?” continuo alzando di un tono la voce e liberando i capelli dalla coda al quale sono ormai obbligata a nasconderli da quanto sono sfibrati “Non ho nemmeno più il tempo di andare dalla pettinatrice… nemmeno i soldi” e sulle ultime parole cerco di addolcire il tono per impietosirlo. Alza finalmente il viso verso di me, ammira i miei capelli ormai sfibrati e con tranquillità risponde “No” tornando a guardare i documenti segnando appunti a lato.
“Cosa devo fare? Mettermi in ginocchio? Implorare? Se ci fosse ancora la mamma lei non ti permetterebbe di trattare così la sua bambina!” e con il broncio incrocio le braccia al petto e volto la faccia offesa.
Con un movimento brusco si alza dalla sedia, mi si avvicina e mi prende per le spalle con poca gentilezza. Mi fa voltare malamente il viso e con gli occhi rossi mi ringhia “Se tua madre fosse qui mi prenderebbe a calci nel di dietro per come ti ho cresciuta… ed adesso fuori” lascia la presa per chiudere le dita a pugno e si siede nervosamente sulla sedia.
“M…Ma…” balbetto spaventata per come mi ha trattata, non era mai successo.
“Fuori…” ripete in un sussurro ringhiato che non ammette repliche.
Sbatto a terra la sedia che c’è di fronte alla sua scrivania e, pestando i piedi, esco dall’ufficio, senza dimenticare ovviamente di urlargli che è un mostro, un mostro senza cuore. Non saluto i suoi-miei dipendenti mentre esco e non trattengo le lacrime di rabbia che mi rigano il volto. E’ un mostro, mi odia, ecco perché mi ha mandato in quella topaia.
Aveva mille lavori da darmi se proprio voleva farmi lavorare, ma non ha scelto un posto da dirigente, o da segretaria o da fotografa o qualsiasi lavoro facile e pulito… no, mi ha mandata a fare la cameriera in un ristorante! E non uno dei suoi classici locali, no, sarebbe stato troppo semplice farmi lavorare nei locali di lusso. Lui mi ha mandata a lavorare nell’unico locale che prevede la sala poveri! Dal lato opposto della città, il più lontano possibile da lui e dalla gente bene… un quartiere nel quale non conosco nessuno e sono nessuno. Non sono Isabella Mary Swan, ma sono solo la cameriera del “New Moon”! Perfetto!!! Vuole la guerra? E la guerra sia!

Entro nel locale asciugandomi le lacrime e mi dirigo direttamente nella saletta dove ormai sono obbligata a lavorare da una settimana. Preparo i tavoli pensando come fargliela pagare al mostro e sono così concentrata nei miei progetti che non sento entrare il cameriere sfruttatore. “Ciao!” saluta felice avvicinandosi e dandomi una mano a finire di preparare.
“Ciao” rispondo sottovoce e continuando a tenere gli occhi ancora arrossati fissi sul tavolo.
“Qualcosa non va?” chiede facendomi alzare il volto con la sua mano rozza.
“Si! Mio padre …” mi allontano dalla sua mano fulminandolo con lo sguardo per essersi permesso di toccarmi.
“Vuoi parlarne?” e cosa gli dico? Mio padre, il tuo titolare, il capo della baracca, è un mostro senza cuore che fa sgobbare la sua povera unica figlia? Ah! Certo, come se un povero cameriere potesse capire i miei problemi… e poi tanto, anche potesse, (cosa che dubito fortemente) una delle clausole del mostro è “Nessuno deve sapere che sei mia figlia, altrimenti sei licenziata in tronco e sei sotto le stelle!”. “No!” rispondo in malo modo, dandogli le spalle e iniziando a preparare un altro tavolo.

Finalmente anche questa maledetta giornata di lavoro è terminata! E’ stata lunghissima, anche se c’erano pochi clienti, ho dovuto evitare il cameriere che si è messo in testa di essermi amico. Ma chi lo vuole un amico? Io ho già tanti amici, dall’altra parte della città, che si divertono in locali che non mi posso permettere, che non vedo da circa una settimana, che non sanno cosa mi stia succedendo realmente, ma che comunque sono miei amici, e sono tantissimi!
Mi corico nella vasca ed inizio a leggere tutti i messaggi della mia amica Rose. Da quando mio padre mi ha sconvolto la vita non l’ho più vista, ma non è passato giorno che ci sentissimo o ci scrivessimo!
Stasera cena da Pier! Ci sarà anche Mike!!!! Non puoi mancare!
Il messaggio di Rose continua con tante faccine. Sorrido felice al pensiero di rivedere i miei amici perché mi mancano. In particolar modo Rose e Mike. Sto per rispondere quando il mio riflesso nell’acqua mi ricorda che devo andare dalla pettinatrice e comprare un vestito nuovo!
Compongo il numero del mostro e preparo la vocina dolce che solitamente fa capitolare mio padre ad ogni mio capriccio.
“Ciao paparino!” saluto mielosa “Sai che stasera sono invitata da Pier ed avrei bisogno di una pettinatrice e un vestito nuovo?”
“Ciao, Isy. Sono lusingato che tu voglia rendermene partecipe!”
“Quindi posso passare a prendere le carte di credito o passi poi tu a pagare?” continuo sicura che non mi negherà quei miseri bisogni.
“E’ una settimana che lavori e so per certo che ieri era il giorno di paga! Vedrai quanto sarà elettrizzante spendere i tuoi soldi. Buona serata e salutami Rose!” non attende risposte e chiude la telefonata.
Rimango a bocca aperta, urlo tutta la mia frustrazione e lancio il cellulare contro la parete! Mi fiondo nella borsetta per tirai fuori i soldi che mi aveva dato Jessica, li conto, ma non bastano nemmeno per la parrucchiera…scaravento la borsa contro il muro che cadde svuotandosi vicino al cellulare. “TI ODIO!” urlo cadendo in ginocchio in mezzo alla stanza. Le lacrime mi rigano il volto per la rabbia. Come posso presentarmi così di fronte alle mie amiche? Non posso farmi vedere con un vestito che ho già indossato, non va bene! Per non parlare delle mani e dei capelli! Cavolo!!!
Maledetto!! Ho due opzioni: presentarmi come una stracciona alla cena di Pier o trovare una scusa e declinare l’invito… se non vado mio padre ha vinto, se vado diventerò lo zimbello della compagnia… cosa posso fare? Inizio a camminare come una belva in gabbia per la stanza… ringhio e maledico mio padre, maledico mio padre e ringhio!
Ok, per questa volta ho vinto lui. Non ci vado a quella maledetta rimpatriata… in fondo sono stanca e domani lavoro! Ma mio padre può star certo che ha vinto solo una battaglia, ma non la guerra… la guerra la vincerò io! Mi chino per recuperare il cellulare e lo riaccendo per telefonare a Rose, ma la fortuna non è dalla mia parte, il cellulare è rotto e non si accende in nessun modo. Lo scaravento nuovamente contro il muro e mi dirigo a passo pesante dalla domestica.
“Ho bisogno del tuo telefono!” le ordino con il palmo rivolto verso l’alto invitandola a darmelo. Mi guarda confusa, ma un mio ringhio e lo sguardo infuocato la fa riprendere e me lo consegna.
Telefono a Rosalie e le spiego di aver rotto il cellulare e che, fino a quando non trovo un cellulare migliore e più resistente, sarò raggiungibile solo tramite facebook o email. Mi invento una forte emicrania che non mi permette di andare alla cena e che preferisco rimanere a casa dato che non sarei di compagnia. Prova a convincermi elencandomi tanti nomi di medicine prodigiose e continua a pigiare il tasto Mike per convincermi. Ogni volta che nomina Mike penso alla faccia che farebbe nel vedermi ridotta così e mi convince sempre di più che è meglio stare a casa!
La domestica ha il coraggio di schiarirsi la voce e farmi cenno di chiudere la telefonata, mi infastidisce, ma la uso come scusa per riagganciare. Piango per tutta la sera. Penso ai miei amici e mi immagino quanto si stiano divertendo! Penso a Mike, al mio amato, al suo atteggiamento elegante, alle sue parole dolci; penso a Rose, a Lauren… mi mancano, mi mancano le nostre giornate all’insegna dello shopping, le serate mondane… voglio tornare nel mio mondo, non voglio stare in questo piccolo appartamento di periferia e spaccarmi la schiena in quell’odioso ristorante…
Mi alzo dal letto risoluta a convincere mio padre! Deve farmi uscire da quell’incubo! Ma appena apro la porta della stanza mi ricordo di come è ridotto il mio povero cellulare, e la domestica si è ormai ritirata nella sua stanza!
Mi ributto nel letto e, nascondendomi nei cuscini, piango fino ad addormentarmi.
Sogno feste incantate piene di cibo e servitori che mi servono venerandomi. Sogno Mike che mi sorride e, con un baciamano galante, mi invita a ballare. Sogno Rose e Lauren che mi lodano per il bellissimo vestito e per la splendida acconciatura... un sogno fantastico!

Arrivo al ristorante continuando a rivivere nella mente il bellissimo sogno e ripetendomi che presto tornerà ad essere la mia realtà. Appena varco la porta del New Moon, la differenza tra la mia realtà attuale e il sogno mi fa scoppiare in lacrime, invece che correre nella saletta a preparare i tavoli, mi chiudo in bagno a sfogare tutta la tristezza di quella orribile situazione.
“Isabella! Tutto bene?” mi chiese il cameriere preoccupato.
“NO” urlo “VAI VIA!” e scalcio la porta del bagno per fargli capire che deve star lontano. Non rispose, solo silenzio. Non so cosa speravo, ma il fatto che non abbia insistito mi dà un certo fastidio. Attendo, nessuna risposta. Attendo ancora, ma nulla, nessuna risposta.
Mi alzo e apro lentamente la porta del bagno. Il sorriso splendente del cameriere, in netto contrasto con la carnagione da nativo americano, mi fa sobbalzare. E’ appoggiato al muro di fronte all’entrata, con le braccia conserte. Appena mi vede si drizza e mi viene incontro. Non dice nulla, ma mi abbraccia. Non so dirvi se per lo stupore o per il senso di calore che quell’abbraccio mi infonde, ma non mi muovo, non ricambio l’abbraccio, ma non lo allontano nemmeno.
Per tutto il servizio sono imbarazzata. Lo evito come la peste, ma lui riesce sempre ad avvicinarsi e prova a parlarmi. Non gli rispondo se non a mugugni, ma lui insiste. A fine lavoro lo prendo in disparte e mettendolo con le spalle al muro lo avviso.
“Quello che è successo stamattina non significa niente. Ero solo un po’ depressa, ma adesso è tutto ok, quindi tieni le tue mani a posto e evita di rivolgermi la parola”
“Non è come pensi. Ti vedo sempre da sola e pensavo ti facesse piacere avere un amico”
“Ho molti amici, non mi interessa averne di nuovi” e bloccando con la mano la sua replica, esco dal locale e me ne ritorno a casa. Appena entro in camera corro a scrivere a Rosalie. Le chiedo come è andata la serata e con le lacrime agli occhi leggo il suo racconto! Mi chiede se mi sono ripresa e cosa sto facendo di bello… cosa sto facendo di bello? Nulla! Lavoro, torno a casa, faccio il bagno e vado a dormire… non faccio nulla di bello! Ma non glielo dico, cambio discorso chiedendogli novità del ragazzo sul quale ha puntato gli occhi, mentre penso a quanto sia brutta la mia vita. Mi corico nel letto e penso a quanto mio padre mi abbia rovinato la vita per delle stupide carte di credito. Mi trovo sola, senza un amico da abbracciare, da guardare negli occhi mentre racconto la mia giornata, o anche solo un amico al quale raccontarla… e per tutta la notte sogno Rosalie e Jacob!

Da quel giorno nel bagno, andare a lavoro è più facile, mi sento meno nervosa. Ovviamente evito Jacob, il cameriere sfruttatore del bagno, ma vederlo mi rende più tranquilla. Si è dimostrato un ragazzo intelligente perché ha capito di dover mantenere le distanze, ma noto con piacere che mi copre ogni volta che sbaglio o dimentico qualcosa. Non l’ho mai ringraziato ovviamente, ma gli sono grata. Pensate che una volta sono stata io a coprire una sua dimenticanza! Esatto! Ormai il lavoro della cameriera è una passeggiata… soprattutto da quando Jessica mi ha affiancato Jacob.

“Vedi che se sorridi e non lanci i piatti, i clienti ti ripagano!” mi sorride strana Jessica mentre mi porge una banconota da 50 dollari.
“Ma non è il giorno di paga e come stipendio mi sembra un po’ misero” rispondo acida.
Scoppia a ridere così forte che deve appoggiarsi al banco e tenersi la pancia con la mano. Rimango interdetta. Cosa c’è da ridere? Non mi sono spaccata la schiena sette giorni solo per un misero 50 dollari, per di più oggi sono riuscita a sorridere ai clienti e posare i piatti di fronte ai clienti giusti.
“E’… ihihih… la… ihihih… mancia” mi spiega continuando a ridere ed asciugandosi le lacrime agli occhi.
“Io non voglio l’elemosina da dei poveracci!” replico stizzita. Smette immediatamente di ridere e mi guarda come fossi un’aliena.
“Beh, che c’è?” chiedo guardandola offesa.
“Nulla. Ma non è elemosina, è la mancia. Il modo che i clienti hanno per dirti che li hai serviti nel modo corretto e che sono soddisfatti del tuo lavoro. E’ un complimento”
“Non li voglio” ribadisco incrociando le braccia.
“Scusa? Ma hai capito cosa ti ho detto?” si ricompone e, con la mano che strofinava il mento e gli occhi rivolti verso l’alto, pensa… “Beh! Vedila come un aumento di stipendio! Se ti comporti in modo adeguato e continui a lavorare come oggi… beh! Potrai comprarti più scarpe ed andare una volta in più dalla pettinatrice!” Pettinatrice, la parola magica! Mantengo il broncio ed allungo la mano per prendere la banconota. La infilo in tasca controllando che nessuno mi guardi e mi nascondo nel camerino per cambiarmi velocemente.


Mentre mi siedo nel taxi controllo quanti soldi ho nel portafoglio e, grazie alla mancia, arrivo alla cifra esatta per andare dal parrucchiere. Dò all’autista l’indirizzo della mia parrucchiera e mi rilasso sul sedile assaporando il momento in cui la bravissima Silvia mi massaggerà il capo con lo shampoo e la crema! Mmmm… divino! Merda! Non posso andare da Silvia, Rose mi vedrebbe ed io dovrei rispondere al suo terzo grado. Un conto è mentire al telefono o per messaggio, ma non riesco guardandola negli occhi, non sono brava a mentire! Con un urlo che spaventa il taxista, facendolo leggermente sbandare, gli indico l’indirizzo dell’appartamento.
Corro in casa alla ricerca di Carmen, la domestica, i suoi capelli sono ben tenuti e il taglio è perfetto per il suo viso, quindi sicuramente la sua pettinatrice può andare bene anche per me, o almeno lo spero, anche perché non ho altre scelte. Mi indica il suo parrucchiere, guardandomi come se mi fosse cresciuta la seconda testa, ed io mi lancio giù dalle scale, senza nemmeno prendere l’ascensore, per dirigermi dalla parrucchiera. Finalmente!!!
Vado a piedi perché è dietro l’angolo. La mia pettinatrice momentanea ha il salone squallido, una semplice vetrina con una misera insegna “Sunrise” disegnata sopra l’entrata, nessun poster luminoso, nessuna insegna lampeggiante, nessun ragazzo con divisa scintillante, nessuno specchio enorme che abbellisce le pareti. Un semplice negozio con un solo parrucchiere in divisa bianca, due lavelli e due specchi a mezzo busto. O entro o rimango con il cespuglio in testa!
Chiudo gli occhi, deglutisco e, trattenendo il respiro, apro la porta per entrare. Il parrucchiere mi saluta cortesemente e mi indica le poltroncine d’attesa. Mi accomodo, senza dimenticare il giornale sulla seduta, e attendo il mio turno. Il parrucchiere è impegnato a pettinare e chiacchierare con una ragazza dai capelli corti corvini e con una particolare risata cristallina.
Chiacchierano di vestiti e di pettinature come fossero vecchi amici. Non voglio ascoltare i loro discorsi, ma la voce melodiosa della ragazza mi entra nelle orecchie rilasciandomi una piacevole sensazione. Non saprei ripetere cosa dicono, perché mi lascio rapire dal relax che quel chiacchiericcio mi infonde. La ragazza si alza con un saltello aggraziato e stampa un bacio con schiocco al parrucchiere facendogli i complimenti. Saluta il coiffeur e me prima di uscire canticchiando dalla porta. Che tipa strana!
“Tocca a lei, si accomodi” mi invita il parrucchiere spostando la sedia sul quale devo accomodarmi.
“Vorrei questo taglio” gli indico una splendida modella dai capelli rosso fuoco con un taglio lungo tagliato netto sul fondo e la frangetta obliqua che si unisce alla lunghezza dell’intero taglio.
“Perfetto! Gradisce anche il colore?”
“No, solo taglio e piega!” rispondo accomodandomi. Meglio non rischiare, un passo alla volta. Mi rilasso sotto il massaggio alla cute e non riesco a trattenere il mugolio di piacere. Vi posso assicurare che mi è mancato un parrucchiere… le mani delicate che ti accarezzano la testa creando brividi sulla schiena, il profumo delicato di shampoo che accarezza le narici, l’acqua che scorre togliendo la schiuma e rilasciando un senso di leggerezza… mmmm se mi è mancato! Starei ore! Potevo farmi il colore, così avrei prolungato quel delizioso massaggio… mmm la prossima volta!
Dopo un’ora di delicati massaggi e rilassanti pettinate, ammiro il fantastico lavoro e lo saluto uscendo felice e soddisfatta. Non lo ammetterò mai a Carmen, ma il suo parrucchiere è bravo quanto Silvia e costa meno della metà. Quindi Isabella 1 – papà 0!
Torno a casa leggera come una nuvola, adoro la sensazione del dopo parrucchiere: i capelli leggeri e il profumo che sprigionano quando li muovi! Ti senti rigenerata, nuova. Fantastico! Rientro in casa canticchiando e mangio cena rivolgendo per la prima volta la parola a Carmen. Adesso che ho i capelli a posto mi sento pronta ad affrontare tutte le avversità che mio padre mi ha inflitto… mi sento carica e pronta alla prossima battaglia!
“Wow!” è il saluto di Jacob quando entro in ristorante. Mi ravvivo i capelli e gli sorrido felice.
“Lo so!” esclamo felice.
“Sei stupenda!” continua con gli occhi che luccicano.
“Ovviamente” e mi dirigo con le spalle ritte verso la saletta. Preparo i tavoli canticchiando e attendo con un sorriso i clienti.
“Sembri un’altra persona!” esordisce Jacob. Smetto di sorridere!
Ok che ho i capelli nuovi, ma da qui ad essere un’altra persona è quasi offensivo! Lo incenerisco con lo sguardo.
“Sei sorridente!” continua ritraendosi leggermente, spaventato che lo uccidessi veramente. Quella spiegazione mi pietrifica, effettivamente sto sorridendo, e non con i classici sorrisi tirati o di convenienza, sto sorridendo veramente, sono felice solo perché sono riuscita ad andare dal parrucchiere! Ohmiodio, ohmiodio, ma come sono riuscita a ridurmi così? Il parrucchiere dovrebbe essere obbligatorio ed assicurato a tutti, altro che essere felice perché sono riuscita ad andarci.
“Sei bellissima quando sorridi. Dovresti farlo più spesso!”
Scuoto la testa ritornando a sorridere e saluto i primi clienti che entrarono nella saletta.
Il pranzo è andato bene e per la prima volta ricevo tantissimi complimenti e tantissimi grazie… ed a ogni grazie o complimento la mia voglia di fare meglio aumenta. Per migliorare la giornata, a fine servizio mi sono ritrovata ben centocinquanta dollari di mancia.
Con ancora i soldi in mano volo direttamente dall’estetista che c’è in fondo alla strada. Mi faccio massaggiare e coccolare dalle mani esperte dell’estetista e finisco l’intera mancia facendomi mettere anche lo smalto! Fantastico!!!
Il paradiso, si, si… le mance pagano il paradiso! Isabella 2 – papà 0.

Felice e spensierata entro in casa e saluto Carmen, la domestica, prima di chiudermi in camera. Non posso chiamare Rose perché non ho ancora un cellulare, ma ho tantissima voglia di parlare con lei, mi collego subito a facebook e le racconto la mia giornata dall’estetista e di come mi stiano bene i capelli con il nuovo taglio! Vorrei inviarle la foto, ma non so come utilizzare la webcam, quindi le spiego per filo e per segno il nuovo look!!! Lei, invece, mi aggiorna sulle novità. Lauren è riuscita ad accalappiare il figlio di un facoltoso banchiere, mentre lei sta remando per riuscire a conquistare il figlio di un famoso stilista, e si perde a spiegarmi la strategia che vuole utilizzare per arraffarsi il pollo… mi informa anche che Mike è nuovamente partito per lavoro, e che per un paio di mesi sarà impegnato all’estero. Ha chiesto di me ed il motivo della mia assenza… e Rosalie inizia a farmi domande precise su cosa io stia combinando! Le racconto mezze verità e con una scusa la saluto per evitare di dire troppo su quella vita del quale mi vergogno. Ma quando si deciderà mio padre a rinsavire?

Oggi penso proprio che la buone sorte mi abbia di nuovo presa sotto la sua ala, perché Jessica mi ha affidato i tavoli nella grande sala! Anche se sarò solo la cameriera, sarò comunque in mezzo ai miei simili! Fantastico!!! Jessica mi affianca Jacob, ne sono felice, perché è l’unico con il quale ho instaurato un rapporto, non dico di amicizia, ma di gentile cortesia.
“Sei pronta?” mi chiede mentre entriamo a prendere le ordinazioni.
“Certamente!” rispondo con un sorriso, godendomi il profumo di pulito che i clienti emanano riempiendo la sala. Tutto fila liscio ed i complimenti non mancano, mancano i grazie, ma non i complimenti.
Sono così felice che corro compostamente per la sala e nulla mi sfugge di mano fin quando, un signore sulla cinquantina, mi palpa con la mano il sedere e, strizzandomi l’occhio, mi fa un complimento spinto. Nemmeno il tempo di capire che con la mano aperta gli tiro uno schiaffo. Lui si alza insultandomi e mi stringe il polso della mano ancora alzata, me lo stringe così forte che mi fa male.
Tutto diventa ovattato, i suoni sono confusi e la visione periferica si appanna lasciando nitida solo l’immagine degli occhi arrabbiati del maleducato e la mimica della sua bocca che ringhiando mi insulta.
“Le chiedo scusa signore” sento la voce di Jacob e vedo la sua mano che spinge sul petto del signore per allontanarlo e sento l’altra mano che allenta la presa sul mio polso. Mi volto coprendomi il viso e corro a nascondermi in bagno.
Sfogo tutta la paura e la vergogna con le lacrime e dando calci al muro.
“ISABELLA! Stai bene?” mi chiede Jacob preoccupato.
“VAI VIA!” urlo sprigionando tutta la rabbia e tirando un fortissimo calcio alla porta. Mi accascio a terra e, coprendo il viso tra le ginocchia, continuo a piangere rivivendo ininterrottamente la scena.
Sento il rumore della serratura che si spezza e le braccia di Jacob che mi attraggono a lui “Sono dei cafoni, non prendertela!” sussurra mentre stringe maggiormente l’abbraccio. Appoggio la testa sulla sua spalla e cerco di calmarmi, mentre mi accarezza la schiena e mi fa bere dell’acqua che un altro cameriere gli ha portato.
“Dai alzati, sono andati via!” si alza e mi prende la mano, mentre con l’altra mi cinge la vita e mi sostiene. Come una bambola vuota, mi alzo e lo seguo in sala. Ho le gambe che tremavano e la vista annebbiata dalle lacrime, ma le sue forti braccia mi sostengono e mi fanno accomodare su una sedia.
“Dai, non è successo niente! Jessica lo ha messo alla porta, non può più toccarti. Rilassati” dice mentre mi allontana i capelli dalla faccia e mi sorride con un bianco e rassicurante sorriso. Annuisco e, alzandomi in silenzio, mi cambio con le mani tremanti.
“Vuoi che ti accompagni a casa?”
Nego con la testa ed esco per andare a nascondermi a casa.
Per tutto il tragitto e per tutto il tempo che rimango nell’idromassaggio continuo a pensare a cosa è successo. Piango e mi nascondo sotto l’acqua per fuggire dalla vergogna. Non mangio cena per lo stomaco chiuso e mi nascondo nei cuscini del letto continuando a ripensare a quella mano sul mio sedere e a quella bocca che mi insulta.
Un mio simile, un uomo profumato e ricco, che mi tocca e mi insulta come fossi una prostituta… un mio simile! 


!!ATTENZIONE SPOLEIR!!
...E’ successo pochi secondi fa, inaspettatamente! L’ho accompagnata a casa, per non farla tornare da sola dato che è notte fonda, non è la prima volta che succede, ma stasera mi ha baciato. Un bacio sfiorato, timido. Quando mi sono avvicinato per darle il bacio della buonanotte sulla guancia, lei si è girata e mi ha baciato. Mi ha tenuto le braccia intrecciate dietro il collo e mi ha guardato con gli occhi pieni di desiderio. Ho cercato di farle capire gentilmente che non potevo fermarmi, ma lei è corsa in casa offesa...

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Capitolo 4
*** Buone notizie ***


Ciao a tutti! Come promesso ho aggiornato in tempi brevi!!!
Un altro capitolo raccontato da Edward! Un passo avanti per conoscerlo!
Spero vi piaccia e sarei felice di sapere cosa ne pensate!!!
BUONA LETTURA

 
EDWARD
“Sarai bravissimo!” mi incoraggia Alice sistemandomi la giacca e baciandomi sulla guancia.                         
Sono agitato, anche se ormai dovrei essere abituato ad esibirmi con la mia band nel locale “Midnight Sun”, sono agitatissimo e anche se sono nascosto sul fondo del palco, non mi sono ancora abituato alla folla urlante. Sono ormai due anni che suono nel locale di James. Sono il pianista di un gruppo jazz gli “Angels”, lo so lo so, poco originale come nome, ma Emmett ha pensato che il nome avrebbe attirato tante ragazze e le avrebbe allontanate dal nostro vero essere, soprattutto il suo, che con le ragazze è più un Devil che un Angel!
 
“Sì, sì… adesso vado” dico agitato baciandola sulla fronte e saltellando sul posto per allentare la tensione.
“Io ti raggiungo più tardi perché devo finire il vestito per la signora West che passa domani mattina a ritirarlo!” e facendomi l’occhiolino sparisce nella sua stanza. Il rumore della macchina da cucire mi fa capire che è all’opera e io non ho più scuse per rimandare. Traggo un profondo respiro ed esco dall’appartamento.
 
Il locale è ancora chiuso ed i ragazzi stanno facendo le ultime prove sul palco. James mi accoglie caloroso offrendomi una birra e mi accompagna sul palco raccontandomi della sua ultima conquista.
“Ehi! Edward!” mi saluta Seth con una pacca sulla spalla “Sei incredibile! Sono anni che suoni su questo palco ed ogni volta è come fosse la prima volta che ci sali” scuote la testa divertito e posa sul trespolo il sassofono.
Sorrido senza replicare, purtroppo ha ragione, adoro suonare, mi fa entrare in un mondo fantastico dove il mio animo è leggero e la mia testa è libera, le mani muovono come facessero l’amore con i tasti d’ avorio e, non avendo la possibilità di acquistarmi un pianoforte, i concerti nel locale sono l’unica occasione per raggiungere il mio magico mondo.
Mi siedo e provo se il piano è accordato, ovviamente lo è, ma è il mio modo per salutarlo e fargli sapere che sono tornato e che sono pronto a partire per il viaggio con lui.
Le prime note mi fanno scivolare nella magia, quando delle mani sensuali iniziarono a massaggiarmi le spalle.
Apro gli occhi infastidito e la folta chioma rossa di Victoria mi copre la visuale posando un bacio malizioso sulle mie labbra.
“Sei sexy quando suoni, mio dolce Edward!” mi sussurra sensuale allontanando di pochi millimetri la sua bocca dalla mia. Fermo la mano che, come un serpente, si striscia sul mio petto verso il mio amichetto.
“Ciao Victoria” la saluto allontanando il viso e spostando la sua mano da me posandola sul suo fianco.
“Volevo solo aiutarti a rilassarti” continua strusciandomi maliziosa e sedendosi al mio fianco. Mi esplora dalla cima dei capelli fino al bacino leccandosi languidamente le labbra e inarcando un sopracciglio con fare malizioso. Vedendo che non reagisco, allunga la mano verso il mio membro ed inizia ad accarezzarlo.
“Non sono nervoso, non ho bisogno di essere rilassato… comunque grazie per il pensiero” le tolgo la mano e mi allontano maggiormente. Credetemi se vi dico che sono etero, e vi assicuro che quella donna è una bomba sexy, ma il pensiero che sia la ragazza di James non aiuta a lasciarmi andare con lei.
Ho già fatto una volta quell’errore, dopo un concerto fantastico, con il locale pieno e molti litri di birra in corpo. Avevamo suonato divinamente ed il pubblico era esaltato. Quando scesi dal palco fui subito preso tra le sue spire e, aiutato dall’adrenalina del concerto, mi ero lasciato travolgere dal miglior sesso fatto in un bagno con una donna veramente mozzafiato. Posso dire a mia discolpa che non era ancora la ragazza di James e che non sono certo di aver usato io lei quanto lei ha usato me.
Però è successo tempo fa e non voglio replicare. Non ho una ragazza fissa, non perché non ne ho l’occasione, è solo che non voglio nessun estraneo tra me ed Alice. Nessuna complicazione, solo del buon e sano sesso. Questa è la mia regola!
 
Seth come sempre arriva in mio soccorso e con una scusa mi accompagna al bar e mi offre una birra.
“Grazie” gli dico pulendo le labbra dal rossetto di Victoria. La guardo di sfuggita e la vedo fare la gattina con il suo James, perfetto, è esattamente dove deve essere. So che sono una coppia aperta e più volte ho beccato James con altre ragazze o Victoria con altri ragazzi; la cosa buffa, che non capisco, sono le volte che si lasciano andare in atteggiamenti amorosi con estranei stando seduti sullo stesso divanetto, ma alla fine, chi sono io per giudicare l’amore?
“Nessun problema!” mi risponde Seth “Senti, volevo chiederti se dopo il concerto volevi venire con me e Jacob al nuovo locale che ha aperto, si chiama “La Push”. Mi hanno detto che servono dei cocktail strepitosi…”
“Mi dispiace, ma domani lavoro e se faccio ancora un ritardo sono licenziato” mi dispiace veramente, avrei voglia di farmi una serata tra amici e sono mesi che non vedo Jacob a causa del suo nuovo lavoro. Ci siamo sentiti sporadicamente al telefono, ma essendo uomini le nostre telefonate sono più un confermare che siamo ancora vivi, che non un resoconto delle nostre giornate.
“Guarda, parli del diavolo e spuntano le corna” esulta Seth sbracciandosi per farsi vedere da Jacob che è appena entrato nel locale.
“Edward! Seth!” ci saluta sorridente e dandoci una pacca sulla spalla “cosa vedono i miei occhi… una birra! Grazie Seth per avermela offerta!” e senza aspettar risposta ruba il bicchiere dalle mani del sassofonista finendola tutta in un fiato.
“Jacob! Come stai? Allora sei ancora vivo! La voce che ogni tanto sento al telefono non è registrata” e lo abbraccio come un fratello.
“Lascia stare! Con il nuovo lavoro al ristorante sono distrutto! Arrivo a casa che non ho nemmeno più la forza di mangiare! Pensati che l’altra sera mi sono addormentato nella doccia… In piedi!!!”
“E stasera cosa ti ha dato la forza di venire? Una bella ragazza? O ragazzo?”
“Non riuscivo a stare a casa! Troppi pensieri!” e con le guance arrossate abbassa lo sguardo e fissa il proprio piede che sbatte nervoso contro il bancone.
“Jacob innamorato?” chiedo dando una gomitata complice a Seth.
“Ohmiodio, raccontaci… com’è? Alto? Fisico scolpito? Occhi da mozzare il fiato?” rincara la dose Seth.
“No, è una ragazza!”
Rimaniamo a bocca aperta! Seth si siede rumorosamente sullo sgabello e mi guarda per aver conferma di aver sentito bene.
“E’ inutile che fate quella faccia! Ho detto che è una ragazza, ma non una ragazza che mi piace. Non farei mai un torto a Embry, lo sapete”
Ci guardiamo ancora più confusi. Avviciniamo lo sgabello al suo, lo obblighiamo a sedersi, ordiniamo tre birre a Paul, il barista, ed attendiamo come due nipotini che aspettano la storiella della nonna vicino al fuoco il giorno di Natale.
“E’ una mia collega… non so come spiegare” inizia attorcigliandosi le mani. “E’ strana. E’ comparsa dal nulla, non parla con nessuno e sembra che fino a quando non è arrivata al “New Moon” non abbia mai vissuto.” Il nome del locale mi fa accendere una lampadina.
“Scusa come hai detto?” chiedo bloccandolo.
“Che non abbia mai vissuto” ripete stupito dalla mia domanda.
“No, no, intendevo il nome del locale… io ci sono venuto a mangiare alcuni giorni fa!” dico scoppiando a ridere e pensando a quanto piccolo è il mondo.
“Non ti ho visto! Può essere che fosse uno dei sporadici giorni che devo servire i Puzza-sotto-il-naso!”
“Che peccato, mi sarebbe piaciuto farmi servire da te!” ed inizio ad immaginare il povero Jacob impazzito che, con la fronte sudata dall’agitazione, esegue ogni mia richiesta. Scoppio a ridere così forte da farmi venire le lacrime agli occhi.
“Ringrazio di non esserci stato” risponde piccato e ingurgitando in un sol sorso la birra.
“Dai che scherzo! Ma che fico! Adesso che so che lavori li, penso che verrò più spesso a trovarti” vedendo lo sguardo preoccupato del mio amico continuo “il cibo è ottimo e se sei tu il cameriere sicuramente anche il servizio sarà perfetto! Potrei pure darti la mancia!” e gli faccio l’occhiolino.
“Dai, dai, non divagate…” si intromette Seth curioso di capire come possa una ragazza turbare i pensieri del nostro amico. “Sembra che non abbia mai vissuto...” ripete e con un gesto della mano lo sprona a continuare.
“Beh! E’ una ragazza particolare, a volte poco gentile, ma c’è qualcosa nei suoi occhi che mi dice che ne vale la pena” e vedendo il nostro sguardo malizioso specifica “non nel senso che intendete voi, pervertiti! Nel senso che qualcosa mi spinge ad aiutarla. Fa tanto la spaccona ed altezzosa, ma basta un nulla per renderla fragile. Pensate che oggi un puzza-sotto-il-naso le ha palpato il sedere e lei, dopo avergli risposto con una sonora sberla, è corsa nel bagno a piangere. Era sconvolta, come se l’avessero violentata.” Scuote la testa con gli occhi fissi sul pavimento.
“Beh! Ha fatto bene a picchiarlo. Non si doveva permettere di sfiorarla. Quei cafoni pensano che avendo i soldi siano liberi di fare cosa vogliono” dico stizzito passandomi la mano nei capelli cercando di rilassarmi. Il solo pensiero di una ragazza trattata non nella maniera consona solo perché un’umile cameriera e non la figlia di un riccone mi fa salire la bile.
“Purtroppo si sa che sono dei cafoni, ma quello che mi ha scioccato è come ha reagito. Quando sono andato in bagno a consolarla nel suo sguardo ho visto la paura… poverina! Volevo chiamarla per sapere come stava, ma non so dove abita o il numero di cellulare. Ho provato a chiedere informazioni alla titolare, ma mi ha minacciato… quindi adesso sono qui ad arrovellarmi per lei!” finisce il racconto con un timido sorriso.
“Dai, la vedrai domani e sicuramente starà bene. Bevi” lo esorta Seth passandogli un’altra birra.
“Hai ragione! Quindi adesso facciamo festa e poi… “La Push” arriviamo!!!”
 
Il concerto ha inizio ed io salgo sul palco facendo ben attenzione a non guardare il pubblico. Mi siedo al pianoforte e inizio a far fluire le note immergendomi nel magico mondo.
Mentre suono, il pensiero di una mano perfetta di manicure che sfiora la gonna nera di una cameriera mi fa ripiombare nella realtà, distogliendomi dalla magia. Non conosco la ragazza e non conosco il riccone, ma il racconto di Jacob mi ha colpito. Non ho mai accettato i modi da padroni del mondo che i ricconi hanno nei confronti della gente comune.
Durante la pausa, scendo dal palco e mi siedo con Jacob. Devo riuscire a togliermi quel pensiero, ma non so cosa chiedergli o dirgli per liberarmi la mente.
“Quindi adesso hai una nuova collega! E’ carina?” gli chiedo per iniziare, sperando che il discorso continui e mi allontani ogni pensiero.
“E’ bellissima, soprattutto quando sorride. Peccato che lo faccia di rado! Ma penso che tu l’abbia conosciuta” dice con uno strano luccichio negli occhi. Lo guardo stupito, non capisco come possa conoscerla. Quando sono andato al locale ho pranzato con gli operai e non nella sala Vip.
“Si, la cameriera della saletta. Quella con i capelli lunghi castani ed un fisico da urlo!”
Ripenso all’unica cameriera che ho incontrato quel giorno, aveva i capelli lunghi castani...
“Non penso. Quando sono venuto mi ha servito una ragazza arrabbiata con il mondo e poco professionale”
“Esatto! E’ lei!” conferma battendo le mani felice di avermi fatto inquadrare la persona.
“Non mi sembra una ragazzina delicata. Quando le ho rivolto la parola ho avuto il timore che volesse sgozzarmi” e mi metto le mani sulla gola come per difendermi da eventuali attacchi della ragazzina.
“E’ lei! E’ lei!” ribadisce scoppiando a ridere.
Non so perché, ma il pensiero di avere il quadro quasi completo del racconto mi permette di suonare il pianoforte più concentrato, lasciandomi trascinare dalle note e divertendomi con gli altri membri della band.
Il pensiero di quella scorbutica ragazza che schiaffeggia un riccone mi fa sorridere. Brava ragazza, fai vedere a quei simpaticoni di che pasta è fatta la comune gente mortale.
 
I ragazzi sono tutti nel nuovo locale, ed io sto tornando a casa pensando alle labbra di Leah, la cugina di Jacob.
E’ successo pochi secondi fa, inaspettatamente! L’ho accompagnata a casa, per non farla tornare da sola dato che è notte fonda. Non è la prima volta che succede, ma stasera mi ha baciato. Un bacio sfiorato, timido. Quando mi sono avvicinato per darle il bacio della buonanotte sulla guancia, lei si è girata e mi ha baciato. Mi ha tenuto le braccia intrecciate dietro il collo e mi ha guardato con gli occhi pieni di desiderio. Ho cercato di farle capire gentilmente che non potevo fermarmi, ma lei è corsa in casa offesa.
Ripeto sono etero! Ma vi ricordo che è la cugina di Jacob, la conosco da quando ha tre anni, e poi, ho solo quattro ore per dormire prima di ricominciare il lavoro in cantiere. Devo andare a dormire e arrivare puntuale domani, o sarò disoccupato!
 
Alice è addormentata alla macchina da cucire. Metto il vestito che ha creato sul manichino e lo ammiro, è unico ed elegante, mia sorella è veramente fenomenale nel suo lavoro!
La prendo in braccio e la corico nel letto, la spoglio e le metto il pigiama di Minnie. Le bacio la fronte augurandole la buona notte e, accendendo la lucina da notte, spengo la luce della stanza.
Lo so che è grande per voler ancora la lucina, ma dopo la morte dei nostri genitori ha iniziato ad avere terrore del buio, quindi, se non voglio che si svegli tra grida strazianti devo lasciarle sempre una lucina e disposizione. La sua paura è così forte che quando dovette acquistare il cellulare la prima cosa che chiese fu se era dotato di torcia. Ha posizionato in ogni angolo della casa torce ricaricabili e candele su ogni scaffale. Ha pure una torcia in borsa, non quelle con le pile, ma quelle che si ricaricano con la manovella. La mia piccola Alice! Una ragazza solare, così allegra da portare luce a qualsiasi persona al quale si avvicinava, ha paura del buio. Non sono ancora riuscito a farle capire che il buio non può prendere le stelle. Le stelle, come lei, vincono sempre.
Mi corico sul divano per essere sicuro di svegliarmi e mi abbandono nell’abbraccio di Morfeo.
 
Merda, merda, merda!!! Indovinate? Sono di nuovo in ritardo. Volo per la strada e salto i vari ostacoli oltre dribblare i passanti… “Ferma! Ferma!” urlo ormai senza fiato al conducente dell’autobus che, seccato, riapre le porte e, squadrandomi come fossi un delinquente, mi saluta con il cenno del capo.
“Grazie! Mi ha salvato!” dico cercando di riprendere fiato e lasciandomi cadere pesantemente sul sedile.
Ed anche stamattina mi sono salvato il posto di lavoro! Rivoglio la mia moto!!! Sono ormai troppi giorni che è dal meccanico… mi manca!
 
“Cullen… oggi sei di nuovo con me!” mi saluta Sam appena entro in cantiere.
Oggi è proprio una giornata fortunata. Non ho perso l’autobus e devo imbiancare una parete. Ovviamente non è come dipingerla con le bombolette, ma si avvicina sicuramente di più alla mia passione che non fare il muratore o l’elettricista. Eh già, essendo l’ultimo arrivato mi hanno messo a fare il Jolly. Vado dove ce n’è bisogno. Ogni mattina, fin quando non arrivo in cantiere, non so cosa mi aspetti.
“Se non erro oggi è il giorno fatidico! Il tempo di prova è terminato Cullen” mi avvisa Sam con un mezzo sorriso che non riesco a decifrare ed una sonora pacca sulla spalla.
Merda! Mi ero dimenticato che oggi forse è il mio ultimo giorno di lavoro. Come da contratto avrei lavorato per un mesetto come jolly prima di decidere se assumermi definitivamente o lasciarmi a casa ributtandomi nella via crucis dei curriculum.
“Eh, già!” rispondo abbassando il capo e passandomi la mano nei capelli per tranquillizzarmi. Il pensiero di ricominciare a girare per cantieri alla ricerca di un lavoro non è allettante. Mi sono trovato bene con tutte le squadre e, soprattutto con Sam, ho iniziato ad instaurare un rapporto di amicizia. Mi sarebbe sicuramente mancato. Lo so che si dice sempre: dai, che un giorno di questi ci becchiamo per una birra; ma so anche che sono parole di rito che non vengono mai effettivamente mantenute.
Sam sorride con sguardo malizioso e, senza aggiungere altro, si dirige verso il settore nel quale lavoreremo.
“Sei silenzioso oggi, Cullen!” dice verso l’ora di pranzo, facendomi traballare l’impalcatura.
“Non ho molto da raccontare!” rispondo tirando un sorriso e fingendomi interessato ad un punto non colorato bene del muro.
“Dai, scendi! Andiamo a mangiare! Con lo stomaco pieno, forse ti verranno in mente aneddoti da raccontare!” … Merda! Il panino? Ovviamente a casa!
Poco male! Passerò l’ultimo giorno mangiando con i miei colleghi, sarà un buon modo per salutarli e ridere l’ultima volta delle loro sfortune! Senza tener conto che manterrò la promessa fatta a Jacob. Già mi immagino la sua faccia quando mi vedrà entrare!
L’umore migliora mentre ci dirigiamo al ristorante. Non nego di essere curioso di vedere in faccia la mia eroina, la ragazzina che si è fatta valere con i ricconi. Chissà se oggi è ancora arrabbiata con il mondo, oppure il suo sorriso è veramente come lo ha descritto Jacob ieri sera!
Entriamo e ci accomodiamo al solito tavolo. Quando vedo Jacob entrare nella saletta mi alzo per andargli incontro.
“Vedo che sei felice di vedermi! Non hai paura che ti faccia qualche scherzo allora!” lo saluto dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
“So che sei mio amico e so cosa potrebbe farti soffrire! Quindi sono tranquillo” vedendo che non afferro la minaccia continua “il pianoforte! Non sarebbe carino lo trovassi scordato o proprio non lo trovassi” e facendomi l’occhiolino si dirige ai tavoli per portare da bere.
Grande Jacob! Sa sempre come spiazzarmi, e ridendo ritorno al tavolo. Do una veloce occhiata alla sala, cercando l’amica di Jacob, ma vedo solo un altro cameriere maschio. Pazienza sarà per la prossima volta!
Appena mi siedo al tavolo Sam alza il calice e, battendo con il coltello sul vetro, richiama l’attenzione dei commensali.
“Signori e signori! Vi presento il nuovo membro dello staff!!! Ecco a voi Edward Cullen, il nuovo braccio destro di Sam Ulley!!!” e alzando il calice beve tutto in una sola golata.
Rimango di sale! Non capisco cosa succede. Sento applausi e pacche sulla schiena! Non ci posso credere!!! Ho un contratto a tempo indeterminato e tra tutti i lavori che potevano farmi svolgere nel cantiere, mi hanno assegnato quello più vicino alla mia passione! Dio mi ama! Ne sono certo!!!
Mi trattengo dal telefonare a mia sorella. Voglio guardarla negli occhi mentre le do la meravigliosa notizia. Finalmente, con un contratto indeterminato, posso iniziare a fare progetti a lungo termine… fantastico!
Bevo e mangio abbondantemente e ringrazio con un caloroso abbraccio Sam, l’ambasciatore della notizia che ha posizionato definitivamente un pilastro per costruire il mio futuro.
 
Il pomeriggio passa veloce, non riesco a smettere di parlare come volessi recuperare le ore passate nel mutismo della mattinata. Appena suona la sirena di fine giornata saluto Sam e corro verso la sartoria di Alice.
Non attendo che esca, mi fiondo direttamente alla sua postazione di lavoro e, senza far caso a chi ci guarda, la prendo tra le braccia e la faccio girare urlandole la bellissima notizia. Lei si aggrappa al mio collo e riempie le mie orecchie con la sua risata cristallina rendendo ancora più magico il momento.
Decidiamo di festeggiare con pizza e patatine seduti sul tappeto della sala e finiamo la serata nel locale di James per festeggiare con tutti i nostri amici!
 
Al Midnight sono già tutti alticci. Seth fa a gara con Quil, il bassista, a chi riesce a finire la birra senza toccare il bicchiere con le mani. Paul racconta aneddoti sconci a Jacob mentre gli versa un’altra birra e Emmett, il cantante del gruppo, si strofinava sul fianco di una ragazza utilizzando i versi di alcune canzoni come serenata. James si alza dal divanetto, sul quale stava pomiciando con Victoria, e mi stringe la mano felice per la notizia urlando “Offro a tutti un giro di birra!”. Victoria invece mi lecca il lobo dell’orecchio sussurrandomi le sue congratulazioni prima di riavvinghiarsi a James. Leah, mi guarda e fugge imbarazzata in cucina. Scuoto la testa convincendomi di aver visto male e brindo con tutti i miei amici. Bevo tutto il boccale senza perdere d’occhio la porta della cucina. Voglio festeggiare anche con Leah, ma non si decide ad uscire dalla cucina. Mi alzo e entro per chiamarla.
E’ appoggiata al lavello e mi dà le spalle, non sta lavando i piatti, il lavello è vuoto.
“Leah, vieni stiamo aspettando te per il brindisi!”
Non risponde, ma tira su con il naso.
“Leah?” mi avvicino e la accarezzo le spalle scendendo sulle braccia.
“Arrivo subito, dammi solo un attimo” risponde con voce spezzata.
La volto e la guardo dolcemente. Ho capito perché piange. Vorrei baciarla, è una bella ragazza, con dei lunghi capelli corvini che le incorniciavano il volto ambrato. Dei profondi occhi neri, ed un corpo da urlo, ma non voglio darle false speranze assecondando le sue richieste del momento e spezzarle il cuore quando mi chiederà di più. Il mio cuore è già occupato da mia sorella e non voglio nessuna tra di noi.
Non dice nulla, mi guarda dritta negli occhi e mi bacia stringendomi a sé e tenendomi bloccato con le mani dietro al collo. Ricambio il bacio per non offenderla, ma appena diminuisce la presa per respirare la allontano gentilmente.
“Non possiamo, Leah” le dico carezzevole.
Lei mi rispose baciandomi nuovamente. “E’… sbagliato…” cerco di dirle con il labbro unito al suo e facendo leggera forza sui fianchi per spostarla.
Mi allontana spingendomi inviperita e si dirige verso la porta della cucina. Sono combattuto, non voglio illuderla, ma voglio anche che festeggi con noi… alla fine è dalle medie che vorrei baciarla! Al diavolo!
La blocco e, attirandola a me con forza, la bacio. La prendo in braccio, incrociando le sue gambe alla mia vita e, continuando a baciarla con ardore, la porto nel magazzino dell’acqua. La appoggio alla porta, le tolgo la camicetta ed inizio a baciarla sul collo scendendo sui seni. La sento ansimare mentre le mie mani scivolano sul suo corpo. Stringo maggiormente gli occhi per non vedere che è Leah e cerco di non pensare a quale cazzata sto facendo. Con un gesto quasi frustrato le alzo la gonna e la penetro, gustandomi il suo piacere. Cerco di non essere troppo irruento, ma ho fretta di terminare, prima che il buon senso ritorni a farmi ragionare. Urla il mio nome mentre viene ed io, stringendo maggiormente gli occhi, affondo maggiormente in lei continuando a ripetermi che non è Leah, un paio di spinte e vengo in lei con un ringhio. Ci stacchiamo con il fiato corto, e lei mi accarezza la guancia sussurrandomi un “E’ stato fantastico” con il respiro ancora rotto dal piacere. Non riesco a guardarla in faccia, tiro un sorriso e mi rivesto.
Un silenzio imbarazzato scende tra di noi. Ci rivestiamo veloci senza guardarci e senza parlare.
Leah ritorna in sala prima di me ed io conto fino a dieci prima di seguirla. Appena esco lo sguardo accusatore di Jacob mi conferma che il trucchetto non ha funzionato ed ha capito cosa è successo tra me e sua cugina.
“Offro da bere a tutti! Da oggi sono un imbianchino per l’eternità” urlo avvicinandomi al bancone ed evitando lo sguardo ammonitore di Jacob. Tutti esultano portandosi i boccali alla bocca.
“Complimenti!” mi dice gelido Jacob indicandomi con gli occhi Leah, ma faccio finta di non aver sentito e continuo a festeggiare offrendo vari giri di birra a tutti.
Jacob ride e scherza con tutti, tranne che con me. Non voglio qualcuno infelice alla mia festa. Pure Leah, ormai alticcia, è sorridente e felice.
Mi avvicino a Jacob e, con fare non curante, provo ad attaccare bottone con lui.
“La tua amica sta bene?” gli chiedo facendo tintinnare il mio bicchiere con il suo.
“Credo. Ma ciò non toglie che sei un porco!” e restituisce il brindisi con fare offeso.
“Possiamo festeggiare e lasciare le lavate di capo a domani?” allargo il sorriso e gli scompiglio i capelli.
“Puoi starne certo” risponde minacciandomi con l’indice. Rido felice tornando a festeggiare con tutti, compreso Jacob.
Ho smesso di contare le birre dopo il decimo giro. Alice è ubriaca e, in piedi sul bancone, balla e ride con tutti. La birra e le risate scorrono a fiumi… è una serata stupenda! La fine perfetta di una giornata perfetta!



 
!!ATTENZIONE SPOILER!!
 
... “Ehi, Isy!” dice fissandomi la bocca malizioso e sfoderando un sorriso. “Mi sei mancata” e, senza darmi il tempo di capire, le sue labbra sono sulle mie. Mi lascio andare e lo abbraccio mentre cerco di ricambiare il bacio ...
 

 

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Capitolo 5
*** Giornate Strane ***


Ebbene sì! Sono di nuovo qui a presentare il nuovo capitolo.
E come promesso ad una persona che mi sta spronando a continuare a scrivere questa FF la pubblico con largo anticipo!
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, non siate timidi e nemmeno crudeli, aspetto le vostre opinioni!
BUONA LETTURA!!!

 
BELLA
La testa mi pulsa e gli occhi sono pesantissimi. Cerco di alzarmi dal letto, ma le vertigini mi fanno ricadere sui cuscini. Cerco di chiamare Carmen, ma la gola è in fiamme e la voce è svanita, mi esce solo un suono gracchiante e null’altro. Mi trascino fuori dal letto, muovendomi lentamente per evitare altri giramenti di testa e, appoggiandomi al letto e poi al muro, esco nel corridoio alla ricerca di Carmen.
Appena faccio capolino sulla porta mi corre incontro e, prendendomi per le spalle, mi aiuta a ritornare a letto. Tanta fatica per scendere e mi ritrovo di nuovo a letto. Fantastico!
Provo a parlare, ma il rumore strano che esce dalla mia gola mi convince che è meglio lasciar perdere. Chiudo gli occhi e cerco di far smettere alla testa di pulsare.
“Miss, è molto calda!” dice toccandomi la fronte. “Per favore, apra la bocca”.
La apro e fa una smorfia “Ha le placche! Devo chiamare vostro padre!” provo a trattenerla dalla manica, ma mi scivola ed io chiudo gli occhi in attesa che ritorni. Perché diavolo deve chiamare mio padre? Mica è un medico?
 
Parla al telefono e ritorna con una bottiglia dell’acqua calda ed una tisana. Mi posiziona altri due cuscini sotto la testa e, sostenendomi dalla schiena, mi aiuta a bere. La tisana ha un gusto strano, ma è fredda e scendendo nella gola diminuisce il bruciore.
“A minuti arriverà il medico” mi avvisa continuando a farmi bere l’infuso.
Finita la tazza mi ricorico nel letto e cerco di trovare una posizione comoda. Non è facile! Tutto il mio corpo è dolorante e la testa mi pulsa come se ci fosse una grancassa all’interno!
 
Sento il letto piegarsi sotto il peso di qualcuno, vedo delle mani che mi fanno aprire la bocca e sento qualcosa di freddo che mi tocca la fronte. Vorrei aprire gli occhi, ma sono pesanti e la testa mi fa malissimo. Risprofondo nel sonno e sogno cose strane, sogno del fuoco, delle facce, delle mani… sogno tutto e sogno niente, ma la cosa positiva è che non sento nessun dolore.
 
 
Una puntura nel braccio mi sveglia, o almeno mi fa tornare alla realtà. Provo ad urlare per la sorpresa e per il male, ma la voce non è ancora tornata. Provo ad aprire gli occhi, lottando contro il peso che me li tiene chiusi, voglio minacciare chi ha osato pungermi mentre dormivo almeno con lo sguardo, ma riesco ad aprirli di poco e sicuramente senza espressione. Intravedo un offuscato Carlisle, il medico di famiglia, il miglior amico di mio padre, che mi guarda con il suo sorriso confortante e sento la sua voce ovattata dirmi di riposare, che presto mi sentirò meglio.
Mi fido di lui, e mi lascio avvolgere da uno strano torpore che mi culla fino a farmi riaddormentare.
La notte è stata difficile, mi sono svegliata più volte per il fastidio degli spilli in gola e la sensazione di cadere nel vuoto. Ad ogni risveglio Carmen era presente e sempre pronta ad aiutarmi. Mi parlava con voce calda tranquillizzandomi o mi sorreggeva per farmi bere un infuso amaro e disgustoso, ma fantastico per il bruciore.
 
Dopo un incubo mi sveglio con un forte mal di schiena. Il bruciore alla gola e la pesantezza degli occhi sono diminuiti, come anche il cerchio alla testa. Provo a mettermi seduta e vedo Carmen addormentata sulla poltrona ai piedi del mio letto. Mi volto verso il comodino alla ricerca di qualcosa da bere e, dopo essermi dissetata, mi riaddormento.
 
Carmen mi sveglia porgendomi una pastiglia ed un bicchiere d’acqua.
“E’ l’antibiotico e deve prenderlo a ore prestabilite” spiega aiutandomi a mettermi seduta.
Annuisco e mando giù la pastiglia. Che dolore! Sfrega nella gola e sembra che stuzzichi gli spilli che vi sono conficcati.
“Che ore sono?” chiedo con foce fioca, non squillante, ma finalmente udibile e comprensibile.
“Sono le undici del mattino, Miss” risponde mentre appoggia il bicchiere sul comodino.
“Non posso andare a lavorare!” dico portando la mano alla testa per farla smettere di pulsare.
“Non si preoccupi, ho già provveduto ad avvisare. Lei deve solo pensare a riposarsi e a guarire” e si alza dal letto per sistemarmi meglio le coperte.
“Puoi mettere un po’ di musica ed avvicinare meglio le tende?” mi abbandono nei cuscini e chiudo gli occhi per riposare.
Sogno, sogno tantissimo. Sogno Rose, Mike, sogno Carmen e persino Jacob, il gentile cameriere che mi ha consolata dopo il fattaccio nella sala grande.
 
Non so dirvi per quanti giorni ho dormito, so solo che mi sono svegliata ed il mal di gola, il mal di testa ed il mal di ossa è svanito. Suvvia, ho visto momenti migliori, ma oggi sono riuscita ad arrivare fino in cucina e ho divorato tutto quello che Carmen mi ha cucinato. Ho chiesto a Carmen il cellulare per chiamare Rosalie. Quando ho acceso il computer ed ho letto il numero di messaggi ed email che mi aveva inviato negli ultimi giorni, ho capito che facevo prima a chiamarla!
Abbiamo chiacchierato per mezz’oretta e le ho spiegato il motivo per il quale non rispondevo. Si è offesa perché nessuno l’aveva avvisata e voleva venirmi a trovare a Villa Swan. Sono riuscita a inventare una scusa per non farla andare, dato che non mi avrebbe trovata, e ho finto che qualcuno mi stesse chiamando per riattaccare. Dato che avevo il cellulare in mano, chiamo anche mio padre per dirgli che sto meglio e che se voleva potevamo mangiare cena insieme. Erano ormai settimane, per non dire mesi, che non chiacchieravo con qualcuno. Sì, a lavoro ogni tanto scambiavo qualche parola con Jacob, e mi scrivevo giornalmente con Rose, ma avevo bisogno di compagnia.
Mio padre è rimasto stupito dell’invito, ed anche Carmen quando l’ho avvisata che lo avremmo avuto a cena… Non capisco cosa ci sia di tanto strano nell’invitare il proprio genitore a cena!
 
Nel pomeriggio è venuto Carlisle a visitarmi ed era contento di vedermi in piedi. Mi ha fatto una breve visita e mi ha dichiarato guarita. Ha scritto su un foglio intestato che dovrò consegnare a Jessica appena ritorno in ristorante, e mi ha chiesto se me la sentivo di tornare a lavorare già dal giorno dopo o preferivo rimanere ancora un paio di giorni a casa per riprendermi completamente.
Ho esultato al pensiero di poter evitare il lavoro. Avrei avuto tutto il giorno per poltrire, dormire, leggere, guardare la tv, fare bagni eterni nella vasca idromassaggio… ma se non andavo a lavorare non mi avrebbero pagato, e se non mi pagavano non potevo più andare dalla pettinatrice, dall’estetista, comprarmi il bellissimo vestitino che avevo adocchiato in una vetrina vicino al New Moon… Senza contare che, sicuramente, se facevo troppi giorni d’assenza mi avrebbero licenziato, il che voleva dire: no casa, no cibo!
“Voglio tornare domani! Mi sento in forma” gli rispondo con il mio miglior sorriso, e lui e Carmen mi guardano come se avessi due teste.
“Zio, dici che è meglio se rimango a letto ancora qualche giorno?” chiedo preoccupata. Scoppia a ridere, e non mi passa inosservata nemmeno Carmen nasconde una risata con la mano sulla bocca.
“Assolutamente! Sei guarita al cento per cento. Certo, non devi prendere freddo e devi fare attenzione ai colpi d’aria, ma sei guarita!” e mi abbraccia baciandomi i capelli.
La cena è stata stancante. Non per la compagnia. Mio padre e Carlisle sono uno spasso, ma i giorni passati a letto mi hanno spossato e così, appena terminato il dolce, ho salutato tutti con un bacio e sono andata a dormire.
_ _ _
 
Appena faccio il mio ingresso al “New Moon” Jessica mi guarda scioccata.
“Sono licenziata?” le chiedo porgendole il foglio che mi ha dato Carlisle.
“Assolutamente no! Sono solo colpita di vederti già qui. Credevo che sfruttassi l’occasione per stare lontano dal ristorante” non nego che l’idea era allettante, ma alla fine, sono contenta di avere una scusa per uscire di casa.
“Preferisco controllare come procede il mio ristorante, invece che poltrire” rispondo acida.
“Preferisci saletta o sala grande?” sorride ancora incredula della mia presenza.
“Saletta” e senza aggiungere altro mi incammino, con passo deciso e senza voltarmi, verso la sala.
Non faccio in tempo ad entrare che Jacob mi abbraccia con trasporto, saltando sul posto e urlandomi nell’orecchio. “Sei tornata! Sei tornata!”
Lo allontano infastidita. Ok, mi aveva consolato in un momento di sconforto, ma ciò non significava che fossimo amici. Mi risistemo la maglia, che la sua euforia ha sgualcito, e rispondo con freddezza.
“Certo che sono tornata! Ma ti vorrei chiedere di tenere le mani a posto ed evitare certi comportamenti. Non siamo amici, siamo colleghi!” e mi metto a preparare gli ultimi tavoli.
Il servizio fila liscio, Jacob mantiene le dovute distanze e i clienti si comportarono gentilmente. Più volte lo sguardo rattristato di Jacob mi ha fatto voltare, ma non gli ho comunque chiesto cosa avesse da guardare.
 
Finalmente la giornata lavorativa è finita. Entro in casa contando le mance della giornata, sono tantissime, e trovo mio padre che chiacchiera allegramente con Carmen. Mi saluta con un sorriso e mi viene incontro abbracciandomi.
Oggi sono tutti presi bene con sti abbracci, ma tenersi le mani a casa propria?
“E tu cosa ci fai qui?” gli chiedo sospettosa.
“Ti invito a cena fuori!” risponde sorridente porgendomi un mazzo di Amaryllis, i miei preferiti “…E ti concedo una tregua, che vale solo per oggi! Pettinatrice, manicure e vestiti nuovi!” e mi sventola, con un sorriso, la carta di credito sotto il naso.
Lo abbraccio felice ed inizio a saltellare per la sala come se il pavimento bruciasse, corro pure ad abbracciare Carmen e le stampo un bacio con schiocco sulla guancia! Rimane di sale e mi guarda come fossi indemoniata. Le tolgo le braccia dal collo e faccio spallucce. Continuo la mia danza della gioia gridando “Grazie! Grazie! Grazie!”
 
Mio padre è un ottimo accompagnatore, ha atteso con pazienza nelle salette e mi ha guardata sfilare dandomi ottimi consigli. Ha trovato da ridire solo sui vestiti troppo corti o troppo scollati, preferiva quelli castigati. Il mio papà geloso!! Un vestito in raso blu, lungo, senza spalle, che mi fascia la vita allargandosi sul fondo è quello che alla fine ci ha soddisfatto entrambi. Mi ha regalato anche delle bellissime scarpe gioiello che stanno divinamente con il vestito e, con mia grande sorpresa, mi ha portata da Tiffany. Ha fatto un cenno con il capo alla commessa e, dopo aver preso in mano una collanina, me l’ha allacciata senza dire nulla, mi ha voltata per ammirarmi e i suoi occhi erano lucidi. Era una collanina fine con un ciondolo a farfalla in oro bianco tempestato di diamanti.
“Perché tutto questo?” non che non ne fossi entusiasta, ma il suo atteggiamento era sospetto. Da quando mi aveva obbligata a cambiare vita, non lo avevo più visto e tutti questi regali, senza un motivo apparente, iniziavano a preoccuparmi.
“Perché voglio prendermi cura di te. Sei la mia principessa!”
“Quindi torno a casa?” chiedo speranzosa.
“No, non ancora. Continua così e vedrai che presto tornerai a casa!” e prendendomi per mano mi accompagna al salone di bellezza.
Anche lui si fa coccolare dalle mani esperte delle massaggiatrici e fa la sauna con me.
Manicure, pedicure, massaggi con fanghi… ogni cosa che il salone propone io l’ho fatta! Compresa la pettinatrice. Esco, dopo diverse ore, con una bellissima e sofisticata acconciatura… mi sento di nuovo Isabella Mary Swan… mi sono mancata.
Gli do un bacio sulla guancia e gli sorrido mentre mi accomodo in limousine. Ci dirigiamo verso il ristorante chiacchierando e ridendo… mi sento leggera, felice ed anche mio padre è rilassato.
La Limousine si ferma di fronte al locale di mio padre, un ristorante rinomato ed elegante, dove si mangia divinamente e si viene serviti come re.
Non riesco a trattenere un Oh di meraviglia. E’ bellissimo, elegante, lucente, raffinato… i lampadari sono immensi ed i tendaggi, che dividono le varie salette assicurando la privacy, sono bellissimi, sembra di essere in una reggia. Ci sono venuta tantissime volte, con mio padre, con Rosalie, con Mike, ma non avevo mai notato quanto fosse tutto perfetto!
Mio padre, da vero gentiluomo, mi allontana la sedia dal tavolo per farmi accomodare e mi aiuta a togliere il giubbino. Prendo il menù in mano e, man mano che leggo i cibi proposti, mi viene l’acquolina… vorrei assaggiare tutto, quanto mi sono mancati quei manicaretti!
Il cameriere è educato e servizievole. Consiglia professionale il vino adatto ai piatti ordinati e si allontana per portare la comanda in cucina.
“Sei contenta?” mi chiede mio padre accarezzandomi la mano e facendomi tornare alla realtà.
“Non me lo ricordavo così… così…” non ho parole per descriverlo e continuo a rimirare il locale, pulito, luccicante, ampio, bianco…
“Se vuoi possiamo replicare…” chiede in imbarazzo.
Annuisco con il capo. Certo che voglio replicare! Voglio tornare nel mio mondo, voglio vivere in quello sfarzo, in quella perfezione… sono Isabella Mary Swan, sono nata per vivere in ambienti come quello!
“Certo! Tutte le sere” rispondo facendolo sorridere.
“Isy…” sembra in imbarazzo.
“Dimmi!”
“Sono felice che tu abbia accettato il mio invito, e sono felice che tu voglia ripeterlo, ma…”
“Ma…”
“Volevo solo festeggiare con te… sei mia figlia. Non è un invito a tornare a casa… scusa” ha gli occhi fissi sul bicchiere e le sue guance sono leggermente arrossate. Festeggiare?
“Festeggiare?”
“Mia figlia!” risponde frettolosamente “… il suo nuovo lavoro ed il suo nuovo appartamento… la sua indipendenza!”
“Non è da festeggiare… sono sola! Non ho amici, non posso dire a nessuno chi sono o cosa sto facendo, non ci vedo nulla da festeggiare” rispondo cercando di non urlare, ma incenerendolo con lo sguardo.
“Isy…” mi accarezza la mano cercando di tranquillizzarmi, ma non serve un gesto così inutile, sono arrabbiata e il fatto che lui reputi la mia situazione un qualcosa da festeggiare mi fa irritare ancora di più.
“Mr. Swan… che piacere” la mielosa voce di Mike stempera il mio nervoso. Mi giro per ammirarlo, è quasi un mese che non lo vedo e vederlo è fantastico… elegante, pettinato perfettamente, con un completo firmato e perfetto per la sua figura… mi imbambolo a guardarlo mentre si avvicina… a mio padre. Perfetto!
“Miss Swan” mi prende la mano per baciarla e mentre alza il volto mi guarda con occhi strani, nessuna scintilla come mi ero immaginata, ma solo ghiaccio.
“Newton. E’ un piacere rivederla.” La voce di mio padre non è gentile come dovrebbe essere, sembra quasi infastidito dalla presenza di Mike. Deve solo ringraziarlo, gli ha evitato una scenata da parte mia che non avrebbe dimenticato facilmente.
“Sono qui con mio padre” e con la testa indica il tavolo nel quale sono seduti i suoi genitori. “Mia madre ha pensato che il vostro locale fosse perfetto per festeggiarlo” festeggiarlo? Anche loro oggi festeggiano?
“… Isy, credevamo fossi stata rapita dagli alieni… o che ti avessimo offeso.” La sua voce è strafottente, non calda e mielosa come me la ricordavo. Quel suo modo distante fa aumentare la rabbia che avevo bloccato momentaneamente.
 “Se ti fossi sforzato a cercarmi forse avresti saputo che nessun alieno mi aveva rapita” e mi porto il bicchiere alla bocca per placare il nervoso che mi sta assalendo, oltre che annegare la paura di averlo offeso.
Il volto di mio padre sembra compiaciuto, ma non posso esserne certa perché la visuale è distorta dal bicchiere.
“Ero all’estero per lavoro, altrimenti lo avrei fatto sicuramente” controbatte ancora più velenoso.
“Oh! Nuove attività all’estero?” si intromette mio padre per diminuire la tensione.
“Tantissime” quel sorriso doveva rivolgerlo a me, non a mio padre! E mentre lo guardo ferita dal suo atteggiamento distaccato nei miei confronti lui si perde a lodare il suo lavoro, i suoi nuovi acquisti all’estero, bla, bla, bla…
Dalla rabbia alla noia! Che serata fantastica! E’ iniziata così bene la giornata, ed adesso sono qui, al tavolo ad ascoltare discorsi noiosi…
“Vado un attimo ai servizi” avviso prima di allontanarmi dal tavolo. E solo mio padre fa cenno di aver sentito, mentre Mike continua ad ignorarmi.
Mi rinfresco il viso, e mi guardo allo specchio del bagno mentre penso a cosa sia successo tra me e Mike. E’ vero non l’ho mai cercato, ma anche lui non ha mai cercato me… pensavo che appena ci fossimo rivisti mi sarebbe corso incontro baciandomi fino a togliermi il fiato, mormorandomi parole dolci, dicendomi che gli ero mancata… come Jacob… invece era un ghiacciolo. Dovevo parlargli, e anche velocemente, non volevo perdere anche lui.
“Quindi sei ancora viva!” la voce di Lauren mi fa sobbalzare. La mia cara amica, compagna di shopping e pettegolezzo… alla fine la serata non è così male, sto rivedendo tutti i miei amici e sono all’altezza per stare con loro: vestito nuovo, capelli perfetti, manicure fatta!
“Ciao! Si sono ancora viva. Sono stata in giro per lavoro per conto di mio padre e non sono più riuscita a vederti! Come stai? Sei bellissima!” le dico rimirando il suo fantastico vestito rosso firmato.
“Io benissimo, ho trovato il mio pollo. Invece tu, che diavolo hai fatto?” mi chiede prendendo le mie mani nelle sue e rigirandole. I calli per i piatti e le screpolature sono evidenti, non basta la manicure per nasconderli. Con un sorriso, nascondo le mani dietro la schiena imbarazzata.
“Caspita! Hai delle mani bruttissime, sembra che tu abbia lavorato in un cantiere!”
“Beh! Ho lavorato, non proprio in un cantiere…” la voglia di confidarle il mio segreto è altissima, sento le parole ferme in gola, è una delle mie migliori amiche dalle elementari e mi sembra corretto renderla partecipe.
“Lavorato, certo, come manager in una società di tuo padre. Anche se non capisco perché ti faccia lavorare. Alla fine basta sposarsi un buon partito e farsi mantenere, giusto? Mica siamo come quei pidocchiosi puzzolenti che devono lavorare!” dice stizzita e scoppiando a ridere per l’immagine che si era creata nella mente.
“Mio padre lavora e non è assolutamente pidocchioso, né tantomeno puzzolente!” rispondo senza riuscire a fermare le lacrime per l’offesa.
“Mia cara Isy, mi hai frainteso. Tuo padre fa un lavoro di tutto rispetto, è il re. Io intendevo i lavoratori come quei miseri camerieri che sono obbligati a servirci o quei luridi imbianchini, imbrattati di vernice… mia cara, non mi riferivo assolutamente ai veri lavoratori come tuo padre!” e sfodera il suo miglior sorriso per farmi tranquillizzare.
“Scusa avevo frainteso” abbasso lo sguardo. Non posso dirle la verità, mi disprezzerebbe, avrebbe pena di me oppure proverebbe ribrezzo… mentre nominava i camerieri la smorfia del suo viso è stata più che chiara.
“Dai, non fare quel muso lungo. Ti vengono le rughe! Ok che non devi accaparrarti nessun pollo essendo la regina, ma non va bene rovinarsi la pelle con le lacrime!” e con un fazzolettino mi asciuga le guance facendo attenzione a non rovinarmi il trucco.
“Domani sera sei dei nostri? Ci sono anche Rosalie e Pier, andiamo nel locale di tuo padre… se vieni evitiamo la coda…” esclama ridendo “…e anche di pagare!” senza smettere di ridere esce dal bagno. Nemmeno un saluto solo una risata… fantastico!
Ma se pensavo che il peggio fosse passato… mi sbagliavo!
Esco dal bagno e Mike mi blocca per il braccio.
“Ehi, Isy!” dice fissandomi la bocca malizioso e sfoderando un sorriso. “Mi sei mancata” e, senza darmi il tempo di capire, le sue labbra sono sulle mie. Mi lascio andare e lo abbraccio mentre cerco di ricambiare il bacio “Piano, mi sgualcisci il vestito” dice sistemandosi infastidito.
“Scusa” sussurro, cercando di capire perché non ho sentito le farfalle nello stomaco, ma solo fastidio. Ho provato a lasciarmi andare, ma i suoi occhi, le sue labbra… sono diverse da come me le ricordavo.
“Perché non mi hai cercata?” chiedo mentre mi pulisco le labbra.
“Ho avuto altri impegni… ma adesso sono qui! Vieni” e cerca di riprendere da dove avevamo interrotto.
“Mike!” e lo allontano, la sua vicinanza non è piacevole come ricordavo “C’è mio padre di là. Smettila”
“Come se non lo sapesse! Isy, sono anni che ci frequentiamo, credi che non lo sappia che ci baciamo… e non solo?” si lecca le labbra mentre mi passa ai raggi X fino alle gambe scoperte. Le sue braccia sembrano dei tentacoli che cercano di afferrarmi, ma io mi allontano maggiormente.
“Devo tornare in sala.”
“Non fare troppo la preziosa!” e mi riafferra poco gentilmente per il braccio e mi attira a sé unendo le sue labbra alle mia.  Provo a divincolarmi, ma lui continua con un bacio duro, arrabbiato. Quando riesco ad allontanarlo mi dà la pugnalata finale “Ok, che sei la Regina, ma ricordati che sei Mia” suona più come una minaccia che come una confessione di amore. Non sono mai stata sua! Sì, siamo insieme da anni, ho perso la verginità con lui, ho fatto le mie prime esperienze, ma non sono mai stata sua. Non so come spiegarmi… sono cresciuta con lui, è sempre stato il mio cavaliere, ma non mi sento di essere mai stata sua come lui intende in quella frase minacciosa. E’ un mese che non lo sento, che non lo vedo. Non mi sento libera di dirgli cosa sta succedendo nella mia vita. Se fossi sua lo saprebbe, mi sarebbe venuto a prendere, avrebbe litigato con mio padre per difendermi, ma invece è scomparso. Non sa nulla di me, non mi ha chiesto niente. Mi ha teso un’imboscata e si è appropriato delle mie labbra come se fossero di sua proprietà… io sono Isabella Mary Swan, io non sono di proprietà di nessuno.
“Credo che dovremmo prenderci del tempo. Una pausa di riflessione” le parole escono ancor prima che riesca a pensarle.
“Cosa?” il suo volto è teso “Solo perché non ti ho chiamato? E tu? Mi hai cercato? Isy…” scuote la testa come sa parlasse ad una bambina. “Non voglio litigare, dimentichiamo l’ultimo mese. Vieni da me, ho un metodo infallibile!” sciabola le sopracciglia mentre parla.
“Preferirei fare una pausa” ribadisco dandogli le spalle e correndo verso la sala.
 
“Puoi portarmi a casa? Ho mal di testa!” esclamo appena arrivo al tavolo tenendomi la mano sulla fronte.
“Ok. Tutto a posto?” mi chiede preoccupato lanciando un’occhiataccia verso Mike.
“Sì, voglio solo tornare a casa” e mentre ci dirigiamo all’uscita noto molti ragazzi ai tavoli offrire un pacchetto regalo ai propri padri… la festa del papà! Ed io me ne ero dimenticata!
 
“Auguri!” sussurro imbarazzata a mio padre mentre ci dirigiamo verso il mio appartamento.
Sorride e mi stringe la mano, prima di ritornare ad osservare il paesaggio che saetta fuori dal finestrino della limousine. Che figlia ingrata. E’ la festa del papà ed io non gli ho regalato niente, anzi mi sono fatta viziare!!! Ma cosa sono diventata? Quando c’era ancora la mamma non avevo mai scordato la festa del papà. I ricordi delle giornate passate a fare i lavoretti in casa con la mamma per festeggiarlo ritornano nella mia mente facendomi sentire peggio di come già mi sentissi… erano lavoretti semplici, fatti con materiali semplici, ma erano fatti con amore, erano fatti dalle mani delle sue donne e lui ci ripagava con dei caldi sorrisi… e invece, negli ultimi anni? Mi ero dimenticata, non lo avevo più festeggiato!
 
Saluto mio padre con un bacio sulla guancia e facendogli ancora gli auguri. Entro in casa e mi fiondo nella vasca idromassaggio per togliere ogni residuo della serata.
Lo so che le emozioni non si lavano con l’acqua, ma sicuramente il lume di candela, la buona musica jazz e la tranquillità della vasca aiutano a risistemare i pensieri.
Era circa un mese che ero sparita dalla vita dei miei amici e solo ed esclusivamente Rose aveva mantenuto i contatti. Mike non si era degnato nemmeno di scrivermi e la scusa dell’estero non reggeva, una email poteva inviarla anche da Timbuctu se avesse voluto. Quello che più mi fa pensare è la mancanza di emozioni quando l’ho baciato. Perché non ho provato nulla? Perché ho avvertito solo fastidio? Non lo amo più? L’ho mai amato? Ripenso al suo viso, al suo sorriso, al tempo che ho passato con lui sull’isola che mi ha regalato papà, negli alberghi di mio padre, nei locali di mio padre… ma non mi fanno nascere nessuna emozione, anzi più cerco di metterlo a fuoco, più il suo volto si trasforma in un serpente… perché? Che diavolo mi sta succedendo?
 E le parole di Lauren? “Quei miseri camerieri”, mi hanno ferita. Non mi sento misera… ed io che le stavo per raccontare la mia disavventura, se non mi avesse fermata adesso mi reputerebbe una misera cameriera. Anche se devo essere sincera non capisco perché misera? E’ un lavoro onesto che porta anche soddisfazioni! Ok, non porterà i miliardi come le attività di mio padre, ma comunque, se fatto decentemente dà un guadagno discreto… e poi, se non ci fossero i camerieri, mio padre e tutti i ricchi, dove porterebbero a mangiare i soci o gli eventuali clienti? Dopo giorni che non ci vedevamo non mi hanno chiesto nulla su come mi sentissi, non mi hanno abbracciata, non mi hanno trattata come mi aveva trattato Jacob… eppure mi conoscevano da più tempo.
 
Mentre penso alla serata, la differenza tra Jacob ed i miei amici diventa sempre più chiara. La freddezza con il quale mi hanno trattato Lauren e Mike contro il caloroso bentornata di Jacob. Non mi conosce bene, anzi mi conosce pochissimo e da pochissimo tempo, eppure mi ha accolta calorosamente dopo soli pochi giorni di assenza… ed io lo avevo trattato malissimo…
Primo proposito: Non trattare male Jacob!
 
La mattina mi sveglio distrutta da una notte piena di incubi. Mi accomodo in veranda per far colazione e ripenso al sogno inquietante che mi ha accompagnato tutta la notte.
Mike che mi avvolge tra le sue spire e prova a baciarmi, ed io mi allontano urlando quando la sua lingua di serpente esce dalla sua bocca per toccarmi, i suoi occhi si trasformano in quelli di una serpe… mentre mi divincolo, tutto il corpo di Mike si trasforma in un’enorme anaconda che sibilava “SSSSei mia!”. Mi libero con uno strattone e mentre corro, chiedendo aiuto, urto contro Lauren che, altezzosa, mi ripete “Cosa ti lamenti, sei la Regina” e mi appoggia una corona pesante sulla testa, facendomi cadere a terra, a pochi millimetri dalle spire di Mike. Pier ride, ride così forte da farmi girare la testa, impedendomi di alzarmi, dando la possibilità alla serpe di stringermi nelle sue spire. Una parte del mio corpo è già svanita all’interno delle fauci del serpente quando appare Jacob che, con un sorriso, mi porge le mani e con forza mi salva. Dimitri lo colpisce alla testa ed io, urlando, mi sveglio madida di sudore.
 
Appena entro nel ristornante corro nella saletta per cercare Jacob e mettere in atto il mio proposito.
La saletta è vuota, di Jacob nessuna traccia. Inizio a preparare i tavoli ripercorrendo con la mente le parole cattive che gli avevo detto e rivedendo nella mia mente la sua faccia dispiaciuta e quelle gelide dei miei vecchi amici. Mentre mi infliggo quella piccola tortura personale, per insegnarmi ad essere più gentile, le mani ambrate di Jacob posizionano le posate sul tavolo che sto finendo di preparare.
Alzo la testa di scatto e non riesco a trattenere il sorriso.
“Ciao” saluto felice.
“Ehm… ciao.” risponde sorpreso dalla mia reazione. Comprensibile che sia sorpreso, sono sempre stata gelida con lui, come Lauren e Mike con me ieri sera… ma che stronza!
“Non ti ho visto quando sono entrata” dico per stemperare la tensione che si sta creando e ricominciando a posizionare le posate sul tavolo per nascondere le guance rosse.
“Ero nella sala grande per aiutare Emmett a preparare i tavoli” risponde continuando a guardarmi come se avessi tre occhi.
“Emmett?” chiedo confusa, quel nome non mi dice nulla.
“E’ un nostro collega, ma non credo che tu gli abbia mai parlato” e quelle parole mi aprono gli occhi. Al New Moon ci lavorano dieci camerieri, tre cuochi e un lavapiatti ed io conosco solo Jacob. Ma come diavolo ho fatto a non conoscere nessuno in un mese di lavoro?
“Non lo conosco. Non ci ho mai lavorato insieme. E’ simpatico?” chiedo realmente interessata e vogliosa di continuare a chiacchierare.
Si gratta la testa e mi guarda come se mi fosse cresciuta la seconda testa. La sua faccia buffa mi fa scappare un risolino. Forse gli antibiotici mi hanno drogata perché mi sento diversa. Mi sento a mio agio con Jacob e non voglio più stare sola. Se posso essere sincera, dopo il gelido benvenuto dei miei vecchi amici, oltre la loro mancanza di interesse nei confronti del mio ultimo mese, mi ha fatto scattare qualcosa dentro per il quale non sento più il bisogno di coltivare quelle amicizie, ma voglio costruirne di nuove, più umane, più calorose… più come Jacob. Cominciare con i colleghi può essere un buon inizio.  
Parliamo per tutto il tempo che il servizio ci permette e mi racconta diversi aneddoti divertenti su alcuni miei colleghi, situazioni imbarazzanti che erano sono sotto il mio naso e che mi sono persa perché troppo impegnata a disprezzare la vita che mio padre mi aveva imposto.
“Se vuoi posso continuare a raccontarti altri aneddoti stasera al Midnight Sun.” Esordisce a fine servizio.
Mi giro preoccupata. Forse la mia voglia di parlare lo ha indotto a pensare che fossi interessata a lui. Come se mi avesse letto nel pensiero, alza le mani in segno di resa e mi spiega.
“No, no, non è come pensi. Sono felicemente fidanzato” e mi mostra una fedina che luccica sulla mano destra. “Volevo solo invitarti ad una uscita tra amici. Stasera ci sono dei miei amici che suonano al locale ed io vado ad ascoltarli”
Ci penso un po’. Uscire con Jacob, anche se non è uno sconosciuto, mi fa agitare. Passeggiare per le strada del quartiere di New York la sera per andare in un locale sconosciuto, non mi piace. Però l’alternativa è la solita noiosa serata: cena, bagno, libro, nanna.
Scuoto la testa per togliermi gli ultimi dubbi e senza permettere al mio cervello di pensare ad eventuali pericoli accetto l’invito.
“Quindi alle otto da te?” mi chiede prendendo il cellulare per segnare la via.
Merda! E adesso? Non posso dirgli dove abitavo, da troppi indizi su chi sia mio padre. Inizio a pensare dove dargli l’appuntamento ed alla fine opto per il parrucchiere. E’ a pochi metri dal mio palazzo ed è anonimo.
“Alle otto davanti al parrucchiere “Sunrise”… sii puntuale!” e prego che non sia un ritardatario perché non voglio rimanere sola in mezzo ad una strada poco illuminata in periferia.


 
!! ATTENZIONE SPOILER!!
Esco massaggiandomi la guancia e mi dirigo verso il tavolo, ma non faccio nemmeno due passi, che la mano smaltata di Victoria mi accarezza la guancia facendomi girare il viso verso di lei.
“Poverino, la ragazzina ci è andata pesante” dice con voce sensuale avvicinandosi pericolosamente alla mia bocca. Perfetto! C’era ancora qualche ragazza che doveva dirmi o farmi qualcosa stasera?
 
 

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Capitolo 6
*** Quegli Occhi ***


Come promesso sono di nuovo qui ad aggioranre!
Ringrazio tutte coloro che hanno speso del tempo per recensire la mia FF perchè mi spronano a continuare! E ringrazio anche tutti coloro che l'hanno aggiunta nelle preferite, seguite... 
GRAZIE GRAZIE GRAZIE!
Fatemi sapere cosa ne pensate e BUONA LETTURA!



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EDWARD
“Leah, no!” le dico allontanandola poco gentilmente da me.
I suoi occhi si riempiono di lacrime e si morde le labbra per trattenerle, mentre si stringe tra le sue stesse braccia.
“Perché?” sussurra con la voce spezzata e facendomi sentire un verme.
“Perché non sono quello giusto per te!” lo so che è una scusa banale, ma è la verità. E’ una bellissima ragazza ed è dolcissima, ma non voglio storie, voglio solo scappatelle di una notte e con lei non posso essere il solito Edward Cullen, la farei soffrire e Jacob farebbe soffrire me!
Dopo la sera della grande notizia, tra noi era tornato tutto alla normalità, mi ero quasi convinto che alla fine lei cercasse solo una bella scopata e che, avendola ottenuta, si era tolta ogni pensiero nei miei confronti. Invece è tornata all’attacco ed io mi maledico per aver ceduto quella sera nel magazzino.
“O io non sono quella giusta per te?” sibila trapassandomi con lo sguardo.
“Anche” vorrei risponderle dato che con lei sono sempre stato molto sincero, ma non dico nulla e le accarezzo la guancia sorridendole gentile.
“Sei bellissima e dolcissima, ma quello che è successo non si ripeterà. Mi dispiace” e mi avvicino per sfiorarle un bacio sulla guancia prima di ritornare in sala e salire sul palco per suonare.
 
La pista è piena, tantissimi corpi ballavano e si strusciavano. E’ una serata importante perché presentiamo le nostre nuove canzoni. Siamo tutti molto agitati. Durante le prove è andato tutto liscio, ma un conto è suonare tra di noi, un conto è suonare davanti ad una folla piena di aspettative!
Tutti i timori ed i dubbi scompaiono appena poso le mani sui tasti del mio fidato piano.
“Son tornato” gli sussurro e lascio scorrere libere le note immergendomi nel mio mondo, dove ogni problema è lontano e la dolcezza, la magia, la sicurezza della musica mi fa dimenticare il mondo reale ed i suoi problemi.
 
Dopo la prima canzone il pubblicò applaude per diversi minuti, aumentando l’adrenalina della band. Suoniamo come non abbiamo mai suonato, il pubblico ci dà una carica che in due anni non avevo mai provato e Seth si fa prendere così tanto dal momento che fa un assolo sensazionale. Il sorriso mi si è piazzato sul volto e non riesco a togliermelo per tutta la prima parte del concerto. Sento l’energia del pubblico entrare in me incanalandosi fino a riversarsi sui tasti … wow, ragazzi, nessuna parola può descrivere le sensazioni che provo. Divine!
 
“Dieci minuti di pausa! Bravi ragazzi!” la vociona di Emmett mi fa ritornare alla realtà. Gli sorrido e mi alzo quasi ebro. Mi avvicino al banco con Seth per prendere una birra e congratularmi con lui. Mentre ci lodavamo a vicenda Jacob mi dà una pacca sulla spalla ed io mi giro per salutarlo. Non so se per l’adrenalina del concerto o se per la carica che mi ha dato il pubblico, ma per un secondo tutto diventa silenzioso e la sala si svuota lasciandomi solo con degli occhi di color cioccolato così profondi che mi sento affondare in loro.
Scuoto la testa per riprendermi e cerco di capire cosa mi dice Jacob.
“Isabella, ti ricordi?” ripete avvicinandola al bancone tra me e Seth.
“Isabella, lui è Edward!” le porgo la mano e appena sfioro la sua una scossa mi attraversa il braccio. Ho la salivazione a zero e non riesco a smettere di fissarla negli occhi.
Ci metto un attimo a racimolare dei pensieri coerenti e, senza lasciarle la mano, dico la prima cosa che afferro nei miei pensieri sparsi.
“La ragazza della bottiglia” … ma come diavolo mi è uscita?
Abbassa lo sguardo e, con le guance che le si imporporano rendendola ancora più incantevole, annuisce impercettibilmente.
“Vuoi una birra?” continuo lasciando finalmente la sua mano per porgerle il bicchiere.
“Sì grazie” risponde gentile mentre si siede sullo sgabello.
Cerco di unire la ragazza stizzita del ristorante con la ragazza imbarazzata che ho di fronte, ma non riesco a trovare nessuna somiglianza. Forse è l’effetto del buio del locale, forse l’adrenalina del concerto… non saprei, so solo che i suoi occhi sono come una droga, non riesco a smettere di guardarla.
“Io sono Seth!” si presenta Seth con voce squillante ed abbracciandola con trasporto. Seth è famoso per il suo entusiasmo, ma le sue braccia attorno alle spalle della ragazza mi innervosiscono… mi giro con tutto il corpo verso il bancone e bevo tutto d’un fiato la birra… ma che diavolo mi sta succedendo?
“Finite di bere e… oh! ciao Jacob!” saluta Emmett, mentre osserva la nuova arrivata “… ma tu, sei la cameriera del New Moon!” dice indicandola con il suo classico sorrisone.
“Sì, tu devi essere Emmett” e gli porge la mano arrossendo maggiormente.
“Dopo mesi che lavoriamo insieme, finalmente ti conosco… hai detto che ti chiami?”
“Isabella” sussurra prima di girarsi verso il bancone imbarazzata.
“Forza andate a suonare!” interviene Jacob “le ho promesso di farle sentire la vostra musica, non le vostre parole… Forza forza forza” e ci spintona verso il palco.
 
Ho la salivazione a zero, e man mano che mi allontano dalla ragazza sento quasi freddo. Mi volto più volte a guardarla, e noto con piacere che anche lei mi sta seguendo con lo sguardo. Mi sorride ed io perdo anche l’ultimo barlume di lucidità.
Mi siedo davanti al pianoforte e prendo un bel respiro. Voglio dare il massimo, voglio farle sentire la mia musica e voglio che le piaccia.
Per la prima volta, finito il pezzo, guardo verso il pubblico. Cerco Isabella. E’ ancora seduta sullo sgabello del bar e guarda estasiata verso il palco.
Quando arriva il mio assolo, suono un pezzo delicato, quasi una carezza, che immagino arrivare alle sue guance e continuò leggermente più frizzante come un bacio sulle sue labbra rosate.
Uno scroscio di applausi mi sommerge e mi alzo per fare l’inchino, senza smettere di guardare quella splendida ragazza che mi ha ispirato.
 
A fine concerto, ci sediamo come sempre a bere una birra al nostro tavolino.
“Bravissimi ragazzi! Stasera siete stati eccezionali!!!” urla entusiasta James mentre ci posa di fronte un vassoio pieno di birre. “Queste le offro io! Agli Angel!!”
“Agli Angel” rispondiamo in coro alzandoci per far battere insieme i nostri boccali.
Il cuore sembra esplodermi nel petto e il sorriso non è ancora svanito dal mio viso. Sono euforico. La serata è andata alla grande, le nostre canzoni hanno avuto un successo strepitoso e Isabella non smette di guardarmi… sono in Paradiso!!! L’unica nota negativa è la mancanza di mia sorella, mi aveva accompagnato, ma dopo due canzoni l’avevo fatta tornare a casa per finire gli abiti che doveva consegnare. Era così nervosa che non riusciva a stare ferma sulla sedia e non mi aiutava a stare tranquillo. Non mi piaceva vederla così tesa e, non immaginando il successo del concerto, ero stato felice di dirle di andare a casa assicurandole che per me non era un problema.  Però adesso mi mancava, volevo vederla fiera di me e festeggiare con lei. Scuoto la testa per non pensarci e, sedendomi “distrattamente” di fronte a Isabella, mi ributto nelle chiacchiere con i miei amici tutti emozionati per la serata.
La guardo più volte di sfuggita. Ha ragione Jacob, è magnifica quando sorride o arrossisce per una battuta… e mi piace soprattutto quando mi guarda.
 
Leah, da dietro il banco, mi fulmina con lo sguardo e mi chiama con la mano. Non voglio alzarmi, non voglio litigare, le ho detto quello che pensavo e credo che la cosa migliore da fare sia darci tempo. Quindi faccio finta di non averla notata e continuo a discorrere con gli altri e a osservare le reazioni della ragazza.
“Forse è meglio che vai” mi sussurra Jacob all’orecchio indicandomi con un cenno del capo Leah. Sbuffo alzando gli occhi al cielo e passandomi le mani tra i capelli per stemperare l’imbarazzo di essere stato beccato.
“Hai fatto il danno… accetta le conseguenze. Forza!” e mi inclina la sedia per farmi alzare.
Non gli rispondo, non voglio che Isabella mi reputi maleducato, non voglio nemmeno che si accorga di cosa sta succedendo. Fulmino Jacob con lo sguardo e lo minaccio con un mugugno, mentre seguo Leah in cucina.
 
