Ghost - A Demonic Story

di Ilarya Kiki
(/viewuser.php?uid=164698)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The end of a story. ***
Capitolo 2: *** Three Years Later. ***
Capitolo 3: *** Witches. ***
Capitolo 4: *** The mission that failed. ***
Capitolo 5: *** The ghost. ***
Capitolo 6: *** Say something, please. ***
Capitolo 7: *** The Demon strikes again. ***
Capitolo 8: *** Milan. ***
Capitolo 9: *** The Demon. ***
Capitolo 10: *** Finally, the altar. ***
Capitolo 11: *** Kishin! ***
Capitolo 12: *** The point of not return. ***
Capitolo 13: *** Sleepover. ***
Capitolo 14: *** Sun goes down. ***
Capitolo 15: *** What I am is wrong. ***
Capitolo 16: *** Like a dream that only belongs to us. ***
Capitolo 17: *** Is it love or is it just madness? ***
Capitolo 18: *** What if the real Demon is…? ***
Capitolo 19: *** Reunions. ***
Capitolo 20: *** Taking action. ***
Capitolo 21: *** Case closed… ***
Capitolo 22: *** …the End? ***
Capitolo 23: *** Wrath. ***
Capitolo 24: *** Viverna! ***
Capitolo 25: *** Losing hope. ***
Capitolo 26: *** Bleeding sun. ***
Capitolo 27: *** Into the abyss. ***
Capitolo 28: *** The last fight. ***
Capitolo 29: *** Epilogue. - A new beginning ***



Capitolo 1
*** The end of a story. ***


Ghost.

A Demonic Story

 

 

 

The end of a story. 

 

 

“Sinceramente, del mondo non mi importa nulla.
Voglio combattere per te, solo per te.”

 

 

 

La data prescelta per la cerimonia di incoronazione di Death the Kid al titolo di Sommo Shinigami e preside della DWMA si era rivelata una splendida giornata di sole. Milioni di studenti si erano raccolti da tutto il mondo a Death City per assistervi, ed era persino presente una piccola delegazione di streghe per onorare il recentissimo accordo di pace che era stato pattuito con il loro popolo.
Era una giornata di festa, uno di quei giorni dolceamari in cui ti rendi conto di aver raggiunto qualcosa di importante, ma nel frattempo una fase della vita si è appena chiusa. Così si sentiva Maka, quel giorno, mentre applaudiva in mezzo al pubblico.
Il Kishin era stato finalmente sconfitto! Finalmente era finita la guerra contro le streghe, finalmente Medusa era morta. Ma…
Shinigami era defunto, e Chrona aveva sacrificato la sua vita per sigillare il Kishin Ashura sulla Luna. La Luna era nera, da quel giorno.
Inoltre, lei e Soul Eater erano stati separati: Soul ora doveva lavorare insieme a Kid, e lei, Maka, non era ancora sicura di quello che avrebbe voluto fare, una volta ottenuto il diploma. Mancavano pochi mesi alla fine dell’anno scolastico, e il futuro la spaventava molto di più dell’esame finale. Certo, qualche progetto l’aveva fatto: doveva assolutamente diventare abbastanza forte da poter salvare Chrona, ma non sapeva ancora cosa avrebbe comportato, questo…
Soul e Kid avrebbero lavorato alla DWMA, Black*Star si sarebbe allenato insieme a Tsubaki fino a diventare più potente di un dio. E lei? Cosa avrebbe fatto, Maka?
“Mi piacerebbe seguire mia madre nei suoi viaggi!” aveva detto, seduta assieme agli altri attorno al tavolo del loro bar preferito. Non ne era molto sicura, in realtà, ma l’idea di avere un progetto, anche vago, la confortava.
“Ma Maka, così non ti vedremo più!” aveva commentato Tsubaki, afflitta. Maka si sentì pungere di nostalgia, anche se li aveva ancora tutti lì accanto a lei, i suoi amici. In qualche modo, sentiva che il futuro li avrebbe divisi comunque. Ma no, quello lo sapeva da tempo, non era così poco saggia. Era quell’altra cosa…
“Magari imparerò un modo per poter tirare giù Chrona dalla Luna! Voi mi aiuterete, vero, ragazzi!?”
“Ma certo! – aveva esclamato Black*Star, euforico – Così potrò sconfiggere definitivamente il Kishin! Sarò diventato talmente forte che mi basterà solo un pugno per mandarlo in mille pezzi!”
Risero tutti insieme, nessuno aveva dubbi che quel ninja casinista ce l’avrebbe fatta sul serio.
Kid era seduto lì con loro, ancora vestito elegante per la cerimonia, e prese parola, innalzando il bicchiere di cartone pieno di frappuccino:
“Purtroppo da oggi sarò terribilmente impegnato, quindi esigo da voi una promessa.”
Tutti ammutolirono, e stettero a sentirlo.
“Promettetemi che saremo sempre amici, qualsiasi cosa accada, e che ci saremo sempre l’uno per l’altro, sostenendoci sempre! E, soprattutto, che continueremo a giocare a basket tutti quanti, fino a che saremo vecchi!”
“Liz, la scusa dello shopping non vale più, per te!” scherzò Soul, indicando la più grande delle sorelle Thompson, che aveva la tendenza a saltare i loro incontri al parchetto adducendo scuse sceme, e tutti scoppiarono a ridere di nuovo.
Anche Maka rise fino alle lacrime, ma non riuscì a scacciare del tutto quel vago senso di inquietudine che la perseguitava.
Va tutto bene, pensava, andrà tutto bene.

 

 

“Tornerò assolutamente a prenderti! Aspettami!”
“Io credo in te, Maka.”

 

 

 

La sera dopo, Maka stava appollaiata su di una sedia accanto al davanzale della finestra, con Blair sulle ginocchia. Gettò un’occhiata agli scatoloni che riempivano il soggiorno, pieni della roba di Soul, e sospirò.
Tornò a fissare la Luna oltre la finestra, sopra i tetti, nera. Com’era buia e triste, la sera.
“Devi partire proprio domani?”
“Ma che palle, sì, te l’ho già detto un centinaio di volte! Dai, su, non fare quella faccia depressa. Kid mi ha chiesto di stare da lui solo per qualche settimana, dopotutto.”
“Hai ragione, scusami.”
“Non scusarti, non hai nulla da farti perdonare, tranquilla.”
Maka osservò in silenzio la siluette di Soul allontanarsi e sparire nella sua stanza, per poi ricomparire con le braccia piene di dischi in vinile, e infine depositarli con la massima cura in uno dei pochi scatoloni ancora vuoti. Roba jazz, Maka non aveva mai capito come facesse Soul ad ascoltare quella musica noiosa.
Era vero, comunque: Soul sarebbe rimasto a casa di Kid solo temporaneamente, perché dovevano allenarsi a entrare in risonanza per poter dare il massimo del loro potenziale in combattimento; erano partner, ora, dopotutto. Ma Soul sarebbe davvero tornato nel loro vecchio appartamento, poi? E Maka, sarebbe rimasta lì ad aspettarlo? Sarebbe partita prima? E se Soul avesse trovato un posto migliore, e non fossero tornati insieme mai più…?
“Ehi, su, non piangere.”
Maka si appoggiò alla spalla di Soul, mentre lui la abbracciava e Blair sgattaiolava via. Era calda e aveva un buon odore, e anche se la consapevolezza che presto se ne sarebbe andato via le attanagliava ancora lo stomaco, si sentì subito confortata.
“Soul, scusami, io…”
“Ahhh sei una piagnucolona, oggi… dove è finita la mia compagna fica? Non preoccuparti, ci vedremo a scuola tutti i giorni e tornerò non appena Kid la pianterà di ustionarsi le mani ogni volta che mi brandisce… è un dio, quanto vuoi che ci metta?”
Maka rise debolmente.
“E poi mi troverai qui alle cinque, ogni giorno. Pretendo il mio tè pomeridiano, e se i biscotti li fate tu e Blair è anche meglio.”
Soul le sorrise, e Maka ritrovò un po’ di quel suo entusiasmo che sembrava esserle morto nel cuore da quando avevano sconfitto il Kishin.
“Sì, ci puoi contare!”
“Benissimo, allora!”
Soul tornò a mettere nelle scatole di cartone la sua roba, e Maka riuscì ad udire distintamente un “adolescente in crisi…” destinato al suo indirizzo, prima di lanciargli dietro una ciabatta urlando: “Ha parlato lui!”, e poi scoppiare a ridere.
Sarebbe andato tutto bene, ne era convinta.

 

 

“Incontriamoci ancora, eh. Maka.”

 

 

La scuola finì dopo pochi mesi, e, come previsto, Maka si diplomò col massimo dei voti, superando persino quel secchione di Ox Ford, che invero aveva iniziato a fare un po’ di cilecca da quando la bella streghetta Kim aveva finalmente accettato di uscire con lui.
Il futuro si stendeva brillante e luminoso davanti alla giovane meister: ora lavorava a pieno diritto come soldato d’elite della DWMA, esattamente come sua madre.
Scelse di partire, di seguirla nelle sue missioni in capo al mondo. Lei e i suoi amici organizzarono una festa meravigliosa, il giorno prima della sua partenza, e verso fine serata Soul le diede persino un bacio, non s’era capito bene se sulla guancia o sulle labbra, un po’ a metà, insomma, probabilmente perché aveva bevuto troppo champagne.
Il domani le sorrideva, come un sole.
E la luna, era sempre nera.

 

 

“Tornerò assolutamente a prenderti, Chrona.”

 

Image and video hosting by TinyPic




Spazio Autrice

Buonasera cari lettori, eccomi tornata con una nuova storia!
Prima di iniziare - siamo solo al prologo XD - un paio di informazioni pratiche: questa storia è stata già scritta, quindi le uscite dei capitoli saranno regolari, uno alla settimana salvo imprevisti. In ogni caso, NON dovrete aspettare le ere geologiche perché io mi muova a scrivere. È tutto pronto!
In secondo luogo, grazie per essere qui. Spero che l'inizio vi sia piaciuto. Sarà un lungo viaggio!
Se avete letto Just a Simple Story About a Crazy Little Girl oppure Unforgivable Heart potrebbe interessarvi sapere che
sì, questo è il vero sequel di Just a Simple...etc. Quello che avevo annunciato mesi fa dopo aver chiuso Unforgivable Heart con l'amarezza di stare facendo un pessimo lavoro. Bene dunque, a voi che sapete di cosa sto parlando, eccomi qui con il mio "cambio di prospettiva"! La protagonista qui è Maka, decisamente. Come saprete - se avete letto le mie storie obv - la mia vecchia fic era terminata in un modo MOLTO simile all'effettivo finale del manga - giuro che non ci potevo credere leggendolo; oh Atsushi, mi rubi le idee!? XD - quindi ho deciso di far partire il mio sequel dal finale del manga stesso, e non dalla mia storia. Quindi, possiamo dire che è un seguito "spirituale", in un certo senso. E nulla, tutto qui. A voi che siete rimasti a bocca asciutta con il mio primo maldestro tentativo di seguito dovevo delle spiegazioni, spero che possiate capire le mie scelte.
Ora non posso che darvi appuntamento a lunedì prossimo - quando inizierà per davvero questa storia -
e poi un augurio: Buona lettura!
-ce ne sarà, da leggere qui...-

Kiki

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Three Years Later. ***


Three years later. 

 

 

Maka buttò giù velocemente l’espresso che le avevano appena servito, facendo una smorfia per la temperatura lavica del liquido scuro e amaro. Era in ritardo.
Odiava fare colazione così di fretta, al bar, ma Blair aveva di nuovo disattivato la sveglia dopo essere stata fuori tutta la notte, e Death the Kid esigeva di essere al lavoro a orari atavici, la mattina. Maka pagò in fretta e si precipitò fuori dal bar quasi di corsa, stringendo la sua tracolla a sé col braccio perché non ciondolasse di qua e di là in modo fastidioso. Non c’era nessuno per le strade. Erano le sette di mattina, dopotutto, e nonostante la luce precoce del Nevada quasi tutti i cittadini di Death City se ne stavano a letto a dormire avvolti nelle loro calde coperte, a quell’ora.
Maka sospirò nostalgica e sofferente al pensiero delle sue calde coperte, e affrettò il passo. Raggiunse velocemente la lunga scalinata che portava alla DWMA e si apprestò alla scalata dopo aver preso un bel respiro: quella rampa era sempre stata una bella sfida di resistenza. Era stata fatta apposta per tenere in forma gli studenti e forgiare i loro caratteri come l’acciaio temprato, ma mettevano una certa ansia anche ai professori più anziani.
Non che Maka fosse una vera professoressa, eh. Teneva solo un corso di sostegno, per ora; in fondo aveva soltanto diciotto anni.
Le grandi porte della scuola, possenti fauci della maschera del Dio della Morte in muratura, la accolsero con le loro ombre bluastre. Maka fece una piccola pausa per prendere fiato sul piazzale lì davanti, e si voltò verso l’orizzonte piatto del deserto che si vedeva da lassù. Era l’alba. Una leggera brezza le carezzò i capelli, e gli occhi le caddero sull’ombra della luna, che diventava sempre più evanescente man mano che il sole s’infiammava. La sua luna nera.
Maka la salutò, nel segreto della sua mente, e le augurò buonanotte.
Poi si voltò di corsa e si inoltrò nelle ombre del portone della DWMA.

 

Erano successe molte cose, da quando aveva smesso di essere una studentessa dentro quella scuola.
Ora, Maka lavorava come assistente personale di Death the Kid, e occasionalmente come insegnante di supporto per gli studenti più imbranati. Aveva persino il suo piccolo corso di recupero per le squadre che non riuscivano a recuperare nemmeno un uovo di Kishin dopo le prime dieci missioni, un po’ com’era successo a Black*Star quando erano ancora ragazzini. Il pensiero di poter trovare potenziali Black*Star tra i suoi studenti la faceva sempre ridere – e preoccupare, soprattutto – un sacco, poiché in tal caso le cose sarebbero diventate piuttosto difficili da gestire, e si ricordava benissimo di quanto non avesse invidiato il professor Sid in quell’occasione. In ogni caso, le piaceva parecchio trasmettere la sua esperienza alle giovani reclute, e loro d’altro canto la rispettavano molto: lei era, a diciotto anni, una delle migliori meister che la DWMA avesse mai avuto tra le sue fila, e se non proprio la più forte, sicuramente la più brillante.
Il lavoro con Death the Kid, però, occupava la maggior parte della sua giornata. Il motivo per cui l’aveva voluta a tutti i costi accanto a sé era piuttosto semplice: Kid si era rivelato una completa chiavica nell’utilizzare un’arma così puntigliosamente asimmetrica come Soul Evans Eater. Il pensiero faceva sempre sorridere Maka… Non che non ci avessero provato a lavorare insieme quei due, senza di lei, ma il problema era stato posto tutto da Kid che pretendeva di assumere guardie “simmetriche” con quella falce alta quasi come lui, concludendo il combattimento in un degenero totale.
Si era sfiorato il disastro parecchie volte, prima che Soul si decidesse finalmente a dire al Sommo Shinigami di chiamare in causa Maka.
E lei ne era stata decisamente felice, considerato il fatto che lei e Soul si erano messi insieme subito dopo che Maka era tornata dal soggiorno con sua madre in Egitto.

 

I lunghi corridoi piastrellati di marmo consunto risuonavano dei passi della giovane meister, mentre al ritmo di trotto si avviava verso il corridoio che conduceva alla Stanza della Morte, dove Kid aveva lasciato la sede della presidenza, rispettoso della memoria di suo padre defunto.
Bussò alla fredda porta di ferro e aspettò qualche minuto prima che qualcuno si decidesse a venire ad aprire.
“Buongiorno dottor Stein.” salutò con garbo, non appena il viso sciupato del suo ex professore apparve oltre lo stipite.
“Buongiorno a te, Maka.”
Si avviarono lungo il corridoio di torii-ghigliottine, quando il loro silenzio fu interrotto da un gridolino che giungeva qualche metro oltre le inquietanti colonne rosse che stavano attraversando. Stein si schiaffò una mano sulla fronte e si mise a correre come un razzo, mentre Maka si bloccò sul posto, stringendo tra le mani la sua tracolla di pelle.
“Dottore! – lo rimproverò con voce acuta – Non avrà mica portato di nuovo FJ al lavoro! Guardi che io la babysitter per lei non la faccio più!”
“Ma Mary è in missione…” rispose l’altro con una certa disperazione, in un punto imprecisato fuori dal corridoio, mentre i gridolini infantili si trasformavano in risatine. Maka sospirò esasperata e finalmente uscì anche lei dalla bocca del corridoio. Si trovò davanti la scena di sempre, quella che la aspettava ogni mattina quando arrivava a scuola da quando Kid l’aveva assunta.
Il Sommo Shinigami, composto nel suo abito elegante nero, se ne stava seduto alla scrivania in mogano che era stata trasportata per lui al centro del piedistallo della Stanza della Morte, circondato da documenti, e stava firmando delle carte. Soul Eater, in jeans e felpa, stava seduto sui gradini della pedana e giocava a poker insieme alla Sacra Spada Excalibur, con le cuffie dell’mp3 infilate nelle orecchie e il volume sparato al massimo. La Sacra Spada, come al solito, pareva non essersi accorta che Soul si era otturato i canali uditivi, come faceva sempre quando giocavano a carte insieme.
Franken Stein, dal canto suo, tentava di tirar giù un marmocchio biondo dallo Specchio Magico, un bimbetto vispo che si era rivelato possedere le doti scalatorie di una scimmietta. Si trattava di Franken (Stein) Junior, suo figlio di tre anni.
“Dovrebbe assumere una badante.” Ribadì Maka sbuffando all’indirizzo del dottore, mentre lui riusciva finalmente a prendere in braccio FJ e se lo caricava sulle spalle, per fargli provare l’ebbrezza dell’altitudine da una posizione decisamente meno pericolosa per un infante.
“Buongiorno Maka.” La salutò Kid, senza alzarsi in piedi.
Maka agitò la mano all’indirizzo di tutti i presenti, e Soul le porse un cenno senza nemmeno distogliere gli occhi dal mazzo di carte che aveva in mano. La meister cercò di ignorare il fastidio che le dava l’atteggiamento della sua arma, dato che non era né il luogo né il momento per mettersi a discutere sulle buone maniere da tenere a diciotto anni suonati.
 “Cosa abbiamo oggi?” Chiese la ragazza al suo capo, prendendo posizione su una sedia a un lato dell’ampio tavolo. Le fu porto un mazzo di scartoffie.
“Niente di che, a parte il tuo corso alle 16.00. Ci sono da esaminare questi permessi di soggiorno, e avrei bisogno di una mano.” La informò Kid, col suo solito tono formale.
“Ok…usciamo, a pranzo?”
“Non so… poi chiedi agli altri. Vediamo se riusciamo a finire prima.”
Maka sbuffò e si mise a leggere le carte.
C’era da ringraziare il cielo che Excalibur fosse concentrato a straparlare addosso a Soul, e non disturbasse nessun’altro. Il sottofondo costante della sua voce non era un problema: ormai tutti ci avevano fatto l’abitudine.

 

Nei tempi subito seguenti alla morte del vecchio Sommo Shinigami la DWMA era stata gestita in modo un po’ diverso dalla solita routine: essendo Kid molto giovane e inesperto, pur ricoprendo ufficialmente la carica di preside, le decisioni iniziarono a prenderle Excalibur e Franken Stein insieme al consiglio docenti; al nuovo Sommo Shinigami spettava solo qualche parola in capitolo e l’avallo definitivo.
La presenza di Excalibur inizialmente aveva terrorizzato tutti quanti, ma purtroppo era insindacabile: le ultime volontà di Shinigami dovevano essere rispettate, ed egli aveva affidato suo figlio alla tutela della Spada Sacra, punto. Non si era rivelata nemmeno una gran tragedia alla fine, dato che, in mezzo alle ciance e al suo proverbiale modo di fare irritante, Excalibur era riuscito a forgiare in Kid un uomo saggio, umile e paziente (soprattutto paziente). Ora il ruolo decisionale dei professori era decisamente diminuito, ma Excalibur sembrava non avere ancora la minima intenzione di andarsene da quella favolosa posizione che occupava alle vette della scuola, che in fondo era così piena di persone a cui raccontare che la sua storia aveva avuto inizio nel dodicesimo secolo.
Quello che aveva levato le tende era stato Black*Star, invece, il quale aveva deciso da un paio d’anni di trasferirsi a vivere in Giappone per perfezionare il suo allenamento continuo (ma Maka continuava a pensare che fosse colpa della Sacra Spada Excalibur).

 

Quanto a Maka… beh, lei inizialmente era andata con sua madre in Egitto. Aveva retto tre mesi.
Inizialmente pensava che sarebbe stato fantastico lavorare con la mamma, ma si era presto resa conto di come i loro due stili di vita non coincidevano assolutamente: Maka si stava condannando a svolgere missioni di secondo piano da un capo all’altro del pianeta insieme ad una donna che, dopo averla abbandonata a casa da sola per quasi un anno, pretendeva di controllare la sua vita come un carceriere. Era stato emozionante solo la prima settimana. Poi, via!
La sua indipendenza e i suoi amici le mancavano troppo. Soprattutto Soul.

 

Mentre sfogliava i documenti, Maka si mise a pensare alla sua vita sentimentale.
Bah, meglio metterci una pietra sopra.
Una volta tornata a Death City si era messa insieme a Soul, e in quel momento la sua vita le era sembrata completa. Perfetta. Avrebbero potuto ucciderla in quel momento, e lei sarebbe morta felice.
Poi, erano cominciate le incomprensioni, le ragazzine con gli occhioni dolci attorno a Soul, i messaggi compromettenti, i litigi. Erano rimasti insieme per più di due anni, tra tira e molla, fughe e ritorni, flirt occasionali: Maka aveva passato un certo periodo di tempo ad uscire con Black*Star, ad esempio - che era stata una sua delle sue fiamme ai tempi all’asilo -, e il risultato era stato un vero e proprio disastro. Non solo lui si era rivelato un rompiscatole insopportabile, ma Soul non l’aveva presa per niente bene e Maka si era ritrovata nel bel mezzo di un litigio tra due dei suoi amici più cari, i quali poi non si erano rivolti la parola per settimane.
Che periodo orribile.
Poi ovviamente tutti avevano fatto pace, ma qualcosa tra lei e Soul era rimasto spezzato. Due anni, qualcosa di più, erano durati. Poi basta, avevano rotto definitivamente.
Kid, dal canto suo, da un paio d’anni si era accorto del sesso femminile – soprattutto perché lui non aveva mai avuto problemi a circondarsene di una turba…- e si era messo a fare il latin lover tra le studentesse; l’argomento delle sue “avventure” era sempre uno dei più divertenti in conversazione, soprattutto quando a raccontare era Patty.

 

“Maka, per favore, concentrati un attimo su quello che stai facendo. Faccio controllare i muri della Stanza della Morte mensilmente, è inutile che resti lì a fissarli in cerca di crepe.”
“Sì Kid, scusa, hai ragione.”
Maka sbuffando riprese a leggere quei documenti noiosi, contando i minuti che mancavano all’ora di pranzo.

 

Fine giornata arrivò più velocemente di quanto Maka potesse aspettarsi, e la ragazza lasciò la DWMA quando il sole stava già tramontando.
Si diresse verso casa, soddisfatta: era stata una giornata noiosa, ma produttiva. Non tutti i giorni erano così monotoni: spesso Kid la mandava ancora fuori in missione, specialmente insieme ai suoi studenti in difficoltà, e un po’ d’azione per fortuna non mancava mai.
Dai documenti che Maka aveva approvato quel giorno pareva che un gruppo di streghe stesse per trasferirsi a scuola per frequentare qualche lezione: una cosa assolutamente impensabile qualche anno prima. Maka sorrise tra sé e sé, contenta per la piega che avevano preso i tempi e pregustandosi la cenetta a base di pesce che Blair aveva promesso di preparare.
Soul non viveva più con loro due da un bel po’, ovviamente… la faccenda aveva iniziato a farsi parecchio imbarazzante durante i loro trascorsi.
Raggiunse velocemente il suo vecchio appartamento, e scoprì che la sua amica gatta non aveva deluso le sue aspettative culinarie.

 

Dopo aver lavato i piatti, Maka prese posto sulla sua sedia vicino alla finestra. Aprì le imposte e si appoggiò al davanzale, rimirando fuori. Il cielo era sereno, com’era praticamente tutte le notti, lì in mezzo al deserto del Nevada, e le stelle brillavano come lucciole. La luna, nera, quasi si confondeva con il cielo notturno, e assomigliava vagamente ad una macchia di oscurità nel mezzo dell’incendio luminoso della stellata.
Blair, nella sua forma felina, le si venne a sdraiare sulle ginocchia, come faceva sempre.
“Quando pensi di andare a salvarla?” chiese la gattina, fissando la luna nera con i suoi enormi occhi tondi e gialli.
“Presto. – rispose Maka – Non appena sarò sicura di poter evitare una catastrofe. E poi sto aspettando che Black*Star mi dica che è pronto.”
“Lo dice ogni volta che chiama.” Replicò Blair, inarcando la schiena in uno stiracchiamento.
“Appunto. Questo è il problema.”
“Sbrigatevi, però, per favore. La luna, nera, è strana, non credo che mi ci abituerò mai. E poi Chrona mi manca.”
“Già.” Disse Maka. “Manca tanto anche a me.”
Rimase a fissare la luna, estendendo la sua percezione ultrasensoriale sopra città, nel cielo, sempre più su. Come ogni sera, per tre anni.
Non percepì nessun’anima, come al solito.
Poi si alzò, e si diresse in bagno per lavarsi i denti, mentre Blair si preparava per uscire.




Image and video hosting by TinyPic




Zona Autrice

Eccoci qui con il primo vero capitolo della storia, spero vi sia piaciuto!
Per questa storia ho deciso di intervenire sempre in coda, giusto per dire due cosine sulle mie scelte nel corso della storia: ora parliamo del nome di FJ, il figlio di Stein e Marie! Come probabilmente in molti di voi sapranno, Atsushi Okubo è un grande appassionato del cinema horror, e molti dei suoi personaggi si sono ispirati a film famosi di questo genere. E questo che centra? Semplice, ho deciso di fare come lui e seguire i suoi criteri, così per il nome del figlio di Franken Stein mi sono ispirata al film Frankenstein Junior, che è una parodia dell'originale del 1931 e racconta la storia di uno dei discendenti del vero dottor Fankenstein ( o FrankestIN,  forse XD).
 Detto questo posso solo salutarvi, a lunedì prossimo!

Ps.
Questa è più o meno Maka come io la immagino a 18 anni. Che dite, carina no? :)

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Witches. ***


Witches. 

 Image and video hosting by TinyPic

 

Tutto era nero, come un immenso oceano soffocante. L’aria mancava, si pressava nella gola e restava lì, rifiutandosi di entrare o uscire. L’anima del Kishin era nera, rimanervi intrappolati era spaventoso.
Tutto era terribilmente spaventoso.
Ma Maka non aveva paura, non era sola.
Nemmeno Chrona aveva più paura, perché in realtà non era mai stata sola.
Maka l’aveva vista sorridere.
“Sei tornata per me.” Aveva detto, commossa.
“Sì.”

 
Chrona ormai era fusa in quel nero bestiale, primordiale. Aveva rifiutato di amalgamarsi e scomparire solo perché voleva rivedere lei, Maka. Era rimasta viva solo per lei.
“Non c’è modo di uccidere il Kishin, solo ora che sono una cosa sola con lui l’ho capito.”
Maka non voleva capire.
“Stiamo cercando di trovare un modo per farlo, vieni con noi, lo troveremo insieme, ti prego…”
Chrona aveva sorriso di nuovo, scuotendo la testa.
Maka non voleva capire. Erano mesi che desiderava ritrovare Chrona, salvarla dalla sua oscurità, dalla sua follia, dalla sua disperazione. Ora l’aveva lì davanti, così vicina. Eppure…
“Sigillerò il Kishin Ashura con il mio sangue nero. Devi farlo sanguinare.”
“Ma Chrona, che ne sarà di te?!”
E si era ritrovata stretta fra le sue braccia, così sottili ma anche così forti. Si era sentita scoppiare il cuore e morire, contemporaneamente. Poi, aveva sentito la sua voce, che le aveva mormorato all’orecchio parole dolci e determinate, come non ne aveva sentite mai da lei.
“Tu mi hai dato così tanto, e io non ti ho mai restituito nulla. E poi, devo redimermi da un peccato che faccio fatica a capire... Sinceramente, del mondo non mi importa nulla.
Voglio combattere per te, solo per te.”
Le avevano consegnato i due artefatti demoniaci più preziosi del mago Eibon, il Libro e il Brew, perché potesse tenerli al sicuro con lei e potesse attuare il suo piano grazie al loro potere.

 

Soul aveva trovato una via d’uscita, e trascinò via con sé Maka, guidandola verso la luce dell’esterno, fuori da quell’ammasso di orrore che era l’anima del Kishin.
“Tornerò assolutamente a prenderti! Aspettami!”
Aveva urlato, vedendo Chrona diventare sempre più piccola, una piccola macchiolina nera in un mare di nero, sorridente.
“Io credo in te, Maka.”

 

 

Maka si svegliò di soprassalto, realizzando all’improvviso di essere già in ritardo.
Si passò una mano sul volto per dimenticare le vaghe ombre di sogno che ancora la tenevano legata al sonno, le quali erano così invitanti che non avrebbe esitato un millisecondo a crollare di nuovo sul cuscino se non si fosse data subito una riscossa.
L’argomento Chrona le dava sempre un po’ di ansia. Fin troppa. Nei giorni subito dopo la battaglia sulla Luna non aveva fatto altro che pensare a come tornare indietro a salvare la sua amica, e ci sarebbe pure andata, se Soul non l’avesse fermata. L’aveva fatta ragionare, le aveva detto che correva il rischio di liberare il Kishin una seconda volta. Dovevano aspettare, trovare una soluzione. Soul aveva ragione, ovviamente, e Maka si era rassegnata all’attesa. I mesi erano passati, lei era andata e tornata dall’Egitto, e ancora nessuno sembrava aver trovato alcun modo per liberare Chrona dalla Luna. Lei ci aveva pensato, certo, ma che può fare da sola una ragazzina di quindici anni? Aveva avuto delle idee, aveva insistito, aveva rotto le scatole a tutti, fino a quando alla fine Kid l’aveva presa da parte e le aveva detto, più o meno: “Maka, basta. Ma non lo vuoi capire che Chrona è morta?”
“Sei un cretino, Kid! E queste sono palle! Ti sei solo arreso!” aveva risposto lei, infuriata. Ne era convinta, erano tutte bugie. Black*Star l’aveva sostenuta con tutto il suo entusiasmo, e le aveva promesso che prestissimo sarebbe stato in grado di sconfiggere il Kishin da solo, e allora sarebbero andati a salvare Chrona insieme. Maka ci aveva creduto, fermamente. Anche adesso ci credeva.
Certo, erano passati tre anni…
Chissà quanti ne sarebbero passati, prima di farcela veramente. Prima o poi l’avrebbe fatto. Sicuro.

 

Quel giorno sarebbe arrivata a scuola la delegazione di streghe in prova, i documenti delle quali Maka aveva analizzato e approvato il giorno precedente.
Si sentiva un po’ nervosa, in piedi accanto al portone della DWMA, mentre le aspettava. Gli studenti ronzavano chiacchierando sul grande piazzale assolato, e passando talvolta la salutavano.
C’era Franken Stein, accanto a lei, che però non spiccicava parola; Kid non aveva potuto unirsi al comitato di benvenuto e li aspettava nel suo studio nella Stanza della Morte, insieme a Soul Eater.
“Cosa ne pensa di questa delegazione, Dottor Stein?”
“Ah Maka, te lo dirò quando conoscerò le signorine che la compongono. Perché, sei preoccupata?”
“No… direi di no.”
“Senti, stanno arrivando.”
Maka acuì le sue eccezionali doti di sensitiva, ed effettivamente percepì un gruppo di anime indubitabilmente appartenenti a streghe che si accingevano a salire la scalinata. Una di loro, però, era strana, era quella che le aveva dato quella brutta sensazione di inquietudine, anche da lontano, prima di essere identificata… sembrava quasi familiare.
“Stai tranquilla, Maka. Guarda che vengono in pace.”
“Certo, lo so.”
Dopo lunghi minuti, la comitiva di streghe finalmente entrò nel loro campo visivo, e il duo di accoglienza si fece avanti, pronto per compiere con efficienza il suo dovere con la massima cordialità.
Con grande sorpresa di Maka, il quartetto era composto di tre donne e un uomo. Un uomo-strega!?
Il tizio in questione era un moro dalla pelle pallidissima, più alto del Dottor Stein e magro come un palo della luce; i capelli lunghi gli si adagiavano sulle spalle in lucide spire nere, mentre camminava.
Due delle rimanenti streghe sembravano molto giovani, quasi delle bambine, con bizzarri cappelli pressati sulle chiome scompigliate e dalle strane sfumature colorate.
La quarta strega, invece, aveva un’età indefinibile, pur essendo indubitabilmente nel pieno della giovinezza: indossava un semplicissimo abito nero che le lasciava scoperte le ginocchia e le spalle, sulle quali era tatuato uno strano simbolo a forma di vortice. I suoi capelli castano chiaro erano raccolti in cima alla testa con un ampio chignon, ma una lunga treccia sottile sfuggiva alla capigliatura e cadeva sul suo seno, incorniciandole il volto da una parte. E la sua anima, quella era terrificante. La strega nera sollevò per un secondo i suoi occhi scuri in quelli di Maka, come se si fosse accorta di essere osservata, e alla ragazza corse un brivido di gelo lungo la schiena.
Mentre si avvicinavano sul volto dell’uomo-strega si aprì un ampio sorriso, e allargò le braccia come se fosse stato lui quello che stava accogliendo degli ospiti.
“Che piacere essere qui!” Esordì, con sincero apprezzamento.
“Benvenuti alla DWMA! - li salutò Maka, piacevolmente sorpresa dal grande entusiasmo – E’ un piacere per noi accogliervi! Io sono Maka Albarn, maestra di Falce Demoniaca e assistente personale del Sommo Shinigami. Questo qui con me è il Dottor Franken Stein, consigliere del Sommo Shinigami e professore rinomato in questa scuola.”
“Molto piacere!”
“Molto piacere…” balbettò fra i denti il dottor Stein.
“Io sono Mario Viverna! Stregone e tutore delle qui presenti future studentesse! Vi presento…”
Si scostò, indicando con un teatrale segno della mano inguantata una delle due bambine, quella vestita di blu e viola, con un cappellaccio fornito di ali membranose che quasi le nascondeva i lunghi capelli rossi e gli occhi spiritati.
“…questa è Carrie Bat. E quest’altra invece è Amber Sushi, una vera promessa della trasfigurazione.”
Si fece avanti l’altra bambina, una piccolina dai foltissimi capelli ricci e azzurri come il mare, lunghi fino al sedere. Era visibilmente molto timida, e tormentava la manica del suo vestito bianco.
“Io invece sono Cariddi. Onorata di conoscervi.”
Era stata la quarta strega a parlare, tenendo gli occhi fissi su Maka, quasi come se la volesse mangiare in un boccone.
Mario Viverna ridacchiò, compiaciuto: “Certo, e poi ecco Cariddi. Lei non è sotto la mia tutela, ovviamente, è già piuttosto grandicella.”
Maka era rimasta paralizzata, in silenzio, contravvenendo a qualsivoglia regola di galateo. Non era solo la sua anima, a esserle famigliare, ma anche il suo volto, il suo atteggiamento, i suoi occhi…
“C’è qualche problema, Maka Albarn?”
Cariddi la guardava negli occhi, sprezzante, nonostante il sorriso delizioso che incurvava le sue labbra disegnate.
“Oh, perdonami. Completo. Onorata, Cariddi Gorgon.”
Maka rimase a bocca aperta, e la strega ridacchiò in modo adorabile.
“So che alcune delle mie parenti vi hanno dato molti problemi. Li hanno dati anche a noi, stanne certa. Tranquilla, non ti mangio.”
“…quindi… - iniziò Maka, sentendo il sangue che cominciava a riaffluirle sulle guance – “… un’altra Gorgon?”
“Eh, sì. Siamo una famiglia allargata.”

 

“Sei una sorella di Medusa e Arachne?”
Il gruppo si stava dirigendo verso la Stanza della Morte, generando un drappello di studenti curiosi che gli facevano ala nel corridoio. Mario Viverna ne sembrava molto compiaciuto, Franken Stein decisamente di meno. Maka si era messa a fare domande alla strega Cariddi: passato il panico iniziale, era stata invasa da una curiosità morbosa sulla sua persona.
“No. – Rispose la Gorgon, alla domanda della meister – Mia madre lo era. Si chiamava Circe Gorgon. Ne hai mai sentito parlare?”
“Direi di no.”
“Ma pensa.”
“Ma quindi… la magia è ereditaria?”
“Di solito no. Ma può capitare nelle famiglie più antiche e importanti, a volte.”
“Ah… ed esistono anche streghe maschi? Cioè, Mario…”
“Ah ah ah, sì, come vedi a volte nascono anche uomini con poteri magici. Ma sono rari, rarissimi, direi. Mario forse è l’ultimo ancora in vita.”
“Interessante…”
“Interessante come tuo padre non ti abbia parlato di mia madre, Maka Albarn. Sai, si è mangiato la sua anima.”
Maka si voltò all’improvviso, costernata, e notò che Cariddi, contro ogni aspettativa, sorrideva tranquilla, come aveva fatto da quando si erano incontrate.
“Nessun problema, ovviamente. Erano altri tempi, e anche mia madre vi aveva causato diversi lutti.”
Maka capì il motivo degli sguardi insistenti di Cariddi e del suo probabilissimo rancore. Eppure, eccola lì che sorrideva, quasi sicuramente sforzandosi molto più di Maka nel cercare di creare un’atmosfera cordiale e pacifica. Si diede della stupida. E che imbarazzo, poi, farsi congelare le gambe dal terrore in modo così umiliante dalla prima strega che passa senza un accidenti di motivo preciso… chissà cos’aveva pensato di lei la Gorgon.
“Perdonami, Cariddi, non ne avevo proprio idea.”
“Non importa. Posso capire.”

 

Death the Kid e Soul Evans Eater accolsero streghe e stregone con molto calore, prodigandosi in numerose strette di mano.
Il Sommo Shinigami nutriva altissime aspettative da quel progetto sperimentale, e l’entusiasmo brillava nelle sue pupille dorate in modo quasi infantile mentre si presentava a Mario Viverna. Era una vera gioia per gli occhi, vederlo così pieno di buone speranze, e Maka non poté fare a meno di pensare a quanto le ricordasse suo padre, il vecchio Sommo Shinigami, con il suo inguaribile ottimismo. I rapporti di scambio col mondo delle Streghe erano stati una delle maggiori iniziative di Kid e le cose andavano alla grande, nonostante le paure e le diffidenze iniziali: la nuova politica della DWMA era quella di dimenticare ogni rancore e pregiudizio, e il preside faceva tutto quello che era in suo potere per incoraggiare i suoi studenti e sottoposti a seguirla.
“Quindi lei non è venuto qui come studente, suppongo.” Stava chiedendo Kid, in quel momento, allo stregone.
“No, signore. Sono qui per tenere compagnia alle mie due protette! Ovviamente sarò a vostra disposizione, se in qualche modo posso essere utile qui. Non nego che mi piacerebbe assistere a qualcuna delle vostre lezioni, comunque.”
“Ma certo.”

La seguente mezz’ora fu occupata dal programma che avrebbero affrontato le tre streghe all’interno della DWMA, il progetto consisteva nel loro inserimento a scuola, ma non solo come frequentatrici delle lezioni: le tre si sarebbero cercate un partner, avrebbero formato delle squadre e avrebbero partecipato alle missioni extra-scolastiche come studentesse normali. Ovviamente era tutto sperimentale, e le tre ragazze si erano dimostrate molto disponibili a cambi di programma nel caso di ogni evenienza.
Maka sorrideva, mentre ascoltava il discorso, e nella sua mente si chiedeva che diavolo di casino avrebbe potuto combinare una Gorgon con un’arma ben sincronizzata tra le mani. Era una vera fortuna aver fatto pace con le streghe.
“In fondo, prima un’arma doveva divorare un’anima di strega per poter raggiungere il massimo della sua potenza. La lezione che ne abbiamo tratto è che per scatenare il massimo potenziale dobbiamo mettere insieme le nostre forze: oggi, dopo aver abbandonato quel metodo barbaro, cercheremo di scoprire insieme quali faville potrà creare l’alleanza tra umani e streghe con un rapporto di amicizia. Sono sicurissimo che ci stupirete!”
Death the Kid finì il suo discorso e concluse in bellezza con un occhiolino, probabilmente all’indirizzo di Cariddi, che come le sue parenti, oltre ad essere un po’ inquietante, era anche molto carina.
“Maka, sarai tu a seguirle nei primi tempi, in fondo siamo già a metà anno scolastico.”
“Ricevuto!”
Maka sorrise, ed invitò le streghe a fare un giro della scuola con lei. Stavano per uscire dalla Stanza della Morte, quando qualcuno bussò con insistenza per entrare.
Si rivelò essere il professor Sid, e aveva anche un’espressione parecchio preoccupata stampata sulla sua faccia blu.
“Sommo Shinigami, devo parlarle urgentemente, in privato.”
Kid fece un cenno alla sua assistente, e lei invitò le studentesse sperimentali ed il loro tutore fuori dalla pesante porta di ferro, per essere condotti a visitare la DWMA.
Maka si sforzò di mantenere il sorriso sulle labbra, ma aveva un pessimo presentimento.




Spazio Autrice

Ciao ragazzi, è lunedì e questo significa nuovo aggiornamento! 
Mi rendo conto che questo capitolo, come quello precedente, non contiene un gran ché di azione. Lo so, è che ho avuto bisogno di porre un po' di premesse. Non preoccupatevi, l'azione arriverà molto presto! Robe strane: in questo capitolo Maka si stupisce di trovarsi di fronte una Gorgon pur avendo letto dei documenti riguardo al suo gruppo di streghe, il giorno prima... giustificherei la cosa dicendo che non stava proprio prestando la massima attenzione al suo lavoro, in quel momento - stava più perdendo tempo a rimembrare la sua
love life XD
Ringrazio tutti coloro che mi stanno seguendo in silenzio, e ne approfitto per invitarvi a scrivere qualche recensione così, per dirmi quel che ne pensate! Magari ho cacciato dentro qualche strafalcione di cui non mi sono accorta, nel caso correggerò!
A lunedì prossimo! 

Kiki

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** The mission that failed. ***


The mission that failed. 

 

 

Il deserto era molto bello, ammirato dal piazzale di uno dei tanti giardini pensili della DWMA. La brezza a quell’altitudine era tiepida, sospirava oltre l’orizzonte infinito, piatto e dorato che abbracciava la città, creando echi misteriosi e lontani. Maka apprezzava il sole perenne di quella terra, accarezzava con le dita il cemento del davanzale scaldato dai suoi forti raggi.
Ci aveva portato anche Chrona, in quel posto, la prima volta che era venuta alla DWMA.
In quel momento, però, accanto a lei stava la strega Cariddi.
Mario Viverna aveva accompagnato le piccole Amber e Carrie alla mensa internazionale, mentre la giovane meister era rimasta da sola insieme alla Gorgon; infine, aveva ceduto alla nostalgia e l’aveva accompagnata proprio su quel davanzale. Cariddi, con quella sua strana aura familiare, le faceva tornare in mente i giorni in cui combatteva contro Medusa, e le era ritornata un po’ di voglia di rivivere i momenti lontani della sua adolescenza.
“Ci sono tante Gorgoni, in giro per il mondo?”
La strega si voltò verso Maka, silenziosa. Sì, le ricordava proprio Medusa.
“Insomma, mi hai detto che siete una famiglia allargata.” insistette la ragazza.
“Vive, dici?”
“Emh…”
“Solo io.”
Cavolo, com’era difficile fare conversazione con lei. Maka si sentì sprofondare dall’imbarazzo e non riuscì a pensare a nulla di intelligente da dire. Tutta la famiglia di Cariddi era stata uccisa dalla scuola per cui lei lavorava da sempre, sistematicamente, ed ora eccola lì, a conversare tranquillamente con l’assassina di sua zia Arachne, nonché figlia di quello che si era mangiato l’anima di sua madre Circe. Avrebbe benissimo potuto, chi lo sa, tramare strane vendette e arrugginire nell’odio e nel rancore contro la scuola.
“Ma tu perché sei venuta qui, Cariddi?”
La strega si voltò di nuovo in direzione del deserto, e sembrò soppesare attentamente le parole che le si stavano formando sulla punta della lingua. Poi sospirò.
“Amber e Carrie hanno scelto di unirsi a questo progetto perché non si sentono pienamente accettate nel mondo delle streghe, e sperano di trovare qui una prospettiva di vita più adatta a loro. Sono giovani, hanno tutto il futuro davanti. Io, invece, ho già una certa età, Maka Albarn. Non sono una strega otto centenaria com’erano le altre Gorgoni… ma ho fatto in tempo a vedere cose di cui mi vergogno profondamente, compiute dalla mia famiglia. Diciamo che sono qui perché mi sento un peso sulla coscienza.”
“Oh.”
In effetti, aveva ragione. Sia Arachne che Medusa avevano commesso crimini orrendi nei confronti dell’umanità tanto quanto nei confronti del loro mondo. L’una aveva ucciso le sue stesse sorelle per creare le armi demoniache, l’altra aveva cercato di creare un Kishin, il più grande nemico della loro razza… a proposito di creature traviate da Medusa.
“Ehi Cariddi, hai conosciuto Chrona?”
“Mh?”
“Hai detto che tutte le Gorgoni sono morte, ma non è vero! Chrona è ancora sulla Luna!”
“Ma certo, certo che la conosco… diamine, è stata lei ha sigillare Ashura, come potrei non conoscerla?”
Maka sorrise, sentendosi illuminare all’improvviso di gioia.
“Ma è morta, no?”
Un soffio di vento gelido di tristezza si abbatté sulla meister, spegnendo la candela che si era appena accesa dentro di lei.
“No, non è morta.”
“Davvero? Buon per lei, allora. Ti dirò, la vedevo sempre ai Sabba, ma non ho mai fatto troppo caso alla sua faccia. Medusa se ne stava sempre per gli affari suoi, ed io sinceramente la evitavo più che potevo, con tutto il suo corteo. Poi sono sparite, tutte e due. Quando si è venuto a sapere che Chrona aveva fatto a pezzi sua madre noi streghe abbiamo iniziato a preoccuparci seriamente per colpa sua, soprattutto perché temevamo che si trasformasse sul serio in un Demone. Ma, poi…”
Cariddi si voltò a guardare la pallida ombra grigiastra della luna, bassa nel cielo come se stesse volando fra le escrescenze rocciose e aride del deserto.
“Chi l’avrebbe mai detto che quell’umana insignificante ci avrebbe salvato tutti? Avete davvero fatto un lavoro magnifico lassù, voialtri.”
“Chrona non era insignificante…”
Una voce interruppe all’improvviso i loro discorsi e le due si voltarono all’unisono per vedere chi arrivava: era Soul Evans Eater, si stava avvicinando con una cartella in mano piena di fogli.
Maka non fece in tempo a fermare la strega, che impiegò un paio di secondi per staccarsi dal davanzale del piazzale assolato e salutare prontamente Soul.
“Vi lascio. Mi piacerebbe diventare tua amica, Maka Albarn. Anzi, professoressa Albarn.” e se ne andò.
Soul rimase fissarla mentre si allontanava ancheggiando nel suo abito nero, senza battere ciglio.
“Maledizione, se quella non è Medusa.” borbottò fra i denti.

 

Soul era parecchio cresciuto durante quegli anni: la testa di Maka – che al contrario si era alzata di poco o niente – ora gli arrivava a malapena all’altezza della spalla, e per parlare con lui doveva sempre farsi venire il torcicollo. Era stato molto romantico, quando stavano ancora insieme, alzarsi in punta di piedi ogni volta che si baciavano. Ma era tutto finito, ormai, e ora le restava solo da slogarsi le vertebre del collo ogni volta che voleva fare comunicazione verbale.
In ogni caso, essendo partner per lavoro, avevano lavorato per mantenere comunque un buon rapporto, ed ora erano buoni amici, nonostante tutto. Erano molto legati e lo sarebbero sempre stati: semplicemente, l’amore non era la modalità che andava più a genio alla loro relazione, o almeno questa era la conclusione a cui era arrivata Maka dopo notti insonni passate con Alanis Morissette sparata a massimo volume nelle orecchie.
“Non tornavi più in ufficio, Maka, sono dovuto venirti a cercare. Te la stavi spassando con quella specie di sirenetta inquietante?”
“Ah ah ah dai, ti assicuro che non è così male. Su, dimmi, quale cataclisma biblico ti ha spinto ha scendere due rampe di scale invece di aspettarmi nella Stanza della Morte cinque minuti?”
“Nulla su cui si possa scherzare, purtroppo.”
L’espressione di Soul era molto seria, mentre porgeva a Maka la cartella di file che aveva in mano. La ragazza la aprì e una serie di foto le scivolò tra le dita, causandole un subitaneo sussulto d’orrore fin dal primo colpo d’occhio.
Le foto raffiguravano quattro studenti della DWMA, tra quelli più giovani, feriti piuttosto gravemente e legati a forza a lettini d’ospedale mentre si contorcevano in modo orribile. Maka capì subito di cosa si trattava, e restituì a Soul il suo sguardo preoccupato.
“Era dai tempi di Ashura che non vedevo un simile stato di follia su uno studente addestrato. Cos’è successo?”
“Non lo sappiamo. Erano in missione a Monaco di Baviera per un caso di furto, una cosa facile facile. Oggi è arrivato il rapporto dall’ospedale, con le informazioni che vedi qui.”
I quattro studenti erano stati ritrovati in quelle condizioni presso un piccolo insediamento industriale vicino all’autostrada per Monaco, con segni di un’evidentissima lotta violenta. Il colpevole del furto era sparito senza lasciare né una traccia né un’identità, e si attendevano rinforzi immediati da parte della scuola.
“E’ terribile.” Commentò Maka.
“Sì. Fai le valige, perché stasera ci imbarchiamo per Monaco. Ci saranno anche Kim Diehl e Kid.”
“Kid viene con noi!? - esclamò la ragazza sgomenta. – E’ così grave?”
“E’ proprio perché non lo sappiamo, quanto è grave, che Kid deve venire. Come hai detto anche tu, una follia del genere la può causare solo un demone. Oppure una strega ribelle.” Soul cacciò un’occhiata nella direzione in cui era sparita Cariddi, tanto per far capire quanta fiducia nutrisse nel famigerato nome Gorgon.
“Sbrigati, prendi la roba in ufficio e vai a prepararti. Ci vediamo in aeroporto alle cinque.”

 

La squadra in viaggio era quella delle emergenze. Erano partiti prevedendo di rimanere attivi più di tre giorni, nel caso le cose si fossero davvero messe per il peggio.
Questo comportava che la valigia di Liz Thompson contenesse quei comprensibili quattro kili in più di roba sufficienti a far sborsare a Kid la sovrattassa all’aeroporto in Germania, e che la strega Kim Dihel si trascinasse in giro carica di borsettine appese alle braccia come un albero di Natale fuori stagione. Naturalmente Kid non aveva mai smesso di lavorare insieme alle sue adoratissime pistole simmetriche, nemmeno quando tentava di andare d’accordo con le movenze dall’equilibrio instabile e con il peso irregolare della falce; Liz e Patty continuavano a seguirlo ovunque andasse – tranne che in ufficio, quello lo trovavano troppo noioso – come fedeli compagne e, soprattutto, carissime amiche. Dio sa se esisteva al mondo una donna in grado di sopportare Death the Kid, tutti i giorni, come erano capaci di fare loro due.
Kim era in comitiva poiché era richiesta l’onda guaritrice della sua anima di strega-procione e sarebbe rimasta all’ospedale con gli studenti feriti per aiutarli a riabilitarsi. A Maka non stava particolarmente simpatica, lei e il suo atteggiamento da gatta morta, ma doveva ammettere che doveva avere avuto un gran fegato ad infiltrarsi in incognito alla DWMA in tempi più che sospetti solo per trovare se stessa. Inoltre, Kid le aveva detto che Kim aveva più di cinquant’anni, e accidenti se li portava bene.
Il gruppo raggiunse l’ospedale di Monaco di prima mattina, quando il sole non era ancora sorto sulla città ricoperta di neve. Era metà Febbraio, e la temperatura in nord Europa continuava a rimanere intorno allo zero, non come nel deserto dove sembra che le stagioni si annullino in un’unica giornata di sole. La luce grigiastra e deprimente filtrava dalle finestre dell’ospedale, proiettando ombre regolari sul pavimento di linoleum. Un inquietante coro, formato da strilla umane, echeggiava fra le mura, facendosi sempre più forte man mano che Maka e i suoi compagni avanzavano, dando a tutti un terribile senso di disagio. La squadra dalla DWMA fu condotta da un medico e da alcuni agenti semplici della scuola, di stazione in Germania, davanti alla stanza dove erano in degenza i quattro studenti infortunati, e Kim fu fatta entrare accompagnata dal medico. Le grida si erano intensificate, stridevano insopportabili dentro i timpani e dentro l’anima dei meister e delle armi, turbandoli nel profondo: provenivano da dietro quella porta bianca. Dopo qualche minuto, cessarono, ed i ragazzi furono fatti entrare.