La porta non è ancora chiusa che Leah mi assale.
“Sei un bastardo!” urla spintonandomi. La guardo confuso mentre faccio un passo indietro per recuperare l’equilibrio.
“E non fare quella faccia. Hai sempre detto che non volevi storie serie… non fare il bastardo anche con l’amica di Jacob” spiega continuando a spintonarmi e liberando le lacrime.
“Ma che diavolo stai dicendo” ringhio bloccandole le braccia per i polsi, le sue spinte iniziano ad infastidirmi quanto le sue parole. “Non voglio fare nulla con quella ragazza!” almeno, vorrei fare tante cose, ma non so bene cosa. Di sicuro mi attrae, ma in un modo diverso. Non ho pensato di portarmela a letto… anche se non posso negare che il suo corpo è perfetto ed il pensiero delle sue mani che accarezzano la mia pelle risveglia il mio amichetto…
“Non sono scema! E vedo benissimo! Te la stai mangiando con gli occhi”
“Non voglio fare il bastardo con lei” le parole escono ancor prima di averle pensate.
Gli occhi di Leah si chiudono in due fessure, mentre stringe i pugni.
“AH! Quindi io sono quella che puoi scoparti nel magazzino, ma con la sconosciuta…” scoppia a piangere e di istinto la abbraccio, ma mi spintona via e si asciuga le lacrime con rabbia.
“Speravo che fossi più sincero con me, dovevi dirmelo in faccia che non ero il tuo tipo, senza tanti giri di parole… sarebbe stato… più onesto” dice diminuendo il tono ad ogni parola così tanto che l’ultima è un sussurro.
“Bastardo!” ringhia guardandomi con ira e spingendomi.
“Non sei il mio tipo! Contenta?” le dico duro con voce gelida. Basta chiamarmi bastardo, basta spingermi…
Lo schiaffo che si schianta sulla mia guancia non lo vedo nemmeno arrivare, sento solo il bruciore e il sibilo di Leah che mi ripete “Bastardo” mentre esce dalla cucina.
Perfetto! Ci mancavano le crisi di gelosia di Leah! Mio Dio, manco fossimo stati fidanzati!
Esco massaggiandomi la guancia e mi dirigo verso il tavolo, ma non faccio nemmeno due passi, che la mano smaltata di Victoria mi accarezza la guancia facendomi girare il viso verso di lei.
“Poverino, la ragazzina ci è andata pesante” dice con voce sensuale avvicinandosi pericolosamente alla mia bocca. Perfetto! C’è ancora qualche ragazza che deve dirmi o farmi qualcosa stasera?
Appena le sue labbra sfiorarono le mie, mi allontano e le dico freddamente:
“Tutto a posto. Grazie!”
Mi ferma per il polso. Si avvicina maggiormente ed inizia ad accarezzarmi sul petto mentre con voce sensuale continua:
“L’amica di Jacob deve essere molto interessante…” la guardo stupito. Ma possibile che ciò che quella ragazza mi fa provare sia così palese?
Con uno strattone libero il polso dalla sua mano e, salutando freddamente la band e Isabella, esco dal locale. Lontano dalle due pazze… lontano da Isabella. Il volto dispiaciuto di Isabella quando afferro nervosamente la giacca e saluto i ragazzi, mi è arrivato diretto al petto… ma come diavolo è possibile? Non la conosco… come diavolo è possibile?
 
Corro a casa a prendere le bombolette e mi dirigo verso il luogo dove mi rifugio a pensare.
Mi infilo gli auricolari nelle orecchie e, lasciandomi trasportare dalla musica, disegno per tutta la notte.
Alle prime luci dell’alba ripongo le bombolette nello zaino e rimiro il mio lavoro.
Sono due enormi occhi castani con una foresta che si affaccia sull’oceano disegnata nelle pupille. Intorno agli occhi non c’è il volto, ma pentagrammi stracolmi di note che dagli occhi svettavano verso l’alto.
Guardo l’ora, è ancora presto per andare a lavoro, ma tardi per andare a dormire. Mi corico vicino al murales e tutte le sensazioni che ho provato ieri sera ritornano prepotenti. I suoi occhi mi hanno stregato, le sue labbra, le sue guance…
Sono sempre stato cauto con le ragazze, non le disdegno anzi adoro fare l’amore con loro e, come ogni ventenne, preferisco le ragazze formose e seducenti. Non saprei dirvi quante donne ho reso felici, ma sicuramente nessuna donna mi ha fatto provare quelle emozioni con un solo sguardo. Mi sento un adolescente alla prima cotta per la compagna di classe… mio Dio!
Devo essere razionale! L’ho vista solo una volta e non le ho nemmeno parlato. Ho parlato poco con tutti, il groppo in gola per la sua presenza mi aveva tolto la facoltà di parola! Non potevo pensare a lei dopo averla vista una sola volta!
Ah, già giusto, l’ho vista due volte e le prima volta non mi ha fatto nessun effetto, se non quello di infastidirmi per il suo odio verso il mondo. Però ieri sera era diversa… conturbante… dolce… timida… affascinante… mmmmh meglio non pensarci!
Sicuramente è colpa dell’adrenalina del concerto che ha amplificato le mie emozioni. Sì, alla fine il vero motivo per cui mi sono perso in quegli occhi è solo l’effetto dell’adrenalina. La ragazza è come tutte le altre, ha due occhi, un naso, una bocca, dei capelli… è una ragazza, punto.
Felice di aver sistemato i pensieri mi alzo per andare a lavorare e non penso più a lei… beh, non proprio, ma ogni volta che i suoi occhi e le sue labbra fanno capolino mi ripeto come un mantra: è solo l’effetto dell’adrenalina!
 
In pausa pranzo Sam e gli altri vanno a mangiare al New Moon, ed io rimango in cantiere accompagnato dal panino al tonno che mi ha preparato Alice.
Appena terminato di mangiare mi rimetto subito a lavorare, anche se la pausa pranzo non è terminata ed i ragazzi non sono ancora tornati. Devo tenere la mente occupata, non voglio scivolare in strani pensieri...
Inizio a pensare a come sistemare la cucina, quali colori usare, quali disegni fare… Riesco finalmente a vedere l’effetto finale e mi piace, ho solo bisogno dell’approvazione di Alice e di acquistare altri colori.
Faccio l’elenco mentale dei colori che ho e quelli che mancano… manca il rosso, il giallo, il marrone… ahi! Errore… quegli occhi fanno di nuovo capolino nella mia mente, rovinando un’intera giornata passata a non pensarci. E dato che sono un ragazzo fortunato quei magici occhi fanno capolino nel momento meno opportuno … quando sto varcando la soglia della sartoria di Alice.
Come sempre mi corre incontro saltandomi al collo, ma si allontana subito da me e mi chiede preoccupata:
“Hai una brutta cera, ragazzo! Cosa diavolo ti è successo?”
“Non ho dormito” rispondo alzando le spalle e facendole un sorriso per tranquillizzarla.
“Mi porti a vederlo?” la mia sorellina, mi conosce troppo bene. Con lei non servono parole, mi legge direttamente nel pensiero.
Sono restio a farglielo vedere, adesso, dopo una giornata di lavoro, mi sento stupido per aver disegnato quegli occhi.
“Semmai un altro giorno, oggi volevo finire la cucina, mi sono venute in mente tantissime idee!” dico elettrizzato sperando di convincerla a desistere sul voler vedere il disegno.
“Prima il murales, la cucina non scappa” e mi trascina fuori dalla sartoria.
“Nemmeno il murales scappa! E poi, ho bisogno della luce giusta per disegnare la cucina!”
“Ma se i disegni migliori li fai di notte! Forza! Andiamo!” e senza attendere oltre mi trascina nel luogo che mi ha tenuto compagnia in quella notte insonne.
“WOW!” esclama ancor prima di mettere l’ultimo piede sul tetto. “E’ fantastico!” si avvicina per guardarlo meglio, poi si allontana ed inizia a mettersi nelle posizioni più strane per contemplarlo da ogni prospettiva.
“Di chi sono?” chiede guardandomi indagatrice.
“Di nessuno, tutto frutto della mia fantasia” mi picchietto la testa per rendere credibile la bugia.
“Di chi sono?” continua imperterrita affinando lo sguardo.
“Te l’ho detto: di nessuno” e mi volto verso il murales per non farmi più scavare negli occhi dal folletto.
“Ok!” si arrende mettendo il broncio “Se non vuoi dirmelo fa nulla, tanto sono solo tua sorella, la tua confidente e la tua miglior amica…” e chiudendosi nelle spalle si avvia, con fare triste, verso la scaletta per scendere.
“Mi sento un idiota Alice, e se lo dico ad alta voce mi sento ancora più idiota” confesso senza muovermi e continuando a rimirare il murales cercando in lui un significato alla situazione.
Nemmeno il tempo di finire la frase che è già seduta ai miei piedi e mi invitava a copiarla con il suo miglior sorriso.
“E’ una ragazza che ho visto per pochi minuti al locale e con il quale non ho nemmeno parlato. Ho straparlato per venti secondi e basta” confesso sputando fuori tutta l’aria dai polmoni come se aiutasse a togliere il macigno che ho nel petto.
“Oh” esclama ritornando a studiare il murales.
“Eh già, oh!” e mi corico con le braccia incrociate dietro la testa perdendomi nell’infinità del cielo.
Rimaniamo in silenzio, sdraiati sul tetto a guardare il cielo e le scie degli aerei, mentre le nostre menti vagano in luoghi lontani. La mia vaga verso il volto della ragazza, verso i suoi occhi, verso lo schiaffo di Leah, verso i volti delle ragazze che negli anni mi hanno e ho reso felici tra le lenzuola… ripenso a cosa ho provato con tutte quelle bellissime ragazze, cosa ho provato durante l’apice del piacere, durante il bacio d’approccio, mentre le spogliavo o mi lodavano, ma nulla si avvicina a ciò che Isabella mi ha fatto provare con un solo sguardo imbarazzato… colpa dell’adrenalina… colpa dell’adrenalina… smettila di fare l’adolescente!!!!
“Adesso i miei piani di fare la cucina sono sfumati! Grazie Alice!” sbuffo alzandomi e scuotendo la testa per tornare alla realtà.
“Di nulla fratellino” e con un sorriso mi porse la mano per farsi aiutare ad alzare.
 
“E non sai chi è?” esordisce mentre percorriamo la strada verso casa.
“No, cioè sì. E’ un’amica di Jacob, una sua collega.”
“E come si chiama?”
“Isabella”
“Bel nome”
“Già”
“E quando la rivedrai?”
“Penso mai più”
“Oh!”
“Eh”
“Sicuro?”
“No”
“Perfetto”
“Fantastico” rispondo ironico.
“Chiama Jacob” propone bloccandomi la strada e trattenendosi dal saltellare. Posso vedere le rotelline del suo cervello girare mentre si immedesima in Alice-Cupido.
“No”
“Ok” si allontana con uno scatto ed estrae il cellulare dalla borsa.
“Ma che fai? Sei impazzita?” le chiedo spaventato cercando di toglierle il cellulare di mano.
“Ciao Jacob!” dice Alice facendomi la linguaccia. “Sì tutto bene. E Tu? ... Sei al locale? ... no non suona, ma noi stiamo andando là e pensavo volessi unirti a noi! ... Perfetto, a dopo!”
Si gira tranquillamente verso di me esordendo con “Ho fame e tu?”. Ho la bocca aperta per lo stupore, ma che diavolo ha in mente il folletto? Il pensiero di rivederla mi fa accartocciare lo stomaco. Non la conosco, non so cosa dirle e, da come hanno reagito Victoria e Leah, sicuramente la ragazza mi ha preso per un idiota! Perfetto, Edward Cullen, il sciupa femmine, che va in tilt come un adolescente alla sua prima cotta per una sconosciuta! Sì, grandioso!
 
Mangiamo un trancio di pizza dirigendoci al locale. Cerco di mascherare il panico ed il nervoso che mi sta assalendo, ma da come addento la pizza sono certo che non ci riesco. Alice mi sorride amorevole e mi accarezza la schiena sussurrandomi che andrà tutto bene… Sì, non riesco a nasconderlo!
Entro nel locale con Alice e non ho il tempo di cercare la sconosciuta che mi ritrovo un boccale di birra tra le mani ed il faccione sorridente di James davanti.
“Ci sposiamo!” ci comunica felice James. “Ha accettato!” e trascina Victoria verso di noi per farci ammirare l’anello.
“Congratulazioni” diciamo all’unisono io e mia sorella, entrambi scioccati dalla notizia.
“Non sono incinta… sono innamorata” spiega Victoria prima di perdersi a leccare l’orecchio del futuro marito.
“Allora offri da bere a tutti!!!” dico portandomi il boccale alle labbra e nascondendomici dentro. Allucinante, il mondo sta impazzando, Victoria e James si sposavano, la coppia più aperta del mondo che convolava a nozze… ma hanno idea di cosa significhi la parola matrimonio?
“Per la data e tutto il resto vi faremo sapere a breve, volevo solo chiederti…” James lascia la frase a metà e, prendendomi sotto braccio, mi allontana dal gruppo di persone.
Ad ogni passo temo di ricevere un pugno in faccia per tutte le volte che mi ha beccato con la sua futura moglie tra le braccia, non che l’avessi cercai io, ma comunque più volte Victoria si era appropriata delle mie labbra. “Beh! Volevo chiederti se potevi farmi da testimone!”
Non chiedetemi che faccia ho, ma sicuramente è divertente e molto pallida. Mi sarei aspettato di tutto tranne essere il testimone di nozze di James.
“Se non vuoi capisco!” dice deluso dando un calcetto alla gamba del tavolino.
“Certo, ne sarò onorato. Mi hai solo preso alla sprovvista, pensavo che il ruolo del testimone spettasse ad un parente…”
“Non ho parenti e tu sei l’unico che posso reputare un buon amico” spiega imbarazzato.
“Perfetto! Quindi per me giro doppio!” e con una pacca sulla spalla lo spingo verso il bancone, dove ordino un’altra birra.
Mentre brindiamo la nuova notizia arriva Jacob e arriva… solo.
Il mondo mi crolla addosso. Lo so, lo so, ho detto che ero preoccupato di incontrarla, ma adesso che non c’è voglio a tutti i costi vederla. Sono un ragazzo complicato, non è colpa mia.
“Ehi, ciao ragazzi. Cosa si festeggia?” esordisce Jacob sedendosi sullo sgabello alla mia destra.
“James e Victoria si sposano ed io farò da testimone”
Dopo un attimo di smarrimento scoppia in una sonora risata, è così preso che cadde dallo sgabello e si contorce sul pavimento tenendo la pancia con le mani.
Gli allungo la mano per aiutarlo ad alzarsi e gli sussurro all’orecchio “Non è uno scherzo. Contieniti!”
Si guarda intorno e arrossisce nel vedere le facce perplesse che lo fissano.
“Ridevo perché Edward farà da testimone, me lo sono immaginato in frak” si giustifica mentendo e lo fa così bene che tutti ci credono e si uniscono a lui ridendo a crepa pelle. Io rido un po’ meno, non avevo mai indossato un frak, ma sicuramente avrei fatto la mia porca figura!
 
Jacob si siede al nostro solito tavolino ed Alice parte all’attacco. Provo a bloccarla con uno sguardo omicida, ma conoscete mia sorella: quando si mette in testa qualcosa nessuno può fermarla!
“Mi hanno detto che hai una nuova amica. Cambiato gusti?” gli chiede facendomi l’occhiolino.
“Ehm… no. E’ una collega ed è nuova del posto, non conosce nessuno e ieri sera l’ho invitata al locale”
“E quando verrà di nuovo?” chiede appoggiando i gomiti al tavolo e appoggiando la testa sulle mani.
“Non lo so. E’ una ragazza particolare, bisogna andarci cauti”
“E cosa significa cauti?” continuò Alice.
“Cauti!” ripete portandosi il boccale alla bocca.
“Cauti! Ok. E quindi quando viene di nuovo?”
“Cos’è? Hai cambiato gusti?” le chiede malizioso e mettendola in difficoltà. Mi fa l’occhiolino felice di essere riuscito a far rimanere senza parole quella macchinetta di mia sorella, cosa più unica che rara! Cerco di camuffare la risata con un colpo di tosse, ma Alice mi fulmina con lo sguardo.
“Io no…” e mi guarda sfidandomi. “Ma sai…” le do un colpo alla sedia e lei sorride vincitrice “Beh! ogni volta che vengo qui sono sempre in mezzo a voi ragazzi ed il pensiero che ci sia anche un’altra ragazza mi entusiasma” conclude allontanando ogni sospetto da me ed io le mimo un grazie.
“Farò il possibile, ma non ti assicuro niente. E’ particolare e con lei fai un passo avanti e due indietro” risponde sconsolato.
“In che senso?” mi è sfuggito. Comprendetemi.
“Oggi non mi ha quasi rivolto la parola, sembrava che mi evitasse. Ho provato a chiederle cosa fosse successo, ma lei non ha voluto parlarne, anzi all’ennesimo tentativo mi ha urlato che aveva fatto un errore a venire qui”
Il mio cuore ha perso un battito, l’ho sentito, ne sono certo. Se pensava di aver fatto un errore sicuramente non l’avrei più rivista. Beh, potevo andare a mangiare al ristorante dove lavorava, ma non potevo permettermi di spendere tutti quei soldi solo per vederla. E poi mi sento uno stalker ad andare in ristorante solo per lei.
Forse è destino. Forse le emozioni di ieri sera sono veramente solo la conseguenza di un concerto perfetto. Non so per quale motivo il destino mi ha giocato questo scherzetto, ma di una cosa sono certo: la sconosciuta rimarrà tale ed io devo tornare in me. Devo ricominciare con le mie storie di una notte. Dimenticare quegli occhi, convincermi che era solo l’effetto dell’adrenalina e gustarmi le storielle, del sano e buon sesso senza complicazioni… senza emozioni da adolescenti!
 
!! ATTENZIONE SPOILER!!
...Beh, essere sola, nella poco illuminata strada di periferia non è il massimo. Ma perché non ho chiamato un taxi prima di uscire? Ed il cellulare? Sul comodino, ovvio! Mi stringo meglio nello scialle ed accelero il passo cercando di non guardarmi intorno. Estraneo i rumori per non farmi condizionare. I muscoli sono tesi e cerco di allontanare dalla mente tutte le notizie che avevo sentito ai telegiornali. Giovani ragazze violentate o uccise nei vicoli di periferia...

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Capitolo 7
*** Nuove Amicizie ***


Ciao a tutti e tutte!
Aumentate di giorno in giorno e vi ringrazio per aver aggiunto la mia FF nei preferiti ricordati etc... ma mi farebbe piacere anche avere le vostre opinioni! Non siate timidi e fatemi sapere!!!
Buona lettura!!
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BELLA

Complimenti Isabella, tutti i tuoi buoni propositi sono durati la bellezza di… meno di ventiquattrore! Brava! Complimenti! Sei riuscita a trattare di nuovo male Jacob e per di più non era nemmeno colpa sua. Sei un’idiota!
Se avessi il suo numero di telefono lo potrei chiamare con una scusa, mettendomi l’anima in pace, ma non ce l’ho quindi l’unica cosa che mi rimane da fare è nascondermi nella vasca e cercare di lavare via il senso di colpa.
Devo solo far scorrere velocemente la notte, andare al ristorante, far finta di nulla e ritornare ad essere sua amica, eliminando definitivamente quel peso che sento nello stomaco e non mi fa respirare.
Mi immergo maggiormente nella vasca e chiudo gli occhi pensando ad un modo per approcciarmi nuovamente con quel santo di Jacob, sì santo, non c’è altra definizione per il cameriere che non si è mai arreso. Ha superato i miei sbalzi di umore ed è sempre stato pronto a riaccettarmi dimenticando le mie parole al tritolo.
Mi immagino Jacob con la divisa del ristorante che mi accoglie con il suo caldo sorriso, che si avvicina porgendomi le mani per accogliermi nelle sue braccia fasciate da una giacca nera e la camicia bianca con gli ultimi bottoncini aperti. Mi immagino mentre mi perdevo in quel caldo abbraccio e immergo le mie mani nei suoi splendidi capelli color rame. La sua voce carezzevole che intona l’assolo fatto al pianoforte. Mi immagino che mi allontana dal suo petto e mi guarda facendomi perdere nello smeraldo dei suoi occhi prima di sfiorarmi le labbra con le sue…
Quasi affogo appena comprendo che il mio cervello ha sostituito Jacob con Edward.
Quei suoi occhi smeraldo mi hanno ipnotizzata quando li ha posati nei miei. Già al ristorante, il suo sorriso mi aveva fatto sciogliere. Mi ero comportata freddamente, ma mi aveva comunque sorriso con il suo sorriso sghembo e con i suoi splendidi occhi color smeraldo… mio Dio! Ero fuggita per non svenire.
Il mio corpo freme al ricordo del suo volto rilassato mentre suona quella fantastica melodia, le sue spalle larghe che accompagnano lo scaturire delle note con dei lenti e sensuali ondeggiamenti. I capelli che gli coprono leggermente il volto mentre si china verso la tastiera… e la sua voce, una carezza così profonda da farmi sentire le farfalle nello stomaco… “Vuoi una birra?” … da te qualsiasi cosa… e poi la pugnalata! E’ svanito con la cameriera, per diversi minuti, in cucina. Quando è tornato in sala si massaggiava il segno visibile di uno schiaffo, ma non è passato nemmeno un secondo che la ragazza dai capelli color fuoco lo ha subito confortato, con un bacio leggero e sensuale, accarezzandogli la guancia… in pochi minuti due donne… perfetto! Un Don Giovanni!
Ho deciso! Non tornerò più in quel locale, non voglio essere la nuova medaglia sul petto di quel mascalzone. Sicuramente non sarei mai riuscita a non cadere in tentazione! Quegli occhi… quelle labbra… quei capelli…. Mmmm!
Ho notato come mi guardava, non parlava, mi guardava soltanto, e i suoi occhi erano così profondi che mi sono sentita accaldare. Devo ammetterlo, prima della scenetta finale, quello sguardo aveva aumentato la mia autostima, mi sono sentita una donna sexy, ma ringraziando il cielo non ho dovuto aspettare troppo per vederlo per quello che è veramente! Il classico macho che bacia qualsiasi ragazza gli passi per le mani, e se riesce a scoparsela è ancora meglio! Beh, io sono Isabella Mary Swan, non mi abbasso a diventare la sveltina di un semplice musicista! Quindi nuovo proposito: farsi una vita sociale lontano dal Midnight Sun!
 
Cerco di non pensare a lui, cerco di pensare a Mike, lui non è un sciupa femmine, forse è una serpe come nel sogno, ma non è uno sciupafemmine! O forse Jacob… o Emmett… naaa, non mi metterò mai con dei camerieri… Pier…. Dimitri? No, nessuno di loro è l’uomo della mia vita, come non lo è il pianista del locale… perfetto, morirò zitella!!! Fantastico!
Esco dalla vasca consapevole che non mi sta portando il beneficio che cerco e mi abbandono nei morbidi cuscini attendendo il sonno… maledetti occhi di smeraldo. Maledetto sorriso. Maledetto Jacob che mi ha portato al locale!!!
 
Mi sveglio più stanca di quando sono andata a dormire. Il pianista è riuscito ad intrufolarsi nei miei sogni rendendomi la nottata difficile. Fosse entrato da solo, lo avrei accolto volentieri, ma si era portato compagnia, tantissime donne fantastiche che lo baciavano in ogni parte e gli sussurravano parole sconce mentre mi guardavano compiaciute che io fossi solo una tappetta con poco seno.
Nascondo il viso nei cuscini e ringhio tutta la rabbia!
Ma che cavolo me ne importa di un musicista… che si scopi tutta New York o l’America intera non deve interessarmi. Appena mio padre sarà rinsavito e mi riporterà nel mio fantastico mondo, dimenticherò sicuramente quella serata e mi troverò un imprenditore fantastico che mi tratterà come una principessa! Quindi quel bell’imbusto può andare al diavolo.
Scaglio il cuscino contro la parete, cercando di colpire l’immagine del ragazzo e mi alzo mugugnando.
Mangio colazione chiacchierando con Carmen, ultimamente ho iniziato a parlarle e, devo ammettere, è rilassante scambiare due parole mentre mangio. La domestica lavora per la mia famiglia da ancor prima che nascessi, ma solo nell’ultima settimana ho scoperto dei lati di Carmen che non conoscevo.
 
Appena entro nel ristorante mi dirigo con passo deciso verso Jacob. E’ chino su una tovaglia mentre cerca di far sparire una piega antiestetica. Gli tocco la spalla e lui fa un salto. Ritraggo spaventata la mano e gli sussurro “Scusa”.
Sbarra gli occhi ed io nascondo la bocca con la mano. Non è possibile che mi sia scappata quella parola rivolgendomi ad un cameriere. Nel mio cervello riaffiora la scena del bagno con Lauren e il ripugno e la rabbia che provai a sentire le sue parole. Io non sono Lauren, io sono migliore e chiedere scusa a un cameriere non è una cosa tragica, anzi mi fa sentire meglio, più leggera, quindi riprovo.
“Scusa” e gli porgo la mano in segno di pace.
“Non ti avevo sentita arrivare, scusa tu se ti ho spaventata” sorride toccandosi i capelli in imbarazzo.
“Te l’ho chiesto” e non ripeto la parola perché due volte in un giorno sono abbastanza “per come mi sono comportata ieri” e muovo la mano per fargli notare che sto ancora attendendo che la prenda per sugellare il perdono.
La stringe ampliando maggiormente il sorriso “Scuse accettate!”  Fa per abbracciarmi, ma muove un passo indietro e incrocia le braccia, mantenendo sempre il sorriso. E’ gentile oltre che intelligente, si è ricordato la mia sfuriata di alcuni giorni fa, per l’abbraccio che mi aveva dato e che io avevo rifiutato riempiendolo di male parole.
“Amici?” chiedo mantenendo la mano nella sua.
“Amici” mi conferma stringendo la presa.
 
Non solo ho fatto pace con Jacob, ma ho anche scherzato con Emmett! E’ grande e grosso, sembra un orso, ma è molto simpatico e con la battuta pronta. Ogni tanto un po’ troppo esplicito, ma è riuscito a farmi ridere fino alle lacrime più di una volta… che tipo!
Insieme ai miei due nuovi amici ci fermiamo al bar del ristorante per prendere il caffè di fine turno, abitudine che hanno da sempre, ma che io non avevo mai notato. Appena finivo il turno correvo a nascondermi a casa!
Mi presentano Angela, la barista. E’ una ragazza solare e piacevole, molto colta e una brava ascoltatrice. Presa da un impeto di follia la invito fare shopping nel pomeriggio, appena ha finito il turno, e lei accettata con entusiasmo. Mi ha pure abbracciata. Nel Greenwich Village tutti si abbracciano… devo farmene una ragione!
Ci diamo appuntamento davanti al ristorante, così riesco a godermi un’oretta nel centro estetico vicino e rilassarmi con i massaggi.
Rilassarmi! Beh, fisicamente sto da Dio, ma per la mente, ormai non ho più speranze! Appena chiudo gli occhi il pianista mi sorride chiedendomi se voglio una birra… ufff!!!
 
“Voglio che svanisci, non voglio la tua birra!”
“Hai detto qualcosa?” mi chiede Angela mentre esce dal New Moon. Ops, l’ho detto ad alta voce. Riprenditi Isy! Riprenditi!
“Nulla! Dove andiamo?” le chiedo con il miglior sorriso. Non conosco la zona, quindi mi affido completamente a lei.
Mi prende per mano e mi trascina per le vie del quartiere. Ci sono tantissimi negozi e negozietti. Tantissimi artisti e vetrine colorate con oggetti stupendi ed unici. Il mio cervello calcolatore inizia a pensare a quanto sia redditizio aprire un’attività in questa zona della città… una galleria d’arte, una boutique con abiti fatti a mano, un ristorante… beh! Per il ristorante mio padre ci ha già pensato! Bravo… devo convincerlo ad aprire altri generi di attività. Tutti i negozietti sono pieni di clienti e i prezzi esposti non sono assolutamente bassi… sì, una buona attività ci starebbe proprio!
Mentre mi perdo in quei pensieri da figlia d’imprenditore, Angela mi trascina all’interno di un negozietto piccolo e stracolmo di abiti. Alcuni appesi alle pareti e altri stropicciati all’interno di cestoni al centro della stanza. Faccio una smorfia, ma come diavolo fanno a vendere dei vestiti già sgualciti?
Angela inizia a scavare nei cesti e mi chiede un consiglio su un vestitino verde corto che si addice perfettamente alla sua carnagione. Sorrido al pensiero di essere passata da avere una personal shopper ad essere una personal shopper! Guardo i vestiti appesi e cerco la saletta privata, ma il negozio ha una sola stanza e delle tende sul fondo sono le porte dei camerini… no, non prenderò nulla in questo negozio, non mi cambierò mai dietro ad una leggera tenda… no!
Angela acquista una paio di vestitini e delle t-shirt disegnate a mano dalla proprietaria del negozio. Carine! Sono sincera, alcune magliette mi piacevano, ma non sono abituata ad acquistare senza averlo indossato, e non sono ancora pronta a provare i camerini senza privacy!
Per i due negozi successivi la storia si ripete. Esco senza acquisti, mentre Angela è così carica di borse che non sa più dove metterle. Acquisto degli orecchini fatti a mano con collana e bracciale abbinati. Non li indosso, perché non ho mai indossato metalli differenti dall’oro o platino, nemmeno l’argento. Perché allora li ho acquistati? Perché è il quarto negozio e non ho ancora preso nulla!!! Ecco perché! Compro anche un portasigari fatto in legno sul quale faccio incidere le iniziali di mio padre, C.S., Angela non può sicuramente unire il grande imprenditore Charlie Swan con le sole iniziali, ma per sicurezza invento un nome e le dico che il regalo è per un mio caro amico.
Per il ritorno passiamo in una via nuova ed un vestitino sul manichino mi fa voltare. E’ bellissimo. Perfetto! Riesco ad immaginarmelo addosso.
Entro continuando a guardarlo, con la paura che qualcuno lo acquisti prima di me. Chiedo alla commessa di vederlo. Cerco i camerini e chiedo ad Angela di tenermi la tenda per potermi cambiare tranquillamente. Sorrise alla mia richiesta, e si propone come appendino per i vestiti che toglievo.
Lo indosso, ma purtroppo non mi calza a pennello, la fantasia mi piace tantissimo e il colore si abbina divinamente con la mia carnagione, ma purtroppo fa difetto sui fianchi.
“Uff” sbuffo mentre esco dal camerino e faccio vedere il difetto ad Angela.
“Ti è largo sui fianchi” nota con una smorfia.
“Purtroppo!” confermo delusa continuando a strapazzarlo sperando di migliorare l’effetto, ma nulla. Ovviamente!
“Prendilo” mi incita euforica.
“Ma non mi sta bene” dico con il broncio. Cavolo! Mi è piaciuto da subito, mi sono pure cambiata in un camerino senza porta per poterlo comprare! Uff!
“Conosco una ragazza che è una sarta eccellente! Risolverà il difetto! Vieni!”
Emozionate paghiamo e ci mettiamo a correre per le vie verso la sua amica fenomenale!
 
Il negozietto è piccolo. Il pavimento è in legno e le pareti sono ricoperte da stoffe di ogni colore, fantasia e tessuto! Ci sono tre postazioni con la macchina da cucire, e due signore anziane alzano il viso dal lavoro per salutarci. Angela chiede qualcosa alla signora e sorridendomi mi dice di attendere. L’anziana svanisce dietro una tenda floreale ed io inizio a curiosare tra le varie stoffe appese. Il profumo di pulito e di ferro da stiro è fortissimo, e devo ammettere che è piacevole!
“Angela!” il grido della ragazza che avevo incontrato dal parrucchiere mi fa saltare. Mi volto e la ragazzina con i capelli corvini è già al collo della mia collega.
“Alice! Questa è Isabella” mi presenta avvicinandola a me. La sarta mi guarda con uno strano scintillio negli occhi prima di scoppiare nella sua risata cristallina. Mi abbraccia con trasporto ed io contraccambio. Ormai sono abituata a tutto questo bisogno di contatto fisico …!
“Ci siamo viste dal parrucchiere” le ricordo vedendo il suo sguardo curioso. I suoi occhi color smeraldo mi trafiggono ed una fitta allo stomaco mi fa tremare… cavolo! Ormai li vedo ovunque!
“Ecco dove ti avevo già vista!” e si dà una pacca con schiocco sulla fronte facendomi riprendere. “Abiti lì vicino?” mi chiede.
“Sì, nei paraggi” rispondo sentendo le guance arrossarsi.
“E’ una mia collega, lavora al New Moon” viene in mio soccorso Angela, e un altro luccichio attraversa gli occhi della sarta facendola sorridere.
“Wow! Mi han detto che si mangia bene lì” e si perde in pensieri mentre si massaggia la pancia. “Ma non ci perdiamo in chiacchiere! Ditemi, avevate bisogno?”
“Sì, Isabella voleva ritoccare un vestito che ha appena acquistato!” risponde per me Angela mentre estrae l’abito dalla borsa.
“Wow! La stoffa è magnifica e la fantasia è bellissima. Vai là” dice indicandomi una tendina. Perfetto, altre tendine! “Indossalo, così vediamo cosa c’è da fare”
Prendo il vestito e seguo le sue indicazioni. Ringraziando, dietro la tenda c’è una grande stanza piena di abiti imbastiti e specchi a terra. Una grande ed elegante poltrona e una poltroncina. A terra un magnifico tappeto persiano che ricopre le piastrelle. Mi cambio a mio agio, sembra di essere in uno di quei negozietti dei film, dal quale escono le fate o gli gnomi simpatici. Mi rimiro nello specchio con una smorfia per il difetto ed esco mantenendo la faccia corrucciata.
“Vedi?” le chiedo indicando i fianchi.
“Nessun problema. Sali sul piedistallo e lascia fare a me” e facendomi l’occhiolino si avvicina studiando il vestito. Mi prende diverse misure ed appunta diversi spilli. Mi fa girare come una trottola per vedere se fa difetto in qualche altro punto e dopo circa una mezz’oretta è soddisfatta del lavoro.  Mi accompagna nella saletta per aiutarmi a toglierlo.
“Con tutti questi spilli, devo aiutarti altrimenti te li pianti da qualche parte.” E con maestria me lo sfila senza pungermi.
“Torna verso le sette. Ti prometto che sarà pronto!” vedendo la mia faccia incerta continua “preferisci ripassare domani?” me lo chiede triste.
“No, va bene per stasera” ed il suo sorriso torna a risplendere. Guardo l’ora. Sono già le sei e mezza. Non metto in dubbio la sua bravura, ma dubito che ci riesca in così poco tempo!
“Puoi farmi compagnia” mi propone guardandomi con gli occhi di smeraldo che mi tolgoro il fiato… potrei giurare che sono uguali a quelli del pianista. Profondi, vivi… maledetto pianista, ormai lo vedo ovunque.
Annuisco e ritorno nel negozio per dirlo ad Angela. Si propone di aspettare, ma il telefono le squilla e, dopo alcuni minuti di mugugni e mezze parole, mi dice che purtroppo deve tornare a casa perché i gemelli, suoi fratellini, hanno combinato qualche disastro e sua madre è indiavolata.
“Tranquilla. Prenderò un taxi!” le sorrido per tranquillizzarla. Il fatto che mi lasciasse sola in una zona della città che conoscevo poco, non mi piaceva, ma il suo dispiacere era sincero, potevo vederlo dai suoi occhi. Non mi sono offesa, ma mi sono fatta coraggio. Ho sempre avuto un buon senso dell’orientamento, non mi sarei persa e poi ci sono i taxi!
Alice mi fa accomodare offrendomi un caffè ed una tisana. L’anziana signora mi offre anche dei biscotti squisiti. Mi siedo e la osservo mentre cuce il mio vestito. Disegna sopra la stoffa, lo rigira, passa un filo grossolanamente e poi, soddisfatta, si siede alla macchina ed inizia a cucire.
E’ molto concentrata nel lavoro ma riesce comunque a rendere l’attesa piacevole. Mi fa un paio di domande sul lavoro, su Jacob, su Emmett, e mi chiede anche di Jessica. Li conosce tutti! 
Mi racconta alcuni aneddoti dei miei colleghi e si perde a raccontarmi quelli di lei e suo fratello.
Invidio il rapporto che ha con il fratello. Ogni volta che ne parla gli occhi le si illuminavano. Sono sicuramente molto uniti. Io sono figlia unica, non ho fratelli o sorelle con il quale vivere le avventure che lei ha vissuto con suo fratello. Deve essere un ragazzo molto simpatico e gentile. Mi racconta del primo murales che le ha dedicato e di come ha decorato il loro appartamento. Mi piacerebbe conoscerlo e vedere le sue opere. Adoro i quadri, e i musei sono i luoghi in cui mi perdo quando dovevo pensare. Non mi sono mai interessata agli artisti di strada, ma Keith Haring mi è piaciuto e mio padre mi aveva regalato una sua stampa.
Verso le sette inizia ad essere molto nervosa. Continua a guardare l’orologio e fuori dalla vetrina.
“Se devi andare a casa non è importante. Posso passare anche domani, tanto non devo indossarlo stasera” dico alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso l’uscita. Lo sapevo che non poteva fare il miracolo!
Come un razzo si para davanti alla porta urlando un NO che mi spaventa. Si ricompone e, sfoggiando un sorriso a settantasette denti, mi accompagna sulla sedia offrendomi l’ennesima tisana.
“Scusa, ma non sono abituata a non mantenere le promesse. Se non te lo consegno di stasera passerò la notte in bianco” dice mordendosi le labbra e continuando a lanciare occhiate all’orologio.
 
Appena termina l’ultima cucitura, mi chiudo in “camerino” e lo indosso. Angela non aveva mentito, Alice è veramente brava nel suo mestiere. Mi sta divinamente. Nemmeno la mia sarta privata era mai riuscita a fare un lavoro così impeccabile. Sembra essere uscito dal negozio così, senza nessun ritocco, anzi Alice ha apportato alcune modifiche che lo rendono perfetto per me!
Esco, camminando come una modella sulla passerella, per farle ammirare il lavoro finito e mi complimento con lei. Dato che mi sta bene, decido di non cambiarmi. Saluto Alice ed esco alla ricerca di un taxi.
Che giornata! Ho fatto nuove amicizie, ho visto negozietti particolari, ho fatto shopping senza la personal shopper… ed il vestito che indosso è divino!
Il mio inferno, sta diventando purgatorio.
 
“Bella… Isabella!” la voce della sarta mi fa voltare. Controllo di non aver dimenticato nulla e la aspetto.
“Aspetta… aspetta” dice cercando di riprendere fiato. Appoggia una mano sulla mia spalla e l’altra sul cuore.
“Respira Alice! Io aspetto!” e le massaggio la schiena per aiutarla a riprendersi.
“Ooo… Ok!” dice drizzandosi e allargando un sorriso. “Volevo chiederti cosa facevi a cena!”
“Vado a casa” le rispondo senza capire bene la domanda.
“Mangiamo insieme?” mi propone entusiasta.
“Perché?”
“Perché è tardi, ed è colpa mia. Volevo farmi perdonare”
“Lo splendido lavoro che hai fatto con il vestito basta per farti perdonare. Stai tranquilla” ed accarezzo la gonna felice di come mi sta, complimentandomi mentalmente con lei e le sue mani.
Ci mette un attimo a rispondere. Posso vedere gli ingranaggi del suo cervello muovere veloci attraverso i suoi occhi.
“Non ti fidi della mia cucina? Possiamo sempre prendere un hamburger o una pizza!” chiede prendendomi sotto braccio. “Abito qui vicino!” ed inizia a camminare verso, penso, il suo appartamento.
Punto i piedi. Sono stanca. Angela mi ha fatto camminare per chilometri e in molti negozietti non c’erano nemmeno le sedie per riposarsi.
Anche se erano dall’altra parte del quartiere, potevo sentire la vasca da bagno ed il letto chiamarmi dal mio appartamento. Il profumo della cena squisita, che sicuramente mi aveva preparato Carmen, creava una scia immaginaria che mi invitava a seguirla fino alla mia cucina …
“Son stanca Alice ed ho i piedi a pezzi. Possiamo fare un’altra volta” dico liberando il braccio dalla sua presa.
Non risponde, ma tira su con il naso e la tristezza si dipinge sul suo volto.
“Semmai domani sera. Ok?” propongo gentilmente, come se parlassi ad un bimbo.
“Ok!” le sue spalle si abbassano per lo sconforto e con un sussurrato “a domani” mi volta le spalle.
La guardo allontanarsi. La sua figura triste mi fa sentire in colpa. Solo ieri sera mi sono ripromessa di essere una persona migliore. Non posso farla andare via così, i sensi di colpa mi rovineranno sicuramente il tanto atteso bagno.
“Ok” dico avvicinandola e prendendola a braccetto “Ad una sola condizione: che poi mi riaccompagni a casa. Non mi piace prendere il taxi da sola quando è buio!”
“Grazie! Grazie! Grazie!” esulta abbracciandomi forte ed iniziando a saltellare sul posto.
 
Arriviamo al suo appartamento che ho il fiatone. Nel palazzo non esiste l’ascensore e lei abita al terzo piano… perfetto per i miei piedi già doloranti!
Appena apre la porta un murales gigante di un Leone il cane fifone ci saluta facendoci l’occhiolino. Simpatico! Appendo la borsa al chiodo dell’albero disegnato e seguo Alice nella foresta che è la sua sala.
Ho visto tantissimi appartamenti, ma questo è veramente particolare. Colorato, allegro, pieno di personalità.
Alice si dirige in cucina per prendere da bere, ed io leggo i titoli dei libri riposti nell’unico mobile della stanza. Torna in sala con un biglietto in mano e il labbro corrucciato.
“Siamo sole a cena! Mio fratello ci ha lasciato la cena pronta in frigo!” e si lascia cadere sul divano come se quella notizia fosse la cosa peggiore che potesse succedere.
“Non cucina bene tuo fratello?” le chiedo sedendomi anch’io sul divano, pensando a quale pizza ordinare.
“Assolutamente!” risponde sedendosi con uno scatto. Si alza e va in cucina a prendere la cena.
Mangiamo sul tappeto nel centro della sala. Con gli alberi che ci circondano e il tappeto coperta, mi sembra di fare pic-nic. La cena è squisita a differenza delle aspettative. Lo ammetto, la reazione di Alice al biglietto mi aveva preoccupata.
“Devi fare i complimenti a tuo fratello, è un cuoco molto bravo” dico con la bocca piena e pulendomi il lato con il tovagliolo.
Un luccichio strano attraversa gli occhi di Alice.
“Se vuoi puoi farglieli tu i complimenti! Non credo che tarderà a tornare!”
“Mi farebbe piacere, ma si sta facendo tardi. Domani lavoro e non posso arrivare tardi.” Mi alzo ed aiuto a ripulire.
“Beh, non puoi andare via senza aver visto il luogo in cui faccio nascere le mie meraviglie” e, dopo aver tolto le ultime briciole dal pavimento, mi prende per il polso e mi trascina in camera sua.
 
E’ una stanza semplice, nessun disegno. Un letto matrimoniale addossato alla parete frontale alla porta ed un armadio che ricopre tutto il lato destro della stanza. Una macchina da cucire, invasa da ritagli di stoffa, regna nel punto illuminato dal lampadario!
Apre le enormi ante dell’armadio ed inizia a tirar fuori tantissimi vestiti, di tutti i colori, modelli e lunghezze.
Mi fa provare alcuni abiti. Un vestito blu scuro, senza spalline, che mi fascia sui fianchi per poi allargarsi a calla fino al pavimento, mi sta divinamente. Giro su me stessa per farle vedere l’effetto della gonna, quando una voce la chiama… quella voce.
“Alice sei qui?”
Termino il giro e mi blocco alla vista del magnifico pianista.
“Edward!” Alice in pochi secondi è stretta in un abbraccio con il ragazzo. Lui la stringe, ma continua a guardarmi. Il suo sguardo è così profondo da farmi fremere. Cerco di distogliere lo sguardo e far defluire il sangue che mi sta imporporando le guance.
“Isabella lui è mio fratello Edward” me lo presenta trascinandolo contro di me. Ci troviamo a pochi centimetri. Posso sentire il suo fiato sul mio viso. Fatico a respirare e le gambe faticano a reggermi. Deglutisco e cerco di apparire calma. Ma non riesco a parlare.
“Ci siamo già conosciuti” dice Edward a sua sorella e si allontana di un passo senza smettere di guardarmi negli occhi.
“Si, ci siamo conosciuti al…” dico cercando di ricordarmi il nome del locale. In questo momento sto faticando a ricordare il mio nome… non posso chiedere al mio cervello di ricordare altro.
“Midnight Sun” mi suggerisce Edward sorridendomi. Il ricordo di capelli rossi che gli coprono il viso mi rammenta il perché evitavo da giorni il locale e il motivo per il quale avevo litigato con Jacob. Non volevo farmi incantare da quel splendido ragazzo. Chiudo gli occhi per staccarmi dalla magia dei suoi occhi e scuoto la testa per risistemare i pensieri.
“Credo che sia ora che vada.” Prendo il mio vestitino e mi dirigo in bagno per cambiarmi, tenendo sempre la testa bassa. Concentrati sul pavimento… brava, il pavimento!
Entro in bagno e mi sciacquo il volto. Faccio scorrere l’acqua sui polsi per raffreddare il corpo e mi rivesto velocemente.
Quando entro in sala vedo i due fratelli parlare. Dai loro volti sembra che stiano litigando ed io mi sento sempre più in imbarazzo. Appena Edward mi vede fulmina per l’ultima volta la sorella e tace. Si volta verso il lavandino… vuoto.
Alice mi viene in contro saltellando con il suo solito sorriso.
“Vuoi ancora una tisana prima di andare?” guardo l’ora e gentilmente rifiuto. Non voglio stare un minuto di più in quella casa. La tensione si può tagliare con un coltello. Mi metto lo scialle sulle spalle e attendo vicino alla porta che Alice si prepari per accompagnarmi.
“Oh, Bella! Ti accompagnerà Edward a casa. Devo ancora finire di sistemare un abito per domani” e dandomi un bacio sulla fronte si chiude nella sua camera.
Io ed Edward ci guardiamo senza capire. Attendiamo in silenzio che la porta si riapra con Alice che urla “Scherzetto!” ma la porta rimane chiusa.
“Non fa nulla, conosco la strada. Appena esce ringraziala ancora per la serata. Buonanotte” prendo la borsa dall’albero e mi fiondo giù dalle scale.
Faccio la seconda svolta di scale e sento la “sua” voce chiamarmi. D’istinto aumento l’andatura. Lo schiaffo della cameriera e il bacio della rossa continuano a suggerirmi… tu sarai la prossima, una delle tante, scappa prima che sia troppo tardi.
Più quei pensieri diventano insistenti più le mie gambe si lanciano nella corsa. Appena sono in strada do una rapida occhiata alle spalle e, non vedendolo, faccio un profondo respiro e mi incammino verso casa.
Ho voluto dare una possibilità alle persone che abitavano nel mio incubo di periferia e cosa ho ottenuto? Un bel due di picche. Fantastico! Ho creduto che le loro parole valessero qualcosa, idiota!!! Mi aveva promesso che mi avrebbe riaccompagnata ed invece… si è chiusa in camera! Beh, mi ha dato l’alternativa, lanciandomi tra le braccia del suo fratello sciupafemmine… meglio sola! Beh, essere sola, nella poco illuminata strada di periferia non è il massimo. Ma perché non ho chiamato un taxi prima di uscire? Ed il cellulare? Sul comodino, ovvio! Mi stringo meglio nello scialle ed accelero il passo cercando di non guardarmi intorno. Estraneo i rumori per non farmi condizionare. I muscoli sono tesi e cerco di allontanare dalla mente tutte le notizie che ho sentito ai telegiornali. Giovani ragazze violentate o uccise nei vicoli di periferia. Ohmiodio, ma perché mi sono fidata… le testate di giornale con la mia faccia e i titoli a caratteri cubitali sul mio corpo ritrovato mi si parano davanti ed inizio a correre con poco equilibrio. Vorrei piangere, ma sono troppo spaventata per farlo… ma perché sono qui, in una strada buia, da sola, di notte…
“Ehi, aspetta” mi toccano la spalla. Stringo i denti per non urlare, ma non ho il tempo di voltarmi che il buio mi prende nelle sue sicure braccia.
 
“Bella! Isabella!” dei leggeri schiaffetti mi risvegliano. Fermo con la mano quel fastidio e mugugno:
“Ancora cinque minuti, Carmen!” la risata cristallina di Alice mi fa sbarrare gli occhi. Con uno scatto mi metto seduta ed inizio a guardarmi intorno. Non sono in camera mia, sono… il viso sorridente di Alice... sono nell’appartamento del pianista.
“Piano, ragazza. Altrimenti mi risvieni” mi dice carezzevole Edward mentre le sue calde e soffici mani mi fanno ricoricare. E’ alle mie spalle, appoggiato allo schienale del divano ed il suo profumo ed il suo fiato, mi rilasciano un senso di pace. Mentre scendo lentamente verso il cuscino ricordo cosa è successo. Io da sola per le strade buie, qualcuno che mi tocca, il buio. Che vergogna!
“Sono un’idiota!” esclamo nascondendomi la faccia con le mani.
“No, sono io l’idiota. Scusa se non ti ho accompagnato a casa…” mi dice Alice mentre mi accarezza le mani con il quale mi nascondo.
“Bevi, ti aiuta” Apro un occhio e con calma mi metto seduta prendendo la tazza fumante dalle mani di Edward. “Ho cercato di raggiungerti, ma non ho capito subito quale direzione avevi preso fuori dal palazzo. Mi dispiace!” continua mortificato.
“Fa nulla.” Rispondo sorseggiando la tisana. “Adesso sto meglio. Credo proprio di dover andare a casa o Carmen si preoccuperà tantissimo nel non vedermi rientrare.”
“Ti accompagno” mi prende la mano e mi guarda preoccupato. Guarda le nostre mani ed imbarazzato si alza iniziando a camminare.
“Non è il caso, è tardi. Se avete un telefono chiamo un taxi”
“Sarei più tranquillo se mi permettessi di accompagnarti.” dice Edward continuando a passarsi le mani nei capelli. Non credo si renda conto di quanto sia sensuale quel gesto…
“Ok” rispondo. Sono stanca e ancora un po’ scossa. Accettare è l’unico modo per evitare di perdere altro tempo e stare in quella casa.
Fa un sorriso e mi accompagna all’ingresso tenendomi un braccio allacciato alla vita.
“Scusa. Ma ho paura che mi scappi” e mi fa l’occhiolino.
Rimane al mio fianco per tutte le scale, non lascia mai la presa, nemmeno nei punti più stretti. Quando arriviamo sul pianerottolo si allontana di poco e mette le mani in tasca.
“Non vorrei essere indiscreto, ma perché prima sei scappata così? Non mi hai dato nemmeno il tempo di prendere la giacca che già eri volata giù dalle scale!”
“Mi ero accorta dell’ora, e domani lavoro” rispondo.
“Così hai allungato ancora di più i tempi!” constata scuotendo la testa con disapprovazione.
“L’ho già detto che sono un’idiota! Ti è piaciuto sentirlo? Vuoi che lo ripeto?” replico piccata. Ma si può sapere cosa vuole questo sciupa-femmine? Vuole che gli dica che ero fuggita per evitare di volargli addosso e affondare le mie labbra sulle sue, mentre le sue mani perfette mi facevano sentire donna?
Alza le braccia in segno di resa e mi prende per mano accompagnandomi nel seminterrato.
“Non ti sto rapendo. E’ qui che tengo la moto” mi spiega vedendo la mia faccia impallidire ed il mio corpo tremare appena entriamo nel garage freddo e pieno di ragnatele.
“M…moto?” chiedo cercando di controllare i denti che battono.
“Sì, hai paura?”
“Non ci sono mai salita” rispondo rimpiangendo le comode e calde limousine che prima di quell’incubo mi scorrazzavano per New York.
“Basta che ti tieni forte” mi sorride mentre mi porge un casco rosa shocking.
“E’ tuo?” chiedo rigirandomelo tra le mani.
“No, è di Alice!” risponde scoppiando a ridere.
“Tieniti forte” urla da dentro il casco mentre mette in moto. Lo abbraccio stretto con il timore di cadere e lui mi posa la mano sulle mie prima di partire con un’accelerata.
Lo ammetto, veder sfrecciare le facciate dei palazzi da così vicino, senza finestrini o abitacoli di auto che ti chiudono al sicuro, sentire il vento che ti scompiglia i capelli e ti fa mancare l’aria, lo sfrecciare tra le auto in coda e prendere scorciatoie negate agli altri automezzi… beh! Mi ha fatto ricredere sul rimpiangere le limousine! Sicuramente molto più eccitante! Mi fa sentire viva! Bellissimo! Se non avessi paura di cadere, allargherei le braccia per accogliere il mondo visto da quella prospettiva.


 
!! ATTENZIONE SPOILER!!
“Non fare fesserie, Macho!” mi dice prendendomi per mano ed allontanandomi.
La seguo senza riuscire a distogliere lo sguardo da quei bavosi e obbligando le gambe a seguirla.
“E’ in grado di gestirsela da sola, senza contare che già ti odia. Se ancora ti metti ad alzare le mani puoi salutarla per sempre.”

 

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Capitolo 8
*** Tanya ***


Ciao ragazze! Come promesso sono di nuovo qui ad aggiornare!!!
Grazie a tutti coloro che mi seguono e a chi commenta! 
Non siate timidi ditemi cosa ne pensate!!
GRAZIE GRAZIE GRAZIE E BUONA LETTURA!!!

 
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EDWARD
Mentre sfreccio tra le auto, con le sue braccia ancorate al mio petto ringrazio mentalmente la mia pazza sorellina!
Non nego che appena l’ho vista in camera di Alice il pensiero di diventar figlio unico non mi abbia sfiorato.
Continuo a vederla mentre termina il giro in quel vestito che la fasciava come fosse una fata. Il mio fratellino se ne ricorda pure, e vi posso assicurare che quando il fratellino è sveglio, non è comodo viaggiare in moto. Stringo la mia mano sulle sue e faccio l’ultima curva cercando di non piegare troppo per non spaventarla.
La faccio scendere di fronte al parrucchiere dove si fa pettinare anche Alice e mi tolgo il casco.
“Abiti qui sopra?” le chiedo indicando il palazzo.
“Vicino. Grazie per il passaggio, è stato fantastico! Buonanotte… di nuovo” e sorridendo mi dà le spalle allontanandosi.
“Avrò mai la possibilità di farmi perdonare per averti fatto svenire?” chiedo alzando leggermente la voce perché ormai è lontana.
“Con il giro in moto ti sei già fatto perdonare! Salutami tua sorella!” e gira l’angolo svanendo dalla mia vista.
Scendo dalla moto e corro per vedere dove entra, ma trovo solo la strada vuota! Perfetto!
Bravo! L’hai fatta andar via senza saper nulla di più della sera al locale! Nessun numero di telefono, nessun indirizzo, nessun nuovo appuntamento! Complimenti! E’ riuscita a scoprire di più tua sorella in un solo pomeriggio di te in due volte che l’hai incontrata. Ci vorrebbe un applauso! Devi aspettare che la fortuna te la faccia rincontrare… e conoscendo la tua fortuna… spetta e spera!
Tiro un calcio alla ruota della moto e risalgo frustrato! Sono bravo con le ragazze che mi si gettano tra le braccia… wow, che fenomeno. Ma quella che mi interessa veramente, che mi fa provare emozioni mai provate? Beh, aspetto la fortuna! Che genio!
Mi dirigo verso casa continuando a pensare a Isabella. Ogni attimo che abbiamo passato insieme, ogni parola che ci siamo scambiati, ogni suo sorriso… frustrato devio verso casa di Tanya.
 
Tanya è una mia grande amica, o come si chiamano adesso, una mia tromba-amica. E’ innamorata pazza di un ballerino francese di nome Laurent e, anche se è una donna bellissima, simpatica e molto intelligente, non è riuscita a farlo innamorare. È diventata la sua migliore amica e quindi, ogni volta che lui le racconta della nuova conquista, lei mi chiama per sfogare le sue delusioni. E’ portentosa a letto e, anche se so che quando stiamo insieme pensa a lui, a me va bene lo stesso. Lei si sfoga ed io mi tengo allenato imparando nuove posizioni e nuovi modi per far impazzire le mie partner.
 
Busso alla sua porta prepotentemente.  Apre in vestaglia e mi guarda stupita.
“Sei sola?” Le chiedo con voce roca.
Annuisce aprendo maggiormente la soglia invitandomi ad entrare. Appena metto piede nel suo appartamento mi fiondo sulle sue labbra e chiudo con un calcio la porta d’ingresso. Il desiderio è alle stelle. La prendo in braccio allacciando le sue gambe alla mia vita e stringendola a me con forza faccio roteare la mia lingua nella sua bocca. Il viso di Isabella svenuta sul mio divano fa capolino nella mia mente ed io serro le dita sulle natiche di Tanya. La lancio sul letto e mi corico su di lei. Mi punto sui gomiti per non pesarle addosso ed inizio a baciarla avidamente. La mordo e la bacio dalle orecchie fino ai seni, con un saliscendi sempre più impaziente. Isabella, fasciata dall’abito blu, che piroetta nella stanza di Alice, ed io stringo le mani sui suoi seni con un gemito. Affondo la mia bocca sui capezzoli ed inizio a giocarci con rabbia. Il volto di Isabella stupito con il casco rosa in mano, e affondo le mie dita nel suo sesso morbido e bagnato. La sento ansimare ed inarcare la schiena venendo incontro alle mie spinte. Serro gli occhi e con un ringhio risalgo l’intero corpo di Tanya baciandola dall’ombelico, passando tra i seni e perdendomi tra le sue labbra. “Con il giro in moto ti sei già fatto perdonare!” quelle parole mi fanno male alle orecchie, e con un colpo di reni penetro con forza in Tanya facendola urlare di piacere. Inizio a muovermi velocemente. A ogni spinta… ogni occhiata, ogni sorriso, ogni momento di Isabella si fa sempre più nitido. Esplodo dentro Tanya e con un fremito mi accascio su di lei, senza forze.
“Scusa” le sussurro nascondendo il viso sul suo petto ancora ansimante.
“sssssh… adesso riposati!” e mi accarezza i capelli fin quando non mi addormento con l’immagine di Bella nella mente.
 
La mattina mi sveglia con un ampio sorriso e porgendomi il caffè fumante.
“Ben svegliato Macho!”
“Che ore sono?” chiedo cercando un orologio e rimettendo insieme le idee.
“Sei in tempo per raccontarmi tutto prima di andare al lavoro! Racconta…”
Mi siedo sbuffando e bevo il caffè.
“Come si chiama?” mi chiede sorseggiando anch’essa il caffè. Non rispondo. Ripenso alla serata precedente e mi vergogno. Ho usato Tanya per sfogarmi, se qualcuno lo facesse con mia sorella dovrebbe contare le formiche che camminano nella terra sopra la sua testa.
“Edward! E’ stato il miglior sesso che abbiamo mai fatto! Sono ancora tutta un fremito! Vorrei sapere il nome della ragazza che devo ringraziare!” e accarezzandomi dolcemente la guancia mi gira il viso verso di lei. “Quindi?”
“Isabella” rispondo imbarazzato.
“Wow! Edward Cullen innamorato!” si alza per prendere altro caffè fischiettando.
“Non sono innamorato! Che diavolo stai dicendo! Nemmeno la conosco!”
“Scusa?” chiede ironica rientrando con ancora la tazzina vuota in mano.
“Cioè, so come si chiama, dove lavora. Punto. Nient’altro. L’ho fatta svenire e l’ho accompagnata quasi a casa sua. Fine della storia. Ci saremmo scambiati massimo dieci parole.”
“Wow! Appena la conosci più a fondo torna a trovarmi! Se con così poche informazioni mi hai fatto toccare il paradiso, non oso immaginare cosa mi farai toccare la prossima volta!” scherza spettinandomi i capelli e facendomi un occhiolino malizioso.
“Dai forza! Devo prepararmi per andare a lavorare! Stasera mi racconterai tutto” e mi lancia la maglia per rivestirmi.
“Stasera?” chiedo senza capire.
“Beh! Ovvio, voglio sapere tutto e stasera vado al locale! Appena hai finito di suonare mi racconterai tutto davanti ad una buona birra che mi offrirai” e così dicendo chiude la porta del bagno svanendo all’interno.
 
La giornata passa lenta e più volte mi ritrovo fermo con il pennello in mano. Rifiuto a malincuore l’invito di Sam di unirmi a loro per il pranzo, e cerco di recuperare la concentrazione.
Vorrei andare al ristorante per poterla rivedere e chiederle se sta bene. Ma è meglio di no, sono già abbastanza confuso così. Meglio non alimentare questa strana sensazione che mi prende al petto quando penso a lei. Che idiota, sembro un adolescente! Ci manca solo che inizio a scrivere le nostre iniziali sul muro e poi sono a posto!
 
La sera, a differenza della giornata, passa veloce. Suoniamo tutti i pezzi della scaletta e ci inchiniamo agli applausi. Non riesco a farmi prendere dalla musica, e quando faccio gli assoli non sono frizzanti, sono tristi… meglio suonare con il gruppo! Tutti i membri della band cercano di farmi partecipare e io fingo perfettamente sorridendo e muovendo il capo, ma non c’è adrenalina, non c’è divertimento.
Scendo dal palco e mi accomodo vicino a Tanya porgendole un boccale di birra.
“Grazie!” dice facendo un sorso “Siediti e racconta, sono tutta orecchie!”
“Credo ti averti già raccontato tutto stamattina, c’è poco da dire, e sinceramente penso che sia da idioti alimentare questa cosa, quindi parliamo d’altro” propongo mettendomi comodo sul divanetto e posando il braccio sullo schienale dietro di lei. Appoggia la sua dorata chioma sulla mia spalla e sospira.
“Quanto vorrei che tra me e Laurent succedesse qualcosa. Non so più come fare. Sembra che io sia vetro per lui! Uffff!”
“Dimenticalo. Semplice! Sei stupenda e se non se n’è ancora accorto è un idiota, non ti merita!” la conforto lisciandole i capelli.
Nasconde il volto nella mia spalla e accarezzandomi il petto delicatamente continua “Facile da dire per te, ma non riesco a pensare a nessun altro, non riesco nemmeno a vederli gli altri ragazzi… lui è così elegante, raffinato, con due spalle da urlo… “ e si lancia a descrivere ogni parte di Laurent, anche quelle più imbarazzanti, aiutata da tantissimi aggettivi ed io ogni volta cerco di ridimensionare i suoi pensieri.
Mi bacia la guancia per ringraziarmi di averla ascoltata mentre la grossa mano di Jacob mi colpisce la spalla per salutarmi.
“Ehi, marpione sempre a pomiciare eh!” dice strizzando l’occhio a Tanya.
“Magari. Più che altro mi fa da confessore!” risponde Tanya alzandosi a baciarlo.
“Tanya, ti presento Isabella” nel sentire quel nome il mio cuore perde un battito e Tanya mi guarda alzando un sopracciglio con sguardo malizioso. Non l’avevo vista perché era coperta da Jacob.
 “Ciao, tutto bene?” le chiedo alzandomi per darle un bacio sulla guancia. E’ una consuetudine tra noi amici. Ma lei si sposta e, facendo finta di non aver notato il mio intento, si siede vicino a Jacob chiedendogli se vuole una birra.
Ci rimango male. Non capisco cosa ho fatto, ma sicuramente l’ho offesa. Provo più volte a parlarle, ma le uniche reazioni che ha nei miei confronti sono delle guance rosse e poche parole di cortesia. Non mi guarda nemmeno in faccia!
“Appena Emmett e Seth sono pronti volevamo fare un salto a “La Push”, sei dei nostri?”  Mi chiede Jacob sciabolando le sopracciglia per convincermi. “Non trovare la scusa che domani lavori perché domani nessuno di noi lavora!” continua dandomi una leggera gomitata sul braccio.
Guardo Tanya per sapere cosa vuole fare e, vedendo che a lei va bene, ci uniamo alla compagnia.
Quando siamo nel parcheggio ci dividiamo nelle auto ed io prendo la moto. La traditrice di Tanya trova una scusa per andare con Jacob, lasciandomi da solo con Isabella. L’imbarazzo è alle stelle, ci sorridiamo come due bambini delle elementari e, senza spiaccicare parola, ci dirigiamo al locale.
Le macchine parcheggiate mi confermarono che è un locale per i puzza-sotto-il-naso e mi pento di essermi fatto convincere. Io e Isabella siamo i primi ad arrivare e cerco una scusa per rompere il silenzio imbarazzante.
“Domani niente lavoro?” chiedo con il mio miglior sorriso.
“Sì” mi risponde senza guardarmi. Si morde le mani e cerca con gli occhi la macchina di Jacob.
“E cosa fai di bello?” continuo sperando che mi risponda con frasi compiute e non monosillabi.
“Le solite cose… bagno, libro e nanna!”
“Noioso! Se ti fa piacere puoi venire con me al lago. Devo recuperare degli attrezzi che ho lasciato a casa di un amico e possiamo cogliere l’occasione per fare un pic-nic, così mi faccio perdonare per l’altra sera” propongo tirandomi i capelli quasi a strapparli per l’imbarazzo.
“Togliti ogni pensiero dalla testa.” sibila assottigliando gli occhi” Non voglio essere la tua prossima conquista usa e getta. Cos’è ti manca la castana? Prima la nera, poi la rossa e per finire la bionda!” si picchietta il mento pensando e poi affonda la lama “Sì, adesso che ci penso ti manca la castana. Ma no, non sono interessata, cerca un’altra vittima!” e mi volta le spalle stizzita.
“Le ragazze castane non mi sono mai piaciute, quindi nessun pensiero, volevo solo essere gentile. Ma nessun problema, se preferisci passare una noiosa giornata da sola, libera di farlo.” E offeso mi dirigo verso i ragazzi che stanno scendendo dall’auto.
Che tipa strana, ok che tutte si erano accorte di quanto mi piacesse quella ragazza e la mia mente continuava a ricordarmi della sua esistenza e dei suoi splendidi occhi, ma sinceramente il suo caratterino era detestabile. Maggior conferma che la prima sera avevo provato quelle emozioni aiutato dall’adrenalina, e le emozioni provate in moto erano solo un residuo.
Entriamo da una porta secondaria grazie ad una conoscenza di Jacob e ci buttiamo in pista a ballare. Tanya mi evita, la ragazzina pure… perfetto ho perso il mio charme.
Mi avvicino al bar per bere una birra e con gli occhi osservavo i miei amici ballare e divertirsi.
La frase al tritolo, che mi ha detto Isabella nel parcheggio, continua a bombardarmi le orecchie. Per rilassarmi cerco di convincermi che è pazza e che, per il mio bene, devo starle lontano…
Il buon Dio mi dimostra subito quanto siano futili e bugiardi i miei pensieri. Dei ragazzini puzza-sotto-il-naso si avvicinano a lei facendo i cascamorti. I muscoli mi si contraggono e stringo le mani a pugno. Senza accorgermene sono già diretto verso quel gruppetto di ragazzi con l’intenzione di allontanarli. Sono a pochi passi da loro quando la mano di Tanya, appoggiata al mio petto, mi ferma.
“Non fare fesserie, Macho!” mi dice prendendomi per mano ed allontanandomi.
La seguo senza riuscire a distogliere lo sguardo da quei bavosi e obbligando le gambe a seguirla.
“E’ in grado di gestirsela da sola, senza contare che già ti odia. Se ancora ti metti ad alzare le mani puoi salutarla per sempre.”
Mi odia? Quel pensiero mi pugnala. Sento una forte fitta al cuore e lo stomaco mi si contrae. Ma perché mi odia? Stringo i denti e tiro un pugno al muro del corridoio del locale.
“Edward!” cerca di tranquillizzarmi Tanya mentre mi accarezza la schiena. “Stai bene?”
“Certo!” ringhio “Meglio che vada a casa” e senza guardarla o salutarla mi dirigo alla moto.
Viaggio per tutta la notte continuando a pensare a Isabella. Sicuramente soffre di personalità multipla e quindi devo a tutti i costi togliermela dalla testa. Mi tuffo nel lago per sbollire e ringhio contro me stesso. La sconosciuta deve svanire dai miei pensieri!!!
Mi corico sull’erba a godermi l’alba pensando al nuovo murales, quando la vibrazione del telefono mi riporta alla realtà.
“Edward!” il grido preoccupato di Alice mi spacca un timpano.
“Ciao Alice. Prendo le brioches e arrivo!” rispondo alzandomi velocemente e dirigendomi verso la strada.
“Ma dove sei?”
“Arrivo. Metti su il caffè! A dopo!” e stacco per poter infilare il casco e correre a prendere le brioches promesse.
 
“Ma sei impazzito?” mi aggredisce appena entro in casa.
Le faccio dondolare il sacchetto con le brioches davanti agli occhi e, con lo sguardo dolce, le chiedo “Perdonato?”
“NO! Non sapevo dove eri e Tanya ha detto che eri sconvolto quando te ne sei andato dal locale! Ma che diavolo ti prende EH!” urla con gli occhi rossi e le braccia tese sul fianco.  
“Scusa” le chiedo abbracciandola “non volevo farti preoccupare. Ma tranquilla, non succederà più!” Devi riprenderti Edward, devi tornare in te e dimenticare Isabella.
 
Secondo voi ci riesco? Ebbene Sì! Ci riesco!
Dopo sole tre settimane da quella orribile sera a La Push, riesco a non pensare più alla sconosciuta. Mi sono buttato nel lavoro e ho finalmente finito la cucina. Ho disegnato dei mattoni sulle portine e dell’edera che scende dai pensili. Ovviamente sono tornato al “Midnight Sun”, alla fine ci lavoro e poi è l’unica occasione che ho per suonare e tornare nel mio mondo incantato. Ho migliorato anche il rapporto con il mio pianoforte, adesso, non solo lo saluto, gli parlo! Beh, a ogni fine concerto volo fuori dal locale con la scusa che devo svegliarmi presto, evitando così di incrociare sia Jacob che Isabella. Jacob lo sento per telefono almeno una volta alla settimana. Ha provato a parlarmi della sua collega, ma dopo i primi ringhi ha capito che non ero interessato, così mi racconta solo le novità o si sfoga per qualche problemino con il suo Embry!
Isabella l’ho intravista un paio di volte al bancone. Ho obbligato i miei occhi a mentirmi, trasformandola in una ragazza qualsiasi. Non vedevo lei, vedevo una bionda con faccia da uomo. Funziona! Sembra che sono pazzo, ma funziona! Questo è l’importante.
Sono tornato ad essere me stesso. Sorridente, attento e premuroso nei confronti della mia sorellina e lavoratore instancabile. L’unica controindicazione di questo periodo è che non riesco più a dormire bene. Ho passato molte sere a disegnare con le mie adorate bombolette su muri e treni… la città però è più colorata! Merito Mio!!!
 
Esco dal market, controllando sulla lista di aver preso tutto, e urto contro un passante.
“Mi scusi” dico distratto rendendomi conto di aver dimenticato di acquistare un detersivo.
“Edward?” e quella voce fa cadere un mattoncino del muro che avevo creato nelle ultime settimane. “I…Isabella?” balbetto alzando lentamente il viso dal foglietto e girandomi verso di lei.
“Ti trovo in forma! Dove eri finito?” chiede con un sorriso che mi fa sciogliere.
“Casa e lavoro! Nulla di speciale!” rispondo cercando di mantenere la concentrazione e non perdermi nella profondità dei suoi occhi.
“Noioso!” dice facendo una smorfia. “Vieni anche tu alla festa di Jacob, sabato?” chiede stropicciandosi le mani mentre le sue guance si tingono di un adorabile rosso. E’ pazza, non adorabile. Riprenditi!
Ho già preparato il regalo per il mio amico d’infanzia, ma non pensavo di andare alla festa. Nelle ultime settimane mi sono creato una bolla intorno ed il pensiero di uscirne non mi piace. Soprattutto adesso, di fronte a lei, mentre stringo le mani per non cedere alla tentazione di baciarla. Osservavo il parcheggio per non perdermi nei suoi occhi e trattenevo il respiro per non inebriarmi del suo profumo. Un’intera serata sarebbe ancora troppo, ho bisogno di più tempo. Quindi no, non andrò alla festa!
“Non penso di riuscire a venire, a lavoro mi stanno torchiando e la sera sono sempre troppo stanco” rispondo con la prima scusa che mi viene in mente.
“Oh! Peccato ci saranno tutti! Sicuro di non riuscire a liberarti? Faresti felice Jacob…” dice mordendosi il labbro inferiore.
“Ci proverò, ma non ti assicuro nulla. Beh, ciao Isabella!”
E me ne vado salutandola con la mano. Cammino come un automa verso la moto, cercando di scacciare la sensazione che sento al petto.  
Sento la sua voce gridare “Taxiii!”
Forse è l’occasione buona per conoscerla meglio e convincermi che è una pazza dal quale devo stare lontano… o forse è la volta buona che mi faccio intrappolare definitivamente nella sua rete! Nah! Impossibile! Forza Cullen, torna l’uomo che eri e fatti avanti!
Corro alla moto il più velocemente possibile e sgommo per arrivare prima del taxi. Mi fremo ed alzo la visiera. “Posso darti un passaggio?” le chiedo al di sopra del rumore del motore.
Ci pensa un attimo. Guarda se ci sono taxi disponibili nelle vicinanze e, con una scrollata di spalle, sale in sella.
Serpeggio tra le auto ripetendomi come un mantra: è solo un’amica, è solo un’amica al quale hai dato un passaggio.



 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
...Di fronte alla vetrina di un gallerista faccio un commento triste su una tela a mio avviso brutta, perché non ha disegni, ma è solo un insieme di colori mescolati e pure male.
“Forse quello che vuole Jacob è proprio un quadro fatto con le bombolette!” mi ringhia Alice.
“Alice” la ammonisce Tanya avvicinandosi per accarezzarle la schiena cercando di calmarla.
“Ma tu che ne sai di cosa piace a Jacob? Forse non vuole nemmeno un regalo acquistato, forse vuole solo festeggiare con TUTTI i suoi amici il suo compleanno” e con le lacrime agli occhi se ne va correndo...
 

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Capitolo 9
*** Il regalo per Jacob ***


Ciao a tutti! Scusate il ritardo nel postare ma ci sono stati degli imprevisti!
Spero di riuscire a farmi perdonare con il prossimo capitolo!
Buona lettura a tutti! e mi raccomando, non siate timidi e ditemi cosa ne pensate!!

BELLA
 
In queste ultime settimane sono diventata molto amica di Angela, Alice e Tanja. La loro compagnia mi aiuta a trasformare il mio incubo in un bel sogno. Poter parlare con loro dei problemi inerenti il lavoro o le difficoltà di percepire un misero stipendio, mi aiuta ad affrontare meglio la mia nuova vita. 
Devo sempre fare attenzione a non parlare troppo, per non far capire chi sono veramente, ma è comunque bello potersi sfogare con qualcuno e sentire come gli altri affrontano le tue stesse difficoltà.
Ho parlato con loro di Mike, di come si è comportato quando l’ho rivisto. Mi hanno consigliato di dimenticarlo. Lo so che hanno ragione, ma è anche vero che non ho raccontato tutta la verità. Non ho detto chi è veramente, e non ho parlato della sua eleganza e del nostro passato, ho parlato solo delle emozioni che ho provato e ripetuto le frasi che mi avevano infastidito…
Ho  parlato anche di Rosalie, di quanto mi mancasse, (ho dovuto dire che abitava lontanissima per evitare che mi chiedessero di invitarla), ed ho raccontato alcuni aneddoti divertenti facendo così un piccolo tuffo nella mia vecchia e adorata vita.
Le mie nuove compagne di avventura dal canto loro mi hanno raccontato tantissimo del loro passato comune, di come si sono conosciute, di come si sono coperte le spalle o consolate nei momenti tristi... sono molto unite e si conoscono da tantissimo tempo, non posso negare di sentirmi un pò un'estranea in mezzo a loro, anche se devo ammettere che fanno di tutto per farmi sentire a mio agio! 
Parlano sovente di Edward, soprattutto Alice. Mi hanno spiegato, senza che glielo chiedessi e facendo finire i discorsi più disparati su di lui, che la cameriera lo aveva schiaffeggiato perché lui non aveva accettato le sue avance. E che la rossa, di nome Victoria, era abituata a salutare in quel modo tutti i ragazzi. Effettivamente, quelle poche volte che sono tornata al “Midnight Sun” ho sempre visto Victoria tra le braccia di un uomo. La cosa che mi ha sconvolta di più è scoprire che James, il proprietario del locale, è il suo ragazzo... che gente strana!
Tanya si è sfogata raccontando del suo amore impossibile e non corrisposto per un certo Laurent. Mi ha detto che Edward è il suo miglior confidente, l’unica persona con il quale riesce a sfogarsi, perché sà sempre cosa dire e come comportarsi per tirarla su di morale. Mi hanno descritto Edward Cullen come un bravo ragazzo, attento ai sentimenti degli amici e sempre pronto a dare una mano. Forse sono stata frettolosa nel giudicarlo un dongiovanni, ma il suo portamento sicuro e il suo sguardo magnetico mi rendono ugualmente nervosa. 
Anche adesso, mentre siedo sulla sua moto, ancorata al suo petto, la sua presenza ed il suo profumo rendono agitate le farfalle nello stomaco.

Sono settimane che vedevo Edward solo di sfuggita e sempre e solo per pochi minuti, quindi, trovarselo fuori dal market è stata veramente una splendida sorpresa. Reputatemi impazzita, ma rivederlo e riparlargli è stata una cosa fantastica!
Rivedere il suo fisico da Dio greco ed i suoi profondi occhi verde smeraldo, leggermente nascosti da un ciuffo ramato ribelle, mi ha fatto provare emozioni sconosciute. Non pensate subito: Isy si è innamorata! Assolutamente no! Isabella Mary Swan non si innamora di gente comune! 
Se proprio volete pensare qualcosa, beh, il verbo correto è attratta! Sì, attratta! E' un bel ragazzo, anzi un ragazzo come si vede solo sulle copertine dei giornali, e credo che solo una cieca potrebbe non provare attrazione per un Adone come lui! 

Provo ancora a convincerlo a venire alla festa di Jacob appena ci fermiamo di fronte alla casa di Angela, ma non riesco a convincerlo e non si prolunga in discorsi, anzi non si toglie nemmeno il casco e mi saluta con la mano ripartendo sgommando.

“Come mai quel sorriso?” mi chiede Angela appena esce dalla porta di casa.
“Sono emozionata per il regalo. Adoro fare shopping.” e saltello sul posto emozionata per il pomeriggio che ci attende.
Scuote la testa e, prendendomi sottobraccio, ci incamminiamo mentre mi racconta di Ben, il ragazzo delle consegne, e della loro chiacchierata. Più che chiacchierata, secondo il suo racconto, è stato solo un insieme di mugolii e sorrisi imbarazzati, ma comunque è già un primo passo. Inizia a sognare ad occhi aperti il giorno in cui Ben la noterà e le chiederà di uscire. . Secondo me quel giorno non è distante, non mi sono sfuggite le occhiate che il ragazzo delle consegne lancia ad Angela quando è distratta.

Quando arriviamo alla sartoria vediamo Alice al telefono ed è arrabbiata. Quando ci vede chiude velocemente la chiamata e ci viene incontro saltellando.
“Quindi? Pronte per lo shopping?” chiede con gli occhi scintillanti.
“SIIII!” urliamo in coro  saltellando come delle bambine, ed insieme ci rechiamo alla gioielleria dove ci attende Tanya.
Mentre passeggiamo noto lo sguardo preoccupato di Alice. C’è qualcosa che la turba e il fatto che si stia massacrando le pellicine delle mani me ne dà conferma. 
“Tutto bene, Alice?” le chiedo avvicinandomi per toglierle la mano dalla bocca.
“Certo” risponde tornando a sorridere.
Ma appena mi allontano il suo viso ritorna turbato. Cerco di non pensarci, le ho dato la possibilità di sfogarsi, ma se non vuole non posso obbligarla.  
“Sicure che un gioiello sia il regalo giusto per Jacob?” chiede Angela preoccupata.
“Un gioiello è sempre ben accetto” rispondo convinta.
“Sì, ma è molto impersonale. Jacob è passionale, di cuore, emotivo… non sono sicura!” continua entrando in gioielleria.
Con quella frase fa nascere anche in me ed in Alice il dubbio.
Senza farci sentire dalle commesse diciamo a Tanya dei dubbi di Angela e così… ci ritroviamo in strada alla ricerca di un regalo migliore.
“Potremmo fargli un buono in un negozio di arredamento! Tra un paio di mesi andrà a convivere e sicuramente gli tornerà utile!” propone Tanya.
“Potremmo regalargli una cena romantica con il suo Embry!” dà man forte Angela.
“Potremmo comprargli un vestito elegante” continuo io.
Alice non parla, si mordicchiava il labbro inferiore e si rigirava il cellulare nelle mani.
Continuiamo per due isolati, fin quando, sfinite e con le bocche secche a forza di proporre, ci sediamo al tavolino di una gelateria e continuiamo a sfornare idee di fronte ad un gustoso gelato.
Alice è quasi irriconoscibile, propone, ma non con il classico entusiasmo e, appena può, si richiude nel mutismo fissando il cellulare.
“Tutto a posto?” le chiede Tanya accarezzandole un braccio.
“Sì, sì” risponde lanciandomi un’occhiata strana e ritornando a controllare il cellulare.

Alla fine, non siamo riuscite a metterci d’accordo per il regalo di Jacob. Anzi abbiamo le idee ancora più confuse. Più ci pensiamo e più, ogni oggetto o buono, sembra banale. Decidiamo di riprovarci domani, affidandoci al detto “la notte porta consiglio”.

Quando rimango sola con Angela le confido il mio turbamento per l’atteggiamento di Alice.
“Sono anni che conosco Edward ed Alice, e l’atteggiamento di Edward nelle ultime settimane è veramente strano. E’ sempre stato un ragazzo pronto a far festa, anche a costo di non dormire, mentre ultimamente sembra che viva solo per lavorare. Alice dice che non le fa mancare niente e la avverte ogni volta che esce o torna tardi, ma che lo sente comunque distante. C’è qualcosa che lo turba e, per la prima volta, né Alice né Tanya sono riuscite a farlo parlare. E’ normale che sia preoccupata! Chissà cosa gli sarà successo.”
“Forse sta frequentando cattive compagnie” azzardo.
“Non penso. E’ troppo legato ad Alice per fare qualcosa di pericoloso. E poi Alice sa sempre esattamente dove lui è. O a lavoro, o a casa o arrampicato su un muro a disegnare… quindi nessun amico pericoloso e sconosciuto!” dice stringendosi nelle spalle come se non ci fosse soluzione.
“E per peggiorare il tutto, oggi ha confermato ad Alice che non ci sarà alla festa di Jacob. E’ la prima volta che non festeggia il suo amico.” Infila la chiave nella toppa di casa e continua “Non ti preoccupare, sono forti e sono uniti, risolveranno tutto. Tu pensa a cosa regalare a Jacob e, se riesci domani a lavoro, prova ad indagare con il diretto interessato… vuoi entrare a prendere un caffè?”
“No grazie, la doccia mi chiama. Ci vediamo domani a lavoro! Buona serata e mi raccomando pensa anche tu al regalo!” le dò un bacio sulla guancia e mi dirigo verso casa. Ringraziando abitiamo vicino ed il tragitto è relativamente corto.

Entro in casa e, ancora sulla porta, saluto Carmen che è intenta a cucinare. 
Mi fiondo direttamente nella vasca da bagno e mi rilasso ascoltando un po’ di musica jazz.
Cerco di pensare a cosa possa piacere al cameriere gentile, ma con i pochi soldi che abbiamo a disposizione è veramente complicato trovare qualcosa di bello, unico e personale. Ogni idea che mi viene in mente costa circa lo stipendio di un mese di tutte e quattro messe insieme.
Rimango in accappatoio e mangio sulla penisola della cucina mentre Carmen termina di cucinare il secondo piatto.
“Cosa regaleresti ad un ragazzo di venticinque anni, nativo americano che fa il cameriere?” le chiedo mangiando l’antipasto.
“Jacob?” mi chiede assaggiando il brodo della carne.
“Sì! Avevo proposto un gioiello, ma quando siamo entrate in gioielleria le ragazze lo hanno reputato un regalo impersonale.”
“Beh, dovreste chiedere ad Edward, da cosa mi ha raccontato mio figlio, sono amici da quando avevano due anni. Sicuramente lui sa cosa regalargli” 
“Hai un figlio?” le chiedo stupita e dimenticando per un momento il problema regalo.
“Sì, ha l'età di Jacob” Risponde come fosse ovvio.
“E come si chiama?”
“Emmett, lavora anche lui nel ristorante di Mr Swan” 
Credo che la mia mascella mi sia caduta sul tavolo. Emmett, il cameriere della sala grande, il cantante della band, l’energumeno con i ricci neri corvini e gli occhi azzurro cielo era il figlio della mia domestica!!!! 
“E…E…Emmett? Ma scusa, quanti anni hai?”
“Non si chiede mai l’età ad una donna” risponde scherzosamente stizzita “Diciamo che potrei essere tua madre!”
E’ una signora magrolina, con la pelle vellutata perfetta e dei capelli corvini lunghi fino a metà schiena ritti come spaghi. Le avrei dato una trentina d’anni, ma per avere un figlio di oltre vent’anni, deve essere sicuramente più anziana. Devo chiederle quale crema usa per la pelle e per i capelli… quale è il suo segreto dell’eterna giovinezza… ma non a cena, non in quel momento. Ho tantissime altre curiosità da sfamare più urgenti.
“Ma quindi Emmett sa chi sono?” chiedo con timore.
“No, Miss, stia tranquilla. Non l’ha mai vista. Non nego di aver parlato di voi e delle vostra famiglia in casa, ma non ha mai visto una vostra foto e, da quello che so, anche quando ti ha vista al locale non ti ha riconosciuta”
“Fiu!” esclamo asciugandomi la fronte dal finto sudore. “Mi raccomando, non dirgli nulla. Non voglio perdere anche questo appartamento o ricominciare una nuova avventura in chissà quale bettola di mio padre in un paese sperduto. Alla fine mi piace qui ed inizio ad ambientarmi… ci fossero più agi… e papà mi restituisse le carte di credito… sicuramente sarebbe ancora meglio, ma con i passi in avanti che ho fatto con la vita sociale in questo quartiere non ho voglia di ricominciare da capo.”
Carmen mi abbraccia con le lacrime agli occhi e mi bacia sul capo accarezzandomi i capelli.
La guardo stupita per quel gesto, ma non parlo. L’emozione di Carmen e lo sguardo materno con cui mi guarda, mi infonde uno strano calore che non voglio allontanare. Ricomincio a mangiare leggermente imbarazzata e non riesco più a spiaccicare parola. Terminato il pasto la saluto e mi chiudo in camera.

Mentre affondo tra le braccia di Morfeo le parole di Angela e i ricordi frammentati delle ultime settimane riaffiorarono nella mia mente.
“L’atteggiamento di Edward nelle ultime settimane è veramente strano…” il ricordo di Edward che scende dal palco e, senza guardarsi intorno, esce dalla porta sul retro.
“C’è qualcosa che lo turba e, per la prima volta, né Alice, né Tanya sono riuscite a farlo parlare.” Il ricordo degli occhi luccicanti di Alice quando, al nostro primo incontro mi aveva raccontato le avventure che aveva vissuto con il fratello.
 “E per peggiorare il tutto, oggi ha confermato ad Alice che non ci sarà alla festa di Jacob.” L’immagine di Alice che litiga al telefono nella sartoria.
“In venticinque anni è la prima volta che non festeggia il suo amico.” Gli occhi tristi di Jacob delle ultime settimane e Seth che scuote la testa deluso, seduto al tavolino del locale, mentre guarda Edward allontanarsi.
“Dovreste chiedere ad Edward… Sicuramente lui sa cosa regalargli” il particolare delle mani di Alice che gioca con il telefonino quando pensavamo a cosa regalare a Jacob.
Gli occhi offesi di Edward dopo la mia frase e le facce preoccupate dei ragazzi quando, la sera de La Push, scoprirono che era andato a casa. Quella è stata l’ultima sera che l'ho visto con i suoi amici, da allora è diventato un fantasma…

La notte, invece che portarmi consiglio, mi porta angoscia, dato che è popolata da strani sogni. 
Sogno Alice che infuriata mi urla di tornare nel mio mondo… Jacob che piange seduto sul pavimento del bagno del ristorante mentre Seth suona una melodia triste al pianoforte… Angela che mi offre un caffè al bar del locale, e quando porto la tazza la bocca il caffè si muta in vernice color rame… Tanya, seduta sul divanetto del Midnight Sun vestita solo con una vestaglia di seta rossa mentre abbraccia un uomo che nasconde il volto sulla sua spalla e gli mormora che io ero solo un incubo… mani sconosciute che mi spingono nel vuoto verso pozze di acqua verde smeraldo... mi sveglio madida di sudore, urlando con tutto il fiato che ho in corpo.

“Miss” chiama preoccupata Carmen entrando di corsa nella stanza accendendo la luce “Cosa succede?”
Mi lascio cadere sui cuscini e piango come una bambina. Riesco a riaddormentarmi grazie alle carezze di Carmen ed alla sua ninna nanna spagnola.

Il risveglio non è migliore della notte. Sono più stanca di quando mi sono coricata e mille pensieri invadono la mia testa ancora addormentata. Le occhiaie sono profonde e marcate e la pelle è tirata. Devo effettuare un vero e proprio lavoro di restauro sul mio volto per poter andare a lavorare. La notte di incubi ha fatto un ottimo lavoro nello sfigurarmi!

A lavoro non va meglio. Uno strano peso sullo stomaco mi rende la giornata lenta e difficile.
Se non fosse per le suppliche di Angela, mi sarei rinchiusa in camera ed avrei dormito per recuperare le ore di sonno perse durante la notte. Ma non potevo sottrarmi al pomeriggio dedicato alla ricerca del regalo perfetto per Jacob.
Quando arriviamo da Alice il senso di disagio aumenta. I suoi sorrisi tirati e le sue risate finte, stridono con il suo carattere allegro. 

Siamo ferme di fronte alla vetrina di un gallerista e faccio un commento triste su una tela a mio avviso brutta, perché non ha disegni, ma è solo un insieme di colori mescolati e pure male.
“Forse quello che vuole Jacob è proprio un quadro fatto con le bombolette!” mi ringhia Alice.
“Alice” la ammonisce Tanya avvicinandosi per accarezzarle la schiena cercando di calmarla.
“Ma tu che ne sai di cosa piace a Jacob? Forse non vuole nemmeno un regalo acquistato, forse vuole solo festeggiare con TUTTI i suoi amici il suo ventitreesimo compleanno” e con le lacrime agli occhi se ne va correndo.
Rimango interdetta. Cerco di capire cosa è successo cercando risposte in Tanya o Angela, ma loro guardano imbarazzate i propri piedi e non parlano.
“Ma cosa ho detto?” chiedo confusa.
“Lascia stare. Non è un bel momento per lei. Le passerà, conosci Alice” risponde accomodante Tanya “Forse, per il regalo, è meglio rimandare, abbiamo ancora tre giorni per decidere!”
Così dicendo il pomeriggio di shopping finisce e ci dividiamo per tornare ognuno a casa propria.

Non ho voglia di tornare a casa. La testa mi esplode per i troppi pensieri. Decido di camminare un po’. Cammino a lungo senza guardare le vetrine, a dir la verità, senza guardare dove vado. Seguo le mie gambe mentre cerco di mettere ordine nella testa, fin quando non vedo la moto di Edward.
Mi avvicino e lo cerco. E’ parcheggiata vicino ad un cantiere e sento la sirena di fine giornata urlare nell’aria. Mi siedo su un gradino vicino alla moto ed attendo. Non chiedetemi il perché, non so per quale motivo il mio corpo e la mia mente hanno deciso di aspettare Edward, ma così è ed io accetto.

Quando lo vedo uscire sorridente mentre saluta i colleghi, la mia mente ritorna lucida e mi insulto per la cavolata che sto facendo. Io, Isabella Mary Swan, seduta su un freddo gradino, in attesa di un imbianchino… sono impazzita!
Non mi nota fin quando non si mette il casco e si volta per uscire dal parcheggio. Non so se passano secondi, minuti o ore, ma rimane immobile, a cavalcioni sulla moto con il viso coperto dal casco, rivolto verso di me.
Si toglie il casco liberando l’indomabile chioma ramata e, con lo sguardo misto tra sorpresa e preoccupazione, si avvicina.
“Isabella?” chiede assottigliando gli occhi.
“Ciao Edward!” lo saluto imbarazzata, come una bambina colta con le mani nella marmellata.
“Cosa ci fai qui?”
“Volevo parlarti” gli rispondo invitandolo a sedersi.
Si avvicina cauto, continuando a stringere il casco “E’ successo qualcosa ad Alice?” chiede preoccupato.
“Si, cioè … no. Vedi… è… non … so!” perfetto, i pensieri confusi e la testa in pappa. Ma perché diavolo mi sono fermata? Perché diavolo l’ho aspettato? Cosa posso dirgli? Scusa, tua sorella prima mi ha trattata male e voglio che tu le parli per me? Mica siamo alle elementari!
“Bella? Isabella?” chiede sedendosi in attesa di una risposta sensata “Devo preoccuparmi?”
“NO! No, no, assolutamente. Tua sorella sta benissimo… credo. Cioè ne sono certa” allora, cari pensieri potreste ritornare lucidi ed aiutarmi a formulare una frase decente e sensata? Grazie!
“Non eravate insieme a cercare il regalo per Jacob?”
“Ehm… sì, ma poi ho detto qualcosa e l’ho offesa… ma fisicamente sta benissimo”
“Cosa hai detto?” 
“Ho fatto un commento triste su una tela e lei è scoppiata. Ti giuro che non volevo offendere nessuno, è solo che per me era uno scarabocchio di colori e pure brutto, non sono riuscita a trattenermi dal dirlo ad alta voce e lei è esplosa”
Edward scoppia ridere, rilassando i muscoli che fino a quel momento erano tesi. Scuote la testa prende il telefono dalla tasca.
“Ma cosa stai facendo?” gli chiedi bloccandogli la mano con il cellulare. Una lieve scossa elettrica attraversa il mio corpo a quel contatto facendomi allontanare la mano come se mi fossi scottata.
“La chiamo!” dice facendosi serio e scavandomi nell’anima attraverso gli occhi.
“No! Non volevo metterti in mezzo. E’ che mi hai fatto una domanda ed io ho risposto. Sono capace di risolvermela da sola… ho sbagliato a dirtelo. Scusa” e con quelle parole mi alzo. Le guance rosse dalla vergogna e nella mente il pensiero di dove poteva farmi lavorare mio padre per allontanarmi da quelle persone che mi stavano facendo impazzire.
Mi prende per il braccio gentilmente e mi ferma. Mi volto ed è a pochi centimetri da me. Le farfalle iniziarono a volare così velocemente da farmi sentire lo stomaco vuoto.
“Ok, non la chiamo. Non mi intrometterò promesso.” Dice baciandosi le dita incrociate per sugellare la promessa. “Alla fine cosa avete deciso per Jacob?”
“Niente!” rispondo stringendomi nelle spalle.
“Mi sembra un po’ poco” risponde ridendo. “E poi è difficile da incartare!” specifica facendomi l’occhiolino.
“Sinceramente non abbiamo idea di cosa gli piaccia, e non riusciamo a metterci d’accordo… tu cosa gli regaleresti?”
“E’ molto legato alle sue origini… gli regalerei qualcosa che gli ricordi Forks, il suo paese natio.”
“Mmmh, non ci avevo pensato! Hai ragione!” e inizio a pensare cosa caratterizza quel luogo, oltre la pioggia ed il cielo perennemente coperto. 
Forse vuole solo festeggiare con TUTTI i suoi amici il suo compleanno!
La frase rimbomba nelle mie orecchie come se me la stessero urlando attaccata ai timpani. 
Ha ragione Alice! Il vero regalo per Jacob non sono oggetti senza anima, ma la possibilità di festeggiare con i suoi amici, Tutti, nessuno escluso, in particolar modo Edward… il mio cervello inizia finalmente a girare correttamente e tutti i tasselli si unirono rendendomi il quadro completo. Decido di fare il mio regalo a Jacob.
“E tu? Verrai alla festa?” gli chiedo.
“Non penso!” dice passandosi le mani nei capelli e guardandosi intorno.
“Perché ci sono io?” gli chiedo diretta, senza mezzi termini e con la voce ferma.
Sbarra gli occhi e mi fissa. Le guance gli si colorarono e tossisce per riprendersi dalla sorpresa.
“Quindi?” lo sprono con voce decisa e incrociando le braccia al petto per coprire la tremarella che mi sta invadendo.
“No, assolutamente. Perché pensi questo?” chiede imbarazzato e evitando di gurdarmi in faccia.
“Perché non sono un’idiota. Comunque se non vai alla festa per causa mia, non preoccuparti, ho un impegno improvviso in famiglia e quindi non ci sarò… fai il tuo regalo a Jacob, presentati alla sua festa” e con quelle parole gli do la schiena e, cercando di tenere un passo deciso e nascondere l’instabilità delle gambe, mi incammino verso la strada dal quale sono arrivata.
“Problemi famigliari?” urla ironico.
Annuisco senza voltarmi e continuo a camminare. 
“Qualcosa di grave?” mi chiede così vicino da farmi saltare. “Oh, scusa, non volevo spaventarti. Non vorrei doverti di nuovo portare in braccio sul mio divano” mi deride allungando le braccia per prendermi nel caso fossi svenuta.
Mi giro lentamente, cercando di trattenere la mano che prude per la gran voglia di tirargli una sberla e fargli rimangiare quell'ultima frase.
“Simpatico!” ringhio e ricomincio a camminare.
Lo sento allontanarsi di corsa e mettere in moto, sgomma e con un’inchiodata della ruota frontale gira la moto bloccandomi la strada.
“Dai, sali. Ti accompagno dal parrucchiere, così mi faccio perdonare.”
Stringo maggiormente i pugni e ricaccio le parole al tritolo che spingono per uscire.
“Accetto il passaggio solo se giuri di andare alla festa di Jacob”
Ci pensa guardandosi intorno. Noto le sue mani stringere il manubrio...
“Ok! A patto che venga anche tu!” contratta con il suo sorriso sghembo.
Non rispondo, ma lo guardo soddisfatta e mi accomodo sulla sella infilando il casco.