 

Maka pensò subito che si stavano andando a cacciare in qualcosa di molto più grande e pericoloso di tutte le disgrazie che erano accadute negli ultimi tre anni, lo capì all’istante, non appena vide le facce sconvolte di quei poveri studenti.
Erano molto giovani, intorno ai tredici anni, e non facevano nemmeno parte della classe Crescent Moon, la sezione più avanzata. La maggior parte di loro aveva ampie bendature su tutto il corpo, ed un paio aveva una gamba o un braccio fratturato; Kim stava finendo di curare l’ultimo ragazzino con la sua anima, aveva le mani gentilmente posate sulla sua fronte e gli sorrideva, tranquillizzante.
Se Maka non avesse saputo che i suoi poveri studenti erano appena stati curati avrebbe scommesso una mano sul fuoco che fossero ancora nel mezzo di una terribile crisi, dalle profonde occhiaie che cerchiavano i loro occhi e l’estremo pallore delle guance.
“Avete letto il rapporto, signore, non siamo riusciti a identificare l’autore di questo disastro. Purtroppo i ragazzi sono stati attaccati mentre lo stavano braccando e quando li abbiamo ritrovati non erano in grado di comunicarcelo.”
Death the Kid annuì all’indirizzo dell’agente tedesco, il quale sembrava tremare di orrore solo a ricordare le vicende delle ultime ore.
“E’ stato molto complicato anche trasportarli fino a qui, signore. Meno male che c’è la signorina Kim… grazie per essere venuti. Siamo nelle vostre mani.”
Uno dei meister stesi sul lettino, un ragazzo orientale con un lungo taglio sulla guancia pallida, trovò le forze di aggrapparsi al giaccone di Maka, per attirare la sua attenzione. Lei si voltò subito al suo capezzale.
“Prof Albarn, Sommo Shinigami… la signorina Kim ci ha spiegato che siete venuti per aiutarci!”
“Non dovresti fare sforzi, adesso.” Lo zittì Maka, premurosa.
“No… state attenti! L’uomo che ha compiuto il furto della collana che stavamo cercando… non è solo un uovo di Kishin! È il Kishin! È un demone inarrestabile!”
“Grazie dell’avvertimento, ragazzo. – rispose Death the Kid, serio – Ora capiremo se quello che abbiamo di fronte è un Demone o no. Ne abbiamo già sconfitto uno, sarà uno scherzo abbatterne un secondo. Quindi, abbi fiducia! Chiederemo il tuo aiuto quando tu e i tuoi compagni starete meglio!”
“Ecco, appunto!” a parlare era stata la strega Kim, con le mani piantate nei fianchi ed una faccia piuttosto arrabbiata: “Non state a disturbare questi ragazzi! Devono riprendersi.”
Se l’era presa nonostante l’intensa simpatia che Kid aveva infuso nella sua rassicurazione, coinvolgendo il ragazzino esattamente come se fosse stato un suo pari. Diamine, più cresceva e più diventava la copia sputata di suo padre.
“Sarà il caso che diamo un’occhiata al luogo del delitto.” Propose Soul Eater.
“Sì, andiamo.”
“Io resterò qui coi ragazzi – continuò Kim, ancora un po’ corrucciata – Non appena staranno meglio cercherò di ottenere tutte le informazioni che hanno raccolto prima di finire preda della follia.”
Decretato il piano d’azione, la squadra di meister e armi si mise in marcia fuori dall’ospedale, preparata a trovarsi davanti il peggio.

 

Il cielo era grigio. Il sole sembrava quasi non trovare l’energia di splendere oltre lo spesso strato di nubi, e quindi abbandonava, pigro, il paesaggio in uno stato di penombra simile al crepuscolo. La luce polverosa era intrisa di qualche sporadico fiocco di neve, sospirato da un lieve fiato di vento gelido. I motori delle automobili rombavano in lontananza come una sirena deprimente, sfrecciando sull’autostrada sopraelevata che incombeva a lato del centro industriale abbandonato.
Tutto in quel luogo sospirava mestizia, insignificanza: era come se la tristezza di quel vecchio capannone abbandonato, circondato da qualche silos, vuoto, stesse abbattendo le loro anime.
Era una pessima aura, Maka la sentiva.
La neve aveva ricoperto tutte le tracce dello scontro, ma non fu complicato notarle all’istante: il vecchio capannone di mattoni aveva uno dei muri esterni crollato per metà, colpito con una forza sovrumana verso l’interno. I due meister e le loro armi sapevano che nessuno degli studenti che avevano combattuto in quel luogo aveva una potenza tale da produrre un impatto simile. Il resto delle mura era ricoperto da quelli che sembravano graffi, che continuavano in buona parte anche sul primo silos di metallo. La sottile impalcatura e la scaletta di acciaio attaccati alla struttura erano ancora al loro posto, ma distorte e involute su loro stesse come se fossero state accartocciate da mani gigantesche.
“Quello mi ricorda molto il tempio deforme dove era nascosto Ashura.” Mormorò Maka, spaventata.
Proseguirono nelle ricerche, esaminando anche l’interno del capanno e gli altri silos; le sorelle Thompson e Soul Eater restavano trasformati nella loro forma d’armi, strettamente impugnati dai loro maestri, poiché erano ben consapevoli che potevano essere attaccati da un momento all’altro.
Non trovarono nulla, solo altri segni di lotta: Death the Kid dedusse dalle tracce che doveva essersi trattato di un combattimento fisico, una vera e propria rissa contro quello che dalle tracce sembrava una bestia animalesca e rabbiosa.
Maka passò in rassegna ogni centimetro del luogo con la sua vista spirituale, espandendo le sue percezioni in modo da cogliere ogni eventuale minaccia nascosta. Nulla. Solo, quella vaga disperazione nell’aria di cui aveva fatto esperienza non appena avevano messo piede in mezzo a quei silos.
Decisero di averne avuto abbastanza, di andare via da quel posto deprimente e di attendere che i quattro studenti si fossero rimessi in forze abbastanza da condividere le informazioni che avevano raccolto.
Stavano appunto per uscire, quando Maka e Kid sentirono qualcosa.
Un lieve cambiamento, una leggera presenza.
Si voltarono entrambi, insieme, e accanto alla scalinata deforme del silos più vicino videro un’alta figura vestita di nero.
Li guardava, mesta. La disordinata chioma rosata si muoveva nel vento libera e leggera come i fiocchi di neve.
Maka la riconobbe, ed il suo cuore perse un battito. Poi chiamò il suo nome.
“Chrona!?”
Non fecero nemmeno in tempo a sbattere le ciglia, che la figura era già svanita nel vento, come un fantasma.


Image and video hosting by TinyPic



Spazio Autrice

Ciao ragazzi! È lunedì e succedono le cose! -cit.
Perché sì, finalmente le cose hanno iniziato a succedere! So di avervi fatto attendere, ma finalmente iniziano i casini e la storia si complica.
Ora, come al solito, un paio di curiosità: Cariddi è il nome di un mostro mitologico che divorava le navi nello stretto di Messina (insieme a Scilla... che però non mi piaceva come suonava XD): ho scelto questo per la Gorgone perché sia Medusa che Arachne sono creature mostruose della mitologia classica, e quindi volevo mantenere una certa coerenza. Ho scelto proprio Cariddi perché il suo mito è nato a causa dei forti vortici nel mare dello stretto che causavano naufragi- infatti la strega li ha tatuati sulle spalle.
Seconda cosuccia: la scena finale di questo capitolo - l'apparizione fantasmagorica di Chrona - è stata la prima immagine in assoluto che mi è venuta in mente per questa storia, quindi, tutto quanto è stato costruito attorno a questo momento. Yep.
Grazie a tutti i miei lettori e recensori che hanno la pazienza e la voglia di leggere questa storia, e a lunedì prossimo!
Bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The ghost. ***


The ghost.

 

 Image and video hosting by TinyPic

 

 

I tuoi occhi neri, enormi, tristi. Mi sono mancati.
Stai alta, immobile, come una statua nera nel candore della neve. E mi guardi.
Sì, è me che stai guardando, coi tuoi occhi mesti. Mi guardi, silenziosa.
Dopo tre anni, torni dalla morte. La morte?
Non so cosa ti porti qui, ma, non so perché, mi sollevi una pietra dal cuore, pesante come una stele.
Mi sei mancata, Chrona.
Mi sei mancata tanto.

   

Perdonami se non sono tornata da te, spero che tu non sia arrabbiata.
Temevo di rigettare il mondo nella follia, ma sono stata una sciocca, avrei dovuto cercarti molto prima. I tuoi occhi velati mi fanno sentire male. Perdonami, non ti abbandonerei mai.
Vorrei leggere il tuo sguardo, durato per meno di un respiro prima di dissolversi nel vento: cosa vuoi dirmi? Ti sono mancata anche io?
Mi guardi, mesta e silenziosa.
E resti nella mia anima, non vai più via.

 

 

 

“L’hai vista anche tu, vero, Kid?”
“Sì, Maka. L’ho vista eccome.”

 

Maka e Death the Kid si trovavano insieme alle armi al bar dell’ospedale, davanti a un bicchiere di plastica pieno di the bollente. Dopo aver visto Chrona sul luogo del delitto, la squadra si era precipitata a controllare nuovamente il sito per cercarne le tracce, per capire da dove fosse saltata fuori: non avevano trovato niente, se non delle lievissime impronte nel punto in cui era apparsa.
Il problema era che c’erano solo dei leggeri solchi dove stavano i suoi piedi, ma nessuna traccia a testimoniare il percorso che aveva fatto per arrivare lì o per andarsene. Ovviamente era inutile cercare di comparare le sue impronte con quelle lasciate dal fantomatico colpevole, poiché ormai le vecchie tracce erano state ricoperte di neve.
“Secondo me deve essere scesa dalla Luna.” affermò Patty, mentre addentava una ciambella zuccherata.
“E’ inutile che dici l’ovvio, sorellina – ribatté Liz, incrociando le gambe – L’abbiamo lasciata lì, da dove vuoi che sia venuta?”
Kid fece una smorfia: “Se non avessimo visto le impronte, sarei portato a pensare che Chrona sia ancora sulla Luna. E persino le impronte erano troppo poco profonde per essere state lasciate da una persona, sembravano impresse da qualcosa di etereo.”
“Pensi che sia stata un’allucinazione collettiva?” chiese Soul Eater.
“Non lo so, non ci capisco niente. Ma stiamo evadendo il problema: che cosa ci stava facendo, lì, Chrona?”
“Non so. – azzardò Liz – Indagava anche lei?”
“Ritengo più probabile che sia coinvolta in qualche modo in questa storia.” dichiarò Kid, serissimo.
“Ma… era rinsavita prima di intrappolare Ashura, no?” chiese Liz con una certa ansia nella voce.
“Sì, lo era. Ma sono passati tre anni, e noi la credevamo morta. E invece, eccola lì. Cosa avrà fatto in tutto questo tempo? E il Kishin? Non doveva tenerlo in trappola? Ha proiettato un’allucinazione sulla terra? Ha combinato lei quel disastro? Ricordate, vero, com’era diventata? Teneva testa a Black*Star con la sola forza fisica. Se non avesse avuto una mente fragile ci avrebbe fatto a pezzi ancora prima che Ashura si fosse risvegliato e l’avesse inglobata nel suo corpo.”
“Preferisco non pensarci…” mormorò Liz.
“Beh, dobbiamo! Ora è il nostro lavoro e dovere morale! Cavolo, voglio confrontarmi col dottor Stein…Stai bene, Maka?”
Kid si era appena accorto che la giovane meister non dava molti segni di star seguendo il discorso: se ne stava con lo sguardo puntato nel suo the, vacuo, e pareva piuttosto pallida. Il Sommo Shinigami realizzò che, in effetti, quelle dovevano essere notizie piuttosto dure per lei che era stata la migliore amica di Chrona, che aveva sofferto più di tutti quando aveva tradito la DWMA e che aveva lottato con le unghie e coi denti per tirarla fuori dalla sua oscurità, prima di perderla di nuovo non appena si erano ritrovate. Ma Maka si riscosse non appena fu presa in causa.
“Pensavo… tutto qui.”
“Cos’hai pensato, Maka?” chiese Patty, finendo di divorare la sua ciambella.
Maka sospirò, prima di rispondere: “Penso che questi sono discorsi prematuri. Fra qualche ora gli studenti ci dovrebbero dare l’identità del loro assalitore, quindi direi di attendere fino a quel momento.”
Soul guardava la sua meister preoccupato, come se la vedesse malata.
“Almeno, ora abbiamo la certezza che è viva.” disse la falce, cercando di tirarle un po’ su il morale.
“Già!”
Maka sorrise, e in quel momento scese un infermiere a chiamarli: i ragazzi erano pronti a parlare con loro dell’attacco che avevano subito.
La squadra lasciò le bevande a metà e si avviò subito alla stanza dove erano in degenza.

 

Marc Schwartzmann, cinquantatre anni, scapolo, impiegato di banca.
Una degli studenti, una ragazzina coreana, mostrò le fotografie che aveva salvato sul suo cellulare, tratte da fermi immagine delle telecamere di sicurezza della magione che era stata derubata.
“Ha rubato una collana di pietre preziose dalla casa della baronessa Olga Shultz. Ci era sembrato molto strano, la sua fedina penale era pulitissima prima di questo furto. Pochi giorni prima del delitto aveva iniziato a comportarsi in modo scostante e aggressivo, per questo gli agenti del posto hanno pensato che potesse essersi trasformato in un uovo di Kishin, per qualche motivo. Noi ne dubitavamo, ma… quando ci ha attaccato, fuori città, era forte come un vero demone. È stato terribile, non siamo riusciti a fargli nemmeno un graffio.”
Quei bravi ragazzi erano riusciti anche a trovare l’indirizzo di casa dell’uomo, ed il luogo dove era stata nascosta la refurtiva – il complesso industriale abbandonato - , ma ovviamente non avevano ancora potuto dirlo a nessuno. L’indizio che li aveva condotti lontano dai soccorsi, vicino all’autostrada, si era rivelato una trappola congegnata apposta per eliminarli: non vi avevano trovato nessuna collana e soprattutto erano stati attaccati di sorpresa.
“Sicuramente si è accorto di noi, che lo stavamo stanando. Doveva aver paura che lo smascherassimo. E così, ci ha spinto fino ad un luogo isolato e ci ha messo fuori gioco.”
“Benissimo. – rispose Kid, riconsegnando alla legittima proprietaria il suo telefono di ultima generazione – Avete fatto un ottimo lavoro. Ora andremo a fare una visitina a casa sua.”

 

Maka, Soul, Liz, Patty, Death the Kid ed un cospicuo numero di agenti di stanza a Monaco si avviarono in spedizione, dopo appena qualche manciata di minuti, all’indirizzo di Marc Schwartzmann, armati fino ai denti. Era scesa la sera, ormai, e nonostante la stanchezza erano tutti agguerriti e decisi a scoprire qualcosa di più per catturare il mostro.
Si aspettavano di trovare la casa vuota, abbandonata di fretta e furia magari, e speravano di trovare qualche altro indizio che svelasse qualcosa in più sulla sua strana trasformazione in Demone; di certo rimasero a bocca aperta quando l’interessato rispose al citofono, con la massima tranquillità.
L’uomo che aveva massacrato quattro degli studenti di classe combattiva della DWMA senza il minimo sforzo invitò gli agenti a salire in casa, come se niente fosse, e chiese pure il motivo di tanta agitazione.
“Marc Schwartzmann, lei è accusato di furto e di aver quasi ucciso quattro studenti che erano venuti ad arrestarla.”
Marc rispose spalancando gli occhi, allibito. Non ne sapeva nulla.
Kid diede disposizioni di perquisire la sua abitazione da cima a fondo, e si dedicò a interrogare il colpevole insieme ad un agente che faceva da traduttore, poiché di colpevole si trattava, senza ombra dubbio: lo avevano indicato chiaramente gli stessi studenti!
Maka rimase ad ascoltare lì in piedi l’interrogatorio, ma il suo cervello lavorava su altri argomenti, e captò solo una parte delle parole che venivano pronunciate davanti a lei: Chrona non c’entrava nulla, ecco a cosa stava pensando.
Kid aveva fatto male a sospettare subito di lei, infatti né i ragazzini né tantomeno Marc l’avevano mai vista, e poi a lei non sarebbe mai importato nulla di rubare una stupida collana di pietre preziose! Cosa ci faceva lì, allora, la sua amica? Era tornata veramente? Era arrabbiata con lei perché non era venuta a salvarla?
Presa da raptus momentaneo, Maka si lanciò in direzione della finestra aperta più vicina al suo raggio d’azione, e lanciò lo sguardo in direzione della Luna: nuvole. Maledette nuvole, coprivano il cielo fin da quando erano scesi dall’aereo, e per di più la sera prima aveva dimenticato di salutare il satellite ricoperto di sangue nero per la fretta di partire, e non l’aveva controllato.
“Signorina Albarn – la chiamò un agente, estraendo qualcosa di molto luccicante da un cassetto di una credenza – guardi un po’ cosa abbiamo qui.”
Tra le mani dell’agente brillava un incredibile collare d’oro incastonato di diamanti, rubini e quarzi.
“Sembra che abbiamo trovato la refurtiva.”

 

Quello che il Sommo Shinigami e i suoi agenti scoprirono nella casa di Marc Schwartzmann non aiutò assolutamente a risolvere il mistero del Demone, anzi, scatenò nuovi inquietanti dubbi.
Il signor Schwartzmann non aveva nessuna memoria del furto, né tantomeno dell’attacco agli studenti: aveva affermato di avere un vuoto di memoria riguardo ai tre giorni precedenti, e si dimostrò estremamente sconvolto non appena la collana della baronessa Shultz fu ritrovata nel cassetto della sua credenza insieme all’argenteria. Sul suo corpo, inoltre, non c’era un graffio.
Nelle ore seguenti l’uomo fu riconosciuto anche dagli studenti ricoverati in ospedale, e nonostante si dichiarasse estremamente dispiaciuto e stranito fu messo in stato di arresto; Death the Kid decise di condurlo con sé in Nevada per tenerlo sott’occhio – e magari fargli dare una passata dal dottor Stein, che non faceva mai male.
La collana rubata fu restituita alla baronessa, e la squadra risalì sull’aereo per il Nevada la sera dopo il giorno dell’ispezione. Non c’era più nulla da trovare: avevano un colpevole e avevano la refurtiva.
C’era una sola domanda che ronzava nella mente di tutti: perché?
E, soprattutto: Chrona c’entrava qualcosa?
Non l’avevano più vista. Nessuno l’aveva vista tranne Kid, Liz, Patty, Maka e Soul, in quello strano momento, sotto la neve, accanto al silos.
Death the Kid progettava di far partire un’indagine approfondita. Maka, pure, ma non per i suoi stessi motivi.

 

 

Il viaggio in Germania aveva stancato la giovane Albarn profondamente, la ragazza si sentiva debole fin nelle ossa. Quando arrivarono a Death City Soul le si avvicinò, prese la sua borsa senza dire una parola e la aggiunse al peso di quelle che portava lui, appoggiate sulle spalle. Maka non si oppose, ma nemmeno lo ringraziò.
“Ti accompagno a casa, così non devi portare questo macigno da sola. Ok?”
Stavano camminando in salita sulle strade ricoperte di sampietrini del centro. Il cielo era coperto nelle nuvole anche nel deserto, quella notte, come se il clima americano avesse subito il contagio da quello uggioso dell’Europa.
“Sì, grazie, Soul.”
“Senti, Maka… posso tenerti un po’ di compagnia, stasera?”
Maka si irrigidì all’istante.
“Avevo capito che frequentavi una ragazza dell’ultimo anno.”
“… ma che centra, adesso? Voglio solo parlarti.”
Maka sospirò, rilassando i muscoli; era troppo distrutta per mettersi in disposizione d’animo di accettare un tentativo di riconciliazione di Soul, non ne aveva proprio voglia.
“Dimmi dai, ti ascolto.”
“Sono preoccupato per te.”
“Perché?”
“E’ per Chrona.”
La ragazza fermò il passo, e si voltò a guardare il suo partner dritto negli occhi.
“Quale sarebbe il problema?”
Soul sbuffò.
“Ecco, questo è il problema. Guarda come hai reagito. Mi sembri molto assente da quando l’abbiamo vista, e credo che questa cosa ti stia facendo molto più male del necessario.”
“Stai scherzando!? – Maka si ritrovò ad alzare la voce, senza nemmeno accorgersene – Lei è la mia migliore amica, Soul! Le avevo promesso che sarei venuta a salvarla, ma non l’ho fatto! Mi sto sentendo un verme! Eppure sono anche così schifosamente felice che sia viva, accidenti…sono una persona orribile!”
Soul rimase a fissare la ragazza che gesticolava, paziente, tenendosi le due valige sulle spalle. Poi sorrise in quel suo modo un po’ storto, un po’ ironico e un po’ bonario, che Maka aveva sempre trovato così rassicurante.
“Guardati. Sei sconvolta.”
Maka fece un cenno esasperato, e i due ripresero a camminare. Era vero, si sentiva completamente frastornata, non sapeva se d’ansia o di gioia. Era una sensazione strana.
“Anche io sono felice che sia viva. – continuò a dire Soul – Ma qui arriva il problema. Tu sei consapevole, Maka, che potrebbe essere impazzita di nuovo, vero? Potrebbe esserci lei dietro questa storia del Demone.”
“Non dire idiozie, per favore.”
“Maka.” il tono di Soul ora era serio. La ragazza voltò verso di lui, e l’espressione che aveva assunto il suo volto non le piacque per niente.
“Mi conosci, mi piace fare l’idiota. Ma sto parlando seriamente. Fidati, io so quanto tu sia affezionata a quella ragazza, ed è per questo che ho paura. Temo che possa farti soffrire di nuovo, come quando è scappata dalla scuola e ci ha tradito. Come quando ha assassinato la Falce della Morte in Russia. Quando ha distrutto un’intera città ucraina. Senti… credo solo che dovresti calmarti un po’. Tutto qui.”
Maka rimase in silenzio per qualche lungo secondo.

 

“Tu mi hai dato così tanto, ed io non ti ho mai restituito nulla. E poi, devo redimermi da un peccato che faccio fatica a capire... Sinceramente, del mondo non mi importa nulla.
Voglio combattere per te, solo per te.”

 

“E’ impossibile che Chrona sia impazzita di nuovo.” statuì Maka, guardando dritto davanti a sé.
“Posso capire che tu e Kid sospettiate di lei, è naturale. Io, non so perché, non ce la faccio. Forse non voglio. In ogni caso, sono assolutamente convinta che lei non abbia nulla a che fare con le torture che hanno subito quei poveri studenti.”
Soul la guardava, silenzioso, in attesa che finisse il suo discorso.
“Inoltre, c’è un’altra cosa. Tu non c’eri quella volta che l’ho incontrata dentro alla chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze, quando ho cercato di farla ragionare prima che cercasse di mangiarsi il Kishin sulla Luna. Era completamente fuori di testa. Ma mi aveva detto una cosa, e cioè che non intendeva più far del male a nessuno, anche se fosse stata attaccata. Di conseguenza, anche se fosse impazzita di nuovo come dici tu, sicuramente non è stata lei. Quindi per favore smettila.”
“Non darei molto peso a parole dette nel delirio.” commentò Soul.
“Smettila.”
“Maka, ti prego.”
“Soul, dai.”
Maka si fermò di nuovo, e si posizionò davanti al ragazzo albino, bloccandogli il cammino. La luce dei lampioni si rifletteva nei suoi grandi occhi verdi, vagamente a mandorla, creando strani riflessi dorati.
“Sono lusingata, ma davvero, non preoccuparti. Sto bene.”
La ragazza sorrise, e protese la mano per farsi dare la sua borsa; ormai casa sua era dietro l’angolo.
“Se Chrona risulterà colpevole in qualche modo, prenderemo i giusti provvedimenti, no? Intanto, sto solo impazzendo dalla voglia di incontrare di nuovo la mia migliore amica. Basta così. Grazie per avermi portato i bagagli.”
Detto questo Maka girò sui tacchi e sparì nella via di casa sua, lasciando Soul lì in piedi, perplesso.
Il ragazzo sospirò, e scrollò le spalle, riprendendo a camminare.
Ma sì, Maka era forte. Sembrava solo una completa psicopatica, quando mai uno non dovrebbe preoccuparsi?




Spazio Autrice

Buon Lunedì a tutti!
Finalmente è il momento per il quinto capitolo, spero vi sia piaciuto! 
Oggi sono un po' stanca - ho appena finito una mega sessione di esami - quindi mi limiterò a dire due paroline sulle mie preferenze di shipping, più in particolare il SoXMa. Come potete vedere nella mia fic, almeno a questo punto della storia, i due signorini si sono lasciati ormai da un po' di tempo ma la loro storia nei tempi che furono è stata intensa e romantica. Non sto a dire le ship che tendo a fare io, anche perché sarebbe un tantino brutto da dire a questo punto della trama (oh, ma chi ha già letto qualcosa di mio le conosce piuttosto bene) ma diciamo che il SoXMa non è tra  quelle che apprezzo di più, pur essendo la più esplicita di tutta la serie. E poi, non prendiamoci in giro, quei due piacciono anche a me - sono tatosi *.*-, quindi ho deciso di onorare la ship a modo mio, ponendola in un passato poco lontano. Ahahah lo so, sono posizioni strane per una fan di Soul Eater, ma che volete farci, sono trasgry XD.
Poi leggerete voi stessi come si evolverà la situazione!
Grazie a tutti i miei lettori e recensori, e a settimana prossima!

Bye!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Say something, please. ***


Say something, please. 

 

 

Ricordo la prima volta che ti ho vista sorridere. Che tenera, che eri, sembravi un pulcino che ritrova la strada per il nido. Mi scaldavi il cuore ogni volta che ti vedevo.
Ricordo la prima volta che ho visto la tua anima, che l’ho toccata.
Era immensa. Bellissima. Ti si rifletteva negli occhi quando sorridevi.
Tu…non mi odi, vero, Chrona?
Sei, alta, nella neve. Nera. Mi guardi, e non dici nulla.
Cosa vuoi dirmi? Cosa vuoi dirmi?
Dì qualcosa, per favore.

 

Per favore, Chrona, non dirmi che sei di nuovo caduta nella follia.
Perché avresti dovuto farlo? Perché?
È colpa mia?
È perché ti ho abbandonata, come la peggiore delle stronze?
Come tua madre?
È per questo che hai quasi ucciso quattro studenti?
Ti prego, dimmi che non sei stata tu.
Dimmi qualcosa, dimmi qualcosa!

 

La tua immagine fissa, nella neve, i tuoi occhi tristi che mi fissano.
Mi dispiace, io ti voglio bene.
Te lo giuro, ti voglio un sacco di bene.
Ti vedo, davanti a me, e vorrei correrti incontro. Da quanto mi guardi così?
Mi guardi così da lassù, dalla Luna? Hai vegliato su di me per tre anni?
Come un angelo?
Oppure, semplicemente, mi aspettavi. Ed io non sono mai arrivata.
Ti prego, dimmi qualcosa, sto impazzendo.
Mi mandi fuori di testa, se mi guardi così.
Ti scongiuro, dimmi qualcosa.

 

 

Blair aveva preparato la colazione, quella mattina, e Maka fu svegliata da un delizioso profumino di caffè. Grazie a Dio, finalmente era sabato, anche se la fanciulla non percepiva per nulla la spensierata gaiezza delle mattine dei giorni di vacanza.
Blair se ne accorse subito, mentre le versava un po’ di latte nella tazza, avvolta nella sua vestaglia viola che nonostante fosse molto coprente non riusciva a nascondere del tutto il suo decolté:
“Hai avuto gli incubi, Maka?”
Era molto premurosa, la gatta: erano ben quattro anni che vivevano insieme, e ormai lei e Maka erano diventate l’una per l’altra qualcosa di molto simile a una sorella, oppure semplicemente si erano legate come una ragazza gattara e la sua micia, con l’unica differenza che Blair occasionalmente prendeva forma umana e andava a lavorare nei night club. Tendevano a non tacersi nulla, poiché ormai avevano capito di aver trovato nell’altra una confidente leale e sincera.
“Ho sognato Chrona. Tutta la notte.”
Maka lasciò affondare il volto fra le mani come se stesse naufragandoci dentro, consapevole di avere una cera salutare come quella di un fantasma.
“E’ un’immagine fissa… sto diventando matta.”
“Pensavo che fossi contenta di averla rivista.” commentò Blair, sorseggiando il suo latte tiepido.
“Ma sì, sono felicissima, infatti…”
Felice? Veramente Maka era felice? Dio mio, dire che era felice le sembrava riduttivo, si sentiva l’anima tremare in stato di euforia ogni volta che ci pensava. Però…
“Però… Blair, e se è arrabbiata con me?”
“Arrabbiata?”
“Sì… le avevo promesso che sarei venuta a salvarla. Ma non ci sono andata. Magari mi odia, adesso. Sto morendo dalla voglia di rivederla di nuovo, ma con che faccia mi presento? Sono una persona orribile…”
Blair si mise a ridacchiare al tono lamentoso ed assonnato della sua coinquilina, e Maka tolse le mani da davanti agli occhi cerchiati e glieli puntò addosso, un po’ irritata dalla sua reazione.
“Secondo me esageri, Maka. Guarda che Chrona sapeva benissimo che non potevi salvarla senza liberare Ashura nel frattempo… non è mica scema! Chissà come ha fatto a scendere dalla Luna da sola, piuttosto… probabilmente anche lei non vede l’ora di vederti.”
“Dici?”
“Massì.”
Blair finì la sua tazzina di latte e si alzò dalla sedia, lasciando Maka seduta a perdersi nei suoi pensieri.
“Hai ragione, Blair. Sto esagerando.”
“Ahahah, Maka che si fa delle paranoie assolutamente inutili su una persona. Da quant’è che non la vedevo? Ummh…”
“Ehi, dove vuoi arrivare?”
“Niente, niente…”
Anche Maka finì il suo caffelatte e si alzò per lavare la tazza nel lavandino.
“Vado a fare shopping stamattina – disse Blair – Vuoi venire?”
“Sì, dai.”

 

Era un po’ di tempo che Maka non andava a fare compere, e quello era un ottimo momento per cercare un po’ di distrazione. Blair aveva ragione, si stava davvero facendo delle paranoie inutili: Chrona poteva essere instabile e deviata, ma certo scema non lo era. Però… però…
Maka si stava spazzolando davanti allo specchio i lunghi capelli biondo cenere. Li aveva lasciati crescere un po’, da quando era una ragazzina, ed ora le cadevano in liste sottili fino a ben oltre il seno, lievemente ritorti in boccoli blandi. Lei ci aveva provato a renderli un po’ più mossi, ma i geni giapponesi di sua madre non perdonavano: l’unico effetto di una sua permanente era stato ottenere che i suoi codini cadessero sulle spalle ritorcendosi stancamente un paio di volte su se stessi, e solo verso le punte. Stupidi spaghetti da orientale. In ogni caso, aveva abbandonato da tempo la sua acconciatura da teenager, ed ora i suoi codini erano allacciati molto più sobriamente sulla nuca, sotto le orecchie, in modo tale che almeno quel poco di chioma che aveva se ne stesse in bella vista sul davanti. Poi, Soul le diceva che la sua nuca era molto gradevole alla vista, quindi le faceva sempre piacere tenerla scoperta.
Anche a Chrona piacevano i suoi codini, glielo aveva detto la prima volta che si erano viste, in un contesto non proprio amichevole. Beh, certo che, se una persona ti fa dei complimenti quando sta per tentare di ucciderti, probabilmente son sinceri.
Maka si legò i capelli e si mise un po’ di correttore sulle occhiaie, tentando di rimediare allo scempio che era stato generato dalla terribile nottata.
Ma certo, Chrona non la odiava. Però…
Era come una pulce nell’orecchio, uno di quei pensieri che nemmeno la logica più schiacciante può silenziare del tutto. Ed era molto più grave del semplice fatto che Chrona potesse essere arrabbiata con lei.
E se fosse stata davvero lei la causa della strage di Monaco?
E se l’avesse fatto perché era di nuovo impazzita? E se la colpa fosse stata proprio di Maka?
No, doveva smettere di pensarci. Erano solo paranoie.
Recuperò il suo impermeabile beige e si apprestò ad uscire con Blair. Fuori diluviava.

 

La meta destinata per quella sera era un pub di fresca apertura, chiamato Red Cheek. Il vecchio gruppo di amici di Maka usciva ogni sabato sera, dato che sul lavoro non riuscivano a farsi diventar matti a vicenda abbastanza; però, dopotutto, per la ragazza erano come una famiglia.
Insomma, suo padre era stato spedito a far da supervisore in Oceania al posto di Mary Mjolnir – non che Maka gli avesse mai permesso di starle troppo addosso – e sua mamma era presente sottoforma di una cartolina mensile nella cassetta della posta, da quando si erano separate. Non che le andasse male, eh, infatti preferiva di gran lunga la compagnia dei suoi chiassosi amici a quella di quei due rompiscatole dei suoi genitori.
L’insegna di neon rossa intermittente del Red Cheek sembrava suggerire un tipo di locale non proprio da serata raffinata.
“Ma porca miseria Kid! Avevi detto che è un posto carino, invece non mi stupirei di trovare Blair a lavorarci dentro!” stava dicendo Liz, mentre si stava avvicinando al ritrovo insieme a Death the Kid e Patty.
Maka era rimasta anche lei un po’ scandalizzata, ma le passò in fretta non appena Kid le fece un complimento per il suo vestito nuovo.
“Potevi anche dircelo che era un locale con le donnine, però.”
Kid aveva stampato in faccia un sorriso sornione: “Che vuoi farci, non lo sapevo…”
Patty scoppiò a ridere come una pazza, facendo scuotere il generoso davanzale stritolato e sollevato da un incredibile push-up che emergeva dalla scollatura della t-shirt. Certo che anche lei era a tema, quella sera…
Poco dopo arrivò anche Soul, ed annunciò che Black*Star e Tsubaki li salutavano tutti dal Giappone: li aveva chiamati anche per informarli della situazione corrente della DWMA.
“Senti Soul, parliamone domani mattina di criminali a piede libero. – disse Kid, prendendo Patty sottobraccio – Adesso divertiamoci un po’!”
“Ok, sembra anche un bel posto…” iniziò a commentare Soul, finché da un angolo spuntò fuori una sculettante Blair, diretta verso l’ingresso; li notò, si sbracciò e si mise a correre verso di loro.
“Visto, che ti avevo detto.” commentò Liz, mentre gli altri già ridacchiavano.
Entrarono tutti insieme e si trovarono un bel tavolino sotto il palco. Nonostante le prime impressioni, quel posto non si rivelò affatto male: prima di mezzanotte una band suonava dal vivo del funky e i cocktail erano decisamente creativi.

 

“Come stai?” chiese Soul.
“Bene, ovviamente.” rispose Maka.
Erano seduti al tavolo nella penombra del locale, e l’attenzione di tutti si era spostata sulla prima esibizione che si stava tenendo sul palco, una canzone in playback da parte di una bella signorina vestita di paillettes.
Nessuno ora avrebbe fatto caso a quello che si dicevano.
“Sei sicura? Sei piuttosto pallida.”
“Sì, è solo che stanotte ho dormito male, ed è già tardi.”
Maka aveva cercato di non pensare a Chrona, durante tutta la giornata, ed era convinta di esserci più o meno riuscita; si era tenuta occupata tutto il tempo, ed ogni volta che un briciolo di quel pensiero persistente le tornava in mente, lo annullava in un’azione pratica.
Tutti i momenti in cui le tornavano in mente quel volto bianco triste, quegli occhi neri, mesti, quella visione persistente che l’aveva tormentata tutta la notte, la ricacciava indietro a forza.
Però, cavolo, Soul coi suoi discorsi le stava facendo riempire di crepe il muro di distrazioni che si era costruita nella mente fino a quel momento.
Maka afferrò con decisione il calice col suo cocktail e lo buttò giù in un’unica sorsata.
“Sei proprio sicura di stare bene? Sembri agitata.”
“Non è niente. Questo è finito, vado a prenderne un altro al bancone.”
Soul la vide alzarsi dal tavolo e sparire nel mezzo della folla di gente in piedi che circondava il palco, iniziando a chiedersi se doveva preoccuparsi oppure no.

 

La giovane meister si affrettò a raggiungere il bancone, con la testa che si stava riempiendo di pensieri spiacevoli, e nel suo slancio verso un'altra salvifica dose di alcool si andò a scontrare contro qualcuno. Qualcuno vestito di un provocante abito blu scuro, dai lunghi capelli castani sciolti ad onde sulla schiena, con un’unica treccia sottile da un lato, ed un tatuaggio a forma di vortice sulle spalle scoperte.
Professoressa Albarn!”
“Cariddi!? Ma cosa ci fai qui?”
Maka restò qualche secondo a fissare il bellissimo volto della strega che la fissava, un po’ sorpresa e un po’ compiaciuta, con quei capelli folti e castani da fare invidia che la facevano davvero sembrare una sirena selvaggia.
“Beh, io mi esibisco, ovviamente, e tu?”
“Sto… sto uscendo con gli amici. Stavo per prendere da bere.”
“Uh, e c’è anche il Sommo Shinigami?”
“Emh… sì, perché?”
“Beh sai, pare che abbia un’occasione in più per fare buona impressione. E poi sono qui sola con Viverna, è terribilmente noioso. Almeno so di potermi esibire per qualcuno di più interessante.”
Cariddi sorrise ammiccante. Maka era un po’ frastornata in quel momento e sinceramente non vedeva l’ora di mettere le mani su un altro Long Island, quindi non era proprio in vena di mettersi a chiacchierare con la studentessa sperimentale.
“Ci vediamo lunedì, ok Cariddi?”
“Oh no, ci vediamo fra un minuto là sopra. – la strega indicò il palco – Giusto?”
“Oh, sì certo, ok.”
“A dopo allora, carissima.”
La strega si dileguò in mezzo alla folla fra le note della musica ad alto volume, cosicché Maka poté finalmente ordinare il suo drink.
La testa, le stava scoppiando. Sapeva che ubriacarsi non era assolutamente l’idea migliore che poteva venirle in mente, anzi, forse era la più stupida, ma quella era una situazione di emergenza e non sapeva che altro fare. Agiva d’inerzia. Era stanca, già vagamente brilla, ed i sensi di colpa la stavano invadendo tutti insieme, contemporaneamente, come se la breve conversazione con Soul di poco prima le avesse fatto crollare addosso una diga che si era costruita dentro la testa, e che ora riversava il suo contenuto di ansia e paura come una doccia fredda, tutta insieme, fino a farla annegare.
No, Chrona non era impazzita di nuovo per colpa sua. Impossibile.
Possibile, invece.
Anzi, forse era proprio così, solo che gli altri non ci erano ancora arrivati.
Ma certo che era così.
Era colpa sua, di Maka, perché lei era una persona orribile, e per colpa sua il mondo avrebbe subito un’altra catastrofe.
La ragazza ingollò un lungo sorso del liquido amaro, se lo sentì scendere freddo giù per la gola e poi risalire tutto in testa. I suoi pensieri si fecero confusi, ma la situazione non parve migliorare, poiché ora le sembrava di nuotare in un mare indefinito di malessere. E poi, quel volto bianco, quegli occhi mesti, silenziosi, che la guardavano…
No, no, doveva cacciarselo dalla testa, doveva concentrarsi sulle fisionomie che le stavano attorno, fissarle, imprimersi nella mente solo quelle che esistevano anche nel mondo reale.
All’improvviso la poca luce che c’era si spense, e si fece tutto buio. La musica finì.
Ma certo, stava per cominciare un’altra esibizione.
Maka puntò tutta la sua attenzione al palco avvolto dall’oscurità, appollaiandosi al bancone coi gomiti e appoggiando il bicchiere perché non corresse il rischio di caderle di mano.
La luce si riaccese e comparve Cariddi, bellissima e formosa nel suo abito blu, con un microfono anni ’50 stretto tra le mani. Aveva gli occhi chiusi, ed il trucco brillantinato rifletteva la luce dei faretti in tante piccole scintille dorate.
Poi, senza base, cominciò a cantare.
Aveva una voce calda, ipnotica. Maka si sentì completamente catturata, avvolta in una melodia lenta e sensuale, che le carezzò le orecchie giungendo fino all’anima. Era incredibilmente brava.
L’umore sembrò iniziare pian piano a risollevarsi, cullato da quella dolce musica.
A un certo punto, all’improvviso, la batteria iniziò a pulsare nel tempo, e la voce esplose in un una vocalità intensa e ritmata, talmente coinvolgente che Maka sentì il sangue ribollirle nelle vene e le sembrò di essere portata via da quel luogo, rapita, e di entrare in un mondo caldo e eccitante.
Cariddi era molto più bella di Medusa, in quel momento somigliava a…
La ragazza buttò giù un'altra sorsata del suo drink e si guardò attorno, incontrando tanti volti in estasi che assistevano allo spettacolo, ragazzi, uomini adulti, donne…
La canzone continuava, e la ipnotizzava. Il locale ondeggiava a ritmo.
Quel volto bianco, quegli occhi neri…
Le tornarono in mente, ma lei non li scacciò questa volta, era come se danzassero anch’essi nella penombra dorata, e la osservassero. La osservavano sempre con tenera tristezza.
Le parve quasi di vederli, là, vicino alla porta per la terrazzina sul tetto, nascosti nell’ombra, dietro alla schiena di due grossi ragazzoni barbuti. Sì, era il suo volto, quello nel buio, la stava osservando mesta, in silenzio, quasi languida fra le note incalzanti della voce di Cariddi, fuggendo la luce calda dei riflettori.
Maka rimase a fissare quegli occhi neri, rapita, con il bicchiere in mano.
Poi all’improvviso se ne rese conto.
Il bicchiere cadde a terra, e Maka si lanciò in corsa in mezzo alla folla mentre quel volto bianco pareva fuggire via. Maka corse, spintonò, inciampò e si rialzò, era tutto confuso, tutto veloce, troppo veloce, la musica era troppo forte…
Si scagliò verso la porta della terrazza e la spalancò con una spallata, correndo fuori nell’aria fredda della notte.
Deserto. Non c’era un’anima.
Maka corse al davanzale di cemento e lo arpionò stringendolo fino a farsi sbiancare le dita, puntando gli occhi per strada e poi nel cielo.
Chrona!!!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
Soul fece appena in tempo a raggiungerla prima che collassasse per terra, distrutta dalla stanchezza e dall’alcool, mentre l’interno del locale esplodeva di applausi.

 

Dall’alto del cielo la Luna li osservava sghignazzando, bianca e luminosa come la neve.




Image and video hosting by TinyPic




Spazio Autrice

Buon lunedì a tutti ragazzi!
Spero che il capitolo via sia piaciuto! Se volete lasciarmi un pensiero lo leggerò con sommo piacere :)
Passiamo alle solite curiosità, e questa settimana parleremo della canzone che Cariddi canta al Red Cheeks: per questa scena mi sono lasciata ispirare da un paio di canzoni, che immaginavo essere cantate dalla strega, una o l'altra, a seconda dei giorni: sono "Yellow Flicker Beat" di Lorde e "Addicted to You" di Avicii insieme ad Adele (se volete ascoltarle basta cliccare sui titoli!). E niente, sono tutte e due parecchio sensuali e ipnotiche, senza di queste non sarebbe nata la scena del pub. Voi che canzone avete immaginato?
A lunedì prossimo!

Bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The Demon strikes again. ***


The Demon strikes again. 

 

 

Chrona, ti prego, dimmi qualcosa…
Ti prego, ti prego…

 

 

Death the Kid stava seduto alla sua scrivania di mogano con la testa fra le mani, un’espressione tetra oscurava il suo bel volto.
Quando Soul Eater entrò nella Stanza della Morte, il Sommo Shinigami gli fece subito cenno di avvicinarsi, e senza dire una parola lanciò in avanti sul tavolo i documenti che stava leggendo, per renderli visibili alla sua Falce della Morte.
Soul si affrettò a dare un’occhiata, e subito un’imprecazione soffocata gli sfuggì tra i denti acuminati.
“Oh, no.”
“Sì. Okinawa. Tsubaki mi ha appena fatto rapporto.”
Soul si mise a leggere, e più proseguiva, più le sue mani chiuse a pugno si stringevano dalla rabbia.
A Okinawa era stata compiuta una strage in un tempio buddhista, ben dodici monaci erano stati assassinati in modo brutale. Dal tempio era sparita una piccola statua votiva di porcellana e rubini.
Il colpevole era stato molto maldestro, lasciandosi cadere la tesserina dell’autobus dalle tasche vicino ad un aspersorio – forse, nella foga di fare a pezzi quei poveri monaci con un coltello da sushi – cosicché era stato uno scherzo rintracciare lui e la statuetta rubata.
Si chiamava Yamato Tadarashi, e faceva il cuoco in un ristorante di periferia.
La refurtiva e il coltello insanguinato erano stati ritrovati nel sifone della sua toilette.
Non aveva nessuna memoria dell’accaduto.
“Non ci posso credere. - Mormorò Soul Eater, sgomento. – E’ il nostro Demone.”
“Già.” Kid si fece passare simmetricamente le dita sulla fronte, come per scacciare un fastidioso mal di testa. Il suo tono era cupo.
“Solo che questa volta ci sono stati dodici morti. Tsubaki scrive che hanno trovato il colpevole il giorno stesso della strage, e che quindi ha fatto rapporto solo a caso chiuso.”
“Chiuso? Qui non è chiuso proprio un bel niente!” ringhiò Soul sbattendo una mano sul tavolo, con impotenza.
“Lo so. Almeno, ora abbiamo la certezza assoluta che queste persone sono state manipolate da esterni, dato che la modalità d’azione è stata la stessa identica ai due capi del mondo, presumendo che il signor Tadarashi non fosse un conoscente del signor Schwartzmann, ma sinceramente non credo proprio. Ho chiesto a Black*Star e a Tsubaki di raggiungerci qui a Death City, e di portarsi dietro il colpevole, così possiamo approfondire le indagini. Ci aspettano tempi duri, temo.”
Kid sospirò, visibilmente prostrato.
“Piuttosto. – chiese – Come sta Maka?”
“Insomma.” rispose la falce dagli occhi sanguigni, prendendo una sedia ed appollaiandosi accanto al suo capo e amico.
“Non stare sul vago.”
“Beh, continua a ripetere di aver visto Chrona al Red Cheek, come al solito. Quello non cambia. Almeno sta iniziando a considerare l’idea che forse Chrona non sia scesa dalla Luna solo per compiere vendetta sull’umanità dopo che lei l’ha abbandonata lassù. Siamo rimasti a parlare per due ore stamattina, e penso che la crisi stia iniziando a passare.”
Il volto pallido di Kid tradiva tutta la preoccupazione che lo aveva tormentato durante quei giorni: due ombre nere gli appesantivano gli occhi d’oro, e sospirò brevemente prima di rispondere a Soul.
“Sai cosa sto pensando, vero, Soul?”
Anche la falce si oscurò.
“Sì, non ho mai visto Maka ridotta in queste condizioni, nemmeno di fronte ad Ashura. È crollata come un castello di carte, sono molto preoccupato.”
“Già. – lo esortò Kid - …e poi?”
“Poi…” Soul si zittì, e contorse le mani una nell’altra
“Potrebbe avere ragione.”
“Esatto. Potrebbe avere maledettamente ragione.”
Soul guardò lo shinigami, serio.
“Che pensi di fare. Ora?”
Kid si prese qualche secondo, tanto per sistemarsi un po’ la frangetta che gli si stava stortando tutta sulla fronte.
“Alzati, dai, vai a chiamare il dottor Stein. Excalibur! Excalibur!? Maledetto tapiro, sei sempre tra la balle ma non ti fai trovare mai una volta, quando c’è bisogno di te…”

 

 

Dimmi che tu non sei il Demone, ti prego.
Ti prego, Chrona, parlami…

 

 

In un altro luogo della città, nel suo piccolo appartamento, Blair stava ricevendo una telefonata.
In quel momento la sua coinquilina si stava facendo un bagno caldo rilassante, quindi era toccato a lei rispondere.
“Pronto? Qui casa Maka e Blair!”
A chiamare era stato il professor Sid, il quale di solito non telefonava mai: poteva darsi che stesse chiamando perché Maka da qualche giorno era a casa dal lavoro e quindi non potevano dirle le cose di persona. Infatti, la voce roca del professore non-morto stava parlando di eventi piuttosto urgenti e spiacevoli.
“Sì, Maka mi aveva detto cos’è successo a Monaco.
Capisco.
Okinawa?
Oh! Lische di tonno!
Sì.
Ok.
Ma come faccio a dirglielo? Poverina!

Miao.
Sì sì… miao.”
La gatta mise giù il ricevitore giallo di plastica, e sospirò tra sé e sé. Che pessima situazione, già Maka era a terra così…
Erano cinque giorni che farneticava come se avesse avuto un esaurimento nervoso, e Maka non era mai stata quel tipo di persona che si fa abbattere così facilmente dalla paura. O dalla follia.
La micia prese una scatoletta di tonno senza lische dal frigo e si adagiò sul divano in attesa che la sua coinquilina uscisse dal bagno, per darle la notizia.
Chissà se prima o poi avrebbero trovato il vero colpevole…

 

Sono una persona orribile.
Orribile…

 

Ho percepito chiaramente il momento preciso in cui il mio cuore è andato a pezzi.
Era già pieno di lividi, di crepe, e io ho cercato in questi giorni di bendarlo e tenerlo insieme,
stringerlo tra le mani per farlo guarire,
 ma ora è crollato in frantumi. Spezzato come se fosse stato di vetro.
Dio mio… da quando sono diventata di vetro?
Sono morte dodici persone, assassinate e fatte a pezzi, e non ci sono dubbi che il colpevole sia il fantomatico Demone.
Sei stata tu?
Sei tornata a uccidere?
È come se ogni colpo che è stato sferrato a quei poveri monaci abbia trafitto anche me, mi sia stato piantato nel profondo, facendomi sanguinare. Fa male…
Fa troppo male, se non mi rispondi, se non mi dici nulla. L’incertezza mi sta torturando.
Mi sta distruggendo la mente.
La sta uccidendo.
Non posso vivere col dubbio che potrei averti fatta degenerare di nuovo, devo muovermi, devo smetterla di rimanere qui a parlare da sola.
Sento la follia, mi sussurra all’orecchio…
Mi accusa, mi fa star male.
Ma perché? Perché sto così male?
Sei tu a contagiarmi? Mi stai trascinando nel tuo abisso di disperazione, per vendicarti su di me?
Se è così, capisco, me lo merito.
Tu credevi in me, e io ti ho abbandonata.
Ma non posso restarmene qui, ora devo rialzarmi.
Mi fa troppo male questo dubbio, devo scoprire assolutamente che questo Demone non sei tu.