Quando arriviamo a destinazione lo ringrazio e gli chiedo di non parlare ad Alice della nostra chiacchierata. 
Riesce a rubarmi la promessa che sarebbe stato il mio accompagnatore alla festa, con la scusa che voleva essere certo che mi presentassi, e sgomma verso casa.
Che giornata strana. Iniziata con delle profonde borse sotto gli occhi e terminata con un sorriso da illuminare l’intera strada di periferia.


!! ATTENZIONE SPOILER!!
... Usciamo ridendo con le lacrime agli occhi ma le urla di Alice mi fanno gelare. 
Sul fondo del parcheggio, in un punto poco illuminato, quattro dei ragazzini puzza-sotto-il-naso con il quale avevamo avuto il battibecco nel locale, hanno bloccato Alice e Tanya contro il muro. Sento la voce squillante di mia sorella inveire contro di loro e le mani di Tanya roteare in aria per tenerli distanti. Mi avvicino con passo veloce, quando ...
 


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Capitolo 10
*** Il Compleanno ***


GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!
Siete in tantissimi ad aver aggiunto la mia FF nei preferiti, seguite o ricordate! 
Grazie anche a tutti coloro che hanno speso il loro tempo a scrivere una recensione, spero di riuscire a mantenere il vostro interesse alto e a non deludere le vostre aspettative!
Finalmente è giunto il momento di scoprire cosa succede fuori dal locale!
Buona lettura e spero di leggere le vostre opinioni!

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EDWARD

Sorrido sotto il casco come un idiota… come un adolescente che è riuscito a rubare un bacio alla fidanzatina, e pensate che non ho nemmeno ricevuto il bacio!
 
Entro in casa chiamando Alice e sento la sua vocina triste affiorare dal divano. Salto lo schienale e mi siedo prendendole le gambe in grembo.
“Ciao” mi saluta flebile con la faccia nascosta nel cuscino.
“Giornataccia?” le chiedo accarezzandole lentamente la schiena fino alle spalle, facendola rabbrividire.
“Si” risponde senza uscire dal nascondiglio.
“Qualche cliente insoddisfatta?” la stuzzico.
“NOOOO” risponde urlando ed i miei timpani ringraziano i cuscini per aver attutito l’acuto. Scoppio a ridere. Si gira con uno scatto e mi lancia il cuscino in faccia.
“Non ridere! Non c’è niente da ridere!”
“E allora cosa c’è? Cosa è successo? Avessimo un gatto ti chiederei se è morto!”
“Ho litigato con… con … con un’amica”
“Con Isabella! Puoi dirlo quel nome, non è stato bandito!”
Sgrana gli occhi e spalanca la bocca. “E tu come lo sai?”
“Un uccellino…”
“Idiota” dice rituffandosi nei cuscini. Cerco di farla girare stuzzicandola su un fianco.
“Dai, Alice, sono tuo fratello. Lo sai che con me puoi parlare!”.
“Tu con me non lo fai, perché dovrei farlo io con te?” chiede riaffiorando dal cuscino con il broncio ed i capelli scompigliati.
Sbuffo e mi alzo per andare in cucina. Non voglio parlarle dei miei pensieri adolescenziali, fossi un adolescente, ma sono un ragazzo ultraventenne. E’ imbarazzante!
“Quindi?” la sua voce squillante alle spalle mi spaventa facendomi cadere il cartoccio di latte che ho nelle mani.
“Merda!” impreco cercando di arginare il danno con un panno “Ma sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo!” e butto infastidito lo straccio zuppo nel lavello.
“Non hai risposto”
“Io non ho nulla. Non ho litigato con nessuno e non ho nessun problema. Sei tu quella che si nascondeva nei cuscini”
Ci fulminiamo per alcuni secondi, avvicinandoci con sguardo accigliato e di sfida, ma appena siamo a pochi centimetri scoppiamo a ridere. Siamo fatti così. Non riusciamo a rimanere arrabbiati a lungo tra di noi. Ci stuzzichiamo, ci sfidiamo e poi ridiamo.
“Verrò alla festa di Jacob… con Isabella” esclamo come se parlassi del tempo.
Rimane senza parole e, appoggiandosi alla penisola, si chiude con una mano la bocca aperta dalla sorpresa.
“Cosa?”
“L’ho incontrata oggi, davanti al cantiere e… abbiamo fatto un compromesso”
Non parla, ma i suoi occhi mi chiedono di continuare e di non tralasciare nessun particolare.
“Mi ha promesso di venire alla festa solo se ci andavo anche io … per qualche strano motivo credeva che non ci volessi andare se c’era lei” spiego sornione.
“Non le ho mai detto di non venire! Mi sono morsa la lingua e le mani per non dirle che non venivi a causa sua … Ho sbottato dopo che ha giudicato una tela, ma non le ho detto di non venire. Ho detto che Jacob sarebbe stato contento di festeggiare con TUTTI i suoi amici, con te e con lei nessuna defezione!” e si morde le mani colpevole.
“Non ti sto incolpando” la rassicuro abbracciandola “Lei ha fatto due più due e si è tirata fuori per far andare me… ma hai ragione, non posso mancare alla festa di Jacob!”
“Quindi avevo capito giusto! Era per lei che ti comportavi in modo così strano!”
“Non mi comportavo in nessun modo. Tra me e lei non c’è niente. Oggi è stato il primo giorno in cui siamo riusciti a rivolgerci più di dieci parole. Mettitelo in quella testolina, tra me e Bella non c’era, non c’è e non ci sarà niente!” dico scompigliandole i capelli e prendendo un bicchiere dal mobile.
“mm-mh, se lo dici tu!” e trattiene una risatina.  “Quindi ti unisci a noi per il regalo?” cambia discorso.
“Sinceramente gliel’ho già fatto. Ma se vuoi possiamo unire il mio al vostro” e mi dirigo nella stanza per prendere la tela nascosta sotto il letto.
E’ grande quanto un foglio di carta da stampante. Ho disegnato con gli acquerelli la spiaggia di La Push. Sul promontorio a destra si erge la sagoma di un lupo di grandi dimensioni che ulula alla luna. Ho dato il meglio di me nelle sfumature dell’oceano e, senza falsa modestia, vi posso assicurare che il risultato è spettacolare, e l’espressione di Alice quando glielo faccio vedere me ne dà conferma.
 
La festa di Jacob sarà solo tra due ore, ma generale Alice ci ha arruolati per i preparativi.
Sono ancora in moto quando trattengo il fiato per la sorpresa. Isabella è appoggiata al muro mentre si mangia le pellicine nervosamente. E’ incantevole. Fasciata in un vestito blu cobalto con scollo a cuore e manica lunga sfasata. La gonna le avvolge i fianchi e le arrivava poco sopra il ginocchio. I capelli sono legati in una treccia laterale con delle sensuali ciocche sciolte. La saluto trattenendomi dal farle i complimenti e, appena mi allaccia le mani sul petto, sfreccio tra le auto alla volta de “La Push”.  
Parcheggio e mi prometto che non mi farò più convincere a frequentare quel locale. Troppi ricconi nei paraggi. Le loro macchinone splendenti, i loro capelli perfetti, i sorrisi finti e le mani fresche di manicure mi irritano. Ma come diavolo fa un uomo o ragazzo a farsi la manicure? Dove sono finiti gli uomini virili di un tempo?
 
Quando entriamo, la pista da ballo è ancora vuota. Alcuni ricconi bevono seduti sugli sgabelli del bar ed un gruppo di ragazzi sta preparando una saletta privata per una festa. Sono tutti impeccabili nelle loro giacche firmate e nei loro capelli laccati. Rimango sorpreso nel vedere che stanno “lavorando”, pensavo che si servissero dei domestici anche in quelle occasioni.
Quando entriamo nella saletta affittata per la festa di Jacob, troviamo Alice arrampicata su un divanetto che appende gli ultimi festoni. Parla al cellulare e zampetta da una parte all’altra come se avesse degli spilli nelle scarpe. Ci saluta con un cenno del capo e, a gesti, inizia a ordinarci cosa fare. Ridiamo ed eseguiamo gli ordini. Alice ci riprende più volte perché gli striscioni, o qualsiasi cosa che ci fa posizionare, non la mettiamo perfettamente perpendicolare con il nadir e le ombre possono creare… disturbi mentali… bla bla bla… Io e Bella ridiamo a crepa pelle e scattiamo sull’attenti come dei soldatini ogni volta che il generale ci fa spostare, mettere o togliere qualcosa.
Quando ormai è quasi tutto finito ci raggiungono Angela, Tanya e la band. Arrivano in tempo per non fare nulla, ma sono perdonati, hanno portato la torta!
La posano al centro del tavolino, con l’inclinazione ottimale per far risaltare le luci/ombre del disegno… non prendetemi per folle… Alice ha detto così e con il generale non si discute!  
 
Dalla scale sentiamo la voce di Embry e Jacob. Ci sistemiamo dietro alla torta e, appena scostano la tendina, esplodiamo in un “Buon Compleanno!!!”
Non mi sfugge l’occhiata di Jacob verso di me ed il suo sorriso che si allarga. Saluta tutti ringraziando con le lacrime agli occhi e, quando arriva a me, mi sussurra “Senza doppi sensi… sei il regalo migliore che potessi chiedere” E continua a salutare e ringraziare gli altri.
A turno gli porgiamo i nostri regali e lui piange ad ogni pacchetto. Ci abbraccia ripetendo di volerci bene e che siamo gli amici migliori che potesse desiderare. Gli consegno la mia tela e sono soddisfatto nel vederlo perdersi nel disegno. Embry deve chiamarlo più volte per farlo riprendere… e non ha ancora bevuto!  Le ragazze gli consegnano il bracciale in oro bianco con un pendaglio a forma di lupo ed il biglietto aereo, con annessa vacanza, per Forks. Indossa subito il bracciale e le stritola in un abbraccio di gruppo continuando a baciarle e a ringraziarle.
Facciamo il brindisi e ci tuffammo nella mischia a ballare.
 
Cerco per tutta la sera di star lontano da Bella. Le scariche elettriche che attraversano il mio corpo con la sua vicinanza mi rendono difficile mantenere il buon proposito di non provarci o di non cadere nella sua tela.
Balliamo, ridiamo e beviamo fiumi di birra e champagne.
Più il tasso alcolico aumenta, più aumento le distanze da Bella. Troppo rischioso. In particolar modo quando inizia a ballare e il suo fisico perfetto e sensuale inizia a strusciarsi per scherzo contro quello di Tanya. Sono un ragazzo per bene e non vi dico cosa la mia mente è riuscita a immaginare...
 
Verso metà serata, alcuni ragazzini di buona famiglia iniziano a disturbare le ragazze, non vogliono capire che le nostre amiche non sono interessate alle loro avance. Solo la capacità di Embry nel trovare un dialogo ha evitato di farci rovinare la festa dai figli di papà!
 
Torno in saletta per prendere ancora un pezzo di torta e per dissetarmi con del buon champagne. Bevo e mi stendo sul divanetto per alcuni minuti con gli occhi chiusi. La testa mi gira leggermente e chiudendo gli occhi vedo lampi di luce… ho esagerato…
“Tutto bene?” la voce di Isabella mi fa riaprire gli occhi di scatto e in niente mi trovo seduto… gira tutto, ma se mi concentro posso farcela!
“Una meraviglia” rispondo offrendole un pezzo di torta.
“No, basta! Altrimenti esplodo!” e si lascia crollare sul divanetto di fianco a me. “E basta anche con la birra” continua, portandosi la mano sulla fronte e chiudendo gli occhi.
“C’è lo champagne!” alzo di poco la bottiglia dalla frappose facendola tintinnare contro il metallo.
“Meglio di no! Basta tutto! Non mi sta più nulla”
Mi riappoggio anch’io allo schienale e richiudo gli occhi. La musica in sottofondo, le luci soffuse ed il suo profumo… mmmh, paradisiaco! Allungo la mano per prendere la sua e mi immagino di chinarmi su di lei e baciarla sulle labbra, sulle guance… Frena i bollenti spiriti, ricordati di mantenere le distanze. Non sei uno sciupa femmine e glielo devi dimostrare. Però sono etero, sono un uomo, sono ubriaco, non sono un Santo e non miro alla nomina. Meglio tornare dagli altri!
“Torniamo di là?” chiedo alzandomi di scatto. Barcollo leggermente per un calo di pressione… solo un calo di pressione!
Le porgo la mano e l’aiuto ad alzarsi. Non mollo la presa, quel contatto mi piace e lei non ne sembra infastidita. Mi gusto il momento e ci dirigiamo in pista dove ricominciamo a ballare con gli altri. Balliamo, ridiamo… e rimaniamo vicini. Tanto vicini. Troppo vicini.
I suoi occhi mi incatenano e la sua figura sensuale che balla di fronte a me mi fa toccare il paradiso. In pista c’è solo più lei. Sento qualcuno che parla, ma non gli do ascolto e sorrido come un ebete senza mai smettere di guardarla.
“Ehi! Bel addormentato!” le mani di Alice che mi svolazzano davanti agli occhi mi fanno ritornare sul pianete terra.
“Mh” provo a guardarla, ma non riesco a smettere di guardare Bella che ride e si struscia con Angela.
“Vieni” e mi prende per il bavero trascinandomi lontano da lei. Uff!
Scuoto la testa per riprendermi “Cosa c’è?” chiedo ancora imbambolato… troppa birra, troppo champagne.
“Te la stai mangiando con gli occhi!!! Racconta, racconta!!!” e saltella lanciando occhiate in pista. “Cosa è successo in saletta? Eh? Eh?”
“In saletta?” chiedo stupito “Nulla!” sorrido alla fantasia di mia sorella e torno a ballare.
“Lo sai che non mi scappi! Appena arriviamo a casa voglio sapere tutto!! Tutto!!” quando beve Alice è ancora più curiosa.
 
La serata ormai è al termine. Quil, Emmett ed Angela sono già rincasati, mentre noi rimaniamo per ripulire la saletta. Siamo molto alticci e decidiamo di chiamare un taxi per ritornare a casa. Domani, o meglio tra poche ore, torneremo a riprendere le auto e la moto, ma per stasera meglio non guidare!
Alice e Tanya escono dal locale per riporre i primi pacchetti in macchina. Io e Jacob finiamo di pulire la saletta e usciamo dal locale con una montagna di pacchi e pacchetti.
Ridiamo barcollanti per i pacchetti che continuano a cadere. Già camminare dritti è una bella sfida, tenere in equilibrio gli oggetti posti in torri barcollanti è impossibile, esilarante.
Usciamo ridendo con le lacrime agli occhi quando le urla di Alice mi fanno gelare sul posto.
Sul fondo del parcheggio, in un punto poco illuminato, quattro dei ragazzini puzza-sotto-il-naso con il quale avevamo avuto il battibecco nel locale, hanno bloccato Alice e Tanya contro il muro. Sento la voce squillante di mia sorella inveire contro di loro e le mani di Tanya roteare in aria per tenerli distanti. Mi avvicino con passo veloce, quando la mano pesante del ragazzo biondo colpisce la guancia di mia sorella. Lancio i pacchetti e mi fiondo con odio contro il ragazzo. Lo giro con forza e gli tiro un pugno in piena faccia. Lo corico e mi siedo sopra di lui continuando a tirargli pugni in faccia.  Due mani mi braccano dalle spalle e da quel momento vedo solo più braccia e gambe che colpiscono. Riesco a liberarmi dalla presa e tiro calci e pugni senza una meta precisa. Loro mi picchiano ed io picchio loro, cercando di capire dov’è mia sorella per difenderla con il mio corpo, ma non è nella mia visuale. La cerco mentre meno pugni e ricevo calci. Riesco a vedere Jacob, sento le voci di Alice e Tanya. Sento anche Embry e Seth che insultano i nostri aggressori. Vedo Alice correre verso Jacob e d’istinto abbasso la guardia ricevendomi un pugno in faccia che mi fa cadere e calci in pancia. Sento la sirena della polizia e apro gli occhi per vedere i ricconi scappare, lasciandoci ammaccati sull’asfalto. Sono tutto dolorante e l’occhio destro mi fa male.
“Alice, Alice!” il richiamo tremante di Tanya mi fa voltare.
Sull’asfalto c’è il corpo inanimato di mia sorella. Ha la parte sinistra del viso contusa e gli occhi chiusi. Mi alzo senza più sentir dolore e corro da lei.
La chiamo e la prendo tra le mie braccia. La prego di svegliarsi mentre le allontano i capelli dal viso. Il livido è grande ed il labbro è rotto. “Alice! Alice!” la chiamo e la bacio sul livido. “Apri gli occhi Alice!” ma lei rimane immobile. Le mani forti di un agente mi tirano per farmi allontanare, ma io non lascio mia sorella… è la mia sorellina e finché non riapre gli occhi io la tengo tra le mie braccia. Due corpulenti infermieri me la strappano dalle mani “Dobbiamo curarla! Ci faccia lavorare” e la sistemano su una barella controllando i valori vitali. Parlano ma non riesco a sentire, l’intero mondo è crollato in un silenzio assordante. Mi alzo e Tanya corre tra le mie braccia per sorreggermi.  
“Deve venire anche lei con noi, dobbiamo visitarla” la voce lontana di uno sconosciuto mi martella le orecchie ovattate.
Tanya si muove ed io la seguo fino all’ambulanza. “E’ il fratello” dice e mi fa sedere vicino a Alice dal lato dove il viso non è livido. Sembra che dorma. Ha la mascherina e dei macchinari, che emettono un suono ipnotico, collegate a lei. La guardo intensamente sperando di riuscire a svegliarla con il pensiero.
 
Quando arriviamo in ospedale ci dividono e vedo per la prima volta Jacob. E’ molto mal ridotto, il labbro superiore spaccato, come il naso ed il sopracciglio. Gli stanno steccando il braccio sinistro, mentre gli controllano il busto tumefatto. Mi fanno sedere nel lettino vicino a lui e, senza forze, lascio fare alle infermiere. Mi alzano le braccia, mi alzano la maglia, mi controllano le gambe, mi tastano la schiena e mi medicano l’occhio.
“Ha delle costole incrinate, dovremo fasciarla, ma prima deve fare la TAC” dicono lontani.
Mi fanno alzare, mi accompagnano, mi fanno coricare, mi mettono in un macchinario ronzante, mi alzano, mi siedono, mi fasciano, mi cuciono… li lascio fare. Non riesco a parlare, non riesco a chiudere gli occhi, non riesco a fare nulla. Vedo tutto come se stessi guardando un film, come se tutto ciò che succede non stia accadendo a me, ma al protagonista di un filmetto di seconda categoria. La realtà si mischia con il ricordo della lotta, l’infermiere, i pugni, i calci, la mano fredda che mi fascia sulla schiena, l’urlo di Alice, il medico che mi parla, il suo corpo sull’asfalto… la barella che passa nel corridoio di fronte a me con Alice addormentata...
Sento gli infermieri rimproverarmi, ma mi alzo e corro da lei.
“Alice! Alice! Sono qui, apri gli occhi, sono io, sono Edward!” la chiamo accarezzandole la guancia tumefatta.
“Signore, deve allontanarsi, dobbiamo portarla in sala operatoria” mi dice cordiale un’infermiera prendendomi per le braccia e allontanandomi. Mi sposta come se fossi una piuma. Rimango nel centro del corridoio con lo sguardo fisso sulla porta bianca nel quale svanisce mia sorella. Svuotato, dolorante, con i pugni chiusi e le lacrime trattenute.
“Edward!” Tanya mi prende delicatamente per le spalle e mi accompagna su una sedia. Mi abbraccia parlando, ma non capisco e non reagisco. Sento altre voci, ma non riesco a coglierne il significato.
Se Alice non si riprende? Cosa farò? Come faccio a vivere senza di lei? La mia luce, il mio punto di riferimento, la mia sorellina, la mia miglior amica, la mia coinquilina … la mia tutto? Devo scovare quei bastardi e ucciderli! No, Alice non vorrebbe, non mi perdonerebbe mai. Lei non vorrebbe avere un fratello assassino. Ma come posso rimanere con le mani in mano e non farla pagare a quei viscidi che hanno fatto del male alla mia sorellina? Avevo promesso sulle lapidi dei miei genitori che mi sarei sempre preso cura di lei! Ed invece ho fallito, non ho mantenuto la promessa! Forse Alice è solo svenuta, non è così grave. Ma se è solo svenuta, perché l’hanno portata in sala operatoria? E se non ce l’avesse fatta? E se quell’esperienza l’avesse segnata a vita? Fisicamente o psicologicamente? Ho fallito come fratello, non l’ho difesa. L’ho lasciata andare da sola nel parcheggio, non sono volato subito a difenderla, ho perso secondi preziosi preoccupato di dove mettere dei stupidi pacchetti… sono un disastro come fratello e lei ne sta portando le conseguenze… Alice ti prego! Sei forte, ce la farai, e ti giuro che sarò un fratello migliore, non ti lascerò mai sola, ti porterò finalmente in Italia, lavorerò anche di notte, ma ti porterò ovunque vorrai… ti prego, non farmi questo dispetto! Potrei non perdonarti… non essere la classica dispettosa… non mi far arrabbiare… no tranquilla non sono arrabbiato, farò tutto ciò che vuoi… Dai Alice!
L’apparizione dell’infermiera che aveva portato la barella di Alice mi fa ritornare alla realtà. Scatto verso di lei e la fermo stritolandole il braccio.
“La stanno operando, deve attendere” mi guarda dalla testa ai piedi “Non può far nulla al momento per sua sorella. Deve permetterci di curarla. Venga con me” e, liberandosi dalla mia presa, mi appoggia una mano sulla schiena spingendomi verso un lettino.
“No! Aspetto mia sorella” sibilo con gli occhi iniettati di sangue, non mi muovo fin quando non so che mia sorella sta bene.
 
“Jacob è un po’ ammaccato, passerà la notte in osservazione, ma domani sarà di nuovo a casa ed adesso è con Embry” mi informa mentre mi risiedo. “Alice?” sussurra timorosa.
“NON LO SO” urlo tremando. Non so nulla. Non so cosa sia successo, non so cosa stia succedendo e non so cosa succederà. So solo che la mia sorellina è stata ferita ed io non sono riuscito a difenderla!
“Edward!” la voce di Bella è come un balsamo “Puoi venire un attimo?” mi chiede porgendomi la mano.
Unisco la mia mano alla sua e una scarica elettrica mi dà la forza di alzarmi e seguirla. Mi ancoro alla sua mano come fosse l’unico appiglio alla realtà che mi tiene lontano dalla follia.
Non dice nulla, sorrise dolcemente e, senza lasciarmi la mano, mi accompagna per lunghi corridoi fino ad una porta con su scritto “Dr. C. Carlisle”. Stringe la mia mano ed apre la porta chiedendo il permesso. La seguo senza obbiettare e stringo la mano al signore in camice bianco che mi saluta indicandomi una sedia per accomodarmi. Mi porge un bicchiere d’acqua e mi sorride.
“Sono il Dr. Carlisle Cullen, il primario di questo ospedale. Volevo assicurarle che seguirò personalmente sua sorella.” Guardo Bella per capire chi fosse e perché si prendeva a cuore la mia situazione “Sono molto legato a Isabella ed i suoi amici sono miei amici.” Risponde alle mie domande mute il dottore. “Può stare tranquillo. Sua sorella è fuori pericolo. Dovrà rimanere in osservazione per alcuni giorni, ma non è nulla di grave. Tornerà presto a casa.” Mi trattengo dall’alzarmi ed abbracciare quel signore che mi toglie, ad ogni parola, un peso facendomi svegliare dall’incubo nel quale ero sprofondato nelle ultime ore. Lo ringrazio con un cenno del capo, non riesco ancora a parlare e mi alzo lentamente. Il dolore al torace inizia a pulsare, come la testa e la schiena.
“Isabella, accompagnalo dall’infermiera, deve farsi curare” e con quelle parole la bacia sulla guancia e ci apre la porta. Usciamo in silenzio, tenendoci per mano.
Appena siamo soli nel corridoio, senza preavviso, senza indugio, ma guidato da un bisogno impellente, prendo il volto di Bella tra le mani e la bacio. Mi lascio travolgere in un bacio passionale che lei ricambia con trasporto. Mi stringe a sé e affonda le sue piccole mani nei miei capelli facendo nascere un brivido che dalla testa scende sulla schiena.
Non so quanto dura, forse secondi, forse minuti, ma è fantastico. Il tempo si ferma ed il mondo svanisce. Svaniscono le preoccupazioni, l’odio, la rabbia, il dolore fisico… svanisce tutto lasciando il posto alla passione ed al senso di completezza che quel contatto mi dà.
Mi allontano per prendere fiato e ritorno in me, non sono riuscito a trattenermi, l’ho baciata.
“Scusa” sussurro prima di scivolare nel buio.
 
Bip! Bip! Bip! Fatelo smettere… mi sta martellando la testa! Apro gli occhi per capire da dove arriva quel rumore fastidioso. Non riesco ad aprire l’occhio destro, e ogni movimento che provo a fare mi reca dolore. Rimango coricato e mi guardo intorno: le pareti sono verde chiaro, alla mia sinistra ci sono dei monitor… una sedia di metallo, un mobiletto… sono in ospedale! Alice! Cerco di alzarmi stringendo i denti per la forte fitta al petto, ma sono tutto rotto, e mi riaccascio nel letto per prendere maggiore forza.  
“Non deve muoversi” la voce di una sconosciuta mi fa voltare. E’ un’infermiera con una minacciosa siringa nelle mani.
“Alice?” le chiedo come se conoscesse mia sorella.
“La ragazza è fuori pericolo. Adesso pensi a stare coricato. Arriverà subito il dottore” e infila la siringa nel tubo collegato al mio braccio.
Un movimento leggero sul lenzuolo mi fa voltare verso la zona buia a causa dell’occhio chiuso e la testolina bionda di Tanya appoggiata al materasso mi strappa un sorriso. Le accarezzo i capelli per farle sapere che sono sveglio.
Alza di scatto la testa con gli occhi gonfi dal sonno e, appena mi mette a fuoco, li spalanca e mi vola al collo appoggiandosi al mio petto. Ahi! Stringo i denti dal dolore al torace e cerco di spostarla verso un punto meno sensibile senza allontanarla.
“Scusa, scusa” dice alzandosi e accarezzandomi delicatamente il petto.
“Ma dove sono?” le chiedo cercando di portarmi le mani ai capelli senza strappare i tubicini conficcati nelle mani.
“In ospedale. Sei svenuto. Eri così preoccupato per tua sorella che non ti sei fatto visitare a fondo, così sei crollato lungo e tirato sul pavimento!”
“Alice!” dico togliendomi il lenzuolo e cercando di alzarmi, ma non ci riesco, sia per il dolore al torace, sia per la mano di Tanya che mi blocca obbligandomi a coricarmi.
“E’ sotto osservazione. Il peggio è passato. Seth è con lei, anche se non lo fanno entrare perché non è un parente, ma se ci sono novità mi avviserà subito. Tu devi stare qui!” e mi ricopre con il lenzuolo.
“Ma…”
“Niente ma. Devi riprenderti, altrimenti non potrai essere utile a tua sorella quando si riprenderà. Non sei ben messo, anzi sei conciato abbastanza male e sei inguardabile!” scoppia a ridere cercando qualcosa nella borsa.
Mi passa uno specchietto, e devo darle ragione: sono inguardabile. Il mio volto è tumefatto. Il naso è enorme e steccato, mentre sotto gli occhi le occhiaie violacee si uniscono all’ematoma dell’occhio fasciato. Anche il labbro è gonfio, con un taglietto sulla destra. Non sono assolutamente un bello spettacolo.
Il corpo e le braccia, non sono messe meglio. Il torace è completamente fasciato e dal dolore che provo non credo sia messo meglio del resto. Sembra che mi sia passato sopra uno schiacciasassi! Nella mia mente i flash di braccia e gambe che mi colpiscono, gli occhi folli dei miei aggressori, le urla dei miei amici, l’immagine di Alice sull’asfalto, sulla barella, il medico, Bella, il bacio, il buio.
 
“Isabella?” chiedo cercando di nascondere il bisogno di vederla. Sarà arrabbiata per il bacio? Vorrà ancora vedermi?
“E’ stata qui fino a venti minuti fa, le ho dato il cambio perché doveva andare a lavorare. Jessica è nei pasticci con Jacob in ospedale” risponde con un scintillio malizioso negli occhi. “Tornerà a fine turno” e mi rilasso con un sospiro. Se era qui non può essere arrabbiata o offesa.
 “Ma perché sono qui?” le chiedo vedendo per la prima volta il frigorifero della stanza dalla quale estrae la bottiglietta d’acqua.
“Te l’ho detto, sei mal messo e devono tenerti in osservazione ed attendere che la commozione si riassorba”
“Si, ok, ho capito di essere in ospedale, ma non penso che la mia assicurazione possa pagare tutto questo” spiego indicando la stanza e la bottiglietta.
“Non lo so. Anche Alice e Jacob sono in una stanza simile. Alice è in una con molte più macchine e più luminosa, ma comunque di classe” risponde facendo spallucce e risedendosi sulla sedia vicino a me. Sto per ribattere quando la porta si apre ed appare il dottore amico di Bella.
“Vedo con piacere che si è svegliato” dice entrando nella stanza con una cartella in mano. “Dobbiamo portarti a fare la TAC, così saprò dirti quando potrai tornare a casa” mi sorride e controlla dei valori sui monitor.
“Grazie.” Riesco solo a dire riappoggiandomi ai cuscini.
“Dovere!” Mi aiuta a sedermi ed inizia a controllarmi gli occhi, mi toglie la fasciatura e l’ematoma violaceo che ricopre l’intero petto mi fa scappare una smorfia.
“Ci sono fuori i poliziotti per la denuncia, posso farli entrare?”
“Per quel che serve” rispondo ricoricandomi e coprendomi gli occhi il braccio.
Non so i loro nomi, non so che macchine hanno, non so nulla di loro e, anche lo sapessi, sono dei figli di papà e la faranno comunque franca.
“Se vuoi li faccio ripassare” mi propone scrivendo qualcosa nella cartella prima di richiuderla.
Alzo le spalle e sbuffo. “Va bene adesso”
 
I poliziotti mi fanno le classiche domande, poco interessati a trovare realmente i veri colpevoli delle condizioni di mia sorella. Anche perché, se avessero voluto, li avrebbero già trovati. E’ vero che sono mal ridotto in un letto di ospedale, ma sono sicuro che anche quei ragazzini non sono messi meglio di me. Il rumore del naso rotto del ragazzino biondo me lo ricordo benissimo, come il crack della spalla del compare con i capelli lunghi. Non sono un karateka, ma so difendermi e, se non fossimo stati in minoranza, sicuramente ne saremmo usciti senza un graffio.
Terminato l’interrogatorio un’infermiera con la siringa in mano entra nella stanza e mi inietta un liquido trasparente nella flebo facendomi scivolare in un sonno senza sogni.

 
!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
Mio padre? Beh! Arrivò e urlò come un pazzo. Mi minacciò e mi obbligò a tornare a casa. Mi nascosi dietro a Carlisle e lo implorai di non farlo, di non stravolgere nuovamente la mia vita...

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Capitolo 11
*** Carlisle ***


Ciao  a tutti! Il prossimo capitolo è corto lo ammetto, ma non potevo allungarlo per evitare di ripetermi troppo!
Spero vi piaccia! 
Buona lettura!!!




 
BELLA
Cammino per la saletta sparecchiando i tavoli, ed il ricordo del bacio di ieri sera continua a farmi volare le farfalle nello stomaco. Lo so! Prendetemi per folle… io, Isabella Mary Swan, che penso ad un imbianchino! Ma se aveste provato le sue labbra… anche se gonfie, mi hanno fatto volare… Per non parlare degli occhi, lividi ok, ma così profondi che sono arrivati dritti nel mio più profondo! Sento ancora il profumo di Edward circondarmi insieme alle sue forti braccia e, se chiudo gli occhi, riprovo la sensazione delle sue labbra sulle mie. Però, se tengo troppo gli occhi chiusi l’orrore che ci aveva aspettato fuori dal locale ritorna prepotente e trattenendo il respiro torno alla realtà.
Se quel bacio fosse arrivato in un altro momento, dopo una passeggiata romantica o durante un ballo, in questo momento starei volando con gli occhi a cuoricino, ma invece è giunto nel momento più violento della mia vita. Non avevo mai assistito ad una rissa e vedere i tuoi amici venir massacrati sotto i tuoi occhi è un’esperienza che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico.

Io, Seth e Embry stavamo ridendo spensierati e leggermente brilli mentre uscivamo dal locale. Stavo guardando Seth, quando vidi il terrore dipingersi sul suo volto e sentii le imprecazioni di Embry che si allontanava. Mi son voltata per capire cosa stesse succedendo ed il peggior incubo a occhi aperti mi si parò davanti.
Edward era a terra con due ragazzi che gli tiravano calci e pugni, lui si difendeva bene, ma era solo e per un pugno che tirava quattro braccia lo picchiavano. Vicino, a pochi metri, Jacob era sulle spalle di un energumeno che si scrollava per farlo scendere mentre un altro ragazzo lo picchiava violentemente sulla schiena.
Embry e Seth erano bloccati per le braccia da quattro ragazzi che ridevano come se stessero guardando una commedia e Tanya era bloccata in un angolo da un altro ragazzo sordo alle sue suppliche. Alice era tenuta sollevata da terra da un ragazzo alto e muscoloso, scalciava e tirava pugni all’aria, senza riuscire a liberarsi. 
Io ero immobile, non riuscivo a muovere un muscolo, non riuscivo ad urlare, non riuscivo a fare nulla. Mille pensieri mi passarono per la testa rendendola completamente vuota. Rimasi immobile, incatenata con lo sguardo a quell’immagine surreale. 
L’istinto di sopravvivenza superò la paura e, continuando a guardare la scena, chiamai la polizia. Avevo la voce rotta, faticavo a tenere un tono di voce udibile e la cornetta nelle mani. 
“Arriviamo, lei si nasconda, non si avvicini” e lasciando cadere il cellulare, senza chiudere la comunicazione, non seguii il consiglio del poliziotto. Feci un passo verso l’incubo, quando Alice riuscì a liberarsi dal ragazzino che la teneva e si fiondò verso quello che picchiava Jacob. Gli volò al collo e lo morse. Venne scaraventata a terra con un manrovescio e poi, non contento, il ragazzo le si accanì contro continuando a picchiarla ed insultarla.
Le sirene della polizia in lontananza fecero fermare l’incubo. I delinquenti liberarono i miei amici e aiutarono i più mal ridotti di loro a fuggire. Riuscii a leggere la targa del secondo veicolo con il quale fuggirono e finalmente il mio corpo ricominciò a rispondere ai miei comandi. Corsi verso Alice, ma Seth mi fermò e mi abbracciò. Crollammo insieme a terra e piangemmo silenziosi mentre seguivamo con lo sguardo i poliziotti che cercavano di allontanare Edward da Alice e poi la barella che trasportava la mia amica malridotta. Edward era distrutto, fisicamente e moralmente. Aveva gli occhi spenti mentre seguiva la barella e si appoggiava a Tanya per non cadere. Aveva la faccia ricoperta di sangue. Avrei voluto correre da lui, abbracciarlo, dirgli che c’ero, che ero con lui, vicino a lui, ma non potevo. C’era Tanya che lo sorreggeva, c’era Seth che mi teneva.
I poliziotti si avvicinarono e mi chiesero cosa era successo rivolgendomi tantissime domande. Ero confusa, non riuscivo a mettere insieme i pensieri e non riuscivo a parlare se non sussurrando. Ringraziando capirono la situazione ed accompagnarono me, Embry e Seth nell’ospedale dove le ambulanze stavano portando i nostri amici.
Appena varcai la soglia dell’ospedale corsi alla ricerca di Carlisle, avevo bisogno di vedere una faccia amica, di un adulto, e sapere cosa era e cosa sarebbe successo.
Mi fiondai nel suo studio e, ancor prima che si alzasse dalla sedia, gli volai al collo e scoppiai a piangere. Carlisle è la persona più dolce e comprensiva al mondo. E’ il miglior amico di mio padre e mi è stato molto vicino dopo la morte di mia madre, è la persona giusta per farmi superare quel momento.
Mi obbligò a bere dell’acqua e facendomi accomodare sul divanetto, mi accarezzò le guance asciugandomi le lacrime.
“Cosa è successo?” chiese con voce ferma e gentile, ma i suoi occhi tradivano la preoccupazione.
“E…Edward… A…Alice… r…r…ragazzi… p…pugni… m…morta” riuscii solo a dire tra i singhiozzi.
Prese il telefono e parlò con qualcuno. La porta si aprì, parlottò con un’infermiera e tornò da me, con una pastiglia ed un bicchiere d’acqua.
“Bevi, ti aiuterà a calmarti” e mi aiutò a portare il bicchiere alla bocca, perché le mie mani tremavano troppo. “Raccontami, con calma, cosa è successo”
“Eravamo… nel … locale… siamo… usciti … dei ragazzi… picchiavano Edward… Jacob… poi lui… ha picchiato… Alice…” e ricominciai a piangere.
“Ma tu stai bene? Ti hanno picchiata?” chiese controllandomi le braccia e il viso. Negai con la testa e bevvi un altro sorso.
“Erano in tanti… erano in troppi… Alice è ferita… tanto. Edward, Jacob, sono feriti… io no” 
L’infermiera entrò senza bussare e passò il tablet a Carlisle. Continuando a massaggiarmi la schiena lesse dei dati sul tablet e vedendo il nome di Alice, mi rilassai leggermente. Aveva capito e si era già messo all’opera.
“Devo avvisare tuo padre!” disse mentre digitava il numero.
“NO!” gridai dando un colpo alla sua mano facendogli cadere il telefono.
“Isy… sei scossa. Ti prometto di visitare i tuoi amici e di fare tutto ciò che mi è possibile per aiutarli, ma non posso nascondere questa cosa a tuo padre. Sei scossa, hai bisogno di lui, è tuo padre” 
“Mi farà tornare a casa… non voglio!”
Mi guardò come fossi impazzita e, con un sospiro, posò il cellulare sul divanetto.
“Isy, tornerai a casa! Mesi fa avresti fatto carte false per tornarci. Il castigo di tuo padre è durato fin troppo. Devi tornare dai tuoi amici, ai tuoi hobby, alla tua vita”
“Erano ragazzi di quella vita… le bestie che hanno massacrato i miei amici… sono fuggiti su due Suv neri della Mercedes! Ho preso la targa del secondo” e malferma mi alzai per scriverla su un foglietto che gli porsi.
“Voglio bene ad Edward, a Jacob, ad Alice. Mi hanno accettata e mi sono amici… non voglio perderli” ribadii con voce il più ferma possibile e guardandolo dritto negli occhi, doveva capire la verità delle mie parole.
Scosse la testa e prese un ampio respiro “Ok, lo convincerò a farti rimanere nell’appartamento, ma devo avvisarlo” annuii e attesi come si attende un boia.
Carlisle evitò di spiegare nel dettaglio cosa era successo, ma spiegò la situazione e cercò di tranquillizzarlo sopra le urla che sentivo provenire dalla cornetta. Quando chiuse la chiamata mi avvisò che mio padre stava arrivando in ospedale e che dovevo aspettarlo.
“Torno dai miei amici, quando arriva chiamami” dissi uscendo dall’ufficio.

“NON LO SO!” l’urlo straziato di Edward mi fece correre per il corridoio. Era seduto sulla sedia della sala d’aspetto con il viso tumefatto e la testa china sulle mani. Era spezzato non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Seth, mi si avvicinò e mi abbracciò.
“Stai bene?” mi chiese. 
“Sì. Edward? Alice? Jacob?”
“Jacob stanno finendo di medicarlo, di Alice non si sa nulla, Edward puoi vederlo da te… il non sapere lo sta uccidendo”.
“Ok” dissi liberandomi ed avvicinandomi ad Edward. Lo presi per mano e lo accompagnai da Carlisle, sperando che mio padre non fosse ancora arrivato.
Carlisle spiegò la situazione ad Edward tranquillizzando e poi… il bacio… il bacio più magico che avessi mai ricevuto… finito con lo svenimento del mio partner… perfetto!!!
Mio padre? Beh! Arrivò e urlò come un pazzo. Mi minacciò e mi obbligò a tornare a casa. Mi nascosi dietro a Carlisle e lo implorai di non farlo, di non stravolgere nuovamente la mia vita. La discussione si protrasse a lungo, ma alla fine riuscii a convincerlo a farmi rimanere nel mio nuovo appartamento e farmi continuare a lavorare al New Moon. Di malavoglia, e facendomi presente che non era felice della mia scelta, accettò ma ad alcune condizioni tra cui quella di avere una guardia del corpo, o mi avrebbe riportata di peso a casa.
Accettai. Alice, Jacob... Edward, erano miei amici. Non volevo tornare a casa, volevo stare con loro, volevo vederli di nuovo sorridenti a casa loro, nel locale. No, non volevo tornare a Villa Swan! Forse quando l’adrenalina della serata fosse scemata, la lucidità mi avrebbe fatto correre velocemente a casa chiedendo a mio padre di ritornare alla mia vecchia vita, ma non in quel momento, con i miei amici coricati in un letto di ospedale… Volevo solo tornare a vedere i miei amici… a vedere Edward!

Esco velocemente dal ristorante, non mi sono neppure cambiata e ordino a Jasper di portarmi subito in ospedale. Chi è Jasper? La mia guardia del corpo. Un ragazzo biondo, alto e con il fisico classico da guardia del corpo. Beh, proprio classico no. E’ asciutto, ma ha i muscoli nel punto giusto. E’ uno di quei ragazzi che, se sei furbo, eviti di inimicarti! Gli occhi? Boh! Non li ho mai visti, li ha sempre coperti con un paio di occhiali da sole. Poco originale!

Mentre ci dirigiamo all’ospedale inizio a pensare a come nascondere il mio angelo custode. 
Non dubito della sua bravura nel lavoro e sicuramente è bravissimo a passare inosservato, ma è giovane e nei posti che frequento non gli sarà facile nascondersi agli occhi delle mie amiche, in particolar modo perché è un ragazzo molto bello, di quelli che difficilmente passano inosservati. “Sarai un mio lontano cugino… venuto dal Texas per trovarmi!” esclamo rompendo il silenzio opprimente dell’auto. Mi guarda confuso, ok, non vedo gli occhi, ma so che è confuso.
“Sì, sarai mio cugino! Così potrai frequentare i miei amici e nessuno si porrà domande sul tuo arrivo!” e annuisco contenta della soluzione. Lui alza solamente le spalle e continua a guidare trattenendo un sorriso. Beh! Chi tace acconsente! 
Entro in ospedale, mi giro per dirgli di non farsi vedere, ma è già svanito. La sensazione di essere osservata mi conferma la sua presenza, ma gli son grata di essere svanito. Devo prima presentarlo, non posso arrivare con uno sconosciuto, soprattutto dopo gli avvenimenti della sera precedente, avrebbe sicuramente fatto nascere dei sospetti.
Trepido dalla voglia di correre da Edward, ma non voglio comportarmi da ragazzina. Devo prima calmarmi e poi andrò da lui. Decido di andare a vedere come sta Jacob per darmi tempo, ma appena arrivo da lui lo trovo abbracciato a Embry. E’ seduto sul letto e da come si baciano penso proprio che si sia ripreso. Adesso non ho più scuse e non voglio più trovarle. Prendo un bel respiro e mi incammino verso la camera di Edward. 
Grazie a Carlisle i miei amici sono stati ricoverati nelle stanze private, complete di comfort e rispettose della privacy, oltre ad avere ognuno la loro infermiera personale che li controlla costantemente.
Busso e appena mi dà il permesso entro. Edward è coricato con gli occhi aperti e la mano sulla fronte. E’ molto mal ridotto, ma anche se livido è sempre un Dio greco!
“Bella!” mi saluta con un gran sorriso cercando di alzarsi. La sua smorfia mi fa mettere le ali ai piedi e mi trovo al suo fianco con la mano appoggiata ai suoi pettorali mentre lo fermo.
“Ehi! Stai coricato. Non alzarti” lo ammonisco senza togliere la mano dal suo petto. 
Mi sorride e, prendendomi per il polso mi attira a sé abbracciandomi.
“Non farlo mai più” lo ammonisco scoppiando a piangere con il viso nascosto nelle sue spalle. 
Lo sento irrigidirsi ed alzo il viso allontanandomi per non fargli male.
“Mi hai fatto prendere un colpo e non sei proprio un peso piuma! Ho dovuto chiamare due infermieri per farti trasportare!” gli spiego guardandolo negli occhi.
Mi stringe più forte e mi dà un bacio sulla fronte. 
“Adesso siamo pari” sussurra con la sua voce roca che mi fa impazzire.
Rimaniamo abbracciati, in silenzio, non c’è imbarazzo, è bello e rilassante sentire il battito del suo cuore, il suo calore ed il suo respiro.
“Scusa” sussurra dandomi un bacio sfiorato sui capelli.
“Non è stata colpa tua. Sono stati dei vigliacchi, non potevi comportarti diversamente” gli dico guardandolo negli occhi per fargli capire la verità delle mie parole. Mi sorride rincuorato e si rilassa continuando ad accarezzarmi la mano. Ogni tanto stringe la mia mano, ma il suo respiro regolare mi conferma che è addormentato.  
E’ bellissimo, anche se il suo volto è completamente sfigurato dalle botte, è comunque bellissimo. Lo so, lo so, è solo un imbianchino, ma signori, che imbianchino! Mica sto dicendo che voglio sposarlo, voglio solo riprovare l’ebrezza di perdermi nelle sue labbra, tutto qui! 

“Posso?” chiedo aprendo di poco la porta dell’ufficio di Carlisle.
“Isy! Che piacere. Entra!” e mi viene incontro con le braccia tese per abbracciarmi.
“Volevo ringraziarti” gli dico rimanendo tra le sue braccia. “Per Edward. Per Alice. Per Jacob. Per mio padre. Per tutto” e stringo l’abbraccio per fargli capire quanto gli sia grata.
“Sono felice di esserti utile. I tuoi amici hanno passato proprio un brutto momento” e si allontana per offrirmi qualcosa da bere.
“Li hanno trovati?” chiedo sperando che i bastardi che hanno ridotto così i miei amici paghino per le loro azioni. Non risponde, scuote solo la testa senza guardarmi e poi, allargando il sorriso cambia discorso spiazzandomi.
“Solo più stanotte e Black e Cullen potranno tornare a casa. Per quanto riguarda la ragazza… ci vorrà più tempo.” 
“Come sta?” gli chiedo preoccupata. Dal suo corpo sulla barella nel piazzale non l’ho più vista.
“E’ fuori pericolo, è una combattente. Puoi fidarti di me se ti dico che presto tornerà a casa, ma preferirei che tu non la vedessi. Ciò che è successo ieri notte ti ha scosso e, sicuramente, vedere la tua amica in un letto attaccata alle macchine non ti aiuterà a superare più velocemente il tutto.  Stai tranquilla, mi prendo io cura di lei” lo dice con calore. Come se parlasse di una figlia e mi rincuora il pensiero che Alice sia nelle sue mani.
“Li hanno trovati?” ritento.
“No. E non sarà semplice. Non ci contare troppo” risponde dispiaciuto.
“Ma hanno la targa, hanno le descrizioni…” ed il suo sguardo mi fa capire “… hanno dei genitori ricchi” quasi ringhio “Ma anche io ce l’ho ricco… voglio che vengano presi e che paghino per le loro azioni.” forse lo dico con troppa enfasi perché Carlisle sgrana gli occhi e si siede vicino a me prendendomi le mani tra le sue.
“Cosa mi nascondi Isy?” 
“Nulla. Ti sembra giusto che Edward e i miei amici non ricevano giustizia solo perché non sono figli di papà?” e mi mordo il labbro per non piangere.
“Chi è quel ragazzo? O meglio, cosa è quel ragazzo per te?” diretto, deciso e anche un po’ malizioso. Snervante.
“Nulla!” dico abbassando lo sguardo e la sensazione di quelle labbra sulle mie mi fa rabbrividire.
“Ok, ti chiedo solo di stare attenta. Si è fatto picchiare per difendere la sorella e non si è fatto curare per starle accanto, questo dimostra che è un bravo ragazzo e con un gran cuore, ma tu devi stare comunque attenta…” stringe le mani e mi fissa preoccupato “Fa parte di un altro mondo. Non voglio che tu soffra”
“Siamo sullo stesso pianeta. Nello stesso stato, nella stessa città” rispondo piccata.
“Sai cosa intendo, Isy!” 
“Comunque non c’è nulla. E’ solo un amico…” 
Scuote la testa e prende il tablet “… sai come posso fare per rintracciare i suoi genitori o parenti prossimi?” 
“Per Edward ed Alice so che i loro genitori sono morti in un incidente aereo” il volto di Carlisle sbianca visibilmente. E’ molto emotivo, mi sono sempre domandata come faccia a lavorare in un ospedale con tutte le persone che ci muoiono se soffre così ogni volta che si parla di deceduti.
“… altri parenti non credo” cerco di ricordare ma ho il vuoto totale “Li conosco da poco tempo, ma non ho mai sentito di zii o cugini. Dovresti chiedere a Jacob. Beh! Per lui so che i suoi genitori sono tornati a vivere a Forks, ma c’è Embry con lui”
“Quindi Alice ed Edward sono soli?”
“Solo loro due… credo…”  
“Come immaginavo. Poveri ragazzi!” afferma scuotendo la testa. “Sarà la maledizione del cognome” 
Effettivamente non ci avevo pensato, Edward e Carlisle, hanno lo stesso cognome.

Carlisle è sempre stato un uomo di buon cuore e, al tempo del misfatto, era un ragazzino con tanti sogni e la certezza che le persone fossero buone. Aveva seguito il suo sogno di diventare medico studiando all’estero e, quando era tornato in America si era ritrovato con i conti vuoti e le porte chiuse. Non conosco bene la storia, so solo che era figlio unico e che, con la morte improvvisa e tragica dei suoi genitori, si era ritrovato solo contro schiere di parenti affamati di soldi. Era tornato per i funerali e mio padre fu l’unica persona al quale poté affidarsi per riprendersi dal lutto, perché i parenti erano troppo impegnati a rubargli tutto. Si era tirato su le maniche, diventando un medico di fama mondiale e aveva ricreato il patrimonio dei suoi genitori, anzi diventò ancora più ricco, ma non perché avido, ma perché molto bravo nel suo lavoro. L’incontro con Esme, sua moglie, fu un dono dal cielo. E’ una donna dolcissima e con un cuore d’oro. E’ stata ed è la sua spalla, la sua ancora, il suo miracolo. 
Non conosco la storia di Edward ed Alice, ma sicuramente, come Carlisle, i fratelli Cullen si sono trovati soli ad affrontare il mondo ed inizio a capire da dove nasce l’affetto che Carlisle inizia a provare per loro.
 


!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
Rientrare in casa e non sentire la voce squillante di Alice mi fa uno strano effetto. 
Il silenzio è così assordante che mi fiondo sullo stereo e lo accendo.
Seth si avvicina al frigo e passandomi una bottiglietta d’acqua mi fa cenno di accomodarmi sul divano...

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Capitolo 12
*** Convalescenza ***


Ebbene sì, anche se tardi riesco a postare il nuovo capitolo!
E' un capitolo di passaggio, non ci saranno colpi di scena o risposte alle domande che molti di voi mi hanno posto, ma è un capitolo essenziale per mettere le basi all'evoluzione di Edward!
Fatemi sapere e grazie ancora a tutti coloro che mi seguono...
Vorrei cogliere l'occasione per invitarvi a leggere l'altro mio racconto "From Twilight to Sunrise" ormai agli sgoccioli!!!
Buona lettura e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!


  “Puoi tornare a casa!” mi comunica felice Carlisle dopo aver controllato gli ultimi valori. Sono passati solo due giorni dalla maledetta sera ed io mi sento ancora uno straccio. Ma sono felice di poter tornare a casa. Poter disegnare, suonare, mangiare le pietanze che più mi piacciono. Beh! Su questo ultimo punto devo essere sincero, il cibo di quest’ospedale è buono, non è il solito brodino, anzi mi hanno portato piatti da leccarsi i baffi, ma la voglia di gustarmi una bella bistecca con patatine fritte è tantissima!
“Ed Alice?” chiedo richiudendomi la camicia.
“La stiamo tenendo sedata, ma se vuoi posso accompagnarti a vederla!” risponde abbassando gli occhi. Quando parla di mia sorella gli brillano gli occhi, ma nulla di malizioso, sembra parli di sua figlia… non so dire se mi disturba, ma sicuramente è strano. Faccio un sorriso per mascherare i miei pensieri e con calma mi alzo.
“Ehi! Dove credi di andare” la voce allertata di Bella amplia il mio sorriso.
“A casa!” gli rispondo felice.
Guarda preoccupata Carlisle e poi si rilassa aiutandomi ad alzarmi. Il suo corpo così vicino, con le sue braccia che mi legano il bacino ed il suo petto appoggiato al mio fianco è quasi una tortura… una piacevole tortura! Amplio la smorfia di dolore, è solo scena, ma così mi assicuro che non mi lasci e continui a tenermi tra le sue braccia. Sono un marpione!
“Ti aiuto” Mi metto in piedi e, continuando a tenere il braccio sulla sua spalla, mi volto verso Carlisle.
“Possiamo andare adesso?” gli chiedo speranzoso.
“Certamente. Vieni Isabella andiamo da Alice” e ci apre la porta oltre il quale una sedia a rotelle mi attende.
Guardo il medico chiedendogli con gli occhi di evitarmi quella inutile situazione imbarazzante.
“Regole dell’ospedale” risponde trattenendo un sorriso e spostando la sedia per farmi accomodare.
Mi siedo sbuffando e mi faccio trasportare, come un infermo, nella camera di mia sorella.
 
Il piano nel quale è ricoverata è luminoso, pieno di fiori e vetri. Lungo il corridoio vi sono solo porte, molto distanziate tra di loro e sul quale vi è scritto un numero.
Arriviamo nella stanza in fondo al corridoio.
Carlisle apre la porta, fa cenno a Bella di attendere e mi spinge all’interno della stanza.
 
Alice è addormentata con tantissimi tubicini collegati al suo corpo. Vicino a lei ci sono moltissimi macchinari e monitor che tengono sotto controllo i suoi valori vitali. Mi stringe il cuore nel vederla in quel letto. Non riesco a trattenere una lacrima e, alzandomi, mi avvicino a lei. Le prendo la mano e le sfioro la fronte con un bacio.
“Scusami” sussurro e la guardo intensamente sperando che si svegli.
“Ci vorranno ancora alcuni giorni prima che si svegli. Dobbiamo attendere che la commozione si assorba. Ma non devi preoccuparti, è forte e sta reagendo bene, è una combattente” mi consola Carlisle mettendomi una mano sulla spalla.
“Stai con lei, parlale. Le farà bene” Il rumore di una sedia che si sposta e sento la mano del medico che mi fa pressione sulla spalla costringendomi a sedere.
“Io aspetto fuori, prenditi tutto il tempo che vuoi”
“Grazie” sussurro senza togliere gli occhi da mia sorella, dal suo labbro rotto, dagli ematomi sul suo splendido viso, dai lividi sulle sue delicate braccia e dai tubicini trasparenti che dalle mani arrivano a delle flebo.
 
“Mio piccolo folletto…” non so cosa dirle, mi sento in colpa, non mi vengono pensieri positivi, ma solo parole di scuse. Le stringo la mano con la mia e cerco di non piangere.
 
Rimango con lei, per non so quanto tempo, l’accarezzo, le poso dei baci, le sussurro le mie scuse, le ricordo le promesse fatte e i luoghi che dobbiamo ancora visitare...
L’entrata di un’infermiera mi fa riprendere dal limbo nel quale ero entrato. In quella stanza bianca, con i monitor e i suoni ipnotici ero entrato in un mondo dove non c’erano vigliacchi, botte e sofferenza, ma solo io e mia sorella.
 
Quando esco dalla stanza, sono frastornato, come quando ti svegli di soprassalto.
Cerco Bella, ma al suo posto c’è Seth che chiacchiera allegramente con Carlisle.
Appena si accorgono di me, si zittiscono e mi vengono incontro.
“Tutto bene?” mi chiede il medico apprensivo. Annuisco con la testa e cerco con gli occhi Bella.
“E’ dovuta andare a lavorare…” risponde alla mia domanda muta senza nascondere un sorriso.
“Dai campione che ti riporto a casa!” e spingendo la sedia a rotelle vicino a me, Seth, mi fa riaccomodare per accompagnarmi all’uscita.
Carlisle ci segue fino alla macchina.
“Riposati e chiamami se senti dolore o se hai bisogno” mi dice Carlisle passandomi un bigliettino con il suo numero di cellulare “E non ti preoccupare, qualsiasi cosa succeda a tua sorella ti informerò subito!” e facendomi l‘occhiolino si allontana tornando in ospedale.
 
Rientrare in casa e non sentire la voce squillante di Alice mi fa uno strano effetto.
Il silenzio è così assordante che mi fiondo sullo stereo e lo accendo.
Seth si avvicina al frigo e passandomi una bottiglietta d’acqua mi fa cenno di accomodarmi sul divano.
“Se vuoi posso stare qui stanotte. Nel caso avessi bisogno o sentissi dolore.”
“Non c’è il caso Seth.” Gli dico coricandomi sul divano e nascondendo gli occhi con il braccio. La testa pulsa e il torace fa male. Non ho camminato molto, ma mi sento come se avessi corso per chilometri.
“Sarei più tranquillo se mi permettessi di rimanere” mi risponde con la voce ferita dal mio rifiuto.
“Ok!” rispondo solamente prima di lasciarmi avvolgere dal buio che tiene lontano il dolore… santi antidolorifici!
Nella notte mi alzo più volte per bere o per impasticcarmi. Seth, dorme alla grande sul pavimento vicino al divano e russa sonoramente!
Sorrido nel vederlo addormentato con la bocca aperta e le braccia sotto la guancia come un bambino… Seth! Che tipo!
 
Prendo ancora un po’ di pastiglie e con calma, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi, mi metto in tuta da casa e mi corico nel mio comodo letto. Quando mi è mancato il mio cuscino!
Però, tra i dolori e gli incubi, la notte è un inferno. Cerco di pensare a Bella, al suo sorriso, al suo mordersi le labbra, al nostro bacio, ma appena scivolo nel sonno, le urla di mia sorella e la sua immagine nel letto di ospedale mi risvegliano grondante di sudore.
Nel sogno rivivo più volte la rissa, la corsa in ospedale, le cure… ed ogni volta il sogno cambia, cambia il luogo, cambiano i protagonisti, cambiano le situazioni…ma è in qualche modo sempre lo stesso.
In un incubo sono al Midnight Sun e i vigliacchi iniziano a picchiare mia sorella tenendomi per le braccia, facendomi fare da spettatore. In un altro incubo siamo al New Moon ed i vigliacchi ci aspettano fuori per picchiarci, la scena è identica alla realtà, ma la persona inerme a terra non è Alice, ma è Bella.
In un altro incubo sono in cantiere ed i vigliacchi picchiano i miei colleghi e quando mia sorella interviene la colpiscono mortalmente…
Vedo i loro volti che mi deridono, e vedo il volto di mia sorella triste, quello di Bella scioccato, quello di Tanya incredulo… non riesco a togliermi dalla testa quei bastardi… voglio solo dormire, non pensare e riprendere le forze per poter essere d’aiuto a mia sorella, ma loro continuano a perseguitarmi senza darmi tregua.
 
Il mattino mi sveglio con delle occhiaie che sembrano valige! Mi trascino in cucina dove un Seth sereno mi attende con la colazione pronta. Ha preparato i pancake, il succo di frutta ed il caffè.
“Sono uscito a fare la spesa… avevi la dispensa mal messa amico mio” dice mentre addenta un pancake e me ne porge uno con l’altra mano.
Mi siedo facendo attenzione e non provocarmi dolore… inutile… e cerco di mangiare senza più pensare alla notte passata.
“Sembri uno zombi! Vuoi che chiami il dottore per chiedergli altri antidolorifici?”
Nego con la testa e bevo il caffè.
“Vuoi riposarti? Vuoi guardare la TV? Oppure vuoi uscire?”
Il pensiero di uscire e muovermi non mi alletta, sono ancora tutto un dolore, e di dormire non se ne parla, non voglio avere altri incubi.
“Vorrei andare in ospedale” dico con una voce che sembra uscire dall’oltretomba.
“OK!” 
 
E così passo le giornate in ospedale, vicino a mia sorella. Ho avvisato a lavoro e mi sono preso dei giorni di ferie per motivi famigliari. Sono stati tutti molto comprensivi e disponibili ad aiutarmi, anche se non ho bisogno di grande aiuto dato che passo tutto il tempo vicino a mia sorella. I miei amici si sono dimostrati per le meravigliose persone che sono. Mi sono sempre vicini, mi accompagnano in ospedale e la notte ho sempre qualcuno che mi fa da balia…
Bella? Beh, sì. L’ho ancora vista. Viene tutti i giorni in ospedale, e come un orologio svizzero alle cinque del pomeriggio mi porta il caffè accompagnato da una brioches.
Si ferma ogni tanto con me e chiacchiera con Alice. Le parla come se fosse sveglia. Alcune volte penso a cosa le risponderebbe realmente Alice e mi diverto a dar voce, simulando la sua voce cristallina (ovviamente non molto bene) la risposta che le darebbe, facendo ridere Bella.
Se ve lo state chiedendo. No! Non ci siamo più baciati, nemmeno abbracciati, il massimo del contatto che abbiamo avuto è stato lo sfioramento delle nostre mani mentre mi passava il caffè!
 
“Proviamo a diminuire i farmaci per vedere come reagisce il suo corpo” con queste parole mi accoglie Carlisle in camera di mia sorella. Noto che sono stati aggiunti alcuni macchinari.
“Non ti assicuro che si sveglierà oggi, ma non dovrebbe mancare molto” e mi posa una mano sulla spalla mentre guarda felice mia sorella.
Non parlo, prendo la sedia e mi accomodo vicino a lei.
“Forza Alice… Svegliati!” le sussurro sperando che il medico non senta.
Rimango con lei per tutto il giorno, non mi allontano nemmeno per mangiare. Conoscendo mia sorella potrebbe svegliarsi proprio quando non ci sono per farmi dispetto!
 
“… e così sono svenuto come un idiota…” mentre le racconto il bacio che ci siamo scambiati io e Bella sento la mano di Alice che stringe la mia.
Rimango in silenzio fissando la mano per capire se me lo sono sognato.
“Alice?” la chiamo timoroso, ma nessun segno. Rimango in attesa per alcuni secondi, ma nulla. Mi convinco di essermelo sognato e ricomincio a parlare del bacio e di come mi sento confuso nei confronti di Bella.
E’ già pomeriggio innoltrato ed il mio stomaco inizia a borbottare per la fame…
“E…Ed…Edward?” la voce di mia sorella sembra una melodia celestiale, mi alzo per farmi vedere e le stringo forte la mano per farle sentire la mia presenza. Ha gli occhi aperti e con sguardo confuso si guarda intorno.
“Sì, Alice, sono Edward” le rispondo emozionato. Schiaccio il pulsante per chiamare l’infermiera con mano tremante senza smettere di guardarla per paura che richiuda gli occhi.
“Do…Dove sono?”
“Sei in ospedale, sorellina.”
“mmm... Mi fa male la testa” dice cercando di portarsi la mano alla fronte, ma la fermo per evitare che faccia qualche danno con i tubicini.
“Hai preso una bella botta, ma adesso è tutto passato. Sta arrivando l’infermiera” Ma appena si apre la porta, al posto dell’infermiera, fa il suo ingresso Carlisle ed è emozionato quanto me. Si avvicina subito ai monitor per controllare i valori.
“Ben svegliata, Alice. Io sono Carlisle, il tuo medico.” E dopo essersi presentato inizia a visitarla e a porle domande su cosa sente mentre le tocca varie parti del corpo.
 
Quando ho la certezza che mia sorella è sveglia e fuori pericolo cado sfinito sulla sedia. Solo in quel momento sento la tensione lasciare il mio corpo. Il male continuo che provavo al torace e alla testa scompare come per incanto. Mi sento in forze e mi sento bene. Vorrei mettermi a saltare e a cantare per la stanza. Vorrei … vorrei… vorrei… lasciamo perdere, vorrei fare troppe cose, ma al momento è meglio che mi calmo ed ascolto cosa sta dicendo il medico.
“I tuoi valori sono buoni. Devi schiacciare questo tasto quando senti dolore, ti inietterà l’antidolorifico, e se hai dubbi, domande o anche solo voglia di parlare, schiacci questo altro tasto ed io arriverò subito.” Le spiega con calma. “Dovrai stare ancora alcuni giorni in nostra compagnia, ma ti assicuro che presto potrai tornare a casa!” lo dice a lei, ma guarda me.
“Bene! Vi lascio soli, ma mi raccomando, se senti dolore o qualsiasi cosa, non esitare a chiamare” e con un sorriso esce dalla stanza.
 
“Come ti senti?” le chiedo sedendomi vicino a lei.
“Come se fossi passata sotto uno schiacciasassi” e fa una smorfia classica alla Alice strappandomi un sorriso.
“Sei un’eroina… hai sfidato i cattivi come Xena!” le dico mentre le accarezzo dolcemente i capelli.
“E gli altri?” chiede come se se ne fosse appena ricordata, ma non attende risposta ed inizia ad analizzarmi il volto facendo una smorfia schifata “E tu?”
Sorrido passandomi la mano sul cerotto del sopracciglio “Gli altri stanno bene. Jacob è ancora a casa per via del braccio, ma presto tornerà a lavorare. Tanya, Embry, Seth e Bella stanno bene, non hanno nemmeno un graffio… ed io, beh! Adesso sto benissimo” e la riempio il viso di baci a stampo come quando era bambina.
 
“Bella?” non capisco la sua domanda e la guardo con il sopracciglio alzato.
“Bella sta bene!” rispondo disinvolto. Non credo mi abbia sentito quando le ho raccontato il bacio.
“Mi… sembra… non so. Ho come l’impressione che Bella… non so, come un sogno… tu e Bella… mah, lascia perdere!”
“Che io e Bella ci siamo baciati?” chiedo tra lo sconvolto e il divertito.
“Sì… non so, forse ho sognato…” mi guarda quasi imbarazzata, ma poi allarga gli occhi e il sorriso.
“… o forse non l’ho sognato” dice maliziosa.
“Beh!” mi passo la mano nei capelli per stemperare l’imbarazzo “credevo non potessi sentirmi… comunque sì, l’ho baciata. Ma nulla di più, anzi… sono svenuto subito dopo” sento il volto in fiamme per la vergogna.
“Racconta!” la voce di nuovo allegra, anche se ha ancora i tubicini e le fasciature, il mio piccolo folletto è tornato!
Mi siedo e le racconto tutto nei minimi particolari. Rimane delusa nel sapere che non c’è stato nulla oltre quel bacio, ma appena la porta si apre e fa capolino la testa di Bella, Alice mi guarda con uno strano luccichio negli occhi, quel luccichio che negli anni ho imparato a temere.
 
“Posso?” chiede timorosa Bella. Sono le cinque… con il risveglio di Alice mi ero dimenticato di Bella e del suo caffè.
“Certo, sorellina! Entra!” le risponde Alice allungando un braccio verso la porta invitandola ad abbracciarla.
“Alice!” Esclama Bella felice, volandole tra le braccia. “Sei sveglia… stai bene” e staccandosi la osserva in ogni punto per assicurarsi che non sia un sogno.
“Certo… sono un tipo forte io!” risponde con orgoglio Alice.
“Sono così contenta! Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai?” la ammonisce scherzosamente mentre le arruffa i capelli.
“Che ci vuoi fare avevo bisogno di ferie, e questo era un ottimo modo!” scherza mia sorella.
 
Passo ancora un paio di ore con Alice, nel frattempo la voce si è diffusa e tutti i nostri amici sono venuti a salutarla. Hanno dovuto fare a turno, perché l’infermiera non voleva che rimanessimo più di due alla volta, ed io non mi sono mai allontanato.
 
“Hai un aspetto orribile fratellino! Vai a casa, fatti una doccia ed una bella dormita! Io non scappo”
“Preferisco rimanere qui!”
“Ed io preferisco che tu vada a casa. Dai, Eddy, stai tranquillo. Non mi muovo!”
Discutiamo ancora per un paio di minuti, ma come sempre lei ha la meglio e così, con l’aiuto del suo nuovo alleato, Carlisle, mi spedisce a casa.
 
A disagio torno a casa accompagnato da Embry. Volevo rimanere in ospedale, volevo starle vicino, ma il folletto malefico riusciva sempre ad avere la meglio.
Mi fiondo sotto la doccia per non pensare e, in tuta, mi siedo sul divano, con un panino in mano e la birra nell'altra. Guardo un po’ di TV e mi gusto il senso di pace che il risveglio di mia sorella ed il silenzio della casa mi trasmette.
 
Mi sveglio con la bottiglia rovesciata sul tappeto ed il panino ancora a metà sul divano, sono ancora seduto, ma dalla luce che penetra dalla finestra intuisco che la notte è passata. Non mi sono nemmeno accorto di essermi addormentato e, dopo diversi giorni, non ho avuto incubi o sentito dolore.
Mi stiracchio, spengo la tv, ripulisco il danno sul tappeto e mi preparo per tornare in ospedale... ho tantissime cose da raccontare alla mia piccola sorellina.
 
 
E' già passata una settimana e Carlisle non è ancora convinto di lasciar tornare a casa Alice. E se devo essere sincero, nemmeno Alice è tanto dispiaciuta di rimanere in ospedale, la stanno viziando!
Abbiamo conosciuto Esme, la moglie di Carlisle, e lei non si risparmia nel viziarla, e da quando ha scoperto che mia sorella è un patita di moda, l'ha riempita di riviste e regali... sono rovinato!
Più volte ho trovato Carlisle nella camera di mia sorella. Ridevano, scherzavano e mia sorella era felice... forse sono una brutta persona, ma non posso negare che vederla così legata a Carlisle e consorte mi ha fatto ingelosire. Mi sembra come se stessero invadendo i nostri spazi, come se la bolla che era il mondo mio e di Alice fosse stato invaso... non so se riesco a spiegarmi.
Lo so, lo vedo nei loro occhi, che sono realmente affezionati a mia sorella, ma è solo che non voglio nessuno tra me e lei. Quando ho permesso a qualcuno di aiutarci sappiamo tutti come è finita ed io non voglio che risucceda.
"Posso offrirti un caffè?" la voce di Carlisle mi risveglia dai miei pensieri. Abbasso gli occhi imbarazzato come se avesse potuto leggermi nel pensiero.
"Ok" rispondo incamminandomi verso l'ascensore che porta al bar.
 
"Edward..." prova a rompere il silenzio Carlisle, ma sembra in difficoltà.
"Alice sta bene? Giusto?" Chiedo spaventato dal pensiero che mi nasconda qualcosa. E' vero, Alice è sveglia, parla, ride, cammina, ma è comunque ancora in ospedale.
"Sì, sì, Alice sta bene" si affretta a rispondere "...è solo che... vedi..." prende fiato e mi guarda dritto negli occhi come se cercasse qualcosa nella mia anima.
"Voglio essere sincero con te, Edward." Si drizza sulla sedia e posa i gomiti sul tavolo. "Alice può uscire dall'ospedale. I suoi valori sono perfetti e la sua ripresa è stata eccezionale..."
"Ma..."
"...ma vorrei poterla tenere sotto controllo. Non fraintendermi, so che tu sai prenderti cura di lei meglio di chiunque altro, ma mi preoccupa il fatto che non abbia avuto un crollo emotivo, capisci?"
Annuisco anche se realmente non capisco dove voglia andare a parare. Serro i pugni per contenere la rabbia che mi sta assalendo. Ho capito, dai regali, dai loro vestiti e dalle loro auto che i Cullen sono ricchi, ed ho anche capito che sono affezionati a mia sorella, che la vedono come fosse loro figlia, ma loro non hanno capito che non voglio "parenti", io ed Alice bastiamo a noi stessi.
"Non voglio intromettermi tra voi due. Voglio solo che tu sappia di poter contare su di me nel caso in cui tua sorella crollasse emotivamente" mi stringe la mano sul pugno e mi sorride guardandomi con un sguardo, non di compassione, né da secondi fini... sembra sincero e mi sento spiazzato.
Annuisco, finisco il caffè e mi alzo mormorando un grazie.
 
Arrivato fuori dalla porta della camera di Alice mi fermo per sentire la sua risata cristallina accompagnata dalla risata dolce di Esme.
Ripenso alle parole di Carlisle, vorrei potermi fidare, lo giuro, ma non ci riesco.
Anche i miei zii sembravano sinceri quando mi avevano proposto il loro aiuto e sappiamo tutti come è andata a finire. Però... non so, Carlisle... Esme... sembrano diversi. Non voglio pensarci. Il tempo deciderà per me.
Prendo un bel respiro e sorridendo entro nella stanza per dare la buona notizia a Alice.
 
"Verrete a trovarci, vero?" chiede Alice ad Esme mentre ci dirigiamo verso l'uscita dell'ospedale. La signora Cullen mi guarda timorosa, con un enorme sforzo le sorrido stringendo le mani sui braccioli della sedia a rotelle sul quale è seduta mia sorella.
"Adesso pensa a tornare a casa e a gustarti un po’ tuo fratello." le risponde sorridendole calorosamente.
"Questi sono i medicinali che devi prendere, mi raccomando, se senti dolori o ti senti strana chiamami subito" le dice Carlisle cambiando discorso.
Alice li saluta abbracciandoli forte e ringraziandoli per l'aiuto e la compagnia. Ripropone l'invito a trovarci e si siede felice in auto quando riesce a strappare un forse a Esme.
 
 
Dopo sole due notti e due giorni dal ritorno a casa di Alice, ciò che temeva Carlisle si avverò.
Le urla strazianti di Alice mi fanno svegliare di soprassalto. Corro nella sua camera e mi corico con lei nel letto. Continua ad urlare e a piangere. Mi tira pugni e calci quando provo ad abbracciarla.
"Alice, sono io, sono Edward. Calmati. Va tutto bene." le ripeto cercando di svegliarla.
Ma lei continua a picchiarmi come una furia senza riuscire ad uscire dall'incubo.
"Alice, ci sono io. Ti proteggo io. Alice" continuo stringendo maggiormente le braccia intorno alle sue spalle cercando di abbracciarla.
Dopo diversi minuti e parole di conforto si calma e torna a dormire, ma la quiete dura poco, perché dopo nemmeno una mezzoretta la scena si ripete, e si ripete per tutta la notte.
La mattina siamo entrambi stravolti, provo a farla mangiare, ma lei si rifiuta e senza aprir bocca si chiude nella sua stanza.
Durante il giorno sembra uno zombi e non riesco a farla mangiare e di notte sembra una karateka completamente assorta dagli incubi.
Provo a reggere la situazione per tre giorni, ma vedendo che la situazione peggiora decido di seguire il consiglio di Carlisle.
Quando gli telefono è stupito, ma anche felice che lo abbia ascoltato. In meno di mezzora è a casa mia. Si avvicina a Alice e, accarezzandole la guancia, le parla gentilmente. Le fa prendere delle pillole e poi l'accompagna in camera.
 
"Grazie per avermi chiamato" dice sedendosi sul divano vicino a me.
Sbuffo senza alzare il volto dalle mani. Mi sento un fallito. Non sono riuscito a difenderla dai vigliacchi e non riesco a difenderla da degli stupidi incubi.
"Non sentirti inappropriato. Non è colpa tua. Tu ti stai comportando nel modo corretto..."
"Smettila" lo blocco ringhiando e serrando i pugni. Vorrei picchiarlo. Perché deve mentire? Non sto facendo nulla di giusto!
"Edward. Ciò che avete passato non è facile. E la reazione di tua sorella è normale. Essere forti non significa necessariamente non chiedere aiuto, anzi, a volte solo una persona forte ha il coraggio di chiedere aiuto e tu lo hai fatto"
"Sì, perché senza di te non sarei riuscito a farla smettere di urlare per gli incubi"
"Sono un medico e solo con il calmante sono riuscito a tranquillizzarla. Ma è un palliativo, serve solo per tenerla in forze. Ma la vera cura ai suoi incubi è la tua presenza. Devi starle vicino e aiutarla a superarla. Siete forti e siete uniti, la supererete sicuramente. Non ti abbattere e stalle vicino." mi posa una mano sulla spalla ed io non ho la forza di allontanarlo. Il contatto con la sua mano mi fa sentire più forte.
"Per qualsiasi cosa puoi contare su di me. Mi sono affezionato a voi e vorrei che mi permettessi di aiutarvi."
"Grazie" gli rispondo. Le barriere che mi ero costruito per tener lontano le persone dalla mia famiglia si stanno sgretolando. Voglio fidarmi di lui. Ho bisogno di fidarmi di lui.
"Puoi chiedere ad Esme di venire domani?" sussurro in imbarazzo.
"Certamente" risponde con la voce più rilassata.
Mi dà il flacone di tranquillanti spiegandomi il dosaggio e mi saluta stringendo la mano sulla mia spalla.
Spero di non pentirmi. Spero vivamente che Carlisle sia esattamente come si sta dimostrando...


 
!!! ATTENZIONE SPOILER !!!

... sono Isabella Mary Swan, non sono io che devo fare il primo passo… quindi, se vuole giocare, giochiamo!!! ...

 

 

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Capitolo 13
*** Bentornata Alice - 1° parte ***


Ciao a tutti! Lo so, avevo promesso di pubblicare domenica, ma ahimè ho avuto dei contrattempi, ma rimedio subito!
Il prossimo capitolo è non corto, ma cortissimo... è uscito così ed allungarlo lo snaturava...
Quindi buona lettura e a presto!!!

 
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Finalmente tutto sta tornando alla normalità.
Jacob è tornato a lavoro rendendomi le ore al New Moon molto meno pesanti grazie alla sua risata contagiosa e alla sua allegria. Alice si è ripresa quasi completamente, ogni tanto ha ancora delle crisi di panico, ma secondo Carlisle sono normali e molto presto svaniranno.
Edward è diviso tra il lavoro in cantiere, i concerti con la band e fare l’infermiere a sua sorella. Non ci siamo più scambiati baci, ahimè, nessun contatto se non casuale.
Però siamo diventati buoni amici.
Passo molto tempo a casa sua. Alice si sta riprendendo completamente dalla brutta esperienza e più volte ho passato il pomeriggio a casa sua con Angela e Tanya. Edward si è unito sovente al nostro pomeriggio tra ragazze, e più volte ci siamo ritrovati soli a parlare di libri, di musica e di sogni.
Mi sono anche fermata alcune sere a guardare un film insieme ai miei nuovi amici e, immancabilmente, mi sono sempre trovata seduta vicina ad Edward. Non che mi dispiaccia, anzi, è divertente guardare i film con lui, ha sempre un aneddoto sui protagonisti o sulla trama che rendono più interessante la visione... ok, ok, lo ammetto... la sua presenza rende tutto interessante, ma vi posso assicurare che guardare un film con la voce sensuale di Edward che ti soffia in un orecchio... Beh! E' molto interessante!
Ha anche ricominciato a suonare, anche se non riesce ad essere presente a tutti i concerti della band, io non manco a nessuna serata. Mi piace passare le serate con i ragazzi e ormai ho l'abitudine di accettare la birra che puntualmente Edward mi offre a ogni fine concerto.
Sto bene con lui, è colto, ha tantissimi interessi e ama la vita. Odia solo i ricchi, li chiama i puzza-sotto-il-naso, come Jacob… e vi posso assicurare che questo non è un particolare da poco conto.
E’ difficile mordersi la lingua quando spara veleno su persone che conosco, o su atteggiamenti e pensieri che fino a poco tempo prima erano i miei… sono stata molto attenta a non farmi scoprire, non penso che vorrebbe essermi ancora amico se sapesse che sono anche io una puzza-sotto-il-naso.
 
Come aveva immaginato Edward, i delinquenti ricconi non sono mai stati trovati, il numero di targa che avevo preso non servì a nulla. Sicuramente i paparini avevano dato laute mance o fatto telefonate ai piani alti per insabbiare la cosa, mantenendo linda la fedina dei loro figli. Ma non dimenticatevi che sono Isabella Mary Swan e in certe occasioni essere una puzza-sotto-il-naso mi permette di non far insabbiare completamente la cosa! Quei vili, per non chiamarli con altri nomi, la pagheranno, forse tra mesi o anni, ma io non dimentico e sono anche io una figlia di papà…
 
A proposito di mio padre! Dopo la sera della rissa ha allentato un po’ la corda. Ha riattivato i miei conti e, anche se non ha voluto restituirmi le carte, mi permette di fare credito dall’estetista e nelle boutique. Mi avrebbe fatto credito anche da Silvia, la mia ex parrucchiera, ma ormai mi servo dal Sunrise e mi trovo divinamente.
Grazie a questi agi ritrovati sono tornata a frequentare Rose. La prima volta che mi presentai alla sua porta mi abbracciò stritolandomi e abbiamo saltato dalla gioia per circa dieci minuti. Siamo andate a fare shopping e ci siamo rilassate in una spa! Abbiamo chiacchierato di tutto, o quasi. Le ho raccontato di Edward, del nostro bacio, di come i suoi occhi mi facciano girare la testa e di quanto sia difficile non volargli addosso ogni volta che esce dal bagno a torso nudo. Le ho raccontato di Alice, di Angela e dei ragazzi della band. Ovviamente non sono scesa in particolari come i loro lavori o dove abitano, per il resto le ho raccontato tutte le nostre avventure, compresa la rissa!
Da quel giorno abbiamo ricominciato a frequentarci. Tutti i mercoledì pomeriggio sono impegnata con lei e la tengo aggiornata. Lei mi ha raccontato dei miei vecchi amici, mi ha riferito delle ultime conquiste di Laurent, del lavoro all’estero di Mike e della promozione di Dimitri ma, tolto qualche piccolo gossip, non succede mai nulla di esaltante così, quando ci incontriamo, sono io a tenere banco.
Ha provato a parlarmi di Mike. Sapeva che mi piaceva Edward, ma voleva provare a farmi riallacciare i rapporti con il mio ex. Effettivamente ci frequentavamo da anni, ed era stato il mio primo e unico ragazzo, ci chiamavano i Mikysi, ma ormai per me era acqua passata. Avevo bei ricordi con lui, non posso negarlo, ma era parte del passato.
Ok, ok, so già cosa state pensando! Non voglio più Mike perché mi sono innamorata di Edward! Errato! Non voglio più Mike perché al nostro ultimo incontro ho capito che persona viscida è! Edward non c’entra assolutamente nulla!!!
Quando ripenso alle parole e agli sguardi che ci siamo scambiati fuori dal bagno del ristorante la mia pelle si ricopre di brividi, e vi posso assicurare che non sono di piacere! Quindi: mettiamo un velo pietoso sul discorso Mike!
 
Rose mi ha anche chiesto dove abitassi e che cosa facessi per mio padre. Sulla casa le ho detto la verità, e da come ha strabuzzato gli occhi ho capito che non era ancora il momento di dirle tutto quindi per il lavoro sono rimasta sul vago.
 
“Tra un mese è il mio compleanno! Li inviterò tutti, così finalmente potrò conoscerli!!!” esordì un mercoledì entusiasta.
Il succo che stavo bevendo mi andò di traverso ed iniziai a tossire. Ero rossa in viso e il respiro faticava a tornare… tolto lo spavento iniziale di non riuscire a prendere fiato, fui grata al succo perché fece cadere il discorso salvandomi… o almeno così avevo sperato!
“Dai tranquilla, non ti tocco il Tuo Edward!” mi disse mentre mi batteva la mano sulla schiena per farmi riprendere fiato.
“Non è il Mio Edward!” mi difesi, ma il suo sorriso malizioso mi fece intendere che non mi credeva.
Ma possibile che se parli un po’ di più di una persona tutti si mettano in testa che te ne sia innamorata? Vero, è un dio greco con un cervello fino ed un sorriso da mozzare il fiato, ma non sono innamorata e non è il mio ragazzo! Sono felicemente single e mi piace stare in compagnia di un buon amico!
“Ok, ok, ti credo! Ti farò avere gli inviti entro prossima settimana… oppure puoi darmi gli indirizzi così li faccio recapitare direttamente!” meglio di no!
“Non ti preoccupare! Ci penserò io a consegnarli” nel cassonetto!!!
 
Non era una situazione facile. Dovevo mentire a Rose e dovevo mentire ai miei amici. Mi sentivo divisa in due, ma non riuscivo a decidermi in che mondo vivere, volevo tutti e due.
Così attuai un piano per poter mantenere entrambi senza rischi!
Decisi di cominciare con l’essere più sincera con i miei nuovi amici… con Rose dovevo solo prendere tempo!
 
Parlai con mio padre per cambiare appartamento. Adoravo la mia vasca idromassaggio e la tv da cinquanta pollici, ma ero già andata a casa di tutti i miei amici e non li avevo mai invitati da me e le battutine iniziavano a fioccare. Iniziava a destar sospetti anche la mia strana abitudine di prendere appuntamenti di fronte alla vetrina del parrucchiere.
“Fossi in Patrick ti farei pagare l’affitto del marciapiede” scherzò una sera Edward mentre chiacchieravamo, appoggiati al muro vicino al salone, dopo un concerto al Midnight Sun.
“Se il problema è il disordine, posso venire a darti una mano. Tra tenere compagnia ad Alice e il lavoro è comprensibile non riuscire a tener casa a posto.” Si propose ingenua Angela una mattina mentre prendevamo il caffè.
“Secondo me, Isabella, non vive in un appartamento, ma in un sottoscala, coperta da cartoni… se vuoi posso ospitarti io” disse una sera Jacob ormai brillo assicurandosi uno scappellotto.
“Forse Carmen è un’aliena, un esperimento scientifico… e tu la tieni prigioniera nel tuo appartamento” azzardò con tono cospiratore Seth.
“Secondo me, Bella, vive in un attico spaziale, con mille stanze, la vasca idromassaggio e un televisore da cinquanta pollici collegato ad un impianto stratosferico, e Carmen è la sua domestica” azzardò Tanya e scoppiai a ridere per nascondere il nervoso, ressi il gioco fingendomi una puzza-sotto-al-naso snob e mi convinsi che dovevo trovare velocemente un altro appartamento.
Così tra tenere compagnia ad ad Alice, stare con Edward, i mercoledì con Rose e lavorare al New Moon devo anche trovare il tempo per cercarmi un nuovo alloggio.
 
Grazie all’aiuto di Garrett, il figlio del socio di mio padre, riuscii a trovarlo ed era perfetto. Era luminoso, vicino al ristorante ed era composto da: tre camere da letto con bagno, uno studio, un’ampia zona giorno sovrastata da un piccolo soppalco mansardato ed un piccolo bagno di servizio. Non troppo sfarzoso, ma nemmeno troppo povero.
Ok, che la mia nuova vita mi piace ed adoro i miei nuovi amici e le mie giornate piene, ma ciò non toglie che sono sempre Isabella Mary Swan… giusto?
Per l’arredamento mi sono affidata completamente ad Esme, è bravissima e sono certa che riuscirà a renderla perfetta, elegante, ma non troppo chic. Un appartamento adatto ad una ragazza con lo stipendio medio, ma con tanto buon gusto. Dovrà solo riuscire a mettere la vasca idromassaggio nel bagno della mia stanza, e l’impresa è ardua non solo per le misure ridotte del bagno, ma anche per la necessità di poterla nascondere facilmente le sere che inviterò i miei amici a casa. Non voglio privarmi dei miei bagni rilassanti… no, non potrei vivere felice senza i massaggi della mia vasca!
 
Alla festa di ritorno al mondo di Alice, perché quella di ritorno a casa l’avevamo festeggiato nell’appartamento dei Cullen il giorno stesso in cui tornò, mi presentai con Jasper. Tutti credettero alla storia del lontano cugino venuto dal Texas grazie al suo accento.
Ed il primo passo era stato fatto, Jasper non era più obbligato a seguirmi nell’ombra rischiando di essere notato.
 
Il locale di James era chiuso per l’occasione e c’erano solo i miei nuovi amici. Abbiamo passato il pomeriggio ad agghindare il locale. Tanya era brava quanto Alice a organizzare una festa, quindi ci siamo affidati tutti a lei che, in piedi su una sedia al centro della pista da ballo, urlava ordini a destra e a manca, mentre io ed i ragazzi correvamo come dei pazzi. Pure Jasper si diede da fare e fece subito amicizia con tutti. Con Tanya l’approccio fu più difficile, era imbarazzato e lei si divertiva a farlo arrossire… malefica!
Quando Paul fischia il segnale, ci nascondiamo tutti dietro al bancone. Difficile stare in silenzio e non scoppiare a ridere, quando si è in dieci in uno spazio per quattro. Ti ritrovi mani, gomiti e piedi in punti impensabili.
“Ma dove stiamo andando?” chiede Alice bendata, mentre Edward la guida di fronte al bancone.
“Fidati” le risponde facendo l’occhiolino a Paul.
Le toglie con un gesto veloce la benda dagli occhi e noi ci alziamo dal nascondiglio urlando “Sorpresa!”.
Rimane a bocca aperta e inizia a piangere di gioia saltellando sul posto mentre batte le mani.
 
Usciamo tutti dal bancone e, mentre Paul inizia a versare birra come se non ci fosse un domani, a turno ci avviciniamo e la baciamo.
Lo sguardo di odio che Edward lancia a Jasper mi fa sorridere, sembra geloso, ma faccio finta di nulla e prendo per mano Jasper. Con piacere noto la mascella serrata di Edward, sintomo del suo nervosismo… sì, sì è geloso.
Mi avvicino ad Alice e, baciandola, le presento il “mio cugino texano” … la mandibola e le mani di Edward si rilassano, ma gli occhi continuano a guardare le nostre mani allacciate, ed io stringo maggiormente la presa, posando la mano libera sul braccio di Jasper … sono perfida!
“A…Alice!” si presenta Alice ingolfata. E’ ammaliata da Jasper e mi copro la bocca con le mani per trattenere la risata.
Vi posso assicurare che ha gli occhi a cuore e guarda Jasper come se lo volesse spogliare. Jasper invece è illeggibile. Difficilmente rende palesi le sue emozioni, il lavoro che svolge non glielo permette, ma credo che il luccichio che vedo nei suoi occhi sia un buon segno.
Li lascio ad ammirarsi e bacio sulla guancia Edward, che per la prima volta, mi bacia sulla guancia avvolgendomi i fianchi con il braccio “Non mi avevi detto di tuo cugino!” mi sussurra con voce roca all’orecchio facendomi rabbrividire di piacere.
“Non me lo hai mai chiesto” gli soffio la risposta a pochi centimetri dall’orecchio. La sua mano mi stringe il fianco e i muscoli del braccio si tendono facendomi sentir caldo in punti ormai sopiti da tempo.
Lo guardo maliziosa negli occhi e sposto lentamente lo sguardo sulle sue labbra “Pensi di liberarmi entro la fine della serata o mi metto comoda?” gli sussurro sfiorandogli il braccio.
Emette un piccolo ringhio stringendo la presa e espirando alza le mani in segno di resa. Wow! Signori, cosa dire… mi piace questo giochetto… negli ultimi tempi non ho più visto donne ronzargli intorno, o, anche se le ho viste, lui non ci ha dato peso, ed il ricordo del nostro unico bacio è ancora vivo nella mia mente, non mi dispiacerebbe replicare, ma sono una ragazza, sono Isabella Mary Swan, non sono io che devo fare il primo passo… quindi, se vuole giocare, giochiamo!!!


!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
...“Bella?” le chiedo cercando di riavvicinarmi a lei, ma fa un passo indietro. “Cosa ho fatto?”
Non risponde, scuote la testa e vola fuori dalla pista...


 

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Capitolo 14
*** Bentornata Alice - 2° parte ***


Chiedo umilmente scusa per il ritardo!!! Sono settimane che non aggiorno, ma ho avuto problemi famigliari che mi hanno tenuta lontano da EFP!
So che l'ora è tarda, ma spero comunque ti farvi cosa gradita nel pubblicare il nuovo capitolo con la promessa di aggiornare più regolarmente nelle prossime settimane!
Volevo cogliere nuovamente l'occasione per ringraziare tutti quelli che mi seguono ed in particolar modo chi61 e Jhenny80_big che recensiscono ogni capitolo... ringrazio anche tutti coloro che hanno spero del tempo per recensire il mio racconto!
Le vostre recensioni sono indispensabili per me, perchè mi danno la spinta quando mi sento un pò abbattuta e la voglia di mollare la storia mi assale! Ma per tutti coloro che mi seguono cerco di non farmi prender edalle paranoie e continuo a scrivere la storia dei questi Edward e Bella un pò particolari...
Adesso che mi sono svogata vi lascio al nuovo capitolo!
BUONA LETTURA E A PRESTO
!

 
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EDWARD

Una doccia fredda, ho bisogno di una doccia fredda… ma dato che non ci sono docce, mi accontento di una birra fredda, freddissima, anzi… ghiacciata!
 