 

 

La piccola classe era semi deserta, quel pomeriggio, e i raggi del sole trapassavano le vetrate delle finestre orizzontalmente, colorando la lavagna di un caldo arancione.
Era una piccola classe, appunto, perché era stata destinata al corso di recupero delle studentesse streghe, che erano solo in tre. I banchi erano stati spostati tutti contro i muri per lasciare libero il centro del pavimento, dato che per quel pomeriggio erano previste delle esercitazioni pratiche.
Cariddi se ne stava seduta sul bordo della cattedra a farsi gli affari suoi, e sicuramente non si sarebbe mai aspettata l’ingresso di una figuretta magra, avvolta da pantaloni neri e gilet, con quegli inconfondibili codini che sobbalzavano sulle spalle e sul petto: la professoressa Albarn.
Aveva un’aria stanca, ma anche un cipiglio notevole che la faceva sembrare molto più severa di quel che in realtà era.
La piccola Amber si mise a correre verso di lei non appena la vide entrare per darle il benvenuto:
“Professoressa Maka! Lo zombie ci aveva detto che eri a casa perché eri malata! Perché sei qui?”
L’altra streghetta, Carrie, si limitò a rimanersene in piedi in fondo alla classe, là dov’era, e a piantare i suoi inquietanti occhi scolorati contro l’inattesa arrivata.
“E’ tutto a posto. Sono qui perché vi ho lasciate sole per quasi una settimana, e poi sto meglio.”
“Guarda che per noi non era un problema.” a parlare era stata Cariddi, dopo essere saltata giù con grazia dalla sua posizione sulla cattedra: “Noi qui ci possiamo allenare anche da sole.”
Sembrava un po’ preoccupata, forse addirittura colpevole, come se la responsabilità del malessere di Maka fosse stata sua.
La giovane meister si sentì subito confortata dal calore che le dimostravano quelle streghe semi sconosciute, e disse tutto quello che poté per rassicurarle: dopo tutto, nonostante gli ultimi avvenimenti, lei aveva sempre un dovere da portare avanti per i suoi studenti.
Notò, inoltre, che le streghette non erano sole: nell’aula erano infatti presenti anche altri due studenti. Uno era un giovanotto sui diciassette anni, alto e magro, decisamente orientale, mentre il secondo era un ragazzino grassottello, lentigginoso e col naso da maialino.
“Vedo che avete trovato dei partner!” esclamò Maka, compiaciuta.
Il ragazzo orientale le lanciò un’occhiataccia storta, e a lei parve di riconoscerlo; ma sì, era quel meister che in due anni di scuola non aveva ancora trovato un’arma perché di tutte quelle che c’erano non gliene andava bene neanche una, come si chiamava…? Ah, sì, Em-ni.
L’altro invece sembrava pescato direttamente dalla classe NOT (Normally Overcome Target, i più tardoni insomma), a dire dalla sua faccia terrorizzata – ma forse la colpa era solo di Carrie Bat, che con quella faccia diabolica avrebbe fatto rizzare i capelli in testa persino ad Ox Ford, e non quelli pettinati col gel -.
Amber andò tutta contenta ad appendersi al braccio di Em-ni, e confermò cinguettando che avevano già iniziato ad allenarsi tutti insieme a “fare i balletti trasformati in armi”, e che il suo meister le aveva insegnato un sacco di cose perché lui frequentava già le lezioni da due anni.
Senza dover aggiungere molto altro Maka prese il controllo della situazione, e iniziò ad aiutarli con gli esercizi di sincronizzazione delle anime; l’unica ancora senza un partner era Cariddi, e quindi Maka si vide costretta a fare gli esercizi con lei.
Era sempre strano entrare in contratto con l’anima di quella Gorgon, la riportava ogni volta indietro nel tempo con la memoria; questo non era il massimo per le attuali condizioni di Maka, la quale però decise di impegnarsi il più possibile nella concentrazione, e di lasciar perdere quel dolore penetrante che le martellava l’anima.

 

“Scusami, Maka Albarn.” sussurrò Cariddi.
Erano nel bel mezzo di una prova di meditazione e la giovane meister riaprì gli occhi all’istante, non appena sentì la strega che richiamava la sua attenzione.
“Cosa c’è, Cariddi?” rispose, a voce bassissima.
“Nulla, volevo solo sapere… ho sentito qualche voce, e mi sono informata. So che hai avuto un crollo nervoso, durante la mia canzone in quel pub…”
Maka rimase in silenzio, osservando a palpebre socchiuse la Gorgon che si imbarazzava e distoglieva lo sguardo da lei, puntandolo al pavimento. Dopotutto, non era un segreto.
“…sì?”
“…spero non sia stata colpa mia. Sai, ho un tantino barato, quella sera… le mie canzoni hanno la lievissima tendenza ad essere ipnotiche, nel senso magico del termine. Sai com’è, volevo fare subito buona impressione per ottenere un contratto… in ogni caso, chiedo perdono.”
Maka sollevò un sopracciglio, divertita.
“Non preoccuparti. Ero già distrutta da prima. Non è colpa tua.”
“E’ colpa di mia cugina, vero?”
“…”
La giovane meister impiegò qualche lungo secondo per realizzare che si stava riferendo a Chrona. Il solo pronunciare quel nome all’interno del pensiero le fece salire un singulto di panico, ma riuscì a controllarlo in un secondo. Aveva avuto cinque giorni per piangersi addosso, ora basta.
“Come sai di Chrona? Cosa sai di lei?”
“So che la Luna non è più nera, tutto qui. E poi, so che ci sono stati degli strani casi di furto, ultimamente. E degli omicidi. Inoltre, ho sentito alcuni studenti parlare di un Demone. Ho semplicemente fatto due più due. E, infine, so che tu tieni molto a lei.”
Maka rimase senza parole a guardare la strega, che la osservava con sguardo penetrante. Gli altri erano troppo concentrati per dar retta a loro due, ma se anche qualcuno avesse captato il discorso non sarebbe di certo stato un grosso problema.
“Come hai fatto a…?”
“Volevo solo confermarlo, ma si capiva che le sei molto affezionata, da come mi hai parlato di lei.”
“Oh.” Maka, chissà perché, sentì le guance riscaldarsi e arrossire. Forse perché Cariddi era riuscita a leggere le sue emozioni con una semplice chiacchierata?
“E’ per colpa sua, quindi.”
La meister annuì col capo, sentendosi all’improvviso incapace di parlare. La paura, il senso di colpa, stavano tornando…
“Sei a pezzi, Maka Albarn… - constatò la strega - …perché sei venuta a lezione?”
“Proprio a causa di tua cugina.- sussurrò Maka, quasi gemendo per lo sforzo di contrastare il dolore che le cresceva nell’anima – Devo assolutamente scoprire chi è questo Demone, che sia lei o meno. Ho bisogno di sapere che sta bene… e chiederle di perdonarmi per una cosa. Ma se è davvero Chrona, allora…”
Maka strinse i denti.
“… devo essere io a prendermi cura di lei. Nessun’altro. Per questo sono qui, stando a casa mia non combinerei nulla.”
Cariddi rimase in silenzio per un po’, osservando la determinazione della sua maestra umana. Poi replicò: “Spero di poter essere d’aiuto in futuro, Maka Albarn. Sarà un onore combattere al fianco di una persona come te.”
Maka accettò il complimento in silenzio, e poi la esortò a tornare a concentrarsi, perché stavano rovinando l’esercizio.

 

Che scema ad arrossire, era ovvio che Cariddi riusciva a percepire i moti dell’anima di Maka mentre si stavano addestrando loro due, in coppia, proprio per migliorare la risonanza!
E poi era una strega di una famiglia potente, figuriamoci se non se ne accorgeva subito; c’era poco da fare l’imbarazzata, ormai, in quelle condizioni era facile da leggere come un libro aperto per una come Cariddi.
Aveva ragione, la strega: Maka era a pezzi.
Era strano, però: quella era la prima volta che la giovane posseditrice dell’anima con onda anti-demone cadeva in un stato pietoso come quello, di solito era sempre riuscita a riprendersi molto più in fretta.
Di solito, però, non aveva il dubbio di poter aver causato l’omicidio di dodici monaci…
L’immagine di Chrona, la solita, le apparve nella memoria come era successo in tutti quei giorni e durante tutte quelle notti, il suo volto bianco con gli occhi mesti, sotto la neve, che la osservavano. No, non doveva crollare di nuovo, doveva cercare di pensare lucidamente.
Quali erano gli elementi che la portavano a credere che Chrona fosse impazzita di nuovo? Primo: l’aveva abbandonata tre anni sulla Luna – il cuore le diede una fitta, ma strinse i denti -. Secondo: era apparsa sul luogo del primo delitto. Terzo: avevano appurato che solo un essere molto potente poteva aver causato danni di tale gravità, e Chrona era una delle poche creature che quel potere lo possedeva, per quanto ne sapevano.
Però, c’erano ancora molte cose parecchio strane.
Per esempio: che senso aveva fingere dei furti? Era ovvio che il Demone aveva previsto che entrambi gli oggetti rubati fossero ritrovati molto facilmente. Ma che diavolo voleva dire?
Inoltre, c’era una secondo fattore: il Demone intendeva mantenere segreta la sua identità, manipolando persone innocenti per nascondersi dietro dei volti di gente comune. Che motivo avrebbe avuto Chrona di agire in questo modo?
Che senso aveva?
Quale diavolo era l’obbiettivo di questo Demone? 
Una vendetta contro l’umanità? Un piano malato e senza senso, generato da una mente spezzata?
Se il colpevole fosse stato davvero Chrona, non sarebbe semplicemente venuta a cercare lei, Maka, e basta?

 

Cercami, e poi trovami, per favore…
Se sei viva, perché continui a scappare come un fantasma?
Devo vederti, e sistemeremo le cose.
Puoi anche provare ad uccidermi se vuoi.
Ho bisogno di vederti. Terribilmente. Non sopporto di essere nel dubbio di averti ferita.
Vieni da me, se proprio vuoi distruggere qualcuno.
Ti prego…



Image and video hosting by TinyPic


Spazio Autrice
Buon lunedì a tutti! Eccoci qui con il settimo capitolo!
Le cose sembrano essere parecchio incasinate alla DWMA... ma passiamo alle curiosità di oggi, per stemperare un po' l'atmosfera: parliamo dei nomi delle due streghette. Sono entrambi citazioni: Carrie è ispirata alla protagonista dell'omonimo film, che ha potenti poteri telecinetici, mentre Amber... non ve lo dico! Ahahah, chi coglie la citazione nascosta nel nome suo e del suo nuovo maestro, vincerà un biscotto pieno di ammmore preparato dalla sottoscritta! - indizio: se siete nati negli anni '90 sarà più facile -
Buona settimana a tutti!
Bye
~

Kiki

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Milan. ***


Milan. 

 

Mario Viverna e Cariddi avanzavano a grandi falcate lungo i corridoi della DWMA.
Lo stregone aveva un passo talmente lungo, a causa di quei trampoli di gambe che possedeva, che la giovane Gorgon era costretta a correre per stargli dietro, e la sua veste nera gli svolazzava ai fianchi come se fossero state ali di pipistrello.
I due arrivarono insieme di fronte alla porta ferrea della Stanza della Morte, e la trovarono aperta. Entrarono senza nemmeno rallentare.
“Sommo Shinigami!” chiamò Viverna, non appena la vista degli occupanti dell’immensa sala riempita di cielo e tombe raggiunse i suoi occhi gialli.
Death the Kid stava discutendo animatamente con il dottor Franken Stein, il professor Sid, Excalibur e Soul Evans Eater, ma si interruppe immediatamente non appena vide i due intrusi che avevano invaso il suo studio.
“Sommo Shinigami! Ho una cosa importantissima da comunicarle.”
“Signor Viverna, santo cielo, siamo nel mezzo di una riunione importante!”
“Riguarda il caso dei furti!”
Tutti impietrirono. Dopo mezzo secondo la vocetta irritante della Sacra Spada decise che la suspense era durata fin troppo e declamò a gran voce:
“Dunque ci illumini di conoscenza, uomo-strega! L’attesa mi sta uccidendo!”
“Forse ho trovato un significato ai due casi di Monaco e Okinawa. Potremmo riuscire a prevenirne altri!”
“Dica tutto.” esortò Kid con tono secco.

 

“Stavo accompagnando Amber e Carrie a lezione, quando ho sentito degli studenti che parlavano di un grosso problema che la DWMA doveva risolvere. Mi sono incuriosito e mi hanno raccontato quello che sapevano, ossia dei due furti “inutili”, per così dire.”
Mario Viverna gesticolò nell’aria piantando i suoi occhi gialli e penetranti nei suoi ascoltatori, che letteralmente pendevano dalle sue labbra.
“Frequentando un paio di lezioni avevo sentito dire che c’era stata una missione finita male, ma solo oggi ho saputo i dettagli, insieme con la notizia dal Giappone di ieri. Gli oggetti rubati erano un collare di pietre preziose e una statuetta in porcellana, no? E la prima città era Monaco, no? E ieri, l’isola di Okinawa?”
“Sì, sì, arrivi al punto!” sbottò Kid, parecchio impaziente, dando voce al fastidio di tutti i presenti.
“Certo, certo! – Viverna alzò le spalle in modo teatrale per scusarsi – Dicevo, non appena ho conosciuto la natura degli oggetti, mi è tornata in mente una cosa che ho letto. Li avevo già sentiti da qualche parte, ne ero certo, e allora ho cominciato a rifletterci su. Poi, sapete, ho incrociato Cariddi, qui, e le ho esposto le mie perplessità, e anche lei li conosceva: è così che mi sono ricordato!”
In quel momento, persino Excalibur sembrava esasperato dalla parlantina interminabile dell’uomo-strega, ma, per fortuna, stava giungendo al nocciolo della questione.
“Entrambi gli oggetti rubati sono contenitori di pietre magiche! Sono nascondigli sparsi per il mondo di gemme che sono state incantate dalle streghe più di duemila anni fa!”
I presenti spalancarono la bocca, e Fanken Stein prese a girare nervosamente la vite che aveva in testa con un inquietante scricchiolio metallico.
“Pietre magiche?” chiese Sid, perplesso.
“Sì. – confermò Viverna annuendo vigorosamente – Chiedete alla duchessa di Monaco di controllare se la sua collana ha ancora incastonate tutte quante le sue gemme, e se la statuetta votiva giapponese ha ancora lo stesso peso. Sono sicuro che scoprirete che manca qualcosa. Io e Cariddi abbiamo appreso dell’esistenza di questi manufatti su un manuale di magia nel nostro paese, un manuale di incantesimi avanzati.”
“…e a cosa servirebbero queste pietre?” chiese Kid, agitato.
Fu Cariddi a rispondere, dopo aver lanciato un’occhiataccia al suo compagno stregone, probabilmente stizzita anche lei dalla sua logorrea: “Possono servire a un sacco di cose. Sono come dei catalizzatori magici, servono a concentrare, contenere e rilasciare la magia per poter compiere incantesimi più potenti. Ma possono catalizzare qualsiasi tipo di potere, oltre a quello di una strega, volendo li si potrebbe applicare a qualsiasi energia esistente in natura.”
Kid accolse le informazioni con un cipiglio severo. Poi guardò Stein, il quale alzò le spalle.
“Quanti di questi… “catalizzatori” ci sono, in giro per il mondo?” chiese poi lo shinigami.
“Cinque.”
“Sapreste indicarmi le loro localizzazioni?”
Viverna si intromise: “Con un breve viaggio alla biblioteca del paese delle Streghe, signore, non sarà assolutamente un problema.”
“Bene.”
Kid si sistemò la giacca, avanzando col suo elegante portamento fino alla strega e allo stregone, e li squadrò entrambi, mentre prendeva le sue decisioni.
“Viverna, parta subito. Se mi porta le informazioni entro due ore, le sarò infinitamente grato.”
Kid si voltò e non lasciò a Viverna nemmeno il tempo per lamentarsi per il risicato orario di consegna.
“Professor Sid, vada subito a telefonare a Monaco e a Okinawa per vedere se il signor Viverna e la signorina Cariddi hanno visto giusto. Soul, corri a chiamare Maka, a quest’ora dovrebbe essere in classe. Signorina Cariddi, gradirei che lei resti qui con noi a ragionare. Abbiamo assoluto bisogno dell’esperienza di una strega.”
Il professor Sid corse fuori ad eseguire gli ordini, seguito a ruota da Mario Viverna, il quale si rese presto conto tutti si aspettavano che anche lui si desse una mossa.

 

Maka si precipitò all’istante nella Stanza della Morte non appena Soul le comunicò le novità.
Trovò riuniti tutti i cervelli della DWMA, compresa Cariddi; erano adunati in attesa febbrile di informazioni aggiuntive per riuscire finalmente a decifrare quel caso maledetto. Sid comunicò dopo dieci minuti che sì, Mario Viverna aveva ragione: la duchessa di Monaco si era accorta che alla sua collana mancava una pietruzza, una di quelle meno preziose, mentre alla reliquia giapponese mancava una delle gemme che servivano da occhi.
Erano davvero pietre magiche?
A chi servivano? Che cosa voleva farsene il Demone?
Mentre discutevano su tutte le possibili applicazioni di tali manufatti con Cariddi, qualcuno bussò violentemente alla porta di ferro che chiudeva la stanza.
Kid scattò in piedi all’istante, teso com’era dall’impazienza, e gli occhi di tutti lo seguirono bramosi di vedere finalmente Mario Viverna che tornava…
Invece sul ciglio della porta apparve Black*Star, di ritorno dalla sede della DWMA giapponese, accompagnato da Tsubaki.
Maka non si stupì di vederlo, sapeva che era stato richiamato dalla scuola, ma lo trovò molto cresciuto rispetto a com’era quando era partito: il suo fisico muscoloso si era decisamente allungato verso l’alto (anche se non avrebbe mai raggiunto la statura di Soul, che sfiorava il metro e novanta di altezza), facendolo sembrare un po’ più smilzo, e la sua pelle abbronzata risaltava con forza sulla tuta bianca che indossava. Il suo atteggiamento da gradasso, invece, era sempre lo stesso.
E’ arrivato l’onnipotente BLACK*STAR!!! Ora risolverò tutti i vostri problemi!
Tsubaki non era cambiata di una virgola, notò Maka, mentre la buki tentava con un sorrisetto di circostanza di trattenere il suo meister dall’impeto di saltare sul tavolo per far ammirare a tutti i presenti la sua onnipotente grandezza.
Cariddi storse un po’ il naso, e poi lo storse pure Black*Star, quando si ricordò che nella sala c’era anche la sua adoratissima Sacra Spada Excalibur, che lo indicava col suo bastoncino dandogli del cretino. Questo bastò a farlo stare tranquillo, poiché probabilmente aveva raggiunto la maturità per capire che mettersi a fare scenate contro quel vecchio rompiscatole non era proprio la priorità del momento.
Dopo un paio di minuti di calorosi saluti di benvenuto per i nuovi arrivati, si tornò subito alla questione scottante.
“Qual è il piano, Kid?” chiese il ninja dai capelli blu.
“A quanto abbiamo capito, queste fantomatiche pietre magiche sono cinque in tutto, nascoste in giro per il mondo. Due sono già state rubate, e quindi ne mancano tre. Le loro posizioni ci sono ancora sconosciute, ma confido che il signor Viverna ce le riferisca a breve. Ci divideremo in tre squadre: tu e Tsubaki, Franken Stein e Marie, ed infine io e Maka, con le nostre armi.”
“Immagino che non mi lasceresti mai andare in missione per conto mio, eh Kid.” Mormorò Maka, mesta.
Lo shinigami rispose con un’occhiata penetrante, forse un po’ severa, prima di ricominciare il discorso: “Non sappiamo ancora chi sia il colpevole né tanto meno il suo vero scopo, ma noi gli impediremo di attuarlo. Recupereremo le gemme e le porteremo qui, al sicuro. Nel caso il Demone tenti un nuovo furto, potremmo anche avere la possibilità di catturarlo con un bel po’ di anticipo. Tutto chiaro?”
Gli astanti annuirono.
Fu in quel momento che finalmente la porta ferrea si spalancò e fece la sua apparizione la figura avvolta di nero di Mario Viverna, con una decina di libroni polverosi tra le braccia, ciascuno dei quali portava tra le pagine segnalibri dai colori fluo.
“Ci sono!” esclamò, attirando su se stesso l’attenzione di tutti:
“Le ultime tre pietre si trovano a Luxor, a Praga e a Milano!”

 

 

Una delle tre gemme si trova nascosta tra quelle incastonate nell’altare d’oro della chiesa di S. Ambrogio, nel centro della città di Milano. Ho visto un paio di foto, prima di partire, e quell’altare è davvero magnifico. È come uno di quei tesori che compaiono nei film di Indiana Jones, un oggetto dal grandissimo valore storico e composto di materiali preziosi lavorati a regola d’arte, come se l’avessero intagliato gli angeli stessi.
Farebbe gola a qualsiasi ladro.
Dal vivo, poi, è ancora più bello. Mi viene quasi una fitta al cuore al pensiero che dovremmo staccare da quelle pareti luccicanti una delle splendide gemme che la decorano.
Purtroppo non c’è scelta.

 

Siamo in ritardo sulla tabella di marcia, le autorità milanesi non ci permettono nemmeno di toccare la sacra reliquia, figuriamoci staccarne un pezzettino.
Stiamo controllando i giornali e non ci sono attività sospette, per il momento, in questa città, quindi non dovrebbero esserci troppi problemi se rimaniamo operativi qualche giorno in più del previsto.
Mi piace tanto, l’Italia.
So perché Kid ha voluto portarmi con sé proprio qui.
È in questo paese che Chrona ci è apparsa la prima volta.

 

Durante la riunione organizzativa il suo nome non è stato fatto, ma io so che Kid e Soul hanno comunicato a tutti che la principale sospettata è Chrona.
Credo che l’abbiano fatto per delicatezza nei miei confronti, come se sentire di nuovo il suo nome potesse trasformarmi di nuovo in un’ameba balbettante. Inoltre, pare che Kid non abbia intenzione di lasciarmi da sola nemmeno un minuto, con la scusa che se lui e Soul viaggiano insieme devo per forza esserci anche io, a fare la maestra di falce. Ma sono scuse, appunto, questa storia è tutta una formalità.
In realtà ha davvero paura che io mi spezzi,
o forse l’ha già capito…

 

Oh, Chrona, tu sai cosa voglio fare.
L’ho fatto anche tre anni fa, ricordi?
Ti sono venuta a cercare, da sola. Perché io lo so, lo so, che nessuno ti capisce come ti capisco io.
Ci siamo toccate nell’anima.
E poi, voglio assicurarmi che il Demone non sei tu.
E voglio chiederti scusa.
E toccarti l’anima un’altra volta.

 

Mi perdo in un sogno… perché non riesco a sopportare l’idea che il Demone sia proprio tu.
In quel caso, mi prenderò le mie responsabilità, ma non permetterò che nessun’altro ti sfiori con un dito. Sono io quella che deve fermarti, perché tutto questo è solo colpa mia.
Probabilmente Kid l’ha capito, che voglio affrontarti da sola, ed è per questo che siamo qui a Milano.
Non ho ancora chiaro cos’ha in mente, ma non importa.
Voglio incontrarti, nient’altro.

 

 

Maka non aveva più avuto la forza di guardare la Luna, fino a quella sera.
L’ultima volta che l’aveva vista era bianca, come la neve, e si era sentita morire al primo sguardo, come se fosse stata la prova definitiva che Chrona era il Demone.
Poi aveva realizzato che era illogico pensare una cosa del genere, ma non si era più sentita di farlo comunque. Quel bianco, dopo tre anni, la destabilizzava.
Fino a quella sera, appunto.
Si trovava nella calda stanza dell’albergo in centro che Kid aveva affittato per loro, e che stava condividendo con le sorelle Thompson: era un posto arredato con gusto, al quarto piano di un grosso palazzo bianco, con i caloriferi che andavano al massimo.
Maka decise che poteva farlo, quella sera, che voleva vederla. Si sedette vicino alla finestra, cercò un po’ con gli occhi, ed eccola lì: la Luna, bianca come il latte, che sghignazzava in mezzo al cielo oscuro, sopra la città. Era incredibile. Provò un’esplosione di sentimenti tutti assieme, così intricati fra loro che non riuscì nemmeno a distinguerne uno dall’altro: ansia, colpevolezza, eccitazione, gioia, sollievo… le si gonfiavano nel petto facendole venire voglia di piangere, era come un gomitolo bollente che le premeva contro al cuore, e cresceva, cresceva…
Liz e Patty ad una certa ora se ne andarono a dormire, ma Maka non riuscì a staccarsi dalla sua finestrella, già in pigiama, seduta sulla poltroncina dell’albergo.
Pensava a Chrona, come ogni sera, da tre anni. Ma quella sera più forte.
Voleva vederla, voleva vederla sopra ogni altra cosa al mondo.
Lei era lì, con Maka, non era più in cielo. Quella consapevolezza schiacciante la devastava.
Quell’anima, bellissima…
Avrebbe potuto raggiungerla, ora?
Chiuse gli occhi, e rivide il suo volto.
Bianco, mesto. E quegli occhi neri, che la guardavano. La guardavano sempre, silenziosi.
Il bianco della Luna, dietro le sue palpebre, si fuse con il pallore etereo della sua amica perduta, impresso nei suoi occhi come nella sua anima.
Chrona la guardava, silenziosa.
Perché non parlava? Perché non le diceva qualcosa?

 

Vieni, vieni da me.

 

Maka riaprì gli occhi, e si alzò dalla poltroncina.
Infilò ciabatte e vestaglia.

 

Vieni da me.

 

Maka scese le scale di corsa, e uscì in strada. Si mise a correre.
L’aria invernale di Milano, congelata, la lasciò indifferente. Correva, correva per le vie vuote della città, illuminate a malapena da qualche lampione. L’asfalto nero scorreva duro sotto le sue ciabatte leggere, facendole male ai piedi, nudi. Non le importava.
Non badò alle vie, non badò ai pochi ombrosi nottambuli, non badò alla stanchezza. Il suo fiato caldo si condensava in sottili nuvole di vapore, che si dissolvevano veloci sulle sue gote arrossate.
Corse, corse nella notte nera.

 

Ad un certo punto, capì dove si trovava. Era giunta nel centro esatto della città.
L’ampia piazza dove era arrivata pareva rimpicciolire, di fronte alla montagna di marmo bianco che sovrastava Maka.
Era un castello colossale, teso verso il cielo e tanto alto da arrivare a sfiorarlo con le sue guglie, ma tanto bello e magico che pareva portare lo stesso Paradiso in terra. Illuminato da mille luci che davano vita alle statue monolitiche che popolavano le sue mura, contorte in una infinita danza fra colonne, archi e portoni, sembrava veramente una dimora divina.
Il Duomo, la casa di un dio.
Maka camminò fino al portone principale, con il cuore che le palpitava nelle orecchie ed il respiro fermo nella carotide; un ingresso colossale, bronzeo, solo per titani.
Si spostò ad una delle porte laterali, ed appoggiò una mano sulla superficie levigata del suo legno. Avrebbe dovuto essere chiusa, a quell’ora, quando la piazza era deserta.
Ma Maka sapeva che era aperta.
Lentamente, spinse, e la porta si schiuse dolcemente.

 

Quante memorie, tutte assieme.

 

Quel luogo era immenso.
Luce pallida, celestiale, pioveva blu da un’altezza vertiginosa sopra la sua testa, delineando colonne possenti come alberi millenari. Il suoi passi risuonarono in quella foresta di marmo, odorosa di sacro, con un eco profondo. Davanti ai suoi occhi, in fondo, tre finestre rilucevano vaghe, nell’abside, come pilastri della notte.
E l’altare.
E, davanti all’altare, lei.

 

“Chrona!”

 

Le tremarono le gambe.
La sua figura alta, nera e sinuosa, era molto lontana, e nel buio sembrava quasi una statua anch’essa, ma ricoperta di pece nera.
La sua anima splendeva, accecante.
Era bellissima.

 

“Chrona! Parlami!”

 

Lentamente, la figura si voltò. Nell’ombra, i suoi occhi neri brillarono.
La osservarono, muti.
Ma, nell’oscurità, un sorriso.

 

“Ciao, Maka. Mi sei mancata.”

 

Maka singhiozzò, e si rese conto di avere le guance inondate di lacrime.
Si lanciò verso di lei, che era ancora così lontana, come un fantasma con gli occhi sgranati, e picchiò sul marmo del pavimento coi piedi nudi.
La vide avvicinarsi, eterea di luce lunare, sempre di più.
Saltò, e le gettò le braccia al collo.

 

Fu carne quella che strinse, fu un respiro quello che si bloccò, tiepido, vicino al suo orecchio.
No, non era un fantasma.

 

“Anche tu mi sei mancata, Chrona…”




Zona Autrice

Oddio... i feels mi uccidono ogni volta che leggo questa parte T.T
Buon Lunedì a tutti! Per celebrare la lieta novella della riapparizione del nostro fantasmino, parlerò un po' di musica, e in particolare del brano che ascoltavo - facendomi ispirare a mille - mentre scrivevo questa scena: Don't You Worry Love, di Warmer. Vi consiglio caldamente di ascoltarla, è struggente! (Basta cliccare sul nome della canzone in blu). Per dire un paio di cosine riguardo a Warmer: è un gruppo che ho conosciuto attraverso il videogioco "The Cat Lady", che ne fa la colonna sonora. Ha sonorità molto in linea con la personalità di Chrona, e molto spesso mi lascio ispirare dalle loro canzoni per scrivere di lei. Per dire, hanno scritto una canzone che si chiama In My Head It's Like Hell!

Bye bye!


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** The Demon. ***


 

The Demon. 

 

 

Maka si stringeva a Chrona tremando come un’ossessa e bagnandole il collo di lacrime.
Anche Chrona la abbracciava, le aveva appoggiato una mano sulla testa e le stava accarezzando i capelli biondo cenere, sciolti, sulle tempie.
Nulla esisteva più per Maka, in quel momento, se non quelle dita che giocavano tra le sue ciocche, quell’odore tiepido, il palpito veloce come un battito d’ala di falena racchiuso dentro quel petto, e quel sorriso.
Sì, le aveva sorriso, e le aveva detto che le era mancata.
“Chrona, tu… non sei il Demone, vero?”
“Il… Demone?”
“Non sei stata tu ad attaccare gli studenti e i monaci, vero? Vero?”
Chrona si staccò un po’ da lei e la guardò negli occhi, perplessa.
No, non era cambiata di un soffio. I profondi occhi neri erano affossati in quel volto pallido, timidi, inquieti, cerchiati da lievi ombre, proprio come se la ricordava Maka.
“No, Maka. Io…”
“…e non sei arrabbiata con me, vero? Vero?”
“… ma cosa dici…? Io…”
Oddio! Scusami! Scusami! Ti ho lasciata sola sulla Luna per tre anni!
Maka si rigettò al collo della sua amica ritrovata, stringendola come se avesse paura che potesse scomparire da un momento all’altro, come accadeva sempre nei suoi incubi in quelle ultime settimane, e Chrona trasalì per la seconda volta, travolta da quel contatto inaspettato.
Maka la abbracciava forte, piangendo, appoggiandosi a lei quasi come se non avesse più la forza di stare in piedi.
“Dai, non piangere, Maka…non avresti potuto fare nulla, lo sapevi…piuttosto sono io che non ti ho aspettata e mi sono liberata per conto mio…”
Maka scoppiò a ridere, quasi soffocandosi in mezzo ai singhiozzi, e Chrona riprese di nuovo ad accarezzarle la testa, non sapendo che fare di meglio, con il cuore che le scoppiava dentro al petto e la paura che Maka potesse accorgersene.
Erano sole, in quel gigantesco tempio di marmo, due figurine abbracciate davanti ad un altare nel buio della notte.
Maka si sentiva leggera, libera finalmente da quel peso terribile che le aveva gravato l’anima, pesante come la Luna intera.

 

L’anima di Chrona splendeva talmente forte da essere dolorosa.
Maka la ricordava benissimo, quella perla di bellezza annegata in un mare oscuro di dolore, circondata da spine, e ora era come se tutta quella sofferenza fosse stata spazzata via, o forse no, era come stata inglobata in quell’esplosione abbagliante che ora aveva davanti agli occhi. La spada demoniaca sciolta nel suo sangue, Ragnarok, in confronto era quasi invisibile, soggiogata completamente alla volontà della sua maestra. 
“Ma Chrona, cos’è successo? Come mai sei qui?”
La figlia della strega distolse lo sguardo, in quel suo modo imbarazzato e timido che non l’aveva abbandonata dopo tutto quel tempo, e ci mise qualche attimo prima di decidersi a parlare.
“Io… non volevo che tu mi vedessi, Maka, non adesso. Ma ho visto che soffrivi, e mi chiamavi…e… eccomi qui.”
Maka la osservava a occhi sgranati, e si reggeva ancora sulle sue spalle a causa del forte tremito che continuava a pervaderle le membra.
“Tu…mi stavi guardando?”
“Sì…ma, ma non volevo che tu mi vedessi, ora. Insomma, io… non mi aspettavo che avresti reagito così…”
“Emh… oh…”
Maka si sentì avvampare le guance all’improvviso e si staccò da Chrona, imbarazzata, e poi fece qualche passo indietro sulle gambe instabili.
“…diciamo che, ehm, temevo che fossi arrabbiata con me, e che fossi… ehm… un momento,  perché non volevi che io ti vedessi?”
“Ma… non te ne sei accorta, Maka?”
“Di…di cosa?”

 

“Sono il Kishin.”

 

Ah, già.
Quell’anima, ecco cos’era. Non ci aveva nemmeno fatto caso.
Chrona stava in piedi, eretta di fronte a lei, guardandola con l’espressione più serena e sincera che poteva assumere il suo dolce viso. Come poteva essere il Kishin? Eppure lo era, era vero, la sua anima era effettivamente quella di un dio.
“Com’è possibile?”
“Quando ho intrappolato Ashura con il mio sangue, i nostri corpi si sono mischiati di nuovo. Mi avevi lasciato il Brew, l’artefatto demoniaco, e grazie alla sua magia sono riuscita a prendere di nuovo il sopravvento sul vecchio Kishin, assumendo il suo potere. Abbiamo lottato per un tempo che potrei dirti infinito, finché sono riuscita a digerirlo. La sua volontà è sciolta, annullata, e io ho assimilato la sua anima.”
Maka si prese qualche secondo per assorbire le informazioni, a bocca aperta.
“Quindi, tu…”
“Sì, non sono più un essere umano. Ma non ho nessuna intenzione di seminare la follia come faceva Ashura, lui era un codardo infame. Ho imparato molte cose. In ogni essere divino c’è una parte di luce e una di oscurità, ma usare quest’ultima è solo una questione di scelta.”
Chrona sospirò, e girò di nuovo gli occhi al pavimento, come se si sentisse in colpa per il fatto di essere diventata una divinità.
“Non… non volevo che tu sapessi che io ero il Kishin, Maka. Temevo che per te fosse un brutto colpo. Ma stavi troppo male…e ho rischiato.”
Maka sorrise, suo malgrado. Forse si era anche trasformata nel secondo Kishin, ma Chrona rimaneva sempre la stessa ragazza insicura a cui la meister si era affezionata. Le sembrò di rivederla, quando andavano insieme a lezione e si mettevano a scrivere poesie sui bigliettini tanto per vincere la noia delle lezioni del professor Sid, sentendosi poi colpevoli perché non avevano preso appunti.
Poi, però, la rivide a Santa Maria Novella, a Firenze, completamente impazzita, che le diceva che avrebbe conquistato il Kishin e poi il mondo, dopo aver compiuto atroci delitti, con la mente sconvolta e distorta dagli incantesimi e le parole di sua madre. Era stato terrificante.
Ma no, nonostante tutto, non era cambiata. Era sempre la sua dolce Chrona.
Maka provò di nuovo l’impulso di abbracciarla, ma si rese conto di essere stata un po’ troppo eccessiva con i suoi crolli psicotici poco prima e per evitare sconvenienti disagi si limitò a prenderle le mani.
“Sono senza parole. Sei incredibile. Io avevo così tanta paura che tu fossi morta…”
Ecco, ora la stava abbracciando di nuovo. Accidenti, a lei e al disagio.
“Lo so, Maka. Lo so.”
“Ma… sei scesa dalla Luna per osservarmi, in questi giorni… perché?”
Era così piacevole quella posizione, e trasmetteva un tale stato di pace e tranquillità, che Maka si sentì quasi ferita dal tono serio con cui fu risposto alla sua domanda.
“C’è una presenza negativa che ti sta inseguendo, Maka. Ho potuto percepirla fin dalla Luna. C’è qualcuno che vuole farti del male, anche se non sono riuscita a capire cos’è. Quindi, ho deciso che valeva la pena tornare sulla Terra. Sai, io… non potrei sopportare che ti accada qualcosa di brutto. Sei la mia migliore amica.”
Un brivido gelido attraversò le membra della giovane meister. Ma durò poco: in quel momento si sentiva protetta dal caldo tepore del secondo Kishin, il pericolo era lontano.

 

“Sai, Chrona, stanno capitando delle cose strane. Qualcuno sta manipolando le menti degli esseri umani per entrare in possesso di alcuni artefatti magici. Non ha nessuno scrupolo, e ha ucciso delle persone. Io, Kid e gli altri ti abbiamo vista, a Monaco, e sei diventata subito una dei sospettati. Pensavo che tu fossi impazzita di nuovo per colpa mia, e che fossi tu l’assassino, non riuscivo a darmi pace. Tu… non hai nemmeno idea di quando mi sollevi l’idea che tu sia innocente… Però, forse, questa presenza negativa di cui parli potrebbe essere collegata al Demone.”
“Non lo so… si nasconde molto bene. Perdonami se ti ho fatta soffrire di nuovo … purtroppo è normale che abbiate pensato che la colpevole di quei delitti fossi io, ho fatto cose molto peggiori, dopotutto… ma sono innocente. Io voglio solo proteggerti, Maka.”
Quel momento sarebbe potuto durare per sempre.

 

Sai, sono contenta che non mi odi.
Guardaci, siamo ancora noi, in Italia, in una chiesa, di notte. Solo che questa è molto più grande, come se fosse cresciuta in proporzione insieme a noi.
È come se il tempo fosse tornato indietro, e nulla fosse cambiato.
È come se tu non avessi mai abbandonato la scuola, e non ti fossi mai lasciata plagiare da Medusa. E io non avessi mai ricevuto l’ordine di ucciderti.
Né per i tuoi delitti in Russia, di tre anni fa, né per il furto di due stupide pietre incantate.
Tua madre, sai, mi aveva detto che Chrona non esisteva più.
Ma sbagliava, non ti ha spezzata.
Tu sei qui, proprio come la prima volta che ci siamo sfiorate.
Proprio come quando mi hai lasciata entrare nella tua anima,
e tu sei entrata nella mia.

 

La figlia della strega si separò dolcemente da Maka e accennò preoccupata ai suoi piedi nudi.
“Credo che dovresti tornare a casa, ora, Maka… stai prendendo freddo.”
La meister si accigliò a quel commento, e rispose con una certa supplica nella voce:
“Oh, di già…? Ma… e tu cosa farai…? Cioè, non vuoi venire con me…?”
“Oh, no… - si schernì l’altra – Non… me la sento di presentarmi al nuovo Shinigami…”
“Ma perché…?”
“Maka, sono comunque sulla lista nera della Shibusen, e sono un Demone…credo che ora abbiate altri problemi da affrontare…”
In effetti, Chrona non aveva tutti i torti. Era vero che erano passati tre anni, ed era anche vero che se non fosse stato per il suo sacrificio, la DWMA non avrebbe mai potuto debellare Ashura, ma quell’oscura creatura aveva assassinato a sangue freddo la Falce della Morte dell’Europa Orientale con il suo meister, e aveva raso al suolo un intero villaggio, in Ucraina, solo per testare le sue abilità col sangue nero. Questo le era costato la pena capitale, a prescindere dal fatto che Medusa avesse distorto la sua mente rendendola un burattino. Inoltre, aveva assorbito i poteri del Kishin, trasformandosi letteralmente nella nemesi per eccellenza dell’ordine costituito.
Sarebbe stata una bella gatta da pelare anche in condizioni normali solamente il decidere quale dovesse essere la sua sorte.
Maka dedusse che, molto probabilmente, Chrona non aveva nessuna intenzione di rischiare di essere gettata in prigione – né tantomeno di farsi uccidere –, soprattutto in quelle circostanze complicate.
“Ok, capisco.” mormorò, sentendo il duro peso della realtà tornare a calcarle sulle spalle.
“Ma… ti rivedrò, vero, Chrona?”
Il demone dai dolci occhi neri sorrise, e a Maka parve di vedere le sue guance colorarsi, nella penombra blu dell’immensa cattedrale.
“Ora che mi sono manifestata, qualcuno forse noterà la mia presenza, ma… Sono giorni che ti guardo le spalle, Maka. Sono sempre accanto a te. Ti basterà chiamarmi.”
Maka si sciolse in un ampio sorriso, prima di voltarsi per recuperare le sue pantofole, che erano state lanciate dalla corsa da qualche parte fra le ombre delle panche.
“Ci conto.”
Si girò un ultima volta e poi corse fuori, verso il suo albergo, con la strana e rassicurante sensazione che Chrona stesse vegliando su di lei, da qualche parte, fuori dalla sua vista.

 

Purtroppo per gli studenti della DWMA di piazza a Milano, convincere la Sopraintendenza ai beni archeologici della Lombardia a concedere il permesso per prelevare la pietra incriminata dal preziosissimo altare della chiesa di S. Ambrogio si rivelò molto più complesso del previsto. Riguardo alle altre missioni, erano giunte notizie che erano state portate a termine senza problemi, anche perché – a quanto pareva – gli altri due manufatti si trovavano in luoghi decisamente meno difficili e meno burocratici da “depredare”: una delle pietre stava infatti nascosta in una grotta naturale nei pressi di Praga, mentre la gemma di Luxor si era rivelata incastrata fra due grossi mattoni di pietra in un tempio egizio, in un posto dove nessuno l’aveva notata.
La permanenza milanese non fu così spiacevole, però, a parte le crisi di nervi con la Soprintendenza: quella città era una vera capitale dello shopping ed era piena di posti interessanti ed eleganti da visitare. Inoltre, Maka aveva subito un cambiamento talmente inaspettato e repentino da causare una piacevole sorpresa all’atmosfera del gruppo: il suo nuovo buonumore era talmente contagioso che riusciva persino a far passare le incazzature di Kid dopo le interminabili discussioni coi funzionari comunali.
La sua crisi sembrava essersi volatilizzata insieme agli ultimi fiocchi di neve nella brezza del tardo inverno.
Il primo ad accorgersene, ovviamente, era stato il suo partner, Soul: le si era avvicinato all’ora di pranzo del terzo giorno di trasferta, mentre mangiavano nel piccolo ristorante dell’albergo, e Maka stava addentando una cucchiaiata di risotto fra uno starnuto e l’altro (era un po’ raffreddata da quella mattina).
“Ehi. – le aveva detto – Ti vedo più allegra del solito.”
“Dici?” Aveva risposto Maka, con un sorriso vispo.
“Beh… non sembri più così angosciata, come dodici ore fa, ad esempio. Direi che stai molto meglio! Cos’è successo?”
Maka si prese il tempo di deglutire per bene il boccone prima di rispondere.
“Ma nulla… questo caso continua a preoccuparmi molto. Però mi ha sollevata sapere che le altre due pietre sono al sicuro, e ho la sensazione che le cose stiano per mettersi a posto molto presto, tutto qui.”
“E, per quanto riguarda…” Soul non osò pronunciare quel nome, ricordando fin troppo bene l’effetto che aveva fatto più di una volta, nei giorni precedenti, alla sua meister sull’orlo di una crisi di nervi, e si limitò a fare una smorfia.
“…il colpevole, dici? Sono convintissima che stiamo per acciuffarlo, qualunque sia la sua identità! Tranquillo, me ne sono fatta una ragione!”
Maka aveva sorriso, incoraggiante, e allora si era sciolto un po’ anche Soul, sospirando internamente di sollievo per non avendo infranto nessuna bolla di tranquillità apparente.
“Certo che sei proprio forte, tu. Non finisci mai di sorprendermi anche dopo tutto questo tempo.”
“Ah ah ah, grazie!” rispose Maka, arrossendo.

 

Ovviamente Maka non aveva detto ad anima viva di aver incontrato Chrona, né tantomeno che lei era il secondo Kishin.
Era pienamente consapevole del fatto che, nel caso malaugurato che Kid e gli altri cervelloni si fossero accorti che lei stava passando sotto silenzio un fatto così importante, avrebbe subito conseguenze molto spiacevoli; come minimo sarebbe stata licenziata. Però, la cosa non la preoccupava più di tanto, nonostante i sussurri di rimprovero della sua coscienza fedele alla DWMA: nessuno l’avrebbe scoperta.
Semplicemente, ora che sapeva che Chrona non aveva nessuna colpa, sarebbe stato sufficiente acciuffare il vero Demone e, dopo che la questione si fosse sistemata…voilà! Problema risolto. Tanto Maka era sicura che non ci sarebbero stati problemi, anche perché lei avrebbe difeso la sua amica con le unghie e con i denti, e poi, andiamo, era merito suo se avevano sigillato Ashura…di certo questo doveva avere un certo peso nella bilancia della giustizia retta dal Sommo Shinigami.
Anche in quel preciso momento, inoltre, le stava facendo da guardia del corpo. La seguiva dappertutto fuori dagli sguardi delle persone, come un angelo custode, o meglio, come un fantasma invisibile ma onnipresente, nero e pallido come la luce lunare, che le infestava anche i pensieri.
Era stato difficile smettere di pensare a lei, in effetti, e ora se possibile la situazione era pure peggiorata, anche se da quella notte fatidica dentro al Duomo questa ossessione aveva perso tutto il suo lato doloroso.
Maka aveva rimuginato a lungo, mentre non aveva la testa occupata in qualcos’altro, a tutte le cose che lei e Chrona si erano dette durante il loro incontro notturno, che le erano rimaste stampate a caratteri roventi nella memoria.
Per prima cosa, la scoperta che la sua migliore amica si era trasformata nel secondo Kishin: questo era stato abbastanza traumatico, ma solo fino ad un certo punto. Esisteva per caso un altro modo possibile grazie al quale la sua amica si sarebbe potuta salvare da sola? Non c’erano molte alternative: era ovvio che Ashura doveva essere stato distrutto definitivamente in qualche modo se la Luna era tornata bianca, e l’unica persona che poteva farlo era proprio Chrona;  dato che non può esistere un mondo senza un demone della paura, inoltre, l’unica alternativa possibile era che qualcun altro lo fosse diventato al posto suo. C’era anche un’altra cosa da considerare, anche se il solo pensarci metteva i brividi: Chrona era stata generata con il preciso scopo di diventare un Demone, da umana quale era. Quindi era come se, in fondo, i piani di Medusa si fossero davvero avverati… in un modo distorto e, stranamente, positivo. Sì, perché la figlia della strega aveva affermato chiaramente che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi andare alla follia, e Maka non dubitava una singola sillaba di quello che aveva ascoltato.
Era stato Kid stesso a spiegarle che in tutti gli esseri divini è presente un fondo di follia, esattamente come negli esseri umani, e che questo potere è in grado di sovrastare gli altri esseri viventi, cosa che ovviamente valeva anche per uno shinigami. Poi, usare o no questa follia era solamente una questione di scelta.
Quindi, Maka non aveva dubbi che Chrona avesse in odio qualsiasi forma di violenza, ed era certissima che non avrebbe mai combinato le catastrofi provocate dal suo pauroso predecessore, esattamente come anche Kid si asteneva dal farlo.
In quel momento, sinceramente, Maka provava solo un orgoglio sconfinato per la sua amica, e non la sfiorava più nemmeno un soffio di paura. Era diventata davvero forte. Persino Ragnarok, la sua arma sciolta dentro di lei, si era ridotto a una presenza sottomessa e trasparente in confronto alla luce bruciante della sua maestra, tanto che Maka aveva dovuto fare uno sforzo di memoria per ricordarsi di lui.
Il secondo problema che le dava da pensare, e che forse era quello che le pesava di più tenere nascosto, era la presenza negativa che secondo Chrona stava inseguendo Maka.
Cosa significava? La ragazza era quasi del tutto convinta che questa “presenza negativa” fosse collegata con il Demone assassino che stavano cercando di smascherare, ma allora, per quale motivo stava alle calcagna della maestra della falce? Quella sì che era una bella domanda.
Se questo Demone mirava a Maka, perché non l’aveva già attaccata? E a cosa gli sarebbero servite le pietre magiche che voleva rubare?
Più la meister si arrovellava, più soluzioni le venivano in mente, tutte con pochissimo fondamento e una più inquietante dell’altra.
Alla fine si era risolta a lasciar perdere: avrebbe chiesto informazioni alla stessa Chrona, quando avrebbe avuto occasione di farlo.
Dopotutto, le aveva promesso che le sarebbe bastato chiamarla, o no?



Image and video hosting by TinyPic

 



Zona Autrice

Ciao ragazzi!
Scusatemi, oggi non sto molto bene, quindi non ho molto da dire tranne che questo è uno dei miei capitoli preferiti. E poi beccatevi quella Chrona con il terzo occhio! :D
Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Finally, the altar. ***


Finally, the altar. 



 Image and video hosting by TinyPic

 

 
Death the Kid aveva un pessimo presentimento.
Non che fosse una cosa che gli capitava di rado – con le grandi responsabilità che aveva sulle spalle da quando era diventato Sommo Shinigami, era sempre in ansia e tendeva a considerare per prima sempre l’alternativa più buia – ma quella volta c’era anche qualcosa di più. Non era solo un pensiero, era quasi una sensazione fisica.
Era come una presenza oscura e inquietante che si nascondeva nell’ombra, e lui poteva percepirla sottoforma di una pressante sensazione di disagio, anche se non riusciva a capire di cosa si trattasse.
Era assolutamente certo di non stare prendendo un abbaglio, anche perché poteva affermare con assoluta certezza il momento preciso in cui quella sensazione era iniziata, ossia, la seconda notte che aveva passato a Milano; da allora era come se un fantasma stesse infestando il suo mondo.
Persino in quel momento, mentre Kid se ne stava seduto sugli inginocchiatoi in prima fila della cattedrale di S. Ambrogio, con gli occhi fissi all’altare, era come se l’oscuro presagio lo stesse perseguitando.
Andava sempre lì, nel tempo libero, in quella chiesa antica e tranquilla, a fare la guardia alla pietra magica che ancora non poteva portare in un posto veramente sicuro; dopotutto, la penombra profumata d’incenso delle arcate della grande navata centrale avevano l’effetto miracoloso di calmargli il nervoso. Erano così meravigliosamente simmetriche. Non come l’esterno, con quei due odiosissimi campanili ai due lati del tetto, uno più alto dell’altro. Cielo, sarebbe costato tanto a quegli stupidi frati che ci avevano vissuto costruirli uguali? Quella cattedrale sarebbe stata perfetta, se non fosse stato per quell’obbrobrio.
Kid stava appunto là seduto, davanti all’altare d’oro, ad ammirare il complesso mosaico che si stagliava sulla cupola sopra l’abside, quando il suo telefono si mise a squillare. Cos’era successo, Liz aveva di nuovo esaurito la carta di credito?
Con sorpresa Kid notò che, invece, il numero non era nessuno di quelli che il suo telefono aveva in memoria; dopo aver risposto alla chiamata, sentì una voce piuttosto inaspettata:
“Pronto? Pronto? Sommo Shinigami? Sono Mario Viverna!”
“Mario Viverna! Salve! Emh.. dica!”
“Salve! Ho saputo che state avendo problemi con la pietra dell’altare d’oro… è vero? È quasi una settimana che siete via!”
“Sì, è vero.”
“Bene, bene… se permette, sa, ho pensato che magari potevo darle una mano. Sa, conosco un paio di metodi che aiutano a velocizzare la burocrazia, ed a rendere le autorità più compiacenti… sempre che lei accetti un discreto uso di magia. È interessato?”
“Emh…”
Kid si sentiva preso parecchio di sorpresa, e anche se normalmente avrebbe storto il naso di fronte all’idea di dover usare un sotterfugio come la magia per ottenere un permesso, in quel momento quella proposta gli parve un’ancora di salvezza.
“Sì, sono interessato, accidenti. Ma solo perché è un’emergenza.”
“Oh, bene! Ero sicuro di poter essere utile in qualche modo!”
Kid si lasciò sfuggire un lungo sospiro di sollievo, dopo tutto lo stress che quei giorni gli avevano causato.
“Senta, Viverna, la attenderò qui domani, allora. La pregherei di fare in fretta a prendere l’aereo…”
“L’aereo? Ahahah! Signore, si volti.”
La comunicazione fu interrotta bruscamente, e Kid si girò verso l’ingresso della chiesa, colto ancora di più alla sprovvista di prima.
La porta di aprì e la figura alta e ammantata di nero dello stregone fece il suo ingresso nell’aria stantia del sacro edificio. I suoi passi si persero ovattati nell’atmosfera raccolta della chiesa e la sua veste svolazzò fra i suoi stivali come un paio d’ali membranose. Kid si alzò in piedi per accoglierlo, e lo vide infilarsi il telefono in una delle tasche che aveva sotto il mantello, sorridendo ammiccante; certo che quella era una bella sorpresa.
“Viverna! - esclamò Kid, mantenendo un tono di voce adeguato al luogo di culto in cui si trovava - …e lei cosa ci fa già qui?”
“Mi perdoni, Sommo Shinigami, ho solo accorciato i tempi, conoscendo la sua impazienza.”
Mario Viverna sorrise, un po’ mellifluo.
“Se non avessi assoluto bisogno di lei, direi quasi che è inquietante, sa?”
“…ma io ero assolutamente certo che lei aveva bisogno di me, Sommo Shinigami! Ho letto i rapporti che arrivavano da qui. Sid Barrett me li ha mostrati.”
Kid annuì, scocciato, e lo invitò a sedersi di fianco a lui, sulla bancata in prima fila, davanti all’altare. Da qualche parte, nella cripta nascosta, un monaco iniziò ad intonare una lenta preghiera cantata con voce morbida e profonda.
“Dunque dica, – iniziò a dire Kid – quale sarebbe il suo piano?”
Mario Viverna aveva fissato gli occhi gialli sull’altare d’oro, i quali sembravano accendersi di luci riflettendone il brillare prezioso. Probabilmente anche lui era un estimatore di oggetti d’arte, e il pezzo che si trovavano davanti era davvero notevole.
“Dunque, – rispose – nulla di complesso in realtà. Si tratterà semplicemente della mia presenza durante la prossima discussione che lei terrà con il funzionario comunale. Io lancerò un incantesimo che lo renderà succube di qualsiasi decisione lei deciderà di prendere, ed otterrà il permesso di recuperare la pietra. Tutto qui.”
Kid non poteva negare il fastidio che provava nel ricorrere a mezzi tanto viscidi per ottenere quell’artefatto magico, ma dopotutto non sarebbe successo nulla di male. E poi, doveva cacciarsi in testa che la DWMA aveva sempre usato meccanismi di quel genere, se non di peggio: era stata persino una delle cose che lo avevano fatto arrabbiare di più quando l’aveva scoperto da studente.
“Bene, Viverna. Ho appuntamento oggi pomeriggio, subito dopo pranzo. Vediamo di finire questa cosa il prima possibile.”
Viverna sorrise nel suo modo mellifluo, e tornò a fissare le brillanti pietre preziose incastonate nell’altare.

 

In un’altra parte della città, in quel momento, Maka stava rientrando nella sua camera d’albergo dopo una lunga passeggiata in centro con Liz e Patty. I piedi le dolevano un sacco e non vedeva l’ora di gettarsi dentro una bella doccia calda.
Fece per aprire la porta del bagno, quando si bloccò: nella fessura fra l’uscio e il pavimento era incastrato un foglietto di carta. Incuriosita, si chinò e lo raccolse, immaginando che l’avesse lasciato la cameriera per qualche comunicazione di servizio, e poi fosse finito lì sotto per qualche strano motivo. Lo spiegò fra le mani, e con un sussulto riconobbe all’istante quella calligrafia. Decisamente, non era la cameriera.
C’erano un paio di righe, scritte a penna con cura, senza la firma.

 

Il tuo sorriso mi rincuora, sono felice che sia tornato.
Vorrei già rivederti.

 

“Che c’è, Maka? – chiese Liz, togliendosi i tacchi e lanciandoli in un angolo – Hai un ammiratore segreto?”
“Eh!?”
Liz scoppiò a ridere: “Sei tutta rossa! Hai trovato un bell’italiano? Ahahah, qui i maschi han tutti il sangue caldo…”
“Ma smettila! - borbottò Maka, scandalizzata – E’ solo un messaggio della cameriera! Dice che per oggi hanno finito i rifornimenti di saponette… chissà come c’è finito, là sotto la porta.”
“Sì sì, raccontalo a qualcun altro.” gongolò Liz, iniziando a sfilarsi i jeans che le stringevano fin troppo i fianchi. “Basta che ti muovi a far la doccia, perché poi è il mio turno!”
“Sì… certo.”
Maka si sbrigò ad infilarsi nel bagno, tenendosi stretto al petto quel bigliettino, e si premurò di raccattare tutte le saponette che trovò in giro e portarsele con sé sotto la doccia, per farle sparire il più in fretta possibile sotto l’acqua bollente.

 

Kid aveva telefonato dicendo che, quasi sicuramente, il colloquio di quel pomeriggio sarebbe stato il decisivo, ed aveva spiegato il piano di Mario Viverna. Per tutto il gruppo fu una vera liberazione, quella telefonata: Milano era bella e tutto, ma ognuno di loro non vedeva l’ora di tornarsene a casa per poter proseguire con le indagini. Maka, poi, non vedeva l’ora di potersene stare un po’ da sola, in un luogo dove non era costretta a comunicare con il suo fantasma personale su striminziti foglietti di carta con due righe di testo per non dare troppo nell’occhio…
Tutti prepararono per bene le valige prima di pranzo e, non appena fu l’ora, si diressero tutti insieme a piedi verso l’ufficio del responsabile della chiesa di S. Ambrogio, che si trovava in un edificio di fianco alla cattedrale. Solo durante il primo colloquio si erano presentati tutti insieme, poi durante i seguenti c’erano stati solo Kid, Soul e a volte Maka: si era trattato veramente di un’esperienza frustrante. Così in gruppo, però, erano più “intimidatori”, lo aveva detto anche Mario Viverna.
Maka lo osservava senza farsi notare, mentre camminavano, e pensò che, da quando l’aveva incontrato la prima volta, non aveva mai cambiato i suoi vestiti: era sempre ricoperto dallo stesso mantello di quella che pareva pelle nera, che lo ricopriva dalle spalle fino alle caviglie come un paio di ali da pipistrello aderenti al corpo. Forse, almeno sotto quel mantello si cambiava… – che razza di pensieri cretini – In ogni caso, quella figura nera metteva in risalto la sua magrezza e la lieve curvatura che la sua schiena assumeva nell’andatura, quasi come se fosse ingobbito.
Era uno stregone, in ogni caso, ed era prevedibile che in fatto di look fosse eccentrico come il resto delle sue sorelle streghe; l’importante in lui era che potesse usare la magia. E la sua magia agì, in quel colloquio pomeridiano.
Il funzionario infatti cominciò a comportarsi in modo estremamente diverso rispetto alle volte precedenti, fin dai primi minuti di dialogo: era un piccolo ometto rugoso con due grosse lenti tonde che gli nascondevano gli occhi affossati, e si limitava ad ascoltare e ad annuire ad ogni frase che Kid pronunciava, con espressione vagamente istupidita. Nei giorni precedenti si era irrigidito, aveva lanciato fiamme da quegli occhietti da talpa, aveva urlato fino a sputacchiare, ma ora bastarono cinque minuti a convincerlo a prendere le chiavi del piccolo recinto in cui era confinato l’altare, e a guidare la comitiva dentro la chiesa a prelevare la pietra incantata.
Maka era senza parole, come anche Kid, Soul e il resto del gruppo; Viverna, però, non sembrava molto compiaciuto, anzi: per tutto il colloquio non aveva fatto altro che fissare l’ometto con faccia pallida, quasi come se ne fosse spaventato. Stava soffrendo? Forse era quello il prezzo della sua magia…
Uscirono dal piccolo ufficio, scesero le scale del palazzo in cui si trovava e si diressero verso la chiesa. Entrarono nel largo cortile che precedeva l’ingresso dell’edificio sacro, rossiccio di mattoni, e lo stregone si avvicinò a Kid, come se gli volesse dire qualcosa, ma lo shinigami per il momento era troppo impaziente di recuperare il manufatto per dargli retta.
Entrarono da una delle due porte laterali, e Maka fu accolta dalla solita penombra di quella chiesa di architettura antichissima. Fu sorpresa di notare come Viverna, adesso, si stesse avvicinando a lei. I suoi occhi gialli tradivano una forte preoccupazione.
“Signorina Albarn…” mormorò, bassissimo.
“Che ha, Viverna?” chiese la ragazza.
“Non è normale… il funzionario non è normale. Non ha posto la minima opposizione al mio incantesimo…”
“E allora?”
“…di solito la mente oppone sempre una certa resistenza, prima di cedere… ma questo qui no, è come se avesse la testa svuotata…è strano.”
Le labbra pallide di Mario Viverna tremavano mentre parlava, e Maka iniziò a sentirsi preoccupata
“Il signor Death the Kid non mi da retta…”
“Ne parleremo non appena recuperiamo il manufatto.”
Viverna non le rispose, si limitò ad accelerare il passo e a mettersi di fianco a Kid e al funzionario, che stavano entrando nella piccola porta di metallo del recinto attorno alla zona dell’altare.
Tutti insieme entrarono nella zona ristretta, e si schierarono di fronte al preziosissimo altare d’oro e gemme, sovrastato ed esaltato da un possente baldacchino. Il piccolo funzionario si mise di fronte ai ragazzi, dando le spalle a cotanta bellezza. Sorrise, con quel fare ebete che lo caratterizzava da quel pomeriggio, ed estrasse da una tasca della giacca un piccolo coltello da lavoro, con la piccola lama opaca puntata verso il basso. Dopodiché disse:
“Con questo, procureremo quello che è necessario.”

 

Quello che Maka si aspettava di vedere era l’ometto che si girava, si piegava ed estraeva la loro sospirata gemma magica con il coltellino.
Ma così non fu.
L’uomo impugnò il coltello alla guisa di un pugnale e si lanciò contro Kid, piantandoglielo con violenza nella spalla, fra le urla di Liz e Patty. Lo shinigami fu colto talmente di sorpresa che non fece in tempo a reagire mentre la piccola lama affondava nella sua carne, ma spinse via in fretta il funzionario con un calcio nello stomaco non appena il dolore attaccò il suo sistema nervoso
Maka, dopo i primi secondi di paralisi in cui il sangue le si era congelato nelle vene, afferrò il polso di Soul e lo sentì trasformarsi in gelido metallo, pronto al combattimento.
Il funzionario fu scaraventato dal calcio di Kid contro le prime bancate di legno, e cadendo le sfasciò completamente con un gran baccano. Fra il raccapriccio degli astanti l’ometto si rialzò in mezzo alle macerie, completamente illeso e con quel sorriso ebete sempre stampato in faccia, sporcato dal sangue rosso di Kid.
Maledizione!
Corrispondeva esattamente alla descrizione di uno degli emissari del Demone.
Alzatosi, l’ometto si scagliò con velocità soprumana contro Maka, la quale prontamente sollevò la falce per rispondere all’attacco, ma accadde qualcosa.
Maka percepì una nota di terrore attraversarla completamente, dalla testa ai piedi, e le tremarono le mani. Soul cadde al suolo con un tintinnio metallico, e si ritrasformò all’istante nella sua forma umana. Non si alzò, rimase accucciato al terreno, scosso da violenti tremori.
Anche l’ometto si era immobilizzato, con lo sguardo fisso nel vuoto, come anche tutti gli altri presenti. Liz, che si era chinata su Kid per assisterlo, gli affondò le unghie nella spalla, paralizzata.
Un’onda di gelo stava investendo la chiesa, oscurando la luce, annullando la vita.
Maka percepì Viverna che balbettava, terrorizzato, da qualche parte dietro di lei:
“Oh, no… oh, no…”
Il gracile funzionario dallo sguardo fisso strinse le mani convulsamente attorno alla sua piccola arma, e la sua espressione vacua parve congestionarsi, come se un insopportabile dolore avesse iniziato a martellargli dentro la testa. Digrignò i denti con un guaito, arricciò il naso, iniziò a tremare forte ed i suoi occhi si tesero così tanto negli spasmi che le due orbite iniziarono a scardinarsi dalla loro posizione naturale.
All’improvviso urlò, esplodendo tutta la sua follia in un animalesco grido di puro dolore.
La maestra di falce osservava quello spettacolo orribile a occhi spalancati, con quel grido orrendo che le graffiava l’anima, divorata dall’orrore.

 

“Tieni giù le mani da Maka Albarn, insetto.”

 

L’oscurità che aveva pervaso la chiesa si condensò sopra la testa della creatura in agonia, acquistando sostanza, e si trasformò in una mano bianchissima, scheletrica, tesa e minacciosa come gli artigli un rapace sanguinario.
Tutti i presenti ammutolirono, Maka per prima.
Mario Viverna si lanciò al suolo, tenendosi la testa fra le mani, e le sue grida si unirono a quelle del povero funzionario:

 

Il Demone!”



Zona Autrice

Ciao a tutti e buon lunedì!
Eccoci qui con il nostro aggiornamento, che stavolta lascia parecchio la scena in sospeso... 
Ma passiamo alle cose importanti.  I questa fase della storia compaiono due chiese di Milano, che come avete letto sono il Duomo e St. Ambrogio; ho insistito con l'ambientazione in luoghi sacri sia perché studio a Milano e la conosco bene - dah -, sia perché Chrona pare avere una fascinazione tutta sua nel comparire in quei posti - aggiungiamo che a parer mio Okhubo si sia ispirato molto al cattolicesimo per crearla, insomma, ha su un vestito che pare da suora e il suo tema musicale nell'anime altro non è che l'Ave Maria cantato in italiano (sbagliatissimo tra l'altro, ma italiano è) ... non ci credete? Cliccate qui e affinate le orecchie! XD In ogni caso, fa un bellissimo contrasto con la madre strega. Ma torniamo alle chiese. Il Duomo l'ho scelto perché è una meravigliosa cattedrale gotica - e Chrona emana la goticaggine da ogni poro della pelle -, mentre St. Ambrogio mi ha sempre affascinato per la pace che mi trasmette la sua architettura per per il suo meraviglioso altare d'oro. Il suo unico problema sono i campanili. Andiamo, non farebbero impazzire anche voi? XD

Image and video hosting by TinyPic

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Kishin! ***


Kishin!

Image and video hosting by TinyPic


La mano bianca artigliava l’aria sopra la testa grigia del piccolo funzionario impazzito, tesa in uno spasimo di potenza e tendini, quasi come se gli stesse risucchiando fuori l’anima.
L’uomo resse quell’orribile condizione per qualche secondo ancora, poi le sue urla si spensero e i suoi occhi si ribaltarono all’indietro mentre perdeva i sensi. Il suo corpo si afflosciò da un lato inerme, come un sacco vuoto, e dietro di lui il Demone apparve alla vista: un’alta figura ricoperta di nero, magra e sinuosa, con la pelle bianca di un cadavere e due orbite nere come pozzi infernali; in mezzo alla sua fronte si agitava convulsamente l’allucinazione di un terzo occhio, spalancato e terribile.
Mario Viverna ancora strillava, con le mani fra i capelli, mentre tutti gli altri non riuscivano a capacitarsi di quello che si era appena manifestato alla loro vista. Perché, in realtà, tutti loro la conoscevano benissimo
“Chrona Gorgon!”
Sillabò Death the Kid, con lo sguardo febbricitante piantato nel secondo Kishin.
Maka deglutì, stringendosi le braccia per farle smettere di tremare.
Chrona abbassò la mano, e restituì in silenzio lo sguardo a Death the Kid, stringendo le dita a pugno. La sua espressione era terribile, diversa da quella che i suoi vecchi amici ricordavano: era contratta, quasi rabbiosa.
Fu un attimo. Un gesto fu sufficiente a far brillare il suo corpo, che si dissolse come un soffio di fumo sospinto dal vento, lasciando solo un profondo silenzio e un senso di vuotezza pressante fra i colonnati echeggianti.
Kid si era alzato per fermarla, ma era troppo tardi: Chrona era appena svanita, come un fantasma.
“Maledizione…” mormorò fra i denti.

Ci volle qualche secondo ai ragazzi della DWMA per riprendersi da quella terrificante esperienza e per fare il punto della situazione; il funzionario era rimasto svenuto, al suolo, e non dava cenni di svegliarsi e tornare ad essere pericoloso. Maka si affrettò presso Mario Viverna, il quale se ne stava ancora accucciato ginocchioni con la testa fra le mani, in preda allo shock, mentre Liz tornò al fianco di Kid per controllare la sua ferita alla spalla. Soul si affrettò a togliere il coltello dalle mani del funzionario milanese e poi, insieme a Patty, trovò il modo di legarlo e ammanettarlo in modo tale che, nel caso avesse ripreso i sensi, sarebbe rimasto comunque innocuo.
“Io l’avevo detto… io l’avevo detto…” continuava a ripetere Viverna, nonostante Maka facesse tutto ciò che poteva per cercare di tranquillizzarlo.
“Io l’avevo detto che quell’uomo non era normale…era sotto il controllo del Demone…e il Demone è apparso per farci impazzire tutti…”
“Viverna, mi dica qual è la pietra che devo staccare.” chiese Soul, che si era avvicinato a Maka e allo stregone stringendo risoluto il coltello nella mano. Anche lui sembrava molto pallido, nonostante la determinazione nei suoi occhi sanguigni.
“Lato destro, la terza a partire dall’alto della croce intarsiata. Dovrebbe essere blu e più piccola delle altre.”
“Bene.”
Soul si apprestò a cercare la gemma sul preziosissimo altare d’oro, mentre Kid nel frattempo si avvicinava, sostenuto da Liz e Patty, stringendosi un fazzoletto sulla ferita; sembrava patire una forte sofferenza, nonostante avesse subito senza troppi problemi colpi ben peggiori di quello. Maka gli chiese se poteva fare qualcosa, ma lui rispose che non era nulla, nonostante un pallore preoccupante continuasse ad avanzargli sul volto.
“Piuttosto, – aggiunse, amaramente - abbiamo trovato Chrona.”
Maka strinse le labbra fino a sbiancarsele, trattenendo un sospiro.
“Cercava di proteggermi.” mormorò, con un filo di voce.
Kid non ebbe il tempo di rispondere, poiché un’imprecazione di Soul lo interruppe risuonando fra le pareti di quel luogo sacro.
“La gemma non c’è! Merda!”
“L’ha presa il Demone… è venuto a prendersela apposta!” farfugliò Viverna, pallidissimo, mentre una terribile consapevolezza si abbatteva addosso a tutti gli ex studenti della DWMA.
Il Demone che stavano inseguendo era Chrona.

Lei cercava solo di proteggermi…

La situazione non poteva essere più tesa di così.
Mario Viverna continuava a rimanere in stato di shock, con lo sguardo fisso e le mani tremebonde, anche seduto sulla poltroncina nella camera d’albergo di Kid. Era normale: durante l’assalto lo stregone era collegato alla mente del funzionario milanese per tramite del suo piccolo incantesimo di persuasione – a suo dire – e quindi aveva percepito una forte sofferenza che ancora non lo abbandonava.
Kid, Maka e Soul discutevano animatamente, in piedi, mentre la luce pomeridiana si intrometteva fra le tendine alla finestra, allungando le loro ombre fin sopra i muri.
“Non giungete a conclusioni affrettate! - stava esclamando Maka, gesticolando – Chrona non ha fatto altro che proteggere me! Non ce l’avete più un senso logico!?”
“Stai scherzando, Maka!? Che mi dici della gemma? L’ha fatta sparire! - rispose Kid, con il tono di chi stava cominciando ad arrabbiarsi. - Ce l’ha fatta sotto al naso!”
“…e allora che senso avrebbe avuto ridurre in quello stato il signor funzionario!? Me lo dici? Ma non l’hai sentito quello che ha detto?” Maka aveva alzato progressivamente il livello della voce, fino quasi a mettersi ad urlare.
Soul le appoggiò una mano sulla spalla, facendola calmare. Era molto serio.
“Maka, finiscila. So benissimo che tieni a quella ragazza, ma ormai è piuttosto evidente che sia lei la colpevole. Apri gli occhi.”
“No, tu apri gli occhi! Lei è innocente!”
“…e quali prove avremmo? – si intromise Kid – Dimmi, io non ci arrivo. Tutti i nostri indizi conducono a lei.”
“Io…”
Maka arrossì violentemente, e si staccò la mano di Soul dalla spalla.
“Ehi, si può sapere ora che hai?”
Io le ho parlato.
Maka aveva la voce rotta, e teneva gli occhi piantati sul pavimento. Kid e Soul si zittirono.
“L’ho incontrata, qualche notte fa… e sì, mi ha detto che si è trasformata nel secondo Kishin. Ma mi ha detto anche che non c’entra nulla con le gemme. Sente la presenza del vero colpevole vicino a me e mi segue per proteggermi.”
Soul sospirò, alzando gli occhi al cielo, e Kid si nascose la faccia tra le mani, mormorando imprecazioni.
“Sei diventata matta!? – la rimproverò Soul – Perché diavolo non ce l’hai detto subito!?”
“Proprio per questo motivo! – esclamò la ragazza, staccando gli occhi dal suolo e piantandoli ferocemente in quelli sanguigni della sua falce – Perché era ovvio che l’avreste accusata! È diventata il Kishin, non l’avreste mai lasciata in pace, voi!”
Noi!? – urlò Kid, esasperato – Maka, ma di cosa stiamo parlando? Delle persone sono morte, capito!? Morte! Non difenderai mica un assassino!?”
Lei non è un assassino!” strillò la ragazza, paonazza di rabbia, la quale però si sentì subito frenata dalla mano calda di Soul, che di nuovo le si era appoggiata sulla spalla.
“Ora basta, abbassiamo i toni.” disse il ragazzo con la sua voce profonda, sovrastando Maka con tutta la sua statura. Stava guardando anche Kid, il quale fece un profondo respiro e andò a sedersi sul lato del letto, reggendosi la testa. Il Sommo Shinigami si era fatto medicare il taglio procurategli dal funzionario milanese, una ferita piccola ma profonda di diversi centimetri, tuttavia, nonostante lo negasse, continuava ad essere molto pallido e molto sofferente.
Anche Maka cercò di far sbollire la furia che la invadeva come un incendio, e le fu più facile entrando in contatto con l’anima di Soul, il quale la stava guardando con una calma rassicurante. Bastarono un paio di momenti di silenzio per ritrovare un’atmosfera da discussione civile.
“Chrona mi ha detto che vuole solo proteggermi.” Ripeté Maka, a bassa voce.
Soul Eater sorrise, e strinse affettuosamente la mano sulla spalla della sua maestra:
“Ma certo che vuole proteggerti, l’abbiamo vista tutti. È intervenuta non appena il funzionario a cercato di attaccarti.”
Maka cacciò un sospiro, sentendosi più leggera, ma la falce non aveva ancora terminato il discorso:
“Tuttavia, deve averti mentito sulla sua innocenza. È ovvio che non avrebbe mai potuto dirti di essere la colpevole, anche se desidera che non ti sia fatto nulla di male. Non ci hai pensato? Quella ragazza era ossessionata da te, non mi sorprenderebbe che tu facessi parte di un qualche suo strano piano. Se è intervenuta, forse è perché il funzionario ha fatto il fatale errore di attaccare proprio te, e ha preferito liberarsene subito.”
Maka non rispose, si limitò a fare gesto di “no” con la testa. Man mano che Soul Eater parlava, si era ricoperta di sudore freddo, e aveva iniziato a tremare. Kid era rimasto in silenzio. Prima di potersene rendere conto, Maka si trovò fra le braccia di Soul, che la cingevano come una accogliente gabbia di protezione.
“So che stai molto male per colpa sua. – disse il ragazzo – Non le dobbiamo permettere di portare di nuovo il caos, sia come Kishin sia come figlia impazzita di una strega. Mi dispiace tantissimo, ma purtroppo bisogna accettare la realtà.”
Maka rimase in silenzio.

Il gruppo della DWMA partì per tornare in Nevada poche ore dopo l’incidente dentro S. Ambrogio, portandosi dietro in stato di arresto il funzionario che era stato posseduto dal Demone. L’uomo rimase privo di sensi a lungo e si risvegliò dal suo stato di incoscienza inquieta solo parecchie ore dopo l’arrivo a Death City. Come volevasi dimostrare, non aveva assolutamente memoria dell’accaduto, se non un terribile stato di dolore e confusione mentale risalente ai pochi secondi in cui era stato sotto l’influenza di Chrona Gorgon.
La notizia che la gemma dell’altare d’oro era stata rimossa, durante l’attacco dell’uomo, fece rodere il fegato a tutti gli agenti della scuola; la rivelazione che il principale sospettato fosse proprio Chrona, invece, addolorò parecchi dei suoi vecchi amici. Black*Star e Tsubaki furono esterrefatti dalla scoperta e promisero che si sarebbero accollati loro la responsabilità di trovare e sconfiggere il Secondo Kishin, evitando a Maka questa dolorosissima incombenza. Black*Star, dopotutto, si era allenato proprio in vista di un combattimento contro il Demone, in tutti quegli anni… il fatto che il titolo di Ashura fosse stato ereditato dalla timida figlia di Medusa, ormai, non faceva molta differenza.
Nonostante questa disavventura, in ogni caso, ben due delle gemme magiche si trovavano al sicuro dentro le migliori casseforti della DWMA, e il colpevole aveva scelto di manifestarsi; complessivamente non poteva certo dirsi un insuccesso.
Kid stabilì di sorvegliare le pietre notte e giorno e di stare sempre in guardia: era sicuro che il Demone si sarebbe presentato per impossessarsi anche degli artefatti che gli mancavano, e lo shinigami si sarebbe trovato prontissimo ad accoglierlo. A quel punto, avrebbero catturato Chrona e l’avrebbero sigillata.
Maka Albarn pareva molto meno turbata di quello che tutti temevano, considerato il crollo psicologico che aveva subito solo qualche settimana prima, e aveva assistito a tutte le operazioni in un ostinato silenzio, a testa bassa. Soul spesso si chiedeva cosa diavolo le passasse per la testa, quella testolina cocciuta che lui negli anni aveva imparato a leggere come un libro aperto, ma che ora gli sembrava incomprensibile.
La ragazza, non vista, una mattina prima di uscire per andare al lavoro lasciò sul davanzale un foglietto di block notes giallo flou, con una sola frase scritta a matita, che Blair non notò nemmeno quando passò per spolverare.
“Devo parlarti.”

Mi sento la testa scoppiare, chiariamo questa cosa.
Sarò anche pazza, ma non riesco a non fidarmi di te. Tieni la mia vita fra le tue mani, potresti uccidermi solo stringendo un po’.
Sì, sono decisamente impazzita.

Blair era appena uscita, agghindata di tutto punto per i suoi lavoretti notturni.
Maka si alzò dal divano e iniziò a chiudere tutte le finestre della casa, sbarrando pesantemente le imposte, per poi dirigersi verso il davanzale dell’unica rimasta aperta, quella da cui aveva sempre ammirato la Luna. Spalancò i vetri, appoggiandosi poi coi gomiti sulla dura roccia e sporgendosi all’esterno, tesa dall’emozione.
Era sicura che Chrona avesse letto il messaggio che le aveva lasciato e sapeva che quella notte il secondo Kishin sarebbe venuto a trovarla.
Per qualche motivo, Maka si aspettava di vederla scendere in volo dagli alti tetti dei palazzi, come se fosse discesa direttamente dalla Luna, planando con le sue immense ali nere, e anticipava con il cuore in gola il momento in cui l’avrebbe fatta entrare in casa, passando proprio da quella finestra.
I minuti passarono, e l’impazienza di Maka cominciò a farsi insopportabile.
All’improvviso una voce familiare, esile e tranquilla, la raggiunse dalle sue spalle suonando leggermente stranita:
“Che fai alla finestra, Maka? C’è una bella Luna?”
La ragazza sussultò e si voltò, trovandosi davanti la sua amica demoniaca che la osservava, in piedi in mezzo al soggiorno, avvolta nel suo abito nero che copriva ogni centimetro di pelle dal collo in giù, un po’ imbarazzata ma sorridente. Alla fine eccola lì, puntuale e vera come un sogno ricorrente che rifiuta di arrendersi alla veglia. Maka non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta, vedendola così, nonostante tutto il terrore che aveva sentito nel cuore quando era apparsa per fermare il funzionario posseduto.
“Emh… - rispose, chiudendo all’istante vetri e imposte - …veramente ti stavo aspettando…sei qui da molto?”
“Uhm, no…”
“Ok, fantastico.”
Maka, voltandosi velocemente - fuori dalla vista del Demone –, prese un profondo respiro per calmare l’agitazione e sbarrò per bene le chiusure delle finestre, rendendo impossibile a qualsivoglia passante di intravedere negli interni dell’appartamento. Nessuno doveva sapere che Chrona era lì, o sarebbero stati guai enormi per entrambe. Anche Chrona sembrava rendersene perfettamente conto: infatti la sua anima ingombrante risultava decisamente meno percepibile rispetto all’ultima volta che si erano incontrate.
“Hai imparato lo Scudo dell’Anima?” chiese Maka, sinceramente ammirata.
Le labbra della figlia della strega si incurvarono in un lieve sorriso senza allegria:
“Non proprio. È complicato. Ti spiegherò tutto, se vuoi.”
“Magari dopo. Ora devo chiederti una cosa importante.”
Tra le due calò un breve silenzio, mentre l’espressione di Chrona si avviliva, presagendo quale sarebbe stato il prossimo argomento, e Maka si preparava a parlare incrociando le braccia . Il cuore le martellava nel petto a velocità imbarazzante, ma doveva calmarsi. Quella era solo una conferma, nient’altro. Maka non stava rischiando di morire, né stava parlando con una spietata assassina a sangue freddo. Si aggrappava a quella convinzione con tutta se stessa.
“Death the Kid è convinto che tu sia la colpevole dei furti e degli omicidi.” sillabò, cercando in tutti i modi di trattenere il tremolio nella sua voce chiara.
La ragazza dai capelli rosa abbassò gli occhi a terra, afflitta.
“Soul è convinto che tu mi stia ingannando.”
“Ho sbagliato, vero…? – Chrona si morse le labbra, strizzando gli occhi per il rimorso, e Maka fu punta da una fitta acuta nel petto – Non avrei dovuto manifestarmi, ma eri in pericolo. Non ho potuto trattenermi. È stato un disastro, ho avuto talmente paura della reazione di Kid che mi sono dileguata, ero arrabbiata e confusa, e mi sono accorta troppo tardi che tutti quanti mi stavate fissando. Sono un macello…”
Maka sospirò, rilassando leggermente le braccia che teneva incrociate sul petto. Quel viso feroce, quegli occhi contratti che aveva visto davanti all’altare d’oro in realtà erano sorpresa, incertezza per una trappola che il caso aveva teso per lei.
“…non preoccuparti, ora capisco. Sarai stata colta all’improvviso esattamente quanto noi, Chrona.”
“Sì, proprio così. Mi dispiace…”
Maka percepì istantaneamente la sua anima già alleggerita divenire frizzante:
“Perché dovrebbe dispiacerti? Mi stavi salvando la vita!”
Si sedette sul divano, invitando la sua amica a imitarla. In quella posizione sembrava tutto più normale, quasi come una chiacchierata pomeridiana davanti a un tè e pasticcini. Chrona sorrise, di nuovo, e Maka sentì gli ultimi dubbi rimasti sciogliersi del tutto, insieme al calore che quella timida ragazza era in grado di trasmetterle.
“Tranquilla, troveremo una soluzione. Volevo parlarti apposta per questo.”
“Sono felice, Maka. Da sola combino solo disastri, come al solito.”
“E’ un disastro che abbiamo combinato in due, e in due lo risolveremo!”
Maka si sentiva fiduciosa. Trovarsi Chrona davanti, viva e con le gote colorate di una tenue tinta violacea – non avrebbe mai potuto arrossire, a causa del colore nero che le scorreva dentro le vene, mantenendo la sua pelle pallida e trasparente come quella di un fantasma – le sembrava ancora un miracolo.
“Sai per caso qualcosa sulla pietra magica dell’altare d’oro?”
“Quella che è scomparsa?”
“Sì.”
“Ho sentito che ne parlavate. Io non l’ho nemmeno toccata, ma ho dei sospetti. Kid mi ha molto sorpresa, in quella circostanza… non ha nemmeno controllato nelle tasche del funzionario! Se quando l’avete incontrato era già posseduto dal Demone, magari l’aveva già recuperata prima e nascosta da qualche parte.”
“Hai ragione! - esclamò Maka, battendosi una mano sulla testa. – Perché diavolo non ci ho pensato io?”
“Temo che Kid non ti avrebbe nemmeno dato retta, mi sembra molto agitato da quando mi ha vista.”
Era vero. Il sommo Shinigami ora mirava soltanto a catturare il colpevole con il suo piano-trappola, mosso dalla ferrea volontà di giustizia nata nel momento in cui si era convinto che la colpevole era Chrona. La sua determinazione era estremamente lodevole, ma in quella determinata circostanza non faceva altro che complicare le cose.
“Io ho un’idea, Chrona.”
Maka la guardò dritta negli occhi e l’altra sostenne il suo sguardo, attenta.
“Abbiamo tenuto nascosto il fatto che tu sei diventata il Kishin finché non lo sapeva ancora nessuno, ma adesso non ha più senso scappare. Ormai lo sanno tutti e, per qualche accidenti di motivo, sono convinti che tu abbia qualche strano piano malefico in mente. Ma io so che non è vero, tu sei innocente. Anzi, puoi aiutarci a trovare il vero colpevole.”
Chrona ascoltava Maka in silenzio, seria.
“Sono convinta che la cosa migliore da fare sia quella di presentarci, insieme, a Death the Kid e di spiegargli come stanno le cose. In realtà sarebbe stata la cosa migliore da fare fin dall’inizio…ma ora direi che è l’unica alternativa. Se la DWMA continua a fissarsi su di te non andremo da nessuna parte, e il vero colpevole resterà a piede libero.”
Chrona rimase in silenzio qualche secondo, dopo che Maka aveva terminato di parlare, con gli enormi occhi neri fissati nel suo volto. La meister trattenne un sospiro: si era quasi aspettata di vederla impallidire e ritrarsi, di sentirla protestare debolmente con il terrore nella voce contro l’approccio diretto che si proponevano di usare, come avrebbe sicuramente agito quando erano ancora delle ragazzine, ma così non fu.
“Hai così tanta fiducia nella DWMA, Maka? – chiese, mesta – Credi veramente che il sommo Shinigami possa accettarmi come sua alleata, io che sono diventata la creatura che per antonomasia si oppone all’ordine che lui protegge? In fondo, tutti gli indizi indicano me come colpevole, e io non posso provare di non esserlo.”
“Credo che solo il fatto di presentarti di tua spontanea volontà sia una prova evidente della tua innocenza. Dopotutto, non hai nulla da nascondere, no?”
“…no.”
“Ecco! Anche se gli altri ora si sono fatti un’idea sbagliata, ho fiducia che tutti insieme possiamo raggiungere la verità. Non avere paura.”
“Io non ho paura. – Chrona spostò lo sguardo sul tavolino, dove era poggiata una fotografia incorniciata che ritraeva Maka e i suoi compagni nel giorno del diploma, felici e sorridenti – Ho solo meno fiducia di te, tutto qui. Facciamo come dici tu, però. Hai ragione, continuare a scappare non porterebbe a nulla di buono, ormai.”
Maka fu compiaciuta che la sua idea fosse stata accolta così facilmente, con molta meno fatica di quella che si era aspettata di dover spendere, anche se la risposta di Chrona l’aveva lasciata senza parole. Era cambiata, per davvero, come se il potere del Kishin avesse finalmente annullato parte delle sue fobie patologiche.
“Bene, allora. Lo facciamo domani mattina?”
“Come vuoi tu.”
Chrona fece per alzarsi dal divano, ma Maka la afferrò per un polso, trattenendola, con il cuore che tornava a martellarle in gola in quel modo così sconveniente e fuori luogo. Voleva godere della presenza della sua migliore amica il più a lungo possibile, ora che finalmente erano insieme.
“Lo vorresti un the? … Blair tornerà poco prima dell’alba. Restiamo ancora un po’ a chiacchierare, voglio chiederti un sacco di cose.”
Il secondo Kishin voltò la testa a guardarla, sorpresa, con gli occhi che luccicavano; le sue gote pallide si colorarono di chiazze viola, e parve quasi reprimere un tremito prima di rispondere, con un ampio sorriso:
“Sì, sì certo! Con immenso piacere!”



Spazio Autrice

Buon lunedì a tutti!
Considerato il fatto che sto interrompendo il mio lavoro sulla tesi di laurea per aggiornare questo capitolo, purtroppo non ho molto tempo e molte idee su cosa aggiungere qui sotto, mi spiace :P
Ne approfitterò allora per ringraziare tutti i miei lettori, dal primo all'ultimo, e sopratutto BBola, ShiNear e BlackPapermoon_, che hanno voluto lasciarmi qualche recensione per dirmi quello che ne pensavano di questa storia! Una menzione speciale, inoltre, a Emmevic e a Holy Hippolyta, alle quali ho sfracassato le ovaie per un sacco di tempo con questa cosa che stavo scrivendo e mi hanno dato retta - perdonatemi, sappiate che vi amo per questo <3 -
Buona settimana a tutti dunque, e a lunedì prossimo!
Bye!

ps.
Maka e Chrona sono troppo carine a fine capitolo, scusatemi. Ho dovuto disegnare quella scena a fumetti per poter sopportare tanta pucciosità - ma non la metto qui perché ho aggiunto una cosuccia che potrebbe rivelarsi spoiler XD

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** The point of not return. ***


The point of not return.

 

 

“Cos’hai fatto in tre anni, tutta sola, sulla Luna?”
“E’ difficile da spiegare…ho lottato. Non ero viva, ma nemmeno morta. Il mio corpo si era disfatto in mille brandelli, ma la mia coscienza è rimasta tenacemente aggrappata a se stessa, come un fuoco fatuo disperso in una palude nebbiosa. Non avevo paura, non più, dovevo solo resistere, tenere il mio sangue compresso, compatto come una prigione infernale. Non è stato semplice, ma il potere del Brew e la mia volontà di non arrendermi mi hanno aiutata.
Ashura, l’Indice, il Brew, Ragnarok, Chrona… nulla era più definito, tutto era una cosa sola, amalgamato nello stesso oceano nero.
Io ero quel tutto, la mia coscienza pervadeva ogni entità, ogni singola goccia del mio sangue.
Durò poco, però, perché Ashura non aveva alcuna intenzione di restare imprigionato e sottomesso a me.
Eravamo fusi insieme, ormai, fin da quando l’avevo ingoiato la prima volta, e tentò in tutti i modi di schiacciarmi e divorarmi, di sciogliere nel sangue anche quel poco che restava di me, quel ricordo di una vita, quella volontà di non morire.
Non avevamo braccia e gambe per colpirci, né denti per morderci o occhi per minacciarci,
 ma sapevamo entrambi che, se uno dei due voleva sopravvivere, allora l’altro doveva soccombere.
La sua coscienza, sforzo dopo sforzo, lentamente si sciolse: io riuscii a vincerlo in resistenza.
Penso che sia stato molto più sfortunato di me, che al contrario di lui avevo ragioni forti e insostituibili per rimanere aggrappata alla vita.
Insomma, mi avevi detto di aspettarti…
Oltre a lottare per rimanere me stessa guardavo anche sulla Terra, ogni tanto, espandevo le mie sensazioni fin qui. Non ho mai captato molto, ma te sì, Maka…riuscivo a sentire la tua anima e mi davi coraggio, mi regalavi la forza per sconfiggere Ashura.
Quando ho sentito l’anima minacciosa che si stava avvicinando a te mi sono sentita in dovere di intervenire, ormai il vecchio Kishin si era dissolto da tempo e io avevo il pieno controllo di tutte le entità che avevo assorbito e sciolto nel mio sangue.
Grazie ai poteri che mi ha donato il Brew ho ricomposto il mio corpo, e ho cessato di essere solo un’anima, tornando a essere viva.
È strano, in effetti, poter di nuovo vedere coi miei occhi, ascoltare i suoni del mondo, percepire il sangue che mi scorre nelle vene. Non avevo idea di essere in grado di farlo, eppure…eccomi qui.”
“Caspita…”

 

Cariddi osservava rapita le sue due piccole compagne che si allenavano nel centro del cortile insieme ai loro partner, appollaiata sul muretto che proteggeva gli occupanti del giardino pensile da una caduta a strapiombo sui tetti di Death City. Si trovavano su uno dei tanti balconi verdi della scuola, dato che la lezione mattutina era saltata a causa dell’assenza della professoressa Marie: da un paio di giorni i professori erano tutti occupati in una grossa operazione messa in piedi da Kid per catturare il ladro delle pietre magiche.
La Gorgon teneva un grosso libro polveroso sulle ginocchia, pescato da una sezione semi-dimenticata della biblioteca, ma stava ignorando il contenuto delle sue ruvide pagine di pergamena; si era ripromessa di fare delle ricerche, tanto per darsi la sensazione di stare facendo qualche progresso, prima di perdersi nella contemplazione delle sue sorelle streghe.
Era l’unica del suo gruppo a essere ancora da sola.
Amber volteggiava sottoforma di arma tra le mani esperte del suo maestro Em-Ni, il quale sperimentava le sue capacità da muta-forma chiedendole di trasformarsi in un’arma diversa ogni due o tre minuti. Erano diventati una bella coppia, quei due, e facevano progressi da gigante. Carrie, dal canto suo, stava in piedi in un cantuccio sotto l’ombra degli alberi testando la robustezza del suo compagno – che si trasformava in un grosso martello – picchiandolo con energia contro dei sassi che si era portata dietro, nel tentativo di romperli con un colpo solo. Non sembrava un esercizio particolarmente utile, ma evidentemente Carrie la pensava diversamente; era sempre stata un po’ strana…
Cariddi pensò che negli ultimi tempi fosse diventata ancora più silenziosa del solito, forse perché non era abituata ad avere tutta quella gente attorno a lei. Mario Viverna era parecchio preoccupato, pensava che non si stesse allenando abbastanza per sviluppare le sue doti telecinetiche. Poco male, pensava la Gorgon, si trovavano in una scuola in cui i poteri si sviluppano in squadra, non singolarmente: quella era uno degli aspetti che preferiva della DWMA. Carrie ci avrebbe fatto l’abitudine, e avrebbe smesso di fissare tutte le persone con quei suoi occhi senza colore, spiritati, terrorizzando chiunque cercasse di rivolgerle la parola.
Mentre la Gorgon riapriva l’antico libro che teneva appoggiato sulle ginocchia, una scarica lancinante le perforò all’improvviso tutti i canali di percezione che teneva aperti, come un fulmine sulla schiena a ciel sereno. Il libro le cadde dalle mani, mentre un intenso tremore prendeva possesso delle sue membra: con un’occhiata si rese conto che anche le altre sue sorelline streghe stavano avvertendo quella sensazione.
Era terrificante, come il presagio di un orrendo baratro senza paratie, una fossa infernale in cui si agitava un potere che distruggeva, pezzetto dopo pezzetto, qualsiasi anima che non avesse natura divina. Era uno dei naturali nemici delle streghe e, purtroppo, Cariddi ricordava perfettamente quella sensazione.
“Non può essere…” mormorò tra sé e sé, saltando giù dal muretto.
Corse verso l’ingresso, dove sentiva che si stava avvicinando quell’anima demoniaca, ansiosa per quello che potenzialmente stava per accadere e pronta se possibile a intervenire.
Mai avrebbe potuto immaginare quanto l’avrebbe sconvolta quello che lei e una folla di studenti avrebbero visto davanti all’ingresso, che sarebbe rimasto stampato nei ricordi della scuola negli anni a venire.

 

“…tu forse pensi che io non sia cambiata, Maka, ma non è così.
Tutto è cambiato.
Non ho avuto altra scelta, ma da quando ho spiccato il balzo per le tenebre, tre anni fa, non sono più potuta tornare indietro. Non sarò mai più quella di prima.”

 

Maka aveva visto la sua migliore amica materializzarsi di fianco a lei, alla base dell’alta scalinata che si arrampicava fino alle porte della scuola.
Chrona apparve prima come sensazione, come una pressione nel tessuto della realtà, poi una luce lancinante accecò la vista della meister, materializzandosi in forma di luminose membra femminili coperte all’istante da un velo di oscurità liquida, sgorgata dal nulla, che la avvolsero come uno stretto abito. Uno strascico nero attaccato sulle spalle della fanciulla, le sue ali di Demone, per una frazione di secondo volteggiarono nell’aria prima di avvolgersi strettamente attorno alla sua vita e fondersi con la sua veste di sangue nero.
La sua anima si espanse all’istante sopra Death City come un cataclisma, e investì in pieno Maka che le stava accanto, in piedi.
La giovane meister per un secondo si chiese se quella era stata davvero una buona idea.
Chrona guardava dritto in direzione della DWMA ma si voltò subito in direzione di Maka, con un sorrisino rassicurante sul volto, cercando probabilmente un incoraggiamento; la giovane Albarn si fece forza e la prese per mano, inspirò profondamente e iniziò con lei la lenta scalata verso la cima.
Sapeva bene che quello era un momento decisivo, dal quale non si poteva tornare indietro.
Presto videro qualche studente che scendeva le scale, venendo loro incontro, rimanere a bocca spalancata a fissarle. Alcuni scappavano, dopo essere sopraggiunti per scoprire la fonte di quelle onde d’anima demoniache, altri rimanevano semplicemente a guardarle, attoniti.
Passo dopo passo, salivano sempre più su.
Le scale iniziarono a riempirsi di curiosi, scesero perfino alcuni agenti armati, ma nessuno ebbe il coraggio di mettersi sul cammino delle due: semplicemente, si limitarono a fare da ala, lasciando libero il passaggio ai loro passi.
Maka percepì perfettamente quello che si stava preparando ad accoglierle, in cima, e deglutì per tentare di domare la tensione che stava iniziando a tendere i suoi nervi sempre di più: si stava lentamente rendendo conto che la reazione all’apparizione di Chrona si sarebbe rivelata molto più drammatica di quello che si era aspettata. Si voltò a guardare la sua amica e notò con sorpresa che sul suo volto non compariva nemmeno un’ombra della preoccupazione che sentiva lei; piuttosto, i suoi occhi brillavano sempre più freddi, sempre più duri.
Anche il secondo Kishin si rendeva conto che nessuno l’avrebbe accolta a mente libera, come si era augurata Maka.
Quando raggiunsero la cima si resero conto che tutta la scuola si era radunata nel piazzale d’ingresso, mentre i pochi assenti si sporgevano dalle finestre, troppo curiosi per cedere del tutto al timore.
Al centro era stato lasciato libero un cerchio vuoto dominato dalla figura troneggiante di Black*Star, che su ordine del Sommo Shinigami attendeva le due nuove arrivate in piedi, con le mani puntate sui fianchi e Tsubaki in attesa poco dietro di lui.
Il silenzio che regnava su quella scena era surreale, teso e carico di vibrazioni negative. Maka si guardò attorno, cercando di controllare l’angoscia, e notò tra le file dei presenti tutti i suoi studenti, le streghe, Mario Viverna e tutti i professori, con gli occhi sgranati puntati contro di loro.
Kid e Soul non si vedevano da nessuna parte.
“Chrona! – Esclamò Black*Star, con un certo amaro compiacimento nella voce. – Allora è vero!”
Maka trasalì e fece per farsi avanti, ma Chrona la fermò appoggiandole delicatamente la mano su un braccio.
“Non esporti così per me. – mormorò – È una cosa che devo fare io.”
Il secondo Kishin avanzò di un passo e fronteggiò Black*Star, che la fissava con furiosa aria di sfida.
“Certo che, Chrona, sei proprio cresciuta come un Dio! – continuò il ninja – Hai davvero un bel coraggio, adesso! Entrare alla DWMA dalla porta d’ingresso…prima saresti scappata con la coda tra le gambe!”
Maka si innervosì al suono di quelle provocazioni, così inutili, ma Chrona non fece una piega e rimase in silenzio con gli occhi puntati sul ragazzo che le bloccava la strada.
“…e dire che una volta ci consideravi tuoi amici! Ora invece, guardati… usare Maka per arrivare fin qui! – il tono di Black*Star si oscurò – Non posso proprio perdonartelo!”
“Queste sono bugie.”
La voce del secondo Kishin risuonò nei timpani di tutti i presenti, pacata e seria.
“Io non sono il Demone che cercate.”
Black*Star non si mosse, si limitò a digrignare i denti di rabbia.
“Per favore, Black*Star, spostati. Sono venuta per parlare con il Sommo Shinigami, preferirei evitare di coinvolgere terze parti.”
Il ninja sorrise sarcastico, ma non si mosse di un passo dalla sua postazione.
La tensione che pervadeva quel piazzale era palpabile, rendendo quasi difficoltosi i movimenti e il respiro. Tutto era immobile, in attesa.
“Tu… - sibilò il guerriero, infondendo tutta la sua rabbia in quelle parole - … tu vuoi arrivare a Kid, eh? Ma certo… sai cosa?”
Tsubaki si trasformò all’improvviso nella Lama d’Ombra, e Maka trasalì di orrore.

 

Non te lo permetterò mai!”

 

Black*Star con uno scatto sovrumano si avventò contro Chrona, che lo attese immobile.
Un potente rintocco echeggiò nel piazzale della scuola, scuotendone le mura.
Chrona non si era mossa: la lama del guerriero premeva con forza contro il suo ventre piatto, vibrando. I piedi del Demone non si erano spostati di un centimetro: era rimasta in piedi eretta come una colonna di piombo radicata nella terra, e come una statua di quel materiale era rimasta illesa all’attacco.
“Smettila, Black*Star. – mormorò – Non ho nessuna intenzione di lottare.”
Il ninja digrignò i denti e saltò all’indietro per prendere la rincorsa per un secondo attacco, testardo e sordo a qualsiasi ammonimento com’era sempre stato.
Maka si sforzò il più possibile per non distogliere gli occhi da quella scena, premendo le mani contro le orecchie e trattenendo il bollente pizzicore delle lacrime in fondo alle ciglia, mentre Black*Star riprendeva i suoi attacchi a massima velocità e Chrona non si muoveva di un passo.
La scuola iniziò a risuonare di un’interminabile melodia di sonori rintocchi, come le campane quando suonano a festa.

 

“Così non arriverai a nulla, Black*Star.”
Gli attacchi del ninja continuavano, imperterriti e inutili, sotto gli occhi spalancati e tesi della gente della scuola, e sotto lo sguardo esterrefatto di Maka.
Quindi, Kid e gli altri erano convinti nel loro errore fino a questo punto? Fin lì arrivava la loro cecità? Ma da quando Kid era diventato così stolto?
Chrona non si muoveva: Maka aveva intuito che aveva indurito il sangue nero sotto la sua pelle, diventando pressappoco invulnerabile, ma non poteva fare a meno di provare dolore per lei ad ogni singolo colpo di spada che subiva.
No, non era possibile, tutto ciò era così sbagliato.
Così tanto, tanto sbagliato.
Doveva fermare Black*Star, quella testa dura cocciuta che stava rovinando tutto, doveva far capire a Kid e a tutta la scuola che stavano facendo un errore, e doveva farlo subito.
Black*Star! – gridò – Smettila subito! Lei è innocente, l’ho portata qui per aiutarci!
Il ninja le lanciò un’occhiata poco prima di abbattere un altro fendente sulla fronte di Chrona, che incassò il colpo come tutti quelli precedenti, e poi, finalmente, si fermò per fissare Maka.
La giovane meister notò con orrore il sudore che rigava i muscoli del suo amico, e poi le ferite che ricoprivano il corpo della sua amica: Black*Star stava davvero facendo sul serio. Ora, per fortuna, si era fermato per rivolgersi a lei, con espressione cupa. Maka corse davanti a Chrona e le si piazzò davanti a braccia aperte, per impedire eventuali nuove aggressioni.
Il ninja la fissava, serio e corrucciato.
“So che sospettate di lei, – iniziò a dire Maka – ma sbagliate. L’unica cosa che ha fatto Chrona è stata proteggere me. Se continui a sbarrarci la strada, e se Kid non ci permette di parlare con lui, non troveremo mai il vero colpevole e chissà quali disgrazie potranno accadere.”
Il ninja dai capelli color cielo rimase ad assorbire tutte le parole pronunciate da Maka, ma il suo volto non si addolcì, casomai si fece ancora più oscuro di prima.
“Si può sapere che vi prende a tutti quanti? Perché non mi credete? Che hai, Black*Star? Almeno tu capisci quello che sto cercando di dire, no? Per favore, torna in te!”
Black*Star chiuse gli occhi e scosse la testa, amaramente. Sembrò quasi addolorato, e quando si rivolse a Maka lei notò con sgomento crescente che aveva gli occhi lucidi.

 

Sei tu a non capire, Maka! Chrona sa entrarti nella testa! Ti sta controllando! L’unica cosa che lei desidera è prendere quelle pietre ed usarle per conquistare il mondo, come ha sempre voluto fare da quando è impazzita! Io non dovrei dirti queste cose… tu ormai sei persa! Soul lo sapeva, se ne era accorto subito! Ora me ne stai dando la conferma!
Ti sta controllando esattamente come ha fatto con tutti gli altri!”

 

Maka rimase a bocca spalancata.
Chrona rimase in silenzio, ma la meister poté quasi percepire la sua furia perforarle la schiena e raggiungere Black*Star, gelida e rovente al tempo stesso, vibrante di sdegno.
“No, Black*Star – sussurrò il Demone con la sua voce cristallina, tremando di rabbia – Qui la pazza non sono io. Tu, sei impazzito. Tu, Kid, questa scuola, tutti. Siete sotto un maleficio e non ve ne siete nemmeno accorti.”
Zitta! Demone traditore! Hai corrotto Maka!
Black*Star fece per partire di nuovo all’attacco ma Maka gli si lanciò contro, facendo da scudo umano alla sua amica nel disperato tentativo di porre fine a quell’inutile violenza.
Il ninja fermò i passi, per un breve istante:
“Non mi lasci altra scelta, Maka. Scusami…”
La ragazza fu scaraventata contro la folla, dove rotolò per qualche metro e sbatté la testa, perdendo i sensi.