Mi avvicino al bancone e prendo la birra che Jacob mi offre, gli sorrido cercando di non pensare a quelle labbra sensuali così vicine alle mie ed a quel corpo morbido così stretto al mio.
“Carino il cuginetto!” afferma Jacob passando ai raggi X la schiena ampia del texano e soffermandosi, oltre al consentito, sul fondoschiena.
“Jacob!” lo richiamo girandogli il viso con la mano “Contieniti, sei fidanzato”
“Sì, fidanzato… non cieco” risponde girandosi nuovamente “Ma penso di essere arrivato tardi… c’è già qualcun altro che se lo mangia con gli occhi” e sciabolando le sopracciglia mi fa un cenno verso il texano che sta parlando con mia sorella.
“Ma come…” affermo infastidito facendo cenno di alzarmi, ma Jacob mi fa risedere e batte il bicchiere con il mio per un brindisi.
“E’ bello, è simpatico, si è rotto la schiena per tutto il pomeriggio con noi e presto tornerà in Texas, sotterra l’ascia e bevi la birra”
Bevo, continuando a osservare mia sorella ed il texano: lui è composto, non è chinato verso di lei e le mani le ha una in tasca ed una occupata con il bicchiere… al momento non è pericoloso, ma non lo perdo d’occhio. Il signorino non pensi di farsi una sveltina con mia sorella e poi fuggire in Texas, nessuno tocca la mia sorellina se non è più che certo di renderla felice per l’eternità!
Si accomodano sul divanetto. Lui con le mani attorno al bicchiere e i gomiti appoggiati alle gambe, bene! Distanza, mantieni quella distanza, ed andremo d’accordo! Alice gli scompiglia i capelli e lo guarda con i cuoricini negli occhi… ommiodio! Alice, non giocare con il fuoco.
“Pronto?” mi chiama Jacob “Terra chiama Edward!” mi richiama sventolando la mano di fronte ai miei occhi “E’ una festa e ad una festa ci si diverte… bevi, ridi e lasciali in pace. E’ grande e vaccinata… lasciale il suo spazio! Mpf… ok, spostiamoci!” e prendendomi per il braccio mi trascina al tavolo dove Seth e Bella chiacchierano sorridenti!
 
“… sicura che Carmen non abbia due teste, o quattro braccia? Guarda che se anche fosse le potrei voler bene comunque!” scherza Seth.
“Tranquillo, quando sarà il momento te la presenterò… presto, molto presto!” e gli occhi di Bella si perdono in pensieri a me sconosciuti.
“Anche io vorrei conoscerla” dico sedendomi ‘distrattamente’ sul divanetto vicino a lei.
“La presenterò a tutti. Vi preparerò una cena da leccarvi i baffi e vi farò rimangiare tutte le cattiverie che avete detto fino ad ora!” risponde alzando il mento stizzita prima di scoppiare a ridere.
“E cosa dobbiamo aspettare? Che finisci di comporre Carmen?” controbatte Seth scoppiando a ridere.
“Oppure di trovare una persona che si chiama Carmen!” dico sfidandola con gli occhi. Voglio che mi guardi, voglio continuare il giochetto che avevamo iniziato, ma lei mi fulmina con lo sguardo…
“Devo finire qualcosa… ma non è Carmen!” afferma prima di nascondere il viso nel boccale.
Merda! Convive e deve rompere con il fidanzato!
“Cos’è devi rompere con il ragazzo?” no, ditemi che non l’ho detto ad alta voce. Mi guarda con gli occhi sgranati e la bocca aperta per lo stupore, le guance si colorano di rosso accesso e urla “No!”
“Ok! Ok!” alzo le mani in segno di resa ed esulto dentro di me per la buona notizia.
Continua a guardarmi con gli occhi sbarrati, le accarezzo la guancia e faccio scivolare lentamente, e molto delicatamente, le dita sotto il suo mento chiudendole le bocca. “Va bene, ho capito. Scusa!” dico facendole il mio miglior sorriso e senza allontanare la mano. “Sei bellissima con le guance arrossate” e dò il colpo di grazia facendole l’occhiolino.
Scosta con un gesto brusco il volto e si nasconde nel boccale bevendo un lungo sorso di birra. Mi alzo sbuffando e mi unisco alle chiacchiere di Emmett e Tanya.
Non mi siedo, rimango in piedi con il piede appoggiato al rialzo dello sgabello di Tanya e, con i gomiti sul bancone, chiedo un’altra birra a Paul. Scherzo con loro e ogni tanto lancio un’occhiata a Bella… ed ovviamente ad Alice… il texano continua a mantenere le dovute distanze… bravo!
 
“Anche per me una birra” chiede Bella arrivandomi alle spalle. La prende e si unisce a noi, rimanendo in piedi al mio fianco e scherzando con Tanya. Ogni tanto, gesticolando, mi sfiora la gamba o le braccia risvegliando l’amichetto.
“Perché non mettiamo un po’ di musica?” propone Tanya ormai brilla mentre si allunga per alzare il volume delle casse.
“Sì! Fantastico! Vieni…” risponde Bella prendendomi le mani e trascinandomi in pista.
Tanya si lancia in movimenti sensuali e balla strusciandosi con Bella. Ridono e cambiano posizione, saltellano sul posto e, quando la musica diventa più soft, ricominciano a strusciarsi con un sali scendi sensuale. Alice si unisce trascinando con sé un Jasper imbarazzato e, dopo poco, siamo tutti in pista a ballare.
Il repertorio è vasto, musica country, musica dance, musica house… gli strusciamenti continuano e, dopo altre birre, le ragazze iniziano a ballare strusciandosi con noi. Alice mi prende per il colletto e, mimando la canzone, si struscia sul mio petto guardandomi sensuale. Scoppio a ridere, anche se vedere Bella che fa lo stesso con Jacob non mi diverte altrettanto… mi avvicino ballando e mi posiziono alle sue spalle ballando con Tanya. Mi giro ‘involontariamente’ verso di lei e con gli occhi la invito a ballare… regge il gioco ed inizia a strusciarsi sensuale contro di me… quando è in piedi di fronte a me, mi prende per il colletto, la blocco tenendola per i fianchi e la avvicino maggiormente. Continuo a ballare guardandola negli occhi e, stringendo le mani sui suoi fianchi, avvicino lentamente il mio viso al suo, con la testa leggermente inclinata, umettandomi le labbra e… la bacio sulla fronte prima di liberarle i fianchi ed iniziare a ballare nuovamente con Tanya. Wow… pericoloso il giochino, eccitante…
Si avvicinano Seth e Paul e balliamo come dei pazzi, mi giro per scoccarle un’occhiata… ma non la trovo.
 
Cercando di non dar nell’occhio la cerco, ma non la vedo da nessuna parte. Mi dirigo al bar per prendere una birra e noto che Jasper si dirige verso il corridoio che porta ai bagni, guardandosi attorno furtivo.
Poso il bicchiere e lo seguo.
“Miss” lo sento chiamare con la testa appoggiata alla porta del bagno delle ragazze. Sento qualcuno che risponde.
“La attendo qui fuori” risponde appoggiandosi al muro di fronte alla porte e rilassandosi guardando il soffitto.
Sento qualcuno dal bagno dirgli qualcosa e lo vedo ricomporsi sbuffando e dirigersi verso la sala. Faccio finta di nulla e incomincio a camminare verso i servizi degli uomini e, quando lo incrocio, lo saluto con un cenno del capo ed un ampio sorriso.
Quando arrivo di fronte alla porta delle donne, controllo che Jasper non sia più nei paraggi e bussando chiamo Bella.
“Mpf… possibile che una ragazza non possa andare ai servizi senza essere disturbata?” risponde uscendo sconvolta dal bagno.
“Non ti vedevo tornare e pensavo avessi bisogno” mi spiego sistemandole una ciocca dei capelli dietro alle orecchie. La sento irrigidirsi e sprofondo i miei occhi nei suoi. Il nostro unico bacio è terminato con me svenuto, vorrei riprovare quell’emozione rimanendo in piedi…
Mi avvicino lentamente, senza smettere di guardarla negli occhi, si appoggia al muro con gli occhi scuri per l’eccitazione e trattenendo il respiro. Mi appoggio alla parete con le mani ai lati del suo viso, le guardo le labbra ed umettando le mie mi avvicino maggiormente al suo respiro, pochi centimetri ci distanziano, la sento rabbrividire mentre mi avvicino al suo orecchio e le sussurro: “Ti vedo sconvolta, tutto bene?”
Annuisce e con voce poco ferma risponde “Troppa birra…”, sorrido soffiandole sul lobo e con calma, lentamente, avvicino le mie labbra alla sua guancia e le lascio una serie di baci sfiorati … “Troppa birra?” le chiedo sempre in un sussurro continuando a sfiorarle il viso.
“Mm-mh” risponde continuando a rimanere immobile e tenendo gli occhi chiusi.
“Ok” le soffio a pochi millimetri della sua bocca. La sento fremere, ma non muove il viso, rimane ferma, il suo respiro mi conferma la sua eccitazione, ma le sue reazioni mi fanno desistere, pensavo che avrebbe ricambiato, che avrebbe annullato i pochi millimetri… ma così non è, anzi abbassa il volto guardando il pavimento.
Stringo a pugno la mano ancora appoggiata al muro e strizzo gli occhi per riprendermi… li riapro mentre mi allontano e prendendola per mano mi dirigo verso la festa. Mi stringe la mano ed il suo calore mi fa cadere ogni barriera, ogni esitazione, e con un gesto quasi esasperato la appoggio al muro, le prendo il viso tra le mani e dopo averla guardata dritta negli occhi cercando una conferma, la bacio. La tengo contro il muro appoggiandomi con tutto il corpo, cercando di non pesarle, ma nello stesso tempo assicurandomi che non mi sfugga. Il contatto con il suo corpo mi fa provare sensazioni mai provate e fa nascere in me una fortissima eccitazione. Non è solo una questione fisica, sì, lo ammetto è anche fisica, ma ciò che più mi coinvolge è l’eccitazione mentale.
Il bacio è passionale e le nostre lingue danzano insieme come se fossero nate per essere unite. Sento le sue mani stringermi sui fianchi e la mia eccitazione è alle stelle. Quelle labbra, quel contatto, quel calore, è tutto ciò che ho desiderato dalla sera del nostro primo bacio.
Esistiamo solo io e lei, tutto intorno è svanito. Mantengo il suo viso tra le mie mani, non voglio che si allontani, non voglio che finisca, mai nella mia vita avevo provato un’emozione così forte. Mi allontano per respirare sussurrando “Bella” e poi mi rituffo tra quelle dolci labbra ripiombando in un mondo magico, un mondo che non ho mai sfiorato nemmeno suonando.
Con un colpo del bacino, mi allontana. Apro gli occhi e mille dubbi mi assalgono, ma lei mi prende per la maglia e mi appoggia al muro, scambiandoci di posto “Stavo soffocando” si giustifica a pochi centimetri da me, prima di ricominciare a farmi sognare… Wow!
Non chiedetemi quanti minuti sono passati, o quante ore… il tempo in quel corridoio è svanito ed io sono ebro, e non per la birra. Ci siamo solo baciati, ma mi sento come se avessi fatto il miglior sesso della mia vita. Mi sento leggero, completo, felice… e le mani di Bella che sfiorano il mio corpo mi danno conferma che non sto sognando.
Ritorniamo in pista e ricominciamo a ballare ed il sogno, lentamente, svanisce.
Appena ci avviciniamo, Bella lascia libera la mia mano e si unisce alle ragazze per ballare. Lo sguardo malizioso di Jacob mi fa capire che ciò che è successo nel corridoio è scritto sul mio volto, scuoto la testa e ridendo felice mi dirigo verso il bar.
Mi prendo una birra e ne prendo una anche per Bella, ma quando gliela offro, la rifiuta ringraziando…
“Ehi, Macho!” mi saluta Tanya rubandomi dalle mani la birra che avevo preso per Bella “Vacci piano con lei, o sarò obbligata a romperti quel bel faccino” mi minaccia guardando i nostri amici ballare.
“Ovviamente! Sai che sono un bravo ragazzo!”
Scoppia a ridere dandomi una forte pacca sulla spalla, è alticcia, tanto alticcia.
“E tu vacci piano con la birra” le dico prendendole il bicchiere e bevendola fino all’ultima goccia.
“Sai” dice con sguardo perso nel vuoto “Quando vi ho visto uscire dal corridoio ho avuto un’illuminazione”
“Ok, che sono bello, ma addirittura un’illuminazione!” la prendo in giro, ma lei continua come se non avessi parlato.
“Voglio trovare un uomo che mi guardi come tu guardavi lei… al diavolo Laurent, il damerino gne gne gne”
“Sagge parole! Richiedono un brindisi” ed ordinando due birre festeggio la buona notizia. Finalmente Tanya inizia ad uscire dal tunnel-Laurent. Prima il bacio mozzafiato con Bella, ora Tanya che decide di lasciarsi alle spalle l’amore impossibile, e la serata è ancora lunga…
 
Ritorno in pista, mi avvicino a Bella, ma lei si allontana. Credo voglia ricominciare a giocare come abbiamo fatto per tutta la serata e mi presto all’idea.
Mi siedo sui divanetti a bordo pista e abbandonandomi sul divanetto mi rilasso guardando la sua figura ballare.
Quando gira lo sguardo verso di me le faccio l’occhiolino e la invito a tornare tra le mie braccia, ma lei non risponde al gioco, gira il volto come se non mi avesse visto.
“Ehi, marpione! Troppo stanco per ballare?” mi deride Emmett lasciandosi cadere sul divano.
“No, preferisco la visuale che ho da qui!” gli rispondo facendo un cenno verso Bella.
“Ohhh! Capisco! Il grande Edward Cullen è tornato” e sbatte il suo bicchiere con il mio.
“E alla grande!” rispondo sorridendo al ricordo di pochi minuti prima.
“Miss… Bella! Non è una conquista. E’ una ragazza, falla soffrire ed il prossimo a soffrire sarai tu” la voce gelida di Jasper mi fa fare un salto. Non lo avevo visto avvicinarsi. Sto per mandarlo a stendere, ma i suoi occhi sono glaciali e le mani sono strette a pugno per il nervoso. E’ il cugino di Bella e comprendo la sua reazione.
“Nemmeno mia sorella!” gli rispondo guardandolo fisso negli occhi. La nostra lotta di sguardi viene interrotta da Alice, che con uno sbuffo di felicità si lascia cadere sul divanetto tra me e Jasper.
“Ragazzi che serata! Grazie, grazie, grazie!!!” e con la sua solita euforia bacia sia me che Jasper ringraziandoci ad ogni bacio.
“Ok, ok, Alice! Abbiamo capito. Ti piace la festa in tuo onore, ma adesso devi promettermi di non bere più!” le chiedo mentre le fermo il viso tra le mani e controllo nei suoi occhi il tasso alcolico.
“Assssolutamente NO! Sono la festeggiata!” dice alzandosi per andare al bar.
Jasper mi guarda e con un sorriso alza gli occhi al cielo.
“Forse è meglio fermarla” esclama più come un permesso che come un consiglio.
“Tocca a te! Ma attento a dove metti le mani…” lo avverto alzandomi per dirigermi verso Bella.
 
Quando le arrivo alle spalle e la prendo per i fianchi lei si irrigidisce. Le scosto i capelli e la bacio sul collo sussurrandole “Mi sei mancata” e quando la giro per potermi riperdere nei suoi baci lei mi blocca con le mani sul petto. Spalanco gli occhi per la sorpresa e lascio andare i suoi fianchi. Ma che diavolo…?
“Bella?” le chiedo cercando di riavvicinarmi a lei, ma fa un passo indietro. “Cosa ho fatto?”
Non risponde, scuote la testa e vola fuori dalla pista.
Ma che diavolo le è preso? Da come ci siamo baciati nel corridoio credevo che le interessassi. Non credo di aver fatto niente di male, ho trattenuto tutto i miei istinti e vi assicuro che non è stato facile, forse le ho fatto sentire la mia eccitazione, negli strusciamenti ero troppo preso per fare attenzione, ma non era un invito a nulla… e che diavolo, mica siamo in una soap-opera! Se ho sbagliato qualcosa, voglio saperlo e deve dirmelo.
Le corro dietro e prendendola per il polso la trascino nella cucina che è vicino al punto in cui riesco a raggiungerla.
Appena siamo dentro le prendo il viso tra le mani e la costringo a guardarmi. Si morde le labbra e tiene serrati gli occhi come non volesse vedermi.
“Bella, guardami!” le dico con poca grazia “Guardami!”
“Miss, tutto bene?” la voce di Jasper alle spalle mi fa irritare oltre il limite, ok, che è il cugino, ma farsi i fatti suoi mai?
Faccio per girarmi e mandarlo a quel paese quando Bella mi stringe il polso e risponde.
“Tutto ok, Jasper. Puoi andare” e come un soldatino esegue gli ordini.
“Quindi?” le chiedo tornando a noi, ma senza più toccarla. Incrocio le braccia per nascondere il tremore dovuto al nervoso.
“Ho sbagliato” dice guardando in basso.
“Sì, hai sbagliato ad andare via, Bella. Ci stiamo divertendo e non capisco il tuo cambio di umore. Se ho sbagliato qualcosa devi dirmelo, non devi scappare.”
Continua a martoriarsi le labbra con i denti e trattenere le lacrime. Con le dita le sfioro le labbra facendola smettere e, avvicinandomi la abbraccio.
“Bella.” Dico solamente baciandola sul capo.
“Non voglio essere una sveltina” spiega con il viso nascosto nella mia spalla “Ho sbagliato” precisa tirando su con il naso.
La allontano tenendola per le spalle e, guardandola dritta negli occhi, le dico: “Non sei una sveltina. Credevo che avessi una considerazione migliore di me.” E la riprendo tra le mie braccia, non parliamo, rimaniamo abbracciati e le sfioro i capelli con dolci baci. Non so cosa provo per lei, ma sento che il mio cuore si sta allargando per farle spazio. E’ la prima ragazza che non sento come un’intrusa tra me e mia sorella. Non mi interessa portarla a letto, mi interessa tenerla tra le braccia e sulle mie labbra…
“Vuoi che ti accompagno a casa?” le chiedo allentando l’abbraccio.
“NO!” risponde scioccata “Sono con Jasper”
“Bella, è solo un passaggio non ti sto chiedendo nulla di più… beh, forse la possibilità di continuare a tenerti tra le mia braccia, ma non voglio costringerti a fare nulla!” le spiego guardandola negli occhi per farle comprendere che sono sincero. Voglio solo finire la serata con lei, chiacchierando, baciandoci, abbracciandoci… sono un gentiluomo io!
“No, preferisco tornare con Jasper” risponde abbassando il viso. Mi ferisce e il dubbio che nasconda qualcosa si insinua in me.
“Allora torniamo a ballare?” le chiedo sfiorandole le labbra con un bacio e trascinandola fuori dalla cucina tenendola per mano.
 
Appena rientriamo in sala, le luci sono soffuse, le coppiette si stringono abbracciati mentre ballano un lento.
“Mi concede questo ballo?” chiedo facendo un inchino e baciandole la mano.
“Sì” risponde imbarazzata “Ma sappi che sono una frana” e con quella frase il sorriso ricompare sul suo volto.
“Dipende da chi guida” e la stringo tra le mie braccia cullandola sulle note. “Non sei una sveltina” le sussurro baciandole il collo “Dammi una possibilità” le chiedo in un bisbiglio mentre mi avvicino al suo volto. Attendo un paio di secondi e poi mi riperdo tra le sue morbide labbra, dimenticandomi completamente del mondo che ci circonda.
I fischi e gli applausi ci fanno ritornare nel mondo reale. La musica è terminata e tutti sono in cerchio attorno a noi. Io e Bella facciamo un inchino e ci ributtiamo nella mischia.
***
Mio Dio! Come ogni giorno dopo, mi riprometto di non bere mai più.
La testa pulsa e la bocca è impastata. Con fatica mi alzo e scopro di essermi addormentato sul divano. Il rumore di tazzine mi avvisa che Alice è già sveglia e dal fischiettio capisco che è di ottimo umore.
Mugugno per avvisare che sono sveglio e mi abbandono sul divano coprendomi con i cuscini. Troppa luce!!!
“Sveglia! Dormiglione!” mi urla Alice togliendomi il cuscino e porgendomi il caffè.
“Ancora un paio di minuti, Alice. Pietà” dico mettendo le mani sugli occhi per diminuire il bagliore.
“Dai che è quasi mezzogiorno, ed oggi pomeriggio devi aiutarmi nei lavori di casa! Me lo hai promesso!!” ride punzecchiandomi sul fianco con le dita.
“Acqua!” le chiedo cercando di deglutire, ma la bocca è troppo secca.
Mi passa l’acqua e chiude maggiormente le tende per diminuire la luce “Dai, forza!”
Mi siedo con gli occhi chiusi e bevo in un sorso l’intero bicchiere di acqua seguito dal caffè. Mi concentro per capire se sono più sveglio… no, ho ancora sonno e mi ricorico.
 
Una secchiata di acqua fredda in faccia mi sveglia definitivamente. Mi alzo cercando di riprendere il fiato spezzato dallo spavento e dal freddo e mi fiondo su Alice. La blocco a terra salendole sulla pancia, facendo attenzione a non pesarle, e tenendole le braccia incrociate sul petto inizio a scrollare la testa per bagnarla con l’acqua. Ma non è una buona idea. La testa sembra vuota con una pallina che muove libera all’interno e, con un ringhio di dolore, mi accascio sul pavimento cercando ristoro dal suo fresco.
“Tutto bene?” mi chiede Alice preoccupata.
“Si, solo che sono un’idiota! In casa abbiamo un’aspirina?” le chiedo tenendomi la fronte con una mano ed aprendo un solo occhio.
Prendo l’aspirina e bevo un altro sorso d’acqua. Ma quanto diavolo ho bevuto ieri sera? Non mi sembrava di essere tanto alticcio… o merda! Bella!
Rimanendo coricato sul pavimento, cerco con gli occhi il cellulare: è sul tavolino, perfetto! Allungo la mano senza spostarmi e le scrivo un messaggio.
Ciao festaiola! Colazione?
Lo so, non è romantico, ma come ho detto in precedenza, nella mia testa in questo momento c’è solo una pallina che vaga libera, creando un rimbombo insopportabile e doloroso.
Ciao ubriacone! Semmai pranzo. Comunque mi dispiace, ma oggi non posso.
Bene! Ha risposto, quindi non è arrabbiata! Ma mi ha chiamato ubriacone, quindi penserà che l’ho baciata spinto dall’alcol e per di più oggi, dopo mesi, ha degli impegni… merda! Si è pentita.
Cena? Cucino io!
Nemmeno, ho un impegno che mi occupa tutto il giorno.
Perfetto! E’ pentita! Fantastico.
Chiudo gli occhi cercando le forze per alzarmi, ma i baci della sera prima ritornano nella mia mente, convincendomi a rimanere a terra.
I suoi sguardi, la sensazione delle sue mani sulla mia schiena, sul mio viso, nei miei capelli… e quelle labbra, così morbide, così profumate, così perfette per le mie… mmmmh!
“Ma a che diavolo stai pensando! Pervertito!” mi riprende mia sorella tirandomi un calcetto al polpaccio.
Guardo il mio amichetto ed imbarazzato mi nascondo girandomi verso il pavimento.
“E tu cosa guardi le mie parti basse! Pervertita!” ribatto.
“Dai non trovare scuse, alzati e dammi una mano.”
 
Per tutto il pomeriggio mia sorella mi schiavizza. Mi fa spostare mobili, sistemare lampadine, appendere foto e mi sfruttata pure come modello per alcune sue creazioni… ringraziando l’aspirina ha fatto effetto, e la sbronza della sera prima è solo più un lontano ricordo. Anche se devo ammettere che un po’ di mal di testa mi è tornato nel sentire Alice parlare di Jasper. Jasper di qua, Jasper di là, Jasper è bravo qui, Jasper è bravo là… inizio ad odiare quel nome!!
Mentre aiuto Alice a stipare le stoffe sul ripiano alto dell’armadio il mio cellulare vibra per l’arrivo di un messaggio.
“Ci sono ancora stoffe?” chiedo “Se scendo, non salgo più su sto sgabello traballante”
Si controlla in giro, pure sotto il letto “No!”
Salto giù dallo sgabello e portandomi l’acqua alla bocca apro il cellulare per leggere, sarà Jacob che ha dimenticato qualcosa al locale, come al solito.
Se l’invito è ancora valido, sono riuscita a liberarmi!
Sputo l’acqua che avevo in bocca per lo stupore. Avevo perso le speranze, credevo che l’impegno fosse una scusa e mi ero già prefissato di andare a prenderla al lavoro l’indomani per chiarire la situazione, invece l’impegno non era una scusa, e vuole vedermi!
Pizza? Le rispondo semplicemente.
Perfetto! Arriviamo!
Arriviamo? Pensavo di stare solo con lei, ma se è in compagnia, l’unica persona che in questo momento mi viene in mente è Jasper. Perfetto! Magnifico! Wow!
 
Alice salta come una cavalletta per la stanza dalla felicità. Mi sbatte malamente fuori dalla porta e si prova diecimila vestiti al secondo chiedendomi consiglio.
“Troppo corto… troppo lungo… troppo rosa… troppo scuro… troppo vamp… troppo ragazzina… un pigiama? ... la tuta no… perfetto!” una maglietta sfasata, con disegnata Marylin Monroe, che lascia scoperta una spalla ed un paio di leggins. Semplice, sobrio, ma con stile. Per scherzare le metto il cappotto e baciandola sulla tempia la stuzzico “Così va ancor meglio!” mi incenerisce con lo sguardo e nasconde il cappotto sotto il letto. Si controlla in giro che la casa sia ordinata e, appena suonano il campanello, si siede sullo sgabello della penisola con un bicchiere di succo in mano. Con aria da gran signora mi comanda di andare ad aprire, accompagnando la richiesta con la mano. E prepara la sua miglior faccia da “sono sempre vestita così in casa”.
Apro la porta con il sorriso, sia per le follie di mia sorella, sia per la consapevolezza che appena aprirò la porta, vedrò Bella. Mi pettino con le mani e drizzo le spalle.
“Ciao!” saluto mentre apro la porta, e il viso serio di Jasper si allarga in un sorriso offrendomi un cartoccio di birre.
“Ciao!” risponde spostandosi di lato e facendo entrare Bella. Mi guarda con un sorriso e, tirando un pugnetto sulla spalla di Jasper, entra chiamando Alice.
Ci accomodiamo in sala e, senza perder tempo, prendo il telefono e chiedo quali pizze ordinare.
 
A cena fila tutto liscio. Mangiamo sulla penisola e beviamo la birra che ha portato Jasper.
Le ragazze chiacchierano e si defilano in camera con la scusa di dover provare dei vestiti, lasciando me e Jasper soli come due idioti sul divano. Dopo i primi minuti di imbarazzo, iniziamo a chiacchierare e, purtroppo, lo trovo simpatico. E’ molto colto, ha visitato luoghi che ho visto solo in televisione e sui discorsi di tattica militare ed armi è molto preparato, ovviamente parliamo di guerra simulata… così decido di sfidarlo alla console.
Mi straccia più volte, con tattiche che non avevo mai utilizzato ed ha una mira perfetta, così decido di giocare in rete ed essere suo alleato… inizio a divertirmi un casino, vinciamo sempre, siamo imbattibili.
Ci trovano impegnati in un scontro a fuoco contro decine di mercenari, ci urliamo cosa fare, anche se siamo a un metro di distanza, proprio come fossimo in guerra. Quando mi colpiscono, ringhio come fossi stato ferito veramente, spostiamo i nostri corpi in base alle mosse dei nostri avatar e quando finalmente sterminiamo il nemico esultiamo saltando e battendoci il petto. “Siamo i miglioriiii!” urliamo all’unisono e brindiamo la vittoria.
E’ stata una lunga battaglia, ma abbiamo liberato il territorio dai nemici e questo è veramente gratificante.
Quando ci risediamo in attesa del caricamento di una nuova partita, un colpo di tosse alle nostre spalle ci riporta alla vita reale.   
Bella ci sta riprendendo con il telefonino mentre trattiene una risata, Alice invece è piegata in due e ride come una matta.
“Miss” la voce di Jasper è quasi una supplica, lo guardo e vedo che è sbiancato.
Bella lo guarda senza capire, poi una lampadina si accende nei suoi occhi e, farfugliando un scusa, cancella il filmato. La scena non passa inosservata né a me né a mia sorella, i nostri occhi continuano a passare da Jasper a Bella, da Bella a Jasper.
“Perché la chiami Miss?” chiede Alice.
“E’ il mio nomignolo da piccola, Jasper è l’unico che continua a chiamarmi così” spiega incenerendolo con lo sguardo.
“Potevi passarmelo il filmato invece che cancellarlo. Era perfetto per ricattare mio fratello” continua mia sorella.
Bella si stringe nelle spalle e dice che si è fatto tardi. Jasper non se lo fa ripetere due volte, bacia sulla guancia mia sorella e mi stringe la mano, prima di dirigersi velocemente alla porta. Bella bacia mia sorella sulla guancia e si avvicina a me con lo sguardo basso. Si alza sulle punte per darmi un bacio sulla guancia, ma le allaccio il braccio in vita e sposto la testa per riceverlo sulla bocca. Non la lascio allontanare e le chiedo “Non andare, resta!” lei unisce le sue labbra alle mie in un bacio dolce e prolungato.
“Ci vediamo domani… se vuoi” e se ne va.
“Ma cosa ho detto?” chiede Alice appena sente la porta chiudersi.
“Non lo so, non ho capito.” Guardo l’orologio e vedo che è mezzanotte. “Beh! Non è sicuramente presto e domani si lavora, quindi adesso nanna!” e mi chiudo in camera.
 
Provo a dormire, ma mi rigiro nel letto, le ultime ventiquattrore sono state intense e mi hanno portato tantissima confusione quanta felicità. Adoro le labbra di Bella, adoro sentirla a contatto con me, ma c’è qualcosa che sfugge, in particolar modo da quando è arrivato Jasper…

!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
“Era lui” mi dice Jasper appena mi avvicino. E ancor prima che chiuda la portiera si è già immesso nel traffico.
“Ma perché è andato via? Da quanto tempo era lì? Cosa ha sentito?” inizio a tartassarlo di domande cercando di capire cosa è successo.
“Ha sgommato quando hai baciato Garrett. Era già lì quando Garrett è entrato nel ristorante. Non ha sentito nulla, ma non si è perso nemmeno un gesto tuo o di Garrett…”

 

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Capitolo 15
*** Casa Nuova ***


  “Le vorrei chiedere di non dirlo a suo padre. Ma se lo riterrà opportuno, la comprenderò e chiederò domani stesso di essere sostituito” con questa assurda frase Jasper mi accoglie in macchina.
Lo guardo con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta, ma come diavolo ragiona sto ragazzo? Ha cinque anni in più di me, ma quando non è nella parte del cugino texano parla e pensa come un signore del millenovecento.
“Non dirò proprio nulla a mio padre, perché non c’è nulla da dire.” Affermo intimandolo a partire. “Devi solo stare più attento.”
“Non siamo addestrati per lavorare sotto copertura, siamo addestrati per proteggere ed essere invisibili. Non sono la persona adatta per questo compito, Miss”
“Smettila di chiamarmi Miss, e smettila di darmi del lei! Siamo quasi coetanei, anzi, sono più piccola di te! E sta storia ha rischiato di farmi scoprire! Accidenti!” lo riprendo tirando un pugno al cruscotto. Per colpa del suo essere troppo inquadrato son dovuta fuggire da Edward… stasera mi sono sentita messa alle strette, finalmente tra me ed Edward sta nascendo qualcosa e sto idiota mi rovina tutto per una stronzata!
Ho fatto un video a due ragazzi impazziti davanti ad una console, è una cosa di rivedere e ridere a crepa pelle, non è un filmato incriminante, ok sono morti tantissimi soldati, ma erano virtuali!
 
Entro in casa e saluto Carmen con un ringhio mentre mi fiondo in camera. Ho bisogno di stare da sola, e soprattutto ho bisogno della mia adorata vasca! I massaggi ed i sali sono ideali in questo momento. Devo riflettere, devo pensare…
La mattina mi sveglio che sono uno straccio, quando mi sono coricata mi sentivo rilassata, ma la notte non è stata magnanima. E’ stato un susseguirsi di incubi uno peggio dell’altro, e il fatto che ogni volta che mi svegliavo urlando, Jasper si fiondava nella mia stanza, non ha aiutato assolutamente!
Scendo in cucina, ormai vuota a causa del trasloco, e decido di prendere le redini della situazione.
“Jasper” lo chiamo e lo obbligo a sedersi sullo sgabello accanto al mio. Lo obbligo a bere il caffè e a mangiare la tortina di marmellata con me. E’ sconcertato dalle mie richieste e Carmen mi guarda come fossi un’aliena.
“Sentite! Io voglio rimanere in questo quartiere, voglio frequentare i miei amici, voglio continuare questa vita… e voi due non mi metterete il bastone tra le ruote” affermo con tono fermo e minacciandoli con l’indice.
“Tu” e indico Jasper “da oggi ti comporterai come fossi realmente mio cugino. Mangerai colazione e cena con me, mi darai del tu, mi chiamerai BELLA o ISABELLA vedi tu cosa ti aggrada, uscirai con me come mio pari, o almeno, come un ragazzo di periferia che esce con la cugina, e se vorrai baciare Alice lo farai senza pensare alle conseguenze” con l’ultima affermazione la mia povera guardia del corpo diventa bordeaux e smette di respirare. Guarda Carmen come per scusarsi e cerca di parlare.
“Sht! Silenzio! Non sono cieca e tu sei giovane e uomo! Quindi abbi l’accortezza di non prendermi per demente o veramente ti faccio sostituire”
“E tu” continuo indicando Carmen “da oggi vestirai come se fossi a casa tua, una maglietta, un vestitino, ma non userai più il grembiule o tutto ciò che concerne l’abbigliamento da domestica. Poi, cerca di organizzare gli operai fin tanto che concludano entro oggi il trasloco e anche tu, da oggi dovrai darmi del tu e chiamarmi Bella o Isabella!” si siede e mi guarda come se l’avessi appena licenziata.
“Se queste nuove direttive non vi aggradano, sapete dove è la porta! Se volete rimanere non accetto errori. Siamo intesi?” e li guardo torva in attesa di risposta.
Annuiscono continuando a guardarsi come per capire cosa sto dicendo.
“La situazione è semplice da capire. Ieri sera, il signorino, ha rischiato di farmi scoprire e se fosse successo avrei chiesto la sua testa” con la coda dell’occhio vedo Jasper deglutire mentre si massaggia la gola. “Appena entreremo nel nuovo appartamento, sarete i miei coinquilini agli occhi dei miei amici. E ho voluto un nuovo appartamento per poterli invitare, quindi li vedrete sovente! Se uno solo di voi due fa un passo falso vi assicuro che, non solo verrete licenziati, ma muoverò mari e monti fin tanto che non vi sarà possibile lavorare in nessun altro posto! Capito? Bene, adesso vado a lavorare e stasera voglio dormire nel nuovo appartamento…” e senza attendere risposte sbatto la porta della camera, mi cambio e sbatto la porta dell’entrata.
Jasper mi segue correndo.
“Miss… Bella!” mi chiama ed io mi giro come una furia.
“B E L L A!” gli urlo camminando sbattendo i piedi verso di lui. Lo spintono e a ogni spinta sillabo il nome “B E L L A! Sei un ragazzo intelligente, quindi ficcati in testa le poche regole che ti ho dato ed esegui gli ordini! Capito?” e con i pugni chiusi e i denti serrati dalla rabbia mi dirigo verso la macchina.
Per tutto il tragitto non parliamo, lo vedo nervoso, con le mani stringe il volante ed ogni tanto deglutisce rumorosamente. Scendo dall’auto senza salutarlo e metto su la maschera della cameriera sorridente prima di entrare in ristorante.
 
Il servizio con Jacob mi fa rilassare e dimenticare la tensione del mattino. Adoro i miei nuovi amici. Prima di iniziare il servizio chiacchiero serena con Angela e le racconto della festa che si è persa a causa di un imprevisto famigliare, non spiego nei dettagli cosa è successo tra me e Edward, le dico solo che abbiamo fatto dei passi avanti e che non vedo l’ora di stare sola con lui per capire cosa prova veramente e che intenzioni ha con me. Lei mi aggiorna sui nuovi sviluppi con Ben. Sabato sera l’ha invitata a cena e da circa due settimane si sentono tramite telefono, perché abita dall’altra parte di New York, e se non deve consegnare in ristorante, faticano ad incontrarsi.
Durante il servizio rido e scherzo con Jacob ricordando aneddoti della festa. Mi confida di aver trovato simpatico Jasper e che il fondoschiena di mio cugino è il più bello che abbia mai visto. Lo zittisco con uno scappellotto e dirigo l’argomento su Tanya e Emmett… mi era parso di vedere nascere qualcosa.
Mi chiede di Edward e con lui mi lascio andare, gli racconto tutto, del corridoio, della cucina, del ballo… e man mano che racconto vedo i suoi occhi brillare fin quando non fanno capolino delle lacrime.
“Jacob! Non volevo farti piangere!” gli dico mentre lo abbraccio e con le mani gli asciugo le lacrime.
“Lo sapevo che eravate fatti per stare insieme!” mi spiega stringendo l’abbraccio “Siete due belle persone e la luce dei vostri occhi quando siete insieme è più unica che rara”
“Non ti ho detto che ci sposiamo!” gli rispondo per stemperare l’imbarazzo che le sue parole hanno creato “Ti ho raccontato di un bacio, bello, passionale, magico, ma comunque sempre dato in un corridoio vicino ad un bagno, non proprio romantico. E poi, non ne abbiamo ancora parlato. Probabilmente, adesso, senza le luci soffuse e la birra in corpo, la magia è passata” e nello stesso momento in cui lo dico mi rendo conto di quanto non sia vero. L’unica verità è che non mi vedo sposata con lui, ho vent’anni e prima di pensare ad un passo così importante dovrei farmi accettare per quella che sono veramente, dovrei farmi vedere come Isabella Mary Swan e non come Bella.
“Oh! Oh! Terra chiama Bella!” mi risveglia da quei pensieri Jacob. “Dai Bella non-so-se-lo-sposo, pensiamo al servizio e stasera al locale pensiamo ad Edward, OK?” e così dicendo ricominciamo a servire i tavoli e correre tra un ordine e l’altro.
Quando finalmente finiamo il turno, corro nello spogliatoio a cambiarmi e Jessica mi informa che c’è un ragazzo che mi aspetta al bar del ristorante.
 
Quando arrivo al bar, Garrett, il figlio del braccio destro di mio padre, anche detto il direttori-lavori-del-mio-trasloco, (ommiodio inizio a parlare come Jacob!) mi attende sorridente al bar.
Lo abbraccio come nostra consuetudine e gli schiocco due baci sulle guance. Gli chiedo se vuole un caffè, ma lui mi propone di uscire dal locale e sederci sulla panchina del parco di fronte.
“Sì, qui è meglio, possiamo parlare tranquillamente! Ma come diavolo fai a vivere così?” mi chiede indicando il ristorante.
“Non è malvagio fare la cameriera ed il mio collega è anche il mio miglior amico. Quindi, invece che chiacchierare seduta ad un bar, chiacchiero servendo ai tavoli… e ci guadagno qualche spiccio!” spiego stringendomi nelle spalle.
“Non intendevo il lavoro. Intendevo le bugie. Come fai a tenere nascosto una parte della tua vita ed essere serena!” le sue parole smuovono acque che voglio far ristagnare.
“Non è facile, ma ci sto lavorando!”
“Cambiando casa? Rendendo più credibile la tua bugia?” mi stuzzica alzando un sopracciglio.
“Faccio come credo sia più giusto! Ma non perdiamoci con la mia vita, raccontami della tua, come sta tua sorella? E tu?”
“Jane sta alla grande. Lavora per una casa di moda molto conosciuta e gira il mondo a spese della ditta. Ha avuto una piccola storia con un fotografo, ma era solo fumo e niente arrosto. Io invece, come vedi lavoro lavoro, lavoro… ed ho dei clienti esigenti, pensati che l’ultimo mi ha costretto a restaurare ed arredare un appartamento in due settimane… creando dal nulla un posto per la vasca idromassaggio…” risponde guardandomi sornione.
“Mi sono affidata a te perché sapevo che facevi miracoli. E gli altri? Li hai ancora visti?” glielo chiedo anche se Rose mi tiene aggiornata.
“Rose so per certo che ne sai più tu di me. Lauren si è trovata il suo pollo e sta spingendo per sposarsi prima che il pollo rinsavisca. Mike è il solito… beh, sai come la penso… e vive ormai più in Europa che a New York, Pier sta lavorando con il padre e il mestiere dello sciacallo gli calza a pennello… per gli altri invece sempre le solite cose. Ogni tanto qualcuno chiede di te, ma uso sempre la scusa che tuo padre è ammattito e ti fa lavorare troppo… Non mi guardare così, è tuo padre che mi ha detto di rispondere così!” si giustifica alzando le mani.
Scoppiamo a ridere e lo abbraccio con trasporto. E’ il mio legante tra la vecchia e la nuova vita, l’unico con il quale non devo mentire per nulla. Quando era Isabella Mary Swan, figlia del più potente uomo d’affari di New York, non lo avevo mai considerato, lo trovavo poco interessante, troppo filosofo, mentre adesso, che sono Bella senza cognome, la sua presenza è piacevole.
“Fai attenzione Bella! E se hai bisogno sai dove trovarmi” mi sussurra all’orecchio prima di liberarsi dall’abbraccio. E con un sorriso mi fa dondolare le chiavi davanti agli occhi. Nel momento in cui si posano sul palmo della mia mano e gli schiocco un bacio sulla guancia per ringraziarlo, il rumore di una moto che sgasa e sgomma mi fa voltare verso la strada. Ho solo il tempo di vederla svanire tra le auto, ma credo di averla riconosciuta, era quella di Edward.
Saluto Garrett, cercando di non far trapelare l’ansia mi sta attanagliando lo stomaco, e corro alla macchina dove mi attende Jasper.
 
“Era lui” mi conferma appena mi avvicino. E ancor prima che chiuda la portiera si è già immesso nel traffico.
“Ma perché è andato via? Da quanto tempo era lì? Cosa ha sentito?” inizio a tartassarlo di domande cercando di capire cosa è successo.
“Ha sgommato quando hai baciato Garrett. Era già lì quando è entrato nel ristorante. Non ha sentito nulla, ma non si è perso nemmeno un vostro gesto…”
“E perché non mi hai avvisata?” gli urlo come fosse colpa sua.
“Mi ha… mi hai ordinato di comportarmi come un cugino ed un cugino non si intromette negli affari di cuore… E come guardia del corpo non eri in pericolo.”
Gli occhi sono nascosti dagli occhiali da sole, ma il ghigno soddisfatto delle labbra non è nascosto da nulla e mi trattengo dal saltargli al collo e strozzarlo. Maledetto, mi ha fregata con le mie stesse parole!
 
Avrà mille difetti, ma come pilota è il numero uno, riesce a seguire Edward che sfreccia tra le auto con uno scarto di pochi secondi. Frena la macchina vicino alla moto di Edward, nel momento in cui lui si toglie il casco. Edward rimane stupito nel vedermi, ma lo stupore viene subito sostituito dalla rabbia.
“Resta qui” dico a Jasper mentre apro la portiera.
“Ma i cugini…”
“RESTA QUI” ed esco come un razzo dalla macchina parandomi davanti a Edward.
Mi guarda saccente e mi volta le spalle.
“Ehi” lo chiamo stringendo i pugni “Se ho sbagliato qualcosa devi dirmelo, non devi scappare.” Ripeto le parole che mi ha detto in cucina ed hanno l’effetto voluto, o quasi. Si ferma e stringe le mani a pugno, scuote la testa e ricomincia a camminare verso la porta di ingresso.
“Non mi sono mai piaciuti i due metri due misure. Io ti ho ascoltato e non sono scappata, credevo che fossi migliore, che affrontassi i problemi e non scappassi, invece sei solo bravo con le parole e basta.” Si ferma, ma poi sale un gradino dell’ingresso.
“Ti odio” gli urlo calciando il marciapiede. Mi volto e fuggo in macchina.
“Parti” ringhio a Jasper e lui, senza fiatare, sgomma portandomi a casa.
 
Dopo pochi metri rallenta e guida seguendo i limiti.
“Vorrei fare qualcosa.” Rompe il silenzio.
“Uccidilo” gli ringhio tirando un pugno al cruscotto.
Scoppia a ridere e si ferma a lato strada. Si gira con il busto verso di me e fa scivolare gli occhiali sul naso scoprendo gli occhi. “Mi hai ordinato di comportarmi come un cugino.” E con la mano mi zittisce “Bene. Come cugino ti consiglio di tranquillizzarti e attendere. Si farà vivo. Lascialo sbollire.”
Non aspetta risposta ed ingrana la marcia.
Quando arrivo nell’appartamento rimango bloccata sulla porta. E’ deserto. I passi rimbombano per tutta la stanza. E i pavimenti spogli mi fanno male agli occhi, ancora arrossati per il pianto, per il riverbero della luce.
“Ma cosa…”
“Come aveva ordinato, Bella.” Mi spiega Carmen scendendo le scale con una valigia in mano. “La attendavamo… ti aspettavo, per andare nella nuova casa” e con un sorriso si avvicina e mi prende a braccetto.
 
Arrivata nel nuovo appartamento mi fiondo in ogni stanza e grido “Stupendo!!!”
E’ esattamente come me l’ero immaginata, anzi meglio. Mi sprofondo sul divano e chiamo subito Esme per ringraziarla e invitarla alla cena che farò per festeggiare la nuova casa!!!
Corro in camera mia e con un salto a volo d’angelo mi lancio nel nuovo letto. Divino!
Mi alzo per correre nel bagno e orrore, non c’è la vasca idromassaggio… corro urlando “Carmen, Carmen!”
“Si, Miss… Bella?” risponde Carmen uscendo dalla sua stanza.
“La vasca? Dov’è la mia vasca?” le chiedo trattenendo le lacrime e indicando con il braccio teso la mia stanza.
“Nel bagno come avevi chiesto” risponde trattenendo una risata. Mi prende per mano e mi accompagna nella stanza.
Clicca un pulsante sul mio comodino ed il ronzio di una porta che scorre mi fa correre in bagno. La parete a specchio si apre, e una metà si posiziona sull’altra, rivelando la mia adorata vasca.
“Hanno dovuto sacrificare una parte della camera da letto, ma era l’unico modo per poterla nascondere.”
Abbraccio Carmen saltando e mi corico nella vasca vuota. Provo la sensazione, ed è bellissima, anche se la stanza è cieca, non ha finestre, l’illuminazione e gli specchi rendono l’ambiente rilassante e confortevole! Divino.
Mentre continuo a scoprire la casa mi squilla il telefono. Non voglio rispondere, devo finire di visitare la casa, anche se non è grande, è magnifica e ha mille confort nascosti… quel genio di Esme è riuscita a unire le mie due vite in un appartamento, penso che una sola cena non sia abbastanza!!!
Mi siedo sulla penisola della cucina e chiedo a Carmen “Caffè?” e attendo continuando ad esplorare la cucina. Prendo la tazzina e mi siedo sul balcone per gustarmi il panorama e sorseggio la bevanda. Fantastico! Bellissimo!
Il telefono ricomincia a squillare, ed io chiudo la porta a vetri per non essere disturbata in quel momento paradisiaco. Mi sdraio e contemplo il cielo, visto da quel terrazzo, sembra più azzurro, e gli uccellini sembrano più allegri!
Devo farlo vedere a mio padre, era preoccupato che finissi in una catapecchia!
Rientro e prendo il cellulare, cinque chiamate non risposte: Edward!
Il cuore mi si ferma e sto per richiamarlo, quando decido di comporre il numero di mio padre. Vuole fare il difficile? Mi ha dato le spalle quando ho chiesto di parlare? Perfetto… adesso ho altre persone da avvisare.
Chiamo mio padre e gli racconto per filo e per segno l’appartamento, lo invito a vederlo e lodo Esme ed il suo lavoro. La telefonata è più volte disturbata dall’avviso di un’altra chiamata in arrivo, ma non cedo e continuo a parlare con mio padre. Terminata la telefonata, telefono a Rose e anche a lei descrivo ogni singolo angolo dell’appartamento e le do appuntamento mercoledì da me. Sto per comporre il numero di Angela, ma tocco il pulsante, mentre Edward mi sta chiamando e così, inavvertitamente, gli rispondo.
“Dimmi” rispondo gelida.
“Bella!” dice e poi tace.
“Senti ho tantissime cose da fare e la possibilità di parlare te l’ho data e l’hai buttata al vento, quindi hai esattamente un minuto per dire ciò che devi dire altrimenti attacco”
“Tra dieci minuti dal parrucchiere?” chiede tutto d’un fiato e con la voce dolce, posso immaginare il sorriso sghembo di scuse che in quel momento affiora sul suo volto.
“Venti” ed attacco dandomi dell’idiota! Pure per telefono il suo sorriso mi fa sragionare.
 
Chiedo a Jasper di accompagnarmi dal parrucchiere, dato che è lontano dal nuovo appartamento, e gli chiedo di poter avere un momento di privacy.
“Come cugino non ci sarò. Come guardia del corpo sarò invisibile” risponde sciabolando le sopracciglia.
Quando arriviamo dal parrucchiere Edward è già arrivato e, con il casco in mano, attende appoggiato al muro. Tutta la rabbia ed il nervoso svaniscono alla vista di quel Dio greco, con lo sguardo duro e la mandibola squadrata.
Scendo cercando di mantenere l’atteggiamento offeso e non parlo, attendo che sia lui ad iniziare. Incrocio le braccia e lo guardo con decisione.
“Chi era?” chiede senza guardarmi negli occhi.
“Scusa?”
“Chi era il ragazzo del ristorante?” specifica quasi ringhiando.
“Garrett” rispondo semplicemente.
“La cosa che dovevi finire?” chiede alzando il viso e penetrandomi con lo sguardo duro.
“Sì, ma non nel senso che credi…” rispondo cercando di trattenere il sorriso che vuole affiorare dalle mie labbra… è geloso!
“Quello che è successo alla festa… rimarrà alla festa?” continua ritornando a guardare l’asfalto.
“Se è quello che voi, va bene” rispondo sentendo le gambe sempre più molli e una forte fitta al petto.
“E se non volessi? Ma non volessi nemmeno essere la seconda scarpa?”
“Come osi?” lo fulmino con lo sguardo, ma per chi mi ha presa. “Credevo volessi chiarire, non insultarmi. Se era solo per quello potevi evitartelo e non farmi perdere tempo” mi volto per scappare, ho bisogno di piangere e spero che Jasper si sia comportato da guardia del corpo e non da cugino o mi toccherà un bel pezzo a piedi prima di potermi nascondere in camera.
Mi abbraccia da dietro e mi stringe forte.
“Scusa. Non so cosa mi è preso” mi sussurra mentre mi bacia i capelli. Il mio corpo reagisce a quel contatto sciogliendosi, fatico a comandargli di rimanere fredda e distaccata.
“Mi dai un passaggio?” gli chiedo senza voltarmi.
“Ovunque tu voglia” mi risponde girandomi e guardandomi negli occhi.
 
Gli do l’indirizzo della nuova casa e non aggiungo altro. Quando arriviamo, mi chiede cosa stiamo facendo in quella zona, non rispondo, mi piace tenerlo sulle spine.
Infilo la chiave nella toppa e spalanco la porta. Con un gesto teatrale gli presento la mia nuova casa.
Entra timoroso e continua a guardarmi cercando di capire.
“Casa mia” gli spiego prendendolo per mano e accompagnandolo sul divano.
“Carmen!” chiamo mentre lo faccio accomodare.
Carmen arriva e, appena vede il nuovo ospite, fa sparire il grembiule, ringraziando, senza farsi vedere.
Si presenta e gli chiede se vuole un caffè. Edward annuisce senza smettere di guardarmi disorientato.
“Come vedi Carmen esiste e non è un alieno o un robot”
“E’ bellissima” esclama guardandosi intorno. “Perché non volevi che venissimo? E poi è molto distante dal tuo punto di ritrovo.”
“Perché ci sono entrata oggi. Garrett è il direttore lavori ed è venuto a consegnarmi la chiave.”
“Sono un idiota!” esclama appoggiando la testa al divano e coprendosi la faccia con le mani.
“Sempre saputo!” gli rispondo accarezzandogli le mani che gli coprono il volto.
“L’appartamento di prima aveva tanti problemi e poco spazio. Adesso qui ho spazio e nessun problema. A parte i coinquilini…”
“Coinquilini?”
“Sì, Carmen e Jasper! Ma vieni, ti faccio vedere la casa!” e tenendoci per mano gli mostro il nuovo appartamento. Mi stupisco quanto lui nel vedere quanto sia funzionale ed elegante.
Quando arriviamo sul soppalco, mi prende per i fianchi e mi avvicina a lui. Gli allaccio le braccia attorno al collo e scherzando gli dico: “Non credevo fosse un tipo geloso, signor Cullen”
“Non lo credevo nemmeno io, oggi ho fatto ben due scoperte”
“Tre” lo correggo
“Tre?”
“Carmen non è un robot!” gli rispondo avvicinandomi alle sue labbra.
Lo bacio stringendomi maggiormente a lui, affondo le mani nei suoi soffici capelli e mi abbandono alla magia delle sue labbra così perfette. Le sue mani mi accarezzano la schiena e, man mano che il bacio si fa più passionale, mi stringe sui fianchi e mi trascina sul divano del soppalco.
Mi stende accarezzandomi i capelli e guardandomi negli occhi “Sei bellissima” sussurra con voce roca e ricomincia a baciarmi. Delicato come una piuma mi accarezza il collo scendendo sulle spalle fino ad arrivare sulle braccia. Il mio corpo reagisce con piccole scosse di piacere e fatico a trattenere i mugolii. Il suo tocco è magico quanto i suoi baci e la mia mente inizia ad immaginare scene poco caste di me e lui nudi nella vasca idromassaggio… Muovo il bacino per sentire meglio il contatto con lui e per diminuire l’eccitazione che mi avvampava tra le gambe. Lui sorride e, soffiandomi un “Sei bellissima” nell’orecchio, scende fino al mio petto. Sto morendo per autocombustione, prendo il bordo della sua maglia per spogliarlo quando…
“Bella? Sei in casa?” la voce di Jasper ci ridesta e mi alzo di scatto facendo cadere Edward sul pavimento.
“Sì!” rispondo cercando di nascondere l’eccitazione e trattenendomi dal ridere vedendo Edward a terra.
“Mi devi spiegare perché ogni volta che ci baciamo sono sempre io a finire a terra!” scherza strofinandosi la nuca.
“Perché sono irresistibile” gli rispondo porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. La prende e mi attira a sé facendomi sedere sui suoi addominali. Mi prende il viso tra le mani e ricomincia a baciarmi, un bacio delicato, quasi una carezza.
“Eh-em” si schiarisce la voce Jasper.
Ok, bello l’appartamento, ma devo far qualcosa con i coinquilini!
“Hai bisogno?” gli chiedo alzandomi infastidita.
“M… Bella! Potresti scendere un attimo? Eee, ciao Edward!” saluta scendendo le scale.
 
“Tuo padre sta arrivando, credevo volessi saperlo” mi informa, appena siamo in sala, indicandomi gli aggeggini che usa la sicurezza.
“Merda!” ringhio tra i denti. “E adesso? Non devono vedersi!”
“Lascia fare a me!” dice accarezzandomi la spalla e dirigendosi sotto il soppalco. “Edward! Stavo uscendo a prendere le pizze, puoi accompagnarmi?” e si gira facendomi l’occhiolino.
“Ok, ma non pensavo di fermarmi a cena!” gli risponde scendendo le scale.
“Birra e pizza. Il miglior modo per festeggiare! Dobbiamo anche chiamare gli altri. Tu, Bella, aiuta Carmen a preparare!” e spingendo Edward con la mano sulla schiena, escono di casa.
Grandioso! Non solo mi disturba quando sto finalmente con Edward, ma mi dà pure ordini! Perfetto!
“Carmen, abbiamo ospiti!” e ricado sul divano pensando a quanto sia difficile avere due vite.
Drin-drin! Il suono del campanello mi fa riprendere. Mi acconcio i capelli e controllo di essere a posto nello specchio dell’entrata e poi apro la porta a mio padre.
“Wow! Fantastica!” esclama mio padre ancora sull’uscio.
“Entra! Il resto è anche meglio”
Mi bacia sulla guancia ed entra insieme alla sicurezza.
“E’ piccolino, ma Esme è stata veramente brava. Sicura che non ti mancherà il vecchio appartamento, o la tua vecchia camera a casa?” mi chiede mentre ci dirigiamo al mobiletto degli alcolici. Gli verso lo scotch e mi verso un Martini. Chiedo alla sicurezza se gradiscono, ma sono così impettiti che non mi rispondono, nascosti dietro gli occhiali da sole e le mani incrociate sulla schiena.
“Vieni ti faccio vedere il resto della casa” e prendendolo per mano gli faccio vedere il soppalco, le camere di Carmen e Jasper e per ultimo la mia con la vasca idromassaggio nascosta.
Mentre siamo in camera e gli spiego il funzionamento della parete, mio padre mi prende per le spalle e silenziosamente mi guarda negli occhi. Ha gli occhi castani profondi e trasmettono amore, ma anche preoccupazione.
“Sei sicura di cosa stai facendo?” mi chiede abbozzando un sorriso.
“Non capisco”
“Ti ho mandato in quel ristorante per insegnarti il valore dei soldi, e per insegnarti che nella vita non conta un bel vestito, ma un buon cuore. Hai imparato la lezione, più veloce e meglio di quello che mi aspettassi. Torna a casa!” e termina la frase abbracciandomi. Rimango spiazzata, è dalla morte di mia madre che mio padre non mi parlava con così tante parole e con il cuore in mano.
“Mi piace qui” gli dico senza staccarmi dall’abbraccio. Mi sento di nuovo bambina, e quel contatto, adesso che lo riassaporo, mi è mancato.
“Stai vivendo nella menzogna!” mi dice staccandomi da lui e indicando la vasca idromassaggio. “Non era quello che volevo per te!”
“Tutto si aggiusterà. Devi solo darmi il tempo. L’appartamento è solo il primo passo” gli dico con un sorriso rassicurante.
“Non capisco. Cosa ti piace di questa vita? Fare la cameriera? ... Il quartiere? … gli amici? … un ragazzo? ... E come si chiama?” con il lavoro che fa ha imparato a riconoscere le risposte mute, e anche se non ho risposto ha capito il punto cruciale.
“Edward Cullen… è un imbianchino!” rispondo abbassando lo sguardo.
Si allontana da me e si siede stanco sulla poltrona ai piedi del mio letto. Unisce le punte delle dita e vi appoggia il viso chiudendo gli occhi.
“E’ anche un pianista eccellente e disegna tele bellissime!” cerco di perorare la causa.
“Non mi importa cosa fa per vivere! Quando avevo la tua età lavoravo come lavapiatti, e sono fiero del mio vecchio lavoro… non è quello che fai che indica chi sei, Isabella. E’ solo che sei ancora piccola e… voglio conoscerlo”
“NO” gli urlo, e lui mi guarda stupito e arrabbiato per la risposta inaspettata.
“Cosa nascondi?” mi chiede cercando di mantenere la calma.
“Non sto nascondendo nulla a te. Ma a lui!”
“E ti sembra un buon modo per iniziare un rapporto?”
“No” sussurro.
“Torna a casa Isy. Lasciati tutto alle spalle prima di farti male.” Lo dice con voce carezzevole, ma le sue parole sono per me dei pugnali.
“Starò attenta, ma non puoi chiedermi di dimenticare tutto! Non voglio, voglio stare qui!” le mie parole escono quasi come un capriccio.
“Isy, vivere nella menzogna è come un veleno. Non può uscirne nulla di buono. Ti prego, torna a casa, o presentamelo!”
“Odia i ricchi e la tua faccia è ovunque!” gli grido esasperata “Se scopre che sei mio padre mi odierà a vita”
Abbassa lo sguardo sconfitto e senza aggiungere altro esce dalla stanza dando indicazioni alla sicurezza per il ritorno.
 
Quando arriva la banda di amici cerco di mascherare la tristezza.
Arrivano tutti insieme, Angela, Jacob, Seth, Alice, Edward… mancano solo James e Victoria e ringraziando Emmett! Eh, già… Emmett, il figlio della mia domestica!!!
Un problema al quale non avevo pensato fin quando non ho visto la band quasi al completo a casa mia! Devo risolverlo al più presto… ma stasera ho già troppi pensieri…
Cerco di sorridere con la mia miglior maschera, ma Edward si accorge che qualcosa non va. Mentre gli altri gironzolano per casa complimentandosi per il bellissimo alloggio, Edward mi porta in camera mia e chiude la porta appoggiandosi sopra, per evitare che qualcuno la apra inavvertitamente. Mi prende per le mani e mi tira a sé, mi abbraccia e mi sfiora le labbra con un bacio.
“Cosa c’è che non va? Se vuoi li mando via tutti” chiede accarezzandomi le guance con il dorso della mano e guardandomi dritta negli occhi.
“Nulla! Tutto a posto” rispondo allargando maggiormente il sorriso e distogliendo lo sguardo.
Mi bacia le palpebre e continua “I tuoi occhi non dicono la stessa cosa!”
 “Ho litigato con mio padre. L’ho ferito, ma non era mia intenzione.” Gli spiego.
“Chiamalo! Parlare è sempre la cosa migliore.” Dice iniziando a baciarmi il collo e accarezzandomi i capelli.
“E’ complicato” e chiudo il discorso baciandolo con passione cercando di sfogare la voglia che ho di lui e non pensare a mio padre.
“Dobbiamo andare di là” mi sussurra con le labbra sulle mie “Sto faticando a non rispondere al richiamo del tuo letto” e con il suo sorriso sghembo, mi indica con gli occhi il letto…
 
La serata passa serena, Seth scherza con Carmen chiedendole se è un robot o un alieno e la faccia di Carmen è veramente uno spasso. Edward mi sta sempre vicino, o mi allaccia la vita con il braccio, o mi tiene per mano, e con la scusa che non ci sono abbastanza sedie mi fa accomodare sulle sue gambe.
Guardo la compagnia e sono felice di vivere qui, sono fantastici e rendono la mia vita piena e divertente.
Più volte mi perdo ad osservare Edward e a pensare se mi accetterebbe come Isabella Mary Swan. Mi piace, mi piace veramente e non voglio perderlo ancor prima di averlo conosciuto. Il calore che provo quando mi tocca e il senso di completezza quando sono con lui è un qualcosa che non ho mai provato, ed il pensiero di perderlo mi fa provare un male quasi fisico.
 
Non gli sto mentendo, sto solo tenendo nascosta una parte della mia vita, ma con lui sono me stessa, sono cambiata grazie al castigo di mio padre e penso, che forse, chi mi conosceva prima di quella esperienza siano le vere persone al quale mento, non Edward.
Non so come riuscirò ad unire le mie due vite, ma voglio comunque provarci…



 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
...“Cosa state nascondendo?” le chiedo a pochi centimetri dal suo viso. Le sue mani iniziano a tremare, come il suo labbro...

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Capitolo 16
*** Brusco Risveglio ***


Ciao e tutti e BUON NATALE!
 Come regalo vi pubblico il nuovo capitolo... spero sia regalo gradito!!! 
Per il nuovo anno vi assicuro una nuova FF... "IL MIO INCUBO PERSONALE" continuate a seguirmi e ancora BUON NATALE!!!


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EDWARD
Finalmente uno dei misteri di Bella è stato svelato. Non scoprirò mai dove viveva prima, ma non fa nulla.
Sono la prima persona al quale ha fatto vedere la sua nuova casa e questo mi ha reso felice.
La litigata con suo padre deve essere stata molto pesante, perché per la prima volta la vedo molto pensierosa. Cerca di nascondere la tristezza dietro a ampi sorrisi o battute, ma gli occhi sono tristi e questo mi fa male. Le sto vicino per tutta la sera, voglio che sappia che ci sono, che se ha bisogno mi trasformo in ciò che vuole: in una spalla su cui piangere, un orecchio per ascoltare, un torace su cui sfogare la rabbia, delle labbra su cui perdersi e non pensare… ed è meglio che non continuo!
La casa è stupenda. Ogni dettaglio è stato studiato a regola d’arte, l’unica pecca è che è poco personale, molto anonima. Sembra di essere tra le pagine di un giornale d’arredamento, ma forse sarà solo perché è nuova e non è ancora vissuta.
“Bellissima Bella, complimenti. Chissà quanto vi è costata!” esclama Tanya mentre sfiora estasiata il tessuto del divano.
“Siamo in affitto” risponde velocemente Jasper, dato che Bella è sbiancata.
“E molti mobili c’erano già nella vecchia casa” dà man forte Carmen.
“Alla fine siamo in tre. Unendo le forze siamo riusciti a creare questo miracolo!” continua Jasper quasi isterico.
“Ma quindi ti traferisci qui?” chiede esultando mia sorella prima di volargli al collo e stritolarlo in un abbraccio.
“Sì” risponde sorridente Jasper “finché mia cugina mi sopporta!” e lancia un occhiolino a Bella.
“Sì, alla fine l’hai pagata anche tu!” risponde alzandosi per prendere un bicchiere nel mobile in fondo alla cucina.
 
La tensione tra i tre coinquilini è palpabile. Mi avvicino a Bella che è ancora nascosta nell’armadio e l’abbraccio da dietro.
“Tutto bene?” le chiedo baciandola sul collo.
“Sì, non trovo solo il bicchiere alto”
La giro verso il piano vicino al lavandino dove si trova il bicchiere.
“Ah! Grazie” e si fionda a riempirlo di acqua dal rubinetto per berlo.
“Cosa state nascondendo?” le chiedo a pochi centimetri dal suo viso. Le sue mani iniziano a tremare, come il suo labbro. Mi si fionda addosso ed inizia a baciarmi senza darmi il tempo di respirare. Ma è un bacio vuoto, senza emozioni, isterico.
La allontano ancora più preoccupato e accarezzandole il viso ripeto la domanda, ma nessuna risposta, solo il viso ancora più pallido.
“Se avete fatto un mutuo, non è imbarazzante. A me puoi dirlo” le dico carezzevole.
“Mi ha aiutata mio padre” risponde, e nei suoi occhi vedo che è sincera. Adesso mi spiego il suo atteggiamento nervoso e l’imbarazzo dei coinquilini.
“Capisco!” rispondo soltanto prima di affondare nelle sue labbra, e finalmente la magia e la passione sono vive. Il mio amichetto scalpita, ma è ancora troppo presto e la casa è piena di gente. Quando ormai i pantaloni iniziano a farmi male mi allontano e le riporto in sala insieme agli altri.
 
***
 
Quando la sirena di fine giornata suona, saluto emozionato i colleghi e corro alla moto scrivendo a Bella di tenersi pronta che sto arrivando.
Ieri mi ha fatto vedere il suo appartamento ed oggi tocca a me farle vedere il tetto, il luogo in cui ho sempre e solo portato Alice. E’ il posto in cui mi nascondo per pensare e dove ho creato i miei murales migliori e più significativi. E’ il luogo per me più importante ed intimo…
Sulle pareti ho raccontato tramite i disegni le mie emozioni: quando sono arrivato a New York, quando ho incrociato gli occhi di Bella la prima volta, quando ho firmato il contratto a tempo indeterminato, quando Alice è tornata a casa… in poche parole i momenti più importanti della mia vita disegnati su giganti muri grigi.
Il tetto è ampio ed è rinchiuso tra tre grandi palazzi con enormi muri che negli anni sto ricoprendo.
Quando arrivo sotto casa sua è già in strada e salta sulla sella appena mi fermo. Non dice nulla, l’emozione che provo le fa capire che la sto portando in un posto importante e non vuole rovinare il momento.
Quando vede le scale antincendio mi chiede terrorizzata se è proprio necessario, ma riesco a convincerla e la faccio salire facendole da sponda. Appena mette il piede sul tetto rimane incantata. Il primo disegno che nota è quello dei suoi occhi.
“L’ho fatto la prima sera che sei venuta al locale” le spiego leggermente imbarazzato.
“Questo, la sera della pizza, quando sei scappata da casa mia con Jasper” è piccolino, ma rappresenta lei di profilo con un soldato alle spalle… ero ancora dentro il gioco della console.
“Sì, sono i miei genitori, o almeno come li vede il mio cervello” le dico mentre segue con il dito il contorno del viso di mia madre, unito con quello di mio padre e negli occhi due sagome che rappresentano me e mia sorella. E’ il più grande di tutta la mia “collezione privata”.
“Perché non provi a farli su tela e chiedere ad una galleria di esporteli?” chiede continuando a rimirare i miei disegni.
“Beh! Non amo molto il mondo dei ricchi… e le mostre ne sono pieni!” rispondo passandomi la mano nei capelli e non nascondendo una smorfia.
Continua ad osservarli senza guardarmi.
“Ti piacciono?” chiedo spezzando il silenzio.
“Tantissimo! Sei bravissimo!” e finalmente si dirige verso di me.
Il sole sta calando rendendo l’atmosfera magica, esattamente come volevo.
Tiro fuori la coperta dallo zaino, insieme ai panini, alle birre, e delle candele che ho rubato dalla camera di Alice e li posiziono sul tetto per un pic-nic improvvisato.
“Madame” le dico invitandola a sedersi.
 “Monsieur” risponde passandomi una birra.
Ci sediamo e mangiamo i panini parlando di sogni, di progetti, di noi. Terminato il pasto ci accoccoliamo sotto la coperta per coprirci dalla frescura serale e guardiamo le stelle cercando di riconoscere le costellazioni.
 
Non so in che momento o come ma le nostre labbra si trovarono unite.
E’ tutto perfetto, il suo calore, il suo profumo… il suo corpo e le sue labbra così bramose. Le bacio il collo con baci sfiorati mentre con la mano le sfioro la pelle facendola fremere con brividi di piacere.  Infila le mani sotto la mia maglietta per poter accarezzare la mia schiena, e si inarca sotto le mie carezze. Il mio corpo viene attraversato da una strana scarica… sono eccitato, ed il mio amichetto che scoppia nei pantaloni ne è testimone, ma la sensazione che provo è sconosciuta, perché non è solo fisica. Mi soffermo ad ammirare la sua bellezza. Ha le guance arrossate dal freddo… o dall’eccitazione ed i suoi occhi brillano rispecchiando le fiamme delle candele… Mi tira a sé, ed io, puntandomi sulle braccia per non pesarle, mi corico su di lei. Mi sembra di essere in un sogno, la donna più conturbante che abbia mai conosciuto sotto di me ed il cielo stellato come testimone. Ci accarezziamo conoscendo i nostri corpi e scoprendo i nostri punti più sensibili. Non parliamo, i nostri occhi parlano per noi. Le dolci carezze ed i baci sfiorati si mutano in un crescendo passionale, ma non voglio andare oltre… ok, ripeto sono etero e Bella risveglia in me non solo l’amichetto, ma vi ricordo che siamo su un tetto e la temperatura è tutt’altro che piacevole… quindi mi limito ad accarezzarla ed a scoprire il suo corpo… il suo magnifico corpo!
Le accarezzo la pancia e, continuando a guardarla negli occhi per avere il permesso, intrufolo la mano nei suoi pantaloni. Chiude gli occhi appena supero la barriera delle mutandine e la sento trattenere il respiro. Mi fermo per capire se sono andato oltre al consentito, e lei, in risposta muove il bacino per invitarmi.
La accarezzo come fosse di cristallo, la sento eccitata e, utilizzando tutta la mia conoscenza in materia, le faccio toccare il paradiso.
Ho fatto sesso in ogni luogo e con tante donne, ma con lei, anche se non è stato un rapporto completo, è stato unico.
“Sei fantastico” sussurra senza alzare la testa dal mio torace, con il respiro ancora affannato.
“Anche tu. Vieni qui” e prendendola per i fianchi la porto completamente su di me e mi perdo sulle sue labbra.
Lei si muove sinuosa su di me ed il mio amichetto si risveglia.
“Forse è meglio andare” le sussurro senza staccare le labbra dalle sue.
“Mh-mh” risponde continuando a baciarmi il collo e le spalle, mentre con il bacino stuzzica l’amichetto.
“Bella… siamo sotto le stelle” le ricordo cercando di mettere a tacere l’amichetto.
“Magico” e continua a farmi impazzire.
Preso dalla frenesia, la prendo per le spalle e la corico sotto di me. Ricominciamo a baciarci con passione, esploriamo i nostri corpi con frenesia e ci doniamo piacere a vicenda… è una Dea e il suo viso sconvolto dal piacere è sublime, come le sue mani mentre si prendono cura del mio amichetto…
Mi rilasso ascoltando il battito del suo cuore e inebriandomi del suo profumo, osservo la volta stellata e mi sento l’uomo più fortunato del mondo!
 
La luce del giorno e la suoneria del mio cellulare mi svegliano. Cerco di capire dove sono, sorrido nel vedere Bella addormentata tra le mie braccia e, cercando di non svegliarla, mi allungo per prendere il telefono.
“Edward!” mi strilla nell’orecchio Alice.
“Buongiorno, Alice”
“Ma sai che ore sono?”
“No”
“Tra dieci minuti devi essere in cantiere. Dove diavolo sei?” o merda… non ce la faccio mai più ad arrivare in tempo… merda, merda!
“Sto andando. Ciao Alice” e chiudo la chiamata cercando di vestirmi.
“Bella… Bella… sveglia…” ma non da cenno di svegliarsi.
“Bella” la chiamo spostandole i capelli che le coprono al viso e baciandola sulla guancia “Ehi, Bella addormentata ci siamo addormentati ed io sono in ritardo… ritardissimo!” e finalmente apre gli occhi, anzi li sbarra.
“Ehi, ben svegliata!” le sorriso “Scusa se non ti offro la colazione, ma ho dieci minuti esatti per essere in cantiere.”  Le passo i vestiti e mentre si riveste ritiro tutto nello zaino.
Quando tutto è a posto, mi fermo e attirandola a me le prometto “Sei stupenda, e mi farò perdonare per questo risveglio brusco, te lo giuro” e la bacio con sentimento per siglare il giuramento.
Ancora intontita scende le scale e la fortuna vuole che Jasper fosse di passaggio, facendomi risparmiare minuti preziosi. Li saluto e a tutta velocità sfreccio per le strade arrivando, per miracolo, puntuale in cantiere.
 
Appena mi siedo sul ponteggio mando un messaggio a Bella.
Scusa ancora per stamattina. Mi manchi!
Passano pochi secondi che ricevo la risposta.
Saprai farti perdonare. Mi manchi anche tu!
Sorrido come un idiota ed incomincio a lavorare fischiettando spensierato.
 
La sera mi presento da lei con un fiore in rame che ho creato spelando un cavo del cantiere. L’ho creato in pausa pranzo, mentre attendevo i colleghi per ricominciare. Lo avevo iniziato per tenermi le mani occupate, ma quando l’ho terminato ho pensato a lei e, un fiore che non appassisce, è il miglior simbolo per descriverla.
Lo prende e ne rimane emozionata. Si guarda intorno per cercare un vaso e lo posiziona al centro del tavolino della sala, in bella mostra.
 “Ogni volta che entrerò in casa lo vedrò, e mi ricorderò il nostro primo risveglio!” spiega baciandomi. Il pensiero che ci saranno altri risvegli con lei tra le mie braccia mi piace oltre al consentito.  Mi piacerebbe potermi svegliare tranquillamente vicino a lei, poterla osservare mentre dorme e svegliarla coccolandola. Il nostro primo risveglio è stato veramente un disastro… devo rimediare, e cancellare il prima possibile quel ricordo.
 
Ci dirigiamo insieme al locale. Stasera suono, e per tutto il pomeriggio una melodia mi ha stuzzicato i pensieri e fremo dal volerla sentire al piano.
Quando arriviamo i ragazzi stanno provando ed io, in un momento di pausa, provo a suonarla. Alcune parti non si legano perfettamente, come nella mente, ma Seth, con il suo saxofono riesce a darmi gli input che mi servono. Piano piano tutta la band si unisce, è un motivo romantico, ma non malinconico, è frizzante, ma delicato. E’ una serenata, con forti influenze jazz. Mi faccio travolgere dalla musica, perdendomi nelle note e nell’emozione di crearla insieme ai miei amici. Quando arriva al termine, con un assolo di piano, in sala c’è il silenzio.
Mentre eravamo persi nella canzone i primi clienti sono già entrati ed un drappello di persone ascolta sotto il palco e il bancone del bar è pieno, ma nessuno applaude. Un silenzio che fa male alle orecchie ci circonda. Ci guardiamo confusi, fin quando uno scroscio di applausi, accompagnati da “bravi” e “bis” ci fa emozionare.
Suoniamo per tutta la sera i nostri pezzi, e l’improvvisazione prende il sopravvento, siamo tutti ispirati e il pubblico è esaltato.
Scendo dal palco e corro tra le braccia di Bella baciandola con trasporto. Vorrei portarla con me vicino al piano e continuare il concerto con lei accanto, la stringo tra le mie braccia e il mondo scompare, fin quando Emmett mi chiama per tornare a suonare. Il suo calore e le sue labbra sono ciò di cui ho bisogno ed allontanarmi è difficile.  La porto sotto il palco per restare il più possibile con lei, e quando son sul palco la sua presenza mi fa star bene.
Il concerto continua con pezzi bellissimi e a fine serata l’adrenalina è alle stelle.
“Resta con me” le dico quando mi abbraccia congratulandosi di come ho suonato.
“Non vado da nessuna parte” mi risponde senza comprendere la vera richiesta.
“Voglio svegliarmi con te domattina. Resta con me” le ripeto eccitato.
Guarda Jasper e poi, imbarazzata, ritorna a guardarmi. “Non posso” risponde mordendosi le labbra.
L’euforia e la felicità svaniscono, le sue parole sono una doccia fredda che spegne ogni fiamma.
“Ti prometto un risveglio migliore” le dico cercando di ricacciare la delusione e tirando un sorriso.
“Mi dispiace.”
“Ok” rispondo ferito nell’orgoglio e mi dirigo al bancone del bar per annegare la delusione.
Bevo un paio di birre senza riuscire a parlare, guardo i ragazzi ridere ancora eccitati dal concerto e le ragazze chiacchierare spensierate. Man mano tutte quelle parole iniziano ad essere confuse e sempre più fastidiose. Non capisco cosa dicono, ma il suono delle voci inizia a farmi girare la testa.
“Tutto bene?” mi chiede Bella accarezzandomi i capelli. Non la guardo, non ci riesco, provo a fare un sorriso, e cercando di ricacciare il frastuono del cervello, le prendo la mano per rassicurarla, ma il contatto con lei è come un fuoco.
“Sì” rispondo chiudendo gli occhi cercando di riprendermi, ma il suo rifiuto prende il posto del chiacchiericcio.
“Vado a casa, è tardi. Ci sentiamo domani. Jasper può darti un passaggio?” e mi obbligo a guardarla.
“Sì, nessun problema. Ma sicuro che sia tutto a posto?”
“Sì, tranquilla. Buonanotte” la bacio sulla fronte, saluto gli altri e fuggo a casa.
 
Nel letto continuo a rigirarmi, ed il sonno è agitato. Sogno Bella, sogno Jasper, sogno sconosciuti che mi additano mentre mi deridono. Fuggo per corridoi infiniti e ad ogni svolta mi imbatto in una persona.
Mi imbatto in Bella che, con un sorriso malizioso, si sfila la pelle del volto e migliaia di banconote, che escono dal suo viso, mi volano in faccia dandomi la sensazione di soffocare. Fuggo ed incontro Jasper vestito da militare che mi esorta a stendermi a terra puntandomi una mitraglietta mentre persone vestite eleganti mi scavalcano. Il pianto di Alice mi richiama in una stanza dove la trovo seduta mentre piange su ritagli di giornale. Mi avvicino per consolarla, ma quando la accarezzo si trasforma in Tanya che, con sguardo arrabbiato, mi consiglia di guardarmi alle spalle. Mi giro e trovo Jacob che si scusa per avermi fatto un torto e che non se lo immaginava, mentre Seth mi invita a camminare su un tappeto rosso, con ai lati tantissimi fotografi che al mio passaggio ridono chiassosi.
Corro fuori dalla stanza e quando arrivo ad una porta, la spalanco, e cado nel vuoto, risvegliandomi con un urlo.
Mi risveglio nel letto e accendo la lucina. Manca mezz’ora alla sveglia! Meglio farmi una doccia e prepararmi per il lavoro.
Sotto la doccia l’incubo continua a far capolino, ripenso a cosa ho mangiato, forse non ho digerito! Cerco di non pensare all’incubo pensando a Bella. Penso al suo rifiuto di passare la notte con me, penso alla serata sul tetto… forse sto correndo troppo… e per fortuna che ci volevo andare cauto.
 
A pranzo decido di accompagnare i miei colleghi a mangiare al New Moon. Quando la scorgo tra i tavoli la saluto con un ampio sorriso ed attendo che si avvicini per darle un bacio sulla guancia.
“Oggi mi accompagni a disegnare?” le chiedo per farle capire che la rabbia della sera prima è un lontano ricordo.
“Volentieri, ci vediamo da te dopo cena!” e mi bacia prima di tornare a servire.
“Pensavo di passarti a prendere dopo il lavoro, volevo disegnare con la luce!” le spiego bloccandola per il polso.
“Non ci sono, è mercoledì, ho un impegno. Ci vediamo dopo cena. Semmai guardiamo un film” e torna a lavorare.
Cerco di ricacciare la brutta sensazione che mi stuzzica, giustificandola con la stanchezza e ritorno tra i colleghi.
 
Uscito dal lavoro cerco di far passare il tempo che mi separa da lei disegnando una tela per il suo appartamento, voglio che abbia qualcosa di mio. E’ l’immagine di un uomo e una donna che camminano verso un punto di luce. Di soli tre colori per dar maggior valore al bagliore.
Quando arriva, insieme a Jasper, ci chiudiamo in camera mia e ci coccoliamo. Parliamo della nostra giornata, anche se della sua parla solo del lavoro, e quando l’atmosfera è rilassata le consegno la tela.
“Per avere sempre una parte di me vicino a te” le spiego mentre le bacio le tempie “Ti piace?”
“E’ magnifico!” risponde con gli occhi lucidi e persi nel disegno. Lo posa delicatamente al letto e mi abbraccia e bacia con trasporto.
“Per ieri sera…” dice tenendo il viso nascosto nell’abbraccio.
“Non fa nulla” la blocco sentendo l’imbarazzo.
“No, voglio spiegarti. Non posso dormire fuori casa, ma se tu vuoi… il mio letto è grande” e con le guance arrossate mi guarda, come un cerbiatto, negli occhi.
“Non voglio obbligarti. Davvero, Bella. Forse sto correndo troppo!”
“Quindi non vuoi?” chiede iniziando a mordicchiarsi il labbro e mandando di conseguenza il mio cervello in pappa! Ma sono adulto e riesco a mantenermi lucido…
“Ascoltassi i miei desideri starei sempre con te. A lavoro, a casa, nel letto… in ogni luogo e in ogni momento, ma forse hai ragione, devo rallentare e lasciarti i tuoi spazi” le bacio la fronte e, abbracciandola, mi ricorico nel letto.
Non obbietta, non propone, rimane solo in silenzio, appoggiata al mio petto e accarezzandomi i capelli.
Sono le due di notte passate, ed appoggiato sul gomito la osservo dormire. E’ bellissima con i capelli scompigliati sul cuscino e la mano sotto la guancia. Discuto con me stesso se comportarmi da gentiluomo o assecondare i miei desideri. Dovrei svegliarla e ascoltare le sue richieste di dormire a casa sua, oppure fare finta di nulla, con la scusa di essermi addormentato, e risvegliarmi con lei come era mio desiderio.
Mi corico chiudendo gli occhi, voglio assecondare me stesso, ma poi il buon senso ha il sopravvento e con malavoglia decido di fare la cosa giusta.
“Bella!” le sussurro baciandola sul collo fino alle orecchie “Bella”. Si muove infastidita e mi lega con il braccio la vita. “Devi svegliarti…” continuo accarezzandole i capelli. Lo sussurro, perché non voglio veramente svegliarla, voglio solo mettermi in pace la coscienza.
Bussano piano alla porta e la aprono leggermente. Vedo il viso di Jasper fare capolino.
“Tua sorella si è addormentata!” sussurra guardando Bella.
“Anche lei!” gli rispondo con un sorriso imbarazzato.
Alza gli occhi, ed io delicatamente sfilo il braccio da sotto di Bella per alzarmi.
Entro in salotto con Jasper e vedo mia sorella addormentata sul divano.
“Cosa facciamo?” gli chiedo continuando a sussurrare.
“Se vuoi porto Alice in camera, ma per Bella non mi sarà facile portarla a letto in braccio” osserva Jasper con un sorriso ironico.
Mi gratto la testa cercando di pensare.
“Se non la sveglio domani si arrabbierà!” gli faccio notare.
“Se per te non è un problema, porto Alice in camera sua ed io mi accomodo sul divano”
“… e domani ti prendi le colpe che non ha dormito a casa!” gli finisco la frase indicando camera mia.
Ride soffocato e mi fa l’occhiolino.
“Ok, accetto il rischio! Meglio che doverla svegliare…” e prende Alice in braccio augurandomi la buona notte.
Estasiato torno in camera e mi corico vicino a lei, riappoggiandola sul mio petto, nella stessa posizione in cui ci aveva trovato suo cugino. Sospiro felice perché ho ottenuto ciò che desideravo mantenendo la coscienza pulita e con un sorriso ebete sulle labbra mi abbandono a morfeo.
La mattina mi sveglio ancor prima della sveglia. Mi soffermo a osservarla ancora addormentata. Con il dito seguo il profilo del suo viso perfetto, le bacio i capelli, e stringo il braccio sul quale è appoggiata per avvicinarla di più a me. Un risveglio perfetto!
Attendo le sette e, senza svegliarla, esco dal letto deciso a rendere il suo risveglio migliore dell’ultima volta. Jasper è già sveglio e si propone di andar a prendere le brioches mentre io preparo il caffè ed il resto della colazione. Quando ritorna, prepariamo su due vassoi la colazione da Grand Hotel e li portiamo alle belle addormentate.
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Appoggio il vassoio sul comodino e mi ricorico sotto le coperte vicino a lei. Le scosto i capelli ed inizio a baciarle il viso, senza tralasciare nessun punto, mentre con le mani le sfioro i fianchi. Con un mugolio fa cenno di aprire gli occhi.
“Ben svegliata, principessa” e le bacio finalmente le labbra.
“Buongiorno” risponde ancora assonnata.
“La colazione è pronta” e le indico il vassoio.
Si strofina gli occhi e con un sorriso mi bacia. Mentre ci diamo il buongiorno nel modo più tenero che esista, si blocca come se avesse visto un fantasma e si fionda fuori dal letto.
“Merda! Jasper!” e come una forsennata cerca le scarpe per la stanza.
“E’ con Alice, perché?” le chiedo stupito per la sua reazione.
Mi guarda per capire se dico il vero e poi, con un sospiro, si rilascia cadere nel letto.
“Hai detto colazione?” mi chiede riaprendo gli occhi e prendendo la brioches.
 “Tartine, succo di frutta, caffè… la scelta è ampia!” Le rispondo allungandole il vassoio.
“Sicuramente questo risveglio è migliore dell’ultimo” esclama con la bocca ancora piena di cibo. “Sei perdonato al cento per cento” sposta il vassoio ormai vuoto e mi vola al collo felice. Ci coccoliamo e, nascondendoci sotto le coperte, ci coccoliamo in ogni modo umanamente possibile (o quasi).
Ancora con il fiatone e i tremori per la passione, esclamo “Decisamente meglio dell’ultimo risveglio”

 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
... “Garrett, sei ubriaco. Domani te ne pentiresti e sai che a me piace Edward”
“Ma lui non ti conosce. Io sì, so chi sei, chi è tuo padre, i tuoi amici, i tuoi hobby, le tue passioni…”

 

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Capitolo 17
*** La festa di Rosalie ***


Ciao a tutti e BUON ANNO!!!

 
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LA FESTA DI ROSALIE

BELLA
Stasera ci sarà la festa di Rose e tremo al pensiero che si ricordi dei miei amici. Nelle ultime settimane ho cercato di parlarne di meno, ho evitato anche di parlare di Edward, non è stato facile, perché è la mia confidente da quando abbiamo sei anni, e non raccontarle i bellissimi momenti e le sorprese romantiche di Edward è veramente difficile.
Il pomeriggio prima della grande festa è già tutto organizzato: estetista, parrucchiere e boutique. Chiacchieriamo di chi ci sarà alla festa e scopro che Mike non ci sarà. Non so se la notizia mi rende felice o triste. Sono mesi che non lo vedo e non ne ho mai sentito la mancanza, anzi, da quando ho conosciuto Edward, non ho proprio più pensato a lui, ma d’altro canto, ogni festa al quale ho partecipato nella mia vecchia vita Mike era sempre presente come mio cavaliere.
Sarà la prima festa al quale mi presenterò da sola, ma va bene così! Meglio sola che mal accompagnata, giusto?
La festa è organizzata in un club esclusivo di New York, dove solo chi è sulla lista può entrare, e per essere sulla lista devi avere le giuste conoscenze. Io sulla lista ci sono da quando è stato aperto il club dato che uno dei titolari è mio padre.
Il grande momento della festa è arrivato. Entriamo e rimango estasiata dal locale, sono mesi che non lo frequento, e anche se ci ho passato buona parte delle serate della mia vita, non lo avevo mai visto come lo vedo ora. Da ogni angolo traspira eleganza e ricchezza. Sopra la pista da ballo un enorme specchio nasconde la saletta nel quale, nella vecchia vita, mi eclissavo con Mike o con le amiche. E’ la saletta privata di mio padre dal quale puoi guardare tutto e tutti senza farti vedere, con la musica che vuoi ed il bar a disposizione.
Dopo i primi convenevoli ed i saluti di circostanza ci buttiamo in pista e balliamo come delle pazze. Ci sono anche Lauren ed il suo pollo Victor, un signore di circa dieci anni in più di noi, e i miei vecchi amici: Garrett, Jane, Demetri, Marcus… ci sono tutti, manca solo Mike!
Mi avvicino al bar per dissetarmi dopo aver dato il meglio di me in pista e mentre cammino Garrett mi raggiunge.
“Com’è il ritorno alla vecchia vita?”
“Divertente!” gli rispondo.
“Rose sta cercando di convincere Demetri a farti da cavaliere, se vuoi posso aiutarti” mi avvisa facendomi l’occhiolino.
“Ommiodio, mi ero dimenticata che Rose adora fare cupido” gli rispondo scoppiando e ridere e osservando Demetri che balla dinoccolato in pista “Se ti offri volontario te ne sarò grata a vita” e allacciandoci alla vita brindiamo al nostro accordo. Con il tintinnare dei bicchieri il flash di una fotocamera mi fa voltare.
Un ragazzo, con capelli corti nero corvino ed il viso coperto dalla macchina fotografica, continua a fotografarci e a fotografare gli altri invitati. Il gelo mi assale, non avevo pensato ai giornalisti, se mai uscissero delle foto di me alla festa, sarebbe la fine.
Faccio per dirigermi verso il fotografo quando Garrett mi ferma ritraendomi a sé.
“Non è un giornalista. Rose lo ha assunto per fotografare la festa. E’ un professionista e le foto rimarranno private” mi spiega capendo perfettamente quali erano i miei timori.
Rilassata lo osservo mentre fotografa ogni invitato e ritorno a ballare con Garrett.
Ogni tanto mi perdo ad osservare la saletta, e la fantasia galoppa verso immagini poche caste di me ed Edward, o verso ricordi di serate meravigliose.
“La festa con il taglio della torta, la festeggiamo là sopra, tuo padre ci ha dato il permesso” mi dice Garrett sfiorandomi il lobo dell’orecchio con le labbra ed abbracciandomi da dietro. Continua a ballare strusciandosi su di me, e ogni volta che mi parla avvicina le labbra al mio collo o alle mie guance.
Mi infastidisce il suo atteggiamento, ma poi penso che è solo Garrett, il filosofo, e mi convinco che lo fa solo per evitare di mettere in moto Rose-Cupido.
Quando arriva il momento della torta, Garrett ed io, insieme a Jane ci dirigiamo verso la saletta per fare gli ultimi ritocchi e dare le ultime indicazioni ai camerieri. Quando tutto è pronto Jane scende in sala a chiamare gli altri ed io e Garrett rimaniamo soli nella saletta.
Il silenzio rimbomba nelle orecchie mentre ammiro la sala dall’alto.
“Un po’ di musica?” mi chiede offrendomi del Martini e prendendo il telecomando che comanda l’impianto.
“Sì, il silenzio dopo tutto il frastuono fa male alle orecchie.” E sorseggiando dal bicchiere cerco Jasper tra la folla. E’ vestito come tutti quelli della sicurezza, in completo nero con gli occhiali scuri e l’auricolare all’orecchio. Lo vedo che parla con un collega mentre osserva un ragazzino che ha alzato troppo il gomito. Intanto che mi perdo in quella scenetta, la mani di Garrett mi spostano i capelli e le sue labbra mi baciano il collo.
Mi giro scioccata. “Non c’è Rose adesso, puoi evitarti la recita” gli dico tirando un sorriso.
Mi guarda il labbro umettandosi il suo. Dalla postura e dagli occhi capisco che ha bevuto troppo.
“Forse non sto recitando” risponde allontanandosi ma continuando a fissarmi le labbra.
“Garrett, sei ubriaco. Domani te ne pentiresti e sai che a me piace Edward”
“Ma lui non ti conosce. Io sì, so chi sei, chi è tuo padre, i tuoi amici, i tuoi hobby, le tue passioni…”
“Smettila!” gli urlo trattenendo le lacrime e la mano che vuole schiaffeggiarlo.
“Ti amo per quella che sei, ti amo quando sei Bella, ti amo quando sei Isy, ti amo in ogni sfaccettatura della tua vita…” ed a ogni ti amo accorcia le distanze, fino ad arrivare ad accarezzarmi il viso asciugandomi le lacrime.
Mi fissa in attesa di una risposta che non ho, lo conosco da sempre e, anche se lo evitavo perché troppo filosofo, siamo comunque cresciuti insieme, e so che mi conosce come pochi mi conoscono, ed in questo momento della mia vita è l’unico che mi conosce veramente, ma i suoi baci non hanno su di me l’effetto che hanno quelli di Edward. Quando Edward ed io siamo nella stessa stanza, l’elettricità è tangibile, quando mi sfiora o mi bacia, il mio cuore vuole uscire dal petto per correre nelle sue mani, e i miei occhi non vogliono vedere nient’altro che lui… per Garrett non provo nemmeno un briciolo di tutto ciò.
“Ti prego. Smettila, sei ubriaco”
Abbassa il viso sconfitto e sussurra “Forse hai ragione. Scusa” e si siede sul divanetto sorseggiando il brandy, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre attendiamo gli altri.
Arrivano prima tutti gli amici e ci posizioniamo intorno al tavolino sul quale la gigantesca torta decorata svetta al centro contornata di tantissimi regali tutti lucenti.
Quando la festeggiata varca la porta esplodiamo in un “Tanti Auguri” e a turno la baciamo.
 