 

“Purtroppo non ho scelto io di diventare un Demone, è così e basta, non potevo fare altro se volevo sopravvivere. Non ne sono felice, però. Se avessi avuto il controllo della mia vita avrei cercato un’altra strada. Quello che sono è sbagliato. Sono una divinità che non rispetta le regole, che se le sceglie da sola.”

 

 

La piazza trasalì all’unisono quando le due lame di metallo nero cozzarono l’una contro l’altra, all’improvviso, generando una cascata di scintille.
Black*Star non si scansò all’assalto di Chrona, deviò l’affondo con la sua katana usando tutte le forze che aveva e tentò un nuovo attacco, ma si rese conto di non essere stato abbastanza veloce e riuscì a malapena a schivare i colpi che seguirono.
Ragnarok, quella terribile spada con la lama a due palmi, si era materializzata tra le mani del secondo Kishin in meno di un secondo ed aveva iniziato a mirare con forza e precisione sovrumani al corpo del giovane ninja che aveva osato colpire la sua stessa compagna di squadra, la sua stessa alleata.
Le scintille di metallo iniziarono a rilucere insieme a gocce di sangue nero e rosso, sotto gli occhi terrorizzati dei presenti radunati nel piazzale, roteando a velocità eccezionale nel campo di battaglia improvvisato.
Black*Star parò un fendente ma la forza nelle braccia, per qualche istante, cedette.
Tsubaki strillò spaventata.
Il braccio del ninja volò nell’aria lasciandosi dietro una scia di sangue, nella direzione opposta a quella in cui era stata lanciata Maka.

 

“Sommo Shinigami!” tuonò la voce di Chrona, furente e terribile com’era stata quella di Ashura, se non ancora peggio.
 Death the Kid!
È questa la tua giustizia!?
È questo il modo in cui pensi di governare il mondo!?
Vieni a fronteggiarmi, se davvero sei degno di essere chiamato Dio!”

 

Maka riprese lentamente conoscenza, percependo un forte dolore sul lato della testa e un molesto sapore ferroso tra i denti. Un paio di braccia non identificato la aiutò a tirarsi seduta e lei si fece forza per rimanere sveglia. Sentiva gridare.
Sollevò lo sguardo alla piazza e quello che vide la lasciò impietrita.
Black*Star giaceva al suolo in un lago di sangue, senza un braccio, assistito da Tsubaki che gli stava inginocchiata al fianco, con le guance rigate di lacrime.
Chrona si ergeva alta, con Ragnarok stretta al pugno, ricoperta di tagli neri e sangue non suo, gli occhi puntati alla porta della DWMA.
“Ma che diavolo…” boccheggiò, senza nemmeno la forza di tirare fuori le parole dalla gola.

 

La soglia della scuola si aprì e finalmente Death the Kid si presentò alla vista degli astanti, imbracciando la Falce della Morte Soul Eater.
Maka stentò a riconoscerlo: il suo volto era livido, invaso da un pallore mortale, e i suoi occhi cerchiati trasudavano odio puro. Non era normale…si era davvero fatto corrompere fino a tal punto dalla menzogna di cui si era convinto?
Chrona Gorgon, sapevo che saresti venuta fin qui!” esclamò, con una convinzione mortale nella voce, assolutamente estranea alla sua solita condotta razionale.
Chrona sembrò vacillare per un attimo non appena lo vide, ma la sua rabbia non diminuì, anzi, sembrò addirittura farsi ancora più profonda e viscerale.
Quando mai il Kishin in persona ha scelto di consegnarsi da sé nelle mani dei suoi giustizieri? – incalzò il Sommo Shinigami – Pensavi di usare Maka Albarn, pensavi di introdurti qui con la maschera di un alleato!? Sbagliavi! Non potrai mai ingannarci!
 “Maka Albarn mi aveva convinta a collaborare con voi. – rispose il secondo Kishin – Ma ora in me non avrete altro che una nemica. Se questo è il tuo regno, Shinigami, se davvero comandi con una benda sugli occhi, allora farò a modo mio!
Kid piegò il volto in un sorriso storto, febbricitante:
Mostro! Viscida e ingannevole come tua madre, ecco cosa sei. Non sei nemmeno un semplice Demone!
Non ti bastava ingoiare Ashura, hai assorbito anche ben due degli altri grandi Antichi Dominatori! Hai violato qualsiasi forma di rispetto, sei l’incarnazione dell’eresia e dell’impurità!
Ti sigillerò e te la farò pagare per esserti di nuovo messa contro il mio Ordine!

Chrona strinse le labbra, sorridendo beffarda alle minacce:
L’Indice del libro di Eibon e il Dominatore nascosto nel suo fondo erano bazzecole, si sono sciolti per primi. Erano vecchi e deboli, non venire a dirmi che anche tu non te ne saresti sbarazzato, per come sei ora!
Sommo Shinigami, piuttosto che litigare con me preoccupati per Black*Star, qui per terra, che è l’unico vero problema che hai di fronte. Ma che razza di signore dell’Ordine sei diventato, per ignorare così un tuo amico… E se pensi che sia venuta qui, di mia spontanea volontà, solo per farmi sigillare, beh…

Tutto accadde talmente velocemente che Maka faticò a seguire lo svolgersi dei fatti: dalla schiena di Chrona esplose un’onda di vele nere, la vide spiccare un balzo verso di lei e subito dopo la giovane meister si trovò a volare stretta fra le braccia del Demone, mentre il piazzale della DWMA diventava sempre più piccolo sotto i suoi occhi man mano che salivano di quota.
… sei davvero un folle!
Lontano, sempre più lontano.

 

Non possiamo più tornare indietro, ormai.



Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon Lunedì a tutti! :3
Emh, già. Come qualcuno dei lettori aveva già previsto (ShyNear, sto guardando te!) è finito tutto in cacca. E volano arti. Già. Scrivendo questa parte mi sono esaltata parecchio nel fare Chrona particolarmente incazzata, ma non è stato facile scrivere tutta la scena XD.
Torniamo alle "curiosità", e oggi restiamo a parlare del secondo Kishin: in questo capitolo potrebbe figurare un po' OOC - inzomma, quando mai la si è vista sfidare le autorità così apertamente? - maaa... in realtà no. La si vede arrabbiata *VERAMENTE arrabbiata* solo una volta, nel manga, ed è precisamente prima di uccidere Medusa. Mi sono attenuta a come si è atteggiata quella volta, ossia fredda, duramente inespressiva, una rabbia silenziosa che potrebbe esplodere in atti e grida inconsulte da un momento all'altro ( e infatti...). E poi non dimentichiamoci che qui c'è in ballo Maka, e Maka è un nervo scoperto per Chrona.
Ultima cosa. Ammetto di essermi ispirata ai miei capelli per l'acconciatura di Cariddi - sì, ho una lunga treccia laterale che cade sempre da un lato quando li lego in cima alla testa. Solo che ovviamente i miei non sono lunghi e folti come i suoi. Ahahahaha *confessioni imbarazzanti*
A lunedì prossimo!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Sleepover. ***


Sleepover. 

 

 

“Povero Black*Star.” Mormorò Chrona.
“Non preoccuparti, il dottor Stein gli rimetterà a posto il braccio in men che non si dica, è bravissimo in queste cose.”
“Già… volevo evitare di fargli un danno irreparabile, ma non mi è venuto in mente nessun’altro modo per fermarlo. Mi dispiace lo stesso, però.”
“Lo so. Ma dobbiamo farcene una ragione, dobbiamo lasciar perdere la DWMA. Quel posto non è più come quello in cui io ho creduto per tutti questi anni.”
Chrona reggeva la borsa di ghiaccio sulla testa di Maka, che stava seduta sul tavolo della cucina del suo piccolo appartamento. Su di una sedia, aperto e disordinato, stava uno zainetto con gettati dentro un paio di cambi.
Blair era fuori, forse a farsi una passeggiata dal suo pescivendolo preferito.
“Vorrei tanto sapere cosa diavolo è saltato in testa a Kid.” Mormorò Maka.
“Ne discutiamo dopo, ora dobbiamo andare, si stanno avvicinando.”
“Sì, li sento.”

 

Chrona e Maka non avevano ancora scelto una meta, ma dovevano scappare da Death City. Quello che era accaduto sul piazzale della DWMA non poteva essere cancellato, ed era abbastanza ovvio che entrambe le ragazze erano diventate delle ricercate, per un motivo o per l’altro. C’era qualcosa di incredibilmente sbagliato in tutta quella storia, e anche se Maka non riusciva ancora a capire bene cosa fosse, era sicura che una manifestazione evidente dell’anomalia fosse proprio Death the Kid.
Il Sommo Shinigami non sembrava più se stesso.
“Non può essere solo lo stress per il caso delle pietre, deve esserci per forza qualcosa di più. Il vero Kid non ti avrebbe mai detto quelle cose.”
Erano appena arrivate in volo dentro alle fondamenta di un palazzo in costruzione non molto distante dalla città, in una zona industriale poco frequentata ai limiti del deserto. Non c’erano altro che un pavimento e un alto soffitto di cemento armato, spogli e polverosi, e semplici colonne cilindriche su cui i muratori avevano lasciato qualche segno a gessetto.
Le due fuggitive pensavano di passare là la notte.
Chrona si accucciò contro una colonna, pensierosa, e Maka le si venne a sedere accanto.
“Hai ragione, Maka. Ho percepito una forza negativa dentro Kid, che contagiava anche tutti gli altri membri della scuola. È come se la negatività del vero Demone l’abbia avvelenato.”
“Un secondo! - Maka fu fulminata da una rivelazione. - Prima che tu lo fermassi, il funzionario milanese era riuscito ad accoltellare Kid! Magari è stato davvero avvelenato, attraverso quella ferita!”
“Può essere. Dopotutto non sappiamo ancora come faccia il Demone a possedere la mente dei suoi burattini.”
“Dovremmo scoprirlo. Per salvare la DWMA. E fermare noi questo Demone misterioso.”
Chrona sospirò leggermente, ammirando la determinazione di Maka, e poi le sorrise.
“Se il Demone riuscisse a dominare del tutto anche la mente di Kid, allora avrebbe per davvero il mondo in pugno. E le uniche persone che possono fermarlo siamo noi due, e io sono il Kishin. Comico, eh?”
Maka si lasciò scappare una risatina liberatoria: “Sì…beh…ma tu non sei mica Ashura!”
Era così strano vedere Chrona sorridere in quel modo timido, come Maka aveva sempre scelto di ricordarla, poco dopo lo spettacolo che la figlia della strega aveva offerto sul piazzale della DWMA: quella gentile fanciulla era arrivata a staccare un braccio ad uno dei guerrieri più potenti della scuola senza quasi battere ciglio, si era eretta ricoperta di sangue contro il Dio del loro mondo, sfidandolo, con tutta la sua insicurezza che pareva essere stata spazzata via. Era strana, Chrona, e Maka si chiese quale forza la spingesse nelle sue imprese più spaventose e poi le venisse a mancare nei più semplici rapporti interpersonali.
Un grido lontano che chiamava i loro nomi, all’improvviso, interruppe la loro breve discussione e le due scattarono in piedi, pronte a difendersi dall’eventuale assalitore.
Un’anima familiare si avvicinò, accompagnata dalla persona che la ospitava: la suddetta persona entrò sfrecciando da un’apertura lasciata nelle mura vicino al soffitto, a cavallo di una scopa volante, e atterrò con una lunga sgommata di suole di fronte alle due occupanti del cantiere.
Chrona si irrigidì all’istante nel percepire le onde dal sapore nostalgico di quell’anima.
“Cariddi Gorgon.” sibilò.
La strega scese dalla scopa, tutta scapigliata, e alzò le mani in alto come se le fosse stato puntato contro un fucile a canne mozze.
“Calma calma! – boccheggiò – Vengo in pace! Non mozzarmi le braccia per favore!”
Maka si rilassò un poco e toccò il braccio della sua amica per comunicarle che era tutto a posto; la sentì tendere i muscoli in un tremito, ma poi arretrò anche lei dalla sua posizione aggressiva. Cariddi tirò un sospiro di sollievo, e si chinò per raccogliere la scopa che era caduta per terra.
“Io credo che tu sia innocente, Chrona, - disse, rialzandosi - per questo vi ho seguite. Scusatemi.”
Le due fuggitive furono sorprese da questa affermazione, e si scambiarono uno sguardo stupito, come per confermarsi l’un l’altra che avevano sentito bene.
“Davvero, Cariddi?” chiese Maka.
“Ma certo! – rispose la strega – Professoressa Albarn, in queste settimane sono arrivata a conoscerti in un certo modo, e sono sicura che non potresti mai essere posseduta da mia cugina come dice il Sommo Shinigami. Lui è quello strano, stamattina mi è sembrato proprio fuori di testa! Mi fido molto più di te, professoressa.”
Maka rimase a fissarla sorpresa in quegli occhi neri e luminosi che le venivano puntati addosso con così tanta convinzione, e se ne sentì onorata.
“Grazie, Cariddi. Cominciavamo a temere che fossero impazziti tutti quanti.”
La Gorgon sorrise, e poi lanciò un’occhiata spaventata a sua cugina, come per accertarsi di essere stata accettata anche da lei.
“Sai, non avrei mai immaginato di vederti apparire davanti alla scuola, dopo tutto quello che è successo. Mi hai tolto ogni dubbio sul fatto che sei sincera: non hai mai saputo mentire, tu. Hai avuto proprio fegato.” le disse.
“Che ci facevi lì? Hai lasciato il mondo delle streghe?”
“Sì. Ora sono una studentessa della DWMA a tutti gli effetti.”
“Oh, capisco.”
Cariddi annuì, compiaciuta, mentre Chrona iniziò a rintanarsi in un silenzio imbarazzato. Maka le prese di nuovo il braccio, così, istintivamente, come se stesse rispondendo ad una silenziosa richiesta di sostegno.
“Cosa farete ora, ragazze?”
“Fuggiremo, ovviamente.” Rispose Maka.
“Dove pensate di andare?”
“Non lo so. Pensavamo di continuare a spostarci, di città in città, e magari passare la notte in posti come questo.”
Cariddi si guardò attorno, e storse il suo bel nasino all’insù. Anche a Maka l’idea non andava molto a genio, ma dopotutto non avevano molta altra scelta. La giovane assistente del Sommo Shinigami aveva qualche risparmio in banca, ma non sarebbe stata una decisione molto sicura andare ad alloggiare in alberghi e motel, poiché potevano essere ritracciate molto facilmente. Chrona non aveva più una casa da molto tempo, e Maka aveva dovuto abbandonare la sua qualche ora prima.
“Mi sembra una pessima idea. – commentò Cariddi – Ne ho una migliore. Se vi ospitassi nella mia casa a Messina? Potrei aiutarvi a svolgere le indagini per trovare il vero colpevole da qui, e sareste al sicuro… nemmeno Viverna sa che avevo una casetta fuori dal regno delle Streghe, e quella zona è sotto il mio controllo.”
“Me…Messina?” balbettò Chrona.
“Sì, vicino al luogo di nascita dell’antica famiglia delle Gorgoni, cugina. Mia madre era l’unica a essere rimasta un po’ legata a quel posto, e io ho ereditato una piccola proprietà lì. Mi farebbe molto piacere fare tutto il possibile per aiutarvi, ragazze!”
“Grazie Cariddi!” esclamò Maka con gli occhi che le luccicavano di gratitudine.
“Vi accompagno. Se ci muoviamo, riusciamo ad arrivarci prima di cena sfruttando una serie di portali fra il regno delle Streghe e qui. Dovremo volare ovviamente.”
Maka spalancò gli occhi per la meraviglia, e pensò che gli esseri umani normali avevano ancora un sacco di cose da imparare sulle loro sorelle dotate di poteri magici.
“Non ti darà fastidio restare in volo per il resto della giornata, vero, professoressa Albarn?”
“No… Chrona mi ha portata in braccio tutta la mattina!”
“…ehm…pensavo di farti spazio sulla mia scopa, magari lei fa meno fatica così.”
Maka si voltò verso la sua amica dai capelli rosa e la vide ricoprirsi sulle guancie di macchie violacee, trasalendo visibilmente.
“…per me è uguale Maka…dopotutto sarai più abituata così, dato che di solito tendi ad usare Soul come una scopa…”

 

Il viaggio fu caotico e movimentato, ma Maka trovò comunque il tempo di pensare, mentre si appoggiava alla schiena di Cariddi o si stringeva alle spalle di Chrona – alla fine si era fatta dare un passaggio da entrambe per evitare di farle rimanere male – sorvolando ora le onde blu dell’oceano Atlantico, ora le steppe nebbiose della terra delle Streghe. Se Soul avesse creduto in lei, e fosse stato lì con loro, avrebbe potuto cavalcare lui come al solito, e non farsi trasportare in quel modo, come un peso morto. Anche lui, però, era sotto l’influenza negativa di Kid ed era convinto che Maka fosse solo un burattino del Kishin, come se la sua mente fosse così debole da farsi vincere con tanta facilità. Aveva avuto dei momenti difficili, era vero… ma era stato per altri motivi, non certo perché Chrona voleva manipolarla. Era stata lei a manipolarsi da sola, auto-infliggendosi un senso di colpa eccessivo, tormentandosi per aver fatto soffrire la sua migliore amica…Quella non era follia malvagia. Era dolore, e preoccupazione. Ma per chi l’aveva presa, Soul?
E il povero Black*Star? Lui non era mai stato un grande pensatore, ovviamente tutta la sua fedeltà andava a Kid…e questo purtroppo gli era costato un braccio (almeno finché Stein non glielo riattaccava). Erano davvero tutti convinti di star difendendo la giusta causa.
Quale veleno poteva aver infettato Kid? Era un piano del Demone, ovviamente… era ovvio che gli facesse comodo far scaricare la colpa su un sospettato facile come Chrona.
Ora basta, era compito loro smascherarlo. L’avrebbe pagata carissima, per aver beffato tutti così.

 

L’acqua di mare lambiva gli stivali di Maka, quando arrivarono finalmente a destinazione.
Chrona la stava tenendo stretta a sé, in volo, e aveva planato con lei sul livello del mare infiammato dal tramonto sollevando qualche schizzo spumoso nell’avvicinarsi alla casa di Cariddi.
Era una modesta casetta mediterranea, con le mura bianche e un piccolo porticato che si apriva verso il mare, pieno di vasi di fiori ricoperti di fogliame verdastro. Si trovava nella periferia di Messina, separata dalla vista della strada da un notevole scoglio che la divideva dal resto della costa e dalle altre case che sorgevano qua e là.
Atterrarono sul portico dal pavimento piastrellato con i piedi bagnati, Cariddi spostò un vaso e raccolse nel piccolo vano nascosto lì sotto un mazzo di chiavi discretamente arrugginito; aprì con un po’ di sferragliare le imposte incrostate di salsedine e la porta a vetri dietro di esse, spalancò l’ingresso e invitò cortesemente le sue ospiti ad entrare.
“Ma qui sembra di essere in vacanza!” esclamò Maka, deliziata.
“Ammetto che il clima della Sicilia ce lo invidiano in tutto il mondo, ma questa casa è vecchia, umida e polverosa. Spero che vi ci possiate trovare bene lo stesso.”
“E’ un posto bellissimo.” mormorò Chrona, sfilandosi gli stivaletti ed entrando nell’atmosfera buia e stantia della vecchia abitazione.

 

Cenarono con della pasta e del sugo in scatoletta che Cariddi aveva avanzato in credenza, aprirono tutte le finestre per fare entrare la pulita aria di mare e cambiarono le lenzuola ai due letti. C’erano solo due stanze da letto, una singola e una matrimoniale: Cariddi si offrì di dormire sul divano ma Chrona si oppose fermamente non appena scoprì che quella singola era stata la stanza della giovane strega fin dalla sua tenera infanzia, quando ancora viveva lì con sua madre Circe.
“Ho passato le ultime notti sui tetti di Milano e Death City, un divano mi andrà benissimo.”
“Davvero!? – aveva esclamato Maka – Pensavo… che tu potessi smaterializzarti come un fantasma! Hai dovuto patire tutto quel freddo per starmi dietro?”
“Già… - Chrona arrossì, o meglio, divenne color prugna - …ma non mi ha dato fastidio, davvero. È stato bello.”
“Voi Kishin non avete bisogno di dormire?” aveva chiesto Cariddi, infilandosi in bocca una notevole forchettata di spaghetti al pomodoro.
“Ho scoperto che il mio corpo può sopportare privazioni molto più notevoli rispetto a prima, ma… sì, immagino di aver avuto un sacco di sonno, a volte. E anche fame.”
“Ma potevi dirmelo, Chrona! – era intervenuta Maka – Ti avrei…”
“…mi avresti ospitato nella tua stanza d’albergo insieme a Liz e Patty?”
“…immagino di no. Avrebbero iniziato a dare di matto molto prima. E poi Liz mi avrebbe svegliata di notte infilandosi sotto le mie lenzuola, tende a farlo quando è spaventata e per caso siamo nella stessa camera… sua sorella la butta giù a calci dal letto.”
Risero tutte e tre, con leggerezza, esorcizzando in quello strano modo tutta la tensione accumulata fino a quel momento, così tanto che Maka si trovò con le lacrime agli occhi.
Fu una strana serata, quella, attorno ad un tavolo con una tovaglia ricamata bianca, la luce bassa del lampadario al centro della cucina e la fresca brezza profumata di sale che entrava dalla finestra.
Maka si rese conto che, nonostante considerasse Chrona la sua migliore amica praticamente dal giorno in cui era riuscita a toccare la sua anima ricoperta di spine, non aveva mai passato, in tutta la sua vita, così tanto tempo insieme a lei. Erano stati molto più frequenti i momenti in cui aveva sentito la sua mancanza rispetto a quelli che, di fatto, avevano passato vicine: la scuola, le feste, un paio di missioni…gli scontri. Tutto così breve, eppure così importante.
E ora, tanto tempo stava per venirle incontro, da vivere, fianco a fianco a quella strana ragazza timida e introversa, cresciuta segregata dal mondo, enigmatica a modo suo ma tanto, tanto dolce. Era una strana sensazione, ma le piaceva.
Maka sentì battere forte il cuore mentre Chrona rideva, al suo fianco, coprendosi la bocca piena e sporca di pomodoro con una mano.
“Va bene, allora dopo tiro fuori una coperta per il divano. – disse Cariddi – Tu, cugina, hai intenzione di dormire con quella veste nera addosso?”
Chrona sollevò le spalle, un po’ imbarazzata.
“Per forza. Non possiedo nulla. Questo non è nemmeno un vero vestito, è il mio sangue.”
Cariddi si portò teatralmente le mani contro le guance, mimando grande sorpresa:
“Mi stai dicendo che vai in giro nuda!?”
“Beh, se la metti in questo modo…”
Maka sentì improvvisamente la faccia avvampare ed il boccone che stava ingoiando le andò di traverso, soffocandola all’improvviso con una cascata di colpi di tosse.
“Va beh ho capito – concluse la strega – ti presto un pigiama.”

 

La notte entrava, sottoforma di pallida luce lunare, attraverso le tendine di pizzo della finestrella della camera matrimoniale. Maka stava stesa sotto le lenzuola fresche e pulite, cercando di rilassare le sue membra doloranti adagiate sul materasso morbido, che le dolevano e reclamavano a gran voce una salutare notte di sonno, ma non riusciva a chiudere gli occhi. Li teneva fissi al soffitto bianco, spalancati. No, non poteva addormentarsi, la sua mente non le avrebbe mai concesso tale privilegio, e il cuore che le martellava a mille contro le costole, fra i polmoni, quasi come se fosse impazzito anche lui, sembrava essere della stessa opinione. Chrona si trovava solo ad una porta di distanza, da sola, su uno scomodo divano, mentre lei aveva a disposizione un lettone enorme, fin troppo grande anche a volerci dormire a stella, con braccia e gambe espanse in tutte le direzioni possibili.
No, non avrebbe mai permesso una simile ingiustizia.
Si sollevò e scostò la coperta, per poi appoggiare i piedi nudi sul freddo pavimento di mattonelle di coccio. Si alzò, aprì la porta più piano possibile, per evitare di svegliare Cariddi. Nella penombra individuò il divano, in fondo al piccolo corridoio della zona notturna, e vi si avvicinò in punta di piedi.
Chrona era lì, sepolta da una coperta pesante che le nascondeva il viso.
Maka si fece coraggio e allungò la mano, sfiorandola dove immaginava dovesse esserci la sua spalla, dato che stava rannicchiata su un fianco per il poco spazio disponibile: Chrona si voltò all’improvviso, fissando Maka con i suoi occhioni neri spalancati, allarmata.
Maka le fece l’occhiolino e le sussurrò “vieni”, ma lei non capì subito e Maka fu costretta a ripeterlo un paio di volte, prima di prenderla per mano e costringerla ad alzarsi con la coperta sulle spalle, per poi condurla dentro la sua stanza ampia e decisamente più confortevole.
La bionda chiuse la porta e accese la luce del lampadario sul comodino, creando un’atmosfera accogliente e generando quel tanto di luce sufficiente a non ferire gli occhi in quell’ora notturna.
Chrona rimase in piedi accanto alla porta, in ansia, stringendosi la coperta sulle spalle.
Maka cacciò un sorrisino imbarazzato, e si sedette sul lettone.
“Hai… - arrossì – Hai mai fatto un pigiama party?”
“Eh?” Chrona spalancò ancora di più gli occhi, sgomenta.
“Uhm… - Maka lottò un po’ con la sua lingua per trovare le parole giuste – Sai… quella cosa che si fa tra ragazze… di stare in due in un lettone così e chiacchierare tutta la notte…ehm… mai fatto?”
Chrona diventò viola.
“Mi stai chiedendo di dormire con te?”
Maka si sentì avvampare come le avesse appena fatto una proposta indecente, e per un secondo si pentì con ardore di aver invitato Chrona…ma no! Ma no! Ma perché doveva rendere tutto così strano?
“Tranquilla, è una cosa normalissima! Con Tsubaki l’ho fatto un sacco di volte! Ma poi siamo tra ragazze, cioè… non c’è nulla di cui vergognarsi.”
Chrona per un secondo parve dimenticarsi di come si fa a respirare, raggiungendo livelli record di color melanzana sul suo visino rotondo da bambina, ma poi parve riprendere il controllo sulla sua ansia e cacciò un lungo respiro, tenendosi una mano sul petto.
“Sì… va bene… scusami, sono un disastro con queste cose…”
“Ahahah, tranquilla, per tutti c’è una prima volta.”
Maledizione, perché anche quella frase sembrava strana, adesso?
Chrona lasciò cadere la coperta dalle spalle e la appoggiò in fondo al letto, mentre Maka si ritrovò basita ad osservare il suo corpo: indossava una vestaglia bianca, di foggia un po’ vintage, decisamente di qualche taglia troppo piccola, che le lasciava scoperte le gambe bianchissime da sopra il ginocchio e teneva le spalle, il collo e le braccia in vista. Era così magra…ma i suoi fianchi non erano stretti come quelli di Maka, da giapponese, no, erano a forma di violino, come se il suo corpo fosse una sorta di armonioso strumento musicale, perfetto in ogni sua minima parte. Sembrava quasi una modella.
Non l’aveva mai vista così…donna. No, non l’aveva mai considerata come tale, in realtà non era mai stata molto femminile, ricoperta dalle sue vesti nere e curva nella sua posa difensiva. Adesso, invece…
Maka si ritrovò a pensare con una strana punta di fastidio se qualche uomo l’avesse mai desiderata così, come la stava vedendo ora. Sicuramente no, nessun’uomo l’aveva mai vista in vestaglia. Se fosse stata un uomo, pensò Maka, non ci avrebbe pensato due volte a provarci con lei. Se fosse stata un uomo, ovvio.
Chrona si adagiò accanto a Maka, sul letto, e poi si infilarono sotto le coperte, ognuna nella sua parte, e si appoggiarono coi gomiti sul cuscino per chiacchierare.
“Allora, come ti sembra?”
“Molto più comodo del divano, grazie Maka!”
La figlia della strega appoggiò una mano sul cuscino, e Maka notò una cosa, che si rese conto con sgomento non aver mai avuto sotto gli occhi fino a quel momento.
Le afferrò il polso, con delicatezza, e vide chiaramente delle sottili linee bianche, sporgenti al tatto, ricoprire buona parte della pelle sopra le sue vene. Esterrefatta, seguì quelle cicatrici fino all’avambraccio, raggiungendo la delicata zona dietro il gomito, e poi ritrasse le dita di nuovo fino alla sua mano, accarezzandole la pelle martoriata.
Chrona non aveva detto nulla, aveva semplicemente trattenuto il respiro.
“Cosa sono, queste?” chiese Maka, con la morte nell’anima.
“Ti fanno impressione? – rispose Chrona, sottovoce – Sono i segni che mi lascia il combattere con il mio sangue.”
All’improvviso Maka si rese conto che, ogni volta che Chrona aveva combattuto contro di lei, si era tagliata le vene. Ogni volta. Stranamente, quella disturbante consapevolezza la travolse solo in quel preciso momento.
“E’ terribile…” mormorò, con voce tremula.
“Non è nulla. Ragnarok mi ha fatto molto di peggio, e comunque faccio così da quando sono nata, ci sono abituata.”
In che senso Ragnarok ti ha fatto di peggio?”
Maka aveva paura di ascoltare la risposta.
Le gote di Chrona si tinsero di viola, mentre sussurrava, teneramente:
“Se vuoi posso farti vedere. È…dovrò darti un po’ di confidenza, ma ormai siamo qui…se vuoi, te lo mostro.”
Maka deglutì.
“Sì, dai.”
Chrona si sollevò dalla posizione prona e si mise in ginocchio sul letto, dando le spalle a Maka. Lentamente, abbassò una spallina della leggera vestaglia, e poi l’altra, lasciando scivolare giù il tessuto e coprendosi con un braccio il petto magro. Rimase con la schiena nuda, lasciando Maka a bocca aperta.
Un’enorme cicatrice deforme, bianchiccia, allungava i suoi tentacoli sulla schiena di Chrona a partire dal punto in mezzo alle ali, dove verosimilmente si trovava il cuore. Occupava quasi tutto il suo torso, rigandole la pelle di porcellana come un’orrenda ragnatela di crepe e scendendo lungo la spina dorsale dalle spalle fino ai fianchi curvi.
Oh mio Dio…”
“Lo so, è bruttissima.”
Chrona si rivestì in fretta e si ristese accanto a Maka, che la osservava con un pallore di orrore dipinto sul volto. La figlia della strega si preoccupò, e appoggiò una mano sui capelli biondo cenere, sciolti, posati sopra l’orecchio della sua migliore amica.
“Scusami… non volevo farti star male, Maka, è colpa mia…”
Maka prese la mano di Chrona e la strinse forte, lasciandola di nuovo senza fiato, poi anche lei le accarezzò il volto, sfiorando quelle disordinate ciocche rosa.
“Quello che ti ha fatto tua madre… - mormorò – …è imperdonabile.”
Chrona rimase in silenzio, incapace di respirare.
“Maka, io…”
“Non importa, scusami…mi…mi sono fatta coinvolgere troppo, ora mi passa…”
“Per favore, non piangere. Non è nulla.”
“Sì…sì. Sto esagerando. Scusami, non volevo metterti in imbarazzo…”
Maka e Chrona erano stanche, davvero stanche dopo quella lunghissima giornata, e quando Maka si fu calmata un po’ decisero all’unanimità che era ora di addormentarsi. Spensero la luce e chiusero gli occhi.
Maka invocò il sonno, gli occhi le bruciavano, il corpo era più pesante del piombo,
ma il suo cuore continuava a martellarle nel petto, fortissimo,
senza sosta.

Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon lunedì fanciulli!
Scusate l'orario un po' tardo, ma ho avuto qualche contrattempo. L'immagine ovviamente non è di Okhubo, è uno schizzo schiribizzo che ho fatto io, e mi dispiaceva pubblicare questo capitolo senza nemmeno un'immagine. Chi indovina chi è? -ahahahahha beh dai lo so che l'avete riconosciuta subito :3
Comunque: siamo arrivati a Messina. Già, faccio fatica a tener lontani i protagonisti dall'Italia, ma che volete farci, la Sicilia poi è così bella... e non dimentichiamoci che Cariddi-Che-Tutto-Divora vive proprio nello stretto di Messina!
Riguardo alle cicatrici di Chrona: sì, ammetto che sono andata un po' a fantasia. In realtà, se TUTTE le ferite che ha subito in vita avessero lasciato una cicatrice probabilmente sarebbe più conciata di Vash the Stampede - oppure di un divano nella casa di una gattara proprietaria di 25 felini che vi ci affilano le unghie sopra... ma ho pensato che, se deve avere dei segni, questi starebbero dove la sua pelle è stata sfregiata ripetutamente, ossia sui polsi e sulla schiena. A un certo punto Ragnarock le usciva pure dall'ombelico, ma lì mi sembrava un po' esagerato XD
A lunedì prossimo, dunque!

Bye bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sun goes down. ***


Sun goes down. 

 

 

 

Cariddi stava in piedi sulla soglia del portico, con la sua scopa volante in mano.
Era mattina presto e per lei era arrivata l’ora di tornare indietro alla DWMA. Avrebbe raccontato a Mario Viverna di essersi messa sulle tracce di Maka e Chrona e di aver cercato di raggiungerle per tutta la notte, inutilmente, fino al punto di arrendersi per la frustrazione e di tornare indietro senza nessuna informazione utile – avevano deciso di tenere il segreto più assoluto sulla loro fuga, anche con l’untuoso Viverna.
“Cercherò di capirci qualcosa quando sarò lì. Ci sentiamo questa sera, su sWitch, alle vostre sette. Nel frattempo, fate le brave. Preferirei trovare la casa intera quando torno.”
Maka le fece un occhiolino e poi si salutarono definitivamente, augurandosi a vicenda in bocca al lupo; la giovane Gorgon si mise a cavalcioni della sua scopa di legno e decollò, sfrecciando poco sopra le onde del mare con la selvaggia chioma castana che lottava per fuggire dallo chignon in cui era costretta. Presto, fu solo un piccolo puntino nero all’orizzonte.
Ora erano sole, sole e completamente isolate dal mondo.
Maka sentì Chrona, al suo fianco, tirare un lieve sospiro di sollievo e le lanciò un’occhiata interrogativa.
“Non mi piace la sua anima.” disse la figlia della strega, rispondendo all’implicita domanda di Maka, con un certo disagio malcelato nella voce.
La bionda sorrise, afferrando al volo il concetto.
“Pensa che, la prima volta che l’ho vista, ero convinta che fosse Medusa. Però è stata gentile con noi, ed è molto intelligente.”
“Continua a non piacermi. – ribadì Chrona con una piccola smorfia – Preferisco di gran lunga che sia gentile con noi da Death City, dall’altra parte del mondo, piuttosto che avercela tra i piedi.”
Maka rise brevemente e si diresse verso l’interno della casa, invitando dentro la sua migliore amica:
“Temo che dovrai sopportare la sua faccia da dietro uno schermo ogni sera, mia cara Kishin.”
“…se è lontana va bene. Quando è vicina io… no, non ho voglia di parlarne.”
“Vorrà dire che ti leggerò nella mente.”
“Sai farlo?”
“Certo, l’ho già fatto.”
“…?”
“Ti ricorda tua madre, ma non troppo però. Medusa era una vecchiarda, ferma alle sfere di cristallo. Cariddi invece usa sWicth, è una giovane strega dell’era digitale.”
Chrona sorrise, nonostante la battuta non fosse tutto questo gran ché, e Maka fu molto felice di essere riuscita a farle passare il malumore.

 

Le due fuggitive erano al sicuro, ora, almeno secondo quanto aveva detto loro la strega Cariddi: quel posto era piuttosto lontano dagli agenti della DWMA di stazione in Italia, la città di Messina era un discreto centro turistico pieno di villeggianti fra cui potevano mescolarsi e inoltre la Gorgone asseriva che quello era un territorio sotto il suo controllo, anche se non aveva specificato in che senso, quindi poteva garantire protezione anche da distanza.
In ogni caso, avevano deciso che sarebbero uscite di casa il meno possibile, per evitare di correre qualsiasi rischio; questa constatazione aveva generato quasi subito in Maka un infelice moto di impotenza: cosa avrebbero potuto fare per salvare la scuola, ora che erano costrette a rimanere nascoste dall’altra parte del mondo?
Questa consapevolezza aveva iniziato a tormentare la meister subito dopo colazione, non appena avevano deciso il da farsi insieme alla strega poco prima che lei partisse per tornare indietro, con la mente ancora occupata dai preoccupanti avvenimenti del giorno precedente.
Avrebbe dovuto farsene una ragione, almeno fintantoché non sarebbero iniziate ad arrivare le prime informazioni da sWitch. Riguardo a quest’ultimo, a quanto pareva si trattava di un programma di computer generato dalla mate-magia, che permetteva di tenere in collegamento video e audio qualsiasi apparecchio anche senza l’ausilio di internet – una piccola chicca che le streghe più giovani si erano inventate come social network, e che mantenevano gelosamente segreto a loro uso e consumo.
Cariddi la sera prima si era premurata di tirare giù dall’armadio un televisore, che poteva avere trent’anni di carriera da radiotrasmettitore sulle spalle, e l’aveva abilitato all’uso di sWitch con un paio di formule incomprensibili; come poi un programma pensato per un computer potesse lavorare su un vecchia TV, lo sapeva solo lei. Di fatto, funzionava.
Ora l’apparecchio stava appoggiato su un mobiletto davanti al divano, spento, e Maka stava seduta sui morbidi cuscini tenendo lo sguardo fisso in quello schermo vuoto.
Chrona chiuse la porta che dava sul porticato e le si venne a sedere accanto, silenziosa.
“Beh. – disse Maka, atona – Siamo qui. E adesso?”
“Non lo so… aspettiamo.”
“…ma che sarà preso a Kid?”
Chrona rimase in silenzio, e Maka si voltò a guardarla: il suo profilo alla francese si delineava come un’ombra contro la luce che entrava dalla porta-finestra, così somigliante a quello di Medusa e Cariddi ma anche così diverso, nella sua totale mancanza di qualsiasi forma di malizia. Era tutto lì, nell’espressione: quello non era il volto di una donna potente, compiaciuta e sicura di se stessa, ma il viso di una bambina abbandonata, tradita, consapevole dell’amore che le era stato negato fin da quando era nata.
Poi Chrona parlò e Maka si riscosse all’istante da quell’attimo di contemplazione.
“Sono quasi sicura che il coltello che ha colpito Death the Kid a Milano fosse intriso di un qualche veleno, ma non penso che il Demone abbia un controllo diretto su di lui. Se no, avrebbe già in mano la DWMA. Forse voleva renderlo solo più manipolabile.”
“Sì, - confermò Maka – sì, lo penso anch’io. È ovvio che al Demone fa comodo che sia tu quella accusata, e quindi deve aver escogitato questo espediente per rendersi la vita più facile. Probabilmente è convinto che sarà molto più semplice sottrarre le pietre a Kid mentre è impegnato a cercare noi, piuttosto che dare la caccia a lui. Forse ci stavamo davvero avvicinando a scovarlo, chi lo sa.
Nonostante tutto, non riesco ancora a capire quale accidenti sia il suo scopo. Cosa vorrebbe farsene di quelle cinque gemme magiche? Perché arrivare ad avvelenare di follia il Sommo Shinigami pur di averle?”
“Non ne ho idea.” rispose Chrona, mesta. Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre i pensieri correvano nelle loro menti senza freni, galoppando selvaggiamente nel tentativo di raccapezzare le proprie redini e intrecciarsi in un filo logico.

 

“Sono tranquilla però. Qui il Demone ha smesso di inseguirti, Maka. Siamo davvero riuscite a scappare così lontano da non permettere a nessuno di disturbarci.”
Maka trovò stranamente rassicurante quell’affermazione.
Non tanto per il Demone, quello non l’aveva mai preoccupata molto fin da subito.
“Non ho mai avuto paura, finché c’era il mio fantasma personale a proteggermi.”
Era stato quel tono, quella voce melodiosa.
In una sola frase aveva percepito un pozzo sconfinato di preoccupazione, di cura e affetto, dedicati solo a lei. Non sapeva se quella cosa avrebbe dovuto imbarazzarla o altro, oppure se fosse strano persino il fatto che si stesse facendo dei problemi. In fondo, erano migliori amiche, no?
Chrona nel frattempo aveva sorriso, timidamente, e aveva sollevato i piedi dal pavimento per appoggiarli al bordo del divano, stringendosi le gambe in un abbraccio, per mettersi più comoda.
“Sono contenta, sai Maka.”
“E…ehm…”
“Durante tutta la mia vita, tutto il tempo che ho vissuto, sono sempre stata un peso. Un fardello sulle spalle di qualcun altro, incapace di prendermi cura di me stessa. Anche quando ci siamo conosciute, tu… tu che avresti tranquillamente potuto lasciarmi perdere, mi hai sempre protetta, hai sempre cercato di salvarmi.”
“Dai, non dire…”
“No, è vero. Ho un debito immenso verso di te, Maka, ancora adesso. Però ora sono contenta. Ora sono io a proteggere te, e questo mi fa sentire molto meglio.”
Maka rimase a guardare la sua amica sorridere, con quella sua dolcezza che sapeva sempre un po’ di amaro, e pensò che ora non c’era nessun altro lì intorno, erano loro due e basta, sole, non c’era Soul a dirle che quella ragazza l’ossessionava, che la faceva impazzire, che avrebbe fatto meglio a lasciarla perdere…
“Chrona, tu non mi devi proprio nulla. Ti ho sostenuta sempre perché ti voglio bene, e basta. Non farti problemi di questo tipo.”
Chrona affondò la faccia tra le ginocchia, ma Maka fece in tempo a vedere le chiazze viola apparse sul suo volto.
“Anche io ti voglio bene, Maka. Un sacco. Nonostante il Demone, sono così contenta di passare del tempo con te.”
“Sì, anche io. Non puoi nemmeno immaginare quanto.”

 

Mi sta succedendo qualcosa, qualcosa di grosso.
È solo da poche ore che ho tempo per fermarmi, e pensare, e guardarmi un po’ dentro.
Sono lontana dalla DWMA, mentre essa rischia di cadere in pezzi sotto i colpi di un misterioso Demone assassino, e al momento non posso fare assolutamente nulla per impedirlo.
Eppure, questo non è il principale dei miei pensieri.
Ogni ora che passa, me ne importa sempre di meno.
Solo ora sto realizzando che qui non posso fare ancora nulla, che devo rassegnarmi ad attendere, e che, nel farlo, non sono sola.
Chrona è con me.

 

È strano da pensare, egoistico forse,
ma è da quando ho quattordici anni che sogno questo momento.
Sì, ho sempre sognato di poter passare un po’ di bei momenti in pace, insieme alla mia migliore amica, senza nessuno fra i piedi.
Mi sto accorgendo che, in realtà, ho sempre desiderato del tempo per conoscerla bene, per uscire insieme, magari, per fare quelle cose normali che fanno due ragazze con un forte legame tra di loro.
Lei è diversa da ogni persona che abbia mai incontrato, e la vita è stata così crudele con noi da tenerci quasi sempre separate. Ora, finalmente, eccoci qui.

 

Sarà colpa di tutte quelle sera alla finestra a dipingermela nella mente,
oppure di tutte quelle volte, quando ancora esisteva la squadra Spartoi, in cui immaginavo con tutte le mie forze di ritrovarla, di tirarla fuori dalla suo follia per evitare di dover applicare su di lei la condanna di morte…
sarà per questo che ora sono così felice?

 

 

“C’è ancora qualcosa in credenza per il pranzo, Maka?”
“Oh, cavolo… solo pasta, e altra roba in scatola. Non so cucinarla. Mi sa che si ripete il piatto di ieri…”
“Pasta?”
“Sì, questi italiani mettono la pasta ovunque…”
“Fa nulla. E’ buonissima!”
“Farà schifo se la cucino io…”
“Medusa la faceva, a volte. Se vuoi ti aiuto, ma non garantisco risultati.”
“Davvero Medusa faceva la pasta? Oddio non riesco ad immaginarmela…ah ah ah!”
“Non la faceva quasi mai infatti.”
“Come mai?”
“Perché sapeva che piaceva a me, la vecchiaccia.”

 

Non è vero quello che diceva Ragnarok, che sei una persona noiosa. Sei dolce, profonda, inaspettatamente spiritosa. Sei un po’ goffa ma questo non è un difetto.
È pomeriggio e ci azzardiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia, sottocasa, affondiamo le dita dei piedi nudi nella sabbia appena appena tiepida. Mi viene da ridere, perché questa situazione ha qualcosa di familiare per noi due, e tu mi sorridi e poi ti perdi ad osservare qualcosa all’orizzonte, un gabbiano, forse.
“La spiaggia è come un deserto con il mare.”
Già.
Se ti accorgessi come ti sto guardando, mentre il tuo volto viene dolcemente accarezzato dai raggi della fine dell’inverno, cosa penseresti di me?
È strano? È davvero un’ossessione come dice Soul, questa?
Chi se ne importa.
Non mi sono mai sentita così in tutta la mia vita.

 

“È strano Chrona, sei un Demone eppure non ho paura di te. Nemmeno quando hai tagliato il braccio di Black*Star ho avuto paura di te. Nemmeno quando hai minacciato Kid. Nemmeno quando sei apparsa per proteggermi dal funzionario con il coltello avvelenato, a Milano.”
“Non dovresti dire così, Maka. Quello che sono è sbagliato.”
Occhi bassi, piedi nudi nella sabbia umida del bagnasciuga.
“Forse è sbagliato, ma io sono felice lo stesso. Se non fossi quello che sei ora, non avrei più potuto averti qui, insieme a me.”
“Probabilmente non hai ancora capito bene in cosa mi sono trasformata, Maka. Io possiedo il Caos, vedo la sottile futilità di tutte le regole umane, ora…posso sentire gli istinti pulsare al di sotto della pelle delle persone, al di sotto della patina di ipocrisia che si chiama Ordine. So che senza di questo l’umanità non esisterebbe, però… è sempre qui, nella mia testa, lo sento negli altri e in me stessa. Ne ho il controllo. Ashura scatenava la Follia perché l’Ordine lo terrorizzava, ma io non so se con il passare del tempo diventerò migliore o peggiore di lui… non voglio, Maka, non voglio che tu debba soffrire di nuovo per colpa mia. Per questo non volevo mostrarmi a te, perché sono spaventata, spaventata da quello che potrei fare con questo potere.”
Il sole cala all’orizzonte, i suoi raggi si infiammano d’arancio. Fuoco dorato tiepido, sulla pelle.
“Non avere paura, Chrona. Io credo in te, e so che non potresti mai degenerare come Ashura. Lui era solo, codardo, infame. Tu no. Hai sofferto, è vero, ma ora…”
Il cielo si infiamma, gli occhi e la pelle brillano, come ricoperti da aureole.
“…Chrona, tu hai me. Io non voglio lasciarti, mai più. Non permetterò mai più che tu stia male, che tu rimanga da sola, che tu sia divorata dai tuoi fantasmi. Io sarò con te.”
Denti che mordono le labbra, dita contratte nella sabbia. Voce tremante.
“…come puoi…come puoi parlarmi così…? Dopo tutto quello che ti ho fatto…dopo tutto il dolore che hai patito per colpa mia…”
“Beh…sai…”
Nodo alla gola, cuore che batte. Coraggio, coraggio.
“…se ho sofferto così tanto non è solo colpa tua…ho pianto, mi sono strappata i capelli…Chrona, il tuo pensiero mi ha fatta impazzire quando ti ho vista a Monaco, mi hai invasa, mi hai sconvolto la mente come nessun’altro era mai stato capace di fare, mi hai presa e svuotata da ogni briciolo di stabilità e buon senso…sì, nonostante tu mi abbia già tradita una volta, nonostante ricordassi  tutti quei crimini che hai compiuto. Ma, sai… uno più tiene a una persona e più sta male quando questa in qualche modo la ferisce, e tu, per me, sei…”
Occhi spalancati, le parole muoiono, abbandonate, insieme alla cantilena delle onde.
Una mano, tiepida, sulla guancia.
Due labbra spaventatissime, senza fiato, morbide.
Tramonto, accecante.

Image and video hosting by TinyPic

Spazio Autrice

Buondì e buon lunedì a tutti!
Prima che i feels mi uccidano definitvamente*sospiro melodrammatico* procediamo con le chicche!
Oggi parliamo di pastasciutta. Sì, ho fatto dire a Chrona che è il suo piatto preferito, ed il motivo è che è proprio vero: ce ne informa Medusa nel manga, poco prima di finire in mille pezzi sul pavimento, quando la prepara a sua figlia perché finalmente è riuscita a sviluppare il pieno controllo del sangue nero. Non so, è strano quanti riferimenti all'Italia abbia questo personaggio, mi piacerebbe sapere che diavolo aveva intesta Ohkubo quando l'ha creata ( erano proprio spaghetti al pomodoro quelli che si sono mangiati Medusa e Chrona, con tanto di forchetta e cucchiaio come posate).
Detto questo, ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e che commentano, mi fa sempre tanto, tanto piacere!
Auguro una buona settimana a tutti e torno ad annegare nei feels.
- scusate-
*ohhh... non vedo l'ora che sia già lunedì prossimo...*

Bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** What I am is wrong. ***


What I am is wrong.

 Image and video hosting by TinyPic

 

Io non dovrei essere viva.

 

Quando ho scelto di morire, tre anni fa, non l’ho fatto per salvare il mondo.
L’ho fatto per sparire.
L’ho fatto perché non sopportavo più la mia vita, nulla aveva più un senso.
Volevo essere spazzata via, smettere di soffrire.
L’ho fatto perché sapevo che nessun’altro aveva così poco da perdere come me, a sacrificarsi per sigillare Ashura: insomma, io cos’ero? Un rifiuto, un’assassina, un peso per chiunque. In tutta la mia vita non avevo fatto altro che fare del male a chi mi circondava.
Ero la figlia della strega, la sua arma più letale contro il mondo d’Ordine che lei odiava. A me non era mai interessato nulla di quello che lei progettava per il mio futuro, anzi, da quando mi sono separata da lei la prima volta ho anche iniziato anche a osteggiarla.
Però, era l’unica cosa che avevo.
E poi l’ho uccisa.
E mi sono ritrovata sola, pazza e senza uno scopo che non fosse quello di devastare tutto quello che avevo attorno, per ridurre il mondo in macerie proprio com’ero io.
Ero un danno.
Dovevo sparire.
Per sempre.

 

Ma, ma…
Mi sbaglio. Sto mentendo, lo so, spudoratamente. In realtà avevo un dolore, nel cuore, una spina che è riuscita a ficcarsi più in profondità di qualunque altra, facendomi sanguinare come mai avevo fatto prima d’ora.
Questa spina si chiama Maka.

 

Lei non lo sa, ma per quel breve periodo in cui mi ha teso la mano, e mi ha tenuta al suo fianco, lei è diventata il mio sole. La mia luce, la mia salvezza.
Lei era diventata tutto per me. Era… la mia stessa vita.
Questo legame, questa ferita profonda, era contemporaneamente la cosa più dolce e dolorosa che potessi immaginare: il mio amore era
sbagliato, come tutto ciò che concerne me.
Era sbagliato, sbagliato, e lei non avrebbe mai dovuto saperlo, non avrebbe mai potuto ricambiarmi, lei che è così perfetta. Lo sapevo bene, ma nonostante ciò non potevo fare a meno di soffrirne.
Ero veramente una stupida.

 

Una stupida debole.
Sì, debole, poiché non ho saputo ribellarmi a mia madre quando lei ha reclamato indietro la sua piccola pedina dalla breve parentesi di paradiso che le aveva concesso.
Io… non ho potuto. Questo… è crudele. Mia madre, era crudele, poiché mi ha strappato via tutto dopo avermi fatto assaggiare la felicità, e io ero crudele, perché sono stata debole, perché ho seguito quella strega, ho abbandonato Maka, ho abbandonato l’unica persona per cui avessi mai provato amore…
La follia mi ha distrutto la mente,
ma la ferita, per quanto i volti mi si confondessero fra i ricordi, continuò a sanguinare.

 

Già.
Ho ucciso mia madre, ho ingoiato il Kishin, ho provato a rompere le regole del mondo, ho massacrato così tante persone da averne perso il conto.
La follia sconvolgeva la mia anima mischiandosi al mio dolore.
Sono sbagliata, sbagliata… non sarei nemmeno dovuta nascere, sarebbe stato molto meglio se non fossi mai venuta al mondo.
Eppure sono viva.
Maka è venuta un’altra volta da me, nella mia disperazione, nonostante tutto, e mi ha chiesto di non morire.
Mi ha chiesto di aspettarla.
Maledizione.
Per lei ho dato tutto, lei che mi aveva donato così tanto, lei che era il mio sole, la mia vita, lei che non avrebbe mai potuto ricambiare quello sbagliato, sbagliato amore che provavo per lei.
Io le ho dato tutto quello che avevo, e stupida come sono mi sono aggrappata alla vita, per lei, per dare a lei anche quella, trasformandomi in quest’orrore che sono ora.