Continuiamo la serata nella saletta privata, Garrett mantiene le distanze e cerca di divertirsi con gli altri.
Quando è ora di rincasare, scendo le scale che portano nella sala da ballo alla ricerca di Jasper, il mio angelo e autista.
“Bella!” sento la voce imbarazzata di Garrett alle spalle.
Mi giro con un sorriso, nascondendo la tensione che la sua voce ha creato.
Fa gli ultimi scalini fino ad arrivare a me, mi prende le mani nelle sue e, con occhi sinceri, mi dice:
“Scusa, non volevo. Prima era l’alcol a parlare. Amici?” mi chiede tirando un sorriso.
“Amici.” E lo abbraccio per rassicurarlo che per me sarà sempre un amico e quello che è successo in saletta è completamente dimenticato. E’ l’unico che mi conosce realmente, non mi permetterei mai di litigare con lui per parole dettate da un bicchiere di troppo.
“Posso accompagnarti a casa?” dice alzando le mani in segno di buona fede “Non farò nulla che tu non voglia. Voglio solo esser certo che tra noi sia tutto risolto” mi guardo intorno alla ricerca di Jasper, non trovandolo chiedo ad un suo collega di avvisarlo e, prendendo per mano Garrett, ci dirigiamo alla sua auto, dove l’autista ci attende tenendoci la portiera aperta.
 
Il risveglio è tragico, non sono più abituata a bere alcolici e il cerchio alla testa è strettissimo.
Provo ad aprire gli occhi, ma la luce è fastidiosissima. Mi nascondo sotto i cuscini e chiamo Carmen.
Ovviamente non mi sente, sia per la porta chiusa che per la voce attutita dal cuscino, così, mi faccio forza e tenendomi la testa con le mani mi dirigo in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Il tempo di sedermi sullo sgabello che il campanello mi trapassa i timpani facendomi esplodere la testa.
Trascino i piedi fino all’entrata e apro la porta.
Sorpresa! Edward in tutto il suo splendore di fronte a me, che sono uno zombi con la bocca impastata. Lo saluto grugnendo e ritorno alla penisola.
“Sei malata?” mi chiede preoccupato, mentre mi abbraccia alle spalle.
“Sì” gli rispondo appoggiando la schiena e la testa al suo petto perdendomi in quel tripudio di emozioni. Come cercavo di spiegare ieri sera, quella sensazione di completezza, di sicurezza, di calore… che con Garrett non provo.
“Ma non sei calda” nota toccandomi la fronte “e sai di alcol” continua facendo una smorfia.
Mi copro la bocca con le mani e, trascinandomi, mi dirigo verso il lavello. La testa esplode ed i bassi della musica del locale continuano a pompare nelle orecchie. Vorrei chiudere gli occhi perché le palpebre sono pesanti, ma se le chiudo, la nausea mi assale.
Mi prende per i fianchi e con un gesto fulmineo mi prende in braccio. Mi corica sul divano della sala e, dopo aver cercato per la cucina, torna con dell’acqua e dell’aspirina.
“Aiuta a riprendersi dalle sbronze” mi spiega mentre mi tiene sollevata e mi guarda con quella ruga tra gli occhi che esprime il suo malumore.
“Grazie” e bevo tutto prima di rituffarmi sul divano coprendomi gli occhi con le mani.
“Ma tuo padre ti ha permesso di ridurti così?” mi chiede accarezzandomi la fronte delicatamente ed io mi perdo in quella sensazione piacevole, ad ogni passaggio sembra che il mal di testa diminuisca.
“Mica c’era!” gli rispondo continuando a godere di quel tocco.
“E Jasper? Almeno lui c’era?” mi chiede quasi sibilando.
“Certo, lavorava”
Sento che si irrigidisce e toglie la mano. Apro gli occhi per capire cosa è successo e la sua mandibola serrata mi conferma che è molto arrabbiato.
“Non mi sono accorta di quanto avessi bevuto, non sono più abituata a bere alcolici oltre la birra” mi giustifico.
“Perché? A casa di tuo padre si ha pure la scelta?” mi chiede stizzito.
I miei pensieri iniziano ad esser meno offuscati dall’alcol ed inizio a capire che mi sto scavando la fossa da sola. A Edward avevo detto che ero stata invitata ad una cena con mio padre al quale non potevo mancare. Lui non sapeva del compleanno, sinceramente non sa nemmeno dell’esistenza di Rose.
“Credevo che fosse solo con mio padre, ma invece c’erano anche altre persone, e da una cena semplice si è trasformata in una rimpatriata” provo ad inventare.
“Ma se tuo padre non c’era! E Jasper cosa faceva?”
“Senti ho mal di testa. Se vuoi farmi il terzo grado, passa più tardi… quando starò meglio”
Si alza e, solo quando ha la mano sulla maniglia, mi avverte. “Non credo che passerò! Riprenditi” ed esce sbattendola.
 
Nel pomeriggio, dopo una buona dormita e altre due aspirine, mi riprendo e provo a chiamarlo, ma non mi risponde. Ne parlo con Jasper per avere un consiglio, ma lui mi guarda scuotendo la testa e dicendomi che non ha idea di come farmi uscire dalla situazione in cui mi sono cacciata.
Telefona ad Alice, con la scusa di volerla sentire, e cerca di tastare il terreno. Si perde a parlare per circa un’oretta, inizio a sperare che abbia trovato una soluzione, ma quando ritorna da me mi dice solo che Edward è chiuso in camera e non parla, ma ringhia.
Perfetto! Potevo seppellirmi nella fossa che mi ero scavata!
“Trovato! Puoi dirgli che tuo padre è stato chiamato per un’urgenza di lavoro e che io mi sono messo a fare il barman per intrattenere gli ospiti” propone felice di aver trovato una soluzione.
“Altre bugie?” scuoto la testa non convinta. “Posso dirgli che mio padre non è mai arrivato e che, delusa dall’abbandono mi sono data all’alcol e che tu… quando Alice ti ha chiesto che lavoro fai cosa hai risposto”
“Anno sabatico”
“Ok. Che tu facevi il buttafuori del locale! Vicino alla realtà, ma non troppo…” non è convinto.
“Fai la classica donna! Se riapre il discorso, offenditi e vieni da me che ti riporto a casa!” propone con un sorrisone Jasper.
“Mpf! Meglio svanire per un po’!” e così dicendo mi chiudo in camera e mi immergo nella mia adorata vasca per pensare.
Cerco di rilassarmi, cacciando i cattivi pensieri, quando lo squillo del cellulare mi riporta al presente. Esco dalla vasca con il cuore in gola e tantissimi dubbi e scuse che frullano nella testa, gli rispondo? Non gli rispondo? Gli dico la verità? Nego fino alla morte? Cosa devo fare? Cosa devo dirgli?
Arrivo al telefono e il nome sul display mi fa quasi ridere per la liberazione: Rose.
“Ehi, ciao festeggiata! Tutto bene?” rispondo felice che non sia Edward.
“Certamente! E pronta per un tour de force di shopping! Vieni?” mi urla entusiasta dall’altra parte della cornetta.
Ci penso, non sono dell’umore adatto per un pomeriggio tra boutique, ma sicuramente stare a casa non aiuterà a migliorarmi l’umore.
“Certo! Dimmi il luogo e dimmi quando!”
“Tra venti minuti davanti al club di tuo padre! Ho dimenticato delle cose e devo passare a riprenderle!”
“Perfetto! A dopo!”
 
Mi vesto velocissima e, dopo aver spiegato a Jasper i programmi della giornata, usciamo alla volta di boutique! Jasper non è entusiasta del programma, ma da buon soldatino esegue gli ordini. Quando sono nella mia vecchia vita deve comportarsi da buon angelo custode e non da “cugino” e il ruolo inizia a stargli stretto. Non me lo ha mai detto, ma ormai lo capisco al volo.
Dopo il salto veloce nel club, ci tuffiamo in un pomeriggio di shopping. Siamo solo io e Rose, lei parla, parla, parla, parla tantissimo, raccontandomi ogni particolare della festa come se non fossi stata presente.
“C’ero anch’io. Ricordi?” la prendo in giro.
“Certo che mi ricordo, e mi ricordo bene anche Garrett!” risponde guardandomi maliziosa.
“Non farti film strani in testa. Siamo solo amici e ieri sera l’alcol non ha aiutato!” rispondo rabbuiandomi.
Si tira una pacca sulla fronte ricordandosi qualcosa “Cavolo! Mi sono dimenticata di Edward! E dei tuoi amici! Scusa!” sorrido e la rassicuro.
“Veramente! Ci tenevo a conoscerli… ma se ieri sera eri con Garrett, e sono settimane che non mi parli di Edward… è tutto finito? Chi ha mollato chi?” Chiede ansiosa di conoscere ogni particolare.
“Con Edward sta andando benissimo…” rispondo non molto convinta.
“E perché non lo hai invitato? Ti ho dato pure gli inviti!” afferma sedendosi al bar e continuando a fissarmi negli occhi.
“E’ una lunga storia… va bene così” rispondo abbassando lo sguardo, mi sento in colpa per le verità che le nascondo, è la mia miglior amica, e io sono seduta davanti a lei nascondendole chi sono.
“Abbiamo tutto il pomeriggio! E stasera sei a cena da me!”
“Non sapevo di essere invitata!”
“Ovvio! Sono mesi che non ti si vede, e solo il mercoledì pomeriggio è troppo poco per recuperare il tempo perduto!” e batte le mani come una bimba davanti alla torta.
“Ok, ma devi invitare anche lui” concordo indicando Jasper.
Sgrana gli occhi e con la bocca aperta mi guarda come se la stessi prendendo in giro.
“Deve essere la mia ombra, come comandato dal capo Swan!” giustifico la mia richiesta.
“Ok! E ricordami di chiedere a tuo padre dove trova le guardie del corpo, perché quella che ha scelto per te gli farei io la guardia!” risponde mordendosi il labbro maliziosa e pulendosi la bavetta immaginaria ai lati della bocca.
Scoppio a ridere e ci dirigiamo verso l’ultima meta: il negozio di profumi più chic di New York. Stiamo per entrare, quando la voce sensuale di Tanya attira la mia attenzione. E’ la commessa del negozio, e ringraziando sta servendo una cliente dandoci le spalle.
Mi blocco con la mano sulla maniglia e, dopo un attimo di smarrimento, esco velocemente dal negozio.
“Meglio quello in fondo alla strada” propongo facendo scendere una ciocca di capelli a coprirmi il volto.
Rose guarda me e l’interno del negozio con la bocca spalancata dalla meraviglia. Scuote la testa per riprendersi e preoccupata mi chiede: “Tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma!”
“Benissimo” rispondo accelerando il passo. Cerco di mascherare la tensione, ma la vista di Tanya mi riporta a ciò al quale stavo fuggendo: la litigata con Edward e la sua ultima frase. Non credo che passerò! Riprenditi.
La mia amica d’infanzia mi conosce troppo bene per farsi sfuggire il mio cambio di umore.
“Isy! Tutto bene? Sicura?” mi richiede mentre guardiamo i rossetti nella profumeria.
“Ho litigato con Edward” poche parole, sincere.
“Mi dispiace! Cosa è successo?” e adesso come glielo spiego?
“Non è stato felice di trovarmi ancora brilla dopo ieri sera” rispondo tirando un sorriso.
“O perché non lo hai invitato alla mia festa?”
“Ti piace questo rosso? Si addice al vestito che hai comprato prima!”
“Isy!” mi riprende incrociando le braccia ed attendendo una risposta.
Cosa posso fare? Se le racconto della mia seconda vita, mi disprezzerà. Lei mi conosce come Isabella Mary Swan, la figlia di uno degli uomini più ricchi di New York, cosa penserà di me se le dico che faccio la cameriera e mi vedo con un imbianchino? Non mi vergogno della mia nuova vita, ma so come pensano le persone di quella vecchia e non voglio perdere l’amicizia di Rose.
“Quindi?”
“E’ una storia lunga”
“Di nuovo? Sarai obbligata a dormire da me per raccontarmela!” e saltellando felice finisce gli acquisti e non mi passa inosservato Jasper che scuote la testa poco felice dei nuovi programmi.
Le compere finalmente sono terminate, e ci dirigiamo verso l’auto passando davanti al negozio di Tanya.
Quando siamo a pochi passi sento la voce squillante di Alice e il vocione di Jacob. Mi nascondo dietro la schiena di Rose, trattenendomi dal fuggire nella direzione opposta.
Rose mi guarda come fossi impazzita, adocchia i miei amici e mi trascina nell’androne di un palazzo.
“Giura che mi spiegherai, altrimenti esco e li chiamo!” mi minaccia Rose picchiettando l’indice sul mio petto.
“Giuro” sussurro controllando che non vengano dalla nostra parte, ed ovviamente la fortuna vuole che passino proprio davanti a noi.
“Edward non risponde” dice Tanya mentre passa davanti all’androne, ed io mi spalmo contro il muro.
“Era chiuso in camera, quando ho provato a parlarmi mi ha ringhiato” risponde Alice, e man mano sento le voci allontanarsi.
“Sono i tuoi amici!” mi guarda Rose inquisitrice. “Cosa diavolo sta succedendo Isy?”
“Andiamo a casa” rispondo fredda e pronta al peggio pur di non dover continuare quella vita di sotterfugi.
 
***
 
“Racconta!” mi esorta sedendosi sul letto.
“Prima devi giurarmi che non uscirà da questa stanza” le chiedo accomodandomi vicino a lei.
Annuisce ed io le racconto tutto. Del castigo di mio padre, delle carte tagliate, del ristorante, del Midnight Sun, del mio cugino texano, e riposiziono le storie che le avevo raccontato i mercoledì precedenti negli ambienti corretti, gli racconto della litigata con Edward…
“…E odia i ricchi!” termino la mia spiegazione.
Attendo una sua reazione, ma continua solo a fissarmi, premendo gli indici sulle labbra e scavandomi negli occhi. Per tutto il racconto non ha mai parlato, strano per Rose, e il suo viso da curioso è passato ad impassibile man mano che raccontavo.
Si alza scuotendo la testa ed esce dalla stanza. Torna con un martini per se stessa, grazie per aver pensato alle amiche, e lo sorseggia continuando a fissarmi.
“Dì qualcosa, ti prego”
Si alza, guarda fuori dalla finestra, chiude le tende, apre l’armadio, lo controlla, richiude le ante e torna a fissarmi.
Mi passa un foglietto che avevamo scritto alle elementari, dove ci giuravamo eterna amicizia e mi fissa con gli occhi lucidi.
“Credevo fossimo amiche” dice soltanto spronandomi a prendere il biglietto.
“Siamo amiche se tu lo vuoi ancora” rispondo rigirandomi il biglietto tra le mani.
“Ma non ti fidi di me” continua con tono basso.
“Avevo paura della tua reazione” mi giustifico non riuscendo a trattenere le lacrime.
“E quindi mi hai tenuto all’oscuro di tutto! Brava.” Continua fissandomi arrabbiata. “Per me la nostra amicizia è più profonda che un semplice lavoro.” Continua “Per me eri Isy, sia se prendevi il posto di tuo padre nel suo impero, sia se facessi la lavapiatti” e si alza iniziando a camminare nervosamente.
“Per mesi mi hai tenuto all’oscuro di tutto… pensando che ti avrei giudicata” e si strofina il mento.
“Tuo padre ti ha obbligata ad una vita d’inferno, e tu non hai pensato di rendermene partecipe” si ferma di fronte a me e mi urla “SEI UNA STRONZA!” ed esce dalla stanza.
Piango raccogliendo le mie cose per tornare a casa. La giornata è terminata peggio di come era iniziata. Prima Edward, adesso Rose.
La trovo in cucina che si versa un altro bicchiere di Martini.
“Mi dispiace” dico con la voce rotta.
“Ti dispiace? Ti dispiace? Ma secondo te la nostra amicizia era così superficiale? Io sono così superficiale? Solo perché mi piacciono i vestiti e non ho problemi ad usare i soldi di mio padre? Sei come Edward! Solo perché sono ricca, come te per di più, pensi che non possa provare sentimenti veri”
“Mi dispiace”
“Isy! Sei la mia miglior amica, ti ho sempre coperto le spalle fin da bambina, e tu le hai coperte a me. Abbiamo conosciuto tanta gente e nel tempo ne abbiamo persa altrettanta, ma noi due siamo sempre rimaste insieme… possibile che tutto questo non significasse niente per te?”
“Sono una stronza”
“Esatto, Isy! Esatto” e si avvicina con passo pesante e i pugni stretti.
“Quindi… addio?” le chiedo asciugandomi le lacrime con le mani e cercando di guardarla negli occhi.
“No! Facile! Scappi di nuovo? No, no signorina! Devi dimostrarmi che per te la nostra amicizia è più che una compagnia per lo shopping” si avvicina al bancone per versare il Martini in un secondo bicchiere, me lo porge e detta le condizioni.
“Stasera andremo al Midnight Sun e mi presenterai la tua nuova vita, insieme al tuo “cugino texano” e poi pigiama party a casa tua!” e brinda per siglare l’accordo bevendo tutto in un fiato.
Rimango interdetta, bevo anch’io tutto in un sorso e mi siedo sconfitta sullo sgabello.
“Non è facile nascondere chi siamo, non voglio incasinare anche la tua vita”
“Credi che non sia capace a vivere oltre i club e le boutique?” chiede stizzita.
“No, credo che non sai in che guaio ti sto cacciando”
“Tranquilla saprò cavarmela!” e si dirige verso la camera da letto per cambiarsi.

 

!! ATTENZIONE SPOILER !!
“Edward”
“Dimmi” le rispondo senza guardarla e senza togliere il casco.
“Possiamo parlare?”
Mi sfilo il casco e la guardo fissa negli occhi:
“Possiamo parlare quando mi dirai la verità, altrimenti preferisco che tu rimanga in silenzio”

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Capitolo 18
*** Peter, L'amico fotografo ***


La Befana vien di notte... e posta un nuovo capitolo!!! ihihi
Spero che stanotte la Befana non mi porti tanti dolci, ma bensì tante recensioniiiii!!! Non siate timidi e fatemi felice!

Io vi omaggio una nuova FF  
Il mio incubo personale ... fateci un salto e fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona Lettura e Buona Epifania!


 
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PETER, L'AMICO FOTOGRAFO.

EDWARD
Ho passato la giornata nascosto in camera. Bella mi nasconde qualcosa, ma non riesco a capire cosa. L’istinto mi dice che la chiave è Jasper, ma non so come fare per venirne a capo.
Bella mi piace, stare con lei è come una droga. Ho un bisogno quasi fisico di sentire la sua vicinanza, la sua voce, il suo profumo, vedere i suoi occhi, il suo corpo, parlare e sognare con lei, ma i bugiardi li sopporto ancor meno dei ricchi e sono certo che ieri mi ha mentito.
Mi faccio una doccia per schiarirmi le idee, guardo il telefono e me lo rigiro tra le mani con la tentazione di chiamarla, ma non posso, non voglio. Se è una bugiarda non è giusta per me e cosa il mio corpo e il mio cuore prova per lei deve essere rimosso.
Lancio il cellulare sul letto e mi vesto per andare al locale.
 
Suono cercando di sfogare la mia rabbia, la mia delusione e la band se ne accorge, evitando di farmi fare assoli. Nella pausa Seth si avvicina preoccupato e mi chiede se preferisco non suonare la seconda parte del concerto.
“Devo solo carburarmi” rispondo ordinando a Paul un ciupito e non la solita birra. Il liquore brucia nella gola e mi dà la spinta per ritornare sul palco.
Mi lascio trascinare dalle note e cerco di liberare la mente, lasciando spazio alla magia della musica.
La sensazione di essere osservato mi fa alzare il viso dalla tastiera ed aprire gli occhi. Guardo tra il pubblico, ma nessuno mi sta osservando, la pista è stracolma di gente che balla o chiacchiera sui divanetti, ma nessuno guarda verso di me. Ricomincio a suonare e mi concentro per terminare senza errori il concerto.
Finalmente è finito, e la seconda parte è andata meglio della prima. Seth si congratula e mi propone un altro ciupito, meglio non mischiare. Ci sediamo al solito tavolo ed attendiamo Paul con l’ordinazione. I ciupiti arrivano, ma con Bella.
“Chi ha ordinato questa brodaglia?” chiede appoggiando il vassoio sul tavolo ed evitando di guardarmi.
“Bella!” esulta Seth abbracciandola “Oh! Ma chi è questo splendore?” chiede facendomi alzare lo sguardo dal bicchiere. Con Bella c’è una ragazza con i capelli biondi lunghi oltre le spalle e la maglietta di Louis Armstrong, che sorride imbarazzata a Seth.
“Ragazzi lei è Rose! Una mia vecchia amica! Loro sono…” ed inizia a presentarci lasciando me per ultimo.
Sono tutti attirati dalla nuova ragazza come farfalle verso la luce. La bombardano di domande e la invitano a sedersi con noi, più precisamente tra Seth e Emmett, ma Bella le sta vicino e risponde per l’amica scoccandole ogni tanto delle occhiate da te-lo-avevo-detto.
Mi sento escluso, non mi interessa la nuova ragazza, e Bella mi evita, quindi la cosa più furba da fare è togliere il disturbo, invece che continuare ad avere acidità di stomaco per la lotta interiore di volerla abbracciare e baciare, ma volerle star lontano perché mi ha mentito.
Mi alzo ed infilo la giacca prima di salutare. Rimangono tutti spiazzati dalla mia decisione di andare a casa.
“Ma è presto!” dice Jacob guardando l’orologio.
“Dai, siediti che ho ordinato un altro giro” dà man forte Emmett.
“Il prossimo giro lo offro io” si aggiunge James.
“Non fare il guastafeste. Siediti e brindiamo a Rose” dice Quil mentre smazza i bicchierini.
Senza sedermi, prendo il bicchierino “A Rose” brindo e bevo in un sorso “Buonanotte” e me ne vado senza aggiungere altro.
 
Uscito all’aria fresca mi sento meglio, l’elettricità che si respira nella stanza con Bella non c’è più. Alzo il viso verso il cielo chiedendo di aver la forza di evitarla o chiederle la verità, ma non quella sera, non nel locale, non davanti agli amici… domani, forse domani.
Salgo in sella ed infilo il casco, quando una mano mi ferma tenendomi la manica.
“Edward”
“Dimmi” le rispondo senza guardarla e senza togliere il casco.
“Possiamo parlare?”
Mi sfilo il casco e la guardo fissa negli occhi: “Possiamo parlare quando mi dirai la verità, altrimenti preferisco che tu rimanga in silenzio” e faccio per rimettermelo quando me lo toglie dalle mani.
“La verità è che ieri sera ero alla festa di compleanno di Rose. Che i mercoledì pomeriggio li passo con lei a parlare di cose di donne e che non voglio litigare con te, perché mi fa male, ti voglio bene Edward, ma ho bisogno dei miei spazi perché sono una persona complicata. Se non mi vuoi, se non vuoi più stare con me, se vuoi che io sparisca, dimmelo e lo farò… ma non far patire a tutti i miei errori.” Lo dice tutto d’un fiato e riprende fiato guardandomi negli occhi. Non so cosa dire, i suoi occhi mi stregano facendomi scemare la rabbia e la delusione, ma il mio cervello continua a ricordarmi che mi ha mentito… non parlo, la fisso soltanto e lei, vedendo che non reagisco prende il mio silenzio come la conferma che non la voglio più vedere e si volta per tornare nel locale.
Il pensiero che lei sparisca è doloroso, come è doloroso scoprire che mi ha mentito. Rimango seduto sulla sella senza smettere di guardarla mentre cammina veloce verso il locale, ma quando svanisce all’interno della porta qualcosa in me mi fa scattare e corro a bloccarla.
La prendo per il polso e la trascino fuori dal locale.
“Voglio che tu sparisca dalla mia vita se non mi reputi abbastanza intelligente da comprendere i tuoi spazi. Non ti chiedo di sposarmi, ti chiedo di non mentirmi. Perché hai dovuto inventare una cena con tuo padre? Mi reputi così despota che non ti avrei permesso di andare alla festa solo perché non ero stato invitato? Non mi conosci, non mi conosci affatto!” la guardo con rabbia, perché mi ha rubato il cuore e me lo sta spezzando.
“Sono complicata. La mia vita è complicata. Se mi vuoi, devi accettarmi a scatola chiusa” mi risponde abbassando lo sguardo e stringendo le mani sulle mie.
“Quindi devo accettare le tue bugie? Non me lo chiedere Bella, non puoi pretendere di creare qualcosa su fondamenta di fango” 
“Non so cosa voglio. Voglio te. Non so altro” risponde lasciando libere le lacrime.
“Bella. Anche io voglio te, ma ti prego, non mentirmi.” E le accarezzo le guance asciugandole.
Annuisce mordendosi il labbro. Le alzo il volto e la guardo negli occhi prima di baciarla trasmettendole tutto il sentimento che provo per lei.
“Dammi ancora una possibilità” mi chiede appoggiata al mio petto.
“Anche tu” le rispondo baciandole i capelli e stringendo l’abbraccio.
 
***
 
Finalmente anche questa giornata di lavoro è finita! E ho il pomeriggio libero… dato che Bella è con Rose e le ragazze. Da quando Rose ha fatto la sua apparizione nella nostra compagnia, le ragazze sono diventate inseparabile ed il mercoledì è diventato il giorno “solo donne”, quindi io ed i ragazzi lo abbiamo trasformato nel giorno “solo uomini” anche se Jasper non ha voluto partecipare, adesso è lui che svanisce il mercoledì.
Arrivo al parco prima degli altri, così decido di stendermi e gustarmi i raggi di sole ormai freddi.
“Edward?” la voce di Peter mi fa aprire gli occhi stupito.
“Peter?” e mi alzo per abbracciarlo, sono anni che non lo vedo. E’ un fotografo e gira il mondo alla ricerca dello scatto perfetto. “Che ci fai a New York?”
“Fotografie!” risponde con una smorfia. “Fotografie a feste di ricconi!”
“Lo scatto perfetto!” lo prendo in giro invitandolo ad accomodarsi sull’erba.
“La ricerca dello scatto perfetto richiede contanti, ed i ricconi ne hanno a bizzeffe! E questo è il periodo migliore. Quasi ogni sera c’è una festa, e tra poco inizieranno le premiazioni… tanti soldini e poi si riparte per l’avventura” ride.
“Quindi per un po’ sarai nei paraggi!”
“Esatto! Sicuramente fino a fine novembre, poi partirò alla volta della Norvegia!”
“E dove alloggi?”
“Al momento in un motel, non mi conviene cercar casa e quella che avevo i miei l’hanno affittata!”
“Vatti a fidare dei parenti” rido dandogli una pacca sulla spalla.
“Parenti serpenti… dovrei farci una foto quando vado nella foresta…” e si perde a pensare. Scuote la testa per ritornare alla realtà e con il sorriso continua “E tu? Tua sorella? Come ve la passate?”
“Come al solito. Sono sempre nell’appartamento che abbiamo acquistato… se vuoi ho sempre il solito divano, nell’ultima visita che ci hai fatto, mi sembra che lo reputassi comodo”
“Quanti bei momenti su quel divano… quante donne!”
“E quanti strilli di mia sorella per i rumori notturni!” scoppiamo a ridere al ricordo.
“Ma ormai sono felicemente fidanzato” sospira.
“Cooosa? Peter il ruba-cuori fidanzato? E chi è la pazza?”
Prende la fotocamera e scorre delle foto arrivando a quella in bianco e nero di una donna con i capelli corti castani, il viso fine e gli occhi profondi come il mare che guarda l’obbiettivo innamorata.
“Charlotte, una fotomodella. Una giramondo come me!” dallo sguardo innamorato penso proprio che il single più ambito di New York sia ormai stato preso al lazo.
“Quindi non ci sono rischi di rumori notturni… Alice ne sarà entusiasta. Appena arrivano gli altri andiamo al motel a prendere le tue cose. Sarai mio ospite e non accetto un no come risposta.”
 
***
 
Stiamo finendo di sistemare il divano per Peter quando, con un chiacchiericcio e delle risate, le ragazze entrano in casa. Alice corre ad abbracciare Peter, mentre Tanya si presenta con il suo classico sguardo languido ed Angela con imbarazzo. Il tempo di aggiornare Alice sulle decisioni prese con Peter, che Jasper e Bella si uniscono al gruppetto.
“Grazie per aver aspettato” dice facendo cadere rumorosamente le borse sul pavimento.
Mi guarda facendomi il sorriso che mi fa sciogliere e poi si gira verso il mio ospite. Sento tensione nell’aria, Bella e Jasper si guardano per una frazione di secondo e poi tirano due grandi sorrisi prima di presentarsi.
“Ci siamo già visti?” chiede Peter scrutandola in volto.
“Non penso. Forse in giro per New York, o al New Moon, faccio la cameriera in quel ristorante” risponde senza guardarlo negli occhi, ma cercando un oggetto nella borsa.
Peter alza le spalle e ricomincia a chiacchierare con Alice aggiornandola sulle novità.
Jasper si unisce alla combriccola, mentre io mi avvicino a salutare come si deve Bella.
Ci baciamo con trasporto mormorandoci “Mi sei mancato” e dimentichiamo il resto del mondo. Non posso descrivere a parole cosa accade quando le nostre labbra si uniscono. E’ un qualcosa che prende lo stomaco, riempiendo di calore tutto il corpo, compreso il mio amichetto, ma non è eccitazione carnale, è un qualcosa che ti scombussola non solo il corpo, ma anche la mente. I suoni svaniscono, il mondo svanisce, c’è solo lei, il suo calore, il suo profumo, le sue labbra sulle mie, le sue mani nei miei capelli, il suo petto appoggiato al mio, i suoi fianchi nelle mie mani… 
“Wow! Anche tu ormai sei stato preso al lazo!” ride Peter guardandoci.
Arrossisco e toccandomi i capelli propongo di fare un brindisi al nuovo arrivato. Tengo per mano Bella quando mi avvicino al frigo, e la prendo sulle gambe quando ci sediamo per brindare. Chiacchieriamo mentre le sfioro la schiena o le accarezzo i capelli. Peter ogni tanto si concentra su Bella e Jasper, come se cercasse di metterli a fuoco, ma poi, scuote la testa e ricomincia a raccontare le sue avventure, è un narratore nato.
 
Quando le ragazze e Jasper tornano a casa, sfido Peter alla console. Ovviamente accetta ed io mi pregusto la vittoria… con tutta la pratica che ho fatto con Jasper sono diventato un campione.
“Come hai detto che si chiama la tua fidanzata?” mi chiede mentre cerca di uccidermi in un’imboscata.
“Non ho detto che è la mia fidanzata. E comunque si chiama Bella” schivo il colpo facendomi ferire solo al braccio, nulla di mortale.
“Dove vive?” continua mentre riprova a colpirmi.
“Dall’altra parte della città, vicino al ristorante New Moon” e contrattacco colpendolo alla gamba.
“Compie gli anni in questo periodo?” prova a distrarmi mentre chiama i rinforzi via aereo.
“No” rispondo utilizzando i carrarmati.
“State insieme da tanto?” ringhia mentre gli abbatto un aereo.
“Da alcuni mesi, tra alti e bassi… è complicato” esulto perché anche il secondo aereo è andato, la vittoria è vicina.
“Merda!” esclama alzando le mani quando il monitor gli scrive a caratteri cubitali GAME OVER.
“Ragazzo! Non serve distrarmi… io vinco comunque!” esclamo tronfio per la vittoria. “Si è fatto tardi, se vuoi la rivincita, te la concedo domani sera. Buonanotte!” e felice mi dirigo nella mia stanza.
 
***
 
E’ passata una settimana dalla festa di Rose ed io e Bella abbiamo recuperato alla grande, ormai mi dice ogni minimo particolare, mi rende partecipe anche di cosa ha mangiato a colazione.
La convivenza con Peter sta andando benissimo, è un ottimo collaboratore, oltre che un bravo cuoco. Ci ha cucinato piatti particolari che ha assaggiato nei suoi viaggi, e ad ogni piatto ci ha allietato con aneddoti del luogo in cui lo aveva assaggiato e, se aveva le foto del posto, ce le faceva vedere. E’ veramente un abilissimo fotografo, le sue immagini trasmettevano emozioni.
Parliamo di tutto, recuperando il tempo perduto e, ogni tanto, scrutandomi bene negli occhi, mi chiede di Bella e se sono convinto del nostro rapporto. Capisco perfettamente i suoi timori, anch’io fatico a credere che il mio amico sciupa femmine si sia fermato con una sola donna.
 
Stasera al locale ci sono tutti, è la festa di Halloween. Siamo tutti travestiti: Bella è un’attraente e letale Bonnie, e fa coppia con me, il seducente Clayd; Alice è un’infermiera, forse un po’ troppo succinta, mentre Jasper un militare caduto in battaglia (meglio che scelga tenga le mani a posto se non vuole aver bisogno di un’infermiera vera…); Tanya è una letale Poison Ivy, Angela è una sensuale Cat Woman e Rose, in coppia con Emmett, è una seducente vampira. Jacob e Embry sono due licantropi, mentre Peter è l’inafferrabile Ezio Auditore da Firenze. Ci sono anche Sam con la moglie vestiti da Gomez e Morticia. Mentre James, Victoria e Paul, come il resto del personale del locale sono vestiti da scheletri, con le ossa che si illuminano sotto le luci, dando l’effetto che siano reali!
La band è vestita da pericolosi mafiosi italiani e, mentre suoniamo, ci divertiamo a interpretare al meglio i nostri personaggi… suoniamo alla grande e le risate si sprecano.
Quando il concerto termina, mi butto tra le braccia di Bella che si congratula riempiendomi di baci. Cerco Peter, per presentargli i miei colleghi, e lo trovo su un divanetto che discute con Jasper lanciando occhiate di fuoco verso Rose, che sta chiacchierando al tavolino con Emmett… credo proprio che Emmett e Rose non me la contino giusta… Non ho mai viso il cantante della band pendere dalle labbra di una ragazza, ma penso che per tutto ci sia sempre la prima volta!
 
“Ehi! Ragazzi! Offro un giro! Vi unite a noi o continuate a mangiarvi con gli occhi le ragazze da lontano?” scherzo mentre mi avvicino e Jasper e a Peter.
Hanno le facce tese e i pugni serrati, la loro chiacchierata non è amichevole.
“Tutto bene?” chiedo guardando Peter preoccupato e fulminando Jasper.
“Tutto a posto! Hai detto che offri? Perfetto, per me tre birre!” risponde Peter mettendomi il braccio sulle spalle e spingendomi verso il bancone. Si complimenta per il fantastico concerto ed in particolar modo per il mio assolo aumentando il mio ego!
 
Più volte abbandono il mondo perdendomi nei baci di Bella, il vestito anni trenta le sta d’incanto ed il mio amichetto ha gradito la scelta del costume.
La trascino nel corridoio del bagno, lo scenario del nostro primo vero bacio, la appoggio al muro bloccandola con il mio corpo eccitato e la bacio con passione sussurrandole che mi manca svegliarmi con lei. Mi guarda con malizia e, umettandosi le labbra, mi prende per il colletto e mi trascina nel bagno degli uomini per farmi toccare il paradiso. Che serata fantastica!
Aver toccato il paradiso, mi fa sentire il bisogno di toccarlo ancora. Ci uniamo agli altri, ma non riesco a separarmi da lei, il mio fratellino è sempre sugli attenti e le mie mani non riescono a staccarsi dal suo corpo, le sfioro la pelle della schiena sotto la maglietta e la bacio sul collo, sulle spalle, sulle tempie, sulle labbra… le sussurro ciò che provo e quanto sia bellissima, mentre con la lingua gioco con il lobo del suo orecchio, i suoi mugolii e il suo strofinarsi aumentano la mia eccitazione. Non voglio tornare in bagno, voglio averla mia tutta la notte, continuo a stuzzicarla e, quando ormai il mio corpo ed il suo chiedono pietà, ci allontaniamo dagli altri fuggendo a casa sua.
 
Apre la porta di casa senza staccare le labbra dalle mie. Non accende nemmeno la luce, ma stringe maggiormente le mani al colletto della mia camicia e mi trascina in camera sua…
Le mie e le sue mani vagano sui nostro copri eccitati. Ci stacchiamo lo stretto necessario per respirare e sfilarci i vestiti. Siamo in preda alla frenesia e quando i nostri petti nudi vengono a contatto, la prendo in braccio e, continuando a baciarla sulle labbra, sulle guance, sul collo… la porto nel letto e mi corico su di lei. Sento il battito del suo cuore rimbombare contro il mio petto, in sincrono con il mio. Cerco di riprendere il controllo ed inizio ad accarezzarla sussurrandole all’orecchio quanto la trovo fantastica. Mi allontano leggermente per poterla osservare nella penombra della stanza… i suoi occhi trasmettono desiderio, passione, eccitazione…
Le faccio toccare il paradiso e mi beo nel vederla godere… il mio amichetto richiede di essere liberato, ma ho paura che se lo libero, non ne avrò più il controllo, ma Bella mi stupisce e, con un colpo di reni ribalta le posizioni facendomi coricare supino. Rimango senza fiato per lo stupore e non parlo per paura di rovinare l’atmosfera. Mi si siede a cavalcioni e, mordendosi il labbro, mi chiede il permesso con lo sguardo. Chiudo gli occhi ed attendo che faccia di me ciò che vuole…
Quando entriamo siamo completamente nudi, il mio cervello va in vacanza e l’amichetto prende il controllo della situazione. Ritorno su di lei…
“Ti voglio…” le sussurro con voce roca guardandola negli occhi.
“Anch’io…” ed allarga maggiormente le gambe per consentirmi di entrare in lei.
Lo faccio delicatamente assaporandomi ogni attimo ed ogni piccolo cambiamento di espressione di Bella. E’ bellissima ed essere in lei mi fa sentire completo… mi dondolo delicatamente continuando ad accarezzarle ogni centimetro della sua vellutata pelle, fin quando la passione non prende il sopravvento e ci amiamo con foga e complicità…
Passiamo la notte a coccolarci, ad amarci, a toccarci, a sfiorarci… adoro il suo corpo, la sua eccitazione, la sua sensualità e per tutta la notte mi beo di questa bellissima sensazione!
Quando ormai i primi raggi del sole penetrano dalla finestra ci addormentiamo abbracciati sussurrandoci parole dolci.
 
Mi sveglio e stringo l’abbraccio. Mi è mancato svegliarmi vicino a lei, di mattina è ancora più bella, è rilassata, ed il viso è dolce, innocente. Le bacio la fronte scendendo lentamente sugli zigomi, le guance, le labbra e risalgo fino ad annusare il profumo dei suoi capelli. Le accarezzo le spalle e continuando a baciarla e sperando di potermi svegliare ogni mattina come oggi.
“Buongiorno” le sussurro lasciandole un dolce bacio sull’orecchio quando sento che stringe anche lei il mio abbraccio.
“Buongiorno” risponde con la voce ancora impastata dal sonno e gli occhi chiusi.
“Vorrei svegliarmi tutte le mattine con te tra le mie braccia” le confido sfiorandole la schiena.
“Manca solo la colazione a letto…” risponde dispettosa senza smettere di accarezzarmi il torace.
“Tra un po’ è ora di merenda!” ribatto facendole notare l’ora.
Il brontolio dello stomaco risponde per lei.
“Ok, principessa. Cosa propone la casa?” le chiedo allontanandola per guardarla negli occhi.
“Dobbiamo chiedere a Carmen…” risponde rilassata mentre torna ad appoggiarsi a me e con le mani vaga sul mio corpo.
“Se fai così non mi convinci a scendere!” la avverto con voce roca.
“A no?” e inizia a strusciarsi su di me sensualmente facendomi passare la fame, ma aumentando un altro appetito! Ci stuzzichiamo e ci veneriamo fin quando non tocchiamo il paradiso… ok, ho deciso, voglio che tutti i miei risvegli siano così!!!!
 
Ormai l’ora di cena è arrivata e noi abbiamo passato l’intera giornata a letto, divino!
“Se mi fai fare una doccia ti ripago preparandoti cena!” le propongo.
“Ci sto, anche se penso che per la cena ci abbia già pensato Carmen!” e proprio in quel momento bussano alla porta. Ci copriamo con le lenzuola e Bella dà il permesso di entrare.
“Volevo ricordarle la cena di stasera, tra venti minuti arriveranno gli ospiti” informa Carmen tenendo lo sguardo basso e fuggendo dalla stanza appena ha terminato di parlare.
Bella sprofonda nei cuscini chiudendosi gli occhi con la mano e sospirando.
“Hai ospiti stasera?” chiedo spostandole le mani e baciandole gli occhi chiusi.
“Carlisle ed Esme, me ne ero dimenticata!” con uno scatto si mette a sedere e, dopo aver guardato per la stanza, si alza ed inizia a dettare il programma.
“Fai la doccia, poi la faccio io, chiami Alice, io chiamo Jasper, dico a Carmen di aggiungere quattro piatti. Cinque minuti la tua doccia, cinque io, cinque le due chiamate… no, devo prima dirlo a Carmen così si organizza…” si ferma e mi guarda “Ma cosa fai? Fila a farti la doccia! Non hai sentito? Venti minuti e sono qui”
“Ma se vuoi la faccio a casa. Non fa nulla!”
“NO! Non puoi lasciarmi adesso…” si ferma, pensa e continua “Vuoi fermarti a cena? Credi che ad Alice faccia piacere venire? Peter però preferirei se rimanesse a casa tua, scusa”
“Io rimango volentieri e non penso che per Alice ci siano problemi. Per Peter, beh, è grande e vaccinato” mi lancia il cellulare e mi sprona a chiamare mia sorella. Mentre telefono lei corre in cucina ad informare Carmen e Jasper degli ospiti in più. La raggiungo con i soli pantaloni, dato che la maglia se l’è infilata lei, e informo che mia sorella porterà il dolce.
Jasper esce per prendere mia sorella e per recuperarmi vestiti puliti oltre che per comprare altre bottiglie di vino. Bella si fionda nella doccia ed io attendo il mio turno camminando per la stanza, poi, un lampo di genio. Mi spoglio e la raggiungo.
“Per risparmiare tempo” le dico mentre insapono la spugna ed inizio a lavarla…
Beh! il tempo non lo abbiamo risparmiato, ma lo abbiamo utilizzato in maniera piacevole. Adesso siamo più rilassati e più puliti. Ridendo, e continuando ad accarezzarci e baciarci, ci avviciniamo all’armadio.
“Adesso fuori!” mi dice poco convinta e continuando a darmi piccoli baci, sembra che una calamita non ci permetta di dividerci.
Veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta. “Signorina, gli ospiti sono arrivati”
Bella sgrana gli occhi e mi spinge allontanandomi. “Fuori!” ordina tuffandosi nell’armadio.
Scuoto la testa senza trattenere una risata mentre mi vesto e, dopo aver controllato allo specchio di essere in ordine, mi dirigo in cucina.
 
“Edward! Che piacere!” mi saluta felice Carlisle porgendomi la mano.
“Ciao, Edward” mi saluta gentilmente Esme mentre mi abbraccia. “Tua sorella sta bene?” chiede ritornando al fianco del marito, anche tra loro sembra che ci sia una calamita.
“Lo vedrai con i tuoi occhi. Si è ripresa alla grande ed è tornata la solita Alice!”
Ci sediamo sul divano in attesa di Bella. Chiacchiero volentieri con Carlisle e consorte, durante la degenza di Alice sono venuti sovente a trovarci ed abbiamo instaurato un buon rapporto. Io e Carlisle abbiamo molte cose in comune e mi piace confrontarmi con lui. Devo ammetterlo, come ad ogni regola, esiste l’eccezione: Carlisle, anche se è ricco mi piace, e il periodo in cui non l’ho frequentato mi è mancato.
Appena Alice arriva si fionda tra le braccia di Esme… anche a lei sono mancati i coniugi Cullen!
Dovrò rimediare e invitarli qualche volta a cena da noi!
Alice chiacchiera contenta con Esme, le racconta del suo ritorno al lavoro e di quanto la renda orgogliosa rendere felici le sue clienti e di quanto si sia emozionata nel ricevere il ben tornata anche dalle clienti più esigenti. Esme le chiede consigli sull’abbigliamento e le propone di disegnare e creare il vestito per la cerimonia di apertura di una casa di accoglienza, al quale dovrà presenziare la settimana prossima… Alice salta felice per tutta la sala e chiede a Carmen carta e penna per iniziare subito ad abbozzare delle idee… ormai il ciclone Alice è stato attivato… tanta fortuna a spegnerlo!
Mentre rido nel vedere le facce di Carlisle ed Esme alle prese con il ciclone, Bella fa la sua entrata in sala ed io rimango a bocca aperta.
E’ vestita con un tubino azzurro semplice che risalta ogni parte perfetta del suo corpo. Con lo scollo ampio, ma non troppo e senza maniche. La scarpetta con tacco bianca abbinata al girocollo è un tocco di classe. Vorrei alzarmi e stringerla a me, sussurrarle che è magnifica, ma mi trattengo e bevo un altro goccio dell’ottimo scotch che il suo mobiletto mi ha offerto.
Saluta con affetto Esme e Carlisle e ci fa accomodare al tavolo iniziando a servire le portate. Si danno il cambio lei e Jasper e la cena si svolge nel migliore dei modi. Carmen è un portento ai fornelli, Jasper ha buon gusto nella scelta dei vini e Carlisle ed Esme sono una compagnia piacevole. Sembra una cena in famiglia e mi rilassa tantissimo, guardo le persone che siedono con me e mi auguro che sia la prima cena di tante.
 
A fine cena Bella fa vedere la casa agli ospiti ed Esme rimane piacevolmente colpita dalla tela che ho regalato a Bella. Quando mi chiede il perché non mi affido ad un gallerista, spiego che non ho tempo di seguire uno mostra con il lavoro in cantiere ed una sorella come Alice, ricevendomi una linguaccia da mia sorella… ovviamente il pensiero di essere in una galleria piena di puzza-sotto-il-naso è il primo vero motivo per il quale non ho mai voluto esporre, ma mi sembra poco carino dirlo ai Cullen!
Prima di salutare, Carlisle mi invita a farmi sentire senza attendere altre cene, anche se Bella ha promesso molte cene a Esme per il lavoro che ha fatto in casa sua. Scopro così che l’architetto dell’alloggio di Bella è la moglie di Carlisle.
Quando rimaniamo soli, Bella ed Alice si tolgo le scarpe e, a piedi nudi, iniziano a ritirare. Io mi rendo disponibile al lavaggio piatti, preparare la lavastoviglie non è difficile, mentre Jasper ritira il cibo e Bella ed Alice sistemano la sala. In poco tempo tutto è in ordine e ci rilassiamo sul divano sorseggiando un digestivo.
Mi accoccolo con Bella appoggiata al mio petto e le lascio baci leggeri sulla nuca mentre la lodo come padrona di casa. Lancio uno sguardo verso mia sorella, Jasper è teso, ma gli occhi dicono ciò che cerca di negare con il corpo, non vorrei azzardare, ma penso Jasper sia molto attratto da mia sorella… beh! Che a mia sorella piaccia il texano non lo ha mai nascosto, anche se per la prima volta la vedo in imbarazzo. Lo guarda, gli sorride, cerca di fare qualche battuta, ma mantiene le distanze che Jasper ha posto tra di loro.
Bella fulmina Jasper con lo sguardo e lui di risposta scrolla le spalle. Scuote la testa mantenendo lo sguardo basso e con un gesto quasi impercettibile si avvicina maggiormente a mia sorella. Alice allarga il sorriso ed io mi irrigidisco… ok, Jasper mi è simpatico ed è un ottimo alleato nelle guerre simulate, ma stiamo parlando di mia sorella!!!
Bella mi accarezza il braccio e con una mano mi fa voltare verso di lei. I suoi occhi mi ammoniscono prima di farmi perdere tra le sue labbra. Quando ritorno alla realtà per prende fiato, volto lo sguardo verso mia sorella ed il texano… Alice ha un sorriso a trecento denti stampato in faccia e gli occhi a cuoricino, Jasper le sta sfiorando il braccio con una mano mentre la ascolta, ma sembra bloccato, come se qualcosa non gli permettesse di lasciarsi andare.
Edward! Sono grandi e vaccinati. L’hai pure avvisato… quindi lasciali in pace e gustati la tua Bella! Mi do ascolto e mi coccolo ancora la mia Bella e poi, vedendo l’ora tarda, di malavoglia saluto e torno a casa a dormire da solo nel mio letto grande e freddo… domani il risveglio non sarà piacevole come quello di oggi!
!! ATTENZIONE SPOILER !!
“Ti ho sopportato per anni. Ti ho insegnato tutto quello che conosci in fatto di uomini e sei stupidi mesi bastano per dimenticare? No, mia cara Isy, non penso che vadano così le cose.” E con la mano mi ferma il volto obbligandomi a guardarlo. Mi fissa con bramosia e, bloccandomi con l’altro braccio stretto in vita, mi bacia con freddezza, come per confermare che sono sua.

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Capitolo 19
*** L'uomo dell'anno ***


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L'UOMO DELL'ANNO

BELLA
Da quando Rose è venuta a conoscenza della mia doppia vita tutto sta andando alla grande. Grazie a lei e Garrett riesco a nascondere meglio Isabella Swan!
Con Edward è tutto perfetto. Litighiamo ogni tanto, ma la cosa migliore è quando facciamo la pace. E’ gentile, romantico ed attento, non credo esista un uomo migliore di lui.
La mia vita è piena sia per quanto riguarda le giornate, sia per quanto riguarda gli affetti. Come compagnia siamo molto uniti e ogni occasione è buona per fare festa e stare insieme.
 
Ho anche risolto il problema di Emmett! Non è stato facile, ma ci sono riuscita! E’ venuto a casa mia insieme a sua madre. Non sapeva nulla e la faccia che ha fatto vedendomi è stata comica. Continuava a guardare sua madre e me con la bocca aperta per la sorpresa. Ho dovuto dirgli la verità ed ho dovuto fidarmi del giudizio di Carmen, che reputa suo figlio una persona affidabile e capace di tenere i segreti… beh! Diciamo che non mi sono solo affidata alla speranza, ho velatamente minacciato di licenziare lui e sua madre in tronco nel momento in cui si fosse fatto sfuggire qualcosa e Jasper ha rincarato la dose mostrando la pistola che porta al fianco! Forse io e Jasper ci siamo fatti prendere la mano, ma sicuramente è servito perché Emmett ha tenuto la bocca chiusa e nessuno sa del mio segreto!
 
Con Jacob il lavoro è diventato quasi un divertimento. La mattina mi sveglio felice di dover andare a lavorare perché posso incontrare e chiacchierare con lui e Angela.
Il cameriere gentile riesce a farmi ridere anche quando qualche cliente è maleducato o quando qualcosa mi rattrista. Mi difende a spada tratta davanti a tutti e tutto, proprio come un fratello maggiore.
Jessica si è addolcita nei miei confronti, non posso reputarla la mia miglior amica, ma la sua voce non è più così fastidiosa per me. Molte volte ci troviamo a discutere su come migliorare il locale e, con piacere, noto che ascolta sovente le mie proposte.
Con Jasper si è instaurato un rapporto di profonda amicizia e Carmen è diventata la mia miglior consigliera. Le ho lasciato il giorno libero e la sera torna a casa dalla sua famiglia.
Ho imparato a pulire e a cucinare, rendendo superflua la presenza costante di una domestica. Carmen ha tenuto molti vestiti nella camera del mio appartamento e, le sere che ci sono gli amici, deve rimanere da me per evitare di destare sospetti, ma per gli altri giorni è libera di tornare a casa e ripresentarsi solo per preparare colazione e fare la domestica part-time.
Lasciarle il pomeriggio libero non è stata solamente una mia scelta, ma anche un’esigenza, perché i miei amici si chiedevano che lavoro facesse per vivere e trovandola a qualsiasi ora a casa mia non riuscivano a darsi risposte. Abbiamo detto una mezza verità, Carmen, per i miei amici, fa la domestica a casa di gente ricca.
L’unica spina nel fianco è Peter, ma ringraziando ancora un paio di settimane e poi finalmente se ne andrà. Come persona è squisita, quando inizia a raccontare ti perdi ad ascoltarlo, ma purtroppo conosce il mio segreto e spinge affinché lo dica agli altri. Mi ha fatto vedere le foto di me e Garrett alla festa di Rosalie, oltre al fatto che sembra che siamo fidanzati, la collana che porto al collo come il vestito e la salita alla saletta privata, dimostrano perfettamente chi è la vera Isabella Swan, o almeno, quali siano i suoi reali conti in banca. Sono riuscita a convincerlo a tacere, promettendogli che quando sarà il momento lo farò, ma molte volte fa scappare una battuta di troppo o mi guarda a fondo in attesa che parli.
Per quanto riguarda la mia vecchia vita non ho fatto grandi passi avanti. Rose si è ambientata perfettamente nella mia nuova vita e molte volte preferisce le nostre feste ai grandi gala, e secondo me, Emmett c’entra qualcosa nelle sue scelte. Devo ammettere che sono rimasta piacevolmente sorpresa nel vederla impersonare la ragazza di ceto medio, riesce a raccontare frottole credibili e inventarle in poche secondi, oltre che a ricordarle. Io, anche se è più tempo che recito la parte, devo attenermi a mezze verità altrimenti mi faccio scoprire ed Edward già più volte è stato sul punto di farlo.
 
***
 
Oggi è il grande giorno. Mio padre verrà premiato come uomo dell’anno. Mi ha chiesto di accompagnarlo e non ho potuto rifiutare. Ho vagliato bene i rischi che corro a presentarmi ad una festa di così alto interesse mediatico, ma papà mi ha assicurato di tenermi lontano i fotografi e di aiutarmi a tenere nascosto il mio segreto. Rose si è già inventata un alibi per la serata e mi ha assicurato di coprirmi in caso di giornalisti. Se anche i miei amici scoprissero che lei frequenta l’alta società non ne rimarrebbero scandalizzati, dato che qualche piccola verità lei l’ha raccontata.
Passo il pomeriggio tra estetista e pettinatrice, scelgo il vestito per la serata con l’aiuto della personal shopper, nella saletta privata di una boutique di proprietà di mio padre e mi faccio accompagnare da Jasper a Villa Swan.
Garrett sarà il mio accompagnatore ufficiale, ed anche lui mi ha assicurato di tenermi al sicuro da eventuali curiosi.
Quando entro nel grande salone, Garrett e suo padre sono appoggiati al bancone del bar e chiacchierano di lavoro con mio padre. Charlie è bellissimo, nell’elegante smoking blu scuro, con la camicia bianca senza cravatta. Sembra più giovane di dieci anni e i suoi occhi si illuminano quando mi vedono.
“Papà” lo saluto abbracciandolo “Sei bellissimo!” e gli giro intorno per ammirarlo da ogni angolazione.
“Adesso capisco perché ti hanno eletto l’uomo dell’anno” e gli sistemo un ciuffo fuori posto facendolo arrossire.
“Lo so! Sono bello!” dice sistemandosi la giacca.
“L’auto è pronta, signori” avverte la cameriera prima di scomparire dietro il tendone bordeaux.
“Sei pronto?” gli chiedo accarezzandogli la guancia. Lo vedo teso, ed è insolito, mio padre è l’uomo più sicuro e determinato che conosca.
“Adesso che sei arrivata, sì” risponde offrendomi il braccio, ed insieme ci dirigiamo alla macchina.
Per tutto il tragitto ripete il discorso ed io lo incoraggio ripetendogli che sarà perfetto. Noto con piacere che non dice il mio nome nei ringraziamenti, ma mi nomina solo come figlia; nel caso in cui riportassero il discorso non verrò scoperta. Perfetto!
Quando arriviamo di fronte al palazzo, l’auto si ferma in prossimità del tappeto rosso e le guardie vengono ad aprirci le portiere. Mille flash salutano il nostro arrivo, ed io mi nascondo tra Garrett e Jasper, che per stasera è la mia guardia del corpo ufficiale.
Arrivati all’interno del locale, non ci sono giornalisti o fotografi, l’unico fotografo autorizzato è Peter, sotto mia espressa richiesta. Lo so, ho detto che è la mia spina nel fianco, ma conoscete il detto tieniti stretti i nemici più degli amici? Perfetto, è quello che ho fatto. So per certo che le mie foto non arriveranno mai ai giornali o nelle mani di qualcuno che le possa sfruttare. E poi, questo lavoro per Peter è una grande opportunità per farsi conoscere e il pagamento prevede molti zeri… questo lo rende in debito con me e di conseguenza innocuo con Edward.
Mi siedo al tavolo che mi è stato assegnato. Sono seduta tra Rose e Garrett. Spettegoliamo delle persone presenti al gala e immaginiamo i nostri amici segreti in quella serata, ridendo felici.
“Ma che piacere rivederti, Isy” la voce di Mike è viscida come il burro.
“Mike” rispondo senza alzarmi.
“Ma che benvenuto freddo. Non vieni a salutare il tuo Mike?” mi chiede allungando le braccia in attesa che lo abbracci, come se i mesi che mi ha evitato non fossero mai esistiti.
“Non sei mio” rispondo fredda e voltandomi verso Rose cercando di cambiare discorso.
Mi sposta la sedia e, prendendomi per le spalle, mi alza per abbracciarmi.
“Mi farò perdonare per questi ultimi mesi, Isy” e mi bacia sulla bocca. Era il mio ragazzo, o così almeno credevo fino a quando la mia vita è cambiata, credevo di amarlo, credevo che mi amasse, ma i mesi di silenzio tra di noi hanno fatto uscire la verità, tra di noi non c’è nulla.
Gli tiro una sberla urlandogli “Ma come osi” e lo fisso rossa di rabbia cercando di trattenere il tremolio.
Garrett si alza per trattenere Mike che, guardandomi con odio, serra i pugni, mentre Rose mi chiede se voglio accompagnarla un attimo ai servizi. Nessuno si è accorto della scena, siamo seduti ad un tavolo leggermente in disparte, su richiesta di mio padre per tenermi lontana da occhi curiosi, e il chiacchiericcio e la musica in sala hanno nascosto il rumore dello schiaffo.
Mi dirigo in bagno nera di rabbia mugugnando contro quella serpe.
“Ma come si permette, sono passati sei mesi e non si è mai degnato di un messaggio, una telefonata, una email, e si presenta come se nulla fosse, baciandomi come fosse il mio ragazzo… ma come si permette, io lo… io… mmmmh… lo odio!”
“Calma Bella, tranquilla. Credo abbia capito il messaggio. Adesso rilassati e pensa a tuo padre.”
Entriamo in bagno e mi sfogo contro quel vile e viscido uomo. Mi lavo la bocca per togliere ogni rimasuglio della sua e, dopo aver preso ampi respiri, mi sento pronta a tornare in sala.
“Tutto bene?” mi chiede premuroso Garrett appena esco dai servizi.
“Adesso sì! Torniamo in sala e dimentichiamoci di lui. Festeggiamo a dovere il miglior uomo dell’anno!” dico allargando un sorriso per tranquillizzarlo e camminando impettita verso la sala.
Purtroppo al peggio non c’è mai fine. Ci sediamo al tavolo e scopriamo che Mike è un nostro commensale. Si siede di fronte a me e non perde occasione per fulminarmi con lo sguardo o dire qualcosa di velenoso nei miei confronti. Garrett mi difende, come Rose, ma ciò non lo fa demordere, anzi lo rende ancora più tagliente.
A fine degli antipasti mi alzo per prendere una boccata d’aria ed esco sulla terrazza.
“Scusa” la voce di Mike è gentile e dolce.
“Non credo basti quella parola per cancellare gli ultimi mesi” gli rispondo continuando ad osservare il panorama notturno.
“Sono stato molto impegnato, ma sei sempre stata nei miei pensieri” e con la mano mi accarezza le spalle scendendo sulle braccia. Con un gesto brusco mi allontano e continuo a non guardarlo. Non riesco a voltarmi, non perché ho paura che il sentimento che provavo per lui riaffiori, ma ho paura di non trattenermi dallo schiaffeggiarlo di nuovo. Stringo i denti e penso ad Edward per tranquillizzarmi.
“Isy!” mi chiama gentile allungando una mano sulla mia spalla cercando di farmi voltare.
“Isabella. Per te Isabella.”
Mi gira con forza e, prendendomi per le spalle, mi tiene a pochi centimetri da lui.
“Ho sbagliato e sono qui a chiedere il tuo perdono. Cosa vuoi di più?” lo chiede come se stesse fissando i termini di un contratto.
“Nulla. Voglio che mi stia lontano. E’ finita tra noi. E’ finita sei mesi fa e non c’è nulla che mi possa far tornare indietro” gli dico facendo un passo verso il parapetto per allontanarmi.
Si volta verso la sala e poi verso di me.
“Ti ho sopportato per anni. Ti ho insegnato tutto quello che conosci in fatto di uomini e sei stupidi mesi bastano per dimenticare? No, mia cara Isy, non penso che vadano così le cose.” E con la mano mi ferma il volto obbligandomi a guardarlo. Mi fissa con bramosia e, bloccandomi con l’altro braccio stretto in vita, mi bacia con freddezza, come per confermare che sono sua.
Mi allontano e con tutta la rabbia e la forza che mi cova dentro gli tiro uno schiaffo. “Ho un ragazzo adesso che vale diecimila volte te, quindi tieni le tue manacce e la tua sudicia bocca lontano da me o chiamo la sicurezza”
Scoppia a ridere isterico. “Lo conosco? Un pollo da spennare? Brava Isy, sei proprio come Lauren, anzi peggio, perché il vero pollo da spennare sei tu, o dovrei dire gallina!” e fa il verso del pollo con le braccia.
Non gli rispondo, mi volto per rientrare in sala, ma lui mi blocca per il polso. “Non hai bisogno di polli da spennare, io posso renderti felice comunque” mi dice inspirando il mio profumo.
“Non è un pollo, è un uomo che mi rende felice. Non ha soldi, ha sentimenti, ha un cuore… tutte cose che a te mancano e che non potrai mai comprare!”
Ride ancora più forte. “Quindi da cacciatrice di polli ti sei trasformata in gallina da spennare” e applaude borioso.
“Pensala come vuoi, l’importante è che stai lontano da me”
“Tornerai strisciando” minaccia sibillino.
Appena varco la porta della terrazza vedo Jasper correre verso di me.
“Tutto bene?” mi chiede bianco in volto “Stavo controllando la zona, un collega mi ha avvisato, ma non sono arrivato in tempo.” Vorrebbe abbracciarmi, ma il suo ruolo non lo consente.
“Sto bene. Devo solo bere qualcosa di forte.”
“Se riprova a metterti le mani addosso non solo dovrà vedersela con la tua guardia del corpo, ma anche con il tuo cugino texano” e con quella frase mi fa rinascere il sorriso.
“Grazie, Jasper. Ci conto.”
La cena continua tranquilla, Mike non si è più disturbato a fulminarmi con lo sguardo o ferirmi con le battute, anzi, fa il prezioso, mi viene quasi da ridere. Metto a confronto Edward con lui, e non regge assolutamente il paragone. Edward è un dio greco, alto, con indomabili capelli castano ramati e profondi occhi verdi, un sorriso sghembo che ti fa svenire, le spalle larghe ed il petto scolpito che ti infondono sicurezza e promettono protezione, mentre le mani, con un solo tocco, ti fanno vedere il paradiso. Mike, un ragazzino che si crede uomo, di altezza media, con i capelli laccati biondo cenere e liquidi occhi azzurri, sorriso finto e fisico asciutto, le sue mani sembrano polipi che ti avvinghiano famelici. No, non regge proprio il confronto. In parte gli sono riconoscente, se non mi avesse evitato forse non avrei mai incontrato Edward… no, anche se avesse continuato a frequentarmi io avrei incontrato Edward… perché lui è il mio destino!
Prima che venga servito il dolce, mio padre viene chiamato sul palco per la premiazione. Gli stringo la mano per incoraggiarlo e lo osservo fiera mentre sale sul pulpito.
Ringrazia tutti, ringrazia i soci, i collaboratori e ringrazia in particolar modo me. Mi ringrazia perché sono la sua famiglia, il motivo per il quale ogni giorno si impegna ad essere un uomo migliore. E’ un discorso toccante, il pubblico applaude e lui, emozionato, riceve il premio e lo dedica a tutto il suo staff.
Uno scroscio di applausi lo accompagna al tavolo e io lo abbraccio orgogliosa di essere sua figlia.
Il signore sul palco dà il via ai camerieri per il dolce e ci ringrazia tutti per la presenza augurandoci buona serata.
I camerieri, in fila come soldatini, entrano in sala e si dividono nei vari tavoli, mentre mi immergo in una discussione sul discorso di mio padre con Garrett.
 
“Jacob?” dice tremante Rose. Alzo gli occhi e il viso sconvolto di Jacob mi si para davanti. Rimane immobile con il piatto fermo all’altezza del viso di Mike.
“Mi scusi, potrebbe togliermi sto piatto dalla faccia” lo richiama stizzito Mike.
“Mi scusi” risponde Jacob prima di posare il piatto e fuggire.
“Jacob!” lo chiamo alzandomi per seguirlo. Riesco a raggiungerlo nel corridoio che porta alle cucine.
“Jacob, aspetta” lo imploro.
Si gira guardandomi con gli occhi arrossati dal pianto e mi squadra dalla testa ai piedi.
“Cosa vuoi?” ringhia.
“Spiegarti” gli rispondo avvicinandomi cautamente.
“Cosa vuoi spiegarmi? Che sei una bugiarda? Che tu e i tuoi amichetti vi siete divertiti a giocare con noi?” chiede pulendosi le lacrime con rabbia.
“Non è così… è complicato”
“AH! E’ complicato… la tua risposta preferita!” e si volta per andarsene.
“Isy?” la voce di Mike alle mie spalle mi chiama. Ma cosa diavolo vuole? Perché mi ha seguita? La sua presenza può solo peggiorare la situazione già critica.
“Jacob ti prego, posso spiegarti” gli urlo mentre scappa ed io sono bloccata dalle braccia di Mike serrate sui miei fianchi.
“Vai al diavolo” mi urla mentre corre in cucina.
“Isy? E’ lui il ragazzo che ha cuore? Te la fai con i camerieri?” mi chiede voltandomi.
“Non sono affari tuoi” gli rispondo spintonandolo per allontanarlo.
“Ohooo! Sì che sono affari miei, tu sei la mia ragazza” dice stringendo la presa.
“Miss Swan, tutto bene?” chiede Jasper a pochi metri da Mike.
“Voglio tornare in sala” rispondo con voce spezzata. Jasper si avvicina e mi prende per il braccio mentre minaccia con gli occhi un Mike infastidito.
“Se preferisci la servitù, sei un’ingenua oltre che una gallina” mi scherna Mike mentre mi allontano con Jasper. Sento i muscoli del mio angelo tendersi mentre mi sostiene per la vita. “Andiamo” mi sussurra aumentando il passo.
Appena arrivo in sala Garrett e Rose mi vengono incontro preoccupati.
“Ho rovinato tutto. Devo tornare a casa” comunico mentre mi dirigo al tavolo per salutare mio padre.
“Ti telefono domani. Complimenti per il premio!” lo bacio ed ignoro la preoccupazione del suo volto. Prendo a braccetto Jasper per reggermi e mi dirigo alla limousine.
 
Per tutto il tragitto penso a cosa posso fare per rimediare. Potrei andare da Edward e dirgli tutta la verità prima che lo faccia Jacob, potrei tornare indietro ed obbligare Jacob a tacere, potrei chiedere a mio padre di trasferirmi in un locale di Londra e lasciarmi alle spalle tutto… potrei… potrei… ti farai del male… le parole di mio padre continuano a martellarmi la testa, e le lacrime scendono copiose mentre vedo la mia vita distruggersi come un castello di sabbia.
Decido di tornare indietro e mi fiondo nelle cucine. Mi avvisano che Jacob non ha finito il servizio per un’urgenza famigliare e che è tornato a casa. Dò all’autista l’indirizzo di Jacob, ed inizio a bombardarlo di telefonate, al quale ovviamente non risponde.
Quando arriviamo davanti al suo appartamento mi fiondo fuori dalla macchina ed inizio a bussare alla porta urlando il suo nome. Alcuni condomini escono insultandomi per il chiasso, ma io non li considero e continuo a bussare… dopo circa quindici minuti, ho la mano dolorante, ma non mi do per vinta ed inizio anche con i piedi e minaccio di buttarla giù se non la apre.
Finalmente un Embry con la faccia triste mi apre e mi fa entrare.
Jacob è sul divano con la testa a penzoloni ed un bicchiere mezzo pieno in mano.
“Jacob” lo chiamo mentre mi siedo appoggiando la mano sulla sua spalla.
“Non toccarmi” sibila.
“Jacob, ti prego. Lasciami spiegare. Guardami!” gli chiedo mentre con la mano gli giro il volto. “Sono sempre Bella” gli faccio notare con un sorriso.
“NO! Tu sei la figlia di Charlie Swan! Tu sei Isabella Mary Swan! Tu non sei Bella, Bella non esiste” e con un gesto secco toglie il suo viso dalla mia mano. Con la coda dell’occhio vedo Embry cadere sulla poltrona con la bocca spalancata.
“Non è importante il nome, è importante la nostra amicizia”
“L’amicizia prevede la sincerità. Tu non sei mai stata sincera.”
“Jacob. Non potevo… è complicato!”
Alza il viso e guardandomi fisso negli occhi ringhia “Ho tutta la notte… altrimenti fuori”
“Ok.” Mi posiziono frontale a lui e gli prendo le mani “Ero frivola e spendevo tantissimi soldi dando importanza esclusivamente all’apparenza e reputando tutti miei servitori. Sei mesi fa ho superato il limite e mio padre ha deciso di darmi una lezione. Ha congelato tutti i conti, mi ha tolto tutti gli agi e mi ha obbligato a lavorare come cameriera al New Moon. Mi lasciava la casa e pagava il cibo solo se non rivelavo la mia vera identità. Aveva paura che se si fosse saputo chi ero, le persone avrebbero continuato a servirmi.”
Bussano alla porta ed Embry, scusandosi, va ad aprire, tornando con Jasper.
“E lui, si può sapere chi è in realtà?” mi chiede Jacob indicandolo.
“La mia guardia del corpo”
“Ovvio” ride strafottente.
“Dopo la rissa voleva che tornassi a casa, ma io mi ero affezionata a voi e non volevo andare via. Mio padre mi ha concesso di rimanere a patto che accettassi una guardia del corpo, e così ho conosciuto Jasper.”
“Il cugino texano” dice con disprezzo.
“Non sono suo cugino, ma sono texano veramente!” Cerca di ammorbidire la tensione Jasper.
“Il lavoro al New Moon doveva essere momentaneo, come la mia vita in questo quartiere, ma poi ho conosciuto te, la persona più dolce e disponibile che conoscessi…”
“Non ci provare!” mi blocca Jacob chiudendosi nelle spalle.
“Jacob, mi sono affezionata a te, e grazie a te ho capito che potevo essere una persona migliore, che potevo frequentare persone migliori… mi hai presentato Angela, e poi Alice, Seth, la band… ed Edward!”
“Edward… ma come hai potuto?” mi chiede ricominciando a piangere.
“Mi sono innamorata, Jacob. Non era previsto, non era voluto. Ogni volta che provavo a dirgli chi ero, lui mi ricordava il suo odio per il mio mondo. Ho paura di perderlo e non voglio perderlo!” gli dico iniziando a piangere al solo pensiero di non poter rivedere Edward.
“Ma potevi dirlo a me!”
“Obbligandoti a mentire ai tuoi amici?”
Si alza e prende delle birre dal frigo. Ne offre una a Jasper e poi a me.
“Quante altre bugie mi hai detto?”
“Solo quelle per nascondere il mondo nel quale son nata, ma del quale non voglio far parte”
“Tu sei pazza” dice scrollando la testa.
“Jacob. Voi siete veri, leali, sinceri… nel mio mondo esiste solo la convenienza, il denaro, il secondo fine… ci riempiamo di oggetti costosi per nascondere il vuoto nel quale viviamo… Rose è la mia miglior amica, ed anche lei, come Garrett, fa parte di quel mondo, ma appena vi hanno conosciuto lo hanno rinnegato e preferito il vostro…”
“E Carmen?”
“E’ la mia domestica. Non vi avevo mai invitato a casa mia perché vivevo in un attico a due piani nel palazzo di mio padre… se vedevate dove abitavo avreste subito capito… come se vi avessi presentato Carmen per quella che è veramente, e pensa… è la madre di Emmett” dico per farlo sorridere.
Mi guarda scioccato “E’ la verità, te lo giuro” e bacio le dita incrociate.
Si lascia ricadere sul divano e si copre la faccia con le mani sbuffando.
“… ed ha una vasca idromassaggio nascosta in camera” dice Jasper ottenendo la prima risata sincera di Jacob.
“Non ci credo!” dice riemergendo dal nascondiglio. Annuisco e fulmino Jasper.
“Ti dirò tutto quello che vuoi sapere, ti farò fare il bagno nella vasca…”
“Questa poi, sei gelosa di quella vasca nemmeno fosse tua figlia” soffia Jasper alzando gli occhi al cielo.
“… puoi fare anche il bagno nella vasca, ma ti prego non dirlo agli altri, dammi tempo, lo farò!” gli chiedo supplicandolo.
“Bella, non sono capace a mentire e non puoi chiedermi di farlo con Edward. E’ il mio miglior amico.”
“Non ti chiedo di mentire, ti chiedo di non dirlo”
“Bella differenza!” sbuffa alzandosi per sedersi su Embry.
“Cosa facciamo?” gli chiede.
“La vita è sua, tu stanne fuori” risponde Embry facendo spallucce “… però per la vasca, un pensierino…” continua con sguardo sognante.
“Se volete potete venire adesso a farvi il bagno, da soli, insieme… basta che non facciate zozzerie! Ma vi prego, non voglio perdere Edward” Jacob si alza e mi abbraccia.
“Isabella Mary Swan, Bella” e stringe l’abbraccio baciandomi i capelli.
 
Il giorno dopo Jacob inizia a notare ciò che, non conoscendo la verità, non aveva mai notato.
L’atteggiamento di Jessica nei miei confronti, la presenza perenne, anche se a volte invisibile, di Jasper, la somiglianza di Carmen con Emmett, le mie mani curate e il vero valore delle mie scarpe.
Dopo il lavoro è curioso di vedere la mia adorata vasca. Sgrana gli occhi al meccanismo che la nasconde e si tuffa felice all’interno gustandosi i massaggi.
“Devi dirlo a tutti… e non mi riferisco solo alla vasca” esclama con gli occhi chiusi e la faccia rilassata dai massaggi.
“Lo farò” rispondo prima di lasciarlo solo a godersi il momento.
 
La settimana passa tranquilla, Jacob trova scuse per non incontrare gli altri e mi fa presente che ne sente la mancanza, ma non riuscirebbe a guardarli negli occhi. Rose, Garrett e Jasper mi accompagnano, come nulla fosse, al locale ed io continuo la mia relazione con Edward senza dirgli nulla. La tentazione ormai è alle stelle, ma più cerco di dirglielo e più lui precisa di odiare il mio mondo.
 
***
 
Arrivo al locale in ritardo, ho mangiato cena con Rose ed i suoi parenti, e le chiacchiere si sono prolungate. Entro al Midnight Sun con il sorriso perché la visione di Edward mi riempie il cuore. Saluto Paul mentre sorseggio la birra e avverto una strana sensazione.
Tanya mi passa vicino e mi saluta freddamente prima di uscire dal locale con Peter che nemmeno mi guarda. Alice mi vede, faccio per salutarla, ma lei scuote la testa, scruta Jasper con le lacrime agli occhi ed esce correndo dalla porta d’entrata. Guardo Jasper per capire, lui si stringe nelle spalle e la segue.
Al termine di una canzone la band si ferma per l’inchino e Edward mi scorge al bancone. Lo saluto con la mano e con un sorriso alzo il bicchiere per brindare alla canzone. Si avvicina a Emmett, gli parla all’orecchio e scende rigido dal palco. Mi si avvicina, ma non sorride, è furioso.
“Non sei ben accetta Isabella Mary Swan, esci dal locale A D E S S O” e stringendo i pugni attende che io mi alzi.
“Ma cosa…” chiedo facendo un passo verso di lui e allungando la mano per toccarlo.
Mi schiva stringendo i denti e, con gli occhi sottili e adirati, ripete.
“Vattene” secco, quasi ringhiato.
Vedendo che non mi muovo, mi prende per il braccio e mi trascina fuori dal locale. Vedo Jasper litigare con Alice in fondo al parcheggio, mentre Tanya e Peter cercano di tranquillizzare gli animi.
“Il gioco è finito. Non cercarmi, sparisci, vattene… tornatene nel tuo mondo” E si gira scomparendo all’interno del locale.
Non capisco, non ho capito, le gambe mi cedono facendomi crollare a terra, mentre continuo a guardare verso Jasper, vorrei sentire, ma il vuoto si è impadronito della mia mente, sento solo la voce di Edward che mi ripete Vattene. La vista si annebbia e il buio mi assale. Sento Jasper chiamarmi, mentre il mio corpo viene alzato, sento l’aria del movimento, la portiera chiudersi, vedo i palazzi scorrere, la portiera riaprirsi e il volto preoccupato di Jasper.
“Faccio da sola” dico scendendo come un automa dall’auto.
Salgo i gradini meccanicamente e mi dirigo in camera trascinando i piedi.
Mi corico, ancora vestita nel letto, e rimango ad osservare il soffitto fin quando il sonno non mi rapisce.
Sogno Jacob che guardandomi con disprezzo mi urla “Bugiarda” mentre Edward, schifato, mi lancia tra le braccia di Mike “Ti meriti solo lui. Stai lontana” e la risata di Mike vittoriosa aumenta fin quando non cado nel vuoto. Sogno mio padre che passandomi una bottiglia, mi ripete “Ti farai solo del male”. Sogno Alice che schiaffeggia Jasper accusandomi di averle rovinato la vita, con vicino Edward che sputa per terra e mi volta le spalle. Sogno Peter che mi ricopre di fotografie che ritraggono me con gioielli e scarpette di cristallo, tra le braccia di Mike o di Garrett mentre Edward affonda le sue mani nel mio petto e stringendomi il cuore mi sibila “Non sai come usarlo, sai solo come spezzarlo” e lo stritola con le mani…
Mi sveglio madida di sudore che è ancora buio. Mi alzo ammaccata e mi corico nella vasca idromassaggio ancora vestita. Le parole di Edward continuano a bombardarmi la mente “Il gioco è finito. Non cercarmi, sparisci, vattene… tornatene nel tuo mondo” e mi riabbandono agli incubi.
La mattina Jasper mi trova così. Vestita ed immersa nella vasca.
“Bella” mi chiama preoccupato.
Apro gli occhi, ma lo vedo sfocato, “L’ho perso” dico, e li richiudo cercando di nascondermi negli incubi… sempre meglio che la realtà. Mi alza di peso e, gocciolando per il pavimento, mi corica nel letto.
“Ho perso tutto, ho perso Edward!” ripeto come una litania mentre lo sento spogliarmi e coprirmi con la coperta. “L’ho perso” e ricado nell’oblio.
 
Sento passi, sento mani, sento voci, vedo il sole tramontare, risorgere e tramontare.
Mi sento vuota, mi sento scivolare senza riuscire a fermarmi.
Vedo mio padre che mi parla, sento Jasper che mi copre, vedo Rose che mi abbraccia, sento lo stomaco rifiutare il cibo e rimetterlo dopo che Carmen mi ha imboccata… e ricado nell’oblio… lasciatemi qui, nell’oblio, si sta bene… non si soffre, non c’è nulla, come non c’è più nulla dentro il mio petto, dentro la mia mente.
Rose mi pettina, Garrett mi legge libri, Jasper mi veste, Carmen mi ciba, mio padre mi abbraccia, Carlisle mi visita, Esme mi coccola… ma io voglio solo dormire e non sognare.
 
“Adesso basta Bella! Io lo chiamo” urla Jasper prendendomi il cellulare.
“NO” è la mia prima reazione dopo non so quanto tempo. Mi alzo dal letto e scaravento il cellulare fuori dalla finestra chiusa spaccando il vetro.


Ebbene sì! Edward ha scoperto tutto!!! Chi sarà stato a dirglielo? Jacob? Peter?... o chi?
Chi è venuto meno alle promesse fatte a Bella????

Beh! Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Fatemi sapere le vostre opinioni... sono la mia forza per continuare questa avventura!!!


 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
“Voglio solo porti una domanda, dopo di che me ne andrò e, se vorrai, non mi farò mai più vedere”
“Ti ascolto. Una sola e poi vattene” concordo mettendomi a sedere sul letto con le gambe incrociate.
“Perché hai nominato Mike e Garrett?”
“Tze. Ce ne sono altri oltre loro?” chiedo con una smorfia di disgusto


Mentre attendete il nuovo capitolo vi invito a leggere le mie FF

Il mio incubo personale
from twilight to sunrise edward
 

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Capitolo 20
*** Il Dossier ***


Cosa dire se non SONO EMOZIONATA nel vedere quante persone stanno seguendo la mia storia!
GRAZIE GRAZIE GRAZIE.


Ormai le bugie sono state svelate!!! Chi avrà informato Edward? Come reagirà? Riuscirà a perdonare Bella? 
Leggete e scoprirete!!!



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 IL DOSSIER

EDWARD
Sono chiuso nella mia stanza e continuo a sfogliare il dossier. Ho deciso di sfruttare le ferie maturate per leccarmi le ferite. Sono giorni che esco dalla stanza solo per i bisogni primari, diversamente passo le giornate torturandomi con quel plico maledetto. Mi sono chiuso dentro a chiave perché i miei amici hanno deciso che devono aiutarmi e si presentavano in camera strappandomi quei maledetti documenti dalle mani.
 
Non so chi me lo ha spedito. Un giorno, il corriere, bello come il sole, mi chiede una firma prima di lasciarmi tra le mani il pacco che rovinerà la mia vita. Mi ricordo come fosse adesso.
 
Ho ringraziato, ho chiuso la porta guardando curioso il pacco pesante che tenevo tra le mani e mi sono aperto una birra prima di sedermi sul divano ed aprire la busta. Una cartellina arancione con scritto “Isabella Mary Swan” a caratteri cubitali era il contenuto. La appoggio sul tavolino e la apro distratto, certo che abbiano sbagliato destinatario. La foto di Bella con un collier da migliaia di dollari è la prima fotografia, e da lì un crescendo di delusioni e bugie svelate.
L’articolo di giornale di quando è nata l’erede tanto attesa di Charlie Swan, completo di foto della famiglia felice con la bimba più ricca della città tra le braccia della madre sorridente. L’articolo dell’entrata in società della giovanissima Isabella Mary Swan, l’articolo della prima vacanza con il fidanzato Mike Newton sull’isola che il padre le ha regalato, con relative foto di lei avvinghiata a Mike mentre lo bacia in acqua, sullo yacht, sulla spiaggia privata. Mille articoli delle follie dell’erede Swan, la foto nel giorno del diploma con Mr. Swan che appoggia fiero il braccio sulla spalla della figlia. Le foto della festa dei diciotto anni svolta in uno dei club di proprietà Swan dove brinda con Garrett. Fotografie che ritraggono Isabella mentre esce da boutique prestigiose accompagnata da attori, cantanti, registi, imprenditori… e la fila di guardie del corpo ricoperta da borse stracolme di vestiti. Foto che la ritraggono con il padre durante le cerimonie di apertura dei locali sparsi per il mondo… Dichiarazioni di Isabella Mary Swan rilasciate ai giornali, sia quelle pubblicate che quelle scartate… tutta la vita di Isabella Mary Swan, Isy per gli amici, Bella per me.
Le foto più dolorose sono le più recenti. La prima è stata scattata sabato scorso e ritrae Isabella che bacia Mike sulla terrazza del locale nel quale suo padre è stato premiato. Tutte le altre sono state fatte alla festa di Rose e ritraggono Bella sorridente tra le braccia di Garrett, continua con la coppia che si struscia in pista, si allontanano salendo nella saletta privata e terminano con loro che vanno via insieme sulla macchina di lui.
La festa di Rose era solo un mesetto fa, Bella si strusciava con Garrett la sera e la mattina si strusciava con me, il suo giocattolino. Ha giocato con me ed io come un pollo ci sono cascato. Mi ha fatto toccare il cielo con un dito, si è fatta desiderare, facendomi passare per un donnaiolo, Non voglio essere una sveltina, mi aveva detto quando era lei che cercava una distrazione.
 
Avevo la foto di Bella tra le braccia di Garrett, quando Peter ed Alice sono tornati. Non ho alzato la testa, non ho nascosto la verità, ho solo continuato a svogliare quei maledetti fogli, torturandomi mentre la verità mi sbeffeggiava.
 “Mi dispiace” esclama colpevole Peter posandomi la mano sulla spalla.
“Tu lo sapevi” sibilo.
Non risponde ed abbassa il capo. Salto oltre il divano, e se non fosse per mia sorella, adesso avrebbe il naso rotto.
“Tu lo sapevi” ringhio.
“Sì”
“E non mi hai detto niente?” stringo le mani sul divano per non strozzarlo.
“Non potevo. Lei mi aveva promesso di dirtelo” si giustifica allontanandosi da me.
“E’ una bugiarda. Ci ha mentito, ti ha mentito, mi ha mentito!” urlo lanciando in aria i fogli. “Da quando?” gli chiedo avvicinandomi minaccioso.
“Dalla festa di Rose, ero lì per lavoro.”
Sento mia sorella singhiozzare e girandomi la vedo asciugarsi le lacrime con le foto di Jasper in mano.
Il dossier non riguardava solo la ragazza che conoscevo come Bella, ma anche il suo “cugino texano”, o per meglio dire la sua guardia del corpo. Parlava anche di Garrett, presentatomi come direttore dei lavori a casa di Bella, ma in realtà il figlio del socio di Charlie Swan. E, come ciliegina sulla torta, il conto dell’ospedale per la degenza di Alice, Jacob e mia nei giorni successivi alla rissa.
Le strappo di mano le foto.
“Mi dispiace!” le dico “E tu, potevi evitarci tutto ciò! Sapevi della loro doppia vita e ci hai tenuto all’oscuro! Ti credevo un amico” accuso Peter.
“Edward!” mi riprende Alice appoggiandomi una mano sulla guancia.
“Edward, un corno. Aveva altri ragazzi, l’hai vista con i tuoi occhi e non mi hai detto nulla!”
“Edward, le foto a volte mentono” mi dice Peter cercando di calmarmi.
“Anche le persone” e dopo quelle parole mi chiudo in camera, ed a oggi sono ancora qui dentro a riguardare quelle maledette foto e leggere gli articoli che ormai conosco a memoria.
Bella non è mai esistita, mi sono innamorato di una finzione, diventando nella realtà il giocattolino di Isabella Mary Swan, una delle ragazzine più ricche del paese.
Io non chiedo, prendo. Ciò che voglio, prima o poi, diventa mio era una delle dichiarazione che aveva rilasciato, e in quel caso non aveva mentito. Voleva fare l’esperienza di stare con un poveraccio e lo ha fatta, fregandosene delle macerie che avrebbe lasciato una volta che si fosse stufata.
Ripenso agli ultimi mesi e tutto diventa più chiaro.
La attendo qui fuori la frase di Jasper fuori dal bagno, le dava del lei perché lei è il suo capo. Anche Carmen le dava del lei a volte, si correggeva subito, ma l’abitudine a volte prendeva il sopravvento.
Miss - E’ il mio nomignolo da piccola aveva detto ma non è un nomignolo, lei è Miss Swan.
La mattina del risveglio disastroso, Jasper non era nei paraggi per caso, era appostato per controllare la sua protetta. Il blocco di Jasper ad aprirsi con Alice, era dovuto al fatto che, in tutti quei momenti, lui stava lavorando.
La reazione di Bella e dei suoi servitori alla battuta di Tanya sul costo dell’appartamento. La bugia sulla cena con suo padre, quando in realtà era alla festa di Rose con uno dei suoi amanti, ed aveva pure avuto il coraggio di portarlo al locale e presentarmelo come amico. Le scuse per non andare a far compere nella New York bene o passeggiare per Central Park… aveva paura che qualcuno la riconoscesse smascherandola.
Il suo viso che stizziva alle mie battute sui ricchi, non era perché condivideva i miei pensieri, ma perché la pungevo nel vivo… Quanti indizi ed io, come un idiota, li ha sorvolati accecato dall’amore. Stupido!
 
Scaravento la sedia contro il muro ed inizio a distruggere tutto quello che mi capita a tiro, fin quando il rumore della porta che si rompe e le braccia di Peter mi fermano.
Mi giro per picchiarlo, gli tiro un pugno in faccia e continuo a lanciare fendenti. Non vedo Peter, vedo Garrett, vedo Mike… quando la vista mi ritorna mi accascio sul pavimento e do sfogo a tutte le mie lacrime.
Peter mi parla, ma non lo sento, Alice mi accarezza amorevole e solo le sue mani riescono a mettere insieme i pezzi confusi del mio cervello. Mi alzo a sedere e chiedo scusa a Peter, non lo guardo, non voglio vedere cosa gli ho fatto.
“Lasciatemi solo, per favore” e mi riaccascio a terra piangendo.
 
E’ sera, o almeno così credo, Alice entra con la cena e si siede accanto a me sul letto.
“Devi reagire” dice accarezzandomi i capelli. “Non permetterle di distruggerti la vita.”
Si appoggia al mio petto ed il suo respiro mi fa calmare.
“Io sono andata avanti, non erano le persone giuste per noi. Ci sono io per te e tu ci sei per me, ed è la cosa più importante” e alza il viso per guardarmi negli occhi sorridendomi dolcemente.
Non sono l’unico al quale hanno mentito. Anche se la relazione tra Alice e Jasper non era fisica, l’amore che mia sorella provava, e prova per Jasper, è simile a quello che provavo, e provo, per Bella.
La guardo e la stringo forte a me.
“Sono un disastro come fratello” dico con la bocca appoggiata ai suoi capelli.
“Un po’. Ma tranquillo, ti riprenderai e tornerai il fratellino maggiore e geloso di sempre. La vita va avanti e questo piccolo ostacolo lo supereremo!”
Rimaniamo abbracciati fin quando il borbottio dello stomaco di Alice ci fa sorridere.
 
Mi alzo e, per la prima volta, ritorno a mangiare in cucina, sul tavolo. Ho lo stomaco ancora chiuso e uscire dalla stanza mi fa sentire come un bersaglio, ma stringo le mani di Alice e mi siedo sulla penisola. Peter non c’è, è uscito. Mangio con un appetito che credevo di non avere e mi coccolo la mia sorellina sul divano. Ha ragione, devo reagire. Non posso permettere ad una finzione di rovinarmi la vita.
Peter ritorna accompagnato da Jacob. Sorridono nel vedermi sul divano e si accomodano sul tappeto per mangiare le pizze che hanno portato e mi offrono una birra. Non riesco ancora a parlare, li osservo, in particolar modo Peter, è un amico, non mi ha lasciato solo nemmeno dopo averlo picchiato ed accusato.
Li ascolto e man mano i miei pensieri ritornano lucidi insieme alla voglia di lottare per riprendere la mia vita in mano.
Ritorno a lavorare, le ferie che avevo a disposizione sono terminate, ma non torno ancora al locale, o nel mondo al di fuori di casa e cantiere. Gli amici mi vengono a trovare e, con fatica, riescono a farmi uscire dalla bolla che mi ero creato.
Tanya è fenomenale, mi ascolta, mi accarezza e mi fa sfogare. Siamo tornati amici di letto e, anche se non riesco più a provare piacere come un tempo, la sua compagnia e la sua presenza nel mio letto mi aiuta a guarire le ferite.
La notte è il momento più difficile, Bella continua a comparire nei miei sogni. Mi perdo nei suoi occhi, la bacio con passione, le accarezzo le guance, e lei continua a ripetermi che mi ama. Lo so che può sembrare un bel sogno, ma quando sono rilassato tra le sue braccia e mi cullo nel suo profumo, Mike arriva strappandomela dalle braccia e, ridendo chiassosamente con lei, si allontanano ripetendo che sono solo un illuso.
Mi sveglio urlando, il corpo di Tanya è coricato vicino a me, inizio a sfiorarla con bramosia, a baciarla in ogni parte del corpo con avidità e la penetro con forza continuando a ripetermi “Vivo bene anche senza di te”.
 
Son passate ormai settimane dall’ultima volta che l’ho vista. La casa è addobbata per Natale, ma non riesco a sentirne la magia.
Le ragazze mi obbligano ad accompagnarle a fare gli ultimi acquisti, con la scusa di volermi far svagare, ma la verità è che hanno bisogno di un facchino. E in quel sfortunato giorno, l’incontro con Rose ed una ragazza con fare altezzoso, mi fa ricadere nel vuoto dal quale stavo uscendo faticosamente. Rose prova a parlarmi, ma con un ringhio la faccio desistere.
Peter sta organizzando il ritorno dalla sua amata, ancora un ultimo lavoro ad un gala mega galattico, al quale sicuramente parteciperà Miss Swan, e poi finalmente si ricongiungerà con la sua dolce metà.
Jacob è diventato taciturno, non è più il solito festaiolo, sente anche lui la mancanza di Bella che, da quanto ho saputo, dalla sera in cui l’ho allontanata ha smesso di lavorare al New Moon.
Alice, la mia luce, si è ripresa ed è sempre sorridente, anche se so che Jasper le manca e si sente ferita per le menzogne, continua la sua vita prendendola con un sorriso e cercando il bello in ogni cosa.
La band mi ha riaccolto a braccia aperte ed il concerto del mio ritorno è terminato con tutti molto alticci e tantissime pacche sulla spalla. James mi ha pagato come se non fossi mai mancato e mi ha confermato la data del matrimonio che si terrà a maggio.
Carlisle ed Esme mi hanno cercato, ma non ho voluto vederli. Continuano a frequentare Alice e lei, ogni volta che ritorna dalle cene o da giornate di shopping con Esme, è felice e mi implora di accompagnarla la prossima volta.
 
Una sera me li sono trovati in casa. Era una giornata leggera. Mi sono svegliato, sono andato a lavorare, ho terminato un murales con Seth e sono entrato in casa con in programma: doccia, pizza, console e nanna.
Invece mi ritrovo gli amici di Bella in casa, con la tavola apparecchiata con il servizio bello e la cucina invasa da ogni leccornia. Rivederli riporta il ricordo di Bella e il dolore al petto è insopportabile. Non passa momento in cui non pensi a lei, ma la mia mente la vede come il frutto di una fantasia e il pensiero non è doloroso, ma trovarmi di fronte a persone che confermano la sua vera esistenza è difficile da gestire.
Carlisle nota il mio malumore e, gentilmente, rivolgendosi verso Alice, propone di rimandare la serata e, tranquillamente, prende il cappotto di Esme e l’aiuta a vestirsi.
Alice mi fulmina con lo sguardo e si gira nascondendo il volto deluso verso il lavello.
“Nessun problema. L’importante è che abbiate portato il vino” rispondo cercando di tirare un sorriso e vedendo mia sorella che riaffiora entusiasta.
La cena passa lenta. Alice racconta la mia vita agli ospiti cercando di farmi interagire, ma io mangio e non alzo lo sguardo dal piatto. Quando terminiamo il pasto, Alice porta Esme in camera sua per farle vedere le sue creazioni e farle provare il vestito che ha cucito per lei e che indosserà a Capodanno.
“Vorrei essere d’aiuto” rompe il silenzio Carlisle.
“Va tutto a meraviglia” gli rispondo proponendogli una partita alla console. Rifiuta e, passandomi la birra, si siede accanto a me.
“Mi dispiace per ciò che è successo. Conosco Isy da quando è nata e sono certo che non l’abbia fatto con cattiveria”
“Isy!” ripeto sprezzante con un sorriso pieno di veleno e gli occhi fermi nel vuoto.
“Bella” si corregge.
Mi irrigidisco e mi alzo in piedi “Non nominarla, non voglio che la nomini” lo minaccio serrando i pugni “Se vuoi frequentare questa casa, bene. Ma ti vieto di nominarla. Non esiste Bella, non è mai esistita” e tracanno la birra per calmarmi.
“Edward” mi sfiora il braccio per placare il mio nervoso.
“Vuoi giocare?” chiedo mentre prendo il controller e mi siedo accendendo la console.
“Voglio parlare” risponde.
“Ok. Ma non di lei.” Ringhio fissando il monitor.
“Dovreste parlarvi, risolvereste tutto”
Lancio il controller e mi paro davanti a lui con i muscoli tesi e la mandibola serrata.
“Di bugie ne ha dette troppe, ne ho le orecchie ancora piene.”
“E’ stata obbligata, ma ciò che prova per te non è una bugia” risponde fermo e guardandomi amorevole. “Sta soffrendo quanto te. Perché vi fate questo? Che importanza hanno i suoi conti in banca, o chi è suo padre?” continua allungando una mano per toccarmi, ma lo scosto con uno strattone.
“Soffrendo. Tze. Me la immagino come soffre tra le braccia di Mike o Garrett”
“Mike? Garrett?” mi chiede interdetto senza muoversi.
“Dovevo immaginarlo: voi ricconi siete tutti uguali. Ci reputate dei dementi, ma sono stufo dei vostri giochetti e delle vostre menzogne.”
“Edward…”
“BASTA! Se vuoi continuare questo discorso vai fuori da casa mia. FUORI!” urlo mentre con il braccio teso indico la porta.
Esme ed Alice rientrano in sala richiamate dalle mie urla.
“Ma cosa succede?” chiede Alice frapponendosi tra me e Carlisle.
“Li voglio fuori. ADESSO” le dico con lo sguardo iniettato di sangue. Stavo riprendendomi ed arriva questo damerino a riaprire le ferite continuando a mentirmi.
“Edward” mi chiama Alice con le lacrime agli occhi.
“HO DETTO FUORI” e spingendola di lato mi rinchiudo in camera sbattendo la porta.
Mi corico nel letto e cerco di calmarmi. Ripenso ai miei amici, alla mia vita senza di lei e cerco di convincermi che è bellissima comunque, che mi ha preso in giro, ma che ringraziando il cielo l’ho scoperto in tempo. Sono giovane, sono attraente, troverò la ragazza giusta per me e Bella sarà solo un amaro ricordo.
Bussano delicatamente e Carlisle entra in camera mia, sedendosi sulla sedia della scrivania.
“Nelle vostre ricche scuole non vi insegnano il significato di: fuori?” chiedo senza guardarlo.
“Voglio solo porti una domanda, dopo di che me ne andrò e, se vorrai, non mi farò mai più vedere”
“Ti ascolto. Una sola e poi vattene” concordo mettendomi a sedere sul letto con le gambe incrociate.
“Perché hai nominato Mike e Garrett?”
“Tze. Ce ne sono altri oltre loro?” chiedo con una smorfia di disgusto.
“In che senso?”
“Quanti se ne scopa? Eh! Mentre giocava con il poveraccio? Quanti se ne portava a letto?”
“Non ti permetto di parlare così di Bella” dice serrando i pugni e assottigliando gli occhi minaccioso.
“Ah, no? Già è vero la poverina soffre. Il giocattolino si è stufato prima e non è stata lei a scegliere il momento più opportuno per sbarazzarsene… ma l’amichetto era tornato dagli affari in Europa, era il momento per il giocattolino di mettersi da parte.”
“Stai vaneggiando” risponde guardandomi come se fossi impazzito.
Mi alzo e gli lancio il dossier.
“E allora queste cosa sono? Fotomontaggi?”
Osserva ogni singolo foglio, e rimane stupito nell’apprendere che so tutto.
“Adesso fuori” lo esorto aprendo la porta.
“Le foto mentono, Edward.” E mi lascia finalmente solo a leccarmi le ferite che ha riaperto.

 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
Garrett, al quinto giro, cercò di fermarmi e, proprio mentre cercava di convincermi a tornare a casa, la voce di Tanya mi sibilò nelle orecchie:
“Ascoltalo, vai a casa. Qui non sei gradita.”
 
Mi raccomando fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo...
e nell'attesa che pubblichi in nuovo capitolo vi invito a leggere le altre mie FF

from twilight to sunrise edward
Il mio incubo personale

 

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Capitolo 21
*** Riemergere ***


Cosa chiedere se non PERDONO PERDONO PERDONO??? Alcuni imprevisti non mi hanno permesso di postare prima e mi dispiace tantissimo avervi fatto aspettare! Spero di riuscire a farmi perdonare con il prossimo capitolo!!!

E con la one-shot "La donna più felice del mondo" che ho scritto in un momento di follia !
 
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RIEMERGERE

BELLA
 
Sono settimane che rimango chiusa in camera, non voglio vedere nessuno e non voglio fare niente, voglio solo dormire. Non ho nemmeno più messo piede nella vasca, non mi importa più di niente.
Guardo il soffitto e cerco il vuoto, nego le emozioni e cerco di dimenticare gli incubi che mi svegliano urlante.
La porta si apre lentamente, Jacob si siede sul mio letto e, guardandomi preoccupato, mi accarezza la guancia.
“Mi dispiace” abbassa il capo colpevole.
Una scintilla mi fa riemergere dal mutismo nel quale sono sprofondata, e la mente inizia ad unire i tasselli.
“TU!” urlo spingendolo “Subdolo, disonesto, schifoso… TU… ti avevo implorato di non dirlo, ti avevo detto che lo avrei fatto, ti avevo chiesto di darmi tempo… TU… ti odio, sei ributtane… mi ero fidata, ti avevo creduto… sei un mostro, ed hai il coraggio di entrare in casa mia!” inizio a picchiarlo a mano aperta per allontanarlo dal mio letto. “Glielo hai detto, mi hai rovinato la vita. Mi hai fatto perdere Edward” e con rabbia lo spintono verso la porta “Mi hai rovinato ed io ti rovinerò… ti farò perdere il lavoro, non troverai più lavoro nemmeno come mozzo, ti farò passare le pene dell’inferno… TU… maledetto… come hai potuto farmi questo. Come hai potuto pugnalarmi alle spalle… TU… che dicevi di essermi amico, tu che ci vedevi come la coppia perfetta… TU… sparisci dalla mia vista o ti ammazzo con le mie stesse mani!”  tremo dalla rabbia e gli occhi sono iniettati di sangue, mentre apro la porta e lo strattono fuori.
“Non sono stato io, Bella” lo sussurra, ma lo sento urlare nel vuoto del mio petto e quelle poche parole mi spingono verso il vuoto ed il buio.
 
L’odore dei sali mi fa riemergere e la consapevolezza di aver spezzato l’ultimo legame con la vita che avevo scelto, mi fa correre in bagno per svuotare lo stomaco vuoto. Rientro in camera e cerco Jacob, ma ci sono solo Carmen sul letto con i sali in mano e Jasper sulla porta che si avvicina per sostenermi ed accompagnarmi a letto.
“Devi tornare da tuo padre” mi dice Jasper mentre mi accomoda sui cuscini “Devi farti aiutare” e mi bacia sulla fronte.
Non rispondo, chiudo gli occhi e scivolo in un incubo di solitudine, dove ogni persona della mia nuova vita mi spintona verso una pozza nera. L’ultima mano che mi tocca e mi fa cadere nel vuoto è quella di Edward, mentre mi guarda con odio.
Mi sveglio urlando e mi nascondo tra le braccia di Jasper. Sfogo tutte le lacrime e sussurro.
“Va bene. Portami a casa”
 
Il Natale scorre lento e triste. Rose e Garrett mi obbligano ad uscire e non mi permettono di saltare nessun gala e nessuna festa. Non sono di compagnia e non ho voglia di ballare o ridere, ma il Martini aiuta a dimenticare, e i cocktail delle feste sono un portento per il mio fine.
La vigilia la passo ad un gala, insieme ai miei vecchi amici. Metto su la maschera insieme al vestito e sorrido come se gli ultimi mesi della mia vita non fossero mai esistiti.
Cerco di non mettere a fuoco nessuno, mi aggiro per la festa distratta, perché basta poco per riportarmi da Edward. Una camicia bianca, come quella che indossa mentre suona, dei capelli spettinati, come la sua chioma ramata, delle braccia scolpite, come le sue mentre mi stringeva a sé… mi nascondo al bar con l’intento di passare la serata con solo il Martini.
“Ehi, Isy. Non credi sia meglio un bicchiere di soda?” mi chiede gentile Mike sedendosi sullo sgabello accanto al mio.
“Vai al diavolo” gli rispondo portando il bicchiere alla bocca e bevendo fino all’ultima goccia.
Jasper si avvicina e con lo sguardo mi chiede se deve intervenire, nego con la testa e ordino un altro giro.
“Isy, mi dispiace. Ero arrabbiato e ho detto parole che non pensavo, e fatto cose del quale mi pento.”
“Vai al diavolo”
“Ti amo, Isy. Mi sono comportato da cafone negli ultimi mesi, ma era la mia grande occasione e devo imparare a gestire la mole di lavoro. In quei sei mesi ho più volte pensato di chiamarti, ma più passava il tempo e più mi sentivo in dovere di darti spiegazioni a voce e non per telefono. Ho chiesto a tuo padre dove potevo trovarti, le volte che sono tornato, ma non me lo ha voluto dire.” E scostandomi una ciocca dal volto continua “Mi dispiace. In memoria di ciò che c’è stato, ti chiedo perdono”
“Ci penserò” e bevo alla goccia il bicchiere prima di alzarmi e chiedere a Jasper di riportarmi a casa.
 
***
 
“Voglio tornare a lavorare” chiedo a mio padre entrando nel suo ufficio.
Alza la testa confuso e, posando la penna, si appoggia allo schienale della sedia ed attende interessato.
“Devo trovare qualcosa da fare, altrimenti impazzisco. Ti prego, fammi lavorare”
Sorride alzandosi e mi abbraccia.
“Cosa ti piacerebbe fare?” chiede continuando a tenermi tra le sue braccia.
“Qualsiasi cosa. Purché tenga il cervello impegnato”
“Domani verrai con me a Londra. Ti insegnerò il mio mestiere. Hai studiato per questo incarico e sei uscita con ottimi voti. Se te la senti, ti insegnerò tutto ciò che vorrai imparare!” e mi bacia sulla fronte fiero di me.
 
Da quel giorno la mia vita è su un aereo. Mio padre mi ha accompagnato a visitare tutti gli uffici che ha sparsi per il mondo, ed ho ricominciato a studiare. Seguendo le assemblee di mio padre mi sono accorta delle lacune che, la poca pratica, ha creato. Ascolto attenta e prendo appunti. Più passo il tempo con lui e più sono fiera di essere sua figlia e mi sento fortunata di poter imparare dai migliori.
La mia vita è di nuovo piena… non di affetti, ma di numeri, statistiche e dati. La mia vita ha ricominciato a girare. La mattina entro in ufficio o prendo l’aereo, lavoro, lavoro, lavoro, propongo, studio. Sono diventata una macchina sforna contratti e gli affetti iniziano a starmi stretti.
Con Jacob sono riuscita a chiarire, grazie all’intercessione di Jasper, ma con gli altri ho perso ogni contatto.
Rose e Garrett mi sono sempre accanto, soprattutto Garrett. E’ il mio tutor e mi segue per tutto il mondo. Mi spiega i concetti che mi sono poco chiari e mi riprende quando sbaglio.
Mike, dalla sera di Natale, è sempre presente. Non manca giorno che mi regali fiori con biglietti d’amore e, se non riesce a starmi vicino, mi telefona o mi manda messaggi. E’ gentile e premuroso, ce la sta mettendo tutta per riconquistare il mio cuore, ma ormai, la vecchia Isy che cerca l’amore non c’è più, è morta. Il mio cuore l’ho cementato e il mio unico pensiero è essere la migliore sul lavoro.
Con mio padre parlo solo di lavoro, con Carmen sono tornata ad essere la sua titolare a tutti gli effetti e con Jasper non parliamo più, non ho argomenti oltre il lavoro e la sera sono troppo stanca per poter sostenere un discorso.
In questi mesi ho scoperto a cosa servono realmente le cene ed i gala, servono per trovare nuovi clienti o per solidificare i rapporti con quelli già esistenti. Non ho più avuto rapporti con nessuno, Rose, Garrett e Jacob continuano a volermi frequentare, ma le serate sono sempre uguali, loro parlano ed io rispondo ad email o correggo un contratto. Non mi interessa sapere cosa hanno fatto durante il giorno, o cosa ne pensano dell’ultimo film o nuovo negozio. Non ho una vita oltre il lavoro e non mi interessa averla. Con Mike è peggio. Non riesco a togliermelo di torno. Ci ho provato in ogni modo, insultandolo, negandomi, presentandogli delle mie clienti, ma lui continua a cercarmi o farmi recapitare regali che ogni volta rispedisco al mittente.
 
Sento un grande vuoto dentro che solo il lavoro riesce a colmare. Quando mi fermo a pensare, o sono in camera e non posso lavorare, gli incubi e gli attacchi di panico sono assicurati.
La situazione è peggiorata la sera di San Valentino quando mi sono fatta convincere da Rose e Garrett ad accompagnarli all’inaugurazione del locale di un nostro ex compagno di liceo. Si trovava a pochi isolati dal New Moon e l’ingresso era gratuito per chi si presentava in coppia… ovviamente c’era il pienone.
Jasper e Garrett sono stati la mia ombra per tutta la sera, perché con tutta quella folla era facilissimo perdersi, infatti, dopo pochi passi all’interno del locale, non avevo idea di dove fosse finita Rose. Andai al bar per prendere un Martini e mi ritrovai faccia a faccia con Tanya. Mi squadrò come fossi una sgualdrina e se ne andò.
“Non farci caso” mi sussurrò Garrett mentre stringeva la mano sul mio fianco per farmi sentire la sua presenza. Annuii, ma la tensione iniziò a salire. Rimasi al bar e continuai a chiedere giri di Martini. Il pensiero di incontrare qualcuno di quella vita mi stava terrorizzando ed il Martini sembrava infondermi coraggio.
Garrett, al quinto giro, cercò di fermarmi e, proprio mentre cercava di convincermi a tornare a casa, la voce di Tanya mi sibilò nelle orecchie:
“Ascoltalo, vai a casa. Qui non sei gradita.”
Garrett la incenerì con lo sguardo, mentre Jasper si parava alle mie spalle. Mi alzai decisa a non ascoltare il suo consiglio e mi buttai in pista a ballare... nessuno dice a Isabella Mary Swan cosa fare!
Ogni tanto scorgevo Alice, Emmett, Quil… e, ad ogni volto, ordinavo un Martini.
A fine serata ero euforica e la loro presenza era diventata sopportabile, fin quando non vidi Edward ballare strusciandosi con Tanya. Non so bene quale sentimento fu predominante: Rabbia? Delusione? Tristezza? Sta di fatto che presi per il polso Garrett e lo trascinai fuori dal locale obbligandolo a portarmi a casa. Rose ci intercettò e cercò di convincermi a rimanere e non far caso a Edward ed ai suoi amici… la faceva facile lei!
Garrett cercava di convincere Rose a lasciare il locale, mentre mi abbracciava per sorreggermi. Ero instabile sulle gambe, il Martini mischiato con il nervoso non erano un ottimo cocktail.
La sfortuna volle che Edward e gli altri uscissero dal locale. Ci guardammo per pochi secondi, e bastarono per riaprire tutte le ferite che il lavoro era riuscito a rimarginare. Non mi parlò, non mi salutò… squadrò Garrett e mi diede le spalle andandosene.
Tornai a casa e diedi fondo al mobile bar di mio padre addormentandomi sul pavimento della mia stanza. Al mattino riuscii ad andare al lavoro, ma il mal di testa mi impediva di concentrarmi. La segretaria mi diede un medicinale portentoso, che fece svanire ogni dolore, e mi rese nuovamente lucida… da quel giorno la sera dimentico gli occhi glaciali di Edward fuori dal locale con il Martini e la mattina ritorno grintosa al lavoro grazie alla magica pastiglia…
 
Stasera sono obbligata a presenziare ad una festa di beneficenza. Stringo mani, mi congratulo e sorrido con l’ormai abituale maschera.
“Tutto bene?” mi chiede Esme avvicinandosi.
“Certo, stasera prevedo di accalappiare ancora un paio di clienti” rispondo con un sorriso a trentadue denti.
“Oltre il lavoro?” mi chiede accarezzandomi il braccio.
“Non c’è nulla oltre il lavoro. Non ho tempo. E adesso scusami, mi aspettano!” e mi dirigo verso Garrett.
Balliamo un lento e in lui trovo un ottimo cavaliere. A differenza di mio padre e Carlisle, non mi pone domande sulla mia vita privata, ma parla di lavoro, mi fa cenno con gli occhi per farmi individuare nuovi clienti e insieme studiamo una strategia per avvicinarli.
Dopo aver ballato ci avviciniamo al bar e, davanti ad un ottimo Martini, continuiamo a parlare. Ormai brilla mi alzo dal tavolino e, appoggiandomi a lui, ci dirigiamo verso la limousine. Una strana frenesia si impossessa di me, le sue spalle larghe che mi sorreggono mentre cammino e la sua voce calda che continua a elencare numeri e nomi mi fa girare la testa. Le sue labbra sono così vicine che posso sentirne il respiro, le sue mani mi stringono i fianchi facendomi increspare la pelle. Quei numeri freddi che escono dalla sua bocca, quei nomi di sconosciuti che mantengono lontani i ricordi… lo bacio con passione. Ho bisogno di dimenticare, di non pensare, di non ricordare. Ci baciamo in auto fino al suo appartamento, sull’ascensore, mentre apre la porta e mi accomoda sul letto. Quando gli sfilo la camicia si ferma e mi guarda scavandomi negli occhi.
“Sicura di cosa stiamo facendo?” mi chiede fermando le mani che cercano di spogliarlo. Non rispondo, ma lo bacio. Non sono sicura, ma non voglio pensare, non voglio che faccia domande, voglio solo che mi faccia dimenticare che esista un mondo oltre il suo letto.
“Bella!” mi sussurra mentre si avvicina per baciarmi. Quel nome mi fa irrigidire e la voce di Edward che lo pronuncia mi trapassa i timpani.
“NON CHIAMARMI BELLA!” urlo spintonandolo con odio. “SONO ISY, BELLA E’ MORTA!” e lo guardo con rabbia, stringendo tra le mani il lenzuolo per non picchiarlo.
“Isy” dice prendendo il mio viso tra le sue mani e guardandomi negli occhi. “Bella non è morta. Bella sei tu”
Con la mano aperta gli tiro uno schiaffo. Ci guardiamo per alcuni secondi, e poi, scuotendo la testa, si riveste ed esce dalla stanza senza una parola.
Mi riaccascio sul letto e i ricordi tornano prepotenti a torturandomi.
Le sere sul tetto a guardare insieme le stelle, le corse in moto verso prati verdi e laghi incantati, la sua musica nel locale, i suoi muscoli scoperti dalla maglietta sporca di vernice, il suo sorriso sghembo quando disegna, i suoi baci sulle mie labbra, le sue mani tra i miei capelli e sul mio corpo, le sue dolci parole sussurrate… sbatto la testa contro il muro per cacciarli e rimango a piangere fino al mattino.
Non mi presento in ufficio, nemmeno la miglior pastiglia è riuscita a fare il miracolo. Rimango in camera e provo a lavorare dal computer. Ogni tanto i ricordi affiorano, ma riesco a ricacciarli zittendoli con numeri e nomi. Per giorni non torno in ufficio. Riesco a svolgere il lavoro anche da casa. Ho molti contratti da concludere e clausole da migliorare… non c’è Garrett e quando i ricordi affiorano il martini li zittisce.
La sera di San Patrizio, Garrett viene a prendermi per accompagnarmi alla grande festa. Appena apro la porta della camera, mi spinge all’interno della camera e si chiude la porta alle spalle.
“Dobbiamo parlare” dice sedendomi sul divano.
“Non c’è nulla da dire, non è successo nulla, e nulla succederà” rispondo fredda come se stessi parlando con un cliente della società.
“B…Isy! Per l’altra sera…”
Lo zittisco con la mano. “Eravamo ubriachi e non è successo nulla”
Mi alzo e mi dirigo alla porta, ma lui mi prende tra le sue braccia e, con il dito, mi alza il viso.
“Isy, io ti amo.”
“NON DIRLO!” gli urlo liberandomi dall’abbraccio.
“Isy, tu puoi continuare a nascondere i tuoi sentimenti, ma io non posso. Non voglio più farlo. Ti amo, Isy.”
“NON TI AMO, NON AMO NESSUNO E NON AMERO’ NESSUNO, ED ADESSO ANDIAMO” spalanco la porta e lo intimo ad uscire.
“Tu ami, Edward” sussurra.
“Non ti osare” sibilo. “Non ti osare mai più a nominarlo o troveranno il tuo cadavere in fondo all’oceano” sibilo avvicinandomi minacciosa.
Scoppia a ridere isterico. “Tu lo ami ancora” e continua a ridere. Lo guardo ribollendo di rabbia.
“NO!” prendo la borsa ed esco nel corridoio facendo segno a Jasper di seguirci.
 
I nostri amici sono in un locale di proprietà di mio padre, sulla Fifth Avenue. Lo stabile è immenso, con molte salette private e due piste da ballo, oltre al soppalco che si estende per tutto il perimetro del salone centrale.
Ci sono Rose, Laurent con il pollo, Pier, Mike e tutta la mia vecchia compagnia. C’è anche Jane che abbraccia il fratello appena lo scorge.
La serata scorre tranquilla, e anche se tutto è verde, è uguale a tutte le altre serate. Mike fa il carino, Garrett mi indica i figli di alcuni clienti che ballano, Rose mi racconta le novità, Pier si congratula per i miei risultati al lavoro ed io bevo.
Barcollando mi dirigo alla toilette e, appena apro la porta del corridoio che porta ai servizi, finisco tra le braccia di Edward.
Imbarazzata mi risistemo scusandomi.
“Ciao, Bella” mi saluta passandosi le mani nei capelli.
“Ciao, Edward” rispondo senza riuscire a liberarmi dai suoi occhi.
Rimaniamo alcuni secondi a fissarci. Il mio cuore ricomincia a battere, le mie mani fremono per toccarlo. Mi sembra di fare un tuffo nel passato, non c’è rabbia, non c’è rancore, ma solo una dolcezza infinita nei suoi occhi.
“Isy, tutto bene?” mi chiede Mike entrando nel corridoio e spezzando la magia.
“Tutto bene, arrivo” lo rassicuro facendogli cenno di sparire e torno a guardare Edward, ma il suo volto è di nuovo rigido e il suo sguardo è gelido.
“Buona serata” dice freddo mentre mi supera e svanisce oltre la porta.
Dopo secondi di smarrimento mi fiondo nel salone ed inizio a cercarlo.
Scorgo in pista Jacob, Tanya, Alice e la band al completo, ma di lui nessuna traccia. Inizio a correre per il locale guardando ogni volto sperando di trovare il suo, troppo presa a cercare non vedo il gradino e barcollo, ma le braccia di Garrett mi trattengono aiutandomi a ritrovare l’equilibrio.
“Ti avevo persa. Tutto bene?” chiede scrutandomi in volto. “Isy?”
Mi riprendo e capisco la follia del momento. Anche lo trovassi cosa potrei dirgli? Non posso negare chi sono, non posso negare la mia vita o mio padre. Scuoto la testa e, tra le braccia di Garrett, ritorno alla nostra tavolata. Provo a non pensare e a divertirmi, non voglio dargli la soddisfazione di vedermi triste. Rido delle battute e offro giri di ciupito, senza più guardare la sala che mi circonda.
“Isy, andiamo a casa” mi dice Garrett all’orecchio.
Lo guardo scioccato, cosa crede di fare? Ciò che è successo quella sera è stato un momento di debolezza che non voglio ripetere.
Capisce i miei pensieri e mi spiega.
“L’ho visto” non c’è il caso che dica il nome “Andiamo a casa. Non farò nulla, voglio solo accompagnarti a casa e non vederti ubriacare per non pensare” mi accarezza la guancia e mi guarda negli occhi per farmi vedere la sincerità delle parole. Esamino il bicchiere ed annuisco mordendomi il labbro. Ero a pochi centimetri da lui, ero tra le sue braccia, ma lui ero distante.
Mi aiuta ad alzarmi e ci congeda con una battuta. Mi sorregge fino all’auto e mi accompagna a Villa Swan.
Non parliamo, mi tiene solo per mano ed ogni tanto la stringe.
Quando l’auto si ferma, si gira con il busto verso di me e mi prende entrambi le mani.
“Lo so che non mi ami, che ami lui. Ma io ti amo e mi fa soffrire vedere che ti distruggi. Isy, sei una bella persona con un cervello fine. Non spappolarlo con l’alcol per dimenticarlo. Ti sono vicino, come amico, e sarò sempre una spalla su cui piangere. Sfogati, urla, piangi, picchiami, ma non distruggerti. Non per lui.”
Non gli rispondo, salgo in casa e, dopo aver preso dei tranquillanti, mi immergo nella mia vasca e riassaporo i pochi istanti passati con Edward.



 
!! ATTENZIONE SPOILER !!

“Sei uno stolto!” mi ringhia stringendo il bicchiere.
“Lo so. Ma almeno sono uno stolto sincero. Ciò che provavo per vostra figlia era sincero, il mondo che le ho fatto conoscere è sincero, i miei amici sono sinceri, le mie gioie e miei dolori sono sinceri! E i suoi?”
“… sono sinceri i sentimenti che prova per te!” sussurra.
“Mi dispiace, ma ha perso l’occasione ed adesso mi riporti a casa prima che chiami la polizia per rapimento.”

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Capitolo 22
*** Mr. Swan ***




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MR. SWAN

EDWARD
Il Natale è passato, Capodanno è passato, San Patrizio è passato ed il prossimo festeggiamento sarà il matrimonio di James.
In questi mesi sono riuscito a sopravvivere. Mantengo la maschera di fratello felice, amico festaiolo, instancabile lavoratore e pianista concentrato sulla musica.
Ieri sera però, il destino mi ha giocato un brutto scherzo. Alla festa di San Patrizio ho incontrato Bella. L’ho tenuta tra le mia braccia e ho risentito il suo profumo, le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie ed il suo calore ha fatto ribattere per un secondo il mio cuore spezzato. La magia è stata spezzata da Mike, uno dei suoi amichetti, ricordandomi chi sia veramente Isabella Swan.
Ho dovuto prendere un po’ d’aria per riprendermi, ma poi sono tornato a festeggiare con i miei amici, cercando di non pensare a lei, cercando di non vederla. Ma quando si tratta di Bella, il mio copro agisce in autonomia. L’ho cercata con gli occhi, camuffando con un sorriso l’uragano che stava impazzendo dentro di me. L’ho trovata e l’ho vista. Era tra le braccia di Garrett e si avvicinava al tavolo di amici alto locati. Ogni tanto sbirciavo e la vedevo ridere con gli amici e scherzare a pochi centimetri dal suo Garrett. Garrett, colui che per mesi si è spacciato per un amico, dicendomi di essere innamorato di Tanya. Non sono riuscito a smettere di osservarli fin quando non li ho visti uscire insieme, abbracciati, mentre si sussurravo nelle orecchie.
Ho ballato tutto la notte e ho bevuto una quantità di liquido che non pensavo il mio corpo potesse contenere.
Adesso sono qui, mentre sento l’ennesima lista di oggetti rubati in cantiere. Nelle ultime settimane sono svaniti diversi oggetti, ritardando i lavori. Oggi, per di più, sono scomparsi i pennelli ed un ponteggio, obbligando me e Sam a guardarci negli occhi. Proprio oggi che volevo tenere la mente occupata.
A pranzo accompagno Sam a mangiare al New Moon, come ormai faccio da diversi mesi.
Saluto Jacob e con lui organizzo la serata. Cerco di apparire sereno, parlando di cose leggere e facendo finta di non aver visto Bella.
“Edward!” mi ferma Jacob dal mio sproloquio “L’ho vista. Non fingere con me” e mi accarezza la spalla mentre attende una risposta.
“Non voglio parlarne” rispondo freddo e guardandolo torvo negli occhi.
“Dovresti, e stasera non mi sfuggi.” Mi avvisa dandomi una pacca e ritornando a lavorare.
 
Credevo che si fosse dimenticato, ma la sera Jacob è deciso a tirarmi fuori tutto.
“Fratello! Racconta” dice offrendomi la birra e spostando lo sgabello per farmi accomodare.
“Jacob, preferisco di no.” Rispondo freddo, senza far trapelare emozioni. Vorrei sfogarmi, raccontare a qualcuno il sentimento che provo ancora per lei, anche se mi ha tradito, ma non riesco a parlarne senza sentirmi un idiota e, anche solo nominarla, mi fa male.
“Invece sì. Sono mesi che ti guardo in silenzio e non parlo, ti lascio fare, ma adesso basta. E’ passato molto tempo, ma non l’hai dimenticata e lei non ha dimenticato te”
“Ma se l’hai vista, hai visto anche Garrett” controbatto.
“Sì, ho visto Garrett che la prendeva al volo per evitare che cadesse. Ieri sera era alticcia e senza Garrett non sarebbe stata in grado di camminare. Ecco cosa ho visto. Non ho visto baci, non ho visto effusioni, non ho visto la luce nei suoi occhi…tu cosa hai visto?”
“Lei tra le mie braccia e le sue labbra a pochi centimetri da me”
Spalanca la bocca scioccato e posa il boccale.
“Vi siete parlati?”
“No. Mi è caduta tra le braccia, ma oltre un ciao non ci siamo detti. E’ arrivato Mike a cercarla ed io l’ho lasciata andare con i suoi amichetti”
“Edward, Edward, dovete parlarvi, dovete chiarirvi… tu stai soffrendo, ma lei non è da meno. Con Garrett non c’è nulla all’infuori del lavoro e una profonda amicizia. E Mike è solo una spina nel fianco, sono mesi che Bella lo manda a stendere, ma lui non demorde!”
“E tu come lo sai?”
Abbassa il viso e lo nasconde bevendo tutta la birra, ma io continuo a fissarlo.
“Lo so” risponde semplicemente.
“Tu la frequenti!” lo accuso.
“Forse” fa spallucce.
 “Jacob!” la pazienza sta finendo.
“Ok. Quando è a New York, cerco di stare il più possibile con lei. Non ha reagito bene alla vostra rottura. Si è buttata sul lavoro e la sera annega i ricordi nell’alcol. Io e i suoi amici siamo preoccupati per lei. Sta soffrendo anche se lo nega” Mi guarda per capire se sono arrabbiato.
“E perché dovrebbe soffrire? Non gli bastano Garrett e Mike? Gli manca un giocattolino?”
Scoppia a ridere isterico. “Se volesse, avrebbe tanti di quei giocattolini. E’ piena di mosconi che le ronzano intorno, ma lei non vede nessuno, il suo cuore appartiene a te, anche se lo nega pure a se stessa.”
“Non mi interessa, e non provo più nulla per lei.”
“Sei un bugiardo. Ti ha ferito e tu la tieni lontana. Lo capisco. Anche io, quando l’ho vista alla cena, insieme a tutti quei ricconi, mi sono sentito raggirato, ma poi le ho parlato, le ho dato la possibilità di spiegare…”
“Quale cena?” lo blocco. Lui si morde il labbro e si guarda intorno cercando una via di fuga. “Quale cena?” ripeto esasperato.
“Quella della premiazione di suo padre, io ero uno dei camerieri” risponde con tono basso e gli occhi fissi sulle mani che si sta tormentando.
Faccio mente locale, la cena di cui parla è avvenuta prima della mia scoperta, prima di ricevere il dossier.
“Tu lo sapevi!” sibilo stringendogli il braccio.
Annuisce. “L’ho scoperto quella sera, ma non ho ti detto nulla, perché era giusto che te lo dicesse lei. Ho preferito evitarti pur di non doverti mentire.”
Sbuffo passandomi la mano tra i capelli e mi guardo intorno cercando di prendere aria.
“Suo padre l’ha obbligata a non dire chi era, ed aveva le sue buone ragioni. Quando lei voleva dirtelo, tu non perdevi occasione per esternare il tuo odio verso i ricchi, come poteva dirti la verità?”
“Quindi è colpa mia? Giusto! Lei mi ha mentito, ti ha mentito, ci ha mentito. Ed è tutta colpa mia!” rispondo alzandomi furioso dal tavolo.
“Non ho detto questo. Dico solo che sono mesi che soffrite e non ne avete mai parlato. C’ero quando è caduta in catalessi, quando non mangiava, non parlava, non si alzava dal letto. C’ero la mattina che Jasper l’ha trovata nella vasca vestita e con lo sguardo spento. C’ero quando è uscita dal mutismo insultandomi e accusandomi che era colpa mia e c’ero mentre chiudeva il suo cuore in un cassetto riempiendo la sua mente di dati e statistiche per non pensare, o riempiva il bicchiere per dimenticare. Edward… “
“Devo andare” affermo zittendolo con la mano e me ne vado, non voglio sentire altro.
Scappo dal locale con le parole di Jacob che mi assillano riaprendo il varco nel petto. Avrei voluto buttargli in faccia il dossier e fargli vedere che Bella non è la ragazzina che sta patendo pene per amore. Non ho conferma di come stia vivendo perché Alice ritaglia i giornali per non farmi leggere di Bella, ma sono certo che, se fossero notizie negative, non si prederebbe tanto disturbo. Se solo sapessi dove diavolo è finito quel dossier e avessi quegli articoli glieli farei mangiare uno ad uno.
Tornato a casa mi butto sul letto cercando di mantenere la mente lucida e mi ripeto come un mantra “La tua vita è perfetta senza di lei”, fino a quando il sonno non arriva.
Nella notte rivivo ogni momento passato con lei, i momenti belli, le litigate, le coccole, i momenti nel bagno del locale, le gite in moto… rivedo come in un film la nostra relazione e, il bel sogno, termina con Bella che mi squadra schifata e corre verso Garrett che l’attende tenendo aperta la portiera di una limousine.
_ _ _
 
A lavoro la situazione peggiora. Nella notte i ladri hanno rubato macchinari costosi, recando un grave danno al cantiere e un forte ritardo alla fine dei lavori.
C’è la polizia e la scientifica. Ci sono anche i pezzi grossi, proprietari o investitori del cantiere. Le loro limousine scintillanti nere occupano l’intero piazzale e due guardie del corpo piantonano l’entrata.
Ci fanno mille domande e ci prendono le impronte digitali. Secondo gli investigatori i furti sono eseguiti da qualcuno che lavora in cantiere.
I lavori sono fermi e tutti noi siamo seduti in fila sul muretto in attesa che ci permettano di ricominciare a lavorare. Sono nervoso, ripenso a Bella, alle parole di Jacob, alle fotografie del dossier e continuo a mordermi il labbro e ad esasperare i capelli. Non vedo l’ora che ci permettano di lavorare, ho bisogno di tenere le mani impegnate e la mente occupata.
Finalmente la polizia se ne va e noi possiamo rimetterci al lavoro. Salto la pausa pranzo, sia per recuperare tempo, sia perché ho lo stomaco attorcigliato e, a fine giornata, esco salutando i miei colleghi senza allegria. Quando arrivo alla moto trovo due uomini corpulenti, con gli occhiali da sole e l’auricolare all’orecchio, che mi attendono.
“Cullen Edward?” mi chiede l’uomo sulla destra, ed io annuisco scrutandoli.
“Venga con noi” e prendendomi per il braccio mi avvicinano all’unica limousine rimasta nel parcheggio. Aprono la portiera e poco gentilmente mi fanno accomodare.
“Che modi” dico risistemandomi la manica.
“Buongiorno, signor Cullen” una voce carezzevole, ma sicura mi fa voltare. Lo guardo senza capire.
“Sono Charlie Swan, chiedo scusa per i modi poco gentili della mia sicurezza” si presenta allungandomi la mano.
“Io non c’entro nulla con i furti” mi difendo senza ricambiare il saluto.
“Ne sono certo. Lei è colpevole di ben altro” e con un sorriso enigmatico fa cenno all’autista di partire.
“Dove stiamo andando?” chiedo agitandomi.
“Non si preoccupi, non la sto rapendo. Voglio solo raggiungere un posto più tranquillo.” Spiega senza scomporsi “Per la moto, la troverà parcheggiata sotto casa al suo rientro.”
Ha gli occhi coperti da neri occhiali e le mani gli tremano, mentre le stropiccia nervosamente. Il viso sembra rilassato e parla sicuro, ma qualcosa nel suo atteggiamento dimostra nervosismo, molto nervosismo.
“Forse non mi conosce, ma sono il padre di Isabella, o se preferisce, Bella” rompe il silenzio senza voltarsi. Non so cosa rispondere e quindi taccio osservandolo, in attesa che continui, ma lui rimane in silenzio fissando fuori dal finestrino.
Arriviamo davanti ad un imponente cancello e, dopo aver percorso un lungo viale, ci fermiamo nello spiazzo curato di fronte ad un’immensa scalinata.
“Benvenuto a Villa Swan” dice mentre le guardie del corpo ci aprono la portiera.
Mi affiancano e mi invitano a seguire il loro capo. Rimango impressionato dalla maestosità della casa. Tutto è lucido ed enorme, ogni angolo cola ricchezza e le domestiche, in alta tenuta, si inchinano al nostro passaggio. Faccio una smorfia, ma continuo a seguire in silenzio il padrone di casa.
Ci accomodiamo in un ufficio più grosso del mio appartamento e, mentre Mr. Swan mi offre un drink, fa cenno alle guardie di lasciarci soli.
Prende una cartellina arancione sulla scrivania e, con la mano, mi invita a sedermi. Si accomoda sulla poltrona accanto alla mia e si schiarisce la voce.
“Non è mia abitudine immischiarmi nella vita di mia figlia” ed inizia a sfogliare il dossier, quel dossier. Ma come diavolo è riuscito ad averlo? …Carlisle, era uscito dalla stanza senza restituirmelo!
“Cosa vuole da me?” chiedo irritato da tanto mistero.
Estrae la foto di Mike che bacia Bella e la mette sul tavolino di fronte a me.
“E’ lui” mi guarda “La persona che ti ha inviato questo” e indica il dossier. “E’ un arrampicatore sociale. Da quando mia figlia ha sedici anni che le ronza intorno per poter mettere le mani sul mio impero” e con un sorriso sprezzante prende la foto in mano. “Grazie a te mia figlia lo ha lasciato, e per questo te ne sono grato.” mi sorride riconoscente.
“Quella foto è recente, non lo ha lasciato”
“Edward… ti hanno descritto come un ragazzo intelligente, che vede oltre alle apparenze. Così mi deludi” dichiara scuotendo il capo.
“Vede anche lei che si stanno baciando, e la data risale al periodo…” non riesco a terminare la frase.
“Le foto mentono. Non si stanno baciando, Lui la sta baciando.” e mi indica le braccia di Bella posizionate tra i loro corpi e le spalle rigide per lo sforzo di allontanarlo. “Se vuoi giudicare una persona dalle foto, devi saper osservare” ed estrae altre immagini.
“Garrett, è cresciuto con Bella. Sono come fratelli, anche se lui continua a travisare il sentimento.” E mi posiziona le foto di Garrett e Bella sotto gli occhi. “In questa foto lui dimostra apertamente l’amore che prova per Bella, ma come puoi notare, lei non lo guarda negli occhi, non lo guarda mai negli occhi, perché non vuole illuderlo, per lei Garrett è il suo fratello maggiore, non un possibile amante”
Estrae gli articoli “Sui giornali non leggerai mai la verità. Leggerai solo quello che fa vendere più copie.” E si sofferma sull’articolo di Bella dove dichiara di avere sempre tutto ciò che vuole. “Ammetto che, dopo la morte di mia moglie, non ho svolto in modo corretto il mio ruolo di padre.” mi mostra le foto dell’isola che le ha regalato. “Ho riempito il vuoto lasciato da sua madre e dalla mia assenza riempiendola di regali ed esaudendo ogni suo desiderio. Allontanandola dai veri valori. Volevo rimediare.”
“E io cosa c’entro in tutto questo?” chiedo chiudendo il dossier e picchettandolo con la mano.
“Tutto! Tu sei il fulcro di tutto.” si alza per riempirsi nuovamente il bicchiere. “Mike ti ha giocato un brutto scherzo. Ti ha fatto avere tutte le informazioni che servivano per toglierti di mezzo. Ti ha studiato, ha scoperto cosa odiavi nelle persone e ti ha fatto recapitare un plico che ti dimostrava che Bella era esattamente come le persone che odiavi. Sei caduto nella sua trappola.”
Si siede e, togliendosi gli occhiali, mi fissa. Escludendo le profonde occhiaie che li contornano, ha gli occhi di Bella, profondi e magnetici come i suoi.
“Edward. Ho chiesto io a Bella di non svelare chi fosse. Quando ho dettato quella regola non esistevi ancora nella sua vita. L’ho fatto per paura che i suoi colleghi la servissero e la riverissero o che le persone le dessero ciò che ordinava per compiacermi. L’ho obbligata a vivere nel tuo quartiere per farle comprendere quali sono i veri valori della vita.”
Aspetta che io assimili e ricomincia “Vengo da una famiglia di ceto medio, tutto quello che ho, me lo sono creato. Il mio primo lavoro è stato fare il lavapiatti al New Moon e mi serviva per pagare gli studi. Ho fatto la gavetta, ho conosciuto il mondo ed ho lottato per arrivare fin qui.” Ed allarga le braccia indicando l’ufficio. “Volevo che Bella vedesse come è veramente il mondo, volevo che imparasse il valore delle persone e dei loro sacrifici… e grazie a te ed i tuoi amici lo ha capito.”
“Continuo a non capire”
“Ed io, inizio a dubitare che tu sia sveglio come Carlisle ti ha descritto” dice appoggiandosi stancamente allo schienale della poltrona. Chiude gli occhi e poi si alza di scatto.
“Senti. Bella non ha giocato con te, non ti ha mentito volutamente. L’unico che ti ha usato è anche l’unico al quale, come un idiota, hai permesso di vincere, credendo a queste fandonie!” e lancia il dossier nel cestino.
“Non capisco cosa posso fare io.” Dico alzandomi punto nell’orgoglio dalle sue parole. “E’ finita tra me e lei, sta andando avanti per la sua vita ed io sto facendo altrettanto. Quindi credo che stiamo perdendo tempo. Vorrei che mi riportaste a casa” concludo dirigendomi verso la porta.
“Forse tu stai andando avanti, ma lei no!” mi pugnala alle spalle.
“Senta, io non posso permettermi costosi psicologi come voi, ma sono riuscito a chiudere il suo ricordo in un cassetto e farmene una ragione. Ho amato sua figlia, come non ho mai amato nessuna, ma non facciamo parte dello stesso mondo ed io sono stufo dei vostri giochetti” mi dirigo verso di lui. “Sono stufo di essere usato come una marionetta. Ha avuto mesi per dirmi la verità, ha avuto mille occasioni per dirmi chi era, ma non lo ha fatto” ed adesso sto urlando “ha continuato il suo giochino, abbozzando scuse quando percepivo qualcosa. Mi ha tenuto all’oscuro della sua vita, ha vissuto due vite per tutto il tempo che l’ho frequentata. Mi ha mentito, mi ha usato divertendosi ad interpretare una persona di ceto medio… bene! Adesso sarete contenti, finalmente Bella ha aperto gli occhi sul mondo reale, non nascosto da oggetti scintillanti, perfetto! Il mio compito è terminato. Ed anche se avete il potere di influenzare la mia vita, rapendomi dal posto di lavoro, facendomi ricoverare nelle vostre stanze private di ospedale o facendomi licenziare in tronco, vi chiedo comunque di lasciarmi in pace! Avete ottenuto ciò che volevate, il vostro esperimento sociale lo avete fatto, non vi servo più!”
“Sei uno stolto!” mi ringhia stringendo il bicchiere.
“Lo so. Ma almeno sono uno stolto sincero. Ciò che provavo per vostra figlia era sincero, il mondo che le ho fatto conoscere è sincero, i miei amici sono sinceri, le mie gioie e miei dolori sono sinceri! E i suoi?”
“… sono sinceri i sentimenti che prova per te!” sussurra.
“Mi dispiace, ma ha perso l’occasione ed adesso mi riporti a casa prima che chiami la polizia per rapimento.”
Schiaccia un pulsante sulla scrivania e le guardie entrano nell’ufficio.
Mi accompagna senza parlare e sale in macchina stringendo la mandibola e ricoprendo gli occhi con le lenti scure. Quando usciamo dalla Villa non ci dirigiamo verso casa mia, ma nella via centrale di New York.
“Adesso basta con i vostri giochetti!” sbotto cercando di aprire la portiera, ma è bloccata.
“Ti chiedo solo di vedere ancora una cosa, dopo sarai libero e non sentirai più parlare di noi.” Dice piatto e sconfitto.
Ringhiando mi accomodo sul sedile incrociando le braccia ed attendo la nuova meta.
“Conosco ogni minima parte della tua vita. Conosco il tuo passato ed il tuo presente…”
“Mi sta minacciando?” chiedo serrando i pugni.
“No, non mi permetterei mai. Dico solo che comprendo il tuo astio per il nostro mondo. Ma non puoi fare di tutta l’erba un fascio. Quando sono venuto in ospedale, la sera che tu e tua sorella eravate ricoverati, volevo riportare Bella a casa, ma lei mi ha implorato di rimanere e sai il perché? Perché non voleva lasciarti! Le ho promesso di darle tutto ciò che voleva, di restituirle la sua vita, ma lei ha rinunciato a tutto solo per poter stare con te. Sono riuscito a convincerla ad avere un Body Guard, Jasper, ma non voleva null’altro che te… non tutti i ricchi sono senza cuore e preferiscono le cose materiali a sentimenti puri” e mi guarda alzando il sopracciglio.
Ci fermiamo di fronte ad un bar, in un tavolino è seduta Bella con un bicchiere davanti. E’ da sola, Jasper è all’esterno del locale come una qualsiasi guardia del corpo.
“Gli amici la stanno aiutando a non perdere definitivamente la strada, ma lei li sta allontanando. Jasper si è affezionato a mia figlia, la segue ovunque e non solo per lavoro, ma lei sfrutta il fatto di essere il capo e non gli permette di aiutarla. Ho tolto tutti gli alcolici da casa e ho aggiunto guardie del corpo” e mi indica due persone sedute sulla panchina di fronte al locale “Oltre che tenere sempre disponibile una camera d’ospedale, ormai, il ricovero domenicale è diventato un’abitudine. Ma finché la gente la riconoscerà come mia figlia, continueranno a darle ciò che vuole, senza preoccuparsi del suo bene, ma guardando solo il guadagno che possono ottenerne, in soldi o in favori. Per questo motivo le avevo vietato di dire chi fosse. Volevo che imparasse a camminare sulle sue gambe, senza avvoltoi che sfruttassero le sue debolezze e i suoi conti in banca.” Si ferma e guarda la figlia che chiama il cameriere alzando il bicchiere vuoto.
“Non vuole essere aiutata e, anche se ricopro di soldi il miglior psicologo del mondo, lui non può far niente se lei non vuole. Tu sei l’ultima mia speranza… mi prendo tutte le colpe, e ti chiedo di darle una possibilità, ti chiedo di aiutarla… se la ami ancora, non puoi rimanere con le mani in mano” e, in silenzio, la osserviamo mentre termina il bicchiere. Non aggiunge altro, fa cenno all’autista e mi riporta a casa.
 
Mi corico sul divano, ho la testa che mi scoppia e il petto che mi duole. Vorrei correre da lei, vorrei rivederla sorridere, ma ho paura. La ferita che mi ha inferto è profonda, e ci ho messo tempo per rimarginarla, anche se ogni tanto sanguina ancora. Alice è a casa di amiche per un pigiama party, vorrei chiamarla per parlarle, per dirle dell’incontro con Charlie Swan, ma pensandoci bene, non serve farla agitare. Sono il fratello maggiore, sono l’uomo di casa, devo fare le mie scelte da solo. Mi faccio un panino, stappo una birra e metto un film.
Non vedo lo schermo, vedo la mia vita, la vita di Bella e continuo a pensare cosa sia giusto fare. Il mio cuore mi dice di andare da lei, le foto mentivano e suo padre ha più volte ribadito il concetto che lei mi ama, ma d’altra parte non è facile cancellare un lavoro di autoconvinzione di mesi.
Bussano nervosamente alla mia porta. Guardo l’ora e sono le tre di notte. Chi diavolo?
Prendo una spranga per difendermi nel caso siano ladri, lo so che non bussano, ma sono comunque le tre di notte e chi sta bussando è molto nervoso, ed apro la porta… Jasper!
“Posso entrare?” chiede con la voce spezzata.  Ha corso ed ha un aspetto orribile, è sconvolto. Abbasso la spranga e lo invito in casa con un cenno del capo.
“Scusa l’ora, ma non potevo più aspettare” dice mentre si asciuga il sudore della fronte con la mano e si guarda intorno.
“Ero sveglio, nessun problema. Alice non c’è, cosa vuoi?”
“Voglio mettere fine a questa assurda storia” risponde fissandomi negli occhi.
“Quale assurda storia?” gli chiedo anche se in fondo so a cosa si riferisce.
“Tu e Bella… ti ho visto oggi, almeno, ho visto la macchina di Mr. Swan e lui mi ha raccontato il vostro incontro.”
“Come ho già detto al tuo capo, non sono interessato ai vostri giochini.”
“… mentre il “mio capo” mi raccontava la vostra chiacchierata, Bella ci ha sentiti. Quegli incompetenti di Nick e Jack non erano al loro posto, convinti che bastassi io, così non l’hanno vista, ma lei ha sentito penso tutto o almeno in buona parte. Ha dato di matto urlando parole di odio a suo padre e poi è scappata.”
Lo guardo e non capisco dove voglia arrivare.
“La stiamo cercando ovunque, in ogni bar, in ogni locale, in ogni villa, ma non la troviamo. Abbiamo anche cercato a casa di Rose e a casa di Garrett…” inizio a capire perché è così sconvolto.
“Qui non c’è!” rispondo nascondendo perfettamente l’angoscia che quella notizia mi ha creato.
“Siete due bambini viziati! E sono stufo di raccogliere i cocci” dice mentre mi spintona con il dito.
“Non ti permettere…” ringhio stringendo il pugno per colpirlo.
“Non ti permettere cosa? Hai quasi trent’anni e delle foto fatte ad oc mettono in dubbio quello che provi per Bella? Cresci, Edward. Lei lo aveva fatto, si era immersa nel lavoro per non pensare, e sembrava essere andata oltre, anche se irriconoscibile per la freddezza, ma dopo averti rivisto quella maledetta sera il suo mondo è crollato ed ha iniziato…” tira un calcio alla penisola mentre si passa la mano tra i capelli.
“Sono io che la tolgo dalla vasca in tempo prima che affoghi perché troppo ubriaca, o che la rialzo dal pavimento sul quale è crollata, o la devo recuperare nei locali perché troppo brilla per riuscire a muoversi… Era felice, era serena… e lo eri anche tu. Ma come diavolo hai fatto a rovinare tutto per delle foto inviateti da un bastardo?” mi trafigge con lo sguardo. “Era la vera Bella quando era con te, con i tuoi amici, ma tu preferisci vederla per quello che la società vuole. Dici che i ricchi fanno schifo perché giudicano voi poveracci, quando sei il primo che giudica Bella per la sua nascita”
“SMETTILA” gli urlo prendendolo per il bavero.
“Picchiami, sfogati, ma apri gli occhi e cresci” lo colpisco e lui risponde.
Un rumore gracchiante attira la sua attenzione e con la mano mi ferma il braccio. Rimane in ascolto e cambia espressione, sbiancando ancora di più. Si alza dal pavimento sul quale ci rotolavamo nella zuffa e, prendendo il telefono, indica la sua posizione e dice alcuni codici.
“Cresci! Ragiona se il tuo amore per lei vale meno di una bugia. Devo andare, mi hanno chiamato”
“L’hanno trovata?” chiedo bloccandogli la strada.
“Sì…” e abbassa gli occhi preoccupato e capisco che qualcosa lo angoscia di più del pensiero di non sapere dove sia.
“Vengo con te” affermo uscendo di casa.
_ _ _
Arriviamo sul ponte dall’altra parte della città. Ci sono tantissime macchine con i lampeggianti e ambulanze. Sento qualcuno parlare al megafono e vedo l’occhio di bue illuminare una figura con le gambe a penzoloni oltre la ringhiera.
“Vieni con me” mi esorta Jasper trascinandomi per il braccio. Passiamo dietro alle persone impegnate verso la figura e arrivati all’entrata del ponte dei poliziotti ci sbarrano la strada. Jasper fa una telefonata, e subito dopo i poliziotti ricevono nuovi ordini e ci fanno passare ripetendoci di fare attenzione.
“Ma dove stiamo andando?” chiedo cercando di vedere la strada nel buio.
“Da Bella” risponde con voce bassa “Per l’esattezza, io andrò da Bella, tu dovrai stare fuori dalla sua visuale”
Cerco di mettere a fuoco la figura illuminata e con un brivido la riconosco. E’ Bella. Barcolla pericolosamente sulla ringhiera, mentre parla a vanvera con le persone sul gommone sottostante.
Quando siamo a pochi passi, Jasper mi fa nascondere dietro ad un pilastro e, lentamente, cercando di non spaventarla, richiama la sua attenzione.
“Jasper!” lo riconosce ubriaca “Anche tu qui? Non manca proprio nessuno! O sì?” e beve alla bottiglia.
“Isy, vieni via da lì, ti porto a casa”
“A casa… a casa… ma cosa è veramente una casa? … eh, tu lo sai? Quattro mura? Quattro mura fredde e tappezzate di ogni ben di Dio? ... io non voglio tornare a casa… io non ho una casa…” e riporta la bottiglia alla bocca.
“Ti porto dove vuoi, Bella, devi solo chiedermelo” gli dice continuando ad avvicinarsi e mantenendo le braccia in avanti pronte a prenderla nel caso si lanciasse. Guardo oltre il parapetto ed è veramente alto.
“NON SONO BELLA! BELLA E’ MORTA… Bella è morta… Bella è morta” e mentre continua a ripeterlo come una litania si sporge maggiormente verso il vuoto. “NON TI AVVICINARE” gli urla notando il passo lungo di Jasper ed io sobbalzo per lo spavento, sono teso come una corda di violino.
“Sono Isabella Mary Swan, ed ho tutto ciò che voglio… ahahahah… ho tutto, ma non ciò che voglio… ahahah… ciò che voglio mi disprezza, mi odia…” e lascia cadere la bottiglia del quale si sente il tonfo solo dopo pochi secondi. Mi vengono i brividi pensando che poteva essere il suo corpo. Il pensiero di perderla per sempre, di non avere la possibilità di spiegarci, di capirci, di amarci, a causa della sua bugia mi fa star male.
“Isy, vieni. Ti porto da lui, ho la macchina, ti accompagno subito a casa sua”
“Non mentire Jasper, non mentire. Mentire ti rovina la vita… mentire ti uccide… mentire è sbagliato…” e si perde a guardare le acque nere sotto di lei, la ragione ritorna, mettendomi davanti agli occhi la verità delle parole di Jasper e Charlie. La amo e non voglio essere la causa delle sue sofferenze.
“Gli ho mentito e lui mi odia, dimmi perché dovresti portarmi da lui… per aver conferma che mi disprezza? Che mi odia?” e lascia andare la presa di una mano portando l’intero peso del corpo verso il vuoto. Scatto verso di lei e le stringo il polso ancora aggrappato al parapetto. “Io non ti odio Bella, torna dentro e parliamone” le dico cercando di mettere nella voce tutto l’amore che provo per lei.
Sgrana gli occhi nel vedermi, ma poi scuote la testa e ride “Ci mancavano anche le allucinazioni… ma quanto diavolo era forte quel brucia budella?” e si sporge verso le acque nel quale la bottiglia è affondata.
Jasper fa uno scatto e mi aiuta a riportarla dentro. Lei scalcia e grida di lasciarla, di farci i fatti nostri…
Quando finalmente è in strada, la abbraccio e cerco di calmarla.
“Lasciatemi, lasciatemi!!!” urla graffiandomi e scalciando.
“Bella… sono io, sono Edward!” continuo a ripeterle mentre cerco di bloccarle le braccia e farmi guardare in faccia, ma lei serra gli occhi e continua a gridare.
Jasper le tira una sberla facendola riprendere dalla crisi isterica. Rimango senza fiato, come Bella, che finalmente apre gli occhi e mi mette a fuoco.
“E…Edward?” chiede stupita mentre mi accarezza il viso per controllare che non sia un’allucinazione.
“Si, amore. Sono io, sono Edward” e la stringo tra le mie braccia.
“Sei tornato” mi sussurra scoppiando a piangere.
“Sì, sono tornato.” Le sussurro mentre la prendo in braccio per portarla via dal ponte.
Jasper si mette subito all’opera per far arrivare l’auto e avvisare Charlie che Bella è tra le mie braccia, al sicuro.
All’entrata del ponte gli infermieri arrivano di corsa per visitarla, ma lei si stringe al mio collo e piangendo mi implora di non lasciarla. Jasper annuisce ed io la porto sulla limousine di suo padre. Charlie mi mima un grazie mentre apre la portiera per farmi entrare e chiede a Carlisle di venire con noi.
Rimane sulle mie gambe, con la testa appoggiata alle mie spalle e le braccia intorno al collo, continuando a ripetere di non lasciarla, mentre Carlisle inizia a visitarla.
La poso sul letto in camera di Villa Cullen e le tengo la mano permettendo a Carlisle di visitarla. Non ha nulla di rotto, è solo molto ubriaca e le fa bere una brodaglia che la idrata e la fa rilassare. Vomita diverse volte, ma non vuole chiudere gli occhi, continua a guardarmi e a stringermi la mano.
“Non andare via, ti prego” sussurra ormai sfinita.
“Quando ti sveglierai sarò qui, ma adesso riposa.”
Mi guarda poco convinta e stringe maggiormente la mia mano. Mi corico vicino a lei, ignorando suo padre e tutte le persone presenti, e la stringo tra le mie braccia facendole appoggiare la testa sul mio petto. Le sussurro la canzone che mi ha ispirato la prima volta che l’ho vista e mi prendo cura di lei per tutta la notte.



 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
“Ssh, Bella. Avrai tempo di spiegarmi tutto appena ti sarai ripresa” e mi accarezza il viso sorridendomi. Avvicino il mio labbro al suo, mi è mancato quel contatto, ma appena sfioro le sue dolci labbra lui si allontana gentilmente.
Lo guardo senza capire. Ha detto che voleva darci una possibilità, ma mi nega un contatto che mi è mancato come l’aria.
“Scusami, ma non sono ancora pronto... 

NELL'ATTESA CHE POSTI NUOVI CAPITOLI LEGGETE E FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE:


Il mio incubo personale
La donna più felice del mondo
from twilight to sunrise edward
 

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Capitolo 23
*** Ritrovarsi... o quasi ***


GRAZIE a tutti coloro che hanno recensito il capitolo precendete!
Come già detto ai singoli, il capitolo "Mr. Swan" l'ho sudato tantissimo e riscritto mile volte perchè non mi soddisfaceva... quando l'ho postato ho incrociato le dita perchè in base a come fosse stato recepito avrei deciso se continuare il racconto o terminarlo con il capitolo che sto postando... 
e dato che sono aumentate le persone che mi hanno aggiunto nelle tre categorie e 
le recensioni mi hanno fatto piangere dalla felicità ho deciso di continuare a scrivere questa storia e iniziare con la seconda parte...
Quindi... con  gli occhi 
ancoralucidi dall'emozione, posto il nuovo capitolo. 
Spero di leggere le vostre recensioni, anche se so che, dopo il capitolo "Mr. Swan" questo potrà sembrare più tranquillo, ma è un momento di passaggio e senza non ci sarebbe il collante per la continuazione!
BUONA LETTURA E NON SIATE TIMIDI... ASPETTO CON ANSIA LE VOSTRE RECENSIONI!!!



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RITROVARSI... O QUASI.

BELLA

Ho la testa che mi esplode, e in bocca ho un gustaccio da uccidere i morti. Provo ad aprire gli occhi, ma sono pesanti e lo stomaco borbotta vuoto, ma il pensiero di mangiare mi aumenta la nausea.
Sento un peso sul mio fianco e un respiro tra i miei capelli. Il profumo è quello di Edward, ma non apro gli occhi, sicuramente sto ancora sognando e non ho nessuna intenzione di svegliarmi, anche se non mi ricordavo che nei sogni si provasse un dolore così fastidioso alla testa.
“Ben svegliata” mi sussurra baciandomi i capelli.
Troppo reale per essere un sogno! Mi giro di scatto, stringendo i denti per il dolore alla testa, e spalanco gli occhi per assicurarmi che sia reale.
 “Sei reale?” gli chiedo senza toccarlo per paura che svanisca.
Mi sfiora la fronte e sussurra “Tu cosa pensi?” i brividi del mio corpo mi suggeriscono che è reale, ma non riesco a ricordare nulla, l’ultima cosa che ricordo è mio padre che dice a Jasper di averlo contattato e che lui ha rifiutato di vedermi, ma allora perché è qui?
“Cosa è successo? Perché sei qui?” gli chiedo tenendo gli occhi chiusi per diminuire la nausea, e portandomi la mano sulla fronte per fermare il capogiro.
“Non ti ricordi nulla? Il ponte, la polizia, Jasper…”
A quelle parole dei flash fanno capolino nella mia testa. Mi ricordo delle persone che, da un gommone sotto di me, mi parlavano, mi ricordo Jasper con le braccia allungate verso di me che mi implorava di far qualcosa, mi ricordo i lampeggianti sulla riva, una luce bianca che mi accecava, il richiamo dell’acqua e del vuoto, la voglia di lasciarmi cadere, il desiderio di volare, di sentirmi leggera… “Non l’ho sognato?”
“No! Purtroppo no.” Risponde triste mentre mi accarezza i capelli e mi porge il bicchiere con l’aspirina. “Bevi, è perfetto per il post sbronza”
Provo a mettermi seduta anche se ogni parte del corpo sembra essere passata sotto uno schiacciasassi e la testa, se non è appoggiata al cuscino, pulsa così forte da farmi vedere offuscato. Tengo gli occhi chiusi e bevo tutto d’un fiato, per ricadere poi sui cuscini.
Il ricordo delle parole che mi ha detto fuori dal locale, il suo sguardo gelido la sera della festa ed il racconto di mio padre stridono con la presenza di Edward nel mio letto. “Adesso sto meglio, se vuoi puoi andare, non sei obbligato a rimanere” dico sentendo il vuoto fare capolino, ma ormai ci sono abituata e non voglio che stia con me solo per pietà.
“Ma io voglio rimanere, Bella. Voglio stare qui… se tu mi vuoi.”
“Non voglio che tu rimanga solo per paura che rifaccia qualcosa di stupido. Sto meglio, e penso che per un po’ non berrò più. Quindi, non preoccuparti, torna alla tua vita”
“Non sia mai detto che faccia qualcosa controvoglia.” Risponde stringendomi tra le sue braccia, quanto mi è mancato quel senso di protezione che solo il suo abbraccio riesce ad infondermi. “Sono sicuro che non farai altre sciocchezze. Tuo padre ha aumentato la sicurezza e l’ho sentito mentre ordinava il braccialetto con un microchip per sapere dove trovarti in ogni momento” risponde sorridendo “Bella, sono qui perché ho capito di aver sbagliato, perché voglio darci un’altra possibilità, sempre che tu sia disposta a dirmi tutta la verità!”
“Scusa se ti ho mentito quando era l’unica cosa che mi avevi chiesto di non fare.” E lascio la maglietta, che senza accorgermi gli stavo stringendo, e mi copro il viso con le mani, non voglio che mi veda piangere.
“So tutto, ed ho capito.” Mi bacia le mani con il quale copro il viso “ho capito le tue ragioni ed ho capito di essermi comportato da idiota. Ho creduto a ciò che voleva farmi credere Mike e non ti ho dato la possibilità di spiegarti.” mi spiega mentre continua a baciarmi sul viso, sui capelli, facendo vibrare il mio corpo.
Mi perdo in quel tocco divino e alle bellissime sensazioni che mi infondono, fin quando, il mio cervello, ancora un po’ annebbiato dall’alcol, mette a fuoco il nome di Mike, perché Edward l’ha nominato?
“Mike? Cosa c’entra Mike?” chiedo cercando di mettermi seduta e guardarlo negli occhi, ma è una battaglia persa in partenza, il mio corpo non vuole saperne di abbandonare i cuscini.
“Mi ha inviato un dossier dove erano raccolte alcune informazioni sul tuo conto, ed io le ho prese per buone, senza indagare, senza chiedere” mi spiega senza smettere di baciarmi.
“Quel viscido…” la scoperta che la mia vita è stata rovinata da quel viscido che si è prodigato a starmi vicino, riempiendomi di fiori e regali, fingendosi pentito… quell’arrampicatore sociale da strapazzo, che si è permesso di rovinarmi la vita solo per puro profitto personale… la rabbia e la voglia di strozzarlo con le mie stesse mani, mi dà la forza di alzarmi e così faccio, ma un capogiro mi fa ricadere nel letto obbligandomi a rimandare il momento in cui spaccherò la faccia a quel damerino laccato.
“Bella, riposati. Abbiamo tutto il tempo per parlarne, prima devi riprenderti”
“Io lo ammazzo quel lurido schifoso” ringhio affondata nei cuscini.
“Ed io ti aiuterò, ma adesso riposati” il brontolio del mio stomaco risponde per me, e lui sorride “… o vuoi mangiare qualcosa?”
“Colazione a letto?” chiedo sorniona, ripensando alle colazioni che facevamo dopo le bellissime notti passate insieme.
“Vado subito “principessa”, aspettami qui, non ti muovere” mi prende in giro mentre vola fuori dalla stanza.
Provo ad alzarmi per andare in bagno, ma la testa è troppo pesante e la stanza gira troppo per riuscire ad arrivare alla porta del bagno, che più la guardo, più mi sembra che si allontani.
Ripenso alla sera precedente, non ho molti ricordi, solo dei flash, e penso alla presenza di Edward nel mio letto a cosa significhi, a cosa mi aspetta nel prossimo futuro. Adesso lui è qui, ma per quanto ci rimarrà? Vuole darci una possibilità, ma come facciamo a dimenticare i mesi di rancore che abbiamo vissuto?
Mentre continuo a rimuginare l’aroma del caffè mi fa risvegliare lo stomaco, ma non per la fame.
“Se non vuoi che vomiti, toglimi quella tazzina da sotto il naso” esclamo con ancora gli occhi chiusi e coprendomi la bocca con la mano.
Lo sento alzarsi ridendo e ritornare con un bicchiere di frullato ed un panino dolce. Bevo tutto il bicchiere, e più bevo più ho sete, ne devo bere tre prima di sentirmi dissetata ed avere la salivazione adeguata per mangiare. Mangio tutto ciò che il vassoio propone, Edward si è sbizzarrito, ci sono panini dolci, panini salati, brioches, biscotti, pane e marmellata, e pure un uovo strapazzato. Mangio tutto e prosciugo l’intera caraffa di frullato e quella di acqua. Edward mi guarda sconvolto.
“Mi è venuta fame! E’ da pranzo che non mangio” gli spiego con la bocca ancora piena. Sorride e mi osserva come fossi un quadro.
“Mi stai mettendo in soggezione!” gli dico mentre porto il bicchiere alla bocca.
“Mi sei mancata” sussurra senza smettere di guardarmi.
Mi crogiolo in quelle parole e chiudo gli occhi per imprimerle nella mente, sono come un balsamo per le ferite che gli ultimi mesi hanno inferto al mio animo.
“Anche tu” e lo abbraccio con trasporto sentendo il cuore ricomporsi mentre il suo calore si trasmette al mio corpo e il suo profumo inebria i miei sensi. “Scusami, scusami, scusami…” continuo a ripetere sentendomi sempre più in colpa.
“Ssh, Bella. Avrai tempo di spiegarmi tutto appena ti sarai ripresa” e mi accarezza il viso sorridendomi. Avvicino il mio labbro al suo, mi è mancato quel contatto, ma appena sfioro le sue dolci labbra lui si allontana gentilmente.
Lo guardo senza capire. Ha detto che voleva darci una possibilità, ma mi nega un contatto che mi è mancato come l’aria.
“Scusami, ma non sono ancora pronto. Ho capito le tue motivazioni, voglio darci una possibilità, ma voglio andare con calma…”
“Capisco” rispondo mortificata allontanandomi da lui e guardandomi le mani diventate interessanti.
“Bella…” sussurra riavvicinandosi. Con il dito mi alza il mento ed io mi perdo nuovamente nei suoi magnifici occhi. “Dobbiamo curarci le ferite che ci siamo inferti a vicenda. E vorrei dimenticare i mesi di menzogne, ma mi è difficile. Permettimi di conoscerti…”
“Ma tu mi conosci meglio di chiunque altro” lo interrompo stringendogli le mani e guardandolo negli occhi per fargli capire la verità delle mie parole.
“No, Bella. Io conosco la cameriera del New Moon, Bella senza cognome, non conosco Isabella Mary Swan…”
“Piacere, mi chiamo Isabella Mary Swan” rispondo porgendogli la mano, lui sorride e ricambia la stretta.
“Edward Cullen, il piacere è tutto mio”
 
***
Abbiamo passato il pomeriggio a parlare e a coccolarci… e purtroppo anche a vomitare. Ho cercato di farlo allontanare mentre svuotavo lo stomaco, ma lui ha voluto rimanermi vicino, accarezzandomi la schiena e tenendomi i capelli. Mi ha aiutata a camminare dal letto al bagno e mi ha coccolata raccontandomi aneddoti divertenti. Non abbiamo parlato delle mie menzogne, e nemmeno dei mesi passati separati. Abbiamo parlato di cose futili come due buoni amici e, all’ora di cena, quando se n’è andato, il vuoto è tornato forte ad investirmi. Mi ha assicurato che sarebbe tornato, che non sarebbe più sparito dalla mia vita… “Devi raccontarmi molte cose e sono impaziente di sapere tutto” mi aveva detto prima di baciarmi la fronte e andarsene.
 
Da quella sera viene a trovarmi ogni volta che ha un momento libero, siamo tornati ad essere amici. Molte volte mi guarda con il sopracciglio alzato non convinto che gli dica la verità, e più volte ho dovuto dimostrargli che stavo dicendo il vero… non lo giudico, anzi lo comprendo. Gli ho mentito per mesi ed è normale che non abbia completa fiducia in me, ma io non demordo. I mesi passati lontano da lui sono stati tremendi e se dovrò lottare anni per riconquistare la sua fiducia, Beh, sono pronta a lottare!
Non ci siamo più baciati, solo qualche coccola e carezza, ma nulla di più. Vuole andare con calma ed io non me la sento di affrettare le cose. Alla fine la colpa è solo mia e della mia codardaggine! Se solo avessi avuto più coraggio e gli avessi detto la verità, invece che fargliela scoprire grazie a quel viscido di Mike, sicuramente la situazione sarebbe più semplice, ma è inutile piangere sul latte versato! Ormai ciò che è fatto è fatto!
 
Non solo ho ritrovato Edward, ma ho ritrovato anche tutti i miei vecchi amici.
Tutti gli amici di Edward sono venuti a trovarmi a Villa Swan, i ragazzi della band, Angela, Jacob, Embry e Tanya.
Mi ha fatto sorridere vedere le loro facce sorprese nel visitare la casa di mio padre. I loro volti incantati dai lampadari di cristallo, dai lucidi pavimenti di marmo e dalla grandezza delle stanze. Erano imbarazzati quando le domestiche si rivolgevano a loro con il lei o signore/signorina. Seth è riuscito a far ridere tutti, compreso mio padre, quando, riconoscendo Carmen l’ha abbracciata con trasporto e, facendola roteare, continuava a baciarla sulle guance chiamandola Robot-Carmen.
La band non è più tornata a trovarmi, erano troppo in soggezione e mi hanno fatto promettere di tornare presto al locale ad ascoltarli. Angela, anche se imbarazzata, continua a farmi visita e mi tiene aggiornata sui progressi con Ben e mi fa ridere con aneddoti su Jessica!
Jacob viene tutte le sere che Edward è al locale a suonare, si danno il cambio per non lasciarmi mai sola… credo abbiano paura che faccia ancora qualche colpo di testa! Ho provato a spiegare che non volevo assolutamente suicidarmi, che mi sono trovata sul ponte per puro caso e che ciò che ho fatto, l’ho fatto solo inebriata dall’alcol, e che adesso non corro più pericolo dato che non mi sono più avvicinata ad una bottiglia e non ne sento nemmeno il bisogno… mi basta il profumo di Edward e le sue mani che mi accarezzano per inebriarmi!
Rose è tornata ad essere la mia miglior confidente. Il nostro primo incontro è stato pieno di lacrime ed abbracci. Mi è mancata tantissimo, anche se non ho mai smesso di frequentarla, avevo comunque smesso di confidarmi. L’avevo allontanata come avevo allontanato tutti. Vedevo il suo corpo, ma non sentivo la sua vicinanza… non so come spiegarmi.
Dopo la sera del ponte mi sembra di essermi risvegliata da un brutto incubo. Ho ricordi distorti degli ultimi mesi passati lontano da Edward e da quando mi sono svegliata tra le braccia del mio musicista mi sembra di essere ritornata alla realtà ed il cuore abbia ricominciato a battere. Sono cambiata, non so ancora dirvi se in bene o in male, ma sento di essere cambiata.
Comunque, tornando a Rose. Ci sentiamo o ci vediamo tutti i giorni, non fa un passo senza raccontarmelo e mi tempesta di domande per sapere come procede con Edward. Mi ha anche raccontato di aver schiaffeggiato Mike davanti a Pier e agli altri dandogli del lurido verme e di aver goduto nel vedere il suo viso quando ha saputo che Edward è tornato nella mia vita e che i suoi infimi piani non hanno avuto l’effetto che sperava… ho riso tantissimo, anche se sono dispiaciuta di non aver potuto vedere la scena personalmente, ma arriverà anche per me il momento di schiaffeggiarlo.
Mi ha anche confidato che in questi mesi non ha smesso di frequentare Emmett, ovviamente all’insaputa di tutti perché dopo la mia rottura con Edward anche lei non era ben vista dagli altri, ma adesso che le cose si sono sistemate vuole uscire allo scoperto e frequentare liberamente il suo Emmett… e potete scommetterci, mentre parla di lui ha gli occhi a cuoricino e le mani giunte in preghiera!
Tanya, a differenza degli altri, è venuta solo una volta a trovarmi. Ho provato a chiamarla, ma le sue risposte glaciali mi hanno fatto desistere. So che la mia follia del ponte non è facile da digerire, come le menzogne che ho raccontato a tutti durante la mia doppia vita, ma non riesco a capire perché proprio Tanya sia quella che se l’è presa di più. Alice ed Edward mi hanno perdonata come anche tutti gli altri, ma Tanya no. Ho provato a chiedere spiegazioni a Edward, ma lui mi ha dato solo risposte evasive. Ho provato a chiedergli di parlarle, ma si è rifiutato, dicendomi di non farle caso che le passerà.
Anche Garrett è svanito dalla mia vita. E’ venuto a trovarmi solo una volta, alcuni giorni dopo la sera del ponte. Abbiamo parlato fin quando Edward non è arrivato, ma appena Edward è entrato nella mia stanza, i fulmini che sono intercorsi tra loro hanno reso elettrica l’aria della stanza. Speravo che sarebbe comunque tornato a trovarmi, e sono certa che Edward non ostacolerebbe la nostra amicizia, ma non è più venuto, non ha più risposto al telefono e a ogni messaggio risponde con “Sto lavorando, ti chiamo appena mi libero”, ma ad oggi non ha ancora richiamato.
Invece Alice mi ha aggredita appena mi ha vista, mi ha urlato contro con le lacrime agli occhi e non mi ha picchiata solo perché Edward non glielo ha permesso, e dopo essersi ben sfogata mi ha abbracciata come una sorella e abbiamo pianto per tantissimo tempo. Il ritrovo di Jasper ed Alice invece è stato emozionante. Quando Jasper è entrato nella stanza Alice è diventata una statua di sale, sul suo viso sono passate tantissime emozioni: felicità, rabbia, nervoso, amore. Non ha parlato, ha fatto finta di non vederlo, fin quando lui non le si è avvicinato e le chiesto di poter parlare. Sono usciti dalla stanza con Alice pallida come un lenzuolo… abbiamo sentito le urla ed anche il rumore di uno schiaffo… io ed Edward siamo usciti preoccupati dalla stanza, e li abbiamo visti avvinghiati mentre si baciavano come se ne andasse della loro stessa vita.
E’ stato un momento emozionante sì, ma anche imbarazzante. Io ed Edward ci siamo guardati e per un attimo ho potuto cogliere la sua voglia di copiarli, ma poi ha scosso la testa e mi ha invitata e rientrare in camera lasciando la giusta privacy alla coppietta.
Mi mancano i baci di Edward, mi manca sentirlo in me, mi manca il feeling che avevamo instaurato, la fiducia che aveva in me, il nostro rapporto prima che venisse distrutto da un dossier… ma sono fiduciosa…
 
***
Un pomeriggio, uscendo dal bagno dopo la doccia, trovo mio padre in camera mia. Sta parlando serio con Edward, ma quando mi vede si interrompe. Fa un cenno ad Edward che mi viene incontro e mi prende per mano, facendomi sedere sul letto. Mi stringe le mani nelle sue, prende un bel respiro ad occhi chiusi e mi sorride guardandomi dolcemente.
“Tutto a posto?” chiedo scrutando preoccupata mio padre e poi Edward.
 “Sì, stavamo solo parlando degli ultimi mesi… Di quello che è successo…”
Lo guardo senza capire, vedo la preoccupazione sul volto di mio padre e l’imbarazzo su quello di Edward.
“E quindi?” chiedo spronandolo.
Fa un bel respiro e stringe le mie mani “Lo sai che rimarrò sempre con te…” Annuisco “che ti sarò vicino qualsiasi cosa succeda?”
“Mi stai preoccupando” gli dico iniziando a pensare al peggio.
“Non devi. E’ tutto a posto, ma c’è una cosa che pensiamo sia giusto fare, ma tu devi essere d’accordo. Ti fidi di me?”
“Certo che mi fido! Ma cosa: è giusto fare?” la mia mente inizia a bollire, mille idee, tutte confuse e inizio a sentire l’aria mancare.
“Ciò che è successo sul ponte è un caso isolato e non succederà più, lo sappiamo, ma pensiamo…” e guarda mio padre per avere l’appoggio “Pensiamo che tu debba farti aiutare” e mi guarda negli occhi speranzoso.
“Adesso sto bene, non ho più frequentato ponti e non ho più toccato un bicchiere. Non ne ho nemmeno più sentito il bisogno.”
“Lo sappiamo, Bella. Ma pensiamo che un aiuto ti permetta di proseguire la tua vita senza residui, ti aiuti a metabolizzare meglio ciò che è successo” spiega mio padre, avvicinandosi.
“Ho solo dei flash di quella sera, non può avermi scioccato, semmai dovreste chiedere voi un aiuto, dato che ve la ricordate e quell’esperienza l’avete vissuta più di me” rispondo piccata.
“Anche se non lo ricordi la tua mente lo ha registrato, ed elaborarlo con…” prova a convincermi mio padre, ma lo blocco urlando.
“Non sono pazza!” e con uno strattone allontano le mani da Edward e li guardo con rabbia.
“No, Bella. Non stiamo dicendo questo, ma gli ultimi mesi sono stati difficili per entrambi” continua accarezzandomi le braccia “un aiuto non può che farti bene.”
“Sto benissimo! Ho avuto un momento di défaillance, ma adesso sto benissimo, mai stata meglio! Ho superato perfettamente il brutto momento e la mia vita finalmente sta girando per il verso giusto”
“Non lo mettiamo in dubbio, ma non ti costa nulla parlarne con qualcuno” dice Edward guardandomi implorante.
“Ma io parlo già con te!” gli urlo scoppiando in lacrime.
“E ne sono felice, ma…”
“IO NON CI VADO DALLO STRIZZACERVELLI!” urlo alzandomi dal letto.
 “Bella” mi implora Edward alzandosi per abbracciarmi, ma mi allontano e lo guardo con rabbia.
“Non sono pazza… non ne ho bisogno. Tu mi reputi pazza?” ringhio tenendomi le braccia per nascondere il tremore. La paura di perderlo è altissima, se mi reputa una psicopatica si allontanerà di nuovo da me.
“No, am…Bella. Dico solo…”
“… che sono pazza” termino la frase guardandolo con freddezza. Rimane a bocca aperta, quel silenzio risponde più di mille parole. Lo spingo lontano da me e oltrepasso mio padre senza guardarlo, uscendo dalla stanza correndo.
Mi nascondo nel boschetto dietro casa, seduta sul bordo del laghetto dei pesci. L’acqua mi ha sempre dato un senso di pace. Ho la mente confusa, non riesco a capire, credevo che tutto si fosse sistemato, che tutto fosse tornato alla normalità ed adesso mio padre ed il mio “amico” vogliono che vada dallo strizzacervelli, mi gira la testa e ho la gola secca. Ho sete e la tentazione è tanta, ma se voglio dimostrare di aver superato i mesi precedenti non posso farmi vedere con un bicchiere in mano… non ci devo pensare, devo pensare ad altro, devo distrarmi… e cerco di farmi ipnotizzare dal movimento fluido dei pesci.
Le mani di Edward mi accarezzano le braccia, mentre si siede alle mie spalle, mettendomi le gambe sui lati e attirandomi al suo petto. Mi bacia i capelli e mi prende per mano.
“Non fare il ruffiano! Io dallo strizzacervelli non ci vado!” dico acida senza staccarmi da lui.
“Così mi offendi” mi soffia all’orecchio con un sorriso e mi stringe in un abbraccio “Mi piace averti tra le mie braccia…” appoggia il mento sulla mia testa. “…e volevo rispondere alla tua domanda. Non ti reputo pazza”
Mi sposta il busto di lato, per potermi guardare negli occhi, ed io appoggio la testa sul suo ginocchio.
“Ti reputo bellissima, affascinante, intrigante, intelligente, imprevedibile, testarda… e tantissime altre cose, ma non pazza” ad ogni aggettivo mi bacia sul viso, per terminare con un bacio delicato quanto una carezza sulla fronte.
Rimaniamo in silenzio, abbracciati.
“Ho risolto i miei problemi. Riesco a resistere alla tentazione” ribadisco continuando a guardare i pesci.
“Sei una donna forte, ma nessuno è in grado di superare certe situazioni senza il giusto aiuto” risponde tranquillo, stringendo l’abbraccio.
“Ma io non ricordo nulla di quella sera, ho solo dei flash e mi sembrano parte di un sogno”
“Posso essere sincero senza rischiare che scappi?” mi chiede mentre si alza per sedersi di fronte a me. Intreccia le sue gambe alle mie e mi circonda con le sue braccia, rimanendo a pochi centimetri da me.
Annuisco mordendomi il labbro.
“Il ponte è una conseguenza. Tu lo sai che il vero problema è la tua dipendenza” mi blocca stringendo maggiormente l’abbraccio quando tento di alzarmi. “Hai promesso di non scappare” mi ricorda sorridendo.
“Potresti frequentare un gruppo che ti aiuti a superare il problema, ma secondo tuo padre… e secondo me, uno psicologo può aiutarti maggiormente. Io ti starò accanto ed anche tutti i nostri amici, non hai bisogno di un gruppo di sconosciuti”
“Non ho più bevuto” rispondo piagnucolando come una bambina.
“Lo so e sono fiero di te. Mi sto ancora riprendendo dalla sera che ti ho visto sul quel parapetto… ti prego Bella, fallo per me, fallo per le persone che ami… fatti aiutare…”
“Ma io non …”
“…non sei pazza. Infatti ti chiedo di vedere uno psicologo, non di entrare in un manicomio!” risponde scoppiando a ridere.
“Ok. Ci andrò, ma al primo incontro voglio che mi accompagni”
“Ti accompagnerò volentieri, ma penso che la seduta dovrai farla da sola con lui.” mi accarezza il viso e i suoi occhi brillano di gioia.



 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
...“Mantenuto! Ecco cosa è, chiamalo con il suo nome. Un semplice mantenuto, un uomo che non può rendere felice la sua donna, se non utilizzando i soldi di lei… ahahaha! Patetico! Un mantenuto patetico… ecco cosa hai scelto come compagno” lo sento applaudire e la voglia di spaccargli la faccia aumenta, anche se purtroppo ha ragione...


MENTRE ATTENDETE IL NUOVO CAPITOLO FATE UN SALTO A LEGGERE LE ALTRE MIE STORIE:


Il mio incubo personale
La donna più felice del mondo
from twilight to sunrise edward

Su  Padre senza saperlo voglio spenderci alcune parole: è una FF nata in modo anomalo per il mio standard... per giorni mi ha perseguitato una sola immagine del racconto e da quella ho dovuto crearne il contorno... non è il mio classico modo di scrivere una storia e quindi ci tengo particolarmente a sapere cosa ne pensate! 
 

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Capitolo 24
*** Convivere con i puzza-sotto-il-naso ***


Lo so che avete pensato le peggio cose su di me! Che mi sono dimenticata di voi... che ho abbandonato lasciandovi con una storia senza un finale... ED INVECE NO! Sono di nuovo qui!
Sto continuando a scrivere e prima di pubblicare voglio mandarmi avanti quindi non riuscirò a postare velocemente, ma vi posso assicurare che la storia sta procedendo e la seconda parte sta venendo carina, con la conclusione di molte situazioni sospese... quindi non perdete le speranze... anche se non posterò ogni settimana, non significa che vi lascerò senza un finale!!!
BUONA LETTURA e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate
e spero che questo mio lungo periodo di assenza non vi ha offesi o fatto desistere!!!
A PRESTOOOO!!!
 
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 CONVIVERE CON I PUZZA-SOTTO-IL-NASO

EDWARD
 
E’ passato solo un mese dalla sera del ponte. Dalla sera in cui sono tornato nella vita di Bella.
 
Ha iniziato a fare le sedute dal Dr. Bennett e la vedo ogni giorno più serena.
Adoro il suo sorriso e il suo viso che si illumina ogni volta che mi vede e non nego che ho una grandissima voglia di baciarla e stringerla a me, ma voglio essere cauto.
Se ascoltassi il cuore, mi lascerei andare, dimenticando completamente le menzogne e i mesi passati a volerla dimenticare, ma il mio cervello continua ad avere la meglio ricordandomi tutte le bugie che mi ha detto e la poca fiducia che ha dimostrato avere nel nostro rapporto nascondendomi la sua vera identità.
E’ vero, non mi sono mai trattenuto dall’insultare i puzza-sotto-il-naso, ma penso che se vuoi creare qualcosa con qualcuno devi essere sincero e rischiare… doveva darmi la possibilità di scegliere, la possibilità di conoscerla… invece ha scelto per entrambi e come spiegazione mi ha detto: “Credevo di perderti nel momento stesso in cui ti avessi detto chi ero!” … possibile che reputasse il nostro rapporto così debole da essere distrutto da una bugia detta in buona fede?
Beh! Non crogioliamoci nel passato… voglio lasciarmelo alle spalle e riuscirò a convincere il mio cervellino a far prevalere il cuore!
Al momento sto con lei il più possibile, mi ha raccontato del suo passato, dei suoi mesi lontana da me, dei suoi sogni e delle sue ambizioni… e devo ammettere che ha ragione, posso chiamarla Bella, Isabella, Isy … ma ciò che mi ha fatto innamorare di lei non è mutato. Il suo carattere deciso, la sua smorfia quando la prendo in giro, i suoi sogni così simili ai miei, la sua risata cristallina, il suo profumo inebriante, i suoi occhi nel quale perdermi… ebbene sì, sono un romanticone!
 
Più volte ho dovuto trattenermi dal prenderla tra le mie braccia e perdermi sulle sue labbra, ma, anche se sono un romanticone ho l’orgoglio ferito e voglio farla soffrire un po’… non giudicatemi.
Voglio veramente stare con lei, ed il sentimento che provo è sincero, ma prima di ributtarmi a capofitto in una relazione che mi ha inferto ferite profonde e dolorose voglio conoscere ogni singola sfaccettatura del suo mondo… solo allora sarò pronto a lasciarmi andare e godere appieno della sua presenza e compagnia!
E stasera sarà una di quelle occasioni! Per mia “grande felicità” Isabella mi ha invitato a partecipare ad un gala di beneficenza. Ci saranno anche Carlisle ed Esme oltre a Mr. Swan, o Charlie come più volte mi ha chiesto di chiamarlo.
Continuo a rimirarmi allo specchio nervosamente. Il vestito giacca e cravatta che Alice ha cucito per l’occasione mi fa sentire un pinguino, senza parlare del forte dolore che provo ai piedi per queste maledettissime scarpe eleganti… ma non posso indossare le mie comode scarpe da ginnastica? E da quello che mi ha anticipato Jasper sarò pure obbligato a ballare e stare sovente in piedi… Perfetto!
“Sei uno schianto fratellino” cinguetta Alice entrando in camera con le mani piene di cosmetici.
“Mica vorrai truccarmi?” le chiedo spaventato.
“Certo che no, sciocchino” e con un saltello mi si fa pericolosamente vicina “Voglio solo domare questo cespuglio” e mi spettina maggiormente.
Come un damerino mi fa sedere sul letto ed inizia a pettinarmi dolorosamente i capelli, stende il gel, pettina, sbuffa, rimette il gel e dopo minuti di tortura batte le mani felice.
“Adesso sei pronto!” mi guardo allo specchio e devo ammettere che faccio la mia porca figura.
Faccio dei saltelli sul posto cercando di alleviare la tensione e attendo che mi vengano a prendere.
Appena suonano il campanello, Alice mi sistema per l’ennesima volta la giacca e stampandomi un bacio mi assicura che andrà tutto bene.
Scendo le scale saltellando, continuando a ripetermi che se voglio realmente avere un futuro con Bella devo imparare a gestire queste uscite, ma appena esco dal portone, la vista di una limousine nera scintillante con relativo autista vestito da pinguino che mi tiene la portiera aperta, mi fa sentire inadeguato.
Un imbianchino, musicista, imbrattamuri dentro una limousine… chi lo avrebbe mai immaginato.
Leggermente in soggezione mi avvicino alla macchina, saluto con un gesto del capo il pinguino e salgo in quell’abitacolo più grande del mio salotto.
Solo, in quello spazio immenso e lussuoso, inizio a muovermi a disagio sui sedili, mi alzo, schiaccio dei pulsanti aprendo scomparti con dentro cose inimmaginabili, li richiudo facendo attenzione che nessuno mi abbia visto e ritorno a sedermi cercando di scaricare la tensione muovendo nervosamente la gamba.
Arrivati a Villa Swan, il pinguino mi apre la portiera e ringraziando un sorridente Jasper mi viene incontro facendomi tirare un sospiro di sollievo.
“Ci sei anche tu stasera?” gli chiedo quasi implorandolo.
“Certamente! Sono l’angelo custode di Bella, dove c’è lei ci sono io… non ti lascio solo, tranquillo!” e con una pacca sulla spalla mi invita ad entrare.
 
Entro nel salone dove Mr. Swan sta gustando del whiskey appoggiato al bancone del bar, mi saluta con un sorriso.
“Benvenuto Edward, vieni accomodati” e mi poggia la mano sulla spalla accompagnandomi al bancone. “Posso offrirti qualcosa? Ti vedo un po’ teso” e copre le labbra con la mano per nascondere un sorriso.
“Grazie… credo di averne bisogno” e tracanno l’intero brucia-budella in un sorso facendo scoppiare a ridere sia Mr. Swan che Jasper “Son contento che la mia presenza vi renda euforici” rispondo con una smorfia.
“Edward… Edward… devi stare tranquillo, è un semplice gala. Devi solo mangiare, bere, ballare e divertirti… non sei nemmeno costretto a fingerti felice di vedere qualcuno, a differenza di me… è tutto il giorno che provo il sorriso” e allarga un sorriso finto sul volto “Ho fatto bene i compiti?”
Sorrido per la faccia buffa di Mr. Swan “Certo, sembra molto vero”
“Perfetto… Perfetto” e compiaciuto versa un altro bicchiere.
“Alla tua entrata nella vita dei puzza-sotto-il-naso” e fa scontrare i nostri bicchieri sorridendomi con un sorriso vero, che gli arriva agli occhi.
Ricambio il brindisi, ma non rispondo, perché l’entrata di Bella, fasciata in un vestito rosso fuoco di Valentino, mi fa rimanere di stucco.
E’ elegante e aggraziata. Tiene il viso rivolto verso il basso con le guance imporporate di rosso. Mi avvicino a lunghi passi, cercando di trattenere la voglia di abbracciarla e baciarla, le prendo la mano per baciarla in un elegante baciamano e le sussurro “Sei un incanto”
Mi sorride imbarazzata e stringe la sua mano nella mia.
“Anche tu sei bellissimo Mr. Cullen”
 
Il viaggio verso il ristorante è piacevole. Mr. Swan è un uomo affabile e Bella si diverte a raccontare aneddoti di suo padre e alcune gaffe che il perfetto Mr. Swan ha fatto in alcune occasioni. Ovviamente anche Mr. Swan non si risparmia e racconta alcuni momenti imbarazzanti di Bella ad alcuni gala avvenuti in qualche parte del mondo. Li ringrazio mentalmente per il loro modo di cercar di farmi sentire a mio agio. E tengo stretta la mano di Bella nella mia per sentirmi più tranquillo.
Appena arriviamo al ristorante un’altra fantastica sorpresa mi attende.
Il grande orso Emmett vestito di tutto punto è fuori dal locale con una sigaretta accesa e Rosalie che gli accarezza la schiena parlandogli dolcemente.
“Rosalie, Emmett!” chiama Bella appena scende dall’auto.
Mi prende per mano, e senza ascoltare i rimproveri del padre, si avvicina alle due facce conosciute.
Le ragazze si abbracciano e si complimentano per i vestiti, mentre io prendo una sigaretta e l’accendo avvicinando al mio amico.
“Che piacere vedere facce amiche!” mi dice dandomi una pacca sulla spalla.
“Eh già” rispondo facendo una lunga boccata alla sigaretta. Sono teso, il sudore sulla fronte e la mandibola che continua a contrarsi ne sono testimoni.
“Tutto bene amico?” mi chiede preoccupato.
“Certo, solo un po’ nervoso… sai cosa ne penso dei puzza-sotto-il-naso”
“Ci sono io amico e ti posso assicurare che dentro è uno spettacolo… anche se devo ammettere che noi siamo più bravi a suonare” risponde scoppiando a ridere.
“Cosa?”
“Beh! Dentro ci sono quattro pinguini che suonano per allietare la serata, ma posso assicurarti che noi siamo nettamente migliori. Dovremmo proporci per le prossime serate!” mi fa l’occhiolino spegnendo la sigaretta con il tacco.
“Anche no, grazie!” rispondo preoccupato che ci provi veramente. Un conto è fare da cavaliere a Bella e conoscere il suo mondo, un conto è abbandonare l’aria famigliare del Midnight Sun per un locale snob pieno di puzza-sotto-il-naso.
 