 

Sono una pazza.
Lei non dovrebbe legarsi a me come io sono legata a lei, sarebbe un male. Sono un pericolo, sono l’incarnazione stessa di tutto ciò che è sbagliato.
Lei ce l’aveva già un compagno, era già felice senza di me, e doveva continuare ad essere così, mentre io ero morta sulla Luna.
Ma, ora, io…

Io…

 

Io…

 

Maka chiuse gli occhi, con le labbra premute contro quelle di Chrona, la testa che aveva smesso di funzionare da tempo e il cuore che batteva a mille. La sentì irrigidirsi da capo a piedi e iniziare a tremare con violenza, ma nessuna delle due ebbe la volontà di scostarsi, rimanendo ferma in quel contatto che aveva un ché di meraviglioso.
La giovane Albarn sentì le mani della sua amica – seriamente, amica? – che all’improvviso smisero di tremare e le afferrarono la testa, affondando fra i suoi capelli, e la spinsero ancora più vicina a sé dischiudendo le labbra.
Si lasciò trasportare da quel bacio travolgente, umido… la bocca di Chrona aveva un caldo retrogusto dolce. Cosa diavolo stava accadendo…?
Era bellissimo…
Stava davvero baciando una ragazza?
Ma che le era preso…?
Era… era…
Maka all’improvviso si riscosse e si staccò da Chrona, allontanandosi a distanza di sicurezza e lanciandole un’occhiata spaventata. Chrona rimase a fissarla ad occhi spalancati, immobile, con la stessa espressione di terrore dipinta sul volto e le mani ancora tese in avanti: sembrava essere pietrificata, tanto che sarebbe stato impossibile definire se avesse trovato il coraggio per ricominciare a respirare prima di morire in piedi lì dov’era.
“Scusami, Chrona, io…”
Chrona era paralizzata.
“…non so cosa mi sia preso…scusami io…”
“Tu…”
La figlia della strega parlò così piano che quasi le onde coprirono la sua voce fioca:
“…pe…perché l’hai fatto?”
“Io… non so, io…”
“No, no, non va bene, questo, non va bene. No, per niente, per niente…maledizione, maledizione, maledizione!”
Sotto lo sguardo sconcertato di Maka Chrona iniziò a imprecare, a voce sempre più alta,  guardando un punto nel vuoto e iniziando a stringersi le braccia con le mani fino a farsi sbiancare le nocche. Oh mio Dio, Maka aveva combinato un casino, un gran, gran casino…
No! Perché l’hai fatto!? Perché Maka l’ha fatto!? Io sono il Kishin! E sono una donna! Maledizione! Maledizione! È sbagliato!
La fanciulla dai capelli rosa centrò finalmente lo sguardo di Maka, che costernata rimase senza parole e con la bocca aperta a ricambiare quell’occhiata di disperazione, poi il Demone strizzò gli occhi in un singhiozzo prima di darle una spallata e correre verso casa, sempre stringendosi le braccia con le mani, e sparendo dietro alla porta-finestra.
La giovane meister rimase lì, a piedi nudi nella sabbia, con la bocca vuota ed uno stretto nodo in gola. Il sole era affondato oltre l’orizzonte marino, e la luce d’oro si era spenta.
Iniziava a fare freddo.

 

Io…
Sì. Chrona, mi sono innamorata di te.
Era così ovvio,
che scema.
Mi sono comportata come una stupida, maledizione.
La cosa peggiore è che me ne sono accorta solo ora, forse perché ero convinta di essere attratta solo dai ragazzi, o forse… non lo so, è strano.
Chissà cosa pensi di me, adesso.
Probabilmente ora mi eviterai, mi starai lontana, ti ho terrorizzata; lasciarmi andare in quel modo è stata una mossa egoista, egoista… ma che diavolo mi è preso?
Cosa ne so io di quello che tu provi per me? Probabilmente ora ti disgusto…
Ma…
No, non è vero, tu…
In quel bacio, anche tu…

 

No, no, così non andava bene per niente, Maka e Chrona sarebbero rimaste da sole per un sacco di tempo, in quella vecchia casetta sul mare, non potevano entrare in crisi così…
Maka corse anche lei verso casa, saltò sui gradini delle scalinate di pietra che risalivano la costa per raggiungere il portico, graffiandosi i piedi, spalancò la porta e si mise a cercare la sua compagna di fuga, che non si trovava da nessuna parte.
Le luci erano spente, il soggiorno silenzioso.
Maka provò ad aprire tutte le porte e trovò con disappunto tutte le stanze vuote, fino a quando raggiunse quella della camera matrimoniale, che trovò sbarrata.
La ragazza iniziò a martellare sulla soglia, chiamando il nome dell’altra, ma non ottenne risposta. Finalmente si calmò, fece un respiro e smise di bussare.
Appoggiò l’orecchio al legno dipinto di bianco, ma non udì nessun suono al di là.
“Non devi per forza aprirmi, se non vuoi.” disse, con il rimorso che le trapelava dalla voce.
Nessuna riposta.
“Senti, io… non volevo. Cioè… non è che non avessi voglia di farlo, io avevo un sacco di voglia di farlo…ehm…scusami, cioè, non avrei dovuto però. Non ho pensato che potevo sconvolgerti, scusami. Non volevo assolutamente ferirti così.”
Nessuna risposta.
“Sì, io… sono stata un’egoista. Però volevo anche dirti… a parte questo… io… tengo davvero molto a te. Davvero molto. Tantissimo. Probabilmente questa cosa ti metterà a disagio…mi dispiace…ma ormai il casino l’ho già combinato. Perdonami, ma… io… credo di tenere a te molto di più che a un’amica, Chrona. Anche se forse pensi che sia sbagliato.”
Nessuna risposta.
“… poco fa, mi sono accorta di una cosa. Non mi importa che tu sia una ragazza. Sì, è un po’ strano, ma… non posso farci niente. Non posso negare l’evidenza. E, lo sai già, non mi importa assolutamente nulla del fatto che tu ora sei il Kishin. Tu non sei cambiata, tranne per la storia dei poteri eccetera… sei sempre Chrona, l’ho visto, in questi giorni. Tu sei tu, e io… beh, mi piaci un sacco.”
Nessuna risposta.
“Spero che riuscirai a perdonarmi per questa cosa. Sono stata una stupida, non ho tenuto conto dei tuoi sentimenti. – Maka sospirò, sentendo i polmoni che tremavano – Perciò… se per te va bene, possiamo fare finta che non sia successo nulla. Probabilmente tu non provi assolutamente la stessa cosa, per me. Lo capisco, è naturale. Sono io che sono diventata matta, da quando ti ho rivista… non certo tu. Quindi, se vuoi io…”
La porta si aprì all’improvviso, e Chrona apparve fra le ombre della camera dietro di lei.
Aveva gli occhi gonfi e le guance ricoperte di lacrime.
“Maka, io sono matta da quando sono nata.”
La giovane Albarn trattene un singhiozzo, nel vederla ridotta così.
“Maka, tu non capisci, tu non puoi capire. Tu non puoi, non devi, legarti a me. Non devono condizionarti i miei sentimenti, se io ti ami, oppure no… ma non pensare… non pensare che io non ti adori… ma tu, almeno tu… non cadere in questo sbaglio, non…”
“Chrona, tu…”
“No, no, Maka, allontanati, non…”
Maka fece un passo verso Chrona e le prese i polsi. Era come ipnotizzata, ubriacata da quelle parole e da quelle lacrime, dai sussulti irregolari di quel petto esile, dall’aspetto così fragile, vi si avvicinò e la resistenza che trovò fu futile. Chrona singhiozzava, ma non ebbe la forza di rifiutare quell’assalto, si ritrovò il corpo di Maka aderente al suo, in un abbraccio impossibile da contrastare.
“No… no… non farlo… non…”
“No, tu hai paura, hai paura Chrona…”
Maka spinse la figlia della strega all’indietro, fino al letto, fino ad inciampare sul materasso e a cadere sedute sulle lenzuola pulite. La maestra di falce circondò Chrona con le braccia, inebriata, la guardò dritta in quegli occhi enormi, pieni di lacrime e di terrore, vi affondò dentro come in un pozzo buio, pieno di segreti taciuti e mai rivelati.
“Non avere paura. Non devi avere paura. Non c’è nulla di cui avere paura…”
Si chinò su di lei e la baciò, assaporando il sale che le rigava il volto e le labbra, sentendo il suo respiro interrompersi e la sua bocca rispondere all’impeto di quel fuoco che le stava infiammando l’anima. Si baciarono tanto, a lungo, Maka si appoggiò su di lei fino a spingerla sdraiata, con la schiena sul letto, e le mani strette convulsamente attorno alle sue spalle.
Non sapeva fermarsi, non avrebbe voluto farlo mai, mai…
Il fiato le venne meno e fu costretta a staccarsi per respirare, nel farlo tornò a tuffarsi negli occhi neri della sua compagna, e vide che stava ancora piangendo:
“Maka, io… - mormorò, e la sua voce tremava - …io ti amo, ti amo più della mia stessa vita, sei l’unica ragione per cui combatto, sei la mia luce …”
“…non me lo hai mai detto…”
“…non potevo, non potevo…”
Maka le poggiò una mano sul volto e le asciugò le guance, le accarezzò, le baciò e poi le sussurrò all’orecchio:
“Sei sempre la solita sciocchina… non fai altro che farti male da sola… io… io non voglio più permetterti di farlo, non l’ho mai sopportato…”
Chrona gemette mentre Maka le baciava il collo, infilando la testa nella piega sotto la sua mascella e tirando giù con le dita l’alto colletto nero che le nascondeva la pelle. Sì, stava accadendo, ed era incredibile, era assolutamente meraviglioso, era come un sogno inebriante che rifluiva caldo e prepotente nella realtà, chi se ne importa del Demone, del Kishin, di Soul, di Kid…
L’unica realtà era quel respiro rotto, quella lingua bollente, quei morsi sulla pelle, quel sentimento bruciante che invadeva l’anima e le dava fuoco, incenerendo tutto il resto.

 

“Se ti dicessi che potresti uccidermi solo con una parola, mi crederesti?”
Ormai era buio da molto tempo. Chissà quante ore erano passate.
Maka e Chrona erano sdraiate sul letto con la testa appoggiata ai cuscini, si guardavano negli occhi e tenevano le gambe incrociate. Era così comoda, quella posizione, e Maka pensò che il calore delle dita di Chrona fosse davvero molto piacevole mentre le carezzava la guancia, giocherellando coi suoi capelli ancora legati sotto la nuca.
“Non lo farei mai, Chrona.”
Il volto del secondo Kishin era oscurato dalle ombre della sera, ma si vedeva che stava sorridendo. Dolcemente, con quel suo modo un po’ amaro.
“…devo dirti una cosa importante, Maka. È  una richiesta. Io sono in vita grazie a te, e ora mi stai facendo vivere un sogno. Forse non ti rendi conto di quanto io non meriti il tuo affetto, ma sei sempre stata una testona e hai deciso di regalarmelo lo stesso.”
Maka rise teneramente a quell’affermazione, e Chrona continuò:
“Io sono una persona dalla mente debole, Maka, e in più sono potente. Ho paura che, un giorno, potrei farti male, molto male, come è già successo in passato. Se dovesse accadere, ti prego, uccidimi e fammi sigillare. Non avrei più nessun motivo di calcare il regno dei vivi, in una tale eventualità.”
Maka deglutì, nell’ombra, e i suoi occhi brillarono riflettendo la luce della luna che entrava dalla finestra.
“Per favore, non parlare della tua morte. Mi fa star male. E poi non accadrà mai, non c’è più Medusa, non c’è più nemmeno Ashura, e tu sei una persona buonissima. Io credo in te, e se avrai qualche difficoltà, starò al tuo fianco, come ho fatto sempre. Al massimo posso prenderti a pugni, come ho già fatto una volta.”
“…Maka, parlo sul serio.”
“…anche io.”
Maka afferrò la mano calda di Chrona che le stava accarezzando i capelli, la strinse forte, se la portò alle labbra e la baciò, chiudendo gli occhi.
La sua pelle era così liscia. Aveva mani magre, Chrona, dalle dita lunghe e eleganti.
La ragazza coi codini riaprì gli occhi e sorrise, osservando quel volto lunare nel buio.
“Sono una testona, l’hai detto tu. E se vuoi stare come me, devi metterti in testa che ti vorrò bene sempre, anche se ci saranno difficoltà. E che sei una persona importante, e io lotterò per te. Non mi sono mai arresa e non lo farò mai.”
Chrona sospirò debolmente, e Maka le si avvicinò e le posò un bacio leggero sulle labbra. La giovane Albarn si sentì stringere forte ed il bacio continuò, fino a che non fu momentaneamente sazia di quel contatto meraviglioso. Appoggiò la testa nell’incavo del collo della sua compagna e si lasciò coccolare da quell’abbraccio stretto, possessivo e rassicurante.
“…dovrò farmene una ragione…eh?”
“…già.”
“Maka… quindi noi…noi stiamo…insieme?”
Da quella posizione Maka poté sentire il cuore di Chrona accelerare notevolmente, e le si strofinò contro, sorridendo.
“Tu lo vorresti?”
“Io… sì. Tantissimo.”
“Anche io lo voglio tantissimo. Quando ho scoperto che eri viva mi hai fatto impazzire. Mi hai mandato fuori di testa, solo ora mi rendo conto del perché… Mi sei mancata troppo, sempre, fin da quando eravamo ragazzine. Sto male senza di te.”
Rimasero lì abbracciate per un po’ di tempo, ad occhi chiusi, ad ascoltarsi respirare a vicenda.
“Ti va di cenare?”
“No, dai, non alzarti…”
“Facciamo un altro pigiama party. Preparo due panini e poi li mangiamo qui, in pigiama.”
“Va bene. Mi piace.”

 

“La verità è che voglio vederti in vestaglia, sei sexy.”
“Ehm… ok…”



Spazio Autrice

Bonjour a tout le monde!
Oggi è un lunedì vacanziero per tutti i milanesi, è St. Ambros, ma spero di portare un po' di gioia e romanticismo anche per tutti gli altri XD
Sì beh, the ship is sealed. Insomma ci siamo spiegati. Come mi è piaciuto scrivere questo capitolo!
Ho da dire solo una cosetta: all'inizio finalmente entriamo nel punto di vista di Chrona, e quello che dice si ricollega molto alla storia precedente a questa ("Just a Little story... ecc"), dato che in quella sede tutta quanta la narrazione era in prima persona da parte di Chrona. Ovviamente si tratta di una semplice interpretazione dei suoi sentimenti, che- come ho ripetuto fin troppo - alla fine si è rivelata davvero molto vicina a quella di Ohkubo stesso. Bene, ora vi auguro una buona settimana!
Grazie a tutti i miei lettori e ai miei recensori!
A lunedì prossimo! 

Bye! :*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Like a dream that only belongs to us. ***


Like a dream that only belongs to us. 

 

Chrona era sveglia, stava osservando Maka dormire accanto a lei.
Stava sdraiata a pancia in su, con la testa leggermente reclinata e la bocca dischiusa, con un’espressione di pace totale che invadeva i suoi lineamenti delicati da nippo-americana. I capelli castano chiaro le attorniavano il viso come un’aureola, sciolti sul cuscino.
Chrona pensò che fosse bellissima. La luce chiara del mattino la illuminava come se fosse stata un angelo in un affresco rinascimentale, una creatura celeste che di umano aveva solo l’aspetto.
Era stata una notte magica.
Chrona avrebbe voluto restare lì a osservarla per tutto il giorno, senza disturbare il suo riposo, ma un suono fastidioso iniziò a provenire insistente dal soggiorno, e Maka strizzò gli occhi, iniziando a destarsi. La sua compagna le carezzò la guancia per darle un risveglio un po’ più gentile di quello che avrebbe procurato quell’insopportabile ronzio che continuava ad aumentare di volume.
“Ehi.”
“Ehi, buongiorno.”
“Buongiorno a te, angelo.”
“Cos’è ‘sto rumore…?”
“La televisione, temo.”
“Oh merda, Cariddi…”

 

La faccia pallida e scapigliata della strega apparve oltre lo schermo a tubi catodici della vecchia televisione, disturbato da numerose interferenze di statica, con un paio di occhiaie da fare invidia a quelle di Chrona nei suoi momenti peggiori.
Ragazze! – esclamò – E’tutto a posto!? State bene!?
“Sì, tutto a posto.”
Maka sbadigliò, stringendosi la copertina del divano sulle spalle a mo’ di vestaglia.
Ero convinta che foste MORTE! Perché non avete risposto ieri sera!?Ho davvero temuto il peggio!
“Emh, temo di aver capito solo ora come funziona sWitch.”
Chrona stava mettendo sui fornelli un bricco pieno di acqua calda per fare il tè, e meno male che non si trovava davanti allo schermo, poiché diventò così tanto viola che le sue guance iniziarono a somigliare in maniera sospetta a due prugne. Maka la vide e sorrise, percependo anche la sua faccia iniziare ad andare discretamente a fuoco; sperò che questo non si notasse troppo attraverso lo schermo.
“Scusami Cariddi, non siamo proprio state capaci di far funzionare questo coso, ieri sera…”
Va beh, va beh, l’importante è che state bene.”
La strega cacciò un sonoro sospiro, e Maka si sentì sprofondare ancora di più nella vergogna. Sì, non le interessava che Cariddi sapesse oppure no di quello che era successo la sera prima tra lei e Chrona, ma sarebbe stato estremamente imbarazzante ammettere di aver saltato il loro importantissimo appuntamento per una cosa del genere… avrebbe davvero dovuto ricordarsi.
“Cosa mi dici, Cariddi?”
Dunque, parliamo di quello che accade qui. – La strega assunse un atteggiamento serio – Il Sommo Shinigami ha inviato squadre un po’ in tutto il mondo, qui alla DWMA stanno diventando matti per rintracciarvi. Lo scontro sul piazzale della scuola ha terrorizzato tutti, ma alcuni studenti e alcuni professori si sono accorti che Kid non è normale, e hanno iniziato a sospettare quello che pensiamo noi, ossia che sia caduto sotto l’influenza del Demone.
Chrona si venne a sedere sul pavimento accanto a Maka, con la schiena appoggiata al divano, e le porse una tazza di tè. La maestra di falce la accettò con un sorriso, poi chiese a Cariddi:
“Immaginavo che avrebbero mandato metà scuola a cercarci. Ma, per esempio, chi è che pensa che Kid sia stato traviato dal Demone?”
Tsubaki Nakatsukasa, per esempio. È disperata. È venuta a chiedermi vostre notizie perché ha notato che Death the Kid non è più in sé, e inoltre il suo maestro è in degenza in ospedale…
Chrona deglutì, pallida.
…non è in pericolo, però, come avevi detto tu, il dottor Stein gli ha riattaccato il braccio in un attimo. Ecco, anche Stein ha capito che c’è qualcosa che non va, e anche Marie e Sid.
“E Soul Eater?” chiese Maka.
Cariddi scosse la testa: “Non lo so, ma ho saputo che è partito insieme alle squadre che vi stanno cercando. Credo che sia convintissimo che tu sia posseduta, Maka, e che non abbia iniziato a dubitare come gli altri. Sai, entrando in risonanza con Kid, magari…
“…sì, sì, la 'risonanza'…” mugugnò Maka, cupa.
Tutto qui, ecco. State attente. Vi farò sapere se succede qualcosa, e state vicine al televisore, per favore, preferirei non morire d’infarto prima dei miei cinquecento anni.
“Certo, promesso! Ciao!”
Ciao…
Lo schermo si fece confuso e la statica invase l’immagine di Cariddi, per poi spegnersi del tutto. Le due ragazze rimasero a fissare il televisore silenzioso, senza parlare, rimirando le loro immagini riflesse come a guardare un quadro: due fanciulle in pigiama, assonnatissime, accampate sul pavimento con una tazza di tè fumante in mano.
Chrona sospirò:
“Quando questa storia sarà risolta, voglio chiedere scusa a Black*Star. Temo di avere esagerato. Ma ti aveva tirato un pugno, non ci ho visto più.”
Maka scivolò su un fianco e appoggiò la testa alla spalla della sua compagna, con gli occhi sempre fissi al riflesso sul televisore: ora, erano due fanciulle in pigiama, assonnate, con una tazza di tè in mano e innamorate pazze l’una dell’altra.
“Sì, dobbiamo spiegargli tutto. Poverino. Pensa che per un po’ ci sono pure uscita insieme con lui.”
“Ah sì?”
“Sì, era assolutamente insopportabile, ma ero in crisi affettiva. Avevo appena scaricato Soul.”
“Ah… e, ehm… come mai?”
“Non lo so… - Maka sospirò – Immagino che dopo l’infatuazione iniziale non mi fosse rimasto più nulla, e quindi l’ho mollato. Lavorando insieme abbiamo creato un legame fortissimo, ma evidentemente non era un legame di quel tipo. Sai che mi diceva sempre?”
“Uhm… cosa?”
“Che non mi sopportava più perché gli parlavo sempre di te.”
Maka sorrise sorniona e tutto il disagio che Chrona aveva accumulato in quella conversazione si sciolse in una risata leggera e imbarazzata; la ragazza dai capelli rosa appoggiò per terra la sua tazza di tè e passò il braccio attorno alle spalle di Maka, stringendola forte a sé.
“Non devi dirmi queste cose Maka, potrei veramente pensare che questo sogno sia la realtà.”
“Se questo è solo un sogno, probabilmente non ti sveglierai mai più, scema.”
Si baciarono, rovesciando qualche goccia di tè sulle piastrelle del pavimento. Maka si strinse forte contro il corpo di Chrona e le parve di sentire la sua anima da demone esplodere, mentre la teneva stretta fra le dita.
Da quando, da quando si era accesa quella scintilla? Da quando l’aveva vista in Germania? Ma no… Da quando quella bellissima creatura le aveva detto, poco prima di suicidarsi per sigillare Ashura, che se combatteva lo faceva solo per lei, che stava dando la vita solo per lei? No, no…Molto, molto più tempo indietro. Da quando aveva toccato quell’anima meravigliosa, ricoperta di spine, così tanti anni prima, per la prima volta? Forse, ecco, forse.
Era così strano, così strano quel sentimento…
“Torniamo a letto, per favore, sto cascando dal sonno.”
“Sì, volentieri.”
La giovane Albarn si appese con le braccia al collo di Chrona per farsi aiutare a tirarsi su, ma andò a finire che si baciarono di nuovo: quelle labbra erano così morbide che ci sarebbe rimasta incollata per tutto il giorno.
Solo dopo qualche lungo secondo si accorsero che il televisore, di fatto, aveva ripreso a sibilare e ronzare con cipiglio violento.
E sullo schermo c’era la faccia di Blair, con la più incredibile espressione di meraviglia stampata sopra che si potesse immaginare.

 

La prima ad accorgersi dell’intrusione di privacy da parte di quell’inaspettata ospite digitale fu Chrona, che quasi si soffocò in un colpo di tosse e poi corse fuori dal campo visivo dello schermo più veloce della luce, andando a rintanarsi in qualche ombroso anfratto del corridoio.
Maka rimase un po’ perplessa per i primi secondi, poi si accorse della sua gatta domestica che la stava fissando dalla televisione e per poco le prese un colpo.
“B-Blair!?”
Maka! Ma allora è così che stanno le cose!!!
“Cosa ci fai… perché sei nella mia TV!?”
Allora avevo ragione! Tu e Chrona avete un intrallazzo!
“Ma-ma-ma… non dovresti essere lì!”
Maka arrossì violentemente mentre con lo sguardo andava a cercare dove fosse corsa a nascondersi la sua compagna di fuga, ma non la trovò da nessuna parte e rimase da sola a fronteggiare lo schermo.
“Blair! Per la miseria siamo ricercate! Come hai fatto a raggiungere questa televisione!”
La gatta fece spallucce e sorrise in modo furbetto. Alle sue spalle era visibile una delle pareti della camera di Maka a Death City, mentre la luce elettrica che la illuminava da un lato proveniva evidentemente dalla lampada sulla scrivania che stava accanto al computer. Doveva essere sera tardi, in Nevada.
Anche io ho un account di sWitch. È da ieri pomeriggio che ti cerco, Maka. In realtà tutta la città sembra essersi messa a cercarvi, te e Chrona.
“Per forza!”
Maka sentì un brivido gelido correrle giù per la schiena. Se Blair era riuscita a rintracciarle così in fretta, magari qualcuno fornito di sWitch poteva già sapere dove si stavano nascondendo…
“Blair, non devi dire a nessuno che ci hai trovato, e soprattutto dove ci hai trovato…”
La gatta scoppiò a ridere con gaiezza: “Ahahah, ma io non ho idea di dove siete! SWitch non funziona mica così!
Notando la faccia terrea di Maka, Blair aggiunse: “Non preoccuparti Maka, nessuno saprà che sono riuscita a trovarti! E a nessuno verrà in mente di cercarti con sWitch! Io in realtà stavo provando a casaccio…So che tu e Chrona siete state accusate di aver attentato alla DWMA, per questo volevo parlarti, ma non lo dirò a nessuno.
“Sei proprio sicura che nessuno potrà trovarci con sWitch!?”
Ma certo! SWitch è un programma che sfrutta i dati telematici per mettere in contatto due persone attraverso i loro segnali dell’anima. Non c’entra né il luogo, né l’apparecchio, niente se non l’identità della persona che stai chiamando. Se qualcuno volesse cercarti dovrebbe conoscerti di persona, e non so di nessuno che usi sWitch a parte me e un paio di streghe qui a Death City, e anche se ti trovassero non avrebbero idea di dove stai alloggiando, come me!
“Ah…” Maka tirò un sospiro di sollievo.
A proposito… - aggiunse Blair – Com’è che hai sWitch?
“Storia lunga. Non so se è il caso di dirtelo.”
Ah, okay, okay. Ma allooora!? Cos’era quella cosa che ho visto prima!?
Maka si ricordò di essere arrossita come una ragazzina con una cotta adolescenziale, si morse le labbra e tornò a cercare Chrona con lo sguardo, di nuovo senza trovarla. Gli occhi gialli di Blair la stavano mettendo a nudo in modo imbarazzante.
“Ehm… già, sai, ho scoperto che lei mi piace molto e, beh…sai com’è…”
Era ora! Mi chiedevo quando vi sareste decise voi due!
Maka rimase a bocca aperta: “Eh!?”
Oh, andiamo, lo sapevano tutti che Chrona era innamorata te. Non dirmi che non te n’eri accorta. – Blair ridacchiò – Anche tu sembravi sulla buona strada, in realtà, quando andavate a scuola insieme! Soul era pure venuto a parlarmene ad un certo punto, era insicuro se dichiararsi a te anche dopo che credevamo che fosse morta sulla Luna perché temeva di essere rifiutato a favore suo.
Maka continuava a non credere alle proprie orecchie.
“Cos… ma Blair! Non è vero!”
Ah Maka, sei sempre stata un’imbranata nelle relazioni sentimentali.”
La giovane meister sospirò, appoggiandosi la testa ad una mano. Possibile che Blair avesse proprio ragione?
Non facevi altro che parlare di lei e pensare a lei. Ero sicura che prima o poi sareste diventate una coppia!
La gatta gongolava felice, e Maka tornò a sospirare, stringendosi le gambe fra le braccia, e prendendo atto che era il caso di ripulire tutto quel tè che era stato rovesciato sulle piastrelle.

 

È stata una fortuna che Blair mi abbia rintracciata bighellonando su sWitch, infatti mentre parlavamo le ho chiesto di tenermi informata sulle cose che accadono in città. Sì,

Sì, abbiamo Cariddi che ci fa da tramite, ma mi sento molto più al sicuro sapendo che abbiamo anche un altro “agente”. Mi fido cecamente di Blair, e sono sicura che ci sarà molto utile per venire a capo di questo mistero.

Trovo Chrona nascosta in camera da letto, seduta per terra accanto al muro opposto all’entrata, con la schiena appoggiata al materasso.

“Dio mio, che imbarazzo…”

“Tranquilla, è tutto ok.”

 

“Ho intenzione di chiedere a Blair di aiutarci con la nostra missione.”
“Ti fidi di lei?”
“Sì.”
“Allora va bene.”
Chrona mi sta guardando come si guarda qualcosa di sacro.
Sì, è il suo solito sguardo, timido, vagamente intimorito, ma ora posso leggervi un’immensità di affetto e devozione, un amore grande quanto il mondo. E mi ha sempre guardata così, sempre.
Aveva ragione, Blair? Sono davvero stata così cieca?
Ci siamo di nuovo sdraiate sul letto, sopra le lenzuola, perché ho detto di avere ancora voglia di dormire per il sonno. Le nostre mani sono unite nella penombra, e le nostre voci sono soffuse. Mi sento come fuori dal tempo, come se fossimo finite in un sogno che appartiene solo a noi, lontano dalla vita di tutti i giorni e dai suoi problemi, lontano da tutto.
“Chrona, ma tu…da quanto tempo provi questi sentimenti per me?”
Chrona mi guarda, silenziosa, con quei suoi occhi tristi, bui, così profondi che per un secondo sento il timore di cascarci dentro e annegare. Non sorride, è come se esitasse.
Poi parla.
“Maka, tu forse non ti rendi conto di quello che rappresenti, per me.
Io non ho mai vissuto, mi è sempre stato negato un qualsiasi accesso alla vita vera. Mia madre mi ha sempre tenuta separata dal mondo esterno e non ho mai incontrato nessuno che non mi considerasse alla stregua di uno strumento, una nullità totale, una stupida cavia da abbandonare se non serve più.
L’unico rapporto umano che mi era stato insegnato era la sottomissione, poiché io ero sottomessa alla mia potente madre, e io dovevo imparare a sottomettere i miei avversari, togliendo loro tutto ciò che avevano di più caro.
Ero un essere amorfo, sai. Sì, che lo sai.
La mia vita non è mai stata una vita, era l’inferno.
Ancora adesso, Maka, io non sono abituata alla vita. Sono una straniera nel mondo.
Per me, la disperazione è la normalità. La solitudine. Il senso di colpa.
Persino il mio unico punto di riferimento, persino quella stronza di mia madre…”
La sua voce trema, istintivamente stringo la sua mano nella mia.
“…quella stupida troia, voleva morire, lei aveva già deciso che si sarebbe fatta uccidere da me!
Voleva rendermi peggio di lei, voleva trasformarmi in un mostro, mi ha mandato fuori di testa perché, per plasmarmi come lei progettava, io avrei dovuto assorbire tutto l’odio e il rancore che mi aveva sputato addosso, e poi rigettarglielo in faccia commettendo il peggiore crimine che si possa mai immaginare… io l’ho ammazzata Maka, e ho goduto nel farlo!”
Le lacrime brillano bollenti nei raggi di luce che filtrano dalle tende, la mano trema.
“…io non avevo…non avevo più niente!
Non avevo te! Non avevo mia madre! Ero sola, con la mia cazzo di follia che mi faceva star male, volevo che tutto fosse come me, rotto, distrutto, in pezzi… ero una matricida, pazza, piena di potere… dannosa… sarei dovuta morire, sarebbe stato meglio per tutti…”
Le sue spine mi perforano il cuore mentre la stringo a me, forte, mentre sento tutto il suo dolore che mi si riversa addosso come una cascata in piena, finendo per traboccare anche dalle mie ciglia.
“…Tu, Maka…tu… per me… eri come un angelo. Sei stata la prima persona ad essermi amica, sei stata l’unica che mi ha teso la mano e mi ha tirato, anche solo per qualche attimo passeggero, fuori dal mio inferno… tu… eri la mia luce, la mia speranza, eri così bella quando mi sorridevi, e io mi sentivo importante, in qualche modo… io… dire che ti amo non sarebbe sufficiente, io non potrei vivere senza quello che mi hai dato, perché tu sei diventata tutta la mia vita, Maka… sei l’unica cosa per cui valga la pena vivere, nel mio schifo di mondo.”
Incapace di parlare le bacio la testa, su quei ciuffi disordinati, vorrei poter tornare indietro nel tempo e ucciderla io, Medusa, vorrei tenere questa strana, dolce fanciulla sempre qui, sul mio petto, per cullarla e calmare il suo pianto disperato col mio calore.
“Sai Maka io… ho rifiutato la morte aggrappandomi alla speranza di poterti rivedere. Sì, sono una sciocca. Ho sconfitto Ashura e sono diventata un Demone perché l’unica cosa che desideravo era rivedere il tuo sorriso. Sospesa nel mio stato di non-vita resistevo, paziente, perché sapevo che tu eri felice così, anche senza di me, e speravo che prima o poi saresti tornata. Poi però, quando ho percepito quell’anima disgustosa che ti minacciava, ho compiuto ciò che ritenevo impossibile, e sono risorta, ricreando il mio corpo com’era prima. Davvero, non avrei mai immaginato di poter fare una cosa simile, ma la mia volontà di proteggerti dal male era troppo forte. Se qualcuno alzasse su di te anche solo un dito, Maka, io gli strapperei le gambe… toccando te, ucciderebbe anche me. Sì, sono un’egoista, una disgustosa egoista.”
“Chrona, tu non sei un’egoista… tu… non devi negare il tuo diritto ad amare. Non te l’hanno mai concesso, ma è una cosa che hanno tutti, fin dalla nascita. Anche tu, tu puoi amare chi ti pare. E anche io. Se mi ami non è una colpa, è bellissimo… perché… perché anche io ti amo, Chrona, anche se Soul diceva che il nostro rapporto era morboso, che ero ossessionata, che mi stavi facendo male… sono tutte balle! Noi ci amiamo, ed è bellissimo…”

 

Le afferro il viso fra le mani e la bacio, sprofondando dentro quell’uragano di rovi che è la sua
 anima e ubriacandomi della sua bocca bollente, riversando in lei la passione che mi sta nascendo in fondo alle viscere come un incendio.
Mi accoglie, risponde, con slancio mi afferra le spalle e mi volta a pancia all’aria salendo su di me a cavalcioni, con il suo corpo premuto contro al mio, e i suoi denti mi mordono, mi azzannano e suggono dalle mie labbra…
Io non so… non so come devo comportarmi con una ragazza… è così strano…
Le infilo una mano sotto la vestaglia, le tocco la schiena, nuda, percorro con le dita tutta la strana vallata irregolare che le sue cicatrici le hanno scavato nella pelle, scendo lentamente e poi mi blocco. Che dovrei fare? Che dovrei fare?
Le sue dita mi stringono le spalle, la mia carezza sulla sua pelle martoriata l’ha scossa profondamente, mi ha piantato le unghie nella carne e ha trattenuto il respiro, nessuno, nessuno l’ha mai toccata così…
Continuo la mia carezza sulla sua schiena nuda e rovente, la esploro tutta con il palmo scorrendo su e giù, piano piano, seguendo il ritmo incrementante dei suoi sospiri. Questo calore mi ubriaca, vorrei poterla toccare come farei con un ragazzo, vorrei sapere come fare, ma…
Credo di avere paura, adesso, ma è bellissimo. Il respiro caldo di Chrona nelle mie orecchie mi risveglia gli organi del ventre, sento il mio sangue affluire sempre più forte, sento le sue dita salire fino sul mio collo, slacciare i bottoncini del colletto del pigiama uno per uno, oh mio Dio, mi spoglia, mi spoglia… La sua bocca e i suoi denti mi mordono, le prendo la testa le bacio i capelli, la stringo sul cuore che mi martella sotto al reggiseno… lei ha sete, lei vuole questa carne qui, adesso, lo sento, la sento, la sento sfamarsi sul mio petto come una morta di fame che trovi una oasi nel deserto… oh mio Dio, oh mio Dio, è una donna, è una donna, non so cosa fare, non so che fare con la sua mano che scende, scende, scende…

 

Maka si scostò da Chrona piuttosto bruscamente, tremando, e poi prese a mordersi violentemente le labbra, con gli ansimi che le sollevavano velocemente il petto mezzo nudo.
“S-scusami Chrona… io non…”
Chrona la stava fissando e raggelò in un attimo: pareva terrorizzata dalla sua stessa vestaglia tutta sollevata, dai suoi respiri accelerati e dall’intenso color indaco che le animava le guance. I suoi occhi erano ancora gonfi e lividi per lo sfogo di poco prima.
Scosse lentamente la testa: “Maka… io… devo essere impazzita… ma che mi è preso…?”
Maka si lanciò in avanti e la abbracciò, costernata; Chrona le risollevò il pigiama sulle spalle per ricoprirla, tirando dei profondi respiri per raffreddare la temperatura del sangue.
“Tranquilla, è normale…”
“No, Maka… ti stavo infilando una mano nelle mutande! Ma che razza cosa pervertita è, non…”
Maka sospirò, accarezzando i capelli della sua compagna, che pareva essere letteralmente entrata in stato di shock: “Forse è un po’ presto per noi due, per fare queste cose. Perdonami, non avevo idea di cosa fare, mentre tu… non mi sembri pronta.”
“Pronta?”
“Tranquilla, va tutto bene. Ci riproviamo la prossima volta.”
“Ma Maka, io…”
Maka le schioccò un lungo bacio sulla guancia e la accompagnò con le braccia fino a stenderla sul letto, con la testa sul suo cuscino.
“Sto morendo di sonno.”
Le rimboccò le coperte e si stese pure lei, avvolgendosi nel lenzuolo fino alla testa.
“Dormiamo un po’, fino all’ora di pranzo. Dai, per favore.”
Maka strizzò gli occhi e si voltò su un fianco, mentre Chrona rimase lì stesa a occhi spalancati, fissando il soffitto.

 

Dalla parte opposta del mondo, in Nevada, qualcuno bussò alla porta della stanza della strega Cariddi.
La Gorgon corse ad aprire e si trovò davanti il dottor Franken Stein, accompagnato da suo figlio FJ per mano, con una faccia talmente stravolta da far pietà persino ad una strega piena di impegni come lei. A quella vista Cariddi sollevò le sopracciglia:
“Buongiorno professore, vi stavo aspettando.”
Stein si grattò la nuca, mentre suo figlio già occhieggiava oltre la porta coi suoi occhi furbetti:
“Non so che farei senza di te, Cariddi…”
Cariddi prese per mano FJ e gli strizzò l’occhio, poi chiese al dottore se aveva voglia di un caffè, dato che la sua faccia sconvolta pareva invocarne un disperato bisogno. Stein accettò con un cenno del capo: come poter rifiutare un caffè preparato in moka secondo la più genuina tradizione italiana?
“Dica dottore, Kid vi tiene ancora a pieno regime?”
“Temo di sì, sia me che Mary. Quel ragazzo ha decisamente qualcosa che non va, da quando il Demone si è manifestato…”
Stein sorseggiò il liquido nero e fumante dalla sua tazzina, rimirando le piccole tracce scure che la bevanda lasciava sulle pareti di porcellana bianca.
“… lo sto tenendo d’occhio, ma è difficile prendere qualche iniziativa finché non ci si può capire qualcosa. Intanto, la priorità è di catturare Chrona Gorgon e salvare Maka.”
Cariddi deglutì, finendo il suo caffè.
“Beh, professore, se il secondo Kishin somiglia al primo, ci vorrà un bel po’ prima di scovare dove si nasconde.”
“Eh, già. – Stein sospirò – Questo è il problema. La scuola è sguarnita, e io e Mary dobbiamo lavorare il triplo.”
“State facendo un ottimo lavoro. Non preoccupatevi per FJ, che tanto per il pomeriggio a lui ci penso io.”
La strega accompagnò il dottore alla porta e lo salutò, poi tornò dentro e andò a prendere dei pastelli per intrattenere quella piccola peste dai capelli biondi.

Zona Autrice

Buon lunedì amici, oggi il capitolo era bello ciccione!
Come va? Come proseguono i preparativi per Natale? Io non vedo l'ora personalmente, anche per levarmi l'università di dosso per un po' di tempo XD - l'ultimo periodo è stato stressante -. Ovviamente le pubblicazioni non si interromperanno ;)
Ma passiamo alle curiosità, e oggi parliamo di luoghi: tutte le città che compaiono nella storia (tranne, per ovvi motivi, Death City), sono città che ho avuto modo di visitare personalmente. Ho deciso di inserire solo luoghi che conosco dal vero per avere un punto di partenza solido, forse, e non aver paura di descrivere posti completamente dal nulla e magari dire assurdità complete. O forse volevo solo sentire la storia un po' più vera, non saprei proprio dire.
Dato che per questo capitolo non ho trovato immagini tratte dal manga che mi sembrassero adatte, ecco a voi due Gorgon da spiaggia.
*Già, molto a tema natalizio. E vbb.*

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Is it love or is it just madness? ***


Is it love or is it just madness? 

 

Maka rise alla battuta che Blair aveva appena fatto, stringendosi le ginocchia con le mani.
Stavano chiacchierando via sWitch solo loro due, mentre Chrona era in bagno a farsi la doccia: la maestra d’armi aveva ben pensato di approfittare di quel momento per sfogarsi con la sua confidente più intima mentre ne aveva l’occasione, poiché sentiva un impellente bisogno di parlare con qualcuno che potesse capirla.
Insomma, gli ultimi due giorni erano stati una bella giostra emozionale, non era più abituata…
...beh, dai, almeno il fatto che siete lì isolate, voi due tutte sole, vi sta permettendo di aprirvi meglio l’una all’altra.
“Già…”
Maka si sentiva parecchio imbarazzata. Era da quella mattina che non riusciva a togliersi dalla testa quella cosa che era accaduta fra lei e il secondo Kishin il giorno prima, che tornava ogni secondo a perseguitarle la mente a ogni minima distrazione. Era nata in modo così naturale, così spontaneo, e lei e Chrona avevano deciso di essere una coppia da appena pochissime ore… le sembrava così strano.
Ricordò quello che era successo con Soul, con il quale c’era stato una sorta di balletto di prendi e molla, una lenta evoluzione, graduale, prima di arrivare finalmente a quella cosa. Accidenti.
Ora era arrivata Chrona e pretendeva di fregarsene di come funzionano i rapporti romantici, aveva distrutto tutte le sue inibizioni come un uragano.
“…senti, Blair, dovrei chiederti qualcosa di un po’ privato.”
Uh, cioè?
“Ehm – Maka arrossì come un pomodoro – tu hai molta esperienza, quindi, volevo chiederti…”
Blair sorrise in modo furbetto, leggendo nella mente della sua coinquilina umana e prevedendo la domanda.
“…ma, esattamente, come fanno a farlo due donne?”
Blair chiocciò in una risatina divertita, soprattutto perché la faccia di Maka era talmente arrossata e contratta dalla vergogna da farla assomigliare ad una sorta di ortaggio da giardino, assolutamente esilarante.
“Eddai non ridere! Sono in crisi!”
Ahahahahah beh, ovviamente non è che ci sia un modo canonico o un modo sbagliato. Puoi fare un po’ quello che ti pare.
“Qualche esempio…?”
Dunque, se proprio sei così imbranata, ricorda: col VIW non puoi sbagliare.
“Col… che?”
Il V. I. W.! Ovvio! Guarda, ti faccio vedere.
La gatta assunse un atteggiamento pratico, un po’ ammiccante, e chiuse le dita della mano destra lasciando dritti l’indice e il medio, come in segno di vittoria, mostrandolo bene alla sua inesperta confidente.
V!
Blair si portò con nonchalance la “V” sulla bocca e tirò fuori la lingua, dopodiché iniziò ad illustrare la lezione con una mimica decisamente eloquente.
I!
La gatta chiuse le dita che formavano la “V”, in modo tale da formare una “I”, poi mosse su e giù la forma che si era creata in modo – altresì –  egualmente eloquente.
W!
Anche la mano sinistra si unì alla destra, ed entrambe tornarono in posizione “V”, Blair le mostrò nel modo più chiaro possibile allo schermo e poi iniziò a sforbiciare per bene con le mani tentando tutte le possibili combinazioni.
“TI PREGO SMETTILA SEI TERRIBILE!”
Maka aveva affondato la testa in uno dei cuscini del divano già da metà della spiegazione sulla “V”, sprofondando nell’imbarazzo più totale e scuotendo la testa. Quello non era sesso, era disagio allo stato puro.
“Sempre la solita sei…”
Blair scoppiò a ridere.

 

Cariddi si trovava nella piccola stanza che la DWMA le aveva messo a disposizione per vivere a Death City, e stava riordinando i suoi libri sull’anta dell’armadio di legno compensato che aveva dedicato a biblioteca. FJ era appena stato lì, come anche nei giorni precedenti, perché lei si era offerta di fargli da babysitter dopo la scuola materna. I suoi genitori infatti erano trattenuti da Kid tutto il giorno a presidiare la scuola e a gestire le squadre di ricerca per Chrona.
Cariddi sorrise fra sé e sé: nessuno avrebbe mai trovato quel Demone.
La sua casa a Messina si trovava proprio davanti allo Stretto, quella zona di mare dove nascevano i vortici assassini che le davano i suoi poteri: non poteva accadere nulla in quel posto senza che lei se ne accorgesse, e poteva fare in pezzi chiunque si avvicinasse troppo con una facilità imbarazzante. Avrebbe mantenuto Maka e Chrona lontane dalla scuola e da tutto il suo entourage per tutto il tempo necessario.
Le capitò fra le mani un vecchio tomo rilegato di cuoio, pieno di fogli tenuti insieme da spago e fili di pelle. Strano, pensò. Era abbastanza convinta di aver lasciato quel particolare libro nella sua vecchia casa nel regno delle Streghe…
FJ le aveva chiesto di fargli vedere i suoi libri per gioco, poco prima, e Cariddi per un secondo sentì scorrere un brivido elettrico scorrerle nella sua spina dorsale. Ma no, pensò, figuriamoci se un bambino di tre anni sapeva leggere…
Quel libro, proprio quel particolare libro di appunti le aveva chiesto, indicandolo con la sua manina paffutella, poiché potesse sfogliare quelle pagine scritte fitte fitte, fino a giungere alle facciate con i disegni e restarne incantato. Pentagoni, sottili linee geometriche che si intrecciavano in un meccanismo su cui Cariddi aveva lavorato tanti, tanti anni prima.
La strega fece un bel respiro, cercando di calmare il nervoso, e ripose il libro sotto al letto.
Quella cosa non andava bene, per niente.
Forse FJ aveva solo tre anni, ma non c’era mai da stare tranquille: era pur sempre il figlio del famigerato ammazza-streghe Franken Stein.

 

“Scusami se ti ho rifiutata, ieri.”

 

La doccia rigettava acqua bollente già da più di mezz’ora, di conseguenza il bagno era immerso in una vaga nebbiolina bagnata che rendeva pesante il respiro.
La siluette del corpo di Chrona era visibile oltre la vecchia tenda di plastica decorata con un motivo di rose, immersa in quelle nubi dal calore opprimente.

 

“Sai… sono una vera stupida. Tu mi ami tantissimo, e io ti sto trattando come una cotta adolescenziale.”
“Puoi farmi quello che vuoi, Maka. Se fossi tu ad uccidermi, ne sarei solo contenta.”

 

Faceva caldo, là dentro. L’acqua era bollente.
Maka si sfilò lentamente i vestiti e li lasciò per terra, ipnotizzata dal suono battente delle gocce contro la superficie di ceramica della vecchia vasca da bagno rettangolare. Chrona era là sotto, immobile, si vedeva che si era appoggiata con le mani al freddo muro di piastrelle e si faceva scrosciare la cascata d’acqua sulla nuca.

 

“Smettila di parlare di te stessa in quel modo avvilente, mi fa star male.”
“…”
“Dovresti dirmelo se capita che io dica o faccia qualcosa che ti fa soffrire, non voglio usarti come un esperimento emotivo.”
“Questo amore che provo, Maka, te l’ho già detto, è sbagliato. Non farti tutti questi problemi.”

 

La superficie della vasca era bagnata da tutta quell’acqua che ci veniva scaricata sopra, i piedi di Maka si scottarono venendone a contatto.
Vide Chrona, davanti a sé, di schiena. Nuda, immobile, con la testa infossata fra le spalle e le mani contro al muro.
Vide la sua pelle bianca e sfregiata da quell’orrenda cicatrice che le disegnava, una per una, tutte le vertebre della spina dorsale e l’ombra appena accennata delle costole. Le ossa delle sue anche sporgevano dai fianchi quasi come corna, ma le sue cosce e i suoi glutei erano tonici e tondeggianti, le sue gambe erano lunghe ed elegantissime, terminando in caviglie sottili.
Maka guardò lo sfregio che le occupava la schiena e le venne voglia di toccarlo.

 

“Sai, forse hai ragione. Forse è sbagliato.”
“…”
“Forse è solo una sottile, distorta forma di follia che ci ha colte, me e te. Forse è una malattia mentale che abbiamo contratto tutte e due, quando le nostre due anime si sono unite per la prima volta.”

 

Le dita di Maka sfiorarono la pelle rovinata di Chrona, la toccarono.
La ragazza fece un passo in avanti e appoggiò le labbra su quella macchia irregolare, percependo ogni piccola asperità di quel punto, al centro delle scapole.
Il Demone rimase immobile, inondato dall’acqua torrenziale, e Maka vide la sua anima.
Sì, avrebbe dovuto averne paura, la sua oscurità era come un vortice di spine che girava e girava, distruggendo se stessa e tutto ciò che aveva attorno, era davvero terrificante.
Ma dentro, là in fondo, brillava una luce intensa, viola e dolcissima, ricoperta dal suo stesso sangue nero come la pece, che come sempre gridava aiuto, invocava amore, soffocava dalla sete.
Era bellissima, esattamente come la prima volta che l’aveva toccata.

 

“O forse no… forse non mi sono semplicemente resa conto della realtà, Chrona.
È successo tutto così in fretta, che sto perdendo i miei punti di riferimento.
Io ti amo, Chrona.
Da quando ti ho vista dentro, credo.
Ti amo e ancora non mi sembra vero.”

 

Maka fece scorrere le mani sulla sua pelle fino ad abbracciarla, facendosi inondare d’acqua bollente.
Il Demone della follia rimase immobile, limitandosi a chiudere le mani a pugno, sul muro.

 

 

Chrona era una debole, non era stata capace di resisterle.
Non riusciva a concepire che quello che Maka le stava dicendo fosse reale.
Come poteva provare una cosa del genere? Come si poteva amare una creatura maledetta come Chrona? Sarebbe finita malissimo, non si rendeva conto di quello che diceva…
La stava prendendo in giro?
Cos’era quello che stavano facendo, un gioco?
Un gioco pericoloso?
Giocava con la sua anima, che stava tenendo in pugno come se si trattasse di una rosa sul suo cespuglio, ricoperta di spine rosse di sangue, ma delicata, avvizzita, tanto che sarebbe bastato stringere un po’ le dita per disperderne tutti i petali per terra nel fango e stritolarne il cuore?
Maka le baciò la schiena e si sentì soffocare.

 

“Non hai mai pensato che Soul potesse avere ragione?
E se ti dicessi che tu non mi ami, ma che io ti sto influenzando, ti sto ipnotizzando per tenerti prigioniera al mio fianco, per soddisfare la mia sete?
Cosa faresti se ti dicessi una cosa del genere?”

 

Maka aprì le palme delle mani e le premette sul suo ventre bagnato.
L’acqua bollente scorreva sulla loro pelle, si infilava negli occhi e nelle narici, strozzava il respiro.
Le mani salirono, la schiena seguendole si inarcò all’indietro, succube.

 

“…mi andrebbe bene lo stesso. Anche io ho sete.”
“Ma tu lo sai, quello che mi stai facendo… vero?”

 

Le mani raggiunsero il seno e strinsero, il collo si abbandonò all’indietro intrappolando un gemito.
Acqua bollente in faccia.
Era un punto sensibile, sensibile, e quelle mani, quel corpo aderente al suo, dietro, appartenevano proprio a Maka.
A quella Maka, quella Maka a cui aveva consacrato persino la sua morte.
La stava stregando, di nuovo,
lo stava facendo di nuovo…

 

“No, non so cosa ti sto facendo. Ma voglio farlo, e basta.”

“Sì…tu sei… una pazza.”
“Senti chi parla.”

 

Quelle mani incontrollabili si muovevano, sulla sua pelle, premevano sulla sua carne insieme all’acqua e le schiacciavano gli organi con coraggiosa prepotenza.
Come poteva nascere un piacere simile da semplici sacchi di pelle ripieni di battiti e fiato?
Come poteva quell’anima alata, angelica, fondersi alla sua in modo così fisico?
Come faceva quella mano a toglierle i fiato, la vista e la ragione, con un semplice tocco, là sotto?