Ci accomodiamo all’interno del locale. Tutto è scintillante e tirato a lucido. I camerieri sembrano delle belle statuine e i tavoli sono addobbati come se fossimo ad un matrimonio. La mano di Bella si stringe alla mia.
“Benvenuto nel mio mondo” mi sussurra sarcastica.
Ci accomodiamo al tavolo, dove con grande gioia scopro di essere seduto tra Emmett e Bella. Jasper è impettito vicino alla pila ed è nella classica posa da guardia del corpo. Mi fa l’occhiolino e torna ed essere una statua che controlla tutto.
La cena è piacevole, il cibo è squisito, la compagnia è gradevole e la presenza di Carlisle ed Esme al nostro tavolo mi fanno rilassare maggiormente.
Conosco tutti al tavolo e parliamo di argomenti semplici, pensavo di dover passare la cena a sentire numeri, nomi o cose che non conoscevo, invece sono stato fortunato e posso dire senza ombra di dubbio che mi sto divertendo. Emmett non si smentisce nemmeno in una serata elegante e non si trattiene con le battute e i doppi sensi facendo ridere tutti i commensali.
Quando arriva il momento del dolce, un signore molto elegante sale sul pulpito, e dopo aver provato il microfono ringrazia i presenti ed inizia a spiegare il motivo della serata.
Tutti i soldi che verranno raccolti serviranno per aiutare una scuola del centro America… il classico modo dei ricchi per mettersi l’anima in pace. I camerieri passano per i tavoli con una “zuppiera” d’argento, nel quale ogni persona deposita un assegno.
Guardo Bella preoccupo, ma lei mi sorride e, sotto il tavolo, mi passa un assegno piegato a metà.
“Gli uomini devono fare l’offerta…” e mi fa l’occhiolino.
Deposito l’assegno nella “zuppiera” e con esso anche il mio orgoglio… io, l’uomo di casa, che mi faccio bello con i soldi di una mia “amica” … mi faccio schifo.
Con la scusa di dover andare ai servizi mi alzo ed esco a prendere una boccata d’aria.
Bella mia piace, senza di lei non riesco a stare ed il dolore che ho provato nei mesi di lontananza ne sono la prova, ma non credo di essere capace di accettare il suo mondo. Sono solo un imbianchino.
Cosa posso offrire a Bella che lei non abbia già?
“Ehi, tutto bene?” la voce melodiosa di Bella mi fa sussultare.
“Si, tutto bene. Avevo solo bisogno di aria” le rispondo senza riuscire a guardarla in faccia.
“Pensavo che le bugie le avessimo abolite del nostro rapporto.” Mi punzecchia continuando ad accarezzarmi la schiena.  “E’ per l’assegno?”
“Anche…” rispondo passandomi la mano tra i capelli.
“Cosa è successo?” mi chiede obbligandomi a girarmi verso di lei e prendendomi il viso tra le mani.
“Tutto questo” le rispondo indicando l’ampio giardino di fronte a me e la sala piena di gente ben vestita.
“Ti senti a disagio? Vuoi andare via?” mi chiede continuando ad accarezzarmi il viso e perforandomi con lo sguardo dispiaciuta.
“E che io…” vorrei spiegarle cosa penso, ma mi sento in imbarazzo, come fai a dire alla donna che ami che non sei abbastanza per lei?
“E’ che tu?” mi sprona facendomi accomodare su una panchina tenendomi per mano.
“Lascia stare. Paranoie… torniamo dentro.” Le bacio la fronte e facendola alzare la accompagno dentro la sala tenendo le nostre mani intrecciate.
 
“Vieni balliamo” le propongo appena entrati per evitare che riprenda il discorso che abilmente ho interrotto sulla terrazza.
La trascino al centro della sala e, posando le mie mani alla sua vita e allacciando i miei occhi nei suoi, mi faccio cullare dalle note della canzone perdendomi in una bolla tutta nostra. Sentire il suo profumo, perdermi nei suoi occhi, sentire il suo corpo sotto le mie dita mi fa vergognare per cosa ho pensato. Ho sempre reputato i ricchi delle persone che valgono poco perché giudicano in base ai soldi, ma io non sono da meno. Volevo negare la possibilità tra me e Bella per la semplice differenza dei nostri conti in banca.
La avvicino maggiormente al mio corpo e la bacio con tenerezza sulla nuca.
“Sei bellissima” le sussurro all’orecchio, chiudendo gli occhi per assaporare meglio il suo dolce profumo. La sento fremere e sorrido compiaciuto per la sua reazione ad un semplice sussurro.
“Anche tu…” e stringe maggiormente i nostri corpi. “Sembri nato per questo mondo e sono sicura di essere la donna più invidiata di tutta la sala” si allontana leggermente facendomi l’occhiolino e giocando con i capelli alla base della mia nuca.
“Allora tienimi stretto Miss Swan” la stuzzico soffiando le parole a pochi millimetri dalle sue labbra.
“Certamente Mr. Cullen” mi risponde avvicinandosi maggiormente e leccandosi le labbra. Il mio amichetto ai piani bassi chiede tregua. Scuoto il capo con un sorriso e la abbraccio facendole appoggiare il viso alla mia spalla. Continuo ad accarezzarle la schiena mentre la dondolo sulla musica. Cosa mi importa del suo mondo. A me importa di lei, e se lei mi sarà al fianco credo proprio che riuscirò ad accettare anche i puzza-sotto-il-naso.
Non so quante canzoni siano passate, rimarrei per sempre abbracciato a Bella. Sentire il suo corpo sul mio, il suo fiato sul mio collo, le sue mani che giocano con i miei capelli e la musica che rende tutto così magico… ma Emmett non è della mia stessa idea.
Con una forte pacca sulla spalla mi fa ridestare dal paradiso nel quale mi ero immerso.
“Posso ballare con Bellina o è una tua esclusiva?” e con un occhiolino mi strappa Bella dalle braccia. Rimango interdetto. Come quando ti svegliano con una secchiata d’acqua. La risata cristallina di Bella e le braccia di Rose mi fanno riprendere.
“Il mio scimmione era stufo che gli pestassi i piedi… posso pestare un po’ i tuoi?” mi chiede Rosalie allacciandomi le mani intorno al collo e sorridendomi.
“Certamente, i miei piedi sono a tua disposizione” e inizio a volteggiare per la pista da ballo con Rose.
Ringraziando non mi ha pestato i piedi, anzi si è dimostrata una ballerina provetta. Ma il tempo passato in piedi si sta facendo sentire nelle scarpe.
Dopo essermi inchinato di fronte a Rosalie e averle fatto il baciamano la accompagno al tavolo.
Emmett sta tenendo banco facendo ridere Esme, Carlisle, Mr. Swan e altre persone che si sono accomodate al nostro tavolo. Cerco Bella ma non la trovo. Non c’è nemmeno Jasper.
“Sapete dove è Isabella?” chiedo in generale alla tavolata, ma tutti mi rispondono negando con il capo e continuando a ridere delle battute di Emmett.
Una strana sensazione mi prende lo stomaco. Allento la cravatta ed inizio a cercarla cercando di nascondere il nervoso. La cerco nei bagni delle donne, ovviamente non sono entrato, ma chiedendo a chi usciva ho avuto la conferma che lei non era lì. La cerco per la sala ed infine sul terrazzo dove poche ore prima avevo preso una boccata d’aria.
  
“Perché lui cosa merita eh? E’ un imbianchino con le pezze al culo…” la voce di Mike attira la mia attenzione.
“Vale mille volte te. Tu sei solo un viscido che pugnala alle spalle” la voce di Bella è rotta, ma non capisco se dal pianto o dal nervoso. Cerco di avvicinarmi senza farmi sentire.
“Certo, vale così tanto che non hai nemmeno avuto il coraggio di dirgli chi eri.” La serpe scoppia a ridere in una risata isterica. E la verità di quelle parole mi fa fermare dove sono.
“Stavo per dirglielo” risponde in un sussurro.
“Certo, certo… come no! Ne sono certo! Sei mesi e mai un’occasione?” stringo i pugni… tutti i miei dubbi tornarono prepotenti… sei mesi…
“Non fare la bambina Isy. Ti sei divertita con il tuo giocattolino, ok, lo accetto. Ma adesso basta con questi giochetti e torna da me…”
“Non è un giocattolino, io lo amo!” sorrido come un ebete alle parole di Bella. Non me lo aveva mai detto. Nemmeno nei giorni felici, prima della separazione… mi ama!
Ma la risata divertita di Mike mi fa riprendere.
“E come credi di vivere eh? Con l’amore? Sveglia bambina. Lui non fa parte del nostro mondo, è solo un poveraccio che non si può permettere nemmeno le scarpe che indosso…”
“Ho abbastanza soldi per entrambi” il mio orgoglio si sgretola a quelle parole… da imbianchino a mantenuto… Perfetto!
“Wow! Hai scelto proprio bene… che uomo!”
“E’ un uomo con il cuore”
“Mantenuto! Ecco cosa è, chiamalo con il suo nome. Un semplice mantenuto, un uomo che non può rendere felice la sua donna, se non utilizzando i soldi di lei… ahahaha! Patetico! Un mantenuto patetico… ecco cosa hai scelto come compagno” lo sento applaudire e la voglia di spaccargli la faccia aumenta, anche se purtroppo ha ragione.
“Sono felice con lui e non mi interessa come lo vuoi etichettare. Non è un mantenuto e non è un uomo patetico… tu sei patetico perché non hai ancora capito che non ti voglio nella mia vita. Stai lontano da me, stai lontano da lui e dai nostri amici o giuro che ti farò pentire di essere nato” risponde Bella con un ringhio che mi fa accapponare la pelle.
E’ tosta… nessuno può metterle i piedi in testa. Sono fiero di lei.
Faccio alcuni passi facendo rumore per avvisarli della mia presenza chiamandola, come se fossi appena arrivato.
Mi avvicino ed i fulmini che escono dagli occhi di Bella sono quasi visibili. Il sorriso di Mike è finto e tirato. Cerca di apparire sicuro di se, ma gli occhi non mentono e posso vedere la sua rabbia.
“Bella, sei qui, ti stavo cercando. Tuo padre ti vuole” e senza degnare di uno sguardo Mike mi avvicino a Bella prendendola per mano.
“Vieni” la sprono, appoggiando una mano sulla sua spalla e incamminandomi verso il cono di luce, ma dopo pochi passi mi fermo.
Torno verso Mike sotto gli occhi stupiti di Bella. Gli allungo la mano e con il miglior sorriso finto che conosco lo stupisco.
“Grazie.” Gli dico e mi crogiolo nel vedere i suoi occhi sgranati e l’enorme punto interrogativo che ha sul capo “Grazie per ciò che hai fatto. Senza di te non avrei mai scoperto chi era Isabella, e solo grazie a te adesso il nostro rapporto non ha più segreti ed è più saldo. Grazie” e vedendo che non prende la mia mano, gli do una pacca sulla spalla e mantenendo il sorriso mi riavvicino a Bella. Le allaccio le braccia alla vita e la accompagno all’interno del locale.
 
Quando entriamo nella sala la invito a ballare, ma lei mi ferma ricordandomi che suo padre la cercava, scuoto la testa con un sorriso “Era solo una scusa” le sussurro. Mi guarda cercando di capire, e continuando a studiarmi mi segue in centro pista.
Per il resto della serata tutto procede liscio, ovviamente le occhiatacce di Mike non mi passano inosservate, ma più rode di rabbia e più mi stringo a Bella.
Non le dico cosa ho sentito, non parlo di ciò che il mio cervellino continua a pensare, non voglio rovinarle la serata, anzi fingo il più possibile ed appena le paranoie fanno capolino, le rispingo nei meandri nella mia mente … ovviamente gliene parlerò, ma in un momento più consono, adesso voglio solo far morire di invia quella serpe di Mike.

 
 
!! ATTENZIONE SPOILER !!

...“Sono solo un imbianchino, non faccio parte del tuo mondo… non sono in grado di renderti felice…”
“Ma sei impazzito?” gli chiedo allarmata. Ma che diavolo sta dicendo? ...


ED ECCOMI DI NUOVO QUI!
MENTRE ATTENDETE IL PROSSIMO CAPITOLO, FATE UN SALTO A LEGGERE LE ALTRE STORIE  
E NON SIATE TIMIDI... FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE!


Il mio incubo personale
La donna più felice del mondo
from twilight to sunrise edward
Padre senza saperlo
 

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Capitolo 25
*** Ritorno al lavoro ***


Eccomi qui!!! Non mi sono dimenticata della nostra Bella e del suo sexy imbianchino!
Ringrazio tutti coloro che in questi giorni mi hanno aggiunto negli autori preferiti e hanno aggiunto la storia nelle tre categorie!!
Come già avvisato precedentemente, la storia verrà postata solo una volta alla settimana perchè è ancora in fase di lavorazione
e sto discutendo con un capitolo in particolare!
Ma non temete! 
Il prossimo mercoledi sarà qui puntuale ad aggiornare!
Ed adesso basta con le ciance e BUONA LETTURA!!!
 
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RITORNO AL LAVORO
Il gala sta andando bene. Ero molto nervosa conoscendo l’astio di Edward per il mio mondo e devo ammette che sono rimasta stupita nel vedere come si destreggia bene tra balli, chiacchierate e galanterie.
Mio padre ha fatto di tutto per metterlo a proprio agio… ha invitato persino Emmett e ha deciso personalmente le persone sedute al nostro tavolo. E’ stato anche molto bravo a metterlo a proprio agio in macchina lasciandomi raccontare aneddoti che lo riguardavano e, dandomi corda, raccontando i miei… beh! I miei poteva risparmiarseli, ma va bene lo stesso, Edward durante il viaggio si è rilassato e questo è l’importante!
 
Ballare con Edward è stato magico, poter risentire il suo corpo stretto al mio, le sue mani che mi accarezzavano delicatamente, il suo profumo che mi inebriava i sensi… wow! Se non fosse arrivato Emmett sarei ancora abbracciata a lui nel mio mondo dei sogni.
Purtroppo però Mike è riuscito a rovinarmi l’umore. Mi ha intercettata mentre usciva dai bagni e poco gentilmente mi ha portata in giardino. L’ho seguito senza fare storie, non perché ne avessi timore, ma perché volevo avere la possibilità di sputargli in faccia tutto il mio odio nei suoi confronti.
Appena siamo arrivati in un punto appartato gli ho subito tirato uno schiaffo! Che soddisfazione!
Ha riso massaggiandosi la guancia ed ha provato a diminuire le distanze tra di noi, ma con un altro schiaffo l’ho fatto allontanare. Ma quanto mi piace prenderlo a schiaffi? Tantissimo!!!
Gli ho sibilato contro tutto il mio odio, non ho urlato, volevo che capisse che le mie parole non erano dettate dalla rabbia, ma da un odio profondo…ha provato giustificandosi che lo ha fatto per me, che lo ha fatto perché mi ama, ma vedendo che le sue parole non mi scalfivano e non ero propensa a farmi toccare da lui, ha iniziato con i suoi bassi giochini. Ha provato a minare la stima che ho per Edward… illuso, così facendo mi ha fatto apprezzare ancora di più il mio “amico” e mi ha fatto capire ancor meglio quanto lui fosse viscido.
Come richiamato, appena abbiamo terminato la discussione, Edward è venuto a cercarmi.
Ha stretto la mano a Mike ringraziandolo per il dossier. Sono sincera, mi ha stupita! Si è comportato da vero gentiluomo, e con eleganza ha tagliato definitivamente le gambe a quell’ossigenato di Mike.
Siamo tornati insieme, abbracciati, in sala mentre Mike continuava a digrignare i denti… che soddisfazione.
Appena tornati nel salone volevo cercare mio padre, dato che Edward mi aveva detto che mi stava cercando, ma appena gli chiesi dove era, lui mi sorrise con il suo sorriso “Era solo una scusa” e mi ha invitata a ballare.
Più volte durante la serata mi ha abbracciata, baciata sulla fronte o sul collo, non si è mai staccato da me, ha sempre mantenuto un contatto: tenendomi per mano, tenendo la mano appoggiata alla mia schiena, o sulla spalla e più volte si è avvicinato pericolosamente alle mie labbra… devo ammetterlo ci ho sperato! Ho sperato che avesse superato i nostri problemi e volesse tornare con me, ma purtroppo mi sono accorta che lo faceva solo per far ingelosire maggiormente Mike… pazienza. Non mi importa il motivo, vuole fare ingelosire Mike? Perfetto gli reggo il gioco e nel frattempo mi gusto la sua vicinanza così ristretta!
 
A fine serata torniamo a casa con Emmett e Rosalie. Emmett ha bevuto tantissimo e Rosalie non è da meno. Io sono sobria, per quanto riguarda l’alcol anche se sono inebriata come un’adolescente per gli sfioramenti con Edward e i nostri finti baci per far ingelosire la serpe. Edward è silenzioso e anche se ride alle battute di Emmett lo sento distante.
Appena Emmett e Rosalie scendono dall’auto lasciandoci soli mi siedo accanto a lui.
“Tranquillo. Ho capito perché ti sei comportato così. Grazie.” Non lo tocco per fargli capire che so che devo tenere le distanze e che tutto ciò che è successo nel dopo Mike era solo una finzione.
Mi guarda senza capire.
“Gli sfioramenti, i finti baci, le carezze… lo hai fatto per Mike e ti ringrazio” spiego meglio a cosa mi riferisco. E mi massaggio il collo per alleviare la tensione che il suo sguardo penetrante mi sta facendo nascere.
“Prego” risponde soltanto ritornando a guardare fuori dal finestrino.
“Cosa succede, Edward?” gli chiedo dopo minuti per spezzare la tensione che si è venuta a creare. Non risponde fa solo una smorfia.
“Siamo amici” purtroppo aggiungerei “puoi parlarne con me… qualcuno ti ha offeso? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Se pensi di avermi illusa con i tuoi atteggiamenti puoi stare tranquillo, ho capito quasi subito il perché mi stavi così vicino e ti comportavi come se stessimo insieme, sono stata al gioco, anche io mi sono divertita a veder rosicare quella serpe di Mike. Beh! Devo ammettere che prenderlo a schiaffi per ben due volte è stato anche più divertente, e minacciarlo se si avvicinava ancora a noi mi ha esaltata… ma anche il teatrino che fossimo fidanzati è stato… piacevole” ok, quando sono nervosa parlo troppo, ma il silenzio mi sta uccidendo e il suo viso che cambia espressione ogni trenta secondi non aiuta a farmi rilassare.
“Vi ho sentiti” lo dice così piano che non sono certa di aver sentito bene.
“Come?” gli chiedo, brava Bella… soprattutto originale.
“Ho sentito te e Mike…” ripete alzando leggermente la voce ma continuando a guardare fuori dal finestrino.
“Oh” rispondo abbassando il capo e iniziando a rivivere nel mio cervello la discussione con il mio ex per capire se ho detto qualcosa che possa averlo offeso.
“E ha ragione…” continua spostando finalmente lo sguardo su di me.
“Scusa?” gli chiedo allibita… ma come può pensare che Mike abbia ragione.
“Sono solo un imbianchino, non faccio parte del tuo mondo… non sono in grado di renderti felice…”
“Ma sei impazzito?” gli chiedo allarmata. Ma che diavolo sta dicendo? Non è in grado di rendermi felice? Lui è la mia felicità, il motivo per il quale mi sveglio al mattino e vivo felice la giornata. Il suo sorriso, i suoi occhi, le sue mani, la sua voce… tutto di lui mi rende felice…
“Isy forse si accontenterebbe di felicità fittizia fatta di diamanti e vestiti costosi, ma Bella” e marco su Bella mentre lo obbligo a guardarmi prendendogli il volto “Bella è felice solo con il tuo sorriso, con la tua presenza… Mike era obbligato a comprare qualcosa per rendermi felice, tu devi essere solo te stesso ed accettarmi per quella che sono, solo così puoi rendermi felice!” trattengo le lacrime, ma non riesco a trattenere il tremore. Chiude le mie mani tra le sue e mi fa appoggiare al suo petto.
“Voglio crederti Bella… ma non è facile per me far parte del tuo mondo” sospira.
“Non te lo chiederò più. Anche se posso assicurarti che stasera sei stato perfetto…”
“Ciò non toglie che ciò che ha detto è vero…”
“No, ciò che ha detto lo ha detto solo per ferirmi, perché è un calcolatore e sa che colpendo te, colpisce me. Ma non gli voglio dare peso e non dovresti darglielo nemmeno tu.”
“I mesi di bugie, il fatto che non ho soldi…” continua come se non avessi parlato.
“… il fatto che non mi rendi felice?” alzo il viso e lo guardo negli occhi, una fitta mi trapassa il cuore vedendo i suoi occhi tristi. Gli accarezzo il viso sorridendogli.
“Non ho detto chi ero per paura che mio padre mi facesse veramente dormire sotto i ponti, e dopo lo scherzetto delle carte e dei conti non puoi biasimarmi, e poi perché avevo paura di perderti. Ho sbagliato, e sto facendo ammenda. Dovevo dirtelo lo so, e mi sono comportata da codarda, ma l’ho fatto per paura di perderti non perché volevo nascondertelo. Per il fatto dei soldi… beh, non avrai tutti i soldi che ha Mike ma hai un cuore che Mike può solo sognare e sei speciale per la persona che sei, non per il ruolo che ricopri nella società. Per rendermi felice non devi regalarmi un diamante, devi regalarmi un sorriso…” mi sorride con il sorriso sghembo che mi fa risvegliare le farfalle nello stomaco “tu vali mille Mike ficcatelo in testa” e picchietto sulla sua tempia. “E per i soldi, beh! Ad essere sinceri nemmeno io ne ho tanti, tutti i soldi che ho sono di mio padre!” e sorrido facendolo sorridere.
Mi abbraccia, non dice altro. Rimaniamo in silenzio, un silenzio rilassante, un silenzio pieno di parole.
 
***
 
Dopo vari tentativi e occhi dolci, sono riuscita finalmente a convincere mio padre a farmi tornare al lavoro. Non era d’accordo, voleva che prendessi tempo e sistemassi la mia vita prima di rituffarmi nella vasca degli squali, ma rimanere con le mani in mano tutto il giorno non mi stava aiutando. Ok, ho fatto shopping, sono andata in una spa con Rosalie, ho camminato per il parco di Villa Swan, ho giocato a carte con le guardie del corpo e costretto le cuoche ad insegnarmi i trucchi del mestiere, ma più passavano i giorni e più mi annoiavo!
Non potete immaginare quanto sono stata felice la sera che mio padre mi ha informata che mi permetteva di tornare a lavoro… ho ballato come un’indemoniata e ho stretto mio padre in un abbraccio stritolatore… Siiii… la “macina contratti” è tornata! Tenete gli occhi aperti, più nessuno avrà scampo!
 
Ebbene sì, la gioia per il ritorno al lavoro era altissima, anche se adesso, mentre cammino per il corridoio diretta al mio ufficio, non sono più così euforica, anzi, vorrei che il pavimento si aprisse inghiottendomi. Esatto il mio ritorno in ufficio è imbarazzante!
Tutti mi guardano e mi trattano come se fossi una pazza. Sento i bisbigli dei miei dipendenti che mi guardavano indicandomi, credendo che non li veda, e bisbigliano la mia scenata sul ponte… gentili.
Cerco di trattenere la rabbia e la vergogna e faccio ciò che mi viene meglio. Mi chiudo nel mio ufficio e mi buttato subito sul lavoro! Nomi, date, numeri… confortanti e utili per non pensare!
 
Dopo un’intera mattinata a rimettere in ordine e a capire cosa è cambiato durante la mia assenza, mi butto stanca sulla poltrona in ufficio. Chiudo gli occhi e cerco di far mente locale con gli occhi chiusi.
Un leggero bussare mi fa riemergere dal vortice di numeri e contratti da concludere.
“Avanti” dico schiarendomi la voce.
La faccia imbarazzata di Garrett fa capolino dalla porta.
Mi alzo di scatto, perché sono furba, e un leggero capogiro mi fa cedere le gambe, ma le braccia di Garrett mi evitano la caduta.
“Grazie” dico cercando di rimettermi a posto “pressione bassa” mi giustifico.
“Allora è vero! Sei tornata”
“Eh, già. Mi annoiavo a casa!” e mi avvicino alla scrivania toccando a caso le cartelle con i contratti. “Ti sono mancata?” provo a scherzare per allentare la tensione.
“Ovviamente. Senza la ‘macina contratti’ la società stava andando a rotoli” scherza avvicinandosi anche lui alla scrivania e prendendo in mano una cartella a caso.
“Sarai ancora il mio partner?” gli chiedo speranzosa. Lo so che con i nostri trascorsi non dovrei chiederglielo, ma è il migliore ed ho molto da imparare da lui.
“Se lo vuoi sì” mi risponde senza guardarmi negli occhi.
Rimaniamo in silenzio. Cerco di tenermi occupata mettendo e togliendo fogli dalle cartelline.
“Non sei arrabbiata?” mi chiede spezzando il silenzio.
Lo guardo con un grosso punto interrogativo in testa.
“Beh” continua imbarazzato “dopo la serata del ponte, non sono più venuto a trovarti, ma vedi per me è… difficile”
Mi alzo dalla sedia, e lo abbraccio.
“Mi sei mancato in quei giorni. Sei il mio miglior amico e avrei voluto parlarti, sfogarmi, spiegarti… ma comprendo cosa significhi per te il ritorno di Edward” parlo nascondendomi sul suo petto.
Stringe l’abbraccio.
“Perché volevi ucciderti?”
Mi stacco da lui come se mi fossi scottata.
“Non volevo uccidermi, te lo giuro. Ero ubriaca e non capivo in che pericolo mi ero messa. La mia intenzione quella sera era bere per dimenticare e camminare per non pensare… non volevo uccidermi!”
Lo guardo per fargli capire che non sto mentendo. Mi scruta negli occhi e sorridendomi esclama.
“Ti credo. Discorso chiuso. Bentornata partner!” e ci abbracciamo come due fratelli ritrovati.
 
Il resto della giornata passa piacevolmente. Lavorare con Garrett è fantastico. E’ preparato, organizzato e risolve i problemi come fossero bazzecole. Mi spiega cosa è successo durante la mia assenza e mi segnala i contratti da concludere con maggior urgenza. Mi segna in agenda i prossimi viaggi di lavoro e gli appuntamenti con i clienti di punta.
Concludiamo tramite telefono due contratti che sono rimasti nel limbo e facciamo il planning per i nuovi progetti…
La sera sono stanca e gli occhi mi bruciano. Vorrei tornare a casa e perdermi tra le bolle della mia adorata vasca, ma il messaggio di mio padre mi ricorda la cena a casa dei Cullen.
“Problemi?” mi chiede Garrett alzando gli occhi dal foglio che sta leggendo.
“No, nessuno… solo programmi sfumati!” sbuffo ributtandomi sui contratti… la mia vasca dovrà aspettare…
 
***
 
La serata dai coniugi Cullen scorre piacevole. Ovviamente dopo la serata sul ponte ogni alcolico è stato abolito in casa e fuori casa. Mi trattano tutti come fossi una ex alcolizzata, ma posso capirli, effettivamente negli ultimi mesi io e la bottiglia eravamo diventati ottimi amici! Ammetto che non mi dispiacerebbe ogni tanto sorseggiare un buon vino e bere una birra in un pub, mi farebbe sentire meno sbagliata e mi aiuterebbe a dimenticare quel periodo nero, ma non fa nulla. Passerà anche questo. Devo stringere i denti, ancora poche sedute dal dott. Bennett e poi sarò di nuovo libera di vivere come ogni ventenne… ho bruciato la fiducia che, mio padre, i Cullen, Edward avevano in me e so che devo lavorare tanto per poterla riconquistare e se basta stare lontano dalla bottiglia lo faccio volentieri!
 
Carlisle ed Esme si dimostrano le bellissime persone che sono. Come aperitivo Esme ha preparato un analcolico squisito e pasteggiamo con bibite gassate. Parliamo di tutto. Degli eventi mondani, dell’adolescenza sfrenata di mio padre e Carlisle, dei propositi per il prossimo futuro… ridiamo tantissimo e mi sento serena. Mio padre è rilassato… con Carlisle ritorna ad essere un adolescente pieno di vita e voglia di scherzare, lontano anni luce dall’uomo rigido e composto che la gente conosce.
La serata passa serena e la compagnia dei miei zii mi fa dimenticare la stanchezza della giornata. Ad essere sincera non ho nemmeno voglia di tornare a casa. Mi sento così bene che propongo di andare al locale e riesco a convincere mio padre e i suoi amici ad accompagnarmi.
Quando entriamo stanno suonando l’ultimo pezzo. Edward è magnifico quando suona, emana un’aura di serenità contagiosa. I ragazzi mi festeggiano dedicandomi una canzone, mentre James mi offre un succo di frutta che accetto con una smorfia.
Quando Edward scende dal palco mi abbraccia felice della sorpresa e saluta con una stretta di mano mio padre e Carlisle. Rimane sempre accanto a me senza mai slacciare le nostre mani.
Mio padre ed i suoi amici lasciano il locale subito dopo il brindisi per il mio ritorno. La loro presenza, come quelle delle guardie del corpo, metteva in soggezione tutti i clienti del locale, compresi i miei amici. Rimaniamo anche dopo la chiusura del locale. Chiacchiero con tutti ed ascolto le loro storie ridendo spensierata.
E’ stata una giornata piena di emozioni, sono tornata al lavoro, ho cenato con i miei cari ed ho finito la serata con i miei amici… vorrei terminarla tra le braccia di Edward… ma non mi lamento. Ho di nuovo la vita che volevo e con pazienza riavrò la fiducia e l’amore di Edward!
 
***
 
“Passato bene la serata?” mi chiede Garrett entrando in ufficio con due tazze di caffè.
Mugugno come risposta. E prendo il caffè ringraziandolo con il capo.
“Fatto festa?” mi chiede trattenendo una risata.
“Non ci sono più abituata” rispondo con una voce da oltretomba.
“Hai bevuto?” chiede allarmato.
“NO!” rispondo stizzita “Sono solo andata a dormire tardi!”
“Edward ti ha tenuta sveglia?” chiede malizioso sciabolando il sopracciglio.
“Magari” rispondo facendo cadere la testa sulle braccia.
“Non hai bevuto, non hai fatto sesso… illuminami! Come mai sei uno zombi?”
“Cena dai Cullen, fine serata al locale e due ore di sonno!” riassumo cercando la forza per sorseggiare la fine del caffè. “Non ho più il fisico” e ricado sulla scrivania.
“Doppio caffè in arrivo” e il rumore della sedia che striscia è l’ultimo rumore che sento prima di addormentarmi.
 
“Facile lavorare così” la voce di mio padre mi risveglia facendomi cadere dal divano. Massaggiandomi il fondoschiena cerco di capire dove mi trovo. Sono nel mio ufficio e Garrett mi guarda sorridente dalla scrivania, mentre mio padre, con le mani ai fianchi e trattenendo una risata troneggia di fronte a me.
“Scusa… stavo pensando” cerco di giustificarmi con la bocca impastata dal sonno.
“Tra quindici minuti in sala riunione. Ricomponiti e connetti il cervello c’è un’emergenza!”
Ed esce dall’ufficio lasciandomi alla mercé delle risate di Garrett. Grugnisco in risposta e mi rialzo per sistemarmi davanti allo specchio. Le occhiaie sono svanite. Mi sciacquo il viso con l’acqua fredda per svegliarmi e con Garrett mi dirigo in sala riunioni.
Ci sono tutti i pezzi grossi e dai loro visi sembra una cosa seria, guardo Garrett con faccia interrogativa, ma di tutta risposta si stringe nelle spalle e mi accompagna a sedermi.
 
“Benvenuti a tutti. Vi ho convocati per una questione importante.” Mio padre attira l’attenzione dei presenti alzandosi in piedi.
“Abbiamo scoperto il colpevole dei furti nei cantieri di nostra proprietà…” prende un respiro dando il tempo ai presenti di recepire le informazioni.
“Non è un ladro o una banda di ladri… i prodotti ed i macchinari sono stati presi dal Signor Volturi in persona” un vociare si alza tra i presenti.
“Ebbene sì, avevamo una serpe in seno, ma fortunatamente è stata identificata ed è già stata consegnata alla giustizia” i presenti applaudono tirando un sospiro di sollievo.
“Edward, non ne sarà felice” mi sussurra Garrett all’orecchio.
Lo guardo senza capire cosa possa centrare Edward in quel discorso.
“Sono i cantieri nel quale lavora.” Mi spiega.
“Ovviamente la situazione è in stallo. Il Signor Volturi seguiva tutti i cantieri del luogo e ci vorrà del tempo prima di riuscire a sostituirlo, in particolar modo dopo gli ultimi avvenimenti.” Mio padre si siete lasciando la parola al padre di Garrett.
“Ovviamente avremo delle perdite e dovremo pagare delle multe per la mancata consegna dei lavori, sempre che i lavori non vengano affidati ad altre società…” il brusio ritorna prepotente tra i presenti.
“Cercheremo di arginare le perdite e di convincere i committenti a non assegnare altrove la conclusione dei lavori. Io ed il mio socio siamo speranzosi.” Il padre di Garrett sorride al mio per far capire che è sereno.
“Affideremo la trattative con i committenti a Isabella e Garrett, i nostri macina contratti, mentre la squadra di Alec metterà in sicurezza i cantieri per evitare maggiori perdite e Jane studierà attentamente ogni singolo curriculum o scheda personale di persone qualificate per prendere il posto di Volturi… assicurandosi di assumere persone leali e degne di fiducia.”
“E gli operai?” chiedo alzandomi in piedi ancor prima di aver acceso il cervello. Tutti gli occhi sono puntati su di me ed io mi sento andare a fuoco per l’imbarazzo.
“Saranno licenziati, non possiamo permetterci di pagare gli stipendi a persone che non lavorano” mi risponde una signorina con il naso all’insù e la faccia da maestra anni trenta.
La guardo stupida per la freddezza con il quale parla del futuro di persone umane.
“Se non ha capito bene la situazione, signorina, i cantieri sono al momento fermi…” continua a spiegarmi saputa guardandomi dall’alto in basso “e le perdite che subiremo tra multe e altro sono già esorbitanti” e annuendo stizzita torna a guardare i fogli davanti a lei.
Rimango a bocca aperta.
“E appena riprenderanno i lavori, li riassumerete?”
“Dovrò rivalutare ogni singola persona. Quasi tutti gli operai erano stati assunti da Volturi, non vorrei rischiare di riassumere un uomo al soldo di Volturi” spiega Jane guardando mio padre e socio per avere l’appoggio. I soci annuiscono ed io mi sento le gambe molli.
“E quando chiuderanno i cantieri?”
“Oggi stesso, abbiamo già mandato una squadra per avvisare tutti e liquidarli” risponde un uomo grasso a lato di mio padre.
“Ok” rispondo tornando a sedere.
Non ci voleva… merda, non ci voleva… Edward, mi odierà!
Esco dalla sala con il capo chino. Continuo a pensare all’odio che vedrò negli occhi di Edward, alle parole dure che mi rivolgerà… Diavolo! Ma possibile che il destino mi si rivolga sempre contro?
Garrett mi appoggia una mano sulla spalla.
“Capirà” mi rassicura appena entriamo nel mio ufficio.
“No, che non capirà. Mi odierà più di quello che già mi odia!” e tiro un calcio alla scrivania per sfogare la tensione.
“Non può incolparti per una cosa che non dipende da te.” Cerca di farmi ragionare facendomi accomodare sul divano ed offrendomi un bicchiere d’acqua.
“Lui odia il nostro mondo. Sto cercando di farlo avvicinare al nostro mondo per avere una possibilità con lui, ma sembra che qualcuno abbia deciso di mettermi il bastone tra le ruote.” Ringhio lanciando un calcio in aria.
“Forse non sa che lavora per noi, forse non unirà le due cose e tra di voi non succederà nulla”
Per un attimo le sue parole mi danno speranza, ma poi scuoto la testa. Basta bugie o verità nascoste. Anche non lo sapesse devo dirglielo…
“Devo andare da lui” esclamo alzandomi di scatto dalla poltrona, e come un tornado esco dall’ufficio.

 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
Sono troppo incazzato per poter pensare lucidamente. Ma le sue parole mi si insinuano dentro.
Mi guarda in attesa di una risposta, ma vedendo che non arriva scuote il capo abbattuta.
“Addio Edward” e con le spalle basse ritorna all’auto dove Jasper le sta tenendo la porta aperta. 


E MENTRE ATTENDETE IL NUOVO CAPITOLO
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Capitolo 26
*** Di Nuovo Disoccupato! ***


Ebbene sì! Sono tornata ad aggiornare la mia prima long!
Lo so, sono una brutta persona, perchè l'ho un pò trascurata negli ultimi periodi, ma "Dalle stelle alle Stalle" mi ha drogata allontanandomi un pochettino da questa FF che per me è molto importante dato che è la prima long che ho iniziato a scrivere... quindi ha un posto speciale nel mio cuoricino! 
Ma mi farò perdonare e vi posso assicurare che mi sono rimessa sotto e sto procedendo con la stesura degli ultimi capitoli con tutta la passione che posseggo!
Ma adesso basta ciance... BUONA LETTURA!
 
EDWARD

Appena vedo entrare in cantiere una squadra di gente in giacca e cravatta un brutto presentimento mi assale.
Faccio finta di nulla e mi reco alla mia sezione, ma non faccio in tempo ad arrivare che i megafoni ci invitano a presentarci tutti all’entrata.
Un signore sopra un pulpito, costruito con assi di legno, ci avverte che il cantiere rimarrà chiuso a causa di forze maggiori e che dobbiamo consegnare gli attrezzi da lavoro e tornare alle nostre case.
Alcuni miei colleghi urlano insulti mentre altri chiedono maggiori spiegazioni.
“A causa di forze maggiori, il cantiere verrà chiuso con effetto immediato fino a data ancora da decidere. Vi chiedo di uscire ordinatamente e di passare dall’ufficio per prendere i vostri stipendi e le vostre liquidazioni”
“Come le nostre liquidazioni” chiede qualcuno tra la folla.
“Fino a quando i problemi non verranno risolti, il vostro lavoro non è più necessario, ci vorranno mesi prima di poter ricominciare i lavori e quindi vi lasciamo liberi di trovarvi un nuovo impiego”
Un modo gentile per dirci che siamo licenziati! Rimango ghiacciato sul posto. Sono di nuovo disoccupato… sento i miei colleghi spingermi e le urla di protesta di altri, ma non riesco a muovermi, un vortice pieno di pensieri continua a girarmi in testa… i conti da pagare, i progetti da realizzare, Bella… la mano di Sam mi afferra poco gentilmente al braccio e mi sposta portandomi lontano dalla folla inferocita.
Intervengono le forze dell’ordine e vedo solo braccia che picchiano e manganelli che rispondono. Sam mi accompagna all’uscita facendomi allontanare dalla rissa. Appena sono nello spiazzo fuori dal cantiere mi riprendo.
“Siamo licenziati” sussurro guardando il mio collega, anzi ex collega. Non risponde annuisce soltanto.
“Ma possono?” chiedo ancora frastornato.
“Lo hanno fatto!” risponde rassegnato.
“E adesso?” chiedo guardando il cantiere.
“Dobbiamo cercarci un lavoro… oppure accanirci contro i proprietari” risponde stringendosi nelle spalle.
“Merda!” mi riprendo completamente e tutto l’odio che provo per i puzza-sotto-il-naso torna prepotente in me “Si credono i padroni del mondo e ci trattano come bestie” inizio ad urlare stringendo i pugni. Inizio a correre verso il cantiere per sfogare la rabbia contro coloro che si permettono di trattari come un oggetto che buttano via appena non serve più, ma Sam mi ferma parandomisi davanti.
“Non fare stronzate figliolo. Menare le mani non ci farà riavere il lavoro. Ci sono già passato e posso assicurarti che l’unica soluzione è ricominciare a cercarsi un lavoro o mettersi in proprio” lo guardo negli occhi e posso vedere tutta la sua esperienza, è molto più anziano di me e sicuramente più saggio. Scuoto la testa ringhiando e salgo in moto per allontanarmi a grande velocità, se rimango ancora non credo di riuscire a trattenermi dal picchiare qualcuno.
Sfreccio tra le strade della città. Cerco di tranquillizzarmi e di trovare il modo di dire ad Alice che sono nuovamente disoccupato. Sento i pantaloni vibrare, ma non mi fermo per vedere chi mi cerca. Continuo a viaggiare fin quando non mi trovo fuori città. Fermo la moto al primo spiazzo, mi tolgo il casco e mi siedo sul terreno.
“E adesso come faccio?” chiedo ad alta voce al nulla come un matto.
Il cellulare riprende a vibrare. Ma io lo lascio nelle tasche e continuo a pensare a cosa fare. Non sono dell’umore di parlare con qualcuno!
L’arietta inizia a farsi fresca e la luce inizia a diminuire, non so per quanto tempo sono rimasto come una statua a lato della strada…
Un macchina con i finestrini oscurati mi blocca la visuale verso la strada. Grugnisco.
“Nemmeno la strada mi lasciano guardare”
“Edward” la voce di Bella mi fa alzare il viso. Le sorrido con un sorriso finto e mi alzo tutto ammaccato dalla posizione che ho tenuto per troppo tempo. Mi aiuta ad alzarmi e mi accompagna alla sua macchina.
“Ciao Bella” la saluto mentre mi accomodo sui sedili ultra puliti della Mercedes.
“Mi dispiace, mi dispiace tanto” dice accarezzandomi i capelli. “Abbi fiducia in me, troverò una soluzione”
“Per cosa?” le chiedo tornando lucido.
“Per il lavoro” mi risponde stringendomi le mani.
“E tu come lo sai?” le chiedo stupito.
Abbassa il viso e inizia a mordersi le labbra.
“Non ti arrabbiare…” sussurra.
“Per cosa dovrei arrabbiarmi?” chiedo ancora più confuso e riuscendo a fatica a trattenere il nervoso che ho in corpo.
“I cantieri per i quali lavoravi sono di mio padre” rimango a bocca aperta alle sue parole.
“COSA?” urlo incazzato nero.
Annuisce e alza il viso per guardarmi negli occhi colpevole.
“Il bastardo che ci ha lasciati tutti a casa, senza preavviso e con delle scuse che non stanno né in cielo né in terra è tuo padre?” ringhio allontanatomi da lei come fosse un’appestata.
“Non è colpa sua” risponde piccata.
“A no? E di chi è la colpa?”
“Di Volturi, della società, ma non di mio padre” lo difende a spada tratta. Scuoto la testa per evitare di fare qualcosa del quale mi pentirei e scendo dall’auto sbattendo la portiera.
La sento chiamarmi, ma non le do ascolto e infilatomi il casco sgommo verso casa.
Perfetto! Il bastardo che ha trattato me ed i miei colleghi come un soprammobile inutile è il padre di Bella! Perfetto!!!
Lo sapevo che i puzza-sotto-il-naso erano tutti uguali… tutti! Nessuno escluso!
Accelero e ringhio per scaricare la tensione.
Arrivato di fronte a casa, la macchina di Bella mi blocca la strada. Bella esce correndo e senza darmi il tempo di allontanarmi mi blocca tenendomi per le maniche.
“Adesso capisci perché ti ho mentito sulla mia identità?” mi urla contro senza trattenere le lacrime. “Ti ho detto la verità, potevo non dirti nulla su mio padre ed il cantiere, ma ho voluto essere sincera, non ho voluto nasconderlo e cosa ho ottenuto? Ho ottenuto la tua rabbia, il tuo odio… ecco perché non volevo sapessi chi ero veramente” mi urla contro continuando a stringermi la giacca.
Sono troppo incazzato per poter pensare lucidamente. Ma le sue parole mi si insinuano dentro.
Mi guarda in attesa di una risposta, ma vedendo che non arriva scuote il capo abbattuta.
“Addio Edward” e con le spalle basse ritorna all’auto dove Jasper le sta tenendo la porta aperta. Lo guardo ed anche lui scuote il capo prima di salire e sgommare via.
Complimenti Edward hai perso il lavoro e Bella in una sola giornata! Sei veramente un genio!
 
Salgo in casa come se andassi al patibolo. Alice non è ancora tornata, ed io mi chiudo in camera per pensare.
Mi corico sul letto senza nemmeno togliermi la giacca e copro con il braccio gli occhi per potermi estraniare momentaneamente dal mondo. Mille pensieri mi invadono la mente. Come faccio a pagare i conti? Dove posso cercare un altro lavoro? Cosa mi attende nel futuro? Farò il lavapiatti? Il cameriere? lo spazzino? che possibilità ho senza un diploma? Sicuramente non potrò fare l'imbianchino, dato che mezzi cantieri sono della società che mi ha appena licenziato… sono del padre di Bella! E con Bella? Cosa faccio? Ha ragione… mi ha detto la verità ed io l’ho aggredita… coglione!
Ringhio e lancio il casco al centro della stanza.
Dovrei andare da lei, dovrei chiederle scusa, lei non ne può nulla delle decisioni del padre… ma come faccio a presentarmi da lei… come faccio a far parte del suo mondo se non riesco nemmeno a sopravvivere nel mio?
“Edward sei in casa?” chiede Alice dalla sala.
“Sono in camera!” le rispondo con la voce ovattata dal mio braccio che mi copre la faccia.
“Ehi, fratellone che succede?” mi chiede preoccupata, ed il letto si piega nel punto in cui si è appoggiata.
“Sono disoccupato” rispondo con tono piatto. Silenzio. Attendo, e ancora silenzio, sento solo le sue mani che mi accarezzano il braccio.
Lo sposto per guardarla in faccia, anche se so che non mi piacerà vedere la preoccupazione sul suo volto. Ma mi sbaglio, appena riapro gli occhi il sorriso confortante di Alice mi sta osservando.
“Sono disoccupato” ripeto pensando che non abbia capito.
“Ho capito.” E mi stringe in un forte abbraccio. “Supereremo anche questa” mi dà un bacio sulla guancia prima di alzarsi con un saltello e porgermi la mano. “Dai vieni, mangiamo qualcosa. Con lo stomaco pieno si ragiona meglio!”
La seguo con il capo chino…
“Ho litigato con Bella” sussurro mentre usciamo dalla stanza. Lei si ferma e lentamente si gira.
“Perché?”
“Il cantiere per il quale lavoravo è di suo padre, e ho sfogato la mia rabbia su di lei” spiego sentendomi maggiormente un idiota.
“Di suo padre?” chiede cercando di mettere insieme i pezzi.
“Sì. Per l’esattezza della società di suo padre”
“E Bella cosa c’entra?” chiede confusa.
“Nulla. Ma appena mi ha confidato che la società è di suo padre io ho sbottato come un matto”
“E adesso dov’è?”
Mi stringo nelle spalle. Penso a casa, ma non so dove sia, so solo che mi ha detto addio e se ne è andata.
“Cosa vuoi fare?” cambia domanda vedendo che non rispondo.
“Mandare curriculum e pregare di trovare presto un lavoro?” chiedo sorridendo poco convinto.
“Dicevo con Bella. Cosa vuoi fare?”
“Non lo so. Ci siamo scambiati parole dure, mi ha detto addio… non lo so” rispondo facendomi cadere sul divano senza più forze. Troppi problemi e tutti insieme… e sono troppo stanco per pensarci.
“L’Edward che conosco si alza le maniche e affronta i problemi di petto… dove hai messo mio fratello?” mi chiede con il suo viso corrucciato facendomi sorridere.
“Hai ragione” esclamo unendo tutte le forze che mi sono rimaste e alzandomi a sedere. “Devo reagire!” prendo una grossa boccata d’aria per ossigenarmi e prendere coraggio, oltre che per schiarirmi la mente.
“Per i curriculum ci penso domani… stasera ho un impegno” e facendole l’occhiolino, prendo il casco e corro a Villa Swan.

 

​Lo so! 
"Supereremo anche questa" non è nuova... ma è un mantra che mi porta fortuna e mi viene naturale scriverla nei miei racconti! :-)
 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
“Beh… vedi…”
“Cosa Edward? Vedo Cosa? Che continui a reputarmi una viziata figlia di papà che ha bisogno di vestiti all’ultimo grido o diamanti o feste ultra mega chic per essere felice?” urlo ormai spazientita ed alzandomi in piedi per non picchiarlo.
“Se mi vedi così vuol dire che non hai capito niente di me! ...
 
 

MENTRE ATTENDETE IL NUOVO CAPITOLO
FATE UN SALTO A LEGGERE LE ALTRE MIE STORIE!
... e se trovate il tempo... scrivetemi le vostre opinioni!


Il mio incubo personale
La donna più felice del mondo
from twilight to sunrise edward
Padre senza saperlo 
Dalle Stelle alle Stalle
 


 



 

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Capitolo 27
*** Punti di Vista ***


Ciaoooo!!!
Eccomi qui! Sono tornata!
Mi sto ancora asciugando le lacrime perchè "Dalle Stelle alle Stalle" è terminato e la mia routine quotidiana è stata spezzata!!! Mi mancherà tantissimo quella storia e tutte le persone fantastiche che mi hanno seguito... SIGH!

Tornando a noi ed ai nostri "Indipendenti" ... anche questa storia sta volgendo al termine... ci sono ancora un paio di scogli da superare ma i nostri Edward e Bella sono tenaci... ed io sono speranzosa!
Adesso bando alle ciance e buona lettura! Ci sentiremo prestissimo con questa e le altre storie! BACIIII
 
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PUNTI DI VISTA
 
BELLA
In macchina regna il silenzio. Jasper mi lancia occhiate furtive ed io continuo ad ammirare il paesaggio mentre mi mordicchio le mani… ma quanto sono idiota? Perché ho dovuto dirglielo? Perché sono dovuta andare a cercarlo e dirgli di mio padre e del cantiere?
Perché volevo essere sincera, ecco il perché! Ed il risultato? Mi odia come pochi mesi fa!
Forse non siamo destinati a stare insieme, forse l’amore non basta per superare certe differenze…
“Lascialo sbollire e vedrai che tornerà!” mi dice Jasper stringendomi la mano.
“Non credo… e penso che siamo stati due stupidi a pensare che la nostra storia potesse avere un futuro. Veniamo da due realtà troppo diverse e siamo tutti e due troppo orgogliosi…” rispondo sconfitta asciugandomi le lacrime silenziose che rigano le mie guance.
“Ti arrendi quindi?”
“Cosa dovrei fare? Non sono Don Chisciotte! Non combatto contro i mulini a vento… sono stanca…” le emozioni forti della giornata mi hanno spossata e non mento quando dico di sentirmi senza forze.
“Quindi aveva ragione Edward quando diceva che lui era solo un giochino momentaneo della viziata Isabella Swan” mi stuzzica incurante dell’ira che potrebbe nascere dalle sue parole.
“Non sono viziata e lui non era solo un giochino…” rispondo stizzita e punta nel vivo.
“E allora non ti arrendere! Hai fatto bene a dirgli che tuo padre è uno dei responsabili del suo licenziamento e la sua reazione è umana…” siamo fermi davanti alla scalinata di casa mia, ma non scendo e mi volto con l’intero corpo verso Jasper, curiosa di capire dove vuole andare a parare.
“… senza lavoro, i comuni mortali, non possono nemmeno permettersi un pasto. Edward ed Alice devono provvedere a sé stessi, non hanno nessuno che pensi a loro in attesa che Edward trovi un altro lavoro…” si ferma ed io lo incito a continuare “Secondo me la sua reazione è dovuta alla paura nel domani e non alla rabbia per chi è tuo padre… Lascialo sbollire. Gli do al massimo un giorno… e vedrai tornerà da te per chiederti scusa!”
“Non credo” rispondo aprendo la portiera e scendendo con il capo chino.
“Scommettiamo?” mi chiede sporgendosi verso di me e allungandomi la mano.
“Ok. Anche se mi dispiace spillarti i soldi così facilmente” riesco a sorridere e gli stringo la mano.
 
Per tutto il pomeriggio rimango chiusa in camera. Con il cellulare a portata di mano per rispondere nel caso in cui Edward decida di parlarmi o mio padre abbia delle novità. E nel mentre che penso a come in un solo giorno la mia vita è di nuovo andata in frantumi, leggo e rileggo quei maledetti fogli pieni di dati e informazioni, ma senza trovare una soluzione immediata. Maledetto Aro! Ha fatto un lavoro certosino e per smontare la sua rete ci vorranno mesi per non dire anni. Ed io che lo chiamavo pure zio! Ha pugnalato alle spalle la società di mio padre senza guardare in faccia nessuno, nemmeno mio padre che è suo amico da quando erano bambini e lo ha accolto nella società appena ha potuto dargli un lavoro, assicurandogli un futuro prospero e togliendolo dalla bettola in cui viveva…ma come ha potuto?
Lancio i foglio sul letto e sbuffando mi corico coprendomi il viso con il braccio.
“Il bastardo che ci ha lasciati tutti a casa, senza preavviso e con delle scuse che non stanno né in cielo né in terra è tuo padre?” la voce arrabbiata di Edward con i suoi occhi accesi dall’odio mi tormentano. Inizio a piangere nel silenzio della mia stanza per sfogare il dolore che ho trattenuto in tutto questo tempo…
Amo Edward e in questi mesi è stata dura essere solo amici. Volevo poterlo abbracciare, baciare, sentirlo sussurrare parole dolci mentre i nostri corpi si fondevano in un unico corpo… ma sono riuscita a trattenermi perché sapevo che aveva solo bisogno di tempo. Ogni giorno ci avvicinavamo sempre di più… ma adesso, grazie ad Aro ho perso anche quella poca speranza e la lontananza che ci separa sembra una voragine!
 
Bussano allo porta delicatamente. Guardo l’ora e sospiro felice che mio padre sia tornato a casa.
“Avanti” lo invito senza preoccuparmi di nascondere il mio stato d’animo e rimanendo coricata con il viso ancora bagnato dalle lacrime.
“Vuoi parlare con un idiota?” mi chiede Edward facendo capolino solo con la testa. Mi sorride impacciato e si passa nervosamente la mano tra i capelli. Sento il cuore che ricomincia a battere e la vita riprendere colore. Rimango imbambolata nel vederlo di fronte a me senza ombra di rabbia o rancore. Con il suo sorriso sghembo e le guance leggermente imporporate. E’ uno spettacolo e sorrido nel vederlo per la prima volta imbarazzato.
Con un gesto del capo lo invito ad entrare e mi sposto facendogli spazio nel letto. Lo osservo mentre entra e si siede accanto a me. Ho paura a sbattere le palpebre perché non sono certa che non si tratti di un miraggio.
“Scusa” mi sussurra mentre mi asciuga le lacrime accarezzandomi le guance con il pollice “Non dovevo reagire così… è che ero nervoso e…” lo zittisco posando un dito sulle sue labbra.
“Non sei arrabbiato con me?” gli chiedo stringendogli i polsi e bloccandogli le mani sulle mie guance.
Nega con il capo sorridendo. “Non sono arrabbiato con te. E…” fissa i suoi occhi nei miei “Sono felice che tu mi abbia detto la verità.” Mi stringe forte a sé e continua sprofondando il viso nei miei capelli “Ho reagito da stupido. Ma la sono presa con te, quando tu non c’entravi nulla…” mi allontana per guardarmi negli occhi e mi stringe le mani nelle sue per non lasciare il contatto “Ero spaventato dall’essere di nuovo disoccupato. Ero arrabbiato perché nel giro di un paio di ore la mia vita ha perso l’unica certezza che avevo. Mi sentivo inadeguato perché senza un lavoro non potrò mai competere con…” e abbassa gli occhi lasciando il discorso a metà.
“Con?” lo sprono.
“Con il tuo tenore di vita…” spalanco gli occhi alla sua affermazione sussurrata. Ma come è possibile che continui a farsi questi problemi? Io non sono più una maniaca dello shopping o dei gioielli…
“Il mio tenore di vita?” gli chiedo cercando di nascondere il tono offeso.
“Beh… vedi…”
“Cosa Edward? Vedo Cosa? Che continui a reputarmi una viziata figlia di papà che ha bisogno di vestiti all’ultimo grido o diamanti o feste ultra mega chic per essere felice?” urlo ormai spazientita ed alzandomi in piedi per non picchiarlo. “Se mi vedi così vuol dire che non hai capito niente di me! Sì, è vero, ero così prima di conoscere te, Alice, Emmett, Seth… ma non lo sono più! E preferisco di gran lunga una serata al locale a bere birra con gli amici mentre suoni con il tuo gruppo, che presenziare a pallose e pompose feste di gala!”
“Se non ho un lavoro, non posso permettermi nemmeno una birra, Bella!” urla anche lui alzandosi.
Mi passo le mani nei capelli cercando di rilassarmi. Devo rilassarmi! Non voglio perderlo e devo ricacciare l’orgoglio e tranquillizzarmi… faccio un bel respiro e mi avvicino a Edward posandogli le mani sui fianchi.
“Hai ragione. Non posso comprendere a pieno cosa vuol dire non avere le spalle coperte. Ma tu devi capire che non sei più solo. Ci sono io e ti aiuterò a superare questo momento…”
“Mantenendomi?” mi chiede tra i denti e cercando di togliermi le mani dai sui fianchi, ma io serro la presa.
“No, non mantenendoti, ma aiutandoti come farebbe un qualsiasi amico. Ascoltando i tuoi sfoghi, aiutandoti a redigere un curriculum, chiedendo a qualcuno se cerca un dipendente e ospitandoti a casa mia per cena, pranzo, colazione…” faccio un passo diminuendo la distanza tra noi “Siamo amici e voglio aiutarti… se non puoi offrirmi una birra…” mi stringo nelle spalle mordendomi il labbro sorridendo “Vorrà dire che te la offrirò io… e poi non sei completamente disoccupato: lavori ancora al locale e hai i tuoi disegni…”
“Non si vive di sogni, Bella” mi riprende, ma il suo tono è dolce e le sue labbra sono curvate in un sorriso.
“Hai ragione. E non si sopravvive a questo mondo se non si accetta l’aiuto di un amico” gli strizzo l’occhio e lo abbraccio stretto per fargli capire che ci sono. Sono con lui e può affidarsi a me quando la vita gli volta le spalle, come io mi sono affidata a lui la fatidica sera del ponte.
“Grazie” mi sussurra stringendomi forte e appoggiando la guancia sulla mia testa. Rimaniamo alcuni minuti fermi in quella splendida soluzione. Vorrei che durasse in eterno, ma sono anche una donna e voglio fargli capire il mio punto di vista, perché la sua frase “Il bastardo che ci ha lasciati tutti a casa, senza preavviso e con delle scuse che non stanno né in cielo né in terra è tuo padre?” continua a torturarmi e ho necessità di difendere mio padre.
 “Posso spiegarti cosa è successo?” gli chiedo slacciando l’abbraccio e facendo uscire la Bella imprenditrice. Voglio che capisca il mio punto di vista, dato che io ho capito il suo.
Lui annuisce anche se è confuso dalla mia strana richiesta. Gli stringo le mani nelle mie e lo faccio accomodare nuovamente sul letto.
“Ti ricordi la questione dei furti in cantiere?” annuisce “non erano semplici furti, ma qualcosa di più grosso. Il signor Volturi vendeva la merce alla concorrenza per danneggiare la società di mio padre e crearsi un fondo per aprire una propria società.” Mi fermo per dargli il tempo di recepire. “La società ha subito una grossa perdita e molto probabilmente il committente ci toglierà i cantieri. Dovremo pagare delle multe per non aver rispettato i tempi di consegna.” Mi fermo di nuovo e lui mi esorta a continuare con un cenno del capo. “Ho lavorato tutta la mattina con Jane per trovare un nuovo lavoro agli operai, ma non è facile. Con l’arresto di Volturi, tutti i cantieri che la società gestiva in città sono chiusi, e alcuni operai sono risultati complici di Volturi…” lo vedo serrare la mandibola “Ci abbiamo provato, non è stata una scelta facile, ma se la società avesse deciso di continuare a pagare gli operai, avremmo subito un danno maggiore, mettendo a rischio anche le altre attività della società” gli accarezzo il viso guardandolo mortificata.
“Sai quanti operai avete lasciato a casa?” sibila cercando di mascherare il nervoso ed io annuisco.
“Sì. E posso elencarti nome e cognome, oltre che situazione famigliare…”
Rimane a bocca aperta, non credeva che la società si fosse interessata a loro come persone e non le avesse viste solo come carne da macello. Continuo vedendo che le sue certezze vacillano.
“Io e Garrett abbiamo appuntamento con i committenti domani mattina… se riusciamo a convincerli non perderemo i cantieri” gli sorrido sicura che nessuno abbia scampo con me e Garrett. “Se riusciamo a tenerli, potremo ridare lavoro a tutte le persone che oggi sono rimase disoccupate, anche se…” abbasso il viso.
“Anche se?” mi esorta.
“Anche se dovremo attendere che le indagini siano terminate. Con l’arresto di Volturi è uscito un vespaio enorme che ha fatto vacillare l’intera società… mio padre e i suoi soci sono ancora in ufficio per capire la portata del problema. Volturi era un uomo fidato e lavorava per la società da decenni” stringo le lenzuola tra le mani e emetto un ringhio strozzato. “Ha avuto anni per creare la sua rete indisturbato e ci vorrà del tempo per riuscire a distruggere tutto ciò che di marcio ha impiantato nella società…Mio padre si fidava di lui” ringhio ancora asciugandomi una lacrima. “E’ stato pure a casa nostra, lo chiamavo zio…” e scoppio a piangere appoggiandomi al suo petto.
Mi accarezza i capelli e le spalle fin quando non mi calmo.
“Capisci cosa è successo?” gli chiedo con gli occhi arrossati e tirando su con il naso.
“Sì… ho capito. Mi dispiace…” e mi bacia la fronte prima di stringermi di nuovo a lui. “Si risolverà tutto ‘macina contratti’… i committenti non hanno scampo con te!” sorride tra i miei capelli.
“Già…” e rimaniamo abbracciati fin quando non ci addormentiamo esausti per le forti emozioni della giornata.
 
Mi sveglio ed un peso mi tiene fermo il braccio. Apro gli occhi e ci metto alcuni secondi a capire dove mi trovo. Il profumo di Edward ed il suo alito, che caldo mi accarezza i capelli, mi fan ricordare. Sorrido nel vederlo sereno appoggiato al cuscino di fianco a me, erano mesi che non avevo un risveglio così bello. Mi sposto leggermente per poterlo osservare. Il mio Edward!
Ha le labbra socchiuse come ad invitarmi a baciarlo. Mi umetto le labbra e chiudo gli occhi per non cedere alla tentazione. Piccoli passi Bella, piccoli passi.
Mi appoggio nuovamente al cuscino e lo accarezzo fin quando non si sveglia.
“Buongiorno” sussurra posandomi un bacio sulla fronte e facendomi attraversare il corpo da una scarica di piacere.
“Buongiorno” rispondo cercando di spostarmi dal suo petto, ma lui stringe maggiormente l’abbraccio. Appoggio la testa sul cuscino e mi beo di quella splendida e tanto desiderata vicinanza. Vorrei appoggiare la testa sul suo petto, ma ho paura che sia un passo troppo azzardato… ma se continua a stringermi in questo modo, credo che non resisterò alla tentazione di diminuire maggiormente le distanze, soprattutto tra le mie e le sue labbra…
“Che ore sono?” chiedo con la voce ancora impastata dal sonno.
“Sono le sette”
“Devo alzarmi, tra un’ora devo essere in ufficio.” Dico senza nessuna voglia di allontanarmi da lui.
“Quindi alzati, non fare la pigra” e si mette seduto portandomi con lui.
“Ancora cinque minuti” piagnucolo come una bambina.
“No! Devi alzarti ed io devo andare a cercarmi un lavoro… forza” e con un colpo di reni si alza maggiormente, mi tiene tra le braccia e si alza portandomi con sé. Rimaniamo abbracciati senza parlare, appesi in quel momentaneo bozzolo solo nostro. Ci guardiamo negli occhi… e mi bacia sulla fronte prima di allontanarsi.
 
***
 
“Potresti chiedere ad Esme per esporre le tue tele in una galleria” gli propongo mentre mi trucco davanti allo specchio.
“Scusa?” mi chiede entrando in bagno.
“Nell’attesa di trovare un lavoro… non dico che deve essere il tuo lavoro. Però potresti esporre le tue tele nella galleria di Irina, l’amica di Esme.”
“Non ho tele da esporre” risponde cercando di dare un senso al cespuglio che ha in testa.
“Beh! Potresti farne”
“Devo cercarmi un lavoro, non ho tempo per dipingere” mi risponde come un padre che spiega al figlio i problemi della vita.
“Ok. Era solo un consiglio… ma pensaci. Le tue tele sono bellissime, secondo me andrebbero a ruba…” ed esco dal bagno drizzandomi nelle spalle.
Finisco di prepararmi mentre penso ad un modo per convincerlo a tentare… molte amiche di Esme hanno dimostrato interesse al quadro che Edward le ha fatto.
“Voglio essere sincero con te…” mi dice rientrando in camera e prendendomi tra le braccia come fossimo due fidanzati ed io cerco di rimanere con i piedi ancorati a terra e non volare con la fantasia.
“Dimmi” gli chiedo sorridendo e accarezzandogli le braccia con il quale mi sta avvolgendo.
“Beh… non voglio lavorare a contatto con i puzza-sotto-il-naso e nelle gallerie d’arte ci sono solo loro!” mi spiega tutto d’un fiato ed io fatico a non scoppiargli a ridere in faccia. Possibile che non si dia possibilità per un problema così ridicolo?
“Problema risolvibile!” gli rispondo facendo spallucce. Mi libero dal mio abbraccio ed esco dalla stanza.
“E come lo risolveresti?” mi chiede seguendomi.
“Lascia fare a me. Dammi una settimana. Fai una paio di tele e abbi fiducia nella tua Bella!” ok, ho esagerato a definirmi “La sua Bella” ma lui non ha replicato ed io gongolo!
Adesso però è meglio che lascio da parte la Bella innamorata e felice di aver dormito con il ragazzo più bello e dolce della terra e torno ad essere la Bella macina-contratti… ho dei posti di lavoro da salvare, e una gallerista da contattare!
 

!! ATTENZIONE SPOILER !!

“Sapevo che ti avrei trovato qui” la voce di Carlisle mi arriva alle spalle ed io continuo a tenere chiusi gli occhi. Voglio che se ne vada… devo pensare e lui è l’ultima persona con il quale voglio parlare.
“Lo so che sei arrabbiato…” continua sedendosi accanto a me e coprendomi il sole “ma vorrei che mi lasciassi spiegare”
Faccio un impercettibile cenno con la testa per farlo continuare, ma continuo a tenere gli occhi chiusi.
“Non ho scuse per ciò che ho fatto...

 
IN ATTESA DEL PROSSIMO CAPITOLO
POTETE FARE UN SALTO NELLE ALTRE MIE STORIE!!!
from twilight to sunrise edward - POV Edward in NEW MOON (Completa)
Padre senza saperlo - un'isola, una regola... e le sue conseguenze! (Completa)
La donna più felice del mondo - un ragazzo, una ragazza e qualcuno di troppo! (Completa)
Dalle Stelle alle Stalle - un viaggio nei ricordi di un uomo che ha perso tutto (Completa)
Il mio incubo personale - si può sfuggire completamente al proprio incubo personale? (In Corso)

 

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Capitolo 28
*** Festa della mamma ***


Ciao!
Ebbene sì, chi non muore si rivede!
Scusate ancora per il ritardo, ma tra lavoro e influenza non sono più riuscita a postare!
Non dico più che mi farò perdonare postando più assiduamente perchè ogni volta che lo dico succede qualcosa che mi tiene lontana da EFP!
Quindi vi auguro solo Buona Lettura!
 
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FESTA DELLA MAMMA

EDWARD
Devo ammetterlo la Bella imprenditrice mi fa impazzire! Era una parte di lei con il quale non avevo mai avuto a che fare e posso assicurarvi che mi piace! La luce dei suoi occhi, il suo volto leggermente impettito, la sua postura fiera… sì, mi piace!
Anche se sono rimasto senza parole quando si è definita “la mia Bella” … mi piace come suona “La mia Bella” … sì devo ammettere che suona proprio bene!
 
Dopo aver accompagnato Bella al lavoro corro a casa. Alice sarà preoccupata. Sono rimasto fuori tutta la notte e non le ho nemmeno fatto una telefonata. Mi sento già i suoi strilli nelle orecchie.
Apro la porta di casa preparandomi alle urla… ma i rumori che sento sono molto diversi… provengono dalla sua camera e mi mettono in imbarazzo… Forse erano meglio le urla.
“Sììì Jasperrr… Sììì” come non detto, non voglio nemmeno le urla!
Esco di casa rosso in volto e decido di andare sul mio tetto. Il luogo che mi aiuta a pensare.
Scrivo un messaggio a Alice per dirle che sono vivo e che ho chiarito con Bella. Vorrei aggiungere qualche battutina maliziosa per farle pagare ciò che le mie orecchie hanno dovuto sentire… L’ho già pure scritta, ma la cancello prima di premere invio!
 
Arrivo sul tetto e mi sento a casa.
Mi corico al centro del terrazzo con gli occhi puntati sul murales dei miei genitori.
Mio padre ha sempre sognato che diventassi un pittore. Non avevo ancora il mio primo dente che lui mi aveva già regalato in mio primo set di colori. Mi portava alle mostre, mi regalava libri su grandi pittori e sulle opere d’arte. Al posto della taverna avevamo una stanza piena di ogni tipo di colore e tela. Il mio primo murales l’ho fatto a nove anni proprio in quella stanza. Io ed Alice abbiamo immerso le mani nella vernice ed abbiamo colorato un’intera parete. A mia madre è venuto un colpo nel vederla e nel vedere la vernice ovunque su di noi, ne avevamo persino in bocca! Mio padre invece si era complimentato, ed il giorno dopo ci aveva fatto trovare altri colori, insieme ai grembiuli e i teli da mettere sul pavimento…
Mia madre invece ci spingeva a suonare. Mi ha regalato il mio primo pianoforte che non sapevo nemmeno scrivere. Lei si accomodava al pianoforte a coda, ed io mi sedevo per terra, inginocchiato di fronte al mio piccolo pianoforte di plastica. Alice ballava aggraziata e mio padre ci ascoltava con la testa appoggiata alla poltrona e gli occhi chiusi.
Ovviamente mia madre ha portato sia me che Alice a teatro, all’opera o anche solo ai saggi dei ragazzi del quartiere.
“L’arte, in ogni sua forma, è la cosa più bella che il mondo potesse donarci…  Non importa in che modo volete esprimervi, se con la musica o con la pittura… o con il ballo o con il canto… l’importante è che vi esprimiate e sprigionate le vostre emozioni…” ci dicevano sempre i nostri genitori.
Ed io? Cosa ho fatto? Ho mollato i miei sogni per trovare un lavoro! Ok, non che avessi altre scelte, e non mi pento di aver abbandonato tutto per poter stare con mia sorella. Però adesso forse ne ho la possibilità… forse adesso posso esaudire il desiderio dei miei genitori. Alice ci è riuscita. I suoi vestiti sono delle opere d’arte e in ogni singola cucitura si vede la dedizione e l’amore che ha messo nel realizzarlo. Riconoscerei un vestito disegnato da mia sorella in mezzo a mille, perché in ognuno di essi ci ha messo del suo… voglio anche io creare qualcosa che esprima chi sono, che esprima le mie emozioni… se solo non dovessi trattare con i ricconi….
Ma cosa sto pensando? Le bollette non si pagano con i sogni, ed anche accettassi di esporre le mie tele, non è detto che queste vengano comprate e mi aiutino a superare i problemi reali quali, bollette, spesa, benzina…
 
“L’Edward che conosco si alza le maniche e affronta i problemi di petto” la voce di Alice mi fa riemergere da paranoie inutili. Mi alzo con uno scatto e scendo dal tetto sapendo esattamente cosa fare…
 
 
***
 
Ebbene sì! Tra un curriculum ed un lavoretto sono riuscito a dipingere un paio di tele!
Ho utilizzato lo stesso stile del quadro che ho fatto a Esme. Ho sempre utilizzato le bombolette e ho disegnato dei visi, ad essere sincero: un viso in particolare. L’ho raffigurata sorridente, imbronciata e addormentata. Ovviamente ho modificato alcuni tratti distintivi per non farla riconoscere anche se non ho voluto nascondere o alterare le parti che la contraddistinguono. Il suo mordicchiarsi il labbro quando sorride imbarazzata, o la ruga in centro agli occhi quando è arrabbiata o le sue labbra socchiuse quando è serena nel mondo dei sogni… non ho dato importanza al paesaggio, i viso sono ritratti su sfondo colorato che risaltano le emozioni che provo in determinate situazioni… beh! Lo ammetto, sono fiero del mio estro artistico!
 
“Sei pronto?” urla Alice dalla sala mentre rimiro per l’ennesima volta i quadri che ho creato.
“Sì, arrivo!” le rispondo prendendo la giacca e il quadretto che ho dipinto per la mia mamma.
Oggi è la festa della mamma e come ogni anno andiamo a porgere i nostri auguri alla santa donna che ci ha messi al mondo e cresciuti con tanto amore.
Io e mia sorella non siamo assidui frequentatori del cimitero, perché sappiamo che basta rivolgerci alle stelle e i nostri cari sentono le nostre preghiere, però non manchiamo mai ad andare a trovarli per la festa della mamma e del papà e per i loro compleanni.
Il primo anno che Alice ha voluto fare il pic-nic sulla tomba dei nostri cari per festeggiare il compleanno di papà, l’ho reputata una folle macabra, ma mi sono dovuto ricredere… ho sentito la loro presenza e durante il pasto io ed Alice abbiamo raccontato le nostre avventure immaginandoci le loro risposte… sì, forse avete ragione: è macabro e folle, ma io ed Alice lo troviamo rigenerativo!
 
Arrivati a pochi passi dalle lapidi ci fermiamo sorpresi nello scorgere due figure. Una donna china sulla lapide di mia madre ed un uomo in piedi alle sue spalle. Ci avviciniamo cauti per non disturbare le loro preghiere e ci guardiamo interrogativi chiedendoci a sguardi chi possano essere.
“Ciao Thomas” la voce di Carlisle risponde alle nostre domande mute. Alice mi guarda con occhi sgranati e velocizza il passo per raggiungerli.
Carlisle alza la testa nel vedere l’ombra di mia sorella avvicinarsi e appena la riconosce rimane stupito.
“Alice… Edward” ci saluta senza sorpresa e porgendo la mano a Esme per aiutarla ad alzarsi.
“Carlisle” lo saluto freddo. Non so perché, ma la loro presenza sulla tomba dei miei genitori mi rende nervoso.
“Come fai a conoscere nostro padre?” chiede Alice senza ricambiare il saluto e andando subito al dunque.
“Thomas era un caro cugino di Carlisle” spiega Esme stringendosi al marito.
“Ma io… noi… non vi abbiamo mai visti alle cene di famiglia” esclama confusa Alice guardandomi per avere conferma che i suoi ricordi siano corretti. Ed io la rassicuro negando con il capo: anche io non mi ricordo di loro.
“I rapporti tra me e Thomas erano per lo più tramite lettere e telefonate. Sono fuggito in Europa subito dopo il diploma e non sono più tornato in America se non molto anni dopo la morte dei miei genitori…”
“Carl” sussurro ricordando le lettere che mio padre attendeva ogni mese o le telefonate notturne dove sentivo mio padre ridere come un bambino e riprendere Carl per qualcosa che aveva combinato.
“Sì. Tuo padre mi chiamava Carl…” abbassa il capo mortificato. “E’ passato così tanto tempo… Tom…” sussurra perdendosi nei ricordi.
“Ma non eri presente nemmeno al loro funerale!” gli fa notare offesa Alice.
Lui sgrana gli occhi e le sorride amaro.
“Ero presente. Molto più magro, con il barbone e i capelli lunghi. Non mi sono fatto riconoscere perché tra me e i Cullen non scorre buon sangue…” ammette stringendo i pugni “Mi hanno derubato di ogni avere appena i miei sono venuti a mancare…” sorride triste guardandomi dritto negli occhi. “Mi hanno abbindolato con parole gentili e hanno sfruttato la mia ignoranza nei confronti delle leggi americane… mi hanno lasciato i vestiti che indossavo” si stringe nelle spalle serrando la mascella.
“Non sono cambiati con il tempo” sibilo a denti stretti.
“Mi hanno raccontato la vostra storia… avrei dovuto dirvelo prima…”
“Dirci cosa?” gli chiedo cercando di rimanere calmo.
Prende un profondo respiro e si passa più volte le mani nei capelli alla ricerca delle parole corrette, mi guarda dritto negli occhi e ammette:
“Vi ho riconosciuto in ospedale dopo la rissa…” provo a parlare ma mia sorella mi appoggia la sua sul braccio per farmi rimanere seduto e in silenzio “Ero ignaro di cosa vi fosse successo in questi anni…”
“Perché non ce lo hai detto? Perché non ti sei fatto riconoscere?” gli chiede Alice rubandomi le parole di bocca.
Carlisle scuote il capo “Ho avuto paura che mi allontanaste” ammette con il volto basso “Conosco il vostro odio per la famiglia Cullen”  
“Ma quindi siamo parenti?” gli chiede Alice sedendosi a terra.
“Sì. Siamo cugini di secondo grado. Sono il figlio di Robert Anthony Cullen” risponde accomodandosi accanto a lei, seguito da me ed Esme.
“Zio Robert” ringhio ad alta voce ricordando i racconti di mio padre.
“Non era un brav’uomo. Ha fatto patire le pene dell’inferno a tuo padre e i loro rapporti si sono spezzati ancor prima che Tom incontrasse Betty” ci spiega Carlisle. “Tuo padre non è venuto al funerale del mio ed io non l’ho avvisato della mia visita in America. Ero sconvolto. Travolto dalle situazioni... non volevo disturbarlo.”
“Non volevi disturbare nemmeno noi quando siamo diventati orfani?” ringhio stringendo i pugni “Perché non ti sei avvicinato a noi quel giorno? Perché ci hai abbandonato? Tu! Che hai provato sulla tua pelle quanto fossero vili e bastardi i Cullen! Tu, che dici di essere affezionato a mio padre, perché non ci hai aiutati quando sono mancati i nostri genitori?” gli chiedo con rabbia crescente “Conoscevi i nostri parenti!!”
“Zia Mary mi ha assicurato che si sarebbe presa cura di voi. Era la sorella di tua madre. Vi voleva bene e dagli scritti di tuo padre era una persona fidata…” si giustifica anche se posso vedere il senso di colpa nel suo sguardo.
“Zia Mary è stata quella peggiore…” ringhio alzandomi in piedi dato che le gambe mi dolgono dalla tensione.
“Come potevo saperlo?”
“Venendo a trovarci? Facendo visita ai figli del tuo amato cugino?”
“Io…” prova a rispondere, ma sa di essere in torto. Sa di avere lasciato due ragazzini nelle mani di serpenti. Sa di essere stato egoista e di aver dimenticato i figli di suo cugino. Lo guardo con odio e stringo i pugni per non colpirlo. Attendo ancora una risposta, ma i minuti passano e lui riesce solo a scuotere la testa e aprire la bocca per poi richiuderla.
“Me ne vado” e senza attendere oltre mi incammino verso l’uscita.
“Edward aspetta” urla mia sorella correndomi dietro. Lo so che non ha colpe, ma sono arrabbiato e voglio essere lasciato solo.
“Ho bisogno di pensare, Alice. Ci vediamo a casa” e salgo in moto per sgommare lontano dai Cullen, lontano dal pensiero che la mia vita sarebbe stata migliore se Carlisle fosse stato meno superficiale, se si fosse ricordato dei figli del suo caro cugino.
 
***
 
Viaggio per le strade della città senza vedere veramente. Mille immagini e pensieri mi scorrono davanti, le urla di mia zia nell’ufficio dell’avvocato, i pianti fasulli dei parenti sulle lapidi dei miei genitori, le parole di conforto dei serpenti mentre mi derubavano di ogni avere, le minacce di portarmi via Alice se non avessi collaborato… ferite che credevo rimarginate ricominciano a sanguinare ed il pensiero che potevano essere evitate me le fa bruciare maggiormente.
Arrivato al mio tetto mi lascio cadere sul pavimento e, con le braccia incrociate dietro alla testa e gli occhi rivolti verso al cielo, inizio ad immaginare come sarebbe stata differente la mia vita.
Vivere ancora nella casa che ci ha visti crescere, studiare all’università, seguire i nostri sogni senza la preoccupazione di come arrivare a fine mese…
Alice avrebbe potuto seguire l’università di design, fare gli stage… provare a lavorare nel campo della moda affiancata a persone che l’avrebbero fatta volare in alto.
Io avrei seguito il corso di belle arti, imparato nuovi stili, metodi… avrei affinato la mia arte e avrei meno timore a esporre i miei quadri.
Forse avrei conosciuto Bella all’università, o in qualche locale… non avrebbe avuto bisogno di nascondere la sua vera identità perché l’avrei conosciuta nel suo ambiente, o almeno non l’avrei giudicata influenzato dalla brutta esperienza che ho avuto con i puzza-sotto-il-naso. Sarei stato anche io un puzza-sotto-il-naso… Naaa! Sarei sempre stato il solito Edward, che suona la sera con gli amici, che imbratta muri con le bombolette e che odia chi si crede migliore solo perché ha il portafoglio pieno di banconote!
Non sarei stato diverso. Ho vissuto diciotto anni in quel ambiente, e non sono mai stato attirato dai gala e dalle ricchezze. Mia madre e mio padre non ci hanno mai fatto mancare nulla, nemmeno la possibilità di sceglierci gli amici, e già allora preferivo giocare con Jacob che con il figlio di qualche riccone…
Se Carlisle si fosse interessato a noi sarebbero cambiate poche cose, ma di una certa importanza: avremmo finito gli studi e non proverei questo rancore per i ricchi…
 
“Sapevo che ti avrei trovato qui” la voce di Carlisle mi arriva alle spalle ed io continuo a tenere chiusi gli occhi. Voglio che se ne vada… devo pensare e lui è l’ultima persona con il quale voglio parlare.
“Lo so che sei arrabbiato…” continua sedendosi accanto a me e coprendomi il sole “ma vorrei che mi lasciassi spiegare”
Faccio un impercettibile cenno con la testa per farlo continuare, ma continuo a tenere gli occhi chiusi.
“Non ho scuse per ciò che ho fatto. Sono stato superficiale, facendo un torto a te e a tua sorella, ma soprattutto a tuo padre…” prende un profondo respiro e continua “Credevo veramente che foste in buone mani. Ho sentito zia Mary per alcuni mesi dopo l’incidente e mi assicurava sempre che tutto stava andando bene. Che eravate depressi per la perdita repentina, ma che stavate reagendo bene… quando chiedevo di parlare con voi, me lo sconsigliava per non aggiungere dolore al dolore. Non mi conoscevate e quindi potevo essere di poco aiuto in confronto a lei che vi ha visto crescere…”
“Ci ha tolto tutto…” ringhio continuando a non guardarlo.
“Lo so… l’ho saputo… mi ha raccontato tutto Bella…”
“Bella?” gli chiedo appoggiandomi al gomito a guardandolo in faccia per la prima volta.
“Quando eravate in ospedale non ti ho riconosciuto subito, nemmeno tua sorella. Nelle ultime foto che mi ha inviato tuo padre eravate piccoli ed in ospedale gli ematomi che avevate sul volto hanno nascosto i vostri tratti distintivi… il naso all’insù di Alice come vostra madre e la tua mascella squadrata come tuo padre. Gli occhi verdi e profondi come Elisabeth e le labbra di vostro padre…”
“Hai letto i nomi sulla cartella… quelli non sono mutati negli anni” gli faccio notare.
Lui scuote la testa e sorride. “Il piccolo Mondrian e l’esuberante Aranel… così vi chiamava vostro padre nelle lettere” sorrido al ricordo dei soprannomi con il quale ci chiamava mio padre con affetto “Vi ho sentiti chiamare con il vostro vero nome solo il giorno in cui siete nati e il giorno del funerale… per anni ho unito i vostri volti a quei nomi…”
“Se sapevi chi eravamo, perché in ospedale non hai chiamato zia Mary?” gli chiedo mettendomi seduto e abbracciando le gambe al petto.
“Ho chiamato zia Mary…” mi risponde stringendo i pugni ed io trattengo il respiro “Quando Bella mi ha raccontato la vostra storia ho capito chi eravate ed ho subito chiamato vostra zia… ma non per avvisarla della vostra salute” scuote la testa sorridendo.
“Hai sentito zia Mary?” gli chiedo stupito della notizia.
“Sì! E, anche se in ritardo, ho fatto ciò che doveva essere fatto… l’ho mandata al diavolo intimandola a starvi lontano e l’ho avvisata di tenersi pronta perché ciò che Thomas e Elisabeth avevano costruito per voi sarebbe tornato al legittimo proprietario…” per la prima volta vedo un’ombra di cattiveria negli occhi di Carlisle.
“Cosa vuoi dire?” gli chiedo senza capire il senso della sua frase.
“Essere dei puzza-sotto-il-naso ha i suoi pregi, soprattutto se il tuo nome è di rilievo” risponde pavoneggiandosi… è irriconoscibile! “Ci hanno feriti e derubati quando eravamo a terra… adesso tocca a noi riprenderci la rivincita… certa gente deve imparare ad accontentarsi e non fare lo sciacallo arricchendosi sulle disgrazie altrui!” ringhia stringendo i pugni. “Quando è successo a me non ero pronto per affrontarli. Non avevo nulla se non solo il dolore per la perdita dei miei cari… ma adesso sono il Dottor Carlisle Cullen con un cospicuo conto in banca ed ottimi amici che sanno come far tornare le cose al loro posto…”
“Ma cosa stai blaterando?” gli chiedo seriamente preoccupato della sua sanità mentale. Ho sempre reputato Carlisle un uomo riflessivo, buono e disponibile, mentre adesso, di fronte a me c’è un uomo pieno di rancore, pronto a distruggere chi si è messo sulla sua strada.
“Non sto impazzendo Edward! Voglio solo restituirti ciò che ti è stato tolto… lo devo a tuo padre” mi risponde con voce calda e guardandomi con dolcezza.
“Vorrei che mi dessi la possibilità di fare ciò che non ho fatto anni fa: starvi vicino ed aiutarvi” faccio una smorfia alla sua richiesta. Io ed Alice siamo in grado di gestirci da soli non abbiamo più bisogno di aiuto “Lo so che qualsiasi cosa io faccia non potrà mai restituirti gli anni che hai perso o cancellare il rancore che provi… ma ti prego, dammi una possibilità”
“Io ed Alice ce la caviamo da soli…” rispondo sbuffando.
“Non lo metto in dubbio! Tuo padre sarebbe fiero di te e della persona che sei, ma vorrei comunque essere presente nella vostra vita” si volta con l’intero corpo verso di me e mi sorride “Alice si è affezionata a Esme e mia moglie vede in tua sorella la figlia che non ho potuto darle…” lo fulmino con lo sguardo… nessuno può prendere il posto dei nostri genitori! “Non dico di vederci come i vostri genitori, non fraintendermi. Voglio solo che ci avviciniamo, che mi dai la possibilità di consigliarti quando ti sentirai confuso, di sostenerti quando ti sentirai debole o impreparato… e dare la possibilità a Alice e Esme di colmare il vuoto che provano nel non avere una figlia ed una madre…”
“Dammi il tempo di metabolizzare… e per quanto riguarda mia sorella… devi parlarne con lei, io non posso decidere della sua vita” rispondo mentre sento la testa esplodere per le emozioni discordanti che provo.
“Tutto il tempo che vuoi… sai dove trovarmi!” e dandomi una pacca sulla spalla mi lascia solo con i miei pensieri.


 
!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
Prendo un profondo respiro, faccio scattare la maniglia, apro la portiera, poso il primo piede a terra, il secondo piede… “Buonanotte, Edward!” ed esco completamente dall’auto. Chiudo la portiera senza voltarmi e cammino lentamente fino all’entrata.


 
IN ATTESA DEL PROSSIMO CAPITOLO
POTETE FARE UN SALTO NELLE ALTRE MIE STORIE!!!
from twilight to sunrise edward - POV Edward in NEW MOON (Completa)
Padre senza saperlo - un'isola, una regola... e le sue conseguenze! (Completa)
La donna più felice del mondo - un ragazzo, una ragazza e qualcuno di troppo! (Completa)
Dalle Stelle alle Stalle - un viaggio nei ricordi di un uomo che ha perso tutto (Completa)
Il mio incubo personale - si può sfuggire completamente al proprio incubo personale? (In Corso)

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Capitolo 29
*** Compleanno di Alice ***


Eccomi qui!!!
Sono felice che non vi siate dimenticate di me!!! E per farvi capire quanto mi abbiano reso felice leggere le vostre recensioni e vedere che non vi ho deluse per il ritardo madornale nel postare, sono fuggita dalla famiglia e dagli impegni e pubblico un nuovo capitolo!!!
Ok, è vero! E' passata più di una settimana dall'ultimo capitolo, ma giuro che ho fatto i salti mortali per riuscire a ritagliarmi del tempo per tutte voi che siete fantastiche!
Ma adesso basta ciance e BUONA LETTURA!!!



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COMPLEANNO DI ALICE
BELLA


E’ passato poco più di un mese dalla scoperta che Carlisle è il cugino di Edward e anche se sembra poco tempo, vi posso assicurare che sono successe tantissime cose!
Edward ha trovato un lavoretto presso il bar vicino a casa sua. Fa il barista e serve le colazioni. Un orario perfetto! Sia perché collima perfettamente con le serate al Midnight con la band, sia perché al mattino ci sono solo camionisti e operai che devono andare a lavorare… ok, ultimamente ci sono anche le ragazzine che preferiscono quel bar a chilometri di distanza dalla loro scuola a quello più comodo attaccato al loro liceo, ma sono ragazzine e quindi non mi devo preoccupare! Giusto?
E poi è un lavoro momentaneo… eh, già! Non so per quale miracolo, ma siamo riuscite, io, Esme ed Alice a convincerlo a esporre le sue tele e, come volevasi dimostrare, sono andate a ruba! Ok, avete ragione, non dovrei volare troppo alto e forse le tele stanno andando a ruba perché sono avvolte dal mistero di chi sia il pittore, ma io credo molto in Edward e so che molto presto gli introiti delle vendite gli permetteranno di seguire i suoi sogni e fare esclusivamente ciò che gli piace!
Perché non abbiamo rivelato il nome di Edward? Beh! Perché lui non è ancora pronto ad affrontare serate di gala dove è al centro dell’attenzione e quindi abbiamo pensato bene di tenerlo nell’anonimato… ed è stato anche un piano marketing perfetto!
Oltre alle mostre che stanno andando alla grande, anche tra me e lui sta andando a meraviglia! Molte notti ci siamo addormentati abbracciati e tutte le sere parliamo tantissimo. I nostri mondi si stanno avvicinando sempre di più! Inizio a comprendere le sue paure e lui inizia ad accettare i puzza-sotto-il-naso!
Sono tornata a vivere nel mio vecchio appartamento, quello con la vasca idromassaggio nascosta, e al lavoro io e Garrett stiamo facendo faville! Siamo riusciti a tenere i committenti e i cantieri riapriranno molto presto. Aro ha collaborato con la polizia per avere lo sconto della pena evitando lunghissimi tempi di attesa o il crollo definitivo di mio padre che, sfinito dalle notti passate in bianco a controllare l’operato di Aro, stava ormai dando di matto!
Rosalie ed Emmett sono andati a convivere e Garrett sta facendo passi da gigante con Tanya… ebbene sì, l’amore spropositato che quell’uomo provava per me è svanito appena i suoi occhi si sono allacciati a quelli di Tanya!
E Tanya? Beh! Nessun miglioramento. Mi sorride, risponde quando parlo, ma è molto fredda nei miei confronti ed Edward continua a ripetermi di non considerarla che le passerà… sarà! Ma secondo me mi stanno nascondendo qualcosa!
Tornando ai cambiamenti dell’ultimo mese: Alice e Jasper convivono!
Non è proprio ufficiale, ma in pratica convivono!
L’idea era quella di convivere io e Jasper, perché mio padre non vuole che viva da sola nell’appartamento, ma quando Alice ha iniziato a frequentare assiduamente casa mia facendomi sentire la candela della situazione, sono riuscita a convincere il mio caro paparino a far vivere Jasper nell’appartamento al piano di sotto. E’ vicino nel caso avessi bisogno, ed è lontano dai miei occhi e dalle mie orecchie quando si scambia effusioni con Alice!
Ho dimenticato qualcuno? No! non credo… beh! Jacob lavora ancora al New Moon ed è ancora follemente innamorato di Embry. I ragazzi della band sono sempre i soliti pazzi e James si è finalmente sposato con la sua Victoria, anche se con il matrimonio non è cambiato nulla… sono sempre una coppia aperta ed ho dovuto minacciare Vic per farle tenere le manacce lontane dal “mio amico” Edward!
 