 

“Non ho più dubbi. Chrona, io ti voglio.”
“Tu… tu mi…”

 

Le dita di Maka si insinuarono fra le sue labbra dischiuse, le toccarono i denti e la lingua, penetrarono fino ad accarezzarle l’interno della guancia.
Chrona non era più in grado di parlare, era impazzita, impazzita del tutto, chiuse la bocca e succhiò quelle dita audaci, aveva sete, aveva una sete spaventosa…

 

“Non preoccuparti, avrò cura di te. Non ti farò soffrire mai più.
Non ti abbandonerò.”

 

La sete la accecava, strinse la mano di Maka fra le sue gambe e si voltò, guardandola negli occhi annebbiati. Era bellissima.
La desiderava, ora, la voleva tutta, la voleva dentro e fuori di sé, la voleva dappertutto, le baciò le orecchie, gli occhi, il naso, la bocca, il collo, il seno, le coste, l’ombelico.
Crollò in ginocchio ai suoi piedi, completamente fuori di sé, sorda, cieca, l’unica cosa che sentiva era quella pelle bagnata dentro la sua bocca che la sfamava, la ubriacava, e quei gemiti continui e quella stretta sui capelli che la tenevano così vicina, così forte…

 

Questa è follia.
Follia.
Inesplicabile, divina follia.

 

Perse la concezione del tempo e dello spazio, affogò in quella ebbra bevuta per chissà quanto, seppe solo che ad un certo punto si trovò pressata contro il muro di piastrelle fredde, così fredde contro la sua pelle bollente, e quelle dita esploravano ancora il suo corpo ed erano tremendamente piacevoli, e poi Maka si era seduta sopra di lei e si erano amalgamate così tanto che i respiri dell’una erano entrati nei polmoni dell’altra, le aveva leccato e morso quel cuore impazzito che martellava sotto al suo seno sinistro, aveva visto la luce, aveva sentito le loro anime unite scoppiare insieme.

 

Una mano chiuse il rubinetto dell’acqua della doccia, che subito ridusse il suo flusso fino a un piccolo gocciolio insignificante.
Maka sospirò. Se ne stava abbandonata sul corpo di Chrona, appoggiato alle pareti della vasca, con la testa sul suo petto soffice, e si faceva cullare dal suo respiro ancora accelerato.
L’umidità iniziava a far trapelare un certo freddo sul suo corpo nudo e bagnato, ora che la cascata bollente si era spenta, ma non aveva assolutamente voglia di rialzarsi. Chrona aveva gli occhi chiusi, l’aveva circondata con le braccia e le accarezzava la schiena.
Non sapeva cosa dire.
C’era davvero bisogno di qualcosa da dire?
“Sei incredibile. Lo fai come se ne sentissi un bisogno vitale.”
“Maka, io… - la sua voce era lieve – …è stato bellissimo.”
“Sì.”
Maka si strofinò con la testa contro la sua compagna, percependo il freddo che, nonostante la nuvola di vapore, cominciava a farle venire la pelle d’oca.
“Maka, siamo tutte bagnate… possiamo asciugarci? Mi sento un po’ a disagio…”
“Sì, certo. Dai, ti asciugo io i capelli.”

 

Cariddi rientrò nella sua stanza con le gambe a pezzi, ma facendo il minor rumore possibile.
Chiuse la porta velocemente, senza accendere le luci, e come prima cosa fece scorrere lo sguardo e le sue percezioni su tutto l’interno arredato, tirando un sospiro di sollievo solo dopo molti lunghi secondi.
Accese l’interruttore della lampada e controllò tutti i suoi libri, compreso quello che aveva nascosto sotto al letto. Soddisfatta, finalmente si lanciò sulla poltroncina a rotelle davanti alla scrivania sulla quale stava appoggiato il computer di dotazione al dormitorio.
Lo accese velocemente e attivò il semplice incantesimo per aprire una comunicazione via sWitch; lo schermo si attivò immediatamente sfrigolando per la statica, percorso da linee e ondulazioni grigiastre, in attesa che dall’altra parte qualcuno rispondesse alla chiamata.
Cariddi sospirò, nervosa: da quando aveva chiamato le due fuggitive per la prima volta, e queste l’avevano tenuta in attesa per quasi mezza giornata, le veniva l’ansia ogni volta che provava a contattarle.
Fortunatamente, passarono solo un minuto o due prima che lo schermo diventasse limpido, mostrando le figure sedute di Maka Albarn e Chrona Gorgon, entrambe accucciate sul pavimento davanti al divano nel soggiorno della sua vecchia residenza di Messina.
Stavano vicine, quasi come se cercassero di entrare a forza entrambe tutte intere nella visuale dello schermo, e le loro espressioni esprimevano una gran voglia di novità.
 “Ciao professoressa Albarn, ciao cugina. Come state? Va tutto bene là?Salutò la strega, stiracchiando un sorriso con le guance stanche.
Sì, benissimo.” Rispose Maka gaiamente, e parve pure arrossire un po’.
“Bene. – Cariddi fece una pausa, riorganizzando i pensieri. Doveva essere convincente con loro, o per lei sarebbero stati guai – Continuate a stare attente, mi raccomando. Uscite il meno possibile. Oggi mi è arrivata l’informazione che una squadra della DWMA ha iniziato la sua ricerca in Italia, lì siete al sicuro ma, in ogni caso, meglio non correre rischi.”
Maka e Chrona annuirono, serissime. Cariddi continuò: “Non ci sono molti aggiornamenti, Kid è stabile nella sua ossessione per catturarvi, Black*Star sta recuperando l’uso del braccio e Stein sta indagando anche oltre agli ordini del sommo Shinigami. Ecco… - la strega ebbe un brivido, e temette che fosse ben visibile nonostante la scarsa qualità della connessione video causata dal catorcio di televisione che riceveva il segnale magico - …devo anche dirvi un’altra cosa. Temo che potrei avere qualche problema, più avanti, e forse non potrò continuare le nostre comunicazioni per qualche tempo.”
Cos’è successo Cariddi?” chiese Chrona, seria, con uno sguardo così duro da far gelare il sangue.
Cariddi controllò un eccesso di panico e prese tempo guardandosi un po’ attorno, infine rispose: “Sarò più franca che posso. Sono preoccupata che la scuola possa scoprire il mio doppiogioco. Quindi ve lo dico e ve lo ripeto: rimanete dentro casa più che potete. Ora l’importante è evitare altri scontri con la DWMA, non dovete farvi trovare. Dobbiamo scovare il colpevole prima possibile, non possiamo creare altri pasticci di quel tipo. Chiaro? Ora devo andare, è tardi.
Prima che Maka o quel Demone spaventoso di Chrona potessero protestare la strega interruppe la comunicazione, tirando poi un rumoroso sospiro di sollievo di fronte allo schermo spento.
Lo sguardo le cadde di nuovo fra le ombre sotto al letto, dove stava nascosto il libro.
Quel maledetto libro.
La strega, durante i suoi ottant’anni di vita, era riuscita a svincolarsi da un bel po’ di situazioni problematiche senza problemi, ma quella volta stava davvero rischiando grosso.
Doveva prendere provvedimenti, architettare un piano, subito, prima che Maka e Chrona scoprissero la verità: bruciare il libro? Ah, forse sarebbe stata anche una buona idea, ma conteneva decenni di ricerche… e poi le sarebbe stato molto utile.
Fuggire? No, sarebbe stato anche peggio.
Forse si stava solo preoccupando troppo, dopotutto FJ era solo un bambino di tre anni. Com’era possibile che suo padre gli chiedesse di sfogliare proprio quel libro particolare, e che poi sapesse riportare cosa vi aveva visto dentro?
Forse era davvero il caso di distruggerlo.
Ci avrebbe pensato.
A qualcosa doveva pensare per forza.

 

Maka si sentì immediatamente precipitata nella realtà, mentre una punta fredda di sospetto le si insinuava nei pensieri.
Non appena la comunicazione con la strega fu interrotta si scambiò un’occhiata con Chrona, che pareva condividere il suo stato d’animo. Si sentiva vulnerabile, ora. Poteva darsi che avessero fatto una sciocchezza, ad accettare l’aiuto di quella strega.
Si sporse di nuovo sulla televisione e subito cercò di contattare Blair, concentrandosi come aveva imparato a fare, riuscendo ad attivare la comunicazione. Per fortuna la gatta non era molto lontana dal computer e rispose quasi all’istante.
Non appena vide quelle facce terree si preoccupò tantissimo.
“Maka… cosa c’è?”
“Blair, ho un favore da chiederti. Devi pedinare Cariddi, ci sta nascondendo qualcosa. Forse non è niente, ma non possiamo restare qui senza saperne nulla.”
La gatta annuì, seria.
“Sì, Maka. Lo farò. Vado.”
“Grazie.”
La comunicazione si chiuse.

Image and video hosting by TinyPic

Spazio Autrice

Buondì ragazzuoli!
Cavolo, sarà anche il 21 Dicembre, ma fa un certo caldo qui dentro... ahahah! Consideratelo un po' un regalo natalizio, un po' di VIW per tutti - e anche un po' di Blair, che lei non c'è mai abbastanza XD
Passiamo alle cose un po' più serie: per la scena di passione sotto la doccia ho usato come ispirazione Madness dei Muse, canzone che mi è corsa in aiuto con le sue sonorità emozionanti e sensuali e con il suo testo piuttosto attinente ai due personaggi di Maka e Chrona. Mentre per il resto... parrebbe che anche la trama vera e propria stia per proseguire, nonostante la coppietta probabilmente preferirebbe restarsene in vacanza al mare lontano dal mondo e dalle preoccupazioni.
Detto questo vi do appuntamento a lunedì prossimo, e soprattutto
BUON NATALE!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** What if the real Demon is…? ***



What if the real Demon is…? 

 

 

“Cosa sta combinando quella strega schifosa? Se ci fosse un problema vero ce l’avrebbe detto con chiarezza!”
“Calmati, cerchiamo di organizzare un po’ le idee.”
Chrona era su tutte le furie, la sua faccia sembrava essersi trasformata in marmo. Maka sentiva le idee turbinare nel cervello, eccitate dalla fortissima sensazione di pericolo che le attanagliava lo stomaco. Erano ancora accovacciate sul pavimento davanti al televisore, che ora rifletteva la loro immagine con il suo schermo spento e vuoto.
“Che motivo avrebbe avuto di aiutarci se stesse tramando qualcosa?”
“Questa è casa sua, Maka! Ci ha anche fatto capire che verrà a sapere di tutti i nostri movimenti e che può tenere gli intrusi lontani da distanza, è ovvio che può anche impedirci di fuggire.”
“Merda hai ragione…”
“Sono sicura che se ora provassimo a fuggire in volo in qualche modo ci sarebbe impedito di farlo. Vuole tenerci in trappola.”
“Aspetta, aspetta…se fosse come dici tu, allora sarebbe nel suo interesse tenerci confinate…”
Una consapevolezza istantanea fulminò Maka, fredda come una doccia di ghiaccio.
“Lei…è stata l’unica a dire di essere sicura che il Demone non fossi tu, Chrona…è stata lei a mandarci qui, in un posto isolato e sotto il suo controllo, proprio quando ha visto che eravamo decise a non seguire più gli ordini di Kid e a indagare da sole…vuole tenerci lontane dalla DWMA! Chrona…
E se il vero Demone fosse lei?”
Chrona la fissava serissima, pallida. Poi strizzò gli occhi e si diede una pacca in testa.
“Che stupida! Può essere! Può essere! È una strega, conosce lo scudo dell’anima, se voleva nascondersi da me poteva farlo tranquillamente! E…Maka…”
“…sì, tu dicevi che mi seguiva, e in effetti ha sempre avuto la tendenza a starmi appresso, mi ha detto che voleva diventare mia amica!”
Rimasero in silenzio entrambe, costernate, mentre una serie di piccoli particolari si riversavano nelle loro menti e cominciavano ad acquistare un senso. Sì, c’era una evidente possibilità che Cariddi fosse il vero Demone.
“Chrona… mio padre ha ucciso la madre di Cariddi.”
“Cosa!?”
“Sì… mi sono scordata di dirtelo…”
“Maka, ti vuole morta! Tutte le Gorgoni sono state sterminate dalla DWMA! Cioè…quasi tutte, ma comunque sono sempre state streghe ribelli! Non mi sorprenderebbe affatto che quella strega stia cercando di ribaltare di nuovo l’ordine infiltrandosi direttamente nella scuola!”
Maka per un secondo si sentì mancare dal panico, ma riprese subito il controllo.
“Merda! Aspetta, non dobbiamo perdere la calma… che facciamo!?”
“Dobbiamo tornare alla DWMA, ora!”
“Sì! No… aspetta, non so se sarebbe una buona idea…”
“Cosa!?”
Chrona la fissava, pallida come la morte e arrabbiata come una furia, pervasa dal suo furore gelido e terrificante. Maka la capiva, percepiva in lei un’aggressività micidiale nei confronti di sua cugina: se per caso ce l’avesse avuta fra gli artigli probabilmente l’avrebbe già fatta a pezzi nel modo più doloroso possibile. Ma no, dovevano rimanere calme, andava tutto bene.
Avevano un colpevole, e Chrona l’avrebbe protetta contro qualsiasi minaccia che sarebbe sopraggiunta. Questa sicurezza dava a Maka un coraggio che sfiorava l’incoscienza.
“Ti spiego: se davvero Cariddi è il vero Demone e si accorgesse che noi stiamo venendo a cercarla, potrebbe difendersi. Potrebbe prendere in ostaggio qualcuno, potrebbe decidersi a rubare le ultime due pietre che ha in mano Kid! Non avremmo l’elemento sorpresa e non possiamo conoscere le conseguenze. Inoltre, ho mandato Blair a indagare su di lei, se ci spostiamo da qui non potremmo più comunicare, è impensabile trascinarci dietro quel televisore!”
Maka prese le mani di Chrona e le sentì gelide. Quel contatto la fece comunque calmare un po’.
“Sì, hai ragione. – ammise la figlia della strega – Ma non possiamo restare qui imprigionate senza fare nulla.”
“No, non possiamo.”
Maka chiuse gli occhi e respirò profondamente, stringendo le mani fredde della sua compagna, nel tentativo di sgombrare la mente dall’ansia.
Il pavimento era freddo e scomodo, le ginocchia le stavano facendo male.
“Come prima cosa, dovremmo aspettare fino a che Blair non ci darà qualche informazione in più. In fondo, non abbiamo in mano nessuna prova tangibile che lei sia la colpevole e inoltre ci siamo accorte di questa cosa perché Cariddi è preoccupata per qualche motivo. Magari qualcun altro ha iniziato a sospettare di lei? Tsubaki, Stein?”
Chrona annuì, ascoltando il ragionamento di Maka.
“Vedremo. Intanto, fingiamo di non esserci accorte di niente, è meglio che non sappia che sospettiamo di lei.”
“Va bene. Non mi sento al sicuro qui, però. È una sensazione orribile, ci siamo fatte ingannare come due sceme e adesso siamo nella tana del lupo.”
Anche Maka provava lo stesso disgusto: quel pavimento, quel divano, quelle pareti, quella casetta amena… le era diventata odiosa come se avesse i muri ricoperti di veleno. L’unica cosa che voleva fare era scappare via di lì più veloce che poteva, ma aveva appena appurato che non era il caso di farlo.
Però, una via per andarsene dovevano trovarla, in un modo o nell’altro.
Si rialzò, tirando su per le mani congiunte anche Chrona, e si guardò attorno. Lo sguardo le cadde sul paesaggio oltre la finestra, che si perdeva nell’orizzonte del mare.
“Ho un’idea per andarcene di qui senza che Cariddi sospetti che l’abbiamo scoperta.”
Chrona lanciò a Maka uno sguardo interrogativo.
“Ci sono delle squadre della DWMA che di stanno cercando. C’è anche Soul. Possiamo farci trovare e poi andarcene quando Blair chi ha dato qualche informazione.”
“Ma Cariddi non se ne accorgerebbe subito se qualcuno entrasse qui?”
“Sì.”
Maka sorrise, compiaciuta: “Le possiamo raccontare che quelli che ci hanno trovato sono passati dalla nostra parte. In fondo, è proprio vero.”
A Chrona l’idea non parve andare a genio subito, ma dopo qualche secondo sospirò ed annuì.
“Immagino sia una buona idea. Ma che succede se Soul Eater e gli altri volessero uccidere me e portare via te, come probabilmente avverrà?”
“Possiamo sempre tenerli a bada a forza. – mormorò Maka – L’importante è che ci diano una scusa per andarcene di qui.”
“Ok.”

 

Blair se ne stava sdraiata su un cornicione assolato, riscaldando il pelo ai raggi caldi e dorati, con gli occhi puntati alla finestra del dormitorio della DWMA.
Erano ore che non si muoveva da lì, sorvegliando attentamente i movimenti della strega Cariddi: non era stato difficile trovarla, dopotutto non era un segreto dove si trovava la sua camera.
Maka le aveva chiesto di sorvegliarla perché stava nascondendo qualcosa di sospetto ma, per il momento, non era successo assolutamente nulla di interessante: la Gorgone era rimasta a leggere tutto il tempo seduta sul suo tavolo, prendendo qualche appunto su un quadernetto che aveva appoggiato su un lato. Si vedeva molto bene, dato che la finestra da cui sbirciava Blair era posizionata sopra alla scrivania della strega.
La gatta si stava annoiando ma non si sarebbe spostata da là per nessun motivo al mondo, stava facendo un favore a Maka, che in quel momento se la stava passando proprio male, ricercata dalla scuola com’era.
All’improvviso Blair notò qualcosa d’interessante sulla strada: era il dottor Franken Stein con suo figlio Franken Junior per mano, stavano camminando verso l’ingresso del dormitorio. La  micia fu sorpresa di vedere il dottore lasciare suo figlio alla strega e poi tornarsene indietro da solo, mentre FJ e Cariddi iniziavano a tirare fuori una scatola di pastelli da un cassetto non in vista. A quanto pare la strega faceva da baby-sitter: sarà stato questo il suo segreto?
Mentre Franken Stein passava sulla strada a sampietrini sotto al cornicione di Blair, a passi lenti, lanciò verso l’alto un’occhiata apparentemente distratta: la gatta lo notò e fece finta di nulla, ma lui tornò a guardare davanti a sé con un sorrisetto sornione e si infilò le mani in tasca, aumentando il passo per tornare al suo lavoro a scuola.
Blair pensò che il dottore fosse sempre molto strano, anche ora che aveva una famiglia. Cosa avrà avuto da ridere?
La giornata era ancora lunga, e le chiacchiere sceme di Cariddi insieme a quel bimbetto di tre anni non erano minimamente più interessanti della strega da sola che leggeva e scribacchiava.
Sarebbe stato un pomeriggio molto lungo, forse il primo di tanti.

 

“…e quindi il tuo piano sarebbe?”
L’aria di mare era fresca e pulita sulla faccia, da quel punto. Il rumoreggiare delle onde era intenso, ma non copriva del tutto le loro voci: bastava parlare solo un po’ più forte. Il sole di fine Febbraio splendeva sull’acqua pulitissima rendendo visibile il fondale sassoso e riscaldava a sufficienza l’atmosfera per starsene fuori in maniche corte. Le sterpaglie mediterranee ondeggiavano a ritmo con le onde rilasciando le loro fragranze.
Chrona stava seduta in cima ad uno scoglio particolarmente elevato, a strapiombo sul mare, che faceva parte del complesso di sassi e rocce che separava la piccola spiaggia davanti alla casa di Cariddi dal resto della costa. Lì il terreno scendeva verso il mare con pareti ripide e piene di cespugli profumati, terminando poi con una serie di scogli che si inoltravano fra i flutti.
Era stata Maka a chiedere a Chrona si sedersi lì, punto che immaginava trovarsi ai confini della proprietà della strega.
“…è ovvio che da lì sei più visibile, no?”
“Credi seriamente che a dei sensitivi cambi qualcosa se espando la mia anima da qui o da dentro casa?”
“Perché no? E poi così è evidente che vogliamo farci trovare. Magari arrivano meno agguerriti.”
“Se lo dici tu…”
“Ma sì, ma sì. Dai, agisci.”
Chrona fece spallucce, un po’ perplessa, ma poi si voltò di nuovo verso il mare e si concentrò verso l’orizzonte. Prese un profondo respiro salato e chiuse per un secondo gli occhi, appellandosi al potere terrificante sopito nella sua anima, sepolto sotto le sue emozioni di umana, sentendosi avvolgere dalla consapevolezza dell’energia vitale che si agitava tutto attorno a lei.
Sì, avrebbe potuto far impazzire quel potere in lei e fuori di lei, avrebbe potuto piegarlo al suo volere, manipolare la realtà come già aveva fatto una volta. Ma non ce n’era nessun bisogno, solo un codardo avrebbe usato un tale potere, rompendo l’ordine, per un proprio capriccio.
Espanse le sue ali oscure e fece risuonare la sua anima più forte che poté verso l’orizzonte, un rintocco inquietante che si estese nell’aria, raggelandola. Il sole parve velarsi, la brezza marina rallentare, il verde delle piante farsi più grigio. Chrona era consapevole di non essere una creatura di natura positiva, no, la sua anima rispecchiava tutto il dolore che aveva sofferto in vita e tutto il terrore dell’antico Dominatore che aveva digerito. Ora, la Dominatrice era lei, il suo cuore tinto di nero l’avrebbe contraddistinta per sempre, per quanto potesse essere toccato dalla speranza.
Maka stava in piedi alle sue spalle, all’ombra delle sue ali, ad ammirarla.
Sì, solo uno scemo avrebbe potuto ignorare un’anima del genere, il loro piano avrebbe funzionato alla perfezione: gli agenti della DWMA si sarebbero accorti del Kishin e sarebbero accorsi più veloci che potevano, venendo a tirare fuori da quel pasticcio le due fuggitive.
“Quanto pensi che dovrò restarmene qui?”
“Facciamo un paio d’ore, dovrebbe bastare.”
“Spero che si sbrighino, voglio andarmene e mi si stanno bagnando le scarpe.”

 

Quattro ore dopo, Maka uscì di casa e si recò allo scoglio dove stava seduta Chrona, arrampicandosi sui sassi scoscesi.
Il Demone non si era mosso di un passo, con le ali spalancate e gli spruzzi delle onde in faccia.
“Vedi nessuno?”
“No.”
“Nemmeno io percepisco nessuno.”
“Fantastico.”
Maka poteva sentire la brezza marina farsi più fredda con l’avanzare della giornata, tanto che si convinse che fosse stata una pessima idea quella di uscire con la camicetta a maniche corte.
“Puoi anche rientrare ora, Chrona. Immagino che per oggi possa bastare.”
“No.”
Chrona non si voltò, immobile come una statua, e Maka sospirò.
“Voglio andarmene da questa casa, non ho intenzione di spostarmi da qui se non arriva nessuno.”
La giovane meister scosse la testa e iniziò ad avanzare verso gli scogli ripidi, piegandosi e afferrando le protuberanze di roccia per issarsi più in alto. Presto raggiunse la cima dello scoglio su cui era seduta la sua compagna, cercando di mantenere l’equilibrio su quella superficie scomoda, e si accovacciò di fianco a lei, ritagliandosi uno spazio che non le ferisse troppo le natiche. Chrona si voltò a guardarla, con i capelli tutti scompigliati dal vento.
“Mi sono stancata di farti stare qui da sola. Se non rientri, allora starò qui anche io.”
Maka si accostò alla figlia della strega e le circondò la vita con un braccio, un po’ per riscaldarla e un po’ per correre un minore rischio di cadere giù.
“Ma io sono un Demone, tu che sei una piccola umana ti prenderai un malanno se resti qui.”
“Correrò il rischio.”
“Ok.”
Il mare sembrava parecchio agitato quel pomeriggio, onde capricciose si infrangevano lungo la costa e si rincorrevano più a largo, rendendo l’orizzonte rumoroso e frammentato. Una massa di nuvole nerastre sembrava accumularsi sulla linea che divideva il mare dal cielo, rombando.
“Temo che questa notte ci sarà un temporale. – disse Chrona – Guarda laggiù, le correnti stanno già aumentando.”
Maka aguzzò la vista e notò, a largo, onde parecchio alte scontrarsi l’una contro l’altra: il mare sembrava davvero arrabbiato.
“Sai Maka, questo tratto di mare è sempre stato molto amato dalle streghe della mia famiglia. È pericoloso per via dei gorghi che si formano all’improvviso, inghiottendo le navi che passano. Temo che oggi non verrà nessuno, se si scatena una tempesta.”
Maka sospirò, stringendosi alla sua compagna. Faceva davvero freddo, ora, lassù.
“Motivo in più per tornarcene al coperto. Potremmo provare a renderci visibili anche da lì.”
“…oppure possiamo fare un ultimo tentativo, insieme.”
Le ali di Chrona sventolavano nella corrente umida come vele color inchiostro, una di esse smise di agitarsi al vento e si ammainò all’indietro, ritirandosi. Maka si ritrovò avviluppata all’improvviso da quel drappo nero che si fece subito tiepido come una coperta, coprendole le spalle per non farle sentire le intemperie: la ragazza ebbe un momento di sorpresa per quell’atto inaspettato, ma quel calore che le riscaldò il cuore sciolse anche gli ultimi residui di disagio. Le ali in teoria erano fatte di sangue, ma avevano una consistenza soffice e sottile, quasi come se fossero intessute di seta. Chrona la strinse a sé anche col braccio, e Maka si abbandonò contro la sua spalla.
Era una sensazione davvero piacevole.
“…magari la tua anima la vedranno più facilmente, Maka. Dopotutto hai le ali anche tu.”
“…ah… Grigory, dici? Ma no, come potrebbe l’anima di un’umana essere più visibile di quella del Kishin?”
Le anime Grigory erano le anime cosiddette “alate”, come quella di Maka. Erano piuttosto rare e tendenzialmente più forti delle altre: questa era un’informazione che aveva imparato quando andava ancora a scuola, ma era una semplice caratterizzazione di tipologia.
“…la tua anima è speciale, Maka. Dovresti saperlo ormai. Sembra quella di un angelo. Non sottovalutarti così.”
“…beh, dai, non esageriamo… però un altro tentativo possiamo anche farlo. Entriamo in risonanza.”
Maka e Chrona chiusero gli occhi, sedute sullo scoglio, e lasciarono le loro anime toccarsi e rintoccare, espandendole verso il mare in tempesta.
Chissà se qualcuno le avrebbe davvero notate.

 

Era notte, ora, e la finestra della camera da letto era ben sprangata dalle imposte di legno.
Fuori la pioggia batteva rumorosamente, accompagnata dal soffiare del vento.
Blair non aveva chiamato, Cariddi neppure (come c’era da aspettarsi).
Maka e Chrona erano stanche, tutte e due: la meister bionda ascoltava il respiro dormiente della sua compagna demoniaca come se fosse stata una ninna-nanna, nel tentativo di lasciarsi andare anche lei al riposo. Era molto preoccupata. Le sembrava ancora di essere incastrata in una gigantesca trappola per topi, dentro la quale era cascata come una perfetta idiota.
Capiva molte cose, ora: Cariddi la odiava per la storia di sua madre, probabilmente le si era avvicinata apposta per portare a termine la sua vendetta. Chrona se ne era accorta fin dalla Luna, come poteva lei, Maka, essere stata così cieca?
Lo sguardo circolava sul soffitto buio, perdendosi nella sua ombra. Ma sì, oltre tutto, era quasi sicuro che la colpevole fosse quella Gorgone: Maka ricordò distintamente che Cariddi le aveva chiesto perdono per aver cantato in modo ipnotico, quella sera al Red Cheeks, la stessa sera in cui aveva avuto il suo crollo mentale. Se possedeva il potere dell’ipnosi, non era affatto improbabile che fosse nelle sue possibilità quella di manipolare le persone a distanza come era successo per i furti delle pietre. Chissà che avrebbe potuto combinare una delle Gorgoni con tutti e cinque gli artefatti magici…dovevano fermarla, ad ogni costo. Maka sospirò. Ma non così presto, purtroppo, nessuno si sarebbe avvicinato mentre la tempesta infuriava sulla costa. Chiuse gli occhi e si decise a prendere sonno.
Ma.
Un attimo.
Qualcosa le impedì di lasciarsi andare e si irrigidì in un secondo. Era una sensazione improvvisa, come un pizzicotto alle sue percezioni, un’intuizione che le sarebbe quasi sfuggita se solo fosse stata più abile a nascondersi. Un’anima, sul retro della casa.
Un’anima molto familiare.
Maka saltò giù dal letto senza svegliare Chrona, agitata, e corse verso la porta di casa, gettandosi sulle spalle il cappotto nero, l’aprì e attese sulla soglia. La pioggia infuriava oltre il portico, sgocciolando copiosamente sulle piastrelle del pavimento.
Una figura alta si staccò furtivamente dall’oscurità dietro ad un angolo del muro, confondendosi con l’acqua torrenziale, non appena fu evidente che la giovane donna che era uscita dalla porta non aveva nessuna intenzione né di scappare né tantomeno di combattere.
Certo che era stato davvero velocissimo.
“Buonasera, Maka.”
Lui e la sua voce sarcastica, solo lui poteva fare lo splendido ancora prima di dimostrare la sua preoccupazione.
“…quindi…stai bene? Non ti ha fatto nulla il Kishin?”
“Sto bene. Meno male che sei arrivato, Soul, ti stavo aspettando. Vieni dentro, devo parlarti.”

Image and video hosting by TinyPic

Spazio Autrice

Ciao ragazzi e buone feste!
Passato bene il Natale? Io sì, ho mangiato come un orso prima del letargo... XD
Oggi capitolo un po' interlocutorio, ma, forse, i pezzi del puzzle iniziano a trovare il loro posto...
Devo darvi un'informazione tecnica: per ragioni di gite capodannesche, purtroppo, il prossimo capitolo non potrà essere pubblicato lunedì (4 Gennaio), e quindi l'aggiornamento ritarderà di un giorno e potrete leggere come diavolo reagirà Soul a tutto questo casino il giorno dopo, martedì 5 Gennaio. Mi spiace interrompere così la serie di uscite puntuali (diciamocelo, Kid mi ammazzerebbe) ma purtroppo non si può dire di no a una vacanzina con dei cari amici.
Detto questo vi auguro un buon proseguimento di feste!
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Reunions. ***


Reunions. 

 

 

 

Soul stava seduto con i gomiti appoggiati al tavolo, la lampada che pendeva dal soffitto e lo illuminava dall’alto rendeva la sua figura vagamente irreale. Era bagnato fradicio.
Non aveva protestato quando Maka gli aveva chiesto di entrare, aveva semplicemente fatto quello che gli era stato chiesto senza porre domande.
Chissà che gli passava per la testa, si chiese Maka. Lui era convinto che la mente della sua meister fosse stata plagiata, ma evidentemente aveva scelto un approccio cauto.
Soul stava aspettando che la ragazza iniziasse a parlare, come gli aveva anticipato.
“Soul. – disse Maka – Sei riuscito a trovare questa casa grazie all’onda dell’anima di Chrona?”
“No. – rispose il ragazzo, serio – Io non sono un sensitivo. Ho riconosciuto la tua, di anima, per arrivare fin qui. Sarà che sono la tua arma. Mi è parso un richiamo d’aiuto, e sono arrivato più in fretta che ho potuto.”
“Ah.” Disse Maka. Chrona aveva avuto ragione, dopotutto, a fare quel tentativo di risonanza a due.
Soul era stato molto eloquente con quelle parole, ed il suo sguardo tradiva la sua preoccupazione.
“Beh, era volutamente una richiesta d’aiuto. Io e Chrona abbiamo deciso di renderci visibili per chiamare te o qualcun altro delle squadre della DWMA, perché abbiamo bisogno di una mano. Forse abbiamo trovato il vero colpevole.”
“Ah, sì? – chiese Soul, atono – Chi sarebbe?”
Maka sospirò, prima di rispondere: “Cariddi Gorgon.”
Soul sollevò un sopracciglio, ma non disse nulla. No, non era persuaso, non riteneva vera nemmeno una delle parole uscite dalla bocca della sua meister. Ma andava bene così, era già tanto che fosse riuscito arrivare fin lì così in fretta, il convincerlo della verità era solo un’aggiunta.
Forse era anche meglio che la compagna di Maka non si fosse svegliata, così le cose potevano essere gestite in modo più semplice.
“Dunque, – cominciò Maka – tu sei convinto che Chrona mi stia usando perché vuole prendere gli artefatti che custodisce Kid, ma prova a prescindere un secondo da questa convinzione e ascolta quello che è successo, davvero, da quando la pietra di Milano è scomparsa. E capirai perché sospettiamo di Cariddi.”
Maka iniziò a raccontare, con abbondanza di dettagli, tutto quello che lei e Chrona avevano passato in quegli ultimi tempi, le preoccupazioni sulle reazioni di Kid, la proposta d’aiuto della Gorgon e infine i loro sospetti. Censurò tutta la questione sentimentale, ovviamente, non le pareva proprio né il luogo né il momento per rivelare a Soul che lei era finalmente riuscita a superare del tutto i loro tira e molla passati.
Il ragazzo la ascoltava in silenzio, senza aggiungere commenti.
Quando Maka ebbe finito, Soul si passò le mani sul viso livido, con un lungo sospiro stanco, e la ragazza percepì le lotte all’interno della sua testa: evidentemente era stata molto convincente e il suo discorso cozzava con le convinzioni preconcette che si era fatta la falce.
“Non è necessario che tu creda a tutto quello che ti ho detto, Soul… mi basta che resti al mio fianco finché tutta questa storia non sarà finita. Ho davvero bisogno di te.”
Il ragazzo scosse la testa:
“…no, no… quello che hai detto sembra davvero avere senso… anche io ho sempre avuto delle pessime sensazioni riguardo a Cariddi, no… il discorso è un altro.”
Maka sollevò un sopracciglio, mentre la sua falce della morte le lanciava uno sguardo penetrante.
“…è che sinceramente, visceralmente, non riesco a spiegarmi perché fai tutto questo affidamento sul nuovo Kishin. Tutto avrebbe senso, se non fosse per il fatto che ti sei messa a proteggerla come una completa stupida. È questo che continua a farmi sospettare che sei posseduta.”
Soul aveva una faccia scurissima e Maka sollevò gli occhi al cielo, maledicendo la maledetta testaccia del suo ex-ragazzo per essersi andato a ficcare proprio nell’argomento più complicato.
“Oh che palle, Soul! È che sono stupida, ok? Divento stupida se si parla di Chrona. Prendila per buona.”
“Aspetta… che vuoi dire?”
Soul diventava sempre più livido, e Maka iniziò a imbarazzarsi così tanto da fomentare una certa stizza insieme al rossore sulle guance.
“E’ così e basta! Non è davvero il momento di parlarne, ok?”
“Ma perché non me lo vuoi dire? – Soul si alzò dalla sedia, alzando la voce – Non stai rendendo le cose più facili, Maka! È ovvio che sono preoccupato per te, quello è un Demone!”
“Il fatto che io sia un Demone ti causa qualche problema?”
Maka e Soul si girarono simultaneamente verso la porta della cucina e videro Chrona sulla soglia, pallidissima, emergere dalle ombre che avvolgevano il resto della casa. Avrebbero dovuto tenere la voce bassa. Chrona aveva una faccia che avrebbe convinto a correre a nascondersi persino Excalibur…
Soul digrignò i denti e Maka si passò il palmo della mano sugli occhi. Che situazione del cavolo.
“Sì, mi causa dei problemi. Cosa hai fatto a Maka?”
“Smettila Soul!” cercò di intervenire la meister.
“Sicuramente cose molto migliori di quelle che le avreste fatto voi della DWMA!”
“Ah, allora lo ammetti, eh!?”
“Tu sei il primo di quelli che non hanno capito niente!”
“Beh ti avverto! – il tono di voce di Soul si fece minaccioso, mentre con un gesto indicava le mura della residenza – Questa casa è circondata da agenti della DWMA! Non avete nessuno scampo, se ti viene la pessima idea di fare qualche brutto scherzo!”
Ci siamo messe insieme, Soul! Smettila di dire cazzate!”
Soul si voltò verso Maka a bocca aperta, mentre la ragazza lo fissava con la faccia più paonazza e incazzata che la falce della morte le avesse mai visto in volto. Chrona, sbigottita, arretrò leggermente fra le sue rassicuranti ombre oltre la soglia della cucina.
“…che?” biascicò il ragazzo, dopo una lunga pausa.
Maka si era davvero spazientita, avrebbe voluto affrontare il discorso in modo più delicato davanti ad una bella tazza di tè, ma… tanto valeva, ormai. Che imbarazzo, fra l’altro.
“Ci – siamo – messe – insieme.” Sillabò la ragazza, rossa come un pomodoro.
Soul continuò a fissarla con espressione beota e lei proseguì: “Hai ragione, da quando è iniziato questo caso mi sono comportata come una completa deficiente. Sono cotta come una quindicenne, ok? Non il massimo della professionalità, ma qui nessuno ha tentato di ipnotizzare nessun’altro o… che so io.”
“Cosa? Cioè, tu stai insieme a… Chrona? Quindi è davvero così? Sono stato scaricato per una…”
Problemi…?” si intromise una vocina resa terribilmente acuta dall’imbarazzo, giungendo dalle ombre oltre la porta della cucina.
Maka scosse la testa, esasperata. Soul la osservò mentre si immergeva nel buio oltre la porta, allungava la mano e recuperava il secondo Kishin, che si stava rintanando sempre di più verso gli invisibili meandri del soggiorno. Quando finalmente furono alla luce della lampada tutte e due, tenendosi per mano, il ragazzo poté osservare come Chrona stesse tremando, e quale vulnerabilità esprimessero i suoi occhi neri piantati al pavimento.
Soul sospirò, mettendosi le mani nei capelli.
“…e quindi, alla fine, è proprio vero.”
“Sì, Soul. Chrona è la mia ragazza, ora. Così stanno le cose. La verità…”
Maka lanciò al Demone uno sguardo dolce, dandole un po’ di conforto in quella situazione di disagio che lei faticava a sopportare molto più di qualunque altra persona che fosse cresciuta in mezzo a rapporti interpersonali sani.
“…la verità è che ho perso proprio la testa. E’ per questo che sono stata così male quando ho avuto il sospetto che la colpevole fosse lei, solo che l’ho capito un po’ in ritardo.”
Chrona divenne ancora più violacea di quello che era prima, mentre Soul cacciava un sospiro nervoso.
Mannaggia! “ borbottò fra i denti, contrariato, voltandosi dalla parte opposta.
Maka scoppiò in una risatina ironica e Chrona trattenne un sorriso divertito, ma il ragazzo sembrava aver acquistato un pessimo umore, mentre apriva l’imposta della finestra verso l’esterno tempestoso.
“C’è poco da ridere. – mugugnò, mentre faceva cenni agli agenti all’esterno - Alla fine me l’hai soffiata sul serio la ragazza, Chrona. Accidenti a te.”
Chrona era troppo imbarazzata per rispondere, ma Maka non poté evitare di notare un certo sorrisetto che le era spuntato sulle labbra.
“Fai pure entrare tutta la squadra. – tagliò corto la ragazza bionda – Tanto dobbiamo aspettare comunicazioni da Blair.”
“Sì sì, stiamo tutti dentro. Questa tempesta è davvero una spina nel fianco…”

 

Molto lontano dalla Sicilia, parecchie ore prima, il cielo dell’Arizona era aperto e pulito.
Il sole calava aranciato fra i tetti dando una strana tinta cangiante alla pelliccia nera di Blair, la gatta spiona, e riscaldando la città di Death City con le sue ultime energie prima del tramonto.
La micia stava ancora svolgendo il compito affidatole da Maka quella mattina, stravaccata sulle tegole tiepide del tetto di fronte al dormitorio degli studenti della DWMA.
Ancora non era successo nulla di interessante, la strega Cariddi e FJ avevano passato tutto il tempo a disegnare e a raccontarsi storielle, poi avevano fatto merenda con un pezzo di torta e poi avevano iniziato di nuovo a scrivere su fogli di carta con i pastelli.
Una vera barba.
Cariddi, oltre il vetro della sua finestra, stava dicendo qualcosa indicando la porta e FJ pareva dire di “sì” con la sua testolina bionda. Ecco, pensò Blair, forse era la volta buona che uscivano, si sarebbe potuta sgranchire le zampe! La strega si alzò e sparì momentaneamente dalla vista offerta dalla cornice della finestra, mentre la gatta si preparava all’inseguimento, sollevandosi e stiracchiando la schiena indolenzita. Eccoli che aprivano la porta ed uscivano. Finalmente!
Sbucarono presto fuori, sulla strada, e iniziarono a camminare lungo la via, mentre la gatta stava loro dietro atteggiando la più totale indifferenza: nessuno si sarebbe accorto di lei, i gatti fanno sempre quello che gli pare e piace senza dover rendere conto a nessuno. FJ aveva qualcosa fra le mani, che sembrava un grosso libro rilegato. La passeggiata proseguì fino a oltrepassare i confini del centro di Death City, protraendosi molto più lontano di quello che Blair poteva aspettarsi: dove diavolo stavano andando? Abbandonarono le vie attorniate da case, uscirono dal perimetro della città, si avventurarono sullo stradone desolato all’inizio del deserto, illuminato solo da qualche lampione. La gatta era allibita, era una pessima idea portarsi un bambino di tre anni dietro nel deserto, a quell’ora di sera, poi! Oltretutto, ora che erano usciti dalla città, lei doveva fare molta più attenzione nel non farsi scoprire, dato che non c’era più nulla che potesse nasconderla se non le ombre del crepuscolo. La strega e il bambino camminavano mano nella mano sulla strada, come se nulla fosse, tirando calci ai sassi che per caso gli capitavano fra i piedi. Maka aveva ragione, persino una micia come Blair poteva capire che quello che stava accadendo non era affatto normale, anzi, molto sospetto!
All’improvviso lasciarono la strada e si inoltrarono sul terreno sabbioso e polveroso, fuori dalla luce dei lampioni. Era buio, ormai. Blair li seguì.
Era piuttosto inquietante, l’immagine della strega col bambino che si inoltrava nel deserto notturno. Chissà cosa diavolo volevano fare.
C’era qualche cespuglio secco sulla via e la strana coppia raccolse rami e foglie, deponendoli in uno zainetto che Cariddi si era portata dietro. FJ la seguiva tutto contento, come se stessero andando a fare un picnic. Avanzavano e avanzavano, sempre più lontani dalla strada.
Era da un po’ di tempo che Blair aveva la strana sensazione di non essere del tutto sola, mentre inseguiva il duo, come se si sentisse osservata, ma non era stata in grado di capire come mai: il presentimento era nato da quando avevano lasciato le mura cittadine, non appena le case avevano lasciato aria agli spazi aperti del deserto. In effetti, la gatta era rimasta concentrata solo sui suoi obiettivi senza guardarsi troppo attorno, ma ormai quella fastidiosa sensazione aveva iniziato a darle decisamente sui nervi e decise di staccare per un secondo gli occhi dalla strega e dal bambino, in un momento in cui i due si erano fermati a raccogliere altri rametti.
Ah ecco, chi c’era: era Stein. Che ci faceva lì Stein? Forse li stava pedinando anche lui, dopotutto quello per mano alla strega era suo figlio. Il dottore, accovacciato al suolo poco lontano, volse lo sguardo verso la gatta non appena lei lo intercettò e sorrise di nuovo in modo vagamente sornione, poco prima di portarsi un dito sulle labbra per invitarla al silenzio.
Ma certo che sarebbe rimasta in silenzio, non era mica scema.
Tornò a guardare i suoi inseguiti e notò che si erano fermati: stavano ammonticchiando i rametti che avevano raccolto in una piccola catasta, aiutandosi con la luce pallida della Luna.
Poi Cariddi prese il libro che FJ portava in braccio, e lo appoggiò sulla pira improvvisata.

 

La casa in periferia di Messina ora era piena di gente.
Gli stivali sporchi di fango degli agenti della DWMA avevano insozzato tutto il pavimento e il tappetino del soggiorno, mentre fuori continuava ad infuriare la tempesta. Uomini e donne in divisa militare si ristoravano con una pentola piena di tè bollente – preparato all’occasione da Chrona -, scottandosi le dita perché i bicchieri di plastica sottile trasmettevano il calore troppo facilmente. I vetri delle finestre erano offuscati di condensa.
“Siamo venuti per ucciderti e tu ci fai il tè. Missione compiuta?” ironizzò Soul, soffiando sul liquido bollente. Chrona alzò le spalle, ammirando il macello che c’era sul pavimento.
Maka si era ritagliata un angolino sul divano, di fronte al televisore, perché oramai era inutile pensare di andare a dormire e tanto valeva aspettare che Blair comunicasse qualcosa.
Chissà quanto tempo avrebbero dovuto attendere, e chissà quanto tempo ci avrebbe messo Cariddi a reagire a quell’intrusione nel territorio di casa sua. La squadra di agenti era stata informata della realtà dei fatti e dei dettagli del piano escogitato da Maka Albarn e Chrona Gorgon, ed ora erano tutti in attesa.
“…mi era sembrato un po’ strano Kid, comunque, negli ultimi tempi.” Disse Soul, sorseggiando il tè.
“…io e Maka ci sorprendevamo di come nessuno di voi ci facesse troppo caso.” Rispose il Kishin, con voce atona.
Soul si corrucciò: “Lo facevamo, invece. Inizialmente, prima che tu apparissi di fronte alla scuola, eravamo convinti che fosse colpa tua. Non l’abbiamo detto a Maka perché consideravamo anche lei sotto la tua influenza, – il ragazzo sospirò – poi però abbiamo visto che la nostra idea non aveva senso. Semplicemente la faccenda è passata in secondo piano, e la priorità è subito diventata quella di salvare Maka.”
Chrona rimase in silenzio qualche secondo. La stanza era ripiena del chiacchiericcio dei soldati.
“…mi chiedo se il vostro errore sia stato guidato da quello che ho fatto in passato, oppure dal pregiudizio che io sia il Kishin, e che quindi in ogni caso io sia un nemico. Non vi biasimo, ma ci saremmo risparmiati un bel po’ di problemi.”
“Personalmente, – Soul buttò giù gli ultimi sorsi di tè tutti in una volta – ritenevo improbabile che Maka potesse fidarsi di te come una cretina senza una qualche forma di ipnosi. Evidentemente sbagliavo.”
Chrona sorrise, convinta fermamente che Maka fosse l’ultima persona al mondo a meritarsi l’appellativo “cretina”, ma che piuttosto qualcun altro potesse essere chiamato “sono-così-geloso-che-non-accetterò-mai-che-la-mia-ex-è-lesbica”.
“Piuttosto, – aggiunse Soul – una volta che avremo imprigionato Cariddi e questa storia sarà finita, Kid andrà fuori di testa a sapere che sei sana. Era convinto di essere l’unico Grande Dominatore della sua generazione, sono sicuro che gli farà piacere.”
Chrona sollevò le sopracciglia, sorpresa.
“Sai cosa sono i Grandi Dominatori?”
“Certo, ci mancherebbe. Sono la sua arma, lui e Excalibur mi hanno fatto una testa così con questa storia.”
“Ma… non pensi che vorrebbe imprigionarmi…?”
“…e perché, scusa? Sei innocente, no?”
“Sì ma…tutto il resto?”
“Pfff… andiamo, hai salvato il mondo, tre anni fa. Conterà pur qualcosa, no?”
Soul le fece l’occhiolino e si allontanò, borbottando fra sé e sé qualcosa riguardo allo salvare il mondo e alla conseguente attrattiva sulle ragazze, lasciando la figlia della strega da sola con il suo bicchiere di tè in mano, appoggiata sulla parete del soggiorno.
Chrona sospirò, con quelle parole nella mente. Sarebbe davvero stata accettata dal nuovo Shinigami? E da tutti gli altri? Le tornarono in mente alcune frasi che aveva letto nel libro di Eibon, ma erano cose complicate e lei al momento era troppo stanca e stressata per mettersi a pensare ai grandi sistemi; non era più isolata, nel nero, lontanissima da qualsiasi forma di vita e in uno stato di stasi spirituale, in quella solitudine assordante che era stata costretta a riempire con le parole del libro e i ricordi delle anime che aveva assorbito nella sua.
No, era sulla Terra, ora, nel regno dei vivi, doveva concentrarsi sui fatti.
Guardò verso Maka e la vide con la testa appoggiata fra le mani, tutta storta, assopita sul suo angolino di divano di fronte al televisore nonostante il chiasso della truppa. Chrona sorrise, intenerita: povera Maka, le avevano appena rubato una meritata notte di sonno, chissà se avrebbero avuto il tempo di recuperare prima che Blair chiamasse con qualche informazione incriminante.
Chissà se Cariddi era davvero la colpevole, poi. In fondo, l’opprimente forza negativa che Chrona aveva percepito fin dalla Luna non era così facilmente identificabile, e poteva trattarsi di una strega come di qualsiasi altra cosa.
All’improvviso la televisione si accese, con un gracchiante suono elettronico, svegliando di soprassalto Maka e generando un silenzio tombale nel soggiorno.
Il viso pallido di Blair apparve sullo schermo, segnato da urgenza e preoccupazione:
E’ terribile!” urlò la gatta.
Dovete venire subito! Cariddi ha rapito FJ!

Image and video hosting by TinyPic

Spazio Autrice

Buongiorno ragazzi e buon anno! Passate bene le vacanze?
Eccoci qui, con un pochino di ritardo. Oh già, lo ammetto: questa immagine non l'ho tratta dal manga nè l'ho disegnata io, ma l'ho spudoratamente presa dall'internet. Non so, in qualche mondo mi sembrava inerente... XD
Passiamo a qualche curiosità, e si parla di nuovo di musica: per facilitarmi la caratterizzazione dei personaggi tendo ad associarli a canzoni o gruppi musicali, giusto per capire un po' come suona la loro anima, e per i tre grandi protagonisti di questo capitolo abbiamo: Maka, la quattordicenne perfettina ma in fondo un po' ribelle che ascolta i Green Day (anche se non escludo un periodo di Avril Lavigne) e - ahinoi - i Vocaloid -lei stessa nell'anime ammette imbarazzata di ascoltare la "Pompoco" Dance, che somiglia moltissimo a una cosa che suona più o meno così, e sì, l'hanno rifatta anche i Vocaloid. Abbiamo poi Soul, quel ragazzo raffinato e amante dei Jazz che però si vergogna a darlo a vedere e che io associo (essendo incapace di tollerare il Jazz per più di venticinque secondi) a gente come Einaudi, Amy Winehouse, e magari a qualche gruppo rock datato, che però non ho voglia di stare a elencare perché me ne vengono in mente troppi XD. Passiamo ora al secondo Kishin - eh già, sapevatelo che la tenevo per ultima: oltre ai già citati Warmer, trovo che lei sia una dea del Goth Metal: praticamente sembra che ogni canzone scritta dai Within Temptation parli di lei (prendiamone una a caso, tipo questa) e anche gli Epica non scherzano, per esempio provate a rivedervi la scena di lei da bimba nel deserto con Blank Infinity come sottofondo, e poi ditemi l'effetto che fa XD. Tirerei in mezzo anche i Nightwish, ma solo il loro periodo d'oro con la vecchia Tarja, chi è un po' appassionato capirà di che parlo.
Ho scritto molto più del solito e quindi vi saluto, ovviamente ci rivedremo lunedì, con il prossimo capitolo!
Buon proseguimento!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Taking action. ***


Taking action. 