***
 
Stasera c’è il compleanno di Alice al Midnight Sun. Non è stato facile organizzarle la festa perché “generale Alice” è puntigliosa e Tanya non ha aiutato nei preparativi con la scusa del lavoro. Ma non mi sono abbattuta ed ho chiesto aiuto alla segretaria di mio padre, Jane. E’ stata fantastica, ha rispettato ogni capriccio di Alice e in meno di mezza giornata il locale era perfetto… mancava solo più il fratello della festeggiata!
Dovevamo essere tutti presenti nel momento in cui Alice sarebbe entrata con la faccia stupita per la bellissima sorpresa… lo so che Alice sa tutto, ma questo è un segreto tra me e lei!
Vedendo che Jane se la cava divinamente decido di andare a recuperare l’ultimo e più importante invitato: Edward!
Suono al campanello emozionata e quando apre la porta gli sorrido a trecentosessanta denti, ma il mio sorriso si spegne appena il volto demoralizzato di Edward si affaccia all’uscio.
“Cosa è successo?” gli chiedo appoggiando la mano sulla sua guancia e facendogli alzare il volto.
Lui sbuffa e si passa la mano nei capelli. “Vieni” mi dice prendendomi per mano e accompagnandomi nella vecchia camera di Alice.
Si siede nel centro della stanza e mi invita a sedermi di fianco a lui.
“L’altr’anno mi ero ripromesso di dipingerla e sistemarla come regalo di compleanno, ma dopo gli ultimi avvenimenti, non sono più sicuro che sia il regalo giusto.” Esclama osservando il muro bianco di fronte a noi.
“Credo che sia tardi per dipingere la parete” gli faccio notare indicando l’orologio… tra meno di due ore Alice arriverà al Midnight ed entrambi dobbiamo ancora lavarci e cambiarci!
Lui scuote la testa e sorride.
“Lo so che ormai non faccio più in tempo, ma è da stamattina che osservo questa parete… so esattamente come disegnarla, ma so anche che è tutto inutile!”
“Adesso vive con Jasper… anche se non è ancora ufficiale” termino per lui e lui annuisce passandosi la mano nei capelli e continuando ad osservare la stanza ormai quasi vuota.
“E’ tornata nel nostro appartamento solo per prendere le sue cose. Mi sento un po’ tradito. Abbiamo creato il nostro nido insieme ed adesso lei preferisce un appartamento ultra accessoriato” spiega facendo una smorfia.
“Non sei felice che stia con Jasper?” gli chiedo dato che non capisco quale sia il problema… sembra un padre che deve portare la propria figlia all’altare tra poche ore.
“Assolutamente no!” risponde sicuro e guardandomi dritta negli occhi “Jasper è perfetto per lei. Non ha grilli per la testa. E’ maturo, educato e con un lavoro sicuro e ben retribuito…” Sì, sembra proprio un padre che parla della propria figlia!
“Non è Jasper il problema, ma questo” ed indica la stanza “era il nostro nido… lo abbiamo creato noi. Un pezzettino alla volta. Quando siamo entrati era fatiscente, ma con le nostre forze unite l’abbiamo reso abitabile, accogliente…”
“… e unico! E’ veramente l’appartamento più personalizzato che ho mai visto!” esclamo entusiasta ripensando a come mi aveva stupita la prima volta che vi ero entrata.
“Già” risponde senza essere contagiato dal mio buon umore. Mi inginocchio davanti a lui e gli prendo il viso tra le mani obbligandolo a guardarmi.
“Potrai personalizzare l’appartamento che ha con Jasper… o personalizzare comunque la sua stanza! Anche se non ci verrà a dormire tutte le notti, può essere che ogni tanto ci ritorni” fa una smorfia poco convinto “E’ inutile che fai così! Quando Jasper dovrà accompagnarmi all’estero lei sarà sola in casa e quindi verrà sicuramente qui, o può venirci anche solo per pensare senza Jasper nei paraggi… non puoi saperlo!”
“Ciò non toglie che non la vede più come casa sua” mi risponde sicuro di avere ragione.
“E quindi? Lo so che per te è doloroso staccarti da tua sorella… lo capisco, veramente! Ma devi accettare il fatto che è cresciuta, che ormai non sei più l’unico uomo della sua vita, adesso c’è Jasper… è lui che deve prendersi cura di lei...” prendo fiato e riprendo prima che mi fermi “sarai sempre il suo fratellino… ma Mio Dio Edward! Ti stai comportando come un padre che deve portare all’altare la figlia!!!” sgrana gli occhi alla mia affermazione ed io mi mordo la lingua per non scoppiargli a ridere in faccia.
“Sono patetico!” esclama dopo alcuni secondi di silenzio nel quale mi ha scrutato negli occhi capendo che avevo ragione.
“Sì! Ma sei anche tenero, e l’amore che provi per tua sorella è bellissimo… ma ricordati che a volte amare significa lasciar andare… e tu devi lasciarla andare”
“Hai ragione…” risponde sorridendo e scuotendo la testa “Devo permettere alla mia “bambina” di vivere la sua vita…” scoppio a ridere e lo abbraccio forte.
“Ho paura di come reagirai quando tua figlia si sposerà” dico tra le risate senza riflettere e lo sento irrigidirsi. Mi allontano lasciando allacciate le mani dietro al suo collo e lo guardo confusa. “Scherzavo!” gli spiego e mi sciolgo nel mare che sono i suoi occhi… era da una vita che non mi guardava così. Le sue mani mi accarezzano la schiena mentre i suoi occhi sono allacciati ai miei incantandomi. Esprimono amore, speranza e altre emozioni che non riesco a decifrare troppo confusa dalle farfalle che hanno ricominciato a volare nel mio stomaco. Non so se passano secondi, minuti, ore o solo un momento. Il mondo si ferma e i nostri occhi dialogano di parole che siamo ancora troppo spaventati per dirle ad alta voce.
 “Devo trovarle un regalo!!!” esclama alzandosi di scatto e rompendo la magia. Lo guardo confusa e rimango seduta a terra dato che non sono certa che le mie gambe possano reggermi dopo ciò che è appena successo.
“Mi accompagni?” mi chiede porgendomi la mano.
“Se non ti offendi, io avrei un’idea… o meglio, mio padre ha avuto l’idea…” mi guarda stupito e mi incita a parlare con un gesto della mano.
Mi fa sedere sul letto e si siede accanto a me “Esme ha fatto vedere alcuni lavori di tua sorella a delle sue amiche… sono piaciuti… tantissimo!”
“Vai al dunque” chiede nervoso.
“Beh, mio padre pensava di regalarle… la boutique” dico a mezza voce e abbassando il capo vedendo i fulmini che hanno attraversato il suo sguardo… forse ho esposto male la mia idea!
“NO!” si alzo di scatto e inizia a camminare per la stanza come un leone in gabbia.
“Perché no? Alice ne sarebbe felicissima… avrebbe la possibilità di fare ciò che più le piace!” gli rispondo confusa dalla sua reazione esagerata.
“Forse per voi sono briciole, ma per la gente come me ed Alice è un regalo che la offenderà… ed offenderà me! Non abbiamo bisogno della vostra carità!” mi spiega con i pugni serrati dalla rabbia.
“… non è carità è un regalo” dico con voce spezzata e guardandolo fiera negli occhi.
“La gente comune regala profumi, magliette, ciondoli… non boutique!” urla.
“Ma lei è brava in ciò che fa, volevamo regalarle la possibilità di emergere…”
“Certo… una sciocchezza da nulla! E poi cosa le regalerete? I clienti? I soldi per gestire la boutique? Un contratto per averla in esclusiva? Oppure il contratto è già compreso?”
“… sei crudele!” abbasso lo sguardo e mi asciugo le lacrime con rabbia.
“Non sono crudele! Sono stufo! Stufo di essere il burattino nelle mani di voi ricchi!”
Scappo dalla sua stanza senza rispondere… ma come è possibile? Pochi minuti prima ero a un passo dal baciarlo e un minuto dopo siamo tornati indietro di mesi… perché non capisce che ogni cosa che faccio lo faccio per renderlo felice e non per farlo sentire inadeguato?
Sono settimane che Alice fantastica sull’avere una boutique tutta sua… era un regalo perfetto ed azzeccato, ma lui ha dovuto rovinare tutto per orgoglio… cavolo! Se non lo amassi così tanto lo avrei già preso a sberle per farlo rinsavire!!!!
Arrivo in strada e mi siedo sul marciapiede. Ho le gambe che tremano e le lacrime mi annebbiano la vista.
Cerco di nascondere i singhiozzi e tranquillizzarmi prima di tornare a casa e prepararmi per la festa… chissà che divertimento stasera con Edward che mi terrà il muso!
Delle braccia mi avvolgono e mi fanno appoggiare la schiena al suo petto. “Scusa” mi sussurra Edward appoggiando il mento sulla mia spalla. “Scusa per la mia reazione, ma non sono abituato ad avere qualcuno che si prende cura di noi… sono sempre stato io l’uomo di casa, io che provvedo alle esigenze di mia sorella…”
“Ho capito. Scusami anche tu… forse è meglio se le regaliamo una macchina da cucire, o un viaggio… che ne pensi?” gli propongo sciogliendomi in quel bellissimo abbraccio.
“Una maglietta è fuori discussione vero?” chiede sorridendomi con il suo sorriso sghembo.
Faccio una smorfia “Naaaa… Isabella Mary Swan non regala magliette!”
“Edward Cullen non regala boutique…”
“Ok! Dobbiamo trovare un compromesso” e lo bacio sulla guancia porgendogli la mano.
 
***
 
“Sorpresa!” esclamiamo in coro tutti insieme appena Alice varca la porta accompagnata da Jasper.
Provo un senso di déjà-vu e sorrido guardando Edward che abbraccia sua sorella augurandole Buon compleanno…
Le immagini della festa del “Bentornata Alice” mi si parano davanti come se qualcuno volesse dirmi qualcosa… sorrido e provo a seguire la sensazione. Mi avvicino alla festeggiata e la saluto con calore. Saluto anche il suo accompagnatore, nonché mia guardia del corpo, ex-cugino del Texas, e sorrido maliziosa a Edward, ma lui è troppo preso dalle urla di gioia della sorella per accorgersene!
Pazienza!
 
La serata passa tranquilla… se si può definire tranquilla una festa con musica dal vivo, più di cento invitati e fiumi di birra e alcolici di ogni genere.
Lo so, dovrei trattenermi, non dovrei bere, ma il dottor Bennett dice che il mio vero problema non è l’alcol, ma situazioni che non riuscivo ad accettare… quindi non penso sia un grosso problema se bevo un paio di birre! E poi ci sono le guardie del corpo che mio padre ha messo a disposizione all’interno locale, dato che a lui il senso di déjà-vu è venuto unendo festa di compleanno alla parola rissa!
Comunque, tornando alla serata… diciamo che ci stiamo divertendo!
La musica è spettacolare, i ragazzi hanno suonato delle canzoni dedicandole tutte alla festeggiata e poi si sono uniti a noi per ballare la classica dance.
Alice e Rosalie si sono divertite inventando balletti mooolto maliziosi per i loro uomini, mentre io mi sono limitata a ridere come una pazza nel vedere cosa si inventavano per far impazzire i poveri Emmett e Jasper!
 
“Non balli?” mi chiede Edward sedendosi accanto a me al bancone.
“Stasera no!” gli rispondo portandomi il bicchiere alla bocca.
“E come mai?” continua spostandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
Mi stringo nelle spalle “Mi diverto di più a guardare i tre pazzi!” ed indico con un gesto della testa la pista da ballo dove Alice e Rosalie danno spettacolo, seguite da Jacob che le imita lanciando sguardi maliziosi a Embry!
Edward scuote la testa e si copre in imbarazzo il viso con la mano.
“Forza ragazzi fatemi sentire quanto mi volete bene!” urla Alice ormai alticcia nel microfono saltellando e incoraggiando la folla a farle la ola!
“Oh mio Dio!” esclama Edward scoppiando a ridere e alzandosi per seguire la ola che ci ha raggiunto.
“Qualcuno dovrebbe fermarla” esclamo vedendola arrampicarsi sul palco per prendere chissà cosa.
“Vorrei…” mi risponde guardandomi sornione “Ma ormai ha Jasper che pensa a lei” e sciabola le sopracciglia mentre mi indica un Jasper disperato che cerca di contenere la fidanzata ormai fuori controllo.
Scoppio a ridere e mi giro per ordinare una birra per entrambi.
“Edward, puoi venire in cucina per la torta?” gli chiede James da dietro al bancone.
“Torno subito” e mi accarezza la spalla scendendo sulle braccia mentre si alza e si allontana. Mille brividi mi percorrono il braccio mentre mille immagini di me ed Edward che facciamo cose sconce in ogni dove mi martellano la testa.
Ok, Bella! Basta bere, o stasera non riuscirai a trattenerti!
Sposto con uno sbuffo la birra e richiamo l’attenzione di Paul per ordinargli un succo di frutta… meglio rimanere lucide!
Le luci si spengono senza preavviso e la musica viene spenta mentre la voce di Seth, James e Edward iniziano il coro “Tanti Auguri a te!” trasportando la torta con le candeline accese.
Alice si avvicina battendo le mani. Stringe gli occhi mordendosi il labbro e poi soffia con tutto il fiato che ha in corpo sulle candeline spegnendo l’unica illuminazione della sala.
Le luci vengono riaccese e vicino a me mi ritrovo un ragazzo molto alticcio che mi ammicca credendo di essere sexy. Faccio una smorfia e mi volto per andare a festeggiare con tutti i miei amici nel centro della pista da ballo…
 
Ormai la festa volge al termine, quasi tutti gli invitati sono tornati nelle loro case, e gli unici rimasti sono così alticci che non credo riusciranno a tornare a casa!
Io ed Edward siamo abbracciati sul divanetto che ascoltiamo, ormai assonnati, le storielle di Alice e Garrett.
Al mio ennesimo sbadiglio Edward mi sussurra. “Vuoi andare a casa?” forse è la stanchezza, le luci basse, la musica in sottofondo, o la birra che ho in corpo, ma la sua voce è tremendamente sensuale.
Mi volto lentamente verso di lui ritrovandomi le sue morbide e sensuali labbra a pochi centimetri dalle mie, i miei occhi non riescono a smettere di guardarle, e la mano di Edward che continua ad accarezzarmi la spalla non aiuta ad allontanare certi pensieri.
“Sì” gli soffio lottando contro me stessa e la voglia di annullare le distanze.
Riunisco tutte le forze, rinchiudo in un cassetto gli ormoni che si sono risvegliati e mi alzo facendo un cenno a Mark, il sostituto di Jasper, per farmi riaccompagnare a casa.
“Vorrei accompagnarti io, se posso” mi chiede Edward allacciandomi la vita con le braccia e sfiorando il mio orecchio con le labbra mentre parla. Annuisco soltanto, ingoiando a vuoto e allontanando alcune immagini dalla mia testa…
 
***
Il viaggio verso casa è silenzioso. Edward mi tiene la mano allacciata alla sua sul cambio e, senza muovere la testa, mi guarda di sfuggita. E’ teso, lo capisco dalla posizione del busto e da come stringe il volante…
Ogni tanto sfiora con il pollice il dorso della mia mano e i brividi continuano ad attraversarmi il corpo.
Bella, buttati! Urla la vocina dentro la mia testa. Appena ferma la macchina volagli al collo e bacialo! Continua ad istigarmi, mentre un’altra parte di me dice di stare buona e non fare cavolate!
Il momento fatidico è giunto!
Edward si ferma di fronte all’entrata del mio palazzo. Non parcheggia… brutto segno. Slaccia la cintura… buon segno. Si volta verso di me e sospira… brutto segno. Mi prende entrambi le mani e mi fa voltare verso di lui… buon segno.
“Io…” esclamiamo insieme e sorridiamo. Sembriamo due bimbi delle elementari… ma non è colpa mia se non so cosa fare! Cioè so cosa voglio. Voglio le sue labbra, le sue mani, il suo profumo, le sue parole… voglio lui… ma non so se è ancora il momento.
“E’ meglio che vada” riesco a dire con un filo di voce e girandomi per aprire la portiera. Lo faccio lentamente pregando che mi fermi, mi prenda tra le sue braccia e mi baci. Nulla.
“Buonanotte, Bella” dice soltanto. La sua voce è roca, dolce, sensuale… ok! Fatti forza ed esci da questa macchina Bella!
Prendo un profondo respiro, faccio scattare la maniglia, apro la portiera, poso il primo piede a terra, il secondo piede… “Buonanotte, Edward!” ed esco completamente dall’auto. Chiudo la portiera senza voltarmi e cammino lentamente fino all’entrata.
Stupida! Potevi baciarlo… se era ancora presto potevi usare la scusa che avevi bevuto… lui lo voleva quel bacio, lo sai, lo sentivi… e allora perché?
Mentre mi tormento per l’occasione persa, delle mani mi afferrano alle spalle e mi fanno voltare, cerco di capire cosa sta succedendo prima di cadere in un vortice di emozioni fortissime e bellissime.
Le sue labbra mi baciano con dolcezza mista a passione. Una sua mano mi trattiene alla base della schiena e l’altra è immersa nei miei capelli. Mi stringe a sé come se volesse che fossimo una cosa sola. Il suo profumo mi inebria, mentre la sua lingua mi chiede il permesso di entrare. Danza insieme alla mia lentamente come fosse la prima volta. Le mie gambe cedono e le sue braccia mi stringono maggiormente a lui. Baci sfiorati si mischiano a baci passionali e il mondo, il tempo, lo spazio svanisce definitivamente.
Ci siamo solo io e lui… ed io mi sento in paradiso.
Ci allontaniamo per riprendere fiato. Appoggia la sua fronte alla mia continuando ad accarezzarmi i capelli.
“Ti amo” sussurra accarezzandomi le labbra con il fiato, ed io cerco di non svenire.
Non me lo aveva mai detto… nemmeno nei mesi prima del disastro… ed adesso, qui, in mezzo alla strada, in piena notte, dopo una serata di festa… mi dice “Ti amo”?
Non fraintendete! Sono felice, se potessi volerei o inizierei a danzare lungo tutto la strada… è solo che non me lo aspettavo… 
 

 
!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
Odio non avere privacy, essere circondato da serpi e gente che vuole emergere utilizzando la popolarità che ha investito me e Bella…
RIVOGLIO LA MIA VITA!

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Capitolo 30
*** Tutto va come deve andare ***


CIAO A TUTTE E BUON 1° MAGGIO!!!
Finalmente oggi sono riuscita a fermarmi e prendermi una giornata tutta per me e le mie FF!
Ho riletto e definito "Devi essere indipendente" e con tristezza vi confermo che ormai mancano solo più 3 capitoli alla fine ... ovviamente dopo questo! 
Lo so, potrei allungarla, ma non sono capace di scrivere la storia quando tutto si sistema, dal mio cervellino malato escono solo storie che narrano come nasce l'amore, non come si vive! Mi dispiace!
Quindi sperando che il prossimo capitolo vi piaccia e assicurandovi che sto lavorando per la continuazione
de "Il mio incubo personale" e il sequel di "Dalle stelle alle stalle" vi auguro una buona lettura!
Ah! Quasi dimenticavo!!! Da ieri sera "Dalle stelle alle stalle" è disponibile su Amazon! 

"dalle Stelle alle Stalle"
 

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TUTTO VA COME DEVE ANDARE
EDWARD

Ok! Bravo Edward! Se potessi di darei una pacca sulla spalla per la più grossa stronzata che potevi fare!
Fino a pochi minuti fa non sapevi nemmeno se era giusto baciarla ed adesso te ne esci con questa dichiarazione!!!! Ma sei impazzito?
Ti amo? Le hai detto ti amo, in mezzo alla strada, in piena notte e dopo aver bevuto come una spugna per tutta la sera?
“Non sono ubriaco” esclamo senza riflettere. I suoi occhi si allargano maggiormente ed io diminuisco la presa con il quale la tenevo abbracciata a me. Sorrido cercando di mascherare il dolore che provo nel vederla così confusa. Lo so, sono un’idiota. Non dovevo dirlo… ma è ciò che penso, e dopo aver di nuovo assaggiato le sue splendide labbra non sono riuscito a trattenermi.
Bella continua a guardarmi, ma non parla. Mi scruta, mentre io vorrei affondare. Ok, Macho! Riprendi il controllo, raccogli il poco di dignità che ti è rimasta e augurale la buona notte.
“Buonanotte” esclamo con la voce ferma e sorridendole mentre combatto contro il mio corpo per allontanarmi da lei. Devo solo slacciare l’abbraccio, voltare le spalle e camminare fino alla macchina… non è difficile!
Ma quando provo ad allontanarmi Bella mi ri-attira a sé e mi bacia con passione ritrascinandomi in paradiso.
“Ti amo anche io” sussurra senza fiato scostandosi di pochi millimetri dal mio viso “Resta con me” e si ri-fionda sulle mie labbra facendo scomparire definitivamente ogni dubbio che poteva esserci ancora nel mio cervellino paranoico!
La prendo in braccio senza slacciare le nostre labbra. Salgo le scale, chiamo l’ascensore e apro la porta di casa senza mai smettere di baciarla.
Sono mesi che attendo questo momento! E non mi importa se è ricca, povera, famosa o sconosciuta. Lei è la mia Bella e io la amo, la desidero e sono disposto a tutto pur di non perderla mai più.
 
***
 
Mi sveglio con un sorrido posando un bacio tra i capelli di Bella che dorme con la testa appoggiata alla mia spalla. Siamo ancora nudi e sentire la sua pelle al contatto con la mia mi fa sentire in pace con il mondo.
Quanto mi sono mancati questi momenti con lei. Mi è mancato sentirmi un unico corpo con lei, sentire il suo fiato sul mio collo, la sua pelle che si increspa quando le sussurro parole dolci… e adoro quando insieme ci dichiariamo il nostro amore con il fiato spezzato dalle emozioni che ci invadono…
Sono stato un idiota! Per mesi l’ho tenuta lontana per paura di non riuscire a vivere nel suo mondo quando il mio mondo è lei!
Solo tra le sue braccia e con il suo profumo che inebria l’aria che respiro io mi sento realmente completo e a casa.
Lo so! Ci saranno ancora tanti litigi, a volte faticherò ad accettare il suo mondo, le serpi che ci vivono e che provano a farmi sentire inadeguato, i giornali che ammazzeranno la mia e la sua privacy, i puzza-sotto-il-naso che mi guarderanno come se fossi un arrampicatore sociale… ma non mi importa!
Bella è la mia forza, la mia vita e sono disposto a ingoiare tutti i bocconi amari che incontrerò sul cammino pur di stare con lei!
“Buongiorno” la sua voce ancora impastata dal sonno mi fa tornare al presente. Le sorrido e le sfioro le labbra sussurrandole un “Buongiorno principessa”
Si sfrega gli occhi stiracchiandosi e poi torna velocemente tra le mie braccia.
“Non è un sogno?”
Sorrido alla sua domanda “No. Non è un sogno” le confermo stringendo l’abbraccio e chiudendo gli occhi per assaporare al massimo il momento.
 
“Devo farmi un bagno” esclama dopo alcuni minuti di religioso silenzio e cercando di alzarsi, ma la trattengo facendo una smorfia, non voglio che si allontani da me… per troppi mesi ci siamo negati l’uno all’altra.
“Puzzo” esclama allontanandosi e annusandosi facendomi scoppiare a ridere.
“Non è vero!” esclamo tra le risate e bloccandola sul letto con il mio corpo “Hai un profumo delizioso” le mormoro malizioso iniziando a baciarle il collo. Lei si muove sensuale sotto di me risvegliando il mio amichetto ed io non resisto alla tentazione.
Ci amiamo con passione, con amore, con venerazione fino a quando crolliamo sul letto sfiniti e sudati.
“Lo so che è poco romantico, ma ho bisogno di una doccia” borbotta con il viso nascosto sul mio petto.
Si allunga verso il comodino e schiaccia un bottone che non avevo notato. Uno strano rumore proviene dal bagno. La guardo senza capire mentre lei mi sorride imbarazzata.
“Il mio ultimo segreto” sussurra alzandosi e porgendomi le mani in un chiaro invito a seguirla.
Mi porta in bagno ed io rimango stupito nel trovare un’immensa vasca idromassaggio. L’enorme specchio che ricopriva una parete è quasi completamente svanito e al posto c’è una vasca da fare invidia ad una spa.
“Ma cosa?” chiedo senza saper cosa dire.
“Quando mi sono trasferita qui la prima volta sono stata obbligata a nasconderla” inizia a spiegare mordendosi il labbro inferiore e torturandosi il labbro “Ma adesso non ho più motivo di nasconderla… era il mio ultimo segreto” lo dice in un sussurro ed io sorrido. Sembra una bambina scovata con le mani nella marmellata. Non osa alzare lo sguardo ed io mi avvicino stringendola a me.
“Hai altre vasche idromassaggio o qualche altra diavoleria nascosta in casa?” le chiedo cercando di essere serio. Lei scuote il capo fortemente solleticandomi il torace con i capelli e la punta del naso “E allora sei perdonata” e la bacio con passione per farle capire che non sono arrabbiato.
“Mentre ti rilassi nella tua mega vasca idromassaggio, io mi faccio la doccia” le dico quando ci stacchiamo per riprendere fiato.
 “Lo so che odi la ricchezza, ma prima di giudicarla, devi provarla!” mi dice facendomi l’occhiolino maliziosa. Si avvicina al bordo della vasca con passi sinuosi e si immerge facendomi l’occhiolino. Io rimango immobilizzato dall’immagine divina che mi si para davanti. L’amichetto è di nuovo pronto e non ho nemmeno un vestito che lo copra. Mi inginocchio a lato della vasca mentre lei si crogiola nell’acqua calda con gli occhi chiusi per beneficiare a pieno dei massaggi.
“Devi provarla” mi propone mentre mi sfiora gli addominali e mi bacia le spalle, il collo, fino a perdersi sulle mie labbra.
“Mi hai convinto” rispondo immergendomi anch’io in quell’acqua che ribolle e mi solletica la pelle.
Entro in acqua e rimango piacevolmente colpito dalla temperatura.
“Vieni qui” e mi fa accomodare vicino ai bocchettoni. Chiudo gli occhi e sorrido estasiato.
“Fantastico, vero?” mi chiede sedendosi vicino a me e gustandosi il massaggio.
“Devo ammetterlo, è piacevole” affermo senza aprire gli occhi. “Però…” e la alzo posizionandola di fronte a me, tra le gambe, con la schiena appoggiata al mio petto ed inizio a baciarle il collo mentre con le mani le accarezzo il corpo “… così è meglio” sussurro.
Sorride ed iniziamo ad accarezzarci e a baciarci. I nostri corpi si uniscono come se non si fossero mai separati facendoci toccare il paradiso.
 
“Lo confesso” esclamo con la testa appoggiata al bordo della vasca mentre le accarezzo il viso, e lei è rilassata con la schiena sul mio petto. “La vasca idromassaggio è fantastica!”
 
***
 
Ok, è vero! Solo poche settimane fa avevo detto che non mi importava dei bocconi amari che il mondo di Bella mi avrebbe fatto ingoiare, ma in questo preciso momento prenderei ogni singolo paparazzo e lo sventrerei.
Non è possibile! La mia vita ormai è sui giornali! Mi fotografano quando esco di casa, quando suono al locale, quando servo i caffè, quando faccio un giro in moto. Ormai non si accontentano di rovinare le serate tra me e Bella, adesso mi pedinano in ogni momento anche quando sono solo!
Chi è il ragazzo che ha rapito il cuore dell’ereditiera più famosa di New York?
“Un nuovo arrampicatore sociale si intrufola nella vita della Swan” “Il bell’imbusto che si accompagna con la Swan, la donna più ricca di New York, che serve i caffè in un bar… una messa in scena per nascondere la verità?” “Sempre insieme a Isabella Swan, ma la sera ognuno a casa sua… un finto fidanzato per allontanare pretendenti scomodi o per far tornare l’ereditiera nelle cime delle classifiche gossip?” questi alcuni titoli a caratteri cubitali che svettano sui giornali dell’ultima settimana.
Senza parlare dei forum che sono nati su di me e Bella dove ognuno si sente libero di giudicare la nostra relazione, dove ragazze che non ho mai visto giurano che sono un dio del sesso o ragazzi che mi reputano solo un bell’imbusto senza cervello. Senza contare tutti gli “amici” che da anni non sentivo che vengono a suonare alla mia porta come se ci fossimo visti solo il giorno prima. Persone che non mi hanno mai considerato che mi venerano come fossi un Dio, pure i Cullen hanno avuto la faccia tosta di venire a trovarmi… Odio questo mondo!
Odio non avere privacy, odio essere circondato da serpi e gente che vuole emergere utilizzando la popolarità che ha investito me e Bella… rivoglio la mia vita!
Lancio il giornale contro il muro immaginandomi i volti di tutti coloro che in queste settimane stanno trasformando il momento più bello della mia vita in un incubo. Sprofondo sul divano nascondendomi il volto con le mani. Ringhio stringendo i pugni cercando di allontanare la rabbia che mi assale. Vorrei camminare per la strada, vorrei fare una corsa in moto, coricarmi su un prato e pensare mentre contemplo il cielo… ma non posso perché gli sciacalli sono in agguato!
Suonano alla porta, ma io li ignoro, non voglio parlare con l’ennesimo giornalista, ma insistono, continuano a suonare attaccandosi al campanello. Provo ad attutire il fastidioso suono con le mani e il cuscino, ma più lo ignoro e più diventa fastidioso.
Mi alzo con un ringhio ed apro la porta con uno strattone.
“ANDATE AL DIAVOLO” urlo senza preoccuparmi di guardare contro chi urlo.
“EDWARD!” mi riprende Bella con le mani piante sui fianchi ed una faccia così buffa che scoppio a ridere isterico.
“Scusa, amore!” le dico cercando di nascondere l’imbarazzo per la figuraccia “credevo fossi uno scocciatore” e la stringo a me facendola entrare velocemente prima che i giornalisti ci raggiungano sul pianerottolo.
Ci sediamo sul divano e Bella mi guarda dispiaciuta.
“Mi dispiace” mormora prendendomi le mani “Mi dispiace di averti trascinato in questa situazione”
“Non è colpa tua” provo a farla ragionare, ma lei nega con la testa trattenendo le lacrime.
“Invece sì. Se non fossi una Swan, la tua vita non sarebbe diventata pubblica”
“Tuo padre non può fare niente?” le chiedo speranzoso, ma lei uccide ogni mia speranza con una scrollata di testa.
“No” risponde dispiaciuta. Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti cristallizzati in una posizione scomoda e tenendoci solo per mano. Entrambi rimuginiamo sulla situazione ormai ingestibile senza sapere cosa dire, fino a quando Bella scatta in piedi e urla:
“Ho trovato!” Io sobbalzo per lo spavento. “Prendi ferie dal bar e nascondiamoci sull’isola che mi ha regalato mio padre. Ci stiamo per un mesetto, il tempo che i giornalisti trovino qualcun altro da importunare e poi ritorniamo alle nostre vite” propone guardandomi speranzosa e sicura che sia la soluzione migliore.
“Ma come posso fare con il lavoro? Un mese? E tu? Come fai ad assentarti un mese dal tuo lavoro? E la Band?” inizio ad elencare tutti i problemi che la sua soluzione può causare, anche se le immagini di me e Bella da soli sulla spiaggia continuano a vorticarmi nel cervello e il pensiero di un mese solo con lei in un paradiso tropicale è allettante… ma siamo seri, sono un uomo adulto e non posso mettere in stand-by la mia vita in attesa che i giornalisti ci lascino in pace.
“Con il lavoro non è un problema… potresti lasciarlo e continuare a dipingere anche sull’isola” l’ultima parte della frase la dice quasi in un sussurro, vorrei ribattere, ma sono curioso di sapere cosa la sua testolina ha progettato “Per la band non credo che abbiano problemi a sostituirti per un mesetto e, per il mio lavoro, lo posso svolgere anche dall’isola… c’è la connessione wi-fi” e mi strizza l’occhio certa che accetterò la sua pazza idea.
“Io…” provo a parlare, ma lei mi salta in braccio e ad ogni bacio che mi scocca ripete come una cantilena “Ti prego!”
Ok! Sono un debole… mi lascio pregare ancora un po’ e poi accetto.
Il lavoro al bar posso effettivamente abbandonarlo, l’ultima mostra mi ha portato un guadagno pari a sei mesi da cameriere e il pensiero di poter dipingere in tranquillità è allettante come ogni altro pensiero che mi viene in mente… io, Bella e un’isola solo per noi… sarei un idiota a non accettare!
“Ok! Ok!” esclamo quando le sue mani si fanno più audaci “Va bene… quando partiamo?” le chiedo stupendola. Ma lei mi stupisce ancora di più. Si blocca. Mi guarda stringendo gli occhi. Si alza lentamente e mi scruta inclinando la testa prima su una spalla e poi sull’altra.
“Dove sta la fregatura?” mi chiede seria. Io mi alzo e la prendo in braccio facendole allacciare le gambe intorno alla mia vita.
“Io, te e un’isola deserta… vuoi sapere quale è il mio pensiero?” le chiedo malizioso alitandole sul collo.
La porto in camera mia e la sdraio sul mio letto “Nessun giornalista” e le do un bacio “nessun orario” un altro bacio a lato della bocca “nessuna sorella, amica, guardia del corpo” le alzo la maglietta “solo io e te…” e le mostro cosa vorrei fare sull’isola…
 
***
 
Ebbene sì! Chi lo avrebbe mai detto: Edward Cullen su un’isola privata, in una villa mega galattica, che fa la bella vita passando le giornate in spiaggia o a oziare!
Come è cambiata la mia vita in poco tempo.
E’ vero, mi fa un certo effetto non mettere la sveglia prima di andare a dormire e non avere orari da seguire correndo tra casa, bar e locale. Ma lo ammetto mi piace poter dipingere in un qualsiasi momento della giornata e seguire esclusivamente ogni desiderio che mi assale.
Ma soprattutto mi piace la pace che circonda me e Bella. Solo io e lei.
E’ una donna magnifica! Passiamo le giornate a raccontarci e ogni giorno scopro qualcosa di nuovo che mi stupisce. E’ la mia confidente, la mia miglior amica, la mia amante e da stasera sarà la mia fidanzata… esatto!
Queste settimane passate lontano da tutto e da tutti mi hanno aperto gli occhi. Voglio vivere con lei il resto della mia vita, e al diavolo i giornalisti e le differenze sociali…
Ho organizzato tutto con l’aiuto di Zafrina, la signora che viene una volta al giorno a sistemare la villa. E’ una donna discreta e ci ho messo alcuni giorni prima di riuscire a scovarla e parlarle. Subito era mortificata dal fatto di essere stata trovata, una delle clausole del suo contratto è quella di essere invisibile, ma quando le ho spiegato che la cercavo e che avevo bisogno di lei, la signora si è tranquillizzata e mi ha aiutato con immenso piacere.
Ha pensato a tutto lei, io ho solo dovuto fare un paio di acquisti sulla terra ferma e oggi devo tenere Bella lontana dalla cascata… il luogo in cui Zafrina sta preparando tutto per la mia proposta!
HO iniziato la giornata svegliando Bella con la colazione a letto. L’ho accompagnata sulla terra ferma per fare alcuni acquisti ed insieme abbiamo chiamato le nostre famiglie per salutarli e sapere come stanno. Nel pomeriggio le ho fatto un ritratto e l’ho coccolata come una regina per tutto il giorno.
Ho sorriso nel vedere il suo faccino triste quando, a metà pomeriggio, le ho detto che dovevo allontanarmi per dipingere… l’ho baciata cercando di trasmetterle tutto ciò che provo per lei e poi sono corso nella grotta che Zafrina mi ha indicato e nel quale ha preparato il mio completo.
Sono nervoso, ho paura che Bella mi dica di no. Sono solo pochi mesi che siamo tornati insieme e la nostra storia è stata travagliata da subito… e forse la mia proposta ci farà di nuovo allontanare, ma voglio tentare… Edward Cullen affronta le situazioni di petto! Giusto?


 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
Ci penso e ci ripenso, fino a quando mi decido a seguirlo… al diavolo tutto!
Se vuole mollarmi che me lo dica in faccia!
E se lo trovo in atteggiamenti intimi con qualcuna? Bella!!! Sei su un’isola deserta! Con chi vuoi che si stia intrattenendo?
Ok! Vado! ... 



 
IN ATTESA DEL PROSSIMO CAPITOLO
POTETE FARE UN SALTO NELLE ALTRE MIE STORIE!!!
from twilight to sunrise edward - POV Edward in NEW MOON (Completa)
Padre senza saperlo - un'isola, una regola... e le sue conseguenze! (Completa)
La donna più felice del mondo - un ragazzo, una ragazza e qualcuno di troppo! (Completa)
Dalle Stelle alle Stalle - un viaggio nei ricordi di un uomo che ha perso tutto (Completa)
Il mio incubo personale - si può sfuggire completamente al proprio incubo personale? (In Corso)

 

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Capitolo 31
*** La serata più bella della mia vita? ***


Ciao a tutte e grazie per avermi messo nelle preferite, seguite e ricordate, siete veramente tantissime!
Inizia il conto alla rovescia per i nostri Edward e Bella... il puzzle si sta completando!!!
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LA SERATA PIU' BELLA DELLA MIA VITA?
BELLA

Guardo Edward che si allontana a spasso svelto. Mi ha mentito, lo so! Non è vero che deve dipingere e che il luogo in cui deve andare è pericoloso per me. Ho girato in lungo e in largo l’intera isola e non c’è luogo che non abbia visitato o che sia pericoloso.
Vorrei sapere cosa mi nasconde. Sono giorni che si comporta in modo strano.
L’altro giorno è pure tornato sulla terra ferma da solo. Se non avessi avuto la conferenza via Skype lo avrei seguito.
E da quando è tornato è ogni giorno più nervoso. L’ho anche sentito mentre parlava con qualcuno al telefono. Ho cercato di carpire qualche parola, ma parlava troppo piano e quando mi sono palesata ha chiuso la comunicazione senza nemmeno salutare la persona dall’altra parte.
Avrà un’altra? Si sarà stancato di me? Avrà capito che il mio mondo non è il suo? Eppure mi sembrava che adorasse la vita su quest’isola. Che gli piacesse svegliarsi con le nostre coccole, mangiare sulla spiaggia, dipingere a qualsiasi ora del giorno e coccolarci in ogni luogo dell’isola… però è strano… forse la sua felicità è solo una finzione per non farmi capire nulla. Forse aspetta di tornare a casa per potermi lasciare e tornare alla sua vita.
Ho visto come lo ha destabilizzato avere tutti quei giornalisti alle calcagna, ma speravo che questa vacanza glielo avesse fatto dimenticare.
Garrett mi ha assicurato che i giornalisti si sono fiondati su un’altra coppia nascente e che non si parla più di me e Edward. Ok, qualche giornale si pone la domanda di dove siamo finiti, ma ormai non facciamo più notizia… se Edward vuole tornare a casa non ho più nessun motivo di trattenerlo!
 
Cammino per la villa con i pensieri che mi assalgono, ogni tanto lancio un’occhiata verso il punto della spiaggia in cui Edward è sparito.
Ci penso e ci ripenso, fino a quando decido di seguirlo… al diavolo tutto!
Se vuole mollarmi che me lo dica in faccia!
E se lo trovo in atteggiamenti intimi con qualcuna? Bella!!! Sei su un’isola deserta! Con chi vuoi che si stia intrattenendo?
Ok! Vado!
Con passo deciso mi dirigo sulla spiaggia e seguo le orme che ha lasciato. Arrivata allo scoglio in fondo alla spiaggia trovo un vestito bianco appoggiato sulla pietra e un biglietto con la calligrafia di Edward che cita:
Lo sapevo che la tua curiosità ti avrebbe spinta a seguirmi… per penitenza indossa questo abito e segui gli indizi!” sorrido nel constatare che per Edward sono un libro aperto e seguo le indicazioni vestendomi.
Wow! E’ un vestito magnifico. Con gonna sfasata e leggera. Completamente bianco e con solo dei fiorellini in perline cucite sullo scollo e sul fondo della manica.
Quando sono pronta mi rimetto alla ricerca delle tracce di Edward.
Arrivata sulla stradina che entra nel bosco mi guardo intorno alla ricerca di qualche indizio. Trovo un foulard appeso ad un albero. È anch’esso bianco con dei fiorellini cuciti. Prendo la stradina e cammino facendo attenzione ad altri indizi.
Trovo un bracciale sul sentiero a destra di una biforcazione. Seguo il sentiero fino a quando trovo una collana, e poi degli orecchini ed infine delle scarpe eleganti che sarebbero state scomode per camminare nel bosco. Arrivo alla radura vicino alla cascata e delle candele illuminano un tavolo imbandito e tutto il perimetro.
Mi avvicino cauta con il fiato sospeso per la sorpresa. E’ tutto fantastico. Il suono della cascata, le goccioline che inumidiscono la mia pelle, il tavolo preparato per due persone con una bottiglia di vino ed una rosa.
“Ti piace?” la voce di Edward mi arriva roca alle spalle, mentre le sue braccia si allacciano alla mia vita.
“E’ bellissimo” esclamo continuando ad ammirare la radura illuminata dalle candele e dal sole calante.
“Non ho nessun’altra donna…” mi sussurra iniziando a baciarmi sul collo “Il mio cuore appartiene solo a te” ed io mi sciolgo alle sue parole sentendomi una stupida. Ho dubitato di lui, mentre lui mi stava preparando una sorpresa magnifica.
“Vieni” mi prende per mano e mi accompagna al tavolo. Mi sposta la sedia e si inginocchia di fronte a me.
“Prima di trovarmi, hai raccolto alcuni oggetti sulla strada… un vestito, un foulard, una collana, un braccialetto, degli orecchini… manca solo più un oggetto” e con gli occhi ammicca verso il mio piatto coperto con un plates. Lo alzo con mano tramante e nascondo con una mano la bocca spalancata dalla sorpresa: una scatolina rossa fa bella mostra di sé al centro del piatto.
Edward la prende e, rimanendo inginocchiato, la apre svelando un bellissimo anello.
“Manca l’anello” dice con voce tremante prendendomi la mano, ma senza infilarlo. Alza il viso e con gli occhi lucidi mi chiede.
“Isabella Mary Swan… vuoi diventare mia moglie?”
Lo guardo cercando di capire se sto sognando, se sono ancora nella villa sulla spiaggia e mi sono addormentata sfinita dalle paranoie o sono caduta dalla scogliera mentre seguivo le tracce di Edward.
Lo guardo negli occhi e anche se il calore della sua mano che stringe la mia mi dà la certezza che non sto sognando, non riesco comunque a dire nulla. Ci provo, ma il mio corpo è immobilizzato dall’emozione e la mia voce sembra essersi nascosta nel meandro più profondo della mia gola.
“Ok” esclama Edward deluso e infilandomi comunque l’anello. “Anche se non vuoi è comunque parte della parure che stai indossando” e si alza cercando di nascondere la delusione con un sorriso sforzato. Lo trattengo stringendo la sua mano e una lacrima lascia i miei occhi rigandomi la guancia.
Finalmente la voce mi ritorna, anche se flebile, e riesco a dire “Sì”
Lui ritorna in ginocchio e mi guarda con gli occhi sgranati. Ripeto “Sì, lo voglio” anche se non credo mi abbia sentito. Il suo viso si illumina con un sorriso che non gli ho mai visto nemmeno nei momenti più felici e, ancor prima di riprendermi, mi ritrovo a volteggiare in aria con lui che urla “Ha detto sì” scoppiamo entrambi a piangere e crolliamo al suolo quando Edward si inciampa su una pietra sporgente. Ridiamo e piangiamo senza ritegno, mentre entrambi ripetiamo “Sì”
Ci baciamo e ci amiamo senza smettere di ripeterci il nostro reciproco amore.
Ci addormentiamo esausti, abbracciati sotto il cielo stellato. Non abbiamo toccato cibo, i nostri stomaci erano chiusi dall’emozione e il pensiero di allontanarci anche solo per un secondo è impensabile.
 
Le prime luci del sole ci risvegliano e, con stupore, ci ritroviamo coperti con la trapunta che avevo lasciato sul divano. Sul tavolo è svanita la cena e si è materializzata la colazione.
Ci alziamo mano nella mano e ci accomodiamo per mangiare colazione. La fame è tanta e solo dopo aver riempito bene le nostre pance Edward esclama stiracchiandosi.
“Dovresti dare un aumento a Zafrina!”
“Zafrina?” gli chiedo senza capire.
“La signora che ci tiene in ordine la villa e ci ha fa trovare queste leccornie” mi spiega con fare ovvio indicando il tavolo.
“E tu come la conosci?”
“E’ lei che mi ha aiutato ad organizzare tutto” mi sorride allungando le braccia invitandomi a sedermi sulle sue gambe “E’ una donna fantastica. Ha preparato tutto nei minimi particolari”
“Quindi l’atmosfera meravigliosa di ieri sera è tutto merito suo?”
“Sì” mi risponde iniziando a lasciare delicati baci sul collo e sulla spalla.
“Quindi dovrei ringraziare lei e non te per la bellissima serata…” lo stuzzico con voce risentita e allontanandomi leggermente. Spalanca gli occhi e mi guarda per capire se sto scherzando.
Sinceramente? Non lo so! Il pensiero che lui si fosse impegnato a creare l’atmosfera perfetta era romantico, ma sapere che la cameriera è la vera artefice, beh, diciamo che ha smorzato la magia.
“Ha scelto anche il vestito e la parure?” gli chiedo ormai isterica ed alzandomi. Il suo silenzio è odioso e il pensiero che si è trasformato nel classico puzza-sotto-il-naso che utilizza i domestici per fare le proprie faccende mi rende veramente furiosa. Se volevo un riccone viziato rimanevo con Mike!
Lui continua a guardarmi e a non rispondere. Stufa della sua faccia da pesce lesso lo abbandono al tavolo incamminandomi verso il sentiero per tornare alla villa… al diavolo tutto!
La rabbia non mi fa nemmeno sentire il dolore ai piedi che, dalla fretta, sono nudi e calpestano le pietroline del sentiero.
Idiota! Penso mentre aumento il passo per arrivare velocemente a casa. Idiota viziato! Continuo a pensare mentre inciampo in una radice e con rabbia mi tolgo la parure che il signorino mi ha regalato!
“Bella aspetta!” lo sento chiamarmi, ma non mi volto e affretto il passo “Bella!”
Idiota! Penso, ma non lo dico, sono così arrabbiata che se iniziassi a parlare lo smonterei in piccoli pezzettini!
Mi afferra per le spalle e mi fa voltare. E’ rosso in viso e il suo sguardo è dispiaciuto, ma non mi faccio intenerire.
“Sono un idiota” ammette cercando di sorridermi, ma io lo fulmino con lo sguardo. “Ma cerca di capirmi…”
“Capirti?” urlo liberando il fiume di parole che stavo cercando di contenere “Capire che sei diventato in meno di un mese un damerino che si fa servire e riverire? Capire che TU, Edward Cullen, l’uomo che odia i puzza-sotto-il-naso perché non sono capaci a farsi niente e che sfruttano i poveracci per svolgere i loro compiti, è la stessa persona che ha sfruttato una cameriera per allestire la serata più importante della sua vita? O devo capire che per te era una serata come un’altra e la tua proposta è solo un modo per ammazzare il tempo? Oppure…”
“Smettila!” urla con gli occhi sbarrati e la mandibola stretta. “Non è come dici tu!”
“A no? Oh, mi scusi principino, ha ragione, con tutti gli impegni che ha su quest’isola, come ho potuto pensare che trovassi il tempo per preparare una cosa così bella e magica come quella di ieri sera… Poverino!
Con tutto ciò che hai da fare, era scontato che sfruttassi un’altra persona!”
“Non è come pensi” prova a difendersi, ma i suoi occhi mi affermano che ho ragione.
“E allora com’è? Spiegati!” incrocio le braccia e mi posiziono frontale a lui in attesa di una spiegazione diversa.
Scuote la testa e si passa le mani tra i capelli facendo profondi respiri.
“Hai ragione… è che non volevo che mi scoprissi…” lo sussurra senza guardarmi negli occhi.
“In questi ultimi giorni sono stata sovente impegnata in meeting via skype… potevi farlo in quei momenti” mi poso il dito sul labbro e faccio finta di pensare strizzando gli occhi “O già… dovevi dipingere… più importante che fare qualcosa per noi” e gli volto le spalle lasciandolo senza parole.
 
La giornata la passo da sola, Edward non è tornato alla villa ed io non so veramente cosa pensare. Ok, forse sono stata troppo dura, forse dovevo sorvolare il fatto che avesse fatto tutto Zafrina, ma non ci riesco.
Ok, è vero, nemmeno un anno fa sfruttavo tutti per fare tutto, ma sono cambiata e non voglio più essere così, ma soprattutto non voglio che Edward diventi così. Lui è straordinario perché sa fare tutto, non ha bisogno di nessuno, è bravo in ogni cosa che fa e rispetta chiunque gli sia vicino… il pensiero che il mio mondo lo possa rovinare mi fa impazzire.
Mi giro l’anello al dito ripensando alla splendida serata. Alla sua proposta, alle urla di gioia e le lacrime che hanno seguito la mia risposta. I nostri corpi uniti in un unico corpo sotto la volta stellata…
Mi addormento in spiaggia con quelle bellissime e dolci immagini che mi vorticano nel cervello.
Quando apro gli occhi il sole sta calando. Non ho mangiato pranzo, non ho sentito l’azienda e non sono nemmeno rientrata in casa a cambiarmi. Quando sono tornata alla villa mi sono coricata sulla spiaggia e ho lasciato il mondo fuori.
Mi alzo dolorante per il troppo sole e la posizione che ho tenuto troppo a lungo. Cerco di sgranchirmi mentre guardo verso la villa. Nulla si è mosso e di Edward non c’è traccia.
Forse è tornato sulla terra ferma… forse è rimasto alla radura… non lo so e sinceramente non so se voglio vederlo adesso.
Mi incammino verso casa dando ogni tanto un’occhiata verso la fine della spiaggia. Ok, dentro di me spero di vederlo arrivare con il suo sorriso sghembo, il volto leggermente inclinato e rosso per l’imbarazzo… mi immagino che si avvicina lentamente allacciando i suoi occhi ai miei e con voce roca, mentre mi prende le mani, mi sussurra un “Scusa, sono un idiota”. Rimango immobile sulla spiaggia, a pochi passi dalla veranda, con il volto verso il punto più lontano della spiaggia, il punto in cui ieri sera ho trovato il vestito, ma di Edward nemmeno l’ombra. Faccio un profondo sospiro ed entro in casa… meglio mettersi la crema prima di patire per la scottatura che ha arrossato la mia pelle.
Mi faccio una doccia sperando che l’acqua corrente che scivola dalla mia testa ai piedi mi schiarisca le idee e mi indichi la soluzione.
Lo amo. Non riesco ad immaginarmi una vita senza di lui. I ricordi dei mesi passati lontani si intrecciano con quelli dell’ultimo mese. Il suo sorriso, il suo sguardo, il suo profumo, le sue mani, il suo corpo, la sua voce… tutto di lui mi fa impazzire, ma… non voglio che si trasformi in un puzza-sotto-il-naso!
Dai Bella, ha fatto un piccolo errore, non puoi metterlo alla gogna!
E’ vero, hai ragione coscienza! Ma cosa posso fare adesso? Vado a cercarlo? Gli chiedo scusa rischiando che non capisca l’errore commesso? E se è tornato sulla terra ferma? Se è tornato a casa?
Vuol dire che lo hai perso per sempre!
Al solo pensiero le mie gambe non mi reggono facendomi scivolare seduta sul piatto della doccia. L’acqua continua a scorrere e tutte le opzioni peggiori mi scorrono davanti agli occhi. Il ricordo dei suoi sguardi pieni di odio e freddi durante i mesi di lontananza, le sue mani che accarezzano la schiena di Tanya, i suoi sorrisi rivolti verso le ragazze che ci provavano con lui nel locale…
“Devo trovarlo!” esclamo ad alta voce riprendendo il controllo di me stessa.
Mi alzo e mi copro con l’accappatoio. Ahi! Brucia tutto!
Mi scopro e con pazienza mi passo la crema in ogni punto che si è scottato… ma Zafrina non si è accorta che mi ero addormentata al sole?
Un tremendo pensiero mi assale mettendomi le ali ai piedi.
Mi copro con un vestito di lino che non irrita la pelle e volo fuori dalla villa.
Inizio a correre per il sentiero e prego dentro di me di non avere sorprese al mio arrivo alla cascata.
 
Beh! Una sorpresa l’ho avuta. E’ completamente deserta, c’è ancora il tavolo con la colazione esattamente come l’abbiamo lasciato e la coperta con il quale ci siamo svegliati è ancora a terra.
Ma dove diavolo sono finiti Zafrina e Edward?
Ok! Sono Isabella Mary Swan! Se quell’idiota è fuggito con la cameriera vuol dire che ho preso un abbaglio, che Edward è esattamente l’arrampicatore sociale del quale scrivevano i giornalisti dal quale siamo fuggiti…
Ecco perché ha accettato subito la mia proposta di nasconderci su quest’isola, ecco perché ha voluto partire dopo soli pochi giorni, ecco perché mi ha chiesto di sposarlo: per non rischiare di perdere i soldi che sposandomi sarebbero diventati suoi!
Meschino, infame, traditore… con i suoi occhioni verdi mi ha incantata; con le sue parole di disprezzo verso le serpi mi ha ingannata, con il suo fare dolce e da altri tempi mi ha quasi incastrata, ma tranquilli: non sarà un imbianchino a farmi fessa!
Ok, è vero. Il mio amore nei suoi confronti è sincero, e ciò che leggevo nei suoi occhi lo sembrava anche… ma a conti fatti: Zafrina è svanita, lui è svanito. Sono bastate poche settimane di agio per trasformare il povero e tuttofare Edward, nel damerino che si fa servire e riverire!
Ma questa volta sono più forte, non sarà la consapevolezza di essere stata raggirata da un arrampicatore sociale a farmi perdere la fiducia in me stessa, non più!
Poso l’anello sul tavolo guardandomi intorno, con la vana speranza che Edward esca da qualche cespuglio sorprendendomi e cancellando ogni dubbio che ormai invade la mia mente, ma non succede nulla. Do un ultimo sguardo all’anello rivivendo, con una lacrima che mi solca il viso, il momento della proposta. Il suo sorriso sembrava così sincero, le sue lacrime, i suoi baci… basta! Copro l’anello con il plates e mi incammino, ritta nelle spalle, verso casa.
Ho ancora una settimana da passare su questo paradiso e non sarà un imbianchino e una domestica a rovinarmi i piani.
Torno a casa continuando a mentire a me stessa ripetendomi che Edward non è l’uomo che pensavo, che è un miracolo averlo capito prima di dire il fatidico sì, che dalla prima separazione dovevo capire che la nostra storia non aveva futuro…, ma non è facile dato che le immagini di me e lui negli ultimi mesi continuano a tormentarmi ricordandomi cosa ho perso perdendo lui… oooooh, vada tutto al diavolo!
Mi lascio ricadere sul letto vestita e, stringendo i denti per il fastidio che provo nel strusciare con la pelle scottata contro il lenzuolo, mi addormento… che vadano tutti al diavolo! Isabella Mary Swan non ricadrà nel baratro…
Anche se Edward le manca come l’aria….

 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
... 
Lei prova a ribattere, ma si ammutolisce da sola.
“Come possiamo credere di superare tutte le difficoltà che ci presenterà la vita se tu non ti fidi di me?” ...

 
IN ATTESA DEL PROSSIMO CAPITOLO
POTETE FARE UN SALTO NELLE ALTRE MIE STORIE!!!
from twilight to sunrise edward - POV Edward in NEW MOON (Completa)
Padre senza saperlo - un'isola, una regola... e le sue conseguenze! (Completa)
La donna più felice del mondo - un ragazzo, una ragazza e qualcuno di troppo! (Completa)
Dalle Stelle alle Stalle - un viaggio nei ricordi di un uomo che ha perso tutto (Completa)
Il mio incubo personale - si può sfuggire completamente al proprio incubo personale? (In Corso)

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Capitolo 32
*** Punto a capo! ***


Ciao a tutte!!!
Oggi è il mio compleanno e come promesso aggiornerò tutte e tre le storie che ho in corso perchè per me il più bel regalo che posso ricevere sono le vostre recensioni!!!
Per quanto riguarda questo racconto siamo arrivati ahimè quasi alla fine e questo è il penultimo capitolo... SIGH!!!
Ma non facciamoci prendere dalla tristezza in questo giorno di festa! Quindi BUONA LETTURA e fatemi tanti regali!!!!



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PUNTO A CAPO!

EDWARD
 
Ma allora sono un idiota fatto e finito! Ma come ho potuto rovinare tutto?
Le sue parole continuano a tormentarmi. Ha ragione! In poche settimane mi sono trasformato in un damerino viziato. Io, Edward Cullen, colui che odiava i ricchi fannulloni, mi sono trasformato in uno di loro rovinando il momento più bello della mia vita…
Ma come diavolo ho potuto? Cosa diavolo mi sta succedendo?
Provo a seguirla per alcuni metri, ma lei affretta il passo rischiando più volte di cadere e decido di fare l’ennesima cavolata della giornata… la lascio andare! Ha bisogno di tempo. L’odio che prova nei miei confronti è tanto, anche se penso che più che odio sia delusione. Sicuramente è delusa da come sia bastata una vacanza per trasformarmi nella persona che odio di più… anche io sono deluso di me stesso.
Cammino verso la radura e mi siedo al tavolo rivivendo in ogni singolo istante il momento in cui mi ha detto sì. Il mio cuore batte forte nel petto mentre la mia mente vola verso un futuro che forse ho perso. Io sull’altare e Bella che procede attraverso la navata accompagnata da suo padre. I miei amici che applaudono e mi sorridono ed io che cerco di nascondere la tensione del momento. Sento il prete enunciare il fatidico “puoi baciare la sposa” … e ritorno alla cruda realtà.
Cavolo! Sbatto la mano sul tavolo e stringo gli occhi nella speranza che il tempo si riavvolga dandomi la possibilità di avverare il mio sogno: portare Bella all’altare e vivere il resto dei miei giorni con lei come moglie!
“Edward?” la voce di Zafrina mi fa sobbalzare. “Cosa ci fai qui?”
“Mi maledico per la mia idiozia” le rispondo facendo ricadere la testa sul tavolo. Sento la sua mano accarezzarmi la schiena.
“Cosa è successo? Ti ha detto di no?” mi chiede preoccupata sedendosi di fronte a me.
Nego con la testa tenendo il volto nascosto sul tavolo.
“E allora cosa è successo?”
“Mi ha dato del puzza-sotto-il-naso perché ho fatto preparare tutto da te” le spiego guardandola finalmente in faccia “Ti ho sfruttato invece che fare da solo” chiarisco vedendo che non capisce.
“Io non mi sono sentita sfruttata!” esclama guardandomi come se avessi detto una cavolata “Sono stata felice di aiutare un amico a preparare la serata più romantica della sua vita” mi rincuora prendendo la mia mano nella sua.
“Amico” bisbiglio cercando di capire se i miei atteggiamenti nei suoi confronti sono stati veramente da amico o solo da damerino viziato.
“Sì. Amico” puntualizza “in questi giorni di preparativi mi sono divertita e ho fatto solo ciò che tu non potevi fare…”
“Potevo spargere gli indizi… preparare la tavola, la cena…” le elenco le mie mancanze.
“Forse… ma come avresti potuto cucinare senza farti vedere da lei? Come avresti potuto portare le cose fin quassù senza insospettirla? E poi le scelte e le parti più importanti le hai fatte tu! Il vestito, l’anello, il menù… tutte cose che solo tu potevi decidere perché solo tu la conosci così bene…”
Un minimo di autostima torna in me insieme alla lucidità. Ripenso alle ultime settimane ed in effetti non ho mai imposto nulla a Zafrina. Ci siamo divisi i compiti in base alle possibilità e le ho sempre chiesto per piacere… se fossi stato a New York avrei chiesto aiuto a Alice e Jacob per i preparativi, avrei chiesto aiuto ad un amico, ed ho fatto la stessa cosa qui, disperso nel nulla, con Zafrina.
L’abbraccio con slancio ringraziandola per avermi consolato. Mentre siamo abbracciati la sua tasca inizia a vibrare.
Mi allontano a la sprono a rispondere al telefono.
Alza la cornetta ed inizia a parlare in una lingua che non conosco. Non so cosa le stiano dicendo, ma dal suo viso posso capire che non sono buone notizie. Chiude la comunicazione trattenendo le lacrime.
“Cosa è successo?” le chiedo abbracciandola.
“Mio… fratello…” singhiozza asciugandosi le lacrime con la mano. “Ha avuto… un incidente…”
Slaccio l’abbraccio e la trattengo per le spalle. “Corri da lui e rimanigli accanto fino a quando non si è ripreso” le ordino pensando a come mi sentirei nel dover stare lontano da Alice se le fosse capitato qualcosa.
“Ma… io… la villa… la signorina…” prova a dire, ma io la fermo.
“Ci penserò io alla signorina e alla villa… non ti preoccupare e corri da tuo fratello” mi ringrazia con un bacio sulla guancia e corre verso il sentiero che porta alla barca.
 
“Grazie signore” esclamo lasciandomi cadere a terra e guardando il cielo.
Non sto ringraziando per l’incidente, sia ben chiaro, ma perché ho la possibilità di dimostrare a Bella che la bella vita non mi ha cambiato!
Rimango ancora alcuni secondi ad ammirare il cielo mentre penso al da farsi.
Devo riconquistare Bella e devo stupirla! Da solo, senza aiuto e in modo impeccabile.
Mi alzo, do un’occhiata alla radura…c’è la tavola da sparecchiare, la coperta… ci penserò più tardi, devo riorganizzare la cena di fidanzamento!!!
 
Corro come un forsennato verso il porticciolo. La barca è già salpata ed io sono bloccato in quest’isola con tante idee e nulla per metterle in atto.
C’è un luogo di quest’isola che Bella adora oltre alla radura della cascata e sarà lì che mi farò perdonare!
Inizio a girovagare per il bosco alla ricerca di fiori e rametti che mi aiutino nell’allestimento del luogo in cui chiederò scusa a Bella.
La giornata vola ed io non mi accorgo dell’ora fino a quando inizia a farsi buio. Tra la ricerca e la preparazione ho perso la cognizione del tempo, ma sono soddisfatto del mio operato!
Manca solo più la trapunta e il cibo che preparerò quando Bella sarà chiusa nel suo ufficio…
Arrivo alla radura della cascata che ormai il sole sta calando. Raccolgo la coperta e con la coda dell’occhio un particolare mi attrae dal tavolo… mi avvicino e non capisco cosa mi abbia colpito.
La bottiglia di vino è ancora chiusa, decido di prenderla, servirà. La rosa ormai è appassita per il troppo sole, e i piatti della colazione sono vuoti, solo sporchi di briciole come li abbiamo lasciati. Inizio a sparecchiare e quando alzo il plates che aveva nascosto l’anello il mio cuore si ferma. L’anello è di nuovo sul tavolo. Bella è stata qui e mi ha restituito l’anello…
Abbandono tutto e corro verso la villa. Le luci sono accese, ma la casa è avvolta nel completo silenzio.
Salgo le scale cercando di non fare rumore, apro la porta della camera e tiro un sospiro di sollievo nel vedere Bella addormentata abbracciata al mio cuscino.
Mi siedo sul letto e inizio ad accarezzarle i capelli. La sua pelle brucia e il suo sonno è agitato.
“Edward” sussurra senza aprire gli occhi.
“Sono qui amore. Sono qui” le rispondo felice che non sia più arrabbiata.
“Edward” ripete, ed io sorrido nel constatare che sta dormendo e mi sta chiamando nel sonno.
“Sono qui e non ti lascerò mai… non sono un puzza-sotto-il-naso!” lo so che non si ricorderà cosa le ho detto, ma ho letto da qualche parte che il nostro cervello recepisce le informazioni anche durante il sonno ed io voglio che sappia che non sono cambiato!
Vado in bagno per prendere il latte doposole ed un bicchiere di acqua. Le spalmo la crema cercando di non svegliarla e, dopo averla coperta con il lenzuolo, accendo il climatizzatore per farle scendere la temperatura.
La mia piccola si è scottata e vorrei poter fare di più.
Mi addormento vicino a lei, ma non la tocco per paura di farle male… la cena di scuse dovrà essere trasformata in colazione di scuse!
 
***
 
I primi raggi del sole mi svegliano investendomi in pieno viso e, dopo aver controllato che Bella dorma ancora, scendo dal letto pieno di aspettative.
Chiudo gli scuri per allungare il riposo della mia amata e corro in cucina per prepararle la colazione.
Se mi sbrigo dovrei riuscire a prepararla e portarla nella radura che ho allestito ieri…
Ma i miei piani non vanno a buon fine! Sto terminando di cucinare i pancake quando la voce di Bella mi arriva alle spalle.
“Non sei tornato sulla terra ferma con Zafrina?” mi chiede con la voce impastata ancora dal sonno.
Come fa a sapere del fratello di Zafrina?
“Perché avrei dovuto? Non conosco nemmeno suo fratello” le rispondo avvicinandomi cauto.
“Suo fratello?” mi chiede confusa stupendomi.
“Perché avrei dovuto tornare sulla terra ferma con Zafrina?” le chiedo cercando di capire il vero motivo della sua domanda.
Lei apre la bocca, arrossisce e poi la chiude scuotendo la testa.
Mi avvicino e le faccio alzare il volto posandole la mano sotto il mento.
“Cosa ha immaginato la tua mente?” le chiedo cercando di trattenere un sorriso.
“Tu e lei siete scomparsi ieri… quindi…”
“Quindi hai pensato che io fossi scappato con lei…” le chiedo sbalordito.
“NO!” ok, il suo no è un sì… ma possibile che debba sempre pensare il peggio di me?
Ok, Edward. Calmati!
Prendo un profondo respiro e cerco di non farmi comandare dall’istinto, ma dal cuore e dalla ragione.
La prendo per mano e la faccio accomodare al tavolo dove la colazione ci attende.
“Ho preparato la colazione… DA SOLO” le dico cercando di dimenticare la poca fiducia che ha in me e rimandando il discorso ad un momento meno teso.
“E Zafrina?” mi chiede sedendosi in imbarazzo.
“E’ dovuta tornare sulla terra ferma perché suo fratello ha avuto un incidente”
“Si è fatto male?”
“Non lo so, ma le ho detto di stare vicino a lui e di non preoccuparsi di noi. Ci pensa Edward tutto fare a mandare avanti la baracca!” le rispondo pavoneggiandomi e facendola finalmente sorridere.
“Adesso mangiamo… abbiamo molte cose di cui parlare” le dico posizionandole la colazione sotto il naso.
Ci abbuffiamo in silenzio.
“Hai fatto tutto tu? DA SOLO?” mi chiede pulendosi la bocca dallo zucchero a velo.
“Sì, senza l’aiuto di nessuno” le rispondo fiero di me stesso.
“Nessun servitore?” mi chiede alzando un sopracciglio.
“Solo Edward Cullen… il tuo servitore personale!” le rispondo da buon ruffiano avvicinando il mio viso al suo.
“Mmhhh! Interessante!” e finalmente le nostre labbra si riuniscono.
“Sono perdonato?” le chiedo sfiorandole le labbra con dolci baci.
“Sto valutando” mormora con gli occhi chiusi e continuando a baciarmi.
Ok! Pericolo scampato, ma l’idea che lei pensi sempre il peggio di me continua a frullarmi in testa e se non mi tolgo questo tarlo ho paura che la nostra relazione ne risentirà.
Bene Edward! Sei un uomo adulto, ed è giusto chiarire i dubbi, ma da adulto devi anche riconoscere quando è il momento giusto… e questo proprio non lo è! 
Hai ragione coscienza! Mi gusto il bacio della pace di Bella e rimando la questione… no, non ci riesco!
“Vieni!” le dico allontanandomi di scatto e porgendole la mano.
Lei mi guarda senza capire, ma io la tranquillizzo con un sorriso.
“Devo farti vedere una cosa” e mano nella mano ci dirigiamo nel luogo che avevo preparato per noi.
Siamo già sulla spiaggia quando “Aspettami qui” le dico prima di correre in cucina per prendere una bottiglia di vino… se risolviamo ogni questione è giusto festeggiare!!!
 
***
 
Le tengo le mani sugli occhi prima di farla entrare nella radura, ed appena siamo al centro le poso le mani sui fianchi.
“Ho fatto tutto da solo” le sussurro posandole un bacio sul collo.
“Ed è bellissimo” esclama estasiata ed incamminandosi verso il punto in cui avrei dovuto posizionare la trapunta se non l’avessi lasciata dalla cascata.
Ho allestito il tutto con fiori e rametti, ovviamente non sono un fioraio, ma diciamo che l’insieme è molto suggestivo. Ci sono le candele, che ovviamente sono ancora spente e la frutta che ho colto il pomeriggio precedente, sapientemente nascosta sotto delle foglie per evitare che il sole la rovinasse.
Poso la coperta che ho preso in casa insieme al vino e faccio accomodare Bella che è ancora estasiata dal lavoro che ho fatto da solo!
“Aspetta” le dico cercando l’accendino in tasca “Le accendo, anche se con il sole non fanno l’effetto che desideravo” le dico iniziando ad accendere le candele.
“Non importa… è il pensiero che conta, ed è bellissimo” mi risponde abbracciando le gambe al petto e seguendo ogni mio movimento con lo sguardo.
Quando finalmente tutto è come doveva essere mi accomodo vicino a lei.
“Ieri avevi ragione. In poche settimane mi sono trasformato nell’uomo che ho sempre odiato.” Lei annuisce soddisfatta ed io continuo.
“Ma…” lei mi guarda con un sopracciglio alzato ed io non mi lascio intimidire “… ci ho riflettuto. E’ vero, potevo fare di più che scegliere ed acquistare la parure ed il vestito, ma anche fossi stato a New York avrei chiesto aiuto a Alice per essere sicuro di fare tutto in modo impeccabile.” Attendo un paio di secondi prima di continuare e le prendo le mani nelle mie facendola voltare completamente verso di me “Come hai potuto vedere tu stessa oggi, ho dovuto finire i preparativi in tua presenza, mentre con l’aiuto della mia amica Zafrina era tutto perfetto al tuo arrivo… ed io volevo che fosse tutto perfetto!”
“La tua amica Zafrina?” mi chiede gelosa.
“Sì! Amica. Non l’ho considerata una mia sottoposta nei preparativi, ma un’alleata preziosa…” la vedo rilassarsi e decido di togliermi il peso dallo stomaco.
“So che la tua paura è che il tuo mondo mi trasformi in un viziato, ma ti posso assicurare che non accadrà, perché non è nelle mie corde. Lo ammetto, mi piace essere aiutato dagli amici, mi piace organizzare e preparare le cose con loro, ma non per questo sono un viziato che si fa servire”
Mi avvicino maggiormente a lei e continuo.
“Mi dispiace di aver litigato con te, e sono felice che ci siamo riavvicinati… Bella, tu sei la mia vita, sei la donna che amo e con il quale vorrei vivere il resto dei miei giorni, ma non posso vivere facendo attenzione a cosa faccio per paura che la tua insicurezza ci faccia litigare” ok, l’ho detto e dalla ruga che le si è formata sugli occhi so che è offesa.
“Io non sono insicura” risponde stizzita e togliendo le mani dalle mie.
“Invece sì!” le rispondo sicuro bloccandola con il braccio sulla spalla.
“Brucia” soffia allontanandosi con uno scatto.
“Scusa!” le chiedo realmente mortificato. Mi sono dimenticato la sua scottatura! Ed alzo le mani in segno di resa. “Non ti tocco più, ma tu giura che non andrai via!”
“Io non fuggo!” risponde ed io alzo un sopracciglio senza riuscire a nascondere un sorriso.
Incrocia le braccia e fa il broncio offesa.
“Ok. Non fuggi… tornando al discorso” mi alzo e mi posiziono di fronte a lei prendendole il viso tra le mani e allacciando i miei occhi ai suoi “Ti prometto che non fuggirò dal tuo mondo, dai paparazzi, dai ricconi viziati, dalle serpi, ma li affronterò tutti con te a fianco! Accetterò di presenziare ai gala, alle feste di beneficenza, ai balli, alle convention… ovunque tu vorrai, ma tu devi farmi una promessa… fidati di me!” le chiedo quasi supplicandola.
“Io mi fido di te!” risponde sicura.
“Infatti l’altro ieri pomeriggio non hai pensato che ti avessi mentito per stare con un’altra, o ieri mattina che fossi diventato un viziato o ieri sera che fossi fuggito con Zafrina…” le elenco ogni momento in cui ha dubitato di me nelle ultime quarant’otto ore.
Lei prova a ribattere, ma si ammutolisce da sola.
“Come possiamo credere di superare tutte le difficoltà che ci presenterà la vita se tu non ti fidi di me?”
“Sono un’insicura!” ammette abbassando il viso.
“Perché non ti fidi di me?” le chiedo alzandole il viso e sorridendole.
“Sono cresciuta in un mondo che ti pugnala appena volti le spalle e non è facile cancellare tutti quegli anni. Tutti mi hanno illusa e poi ferita. Mia madre in primis! Mi aveva assicurato che tutto sarebbe andato bene ed invece non è stato così. Lei è morta, lasciandomi sola, con un padre che si rifugiava nel lavoro perché la mia presenza gli ricordava la moglie defunta… Mike, il ragazzo che per anni ha giurato di amarmi, alla fine non amava me, ma solo il conto in banca di mio padre… i miei amici, siamo cresciuti insieme, ma non si sono preoccupati di cosa mi fosse successo quando sono stata costretta a trasferirmi nel tuo quartiere ed ho chiuso i rapporti con loro… Aro, un uomo che per anni mi ha trattata come la nipote prediletta mentre invece stava tramando per distruggere mio padre… e poi…”
“Shhh!” la zittisco asciugandole le lacrime che scendono silenziose sulle sue guance arrossate.
“Io sono qui, non sono Mike, Aro o chiunque faccia parte del tuo mondo. Io sono qui perché ti amo, amo te, Isabella Mary Swan e non il tuo conto in banca…”
“Ma quando hai scoperto chi ero, sei fuggito tra le braccia di Tanya dimenticandomi” risponde sfidandomi con lo sguardo.
Rimango a bocca aperta. Come fa a sapere di me e Tanya?
“Io… non è come pensi!” rispondo in imbarazzo. Mi passo le mani nei capelli sperando che mi indichino le parole giuste. Riallaccio i nostri occhi per farle capire che non mento e rispondo “Sono stato con Tanya per dimenticarmi di te… non il contrario”
“Hai usato Tanya?” mi chiede scandalizzata.
“Tra me e lei è sempre stato così. Lei ha usato me per anni per dimenticare il damerino Lauren, ed io l’ho usata nei mesi che volevo dimenticare te… ma per me è impossibile dimenticarti” le spiego cercando di trasmetterle tramite lo sguardo l’amore che mi lega a lei.
“Uno scambio di favori…” mormora poco convinta.
“Tanya è il passato, le voglio bene lo ammetto, ma non la amo. Amo solo te!”
Rimaniamo minuti interminabili a guardarci negli occhi ponendoci domande e dandoci risposte che a parole non riusciamo ad esprime.
“Mi fido di te e ti amo con tutta me stessa…”
“E allora non dubitare di me! Sono un essere umano, posso fare errori, posso comportarmi da stronzo o farmi comandare dall’orgoglio, non sono perfetto. Ma ti amo e non voglio che i dubbi distruggano ciò che ci lega e che abbiamo costruito superando tanti ostacoli”
“Mi dispiace per come mi sono comportata…”
“Dimentichiamo il passato e ricominciamo da qui” allargo le braccia per indicare la radura. “Incominciamo da questo punto io, te e la mia proposta…” prendo l’anello dalla tasca e lo infilo nel suo anulare.
“Isabella Mary Swan… vuoi passare il resto dei tuoi giorni con me dimenticando il passato ed affrontando il futuro insieme?” anche se è la seconda volta che glielo chiedo sono emozionato come se fosse la prima, le mani mi tremano e sento gli occhi bruciare per le lacrime che sto trattenendo.
“Sì, lo voglio!” risponde sicura e saltandomi in braccio. Ci baciamo e con attenzione le sfioro la pelle arrossata. Quando siamo ormai senza fiato mi allontano da lei lentamente, senza però smettere di tenerla tra le mie braccia.
“Adesso mangiamo. Ho cucinato tutto ieri, e ti posso assicurare che non è stato semplice dato che non potevo utilizzare la comodità della cucina!” e ridendo ci accingiamo ad assaggiare le pietanze che ho preparato con le mie mani per il mio amore.


 
Dato che ieri  invece era il compleanno del mio bimbo... vi invito a farsi due risate e vedere il video che ha creato con il suo papà!!!
https://www.youtube.com/watch?v=_WItxffJUkM
 
 
!! ATTENZIONE SPOILER !!
 
... le battute sconce di Emmett, le dolci parole di Rosalie, lo sguardo furente di Mike… eh, già! Era presenta al mio matrimonio!
Voi vi chiederete perché e la risposta è semplice: la sua ditta collabora con l’azienda di mio padre!
Ma non era l’unico invitato poco gradito… indovinate?
No, non potete indovinare… quindi ve lo dico! ...



 
GLI AGGIORNAMENTI DEI RACCONTI CONTINUANO!!!
VI ASPETTO NELLE ALTRE STORIE!!!


Il mio incubo personale  E Una cotta pericolosa


 

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Capitolo 33
*** Tutto è bene ciò che finisce bene ***


Sigh!
Siamo giunti purtroppo al termine di questa storia!
La mia prima Fanfiction, la prima storia che si è creata nella mia mente e che mi ha fatto conoscere tantissime persone fantastiche si conclude! 
Grazie a "Devi essere Indipendente" ho conosciuto nuove amiche, che mi hanno seguito dall'inizio o che ho incontrato durante il cammino... persone che mi hanno supportato con le loro recensioni, o mettendomi nelle tre sezioni o anche solo leggendo la storia di questa Bella viziata e del suo adorabile imbianchino!
Non è la prima volta che clicco il tasto Completa, ma questa volta è più difficile... la mia prima storia è finita... è vero ce ne saranno delle altre, ma come si sà, la prima è sempre la prima!!! SIGH!!!
Ok, adesso basta con la tristezza... ultimo capitolo, ultimo tassello... 
GRAZIE ANCORA A TUTTE VOI SIETE STATE FANTASTICHE 
E SPERO DI LEGGERE ANCORA LE VOSTRE RECENSIONI SULLE ALTRE MIE STORIE...
BUONA LETTURA!!!!
Ed alla prossima avventura!!!
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TUTTO E' BENE CIO' CHE FINISCE BENE!

BELLA  

 
Il mese sull’isola è terminato e siamo tornati alla nostra vita frenetica.
Edward ha definitivamente lasciato il lavoro al bar e passa tutto il suo tempo tra la galleria d’arte e lo studio che abbiamo realizzato per lui e le sue opere nell’ex camera di Carmen.
Anche lui ha abbandonato il suo appartamento e si è trasferito definitivamente da me. Ha personalizzato quasi tutta la casa, lasciando sobria solo la zona giorno. Come ha trasformato la nostra casa?
Beh! La nostra camera da letto è una foresta incantata. Alle pareti Edward ha disegnato la foresta degli elfi, mentre Esme ed Alice hanno modificato l’arredamento ed i tendaggi per trasformarla in una stanza degna di un re… elfico! Ci sono rampicanti e elfi in ogni dove!!!
Il bagno Edward l’ha dipinto riportando il panorama che si può ammirare dalla cascata della nostra isola, ed Esme ha insistito per modificare le piastrelle e l’arredamento per renderlo ancora più caratteristico. Ovviamente lo specchio che nascondeva la mia adorata vasca idromassaggio è sparito rendendo l’ambiente ancora più spazioso… anche se mi mancherà chiudermi con Edward in quel locale nascosto per coccolarci… era molto romantico!!!
L’ex camera di Jasper è diventata la nostra biblioteca. Ebbene sì, io ed Edward, tra tante cose, condividiamo anche la passione per la lettura e tutte le sere, dopo aver cenato, ci rinchiudiamo nel nostro angolo di paradiso e viaggiamo per il mondo attraverso le pagine dei libri! Ovviamente anche la biblioteca è stata personalizzata! Sulle pareti abbiamo scritto le frasi che più ci hanno colpito dei libri che abbiamo letto. Ogni tanto disegna una vignetta che ritrae un esatto momento del testo ed io scrivo il dialogo…
Mi piace come si è trasformato il mio appartamento, lo sento più mio ed Edward si sente a casa.
Non abbiamo mai affrontato il discorso del suo ex appartamento. Nemmeno quando siamo andati a trovare Jacob ed Embry che sono diventati i nuovi inquilini! Lo hanno lasciato come era, trasformando solo la camera di Alice in un’enorme cabina armadio… quei due sono più vanitosi di Alice e Tanya messe assieme!
Tanya? Beh, cosa posso dire! Quando abbiamo annunciato il nostro matrimonio non ne è stata proprio felice. Ha fulminato Edward con lo sguardo ed ha fatto una smorfia guardandomi dalla testa ai piedi.
Volevo andare da lei e prenderla per i capelli, ma Rose mi ha fermata ricordandomi che non sono una primitiva, ma una persona civile e certi atteggiamenti devo solo ignorarli.
Ma quando Edward si è allontanato con lei la gelosia mi ha investito, facendomi dimenticare la promessa che avevo fatto a Edward nella radura della nostra isola. Ho cercato di annegare i brutti pensieri con la birra, ma il risultato è stato solo mettermi in ridicolo davanti a tutti facendo una scenata colossale! Sono brava vero???
Diciamo anche che, dopo la scenata, mi sono sentita meglio, Tanya ha smesso di fare l’altezzosa rivolgendo la sua attenzione a Garrett ed Edward mi ha dimostrato per l’ennesima volta l’amore che prova per me. Alla fine dei conti: sono felice di aver sfogato!
Per il matrimonio? E’ tutto nelle mani di Alice, Esme e Jane… quindi posso dire tranquillamente che sono in ottime mani!
Rosalie ed Alice hanno reagito alla lieta notizie con urletti isterici e salti di gioia. Mio padre ha sorriso saputo ed ha abbracciato Edward benedicendolo, prima di versagli del martini e festeggiare la bella notizia insieme a Carlisle ed Esme.
Tutti sono felici ed io mi sento come nelle nuvole!
Tutto sta andando benissimo, ho l’uomo che amo, amici sinceri, una famiglia fantastica ed un lavoro che adoro… un senso di déjà-vu mi perseguita… anche prima di finire al New Moon la mia vita sembrava perfetta e poi, il resoconto di una carta di credito ha “distrutto” il sogno… ok, ok… se non fosse stato per quel maledetto foglio ora non sarei nel mio appartamento insieme ad Edward mentre rido felice e spensierata alle battuta di Seth e Alice… però, la paura di perdere tutto in un attimo non mi fa godere a pieno il momento.
“Cosa succede?” mi sussurra Edward all’orecchio facendomi ritornare alla realtà.
“Nulla… ero sovrappensiero” mi giustifico cercando di nascondere la strana sensazione che continua a perseguitarmi.
“Sicura?” continua poco convinto della mia risposta e stringendomi maggiormente al suo petto. Sospiro inalando il suo profumo che ha il potere di rilassarmi e mi faccio coraggio.
Lo prendo per mano e usciamo sul terrazzo.
“Cosa ti turba?” mi chiede allacciandomi le mani alla vita e appoggiando il mento sulla mia spalla.
“La paura di perdere tutto” ammetto consapevole che è una paura stupida ed infondata.
“Anche io ho la stessa paura” ammette stupendomi. Mi volto completamente verso di lui con gli occhi sgranati e mi sciolgo vedendo il suo caldo sorriso. “E’ normale avere paura dopo una vita piena di perdite!” mi spiega tranquillo “In questo momento ogni sfaccettatura della mia vita è perfetta. Sto con la donna che amo, che presto diventerà mia moglie” e gioca con l’anello che porto all’anulare “Mia sorella si è sistemata con un brav’uomo” ed indica Alice che ride spensierata in braccio a un Jasper innamorato “Sono circondato da amici veri e sinceri” e insieme ridiamo nel vedere Embry e Seth che si divertono a tormentare il povero Jacob “e per vivere faccio ciò che più mi piace… disegnare” mi bacia sulla fronte e continua “Ho anche ritrovato una parte di famiglia al quale mi sono legato e che posso reputare tale… tutto è come ho sempre sognato, ed il pensiero di trovarmi un giorno senza più nulla mi spaventa!” prende un profondo respiro e mi stringe a sè.
“Il giorno in cui mi hanno comunicato la morte dei miei genitori, era un giorno particolare! Avevo ricevuto la risposta dall’università, mi avevano accettato! Alice era appena rientrata in casa felice perché la scuola l’aveva ingaggiata per vestire i ragazzi del teatro e i miei genitori stavano rientrando da un colloquio con un cliente che era andato benissimo, assicurandoci un futuro perfetto! Ed invece…” una lacrima lascia i suoi occhi che delicatamente gli asciugo accarezzandogli la guancia. Mi sento piccola… il mio déjà-vu era verso una stupida carta di credito, mentre il suo è del momento peggiore della sua vita… è più spaventato di me ed io, egoisticamente, volevo che mi rassicurasse.
“Il passato serve per insegnarci ad affrontare il futuro, non per averne paura!” gli ricordo sorridendogli. “Il nostro passato ci ricorda che gli ostacoli esistono ed a volte sembrano insormontabili, ma non lo sono e con la giusta grinta possiamo affrontare il futuro!” e sugello la pillola di saggezza con un bacio pieno di amore.
“Sei fantastica!” mi sussurra appoggiando la sua fronte alla mia.
“Lo so… dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna!” ironizzo allontanando definitivamente ogni pensiero triste…
 
***
 
QUATTRO ANNI DOPO
 
Nel secondo anniversario dell’incontro di me ed Edward, io ed il mio amore siamo convolati a nozze!
E’ stata una cerimonia fantastica, studiata in ogni minimo particolare ed anche se c’erano tantissimi invitati che non conoscevo, ma che eravamo stati obbligati ad invitare per il lavoro, devo comunque ammettere che non cambierei nulla di quel giorno.
L’isterismo di Alice, i pianti di Esme, la mano tremante di mio padre che mi accompagna all’altare, il “Sei stupenda” di Edward sussurrato mentre mi prende le mani di fronte all’altare, l’applauso infinito che ha accompagnato il nostro primo bacio da marito e moglie, le battute sconce di Emmett, le dolci parole di Rosalie, lo sguardo furente di Mike… eh, già! Anche lui era presente al mio matrimonio!
Voi vi chiederete perché e la risposta è semplice: la sua ditta collabora con l’azienda di mio padre!
Ma non era l’unico invitato poco gradito… indovinate?
No, non potete indovinare… quindi ve lo dico!
Vi ricordate la sera della rissa? Il ragazzo che cercava di scrollarsi di dosso Jacob? Ebbene sì! Era presente al nostro matrimonio insieme ai genitori. Era tutto gentile ed educato, lontano anni luce dalla furia che picchiava il mio miglior amico… è stato Jacob a riconoscerlo e ad avvisare Jasper.
Io ed Edward lo abbiamo riconosciuto solo a fine giornata quando è venuto a fare gli auguri agli sposi. Ovviamente non mi ha riconosciuta, ma ha riconosciuto Edward. Si sono scambiati fulmini con gli occhi nascondendo il tutto con un falso sorriso e frasi di circostanza.
Ok, non siamo primitivi ed era il mio matrimonio, ma dovevo togliermi il sassolino dalla scarpa!
Quando ho visto l’energumeno dirigersi verso i bagni da solo, l’ho seguito cercando di non farmi notare da Edward, ma avvisando Jasper. L’ho seguito fin dentro la toilette!
Quando si è voltato e mi ha vista, il suo sorriso era pieno di aspettative, ma l’ho subito fermato.
“Mi sono sposata solo oggi, quindi non pensare che ti ho seguito per cornificare mio marito…” ho messo subito in chiaro “Anche se non mi hai riconosciuta, io ho riconosciuto te! C’ero anche io quella sera a La Push, ed anche se la polizia non ha potuto fare niente, mio padre potrà tranquillamente rovinarti la vita facendoti pentire per ciò che hai fatto a mio marito ed al mio miglior amico”
“La signorina Swan che s’accompagna a pezzenti?” cerca di schernirmi, ma non ha ancora capito con chi ha a che fare.
Signora Cullen!” puntualizzo. “E da domani il Signor Cullen sarà il capo di tuo padre e di tua madre… e da quello che ho potuto comprendere: anche il tuo capo!”
Il sorrisino compiaciuto del bullo svanisce come il colorito del suo viso.
“Cosa vuoi da me?” ringhia ormai sentendosi alle strette.
“I nomi dei tuoi compari e le pubbliche scuse… o da domani tu e la tua famiglia dovrete cercarvi un lavoro!”
“Non sono un infame!”
“No, sei solo una bestia ed un vigliacco che ha picchiato due ragazzi che difendevano due ragazze…”
“Eravamo alticci…”
“Ed invece io sono lucida e farò tutto ciò che è in mio potere per distruggerti se non mi dirai i nomi dei tuoi compari e non chiederai scusa a coloro al quale avete fatto del male… e ringrazia che non ti denuncio, anche se la feccia come te ed i tuoi amici dovrebbero marcire in galera e non camminare tra la gente civile” concludo stizzita e voltandogli le spalle.
“Meglio la galera che abbassarmi a chiedere scusa a dei pezzenti” prendo un profondo respiro e stringo i pugni per non spaccargli la faccia.
Mi volto con il mio miglior sorriso spiazzandolo e lentamente, con molta calma, gli rispiego la situazione.
“Perfetto, mio caro Wilson, goditi il buffet e lo champagne. Assapora tutto come fosse la tua prima e ultima volta… buona vita!” e me ne vado lasciandolo a bocca aperta.
“Fammi entrare” la voce agitata di Edward è la prima cosa che sento appena esco dal bagno dei maschi.
“Edward” lo chiamo tranquillizzando con lo sguardo Jasper che a fatica sta trattenendo Edward fuori dal bagno.
“Cosa diavolo ci facevi nel bagno degli uomini?” mi chiede irritato.
“Volevo dare una possibilità di redenzione ad un bullo… ma è stato tutto inutile!” rispondo sincera, anche se la mia testolina ha già ideato il piano B!
“Cosa hai intenzione di fare?” mi chiede trascinandomi sul terrazzo.
“Voglio chiudere definitivamente con il passato, ed il pensiero che la giustizia non ha fatto il suo dovere con te, Jacob ed Alice è una cosa che mi porto dietro da troppo tempo … oggi ho avuto il mio miglior regalo di nozze!” esclamo felice “Finalmente essere una ricca figlia di papà serve per far valere la giustizia”
“Avevamo deciso di dimenticare il passato” mi ammonisce accarezzandomi la guancia con il dorso della mano.
“Credevo riguardasse solo ciò che era successo tra me e te” gli rispondo sicura prendono la sua mano nella mia e guardandolo divertita negli occhi.
“Bella…” sospira.
“Edwad…”
“Non voglio che il nostro matrimonio venga rovinato per un qualcosa successa anni fa…”
“Ti prometto che non rovinerò nulla! E poi tu hai avuto il tuo regalo di nozze… io adesso voglio il mio” e facendogli l’occhiolino, lo prendo per mano e lo trascino nella salone centrale dove tutti applaudono appena facciamo il nostro ingresso.
Facciamo i balli di rito con i nostri parenti, amici e conoscenti… fino a quando arrivo a Wilson.
“Mi ha stupito il tuo invito a ballare… hai cambiato idea?” mi chiede stringendo maggiormente le sue grosse mani sui miei fianchi.
“No. Sinceramente è la tua ultima possibilità prima che io ti rovini la vita… cambiato idea?” gli chiedo copiando il suo tono malizioso e ammiccando.
Scoppia a ridere sguaiatamente ed io mi convinco sempre di più di aver fatto la scelta giusta.
Finito il ballo spiego la situazione a mio padre. Gli indico Wilson e lui fa una smorfia. Conosce il padre del bullo da anni, è un brav’uomo anche se è succube della moglie, un’arrivista di prima categoria.
“Lascia fare a me” mi tranquillizza mandando in fumo il mio piano di distruggerlo durante il discorso di fine serata durante i ringraziamenti! Uffff!!!
Anche se non ho potuto fare come volevo, tutto si è risolto ancor meglio di come avevo pensato.
Ci sono volute settimane, ma alla fine si sono saputi tutti i nomi dei bulli implicati nella rissa.
Hanno chiesto scusa a Edward, Alice, Jacob e Tanya e le famiglie hanno risarcito i miei amici.
Solo due ragazzi, dell’intera cricca, mi sono sembrati realmente dispiaciuti per l’accaduto e sollevati dal poter parlare e chiedere scusa per ciò che avevano fatto. Sono due fratelli, cugini di Garrett, che non si sono limitati a chiedere scusa e collaborare per il risarcimento, ma hanno cercato di dimostrare di non essere le bestie che hanno dimostrato essere quella sera, anche se, ad essere precisi l’unica cosa che hanno fatto quella sera è stato trattenere Seth quando ha cercato di intervenire.
Non dico che i due ragazzi siano entrati a far parte della cerchia dei nostri amici, ma sono due persone che vedo sovente durante i gala e sono felice di poter discorrere con loro senza rancore!
Come dite? Quale è il regalo che Edward ha ricevuto per il matrimonio che ho accennato sulla terrazza?
Beh! In verità i regali sono stati due!!!
Il primo è arrivato da Esme e Carlisle.
La sera prima del matrimonio gli uomini sono venuti a prendere Edward perché, secondo la tradizione (e per ordine di Alice e Esme) i futuri sposi non possono passare la notte prima delle nozze insieme!
Ma, invece che prelevare solo Edward, hanno trascinato anche me, Alice e Jasper in un luogo sconosciuto, bendandoci gli occhi.
C’era anche mio padre e Carlisle e sono rimasta stupita nel vedere che erano i primi a controllare che non sbirciassimo, proprio come due adolescenti!!!
Volete sapere dove ci hanno portati?
Nella vecchia casa di Edward ed Alice. Quella in cui sono cresciuti e che Edward aveva dovuto vendere per sopravvivere dopo che i parenti serpenti lo avevano derubato.
Edward ed Alice hanno pianto tantissimo e sono entrati in casa con la stessa venerazione con il quale si entra in un museo.
Sono rimasti stupiti nel vedere che l’interno era stato modificato, anche se sulle pareti e sui ripiani spiccavano molte fotografie di loro e dei loro genitori.
“Tuo padre aveva già fatto il progetto per trasformarla in una tri famigliare. Aveva già pensato al vostro futuro prevedendo il tuo appartamento al piano terra e quello di Alice al piano superiore. La dependance sarebbe diventata la loro casa… quindi non è stata modificata. Sarete tu ed Alice a decidere come trasformarla” ci ha spiegato Carlisle mentre consegnava le chiavi dei relativi appartamenti ai due fratelli.
E quindi, dopo mesi passati a decorare il mio vecchio appartamento ricominciamo tutto da capo con la nostra nuova casa!
Non mi sto lamentando, sia chiaro! La casa dei genitori di Edward è magnifica e immensa!!
Ci sono tre camere da letto, una zona giorno enorme e luminosa, una zona relax e… la vasca idromassaggio!!!
Un cortile gigantesco e sul retro della casa una piscina semi coperta per poterla utilizzare in ogni stagione!
Perfetta!
Il secondo regalo di nozze?
Beh! Più che regalo diciamo che è un: togliersi una soddisfazione!
I cari e viscidi parenti di Edward si sono presentati al nostro matrimonio come se fosse scontato che li facessimo entrare… anche se ovviamente non era stati assolutamente invitati!
C’erano tutti, nessuno escluso, compresa la dolce e falsa zia Mary.
Io purtroppo mi sono persa la scena perché il tutto si è svolto quando Edward è arrivato in chiesa.
Da quello che mi hanno raccontato, i cari parenti hanno iniziato a inveire contro le guardie del corpo che li trattenevano al di là delle transenne che erano state posizionate per evitare che curiosi e giornalisti si imbucassero al nostro matrimonio.
Edward si è avvicinato alle guardie accompagnato da Carlisle. Ha chiesto cosa stava succedendo e, dopo una veloce occhiata di intesa con il cugino, ha guardato uno per uno negli occhi i parenti e tranquillamente ha risposto.
“Non conosco queste persone e non sono assolutamente miei parenti, quindi chiamate la polizia e fateli allontanare” non sono servite le urla di zia Mary o le maledizioni di uno zio che mi sembra si chiamasse John… le guardie hanno provato ad allontanarli e vedendo che non ci riuscivano hanno dovuto chiamare la polizia che li ha accompagnati in centrale, dove, l’avvocato della società ha richiesto un ordine restrittivo intimandoli a stare a una distanza minima di 150 metri dal signore e signorina Cullen…
Quindi come si suol dire:
Tutto è bene ciò che è finito bene!
Dopo tante peripezie io ed Edward siamo riusciti a creare la nostra bolla di felicità e giorno dopo giorno superiamo gli ostacoli che la vita ci pone creando felici il nostro futuro insieme… sperando un giorno di diventare genitori!
 

FINE!!!!

 
GRAZIE ANCORA A TUTTE!!!! VI VOGLIO BENE!!!!

 
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