 

Alcune ore prima, nella notte del deserto del Nevada, Cariddi stava appoggiando il grosso libro rilegato sulla pira di bastoncini secchi.
Blair osservò la scena a occhi spalancati, nascosta nel suo cantuccio all’ombra di una duna.
Stein, all’improvviso, si alzò dal suo nascondiglio e iniziò a camminare. Entrò nel campo visivo della strega e del bambino, avvicinandosi con passo lento, e la Gorgone si irrigidì all’istante.
“Si può sapere perché porti mio figlio in gita nel deserto a quest’ora di notte?”
Chiese, con voce sardonica, il dottore. Cariddi prima di rispondergli gli lanciò un’occhiata velenosa, e con uno schiocco di dita accese una scintilla di fiamma nelle frasche del falò improvvisato. Ma era troppo tardi: il libro rilegato in pelle consunta era già fra le mani di Stein, il quale aveva scattato in avanti ancora prima che la strega iniziasse il movimento.
“E’ meglio se lo rigetta nel falò, dottor Stein, prima che la situazione possa degenerare.” Affermò gelida la giovane donna, con una sottile vena minatoria sottintesa all’apparente calma con cui aveva pronunciato quelle parole.
FJ si era appeso alla gonna della sua babysitter, confuso da quella strana situazione. Blair pensò che probabilmente suo padre lo spaventasse un po’, quando si metteva a fare sul serio – e non lo biasimava per niente…
“Perché vorresti distruggerlo? Un così bel libro… mi viene voglia di leggerlo.”
“Io non lo farei se fossi in lei, dottore.” La voce di Cariddi tremava, da quanto era cupa.
“Allora vorrà dire che lo leggeremo insieme, ma nelle segrete della DWMA. FJ, vieni qui, forza!”
Il bimbo esitò prima di muoversi, probabilmente per la confusione, e fu fermato dalla mano di Cariddi che lo prese per una spalla e lo tenne stretto vicino al suo corpo.
“Dottore, mi ridia il libro.” Sibilò la strega, minacciosa nella luce danzante del fuoco che la illuminava dal basso, allungando in avanti la mano libera.
“Lascia andare mio figlio.” Rispose Stein in un soffio, trasformando in un istante la sua faccia beffarda in una decisamente più minacciosa. Caspita, pensò Blair, ma cosa stava pensando di fare Cariddi…?
La strega evidentemente subì gli effetti di quello sguardo spaventoso, perché strinse le unghie sulla camicetta di FJ e lo strattonò ancora di più verso di sé, facendolo urlare. La sua faccia sembrava quella di un animale preso in trappola, spaventata e cattiva.
“Lascia andare mio figlio, strega.”
Non durò molto.
“Sa dottore. – disse lei, dopo qualche attimo di esitazione  – Si tenga il libro.”
Quello che accadde dopo fu assolutamente inaspettato per Blair: improvvisamente si ritrovò con le zampine staccate dal suolo, sollevata a mezz’aria. Solo dopo qualche istante si rese conto di essere stata sollevata da una corrente d’aria fortissima, sabbiosa, come un vento tempestoso nato dal nulla in meno di un istante. La sabbia roteava davanti al suo musetto insieme alle raffiche e si rese conto del fatto che in quella forma felina sarebbe stata spazzata via, così si trasmutò nel suo aspetto umano. Il peso del corpo di Blair aumentò e le permise di piantare i piedi a terra, ma si rese conto con spavento di fare molta fatica a stare in piedi anche così. Ma che diavolo stava accadendo?
Strizzò gli occhi in direzione di Cariddi e quello che vide la riempì di orrore: la strega aveva generato quel tornado sotto i suoi piedi, ed ora fluttuava sostenuta dal vento con FJ in braccio. Stein tentava di raggiungerla coprendosi gli occhi con un braccio, ma parevano tutti sforzi inutili.
“Se rivuoi tuo figlio indietro – esclamò la strega, sopra le urla del tornado - ... dovrai convincere la DWMA a scendere a patti con me! Non mi trascinerete mai nelle vostre prigioni!”
Poi la tromba d’aria di mosse, sollevando Cariddi e FJ ancora più in alto e scagliando lontano il dottor Franken Stein. La strega intendeva scappare.
Blair non ci pensò due volte, evocò la sua zucca magica volante e si lanciò all’inseguimento: Stein sarà pure stato il miglior maestro d’armi vivente, ma rimaneva un umano incapace di volare. La gatta dai poteri magici strinse le unghie nel suo ortaggio fluttuante e si spinse più vicino che poté ai due fuggitivi, cercando di raggiungere il bambino per poterlo riportare a casa sano e salvo. Non era facile. Il vento era fortissimo ed era necessario uno sforzo immenso solo per proseguire diritto, inoltre la sabbia si infilava negli occhi e nel naso rendendo difficile rendersi conto della propria posizione.
Cariddi si accorse subito di Blair e fece aumentare la velocità di rotazione dell’aria, schizzando verso l’alto e mettendo a dura prova le capacità di volo della micia, che persistente continuò a starle dietro.
“Stupida gatta!” urlò la strega, mentre FJ piangeva spaventato. Blair strinse i denti e preparò un colpo magico, ma con sgomento si rese conto che poteva colpire anche il bambino, facendogli del male. Allora cercò di aumentare la velocità, per poterlo afferrare con le sue mani e strapparlo dalle grinfie della strega.
Fu tutto inutile.
Dopo un tempo indefinito di sforzi e sabbia in bocca e negli occhi, una raffica più forte delle altre fece catapultare la zucca e Blair si sentì disarcionare e cadere, sospinta dal vento fortissimo, metri e metri all’indietro. Non fece in tempo a trasformarsi e ad atterrare sulle zampe che già la sua schiena picchiava contro qualcosa di duro, oggetto che la afferrò e fu poi catapultato all’indietro insieme a lei, incontrando il ruvido suolo del deserto.
Quando aprì gli occhi, si rese conto che il dottor Stein l’aveva presa al volo e aveva attutito la sua caduta: l’aveva seguita da terra ed era riuscito ad afferrarla e ammorbidire il colpo, per evitarle di rompersi il collo. Ora il dottore aveva gli occhiali in pezzi, era ricoperto di sabbia esattamente come lei e, evidentemente, anche a lui adesso faceva male tutto il corpo. La sua espressione vacua e mesta spezzò il cuore della gatta.
“Mi dispiace dottore… - bisbigliò, con quel poco di voce che riusciva ad emettere dal costato dolorante - …non sono riuscita a raggiungerli.”
“…non importa Blair, grazie comunque.” Disse lui, strizzando i freddi occhi verdastri. Si levò gli occhiali scheggiati e li ripulì nel camice insabbiato, con un gesto meccanico, e poi osservò l’orizzonte oscuro, dove la tromba d’aria era ben visibile sotto la luce delle stelle mentre si allontanava ad una velocità impossibile da pareggiare. Blair osservò prima quella vista desolante e poi Stein, che non riusciva a distoglierne lo sguardo.
Poi il dottore si riscosse e si rivolse a lei in tono perentorio:
“Tu sei stata mandata da Maka, non è così Blair?”
“…come…? Emh sì!”
“…è vero che si trova insieme al Kishin?”
“Sì dottore! Sono innocenti, sa?”
“Sì sì… ora ne sono sicuro. Devi chiamare tutte e due, ci serve il loro aiuto. Ora, va!”
Blair non se lo fece dire due volte: evocò nuovamente la sua zucca e volò via.

 

…questo è quanto. Dovete venire qui subito!
Maka scattò in piedi, pestando le piante a terra. Tutta la truppa che si era radunata nella piccola casa di Messina la imitò, Soul compreso. Ormai, nessuno avrebbe più potuto avere dubbi su come stavano realmente le cose.
“Arriveremo il prima possibile Blair. Aspettateci.”
Sì. A dopo.
La televisione si spense con un guizzo elettrostatico, mentre la maestra d’armi recuperava dalla sedia lo zaino con le sue cose e afferrava gli stivali in pelle nera, infilandoci i piedi dentro con decisione e stringendo le stringhe.
Una recluta le si avvicinò, rispettosa, e le chiese quale fosse il piano.
“Io, Chrona e Soul partiremo subito. In volo. Voi ci raggiungerete il più in fretta possibile.”
“In volo?”
“Sì, sì, in volo.”
Chrona era rimasta in piedi con le spalle al muro, e affermò: “Io posso anche smaterializzarmi all’occorrenza.”
“Preferirei che ci presentassimo insieme, ci sono stati fin troppi fraintendimenti fino ad adesso.”
“Come vuoi tu.” Chrona era pallidissima, in quell’atteggiamento di apatia simulata che Maka aveva imparato a riconoscere come scudo per la sua furia più nera.
Era ora di agire.
Era un sollievo, in un certo senso, e anche se la cosa suonava molto brutta da pensare Maka si sentiva molto felice riguardo al risvolto che aveva preso la faccenda: finalmente avrebbero chiuso la storia del Demone – anzi, della Strega – una volta per tutte. Spalancò la porta di casa e fu investita da un’ondata violenta di pioggia e vento, sospinta dalla tempesta che infuriava sul mare.
Senza nemmeno un’esitazione, uscì all’esterno.
Il cielo era nero, il mare sembrava animato da tanti tentacoli di onde: era come se il tempo atmosferico avesse deciso di impedire a tutti i costi un volo sopra alla costa.
Soul e Chrona raggiunsero Maka, lasciando il resto della truppa a organizzarsi all’interno. Soul strizzò gli occhi contro le gocce d’acqua e ringhiò, nervoso: quel viaggio non sarebbe stato per niente facile.
“Scommetto quello che volete che questa è la magia di Cariddi.” Urlò Chrona contro al vento, spalancando le sue immense ali nere. Maka afferrò il braccio di Soul ed egli istantaneamente si trasformò nella familiare forma della falce, ritirando la lama metallica per fare spazio alle ali che gli avrebbero permesso la traversata.
La maestra d’armi percepì una certa riluttanza nel suo compagno mentre vi saliva a cavalcioni, e certo non poteva degli torto: avrebbero volato in un inferno d’acqua e fulmini. Non avevano scelta, dopotutto. Dovevano muoversi più velocemente possibile.
“Sicuri di farcela?” chiese il secondo Kishin mentre tutti e tre spiccavano il volo, subito scagliati da un lato dalla forza della tempesta. Maka strinse i denti e tentò di direzionare la sua falce verso l’alto, in modo da sfuggire alle onde insidiose, ma prima di potersene accorgere si sentì abbattere da una raffica più forte delle altre e perse il controllo. Subito dopo, l’unica cosa di cui ebbe coscienza fu l’acqua gelida che premeva contro al suo corpo e il suo sapore salato nella bocca.
Le sue dita continuarono a stringere il duro metallo della falce mentre annaspava alla ricerca disperata della superficie, per poi sentirsi afferrare sul colletto da una presa d’acciaio.
Riemerse dalle acque con la sua arma ancora stretta in mano, sollevata di peso dalla presa di Chrona che l’aveva acchiappata subito dopo il naufragio; ora stava sollevandosi con forti battiti d’ala, tenendo penzoloni arma e maestra d’armi.
“Non ce la faremo mai così!” sbottò Soul, contrariato.
“Non abbiamo scelta! – rispose Maka – Cariddi deve aver capito che vogliamo scappare, la tempesta non finirà mai se è causata dalla sua magia! Non possiamo mica aspettare che passi!”
“Maka ha ragione!” confermò Chrona, sbattendo le ali sempre più forte nel tentativo di vincere la corrente, che nonostante tutto continuava a respingerla in basso verso il pelo dell’acqua, facendo inzuppare i piedi della maestra di falce.
“Che pensate di fare allora?” chiese Soul, esasperato.
“Dobbiamo superare la zona d’influenza della strega!” rispose il secondo Kishin, sforzandosi di mantenere Maka sopra alla superficie del mare a colpi d’ala.
Una parola: il cielo congestionato di nubi e l’acqua si confondevano, rendendo invisibile l’orizzonte, e il vento sembrava diventare sempre più aggressivo.
“Il vostro majogari funziona contro la magia delle streghe?” chiese di nuovo Chrona, strillando per farsi sentire sopra al frastuono della tormenta.
“Vorresti farmi tagliare questa tempesta come un panetto di burro? - chiese Soul, sarcastico – Possiamo provarci! Ma abbiamo difficoltà persino a volare dritti, non riusciremo mai a sferrare un vero colpo!”
“Lo farò io allora!” rispose il Kishin, e senza preavviso lanciò Maka verso l’alto, dandole appena il tempo di rimontare a cavalcioni di Soul per ricominciare la lotta contro al vento.
“…che?” chiese Maka, sorpresa e perplessa.
In tutta risposta, i suoi occhi annebbiati dalla pioggia videro Chrona materializzare la spada Ragnarok, quella lama nera e inquietante, stretta nella mano destra. Poi anche la sinistra raggiunse l’elsa, e Maka capì che la sua compagna pensava di far partire un colpo parecchio potente.
“State molto attenti! – strillò il demone della follia – Dovete seguire la corrente d’aria che si verrà a creare! Fate in fretta e attenti a non finirci in mezzo!”
“Ma che cos…”
Maka non fece in tempo a comprendere bene la situazione, che il colpo era già partito.
Chrona aveva flesso le braccia all’indietro e poi, in un millesimo di secondo, aveva scagliato un fendente verso il cielo.
Il paesaggio divenne surreale. Nella coltre fitta di nubi che copriva le loro teste come un soffitto si era aperto uno squarcio, al di là del quale un cielo viola, purissimo, veniva illuminato dall’alba. La pioggia momentaneamente si fermò sotto a quella finestra, che sembrava un enorme occhio celeste.
Durò poco però, perché subito seguì il risucchio.
Un vento impetuoso attirò Maka verso il taglio nelle nubi, come se l’aria che era stata fatta in due dal fendente della spada demoniaca stesse prepotentemente recuperando il vuoto che si era venuto a creare nella fenditura. Sì, doveva essere così.
La ragazza si lanciò in direzione dello squarcio che già stava per chiudersi, accelerando a velocità impensabili grazie alla scia del fendente. Chrona volava al suo fianco.
Raggiunsero una discreta altitudine prima che la tempesta prendesse di nuovo il sopravvento, scagliandoli per la seconda volta tutti da un lato.
“Chrona! - urlò la meister – Fallo di nuovo!”
“Eccomi!”
Un secondo occhio si aprì nel cielo accanto al primo, che era già quasi chiuso, e l’ascensore verso l’alto trascinò i fuggitivi sempre più vicino alle stelle. Ne fu necessario un terzo, spalancato in mezzo agli altri due già sbarrati, per superare quella polla di magia infernale.
Maka si accorse subito della differenza, non appena con Soul non superò lo strato di nuvole basse: ci fu un cambiamento nell’atmosfera, nelle percezioni energetiche che la circondavano, e si ritrovò immersa nella pace.
Il lento battito delle ali della sua compagna era l’unico suono distinto che raggiungeva le sue orecchie, sollevando virgole di vapore dal tappeto di nubi che si stendeva sotto la sua figura oscura. Il fracasso della tempesta giungeva ovattato, da lassù, quasi come se si fosse trattato solo un brutto sogno. Il sole nascente occhieggiava dall’orizzonte spumoso, scaldando di luce dorata i nembi e il cielo ad est.
“Dobbiamo muoverci.” Disse Chrona, accostandosi a Maka con un paio di colpi d’ala.
“Hai fatto in due una tormenta. – commentò Soul, fuoriuscendo dall’estasi che generava quel paesaggio onirico – Lo hai fatto sul serio. Ma certo, dimenticavo che sei Chrona Gorgon. Ricordami di non litigare mai più con te.”
Chrona si morse le labbra, imbarazzata, e mentre Maka già aveva trovato una battuta per farla uscire dall’impaccio dell’ironia di Soul, il Kishin affermò, con una certa secchezza: “Ringrazia mamma Medusa. Chrona Gorgon non è certo quella che voleva diventare un Demone.”
Detto questo si voltò e si lanciò dove il cielo era più nero, a ovest.
Maka tirò un pugno sull’impugnatura della sua falce e poi la seguì, senza dire una parola.

 

Mario Viverna appoggiò il libro rilegato in cuoio sulla scrivania e lo aprì.
Stein gli si fece accanto, scuro in volto, cercando di decifrare quelle pagine scritte in italiano.
“No… - mormorò lo stregone, sfogliando le pagine - …allora è vero.”
Si trovavano nella camera di Cariddi, nel dormitorio degli studenti della DWMA, e stavano indagando insieme a Sid per trovare qualche informazione in più.
“Di che si tratta, Viverna?” chiese Stein, nervoso, mentre disegni geometrici e annotazioni si riflettevano nei suoi occhiali rotti.
“Questo libro, di cui Cariddi si voleva così tanto liberare… - iniziò Viverna - …è parecchio compromettente. Definitivo, direi. Tutte le scritte che vedi sono studi sul potere dei catalizzatori magici. Le cinque pietre, nella fattispecie.”
Stein si fece ancora più scuro in volto. Sid, che stava rovistando in un cassetto, si fermò anche lui ad ascoltare.
“C’è persino un progetto.” Proseguì Viverna, soffermandosi verso il centro del tomo.
“…un progetto?” chiese il dottore.
“Sì. Un gioiello. Unendo le cinque pietre in un bracciale e massimizzando i loro poteri. C’è scritto un metodo per sigillare anime rubate a questo manufatto, per fare in modo di sfruttare il loro potenziale a proprio piacimento.”
Stein si levò gli occhiali. Sid chiese, cupo: “ …e quindi Cariddi mirava a questo? Cercava di creare questo aggeggio per rubare anime e usarle per i suoi comodi?”
“Non mi sorprenderebbe che stia mirando all’anima di Kid.” Bisbigliò il dottor Stein, tormentando gli occhiali con le mani.
Viverna e Sid ammutolirono, ma poi convennero che la cosa era molto probabile.
“Il Sommo Shinigami è molto strano da quando è stato accoltellato a Milano. – asserì Viverna – Cariddi deve avergli somministrato qualche veleno, forse una preparazione per sottrarre la sua anima. Chissà come aveva intenzione di fare.”
Stein si rimise gli occhiali, risoluto.
“Non l’ho ancora informato delle azioni di Cariddi Gorgon, non so come reagirebbe nelle sue attuali condizioni. Dobbiamo organizzare un piano, metterla in prigione, riprenderci le pietre magiche…”
“…e FJ.” Concluse Sid, con tono incoraggiante. Stein gli lanciò un’occhiata buia, ma con un lampo di riconoscenza.
“Sì, ovvio.”
Viverna richiuse il libro con gli studi della Gorgone e se lo pose sottobraccio, per portarlo nei depositi dell’intelligence della DWMA.
“Dovremmo perquisire anche la sua residenza nel regno delle streghe, per sicurezza. – disse lo stregone – Io vado a portare questo al sicuro, e poi, se vogliate scusarmi, devo spiegare la situazione alle mie due protette.”
“Sì.”
Viverna si dileguò, lasciando Sid e Stein soli nella camera del dormitorio. Sid richiuse tutti i cassetti e si avvicinò al dottore, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Beh – iniziò – dovremmo andare anche noi, ora. Excalibur ha già convocato un consiglio di guerra, dobbiamo decidere come affrontare la situazione. Così dopo potrete farvi una doccia, dottore, siete ancora ricoperto di sabbia.”
Stein gli lanciò un’occhiata obliqua, e rimpianse il giorno in cui aveva deciso di smettere di fumare. Dio, aveva proprio voglia di una sigaretta.
“Me la farò ora la doccia, Sid, il consiglio attenderà. Ci sono due ritardatarie che vorrei davvero coinvolgere per salvare mio figlio e la scuola.”
“No.” Gli occhi vuoti e biancastri del professore zombie si allargarono di stupore, e poi scoppiò a ridere.
“Ahahah! Ma dove andremo a finire? Proprio loro? Chissà che penserebbe il buon vecchio Sommo Shinigami…senza dubbio si sarebbe divertito come un matto.”

Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buongiorno ragazzi e buon lunedì!
Parrebbe proprio che siamo arrivati al climax, no...? Guardate che bella foto che ho trovato. Si vedono persino le impronte digitali di Ohkubo che si diverte a pasticciare con l'inchiostro sulle sue vignette XD
E' la cosa più simile che ho trovato a quello che combina Chrona con il cielo in tempesta sul mare. Non so perché, ma spesso mi capita di vedere nella mia mente le scene come se fossero quadri, posizioni quasi statiche (anche il volo sopra le nubi) dove la luce e il paesaggio avvolgono i protagonisti immergendoli completamente nella loro atmosfera. Non so, sarà una deviazione dovuta al mio amore per il mondo del cinema o dell'arte figurativa.
Okay, ammetto che oggi non avevo molte idee su cosa dire, sarà che è appena iniziata la sessione invernale degli esami e sta ricominciando la crisi stagionale...
Buona settimana a tutti e al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Case closed… ***


Case closed… 

 

Kid guardava fuori dalla finestra con sguardo spento.
C’era Marie Mjolnir con lui, nella stanza, se ne stava seduta su un’ampia poltrona dall’altra parte della scrivania a leggere dei fogli; per qualche motivo, da un paio di giorni quella donna dall’onda dell’anima rassicurante non lo lasciava solo nemmeno per un momento.
I suoi pensieri erano confusi, agitati, e percepiva attorno a sé un continuo stato di disagio: era come se un fantasma oscuro, un nero spettro di terrore, lo stesse braccando da ogni angolo buio.
Si trattava del colpevole che stava cercando, del Kishin, del ladro che voleva portargli via il suo ordine e poi farlo a pezzi…
Si rendeva conto che c’era qualcosa che non andava, ma era comunque troppo intontito per identificarlo con chiarezza.
Marie sembrava parecchio preoccupata, mentre leggeva e rileggeva quelle fotocopie che aveva in mano, nonostante ogni volta che si sollevava per guardare il giovane shinigami stiracchiasse un sorriso stanco sul volto.
Kid era confuso, faticava persino a mettere insieme i ricordi dei giorni precedenti. Una cosa ricordava bene: Chrona Gorgon, con la sua spada in pugno, che minacciava di cacciarlo dal suo posto se non se ne fosse rivelato degno. Ecco, sì… era lei che stava cercando, era lei che doveva stanare! Era colpevole, era tutta colpa sua!
Il cielo mattiniero, fuori dalla finestra, appariva biancastro e afoso. La città era avvolta da una luce malaticcia. Due puntini neri, grandi come moscerini, apparvero all’orizzonte.
“Marie!” chiamò Kid, agitandosi.
La donna si alzò e lo raggiunse, puntando gli occhi nella direzione che gli indicava il dito del ragazzo; il suo volto si illuminò all’improvviso.
“Chi sono!?”
“Sono i rinforzi, Kid.”
“…i rinforzi? Ci aiuteranno a catturare il Kishin!?”
“Sì, Kid, sì. Stai tranquillo.”

 

 

Qualcuno bussò alla porticina della camera d’ospedale e Tsubaki si alzò in fretta per vedere chi era.
Quando aprì la soglia le si presentarono agli occhi Chrona, Soul e Maka, tutti scapigliati, seri e decisamente provati nel fisico e nella mente. Tsubaki si meravigliò e portò le mani alla bocca.
“Ehi si può sapere chi c’è!?” chiese Black*Star irritato, bloccato com’era nel suo lettino.
Chrona avanzò dentro la stanza, seguita dagli altri a breve distanza, e si piazzò di fronte al ninja in degenza, col braccio destro ingessato dalla spalla fino alle dita della mano, e una serie di tubicini che si infilavano invadenti sotto le bendature.
“Scusami per averti tagliato via un braccio, Black*Star.” Disse il Kishin, facendo uno sforzo immenso per guardarlo in faccia e tormentandosi le dita delle mani, giunte, in grembo.
“Tu!?”
Black*Star scoppiò a ridere, e questo sembrò stemperare un po’ l’atmosfera di quella camera vuota, asettica e azzurrina, mentre Tsubaki silenziosamente tirava un sospiro di sollievo.
“Ahahah se non ti avessi di fronte non ti riconoscerei più! Da quando hai tutta questa faccia tosta!? Ahahah! – Chrona deglutì in silenzio mentre l’altro si spanciava dalle risa – Mi piaci di più così! Brava! Però…!”
Black*Star smise di ridere all’improvviso, e si fece serio: “…ho intenzione di fartela pagare la prossima volta che ci scontriamo. Nessuno può permettersi di tagliare arti alla mia immensa persona così, impunemente.”
Soul gli fece un gesto piuttosto eloquente insieme a Tsubaki – insomma, non era il caso di mettersi a parlare in quel modo aggressivo proprio in quel momento, e poi l’interlocutore era…
“Accetterò la tua sfida quando vuoi, Black*Star.” Rispose Chrona, serissima.
“Ottimo! – sul volto del ninja ferito tornò il sorriso – Ne riparliamo dopo che avrete fatto a pezzi quella strega schifosa di Cariddi! Il dottor Stein e Marie ci hanno spiegato tutto, eh!”
“Piuttosto… - aggiunse Tsubaki, discretamente - …perché siete ancora qui? Alla DWMA vi attendono tutti! Non dovevate nemmeno passare!”
Soul fece spallucce.
“Non c’è niente da fare.” commentò Black*Star con espressione sorniona, mentre i tre uscivano dalla stanza e si avviavano verso la scuola. Tsubaki si sedette accanto a lui.
“Chrona fa tanto la dura e la cattiva, ma dentro ha il cuore tenero come un coniglio. Poteva benissimo scusarsi con me più tardi, nella mia immensa bontà l’avrei accettato comunque!”
Tsubaki sorrise.

 

Entriamo nella stanza della Morte, decisi. Siamo stanchi, distrutti dal viaggio, ma non abbiamo tempo di lamentarci. Chrona aveva insistito un sacco per passare a trovare Black*Star, e quindi abbiamo dovuto fare una piccola deviazione, ma finalmente ci siamo. Sono la prima ad uscire dal corridoio di ghigliottine, mentre Chrona e Soul seguono vicini il mio passo. Dentro ci sono Stein, Excalibur, il professor Sid, Nigus, Mario Viverna e qualche studente dell’ultimo anno.
Tutti si voltano verso di noi al nostro ingresso.
“Oh, bene.” commenta il dottor Stein, solo, mentre gli altri restano in silenzio, ammutoliti.
Kid non c’è, quindi immagino che le sue condizioni di follia siano peggiorate e tenerlo con noi sarebbe solo un intralcio. Subito ci avviciniamo al tavolo che è stato posizionato in mezzo alla pedana per partecipare alla riunione operativa.
Mentre parliamo, fatico a tenere la mia mente concentrata su quello che sta accadendo attorno a me. E’ strano, perché finalmente tutto questo sta per finire: il mistero che mi tormenta da settimane, la minaccia più pericolosa che la DWMA abbia mai affrontato da quando Ashura è stato digerito, finalmente riusciremo a risolverla. Non ho nessun dubbio che l’operazione verrà portata a termine con pulizia e velocità: Chrona è con noi.
La guardo di sbieco mentre ascolta il piano che ha escogitato Stein, seria, appoggiandosi al tavolo con le mani.
Certo che Cariddi dovrei anche ringraziarla, è merito suo se lei è tornata da me.
Ah, no… devo concentrarmi, Stein mi sta parlando.

 

“…toccherà a te rintracciare la strega, Maka. Quando avremo la sua posizione precisa, agiremo.”
Intervenne a quel punto Mario Viverna, come sempre avvolto dal suo mantello nero che lo copriva fino agli stivali: “Siamo sicuri che Cariddi non si trovi nella sua casa nel reame delle streghe perché sono appena tornato da lì. Come vi ho detto prima, è assente. E nascoste vicino al suo cerchio magico ho trovato queste.”
Lo stregone frugò sotto alla veste ed estrasse un sacchettino di seta verdastra, davanti alle facce stupite di tutti i presenti: lo aprì e lo rovesciò sul tavolo.
Tre piccole pietruzze dal colore indefinito, opache, rotolarono fuori. Come toccarono il legno del tavolo dal loro interno parve riflettersi una luce lieve, nonostante la poca lucentezza della loro superficie. Era assolutamente superfluo che Viverna precisasse di che cosa si trattava, mentre tutta la compagnia attorno al tavolo tratteneva il respiro in preda allo sbalordimento.
“…ho atteso a darvi la notizia fino a quando fossimo stati tutti presenti. Direi che non ci resta altro da fare che metterci in azione.”
Stein si levò gli occhiali, li ripulì nel camice e li inforcò nuovamente sul naso, annuendo.
“Senza nessuna esitazione, dunque. Viverna, queste le tenga lei finché sta qui. Il Sommo Shinigami non è ancora in condizioni di sorvegliarle, e noi con ogni fortuna avremo finito fra qualche ora.”
Lo stregone annuì e le rimise nel sacchettino, una dopo l’altra. Chrona lo osservava intensamente, concentrandosi sulle prove della colpevolezza di sua cugina Cariddi, e lui parve reprimere un brivido di inquietudine.
“Maka, al lavoro.” Ordinò Stein.
“Sì.” Disse la ragazza, girandosi per raggiungere il tetto della scuola più in fretta possibile, dove avrebbe potuto rintracciare l’anima della strega con più efficienza.

 

Percepisco l’anima di Cariddi parecchi kilometri a nord,  nel cuore del deserto, nascosta in una gola fra le alture rocciose della Death Valley. Non è molto lontana, e monto sulla jeep insieme al professor Sid, a Nigus e a Soul. Chrona si lancia dal tetto della scuola con un balzo, spalancando le sue ali nere che paiono quasi aquiloni sfilacciati dal vento.
Il piano è questo: il secondo Kishin aggredirà Cariddi direttamente, attaccandola di petto e cercando di coinvolgerla in uno scontro che la tenga completamente occupata, mentre io, il dottor Stein e gli altri avanzeremo senza farci notare per liberare FJ.
La mia mente è vuota mentre le ruote della jeep sollevano un nuvolone di polvere correndo sul deserto, riempiendoci di sabbia mentre ci sporgiamo dai finestrini abbassati. Sentiamo le ali di Chrona ferire l’aria sopra le nostre teste, percuotendola con tutta la rabbia che cova nel cuore.
Ci siamo.
Tutti ci accorgiamo subito del momento in cui Cariddi e la mia ragazza si scontrano, oltre un corno di roccia che pare quasi un artiglio che emerge dalla terra: una incredibile tromba d’aria si solleva all’improvviso, accompagnata da rintocchi come di campana nell’aria vuota del deserto.
Saltiamo giù dall’automezzo che ancora sgomma e ci lanciamo, correndo in perfetto silenzio, verso uno stretto sentiero che si inoltra verso il luogo del campo di battaglia. Afferro la mano di Soul e lui si trasforma immediatamente in falce, pronto per reagire ad ogni rovescio della sorte.
Pareti di roccia ci circondano e ci sentiamo quasi divorati da una immensa bocca di pietra, fino a che sbocchiamo nel piccolo incavo del canyon, spazzato dal vento.
Evito di guardare tutti quei tornadi e quei vortici, soffocati di viticci spinosi di sangue nero, per concentrarmi meglio mentre attivo le mie percezioni alla ricerca del piccolo FJ.
Le correnti fortissime mi sciolgono quasi i lacci ai capelli mentre guido tutti oltre ad una sporgenza rocciosa, sotto la quale il bambino si sta nascondendo coprendosi la testa con le mani: ha molta paura, ma sta bene. Salta subito in braccio a suo padre, che lo solleva e se lo appende al collo, scuotendogli i capelli con la mano per rassicurarlo.
E questo è andato bene, per fortuna.
Il walkie talkie di Sid ci annuncia che sono arrivate anche le truppe di supporto, così con un cenno reciproco decidiamo di prendere parte allo scontro per aiutare Chrona a sottomettere Cariddi, ma… con una sola occhiata capiamo che forse non è il caso di intromettersi in questa battaglia.
Il Demone e la strega stanno sollevati nel centro della gola, girandosi attorno più velocemente del vento dei vortici d’aria, l’una che tenta di schiantare le ali dell’altra, adoperandosi nello sfuggire alle insidie delle spine che si avvolgono attorno ai loro corpi insieme alla sabbia e ai sassi.
Cariddi non ha speranze: basterà un piccolo tocco, una ferita di quelle spine velenose, per mandare la sua anima in confusione totale. Ho sperimentato sulla mia stessa pelle la follia che Chrona è in grado di iniettare nel sangue con un solo contatto, tre anni fa, e posso solo immaginare di quanto possa essere peggiorato quell’effetto da quando è diventata un vero Demone.
Le grida di Cariddi risuonano col frastuono delle correnti, echeggiando per la gola:
“Lasciatemi in pace! Lasciatemi! Non capite! Non capite…”

 

Cariddi Gorgon fu schiantata al suolo dall’ultimo colpo ricevuto da quella tormenta di rovi neri, colta neppure così tanto alla sprovvista proprio da davanti. I venti si placarono all’istante, contemporaneamente all’impatto della sua schiena al suolo polveroso. Aveva completamente perso il controllo della sua posizione e dei suoi vortici, la sua mente era impazzita. Gemette e provò a rialzarsi, ma si ritrovò il corpo pesante come il piombo di Chrona Gorgon a incombere su di lei.
“Da quando hai iniziato a combattere coi vettori come tua madre… eh, mocciosa?” mugugnò, sputando fra i denti.
“Buon sangue non mente. – rispose l’altra, con un filo di voce – Maledette streghe. Quando penso a noi Gorgoni mi viene da vomitare. Per fortuna che ora stiamo per cancellare dal mondo anche l’ultima.”
Il volto di Chrona era pallido come la morte e i suoi occhi riflettevano le fiamme dell’inferno, come un fantasma, tanto che pareva di avere di fronte l’incarnazione di un destino di disperazione eterna molto più terribile della semplice morte corporale. La strega singhiozzò di paura, con la testa che le girava a velocità insostenibile e un inesorabile sentimento di impotenza che le cresceva pesante nel petto, facendole gorgogliare lacrime salate dagli occhi. Un piccolo taglio le sanguinava sulla spalla, infetto della follia del Demone.
Le truppe della DWMA furono addosso a lei in un attimo, la legarono e la ammanettarono come un salame appeso al negozio del macellaio.
Sono stata incastrata! – gridò, piangendo – Lasciatemi in pace! Io non ho fatto niente…

 

Maka stava seduta su una panca di legno, con le mani incrociate fra le ginocchia, in uno dei corridoi sotterranei della DWMA. A pochi metri da lei stava la porta metallica dove Sid e i membri dell’intelligence avevano trascinato Cariddi per l’interrogatorio.
Si sentiva leggera, ma completamente distrutta, svuotata.
Stein aveva accompagnato FJ a casa, dove presto li avrebbe raggiunti anche Marie. Le sorelle Thompson erano venute a prendere Kid per portare anche lui nella sua grande magione per la sera.
Loro tre, invece, erano ancora operativi: Soul si era appisolato appoggiandosi ad uno dei muri di pietra, accovacciato per terra, il suo russare sommesso pareva un allettante invito a farsi contagiare dal sonno. Maka non intendeva dormire, però, la giornata non era ancora finita: voleva a tutti i costi capire quali dannazione fossero le motivazioni di Cariddi, perché diavolo avesse montato quel piano assurdo per conquistare il potere.
Appoggiò una mano su quelle di Chrona, seduta al suo fianco, e le sentì gelide. Sembrava devastata anche lei, Maka glielo leggeva dentro: quelle quarantotto ore non erano state per nulla facili, persino per chi ormai ha abbandonato lo stato umano per elevarsi a quello divino.
Lo sguardo vuoto della figlia della strega si perdeva nelle piastrelle del pavimento, e sospirò al contatto delle sue mani con quelle di Maka.
“Perché non ti riposi un po’ anche tu? – le propose in un soffio – Sei pallida, Maka.”
La meister le sorrise: “Non riuscirei comunque a dormire, temo. Voglio vederla dietro le sbarre, prima di rilassarmi.”
Chrona annuì, e Maka si chiese se non fosse il caso che un pisolino se lo facesse anche la sua compagna.
“Mi sembri stanchissima, Chrona, più di me. Non potrei mai lasciarti qui da sola a stare sveglia.”
“Grazie. – il secondo Kishin sorrise – Mi sento a pezzi, in effetti. È stato un sollievo sconfiggere mia cugina, ma ora è come se tutte le mie energie si fossero esaurite. Combattere contro di lei mi ha riportato indietro a quando ancora era intrappolata dalla volontà di mia madre, sai…? Hanno un’anima molto simile. C’è una sola differenza, però, piuttosto significativa…”
Chrona lanciò un’occhiata alla porta dove era stata rinchiusa Cariddi, e Maka la seguì con lo sguardo, sinceramente incuriosita.
“…Medusa era quasi invincibile per via della sua volontà incrollabile. Cariddi, invece… più che per la volontà di conquistare il potere, mi è sembrata combattere per disperazione.”
“Che intendi dire?”
“…che aveva paura. Combatteva spinta dalla paura. Non so perché. Forse sono stata io a spaventarla così; dopotutto, col piano che aveva congegnato, pareva abbastanza sicura di se stessa.”
Maka, Chrona e Soul avevano appreso poche ore prima le scoperte fatte grazie al libro sottratto alla Gorgone, che Franken Stein aveva trovato nel suo appartamento grazie all’aiuto del piccolo FJ, precocemente intelligente proprio come suo padre. Mario Viverna aveva spiegato loro come la strega intendesse fabbricare un bracciale magico col potere di incanalare il potere delle anime secondo la propria volontà, e come con ogni probabilità Kid era la vittima prescelta. La strega aveva rubato le pietre nascondendo la propria identità, si era intrufolata nella scuola, aveva fatto cadere tutti i sospetti su Chrona e, se le sue macchinazioni si fossero attuate, con l’anima del Sommo Shinigami in mano avrebbe potuto dominare il mondo. Avrebbe anche potuto prendersi la sua vendetta personale con Maka, dopo esserci avvicinata a lei fin a quel punto.
Effettivamente era un piano perfetto, pensò la meister. Un piano che per un pelo non era divenuto realtà.
Ma cos’aveva impedito alla strega di portare a compimento questo progetto? La paura. La paura che alla DWMA scoprissero il suo doppiogioco, e il conseguente passo falso che aveva fatto con lei e la sua compagna di fuga, smascherandosi.
“Hai ragione, Chrona, la paura dev’essere un gran punto debole di Cariddi.”
“Già. Ma, in ogni caso, mi sembra una cosa strana.”
Un rumore improvviso interruppe i loro discorsi e destò Soul, il quale si svegliò all’istante con un grugnito decisamente poco chic: la porta di metallo si era aperta e ne erano usciti ben quattro aguzzini, al centro dei quali Cariddi Gorgon avanzava a testa bassa, incatenata dalla testa ai piedi. Maka si rese conto che la strega stava ancora singhiozzando.
Il trio osservò in silenzio la piccola processione allontanarsi fino al fondo del corridoio buio, in direzione delle prigioni; poi anche Sid emerse dalla porta di metallo, e Maka si alzò in piedi.
“Cosa ha confessato?” chiese, avida di informazioni.
“Eh. – Sid si grattò la testa – Nulla in realtà. Continua a ripetere di essere stata incastrata, e di essere innocente, ossessivamente. Eh, Chrona, l’hai proprio mandata fuori di testa!”
Il secondo Kishin fece spallucce, poco convinta.
“Oh, ma avrà tutto il tempo che vuole per schiarirsi le idee, in gattabuia. – proseguì Sid – Ora ragazzi, fatemi un favore: andatevene a casa. Non mi dispiacerebbe avere dei compagni di sventura, ma non lo auguro lo stesso a nessuno…se non vi riposate fra un po’ vi trasformerete in tre zombie come me!”

 

Aprire il chiavistello di casa aveva uno strano sapore.
Maka si gustò quell’attimo, mentre girava le chiavi sotto al pomello, schiudeva lentamente la porta e veniva invasa dalla penombra profumata di quotidianità del suo appartamento. Blair non c’era, ma aveva lasciato sul tavolo un vassoio di biscotti e un bigliettino di bentornato.
La ragazza si voltò verso Chrona e la invitò a entrare con un braccio.
“Eccoci qui. Ovviamente, puoi stare da me finché vuoi.”
La figlia della strega sorrise.
“Maka, grazie. È meraviglioso. Ti amo.”
La stanchezza era tale da aver distrutto ogni freno inibitore e Maka si lanciò fra le braccia della sua compagna, trascinandola all’interno e inciampando sui suoi stessi piedi. Era stanca, stanca, ma felice: quella storia orribile era finita e ora stava per cominciare qualcosa di così bello che faceva persino fatica ad immaginarselo.
Chrona le baciò gli occhi e le labbra e lei si mise a ridacchiare come una scema, incespicando per chiudere la porta, e poi decise di dirigersi verso il divano, dato che c’erano i biscotti di Blair sul tavolino e sarebbe stato carino mangiarsene un paio. Quello che non calcolò fu che camminare all’indietro abbracciata a qualcuno con ventiquattro ore di sonno sulle spalle non è così semplice, soprattutto se anche chi ti sta abbracciando è esaurito al punto di inciamparti addosso e farti cadere all’indietro con la schiena sul divano. L’improvviso brivido di adrenalina le fece scoppiare a ridere tutte e due, e dopo essersi messe più comode decisero di rimanersene lì sdraiate, una sopra l’altra.
Maka si strinse al petto la testa di Chrona, le appoggiò le labbra sui capelli.
“Da oggi questa è anche casa tua. E ci sarò io a prendermi cura di te.”
“Sei la mia vita Maka. Farò del mio meglio. Laverò i piatti.”
“Faremo i turni.”
“Li asciugo, anche…”
Maka le accarezzò la testa, sorridendo, e sentì il sonno sopraffarla come un’onda d’oceano che dolcemente invade la spiaggia con l’alta marea.
Si addormentarono così, abbracciate sul divano, e il loro sonno fu così profondo che non furono nemmeno svegliate dal rientro di Blair, nel cuore della notte, che decise di lasciarle lì tranquille fino al mattino seguente.



Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon lunedì a tutti!
Che mi raccontate? Tutto bene? Qui parrebbe che ci stiamo avviando verso la fine!
...curiosità? Mmmm... in realtà non saprei molto cosa dire, arrivati a questo punto, sto esaurendo le scorte! Ah ecco, spero che quella strega che ho messo in foto non sia troppo deforme. Ho fatto parecchi disegni su questa fiction, ma non tutti mi soddisfano appieno.
Ne approfitto per ringraziare tutti i miei lettori, che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a qui! Ah ecco... con questo capitolo siamo a 114 cartelle. Sentitevi orgogliosi! (Io lo sono! XD)
Sì lo so questa storia è lunghissima. Ma ho un viziaccio io, con le long. Credo che sia la long più looooong che abbia mai scritto.
Ora, dato che sto parlando a vanvera e sicuramente vi siete annoiati, vi saluto!
Ci vediamo settimana prossima con il... finale (???)

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** …the End? ***


…the End?

 

 

Un luminoso raggio di sole ruppe il muro di sonno di Maka, aiutato dal martellante squillare del telefono di casa. La ragazza incespicò per qualche secondo contro i residui dei sogni, lottando per aprire gli occhi, per poi realizzare di essere sdraiata a pancia in su sui cuscini del proprio divano, con il corpo tiepido e tranquillo di Chrona addormentata che le premeva addosso. Le tornò in mente la sera precedente e fu invasa da un serie di sensazioni dolcissime, senza però riuscire a risolvere la questione che Chrona la stava immobilizzando completamente, sdraiata com’era sopra di lei. E quel telefono le stava trapanando nelle meningi. Mamma mia, che sonno… Maka si sentiva il cervello premere contro le tempie come un palloncino gonfiato in un buco e gli occhi bruciavano, avrebbe potuto dormire ancora per ore e ore.
“Sì, pronto?”
Benedetta la voce di Blair, che aveva interrotto quella tortura uditiva.
“Ah. – disse la voce della gatta – Okay, riferirò. Sì, stanno ancora dormendo. Sì, lo so che è mezzogiorno, ma che vuoi farci Liz, erano molto stanche. Gli dico di raggiungervi stasera. Ciao!”
Blair, vestita di tutto punto con una tuta da ginnastica casalinga, posò la cornetta e si voltò verso Maka, facendole un occhiolino veloce.
“Liz dice che tu e Chrona siete invitate a Villa Patibolo a pranzo. Pare che Kid si stia riprendendo molto più in fretta del previsto! Dato che siete in licenza per un paio di giorni, pensavano di festeggiare un po’ la fine del caso.”
Maka mugugnò qualcosa di incomprensibile in risposta, facendo con una mano un gesto per indicare che se ne sarebbe occupata più tardi. Poi indicò Chrona che ancora pareva immersa fra le braccia di Morfeo e poi se stessa. E poi il cuscino.
“Vi sveglio fra tre ore, dormiglione. – la gatta si avvicinò alle tende della finestra, per tirarle meglio in modo da non far passare nemmeno un raggio di luce diretta - … ma poi tu non cercare più di tirare giù dal letto me, quando lavoro al Chupa Capras! Ah ah ah, questa me la segno.”

 

Quando Maka aprì la porta della classe, gli occupanti della stessa saltarono subito su dalle sedie e le corsero incontro con gli occhi luccicanti, sorpresi da quella visita. Era tardo pomeriggio, l’orario del corso di recupero per le studentesse sperimentali, e le due piccole streghe insieme ai loro partner erano nella solita aula ad allenarsi, col sole che entrava di sbieco dalle alte finestre di vetro.
Maka aveva deciso di passare a salutare i suoi studenti a scuola, prima di andare a casa di Kid, e così senza dire nulla a nessuno si era intrufolata nei corridoi della DWMA e aveva raggiunto la sua vecchia aula. Dopotutto, lei era sempre la loro professoressa, e una delle prime cose che la preoccupavano era il fatto di aver lasciato le sue streghette senza un’insegnante per più di due settimane. Le avrebbe fatto male al cuore non passare nemmeno per un saluto.
“Professoressa Maka Albarn!” esclamò Amber Sushi, in preda a quella che pareva pura estasi, lanciandosi nella sua direzione: “Hai sconfitto Cariddi! Cariddi era cattiva, ce lo ha detto lo zio Viverna!”
La streghetta le si appese alle braccia e la trascinò giù al suo livello, davanti al suo faccino circondato da quella folta massa di capelli azzurri: “Ci ha raccontato che hai salvato la scuola! E io lo sapevo che non era colpa del Kishin! Se tu sei sua amica vuol dire che non ha fatto niente!”
Maka sorrise mentre veniva raggiunta anche da Carrie Bat, Em Ni e il ragazzino cicciottello che si trasformava in martello; la accolsero calorosamente, si fecero raccontare tutto quello che era successo di sua bocca e le raccontarono quello che avevano fatto durante la sua assenza.
Non c’erano abbastanza professori per gestire una classe piccola come la loro, quindi in pratica era stato Viverna a far loro da “supplente”. Carrie, mettendosi a parlare – stranamente – anche lei, raccontò che avevano fatto parecchi esercizi di risonanza insieme a lui, e che erano tutti migliorati molto in quella pratica.
“La prossima volta che qualcuno minaccia la scuola, ti aiuteremo anche noi.” Affermò, con un tono assolutamente piatto e inespressivo, nonostante la determinazione che trasudava dalle sue parole. Per sottolineare ancora di più la quanto seria fosse la sua affermazione afferrò la mano della meister e strinse forte, lasciando quasi un segno doloroso. Maka trovò quel comportamento parecchio insolito e inquietante – insieme ai suoi occhi scolorati, che le davano sempre i brividi -, ma le fece molto piacere ascoltare quella frase.
“Mi siete mancati ragazzi. Tornerò al lavoro dopo il fine settimana, così potremo ricominciare da dove abbiamo lasciato. Anche se saremo con una studentessa in meno.”
Maka cacciò un sonoro sospiro pensando a Cariddi, e le fece uno strano effetto amaro considerare per quanto tempo avesse vissuto così vicino a lei, senza sospettare nulla dei suoi piani malvagi.

 

La strada era molto buia, ormai. I lampioni illuminavano l’asfalto con la loro luce gialla ed elettrica, facendo un perfetto pendant con la luminosità calda che risplendeva dalle finestre di Villa Patibolo. Evidentemente, era ancora piena di persone. Chrona sospirò, a disagio, puntando lo sguardo lontano dalla porta di ingresso, e Maka assaporò con piacere i riflessi che la Luna proiettava sulla pelle bianchissima del suo viso, facendola quasi brillare di luce ovattata. Le strinse la mano perché, nonostante tutti i problemi che si faceva nel contesto dei rapporti sociali e che per osmosi doveva sopportare anche lei, continuava a farle un sacco di tenerezza.
“Guarda che andrà tutto bene. Liz dice che Death the Kid ha finalmente accettato l’idea che era Cariddi la colpevole!”
“Sarà… ma è un sacco di tempo che non li vedo. E poi… insomma, sono il secondo Kishin. Ero condannata a morte. Che faccia dovrei fare? Oddio…”
Sì beh, in realtà non aveva tutti i torti. Ansia. Oddio…
Maka si era messa un bel vestitino viola che donava alla sua costituzione minuta, per quella sera, e aveva insistito perché anche la sua compagna si mettesse un po’ in ghingheri: insomma, erano più di tre anni che viveva ricoperta solo dal suo sangue – con l’unica eccezione di una camicetta da notte - , che la fasciava dal collo fino alle caviglie, e non era proprio il massimo per uscire di sera. Chrona si era lasciata convincere a farsi prestare un vestito da Blair, dato che la taglia di Maka le sarebbe stata decisamente stretta: sì, anche le forme della voluttuosa micia erano un po’ troppo ampie e il corpo magro della fanciulla non riusciva a riempire tutte le cuciture, ma quel semplice tubino nero le vestiva addosso che era una meraviglia, con un paio di spille pinzate nei punti strategici. Le spalline sottili le lasciavano scoperte le spalle appuntite e il collo candido. Aveva proprio un bel collo, la figlia della strega, nella luce bianca della Luna.
Le due ragazze erano ancora ferme all’ingresso, preparandosi psicologicamente alle persone che avrebbero incontrato oltre la soglia, entro pochi secondi, ma Maka pensava che quel collo fosse davvero bellissimo. C’erano dei cespugli di rose, di fianco alla cancellata – come poi potessero essere in fiore in quel periodo dell’anno, lo sapevano solo i giardinieri di casa Death-Thompson -. Maka si chinò e colse un fiore, un bocciolo mezzo sbocciato e mezzo no, facendo attenzione a non pungersi le dita. Si sollevò e si avvicinò a Chrona, che era stata tutto il tempo a guardarla con occhio interrogativo.
“Manca solo qualcosa, qui.”
Le appuntò quel bocciolo di rosa fresco e profumato sulla spilla che le stringeva il vestito sul petto, sopra al cuore.
“Ecco. Così sei perfetta.”
“…”
“Hai così tante spine, tu, ma finalmente stai sbocciando.”

 

Sfioro la rosa che Maka mi ha donato, senza riuscire a trovare delle parole per poterle esprimere le emozioni indescrivibili che mi sta facendo provare. Con la punta delle dita sento la sua consistenza liscia, come seta ma viva: è questo, che diventano le spine, quando arriva la primavera?
Cosa potrei mai aggiungere quando Maka con una sola frase e un gesto ha già detto tutto quello che c’era da dire?
Le sorrido, credo, e lei mi prende per mano e mi trascina dietro la porta della casa del Sommo Shinigami, in bocca ai miei antichi amici che continuano a proclamarsi tali – pare – anche dopo che li ho traditi tutti quanti, tanto tempo fa.
No, non c’è spazio in me, ora, per questi fantasmi, questo profumo mi riempie l’anima, il sorriso di Maka mi dice che va tutto bene, e che sto sbocciando.
Ha ragione…
Le mie spine mi hanno ferita per tutta la vita, crescendo sempre più dolorose man mano che il tempo passava, ma ora anche io, persino questa miserabile creatura, inizio a sentire qualcosa di diverso. E no, non ci sarà mai più una madre da qualche parte che tenterà di nuovo di tagliarmi i petali, non c’è più un’ombra all’orizzonte che mi cerca, che minaccia di divorarmi.
So che non sarà facile, ma all’orizzonte vedo solo luce.
Maka mi ama.
Il potere più terribile dell’universo è nelle mie mani, ma io so che saprò custodirlo senza cadere di nuovo nella follia. Perché mai dovrei farlo? Lei è con me, e io mi sento… felice. No, di più, mi sento come se fossi in Paradiso.
Questo cambiamento mi fa una paura terribile, ma sto cominciando ad abituarmici: ogni secondo temo che questo sogno possa scoppiare come una bolla di sapone, ma anche se fosse davvero così fragile, combatterò per proteggerlo.
Farò tutto ciò che è in mio potere per essere felice, ora che finalmente un fiore è sbocciato anche per me.

 

Entriamo. Per qualche motivo mi aspettavo di trovare l’atrio pieno di persone rumorose, una di quelle situazioni in cui è facile nascondersi. E invece no. Le luci sono spente, non c’è nessuno. Maka mi trascina su per una scala laterale e mi dice che probabilmente sono tutti in sala da pranzo, e che spera che non abbiano iniziato la cena senza di noi.
Dopo un paio di svolte entriamo in una stanza calda, luminosa, con un lungo tavolo centrale: dentro ci sono poche persone, ma la sola loro vista mi procura un pungente colpo al cuore.
Ci sono Soul, Tsubaki, Black*Star - col braccio ingessato -, Liz, Patty.
Nessuno è seduto a tavola e sembrano più occupati a chiacchierare che a servirsi dai piatti colmi di cibo in mezzo alla tavola.
Death the Kid è seduto su una poltrona rossa, mi fissa.
Lo guardo.
Non so cosa dire.
Entrando, io e Maka abbiamo attirato l’attenzione di tutti, che ora si sono messi a salutarci, anche se, in effetti, la prima cosa che ha detto Patty nel vedermi – vestita così, immagino -è stata: “Chrona!
Ma allora sei una ragazza!
Mi sembra strano essere riaccolta in questo modo, come se nulla fosse, soprattutto da Black*Star che sembra fare di tutto per essere più gioviale possibile. Liz, addirittura, mi si avvicina con un evidente imbarazzo tinto sul volto: “Scusaci per aver sospettato di te. Sei pure stata tu quella che ha affrontato faccia a faccia la strega, e poi… beh, sei stata tu a mangiare Ashura. Non ti abbiamo ancora ringraziata per questo.”
E mi sorride. Io resto per qualche secondo ad assorbire le sue parole.
“Ma, ho anche tradito la vostra scuola e… il resto.”
“Ma eri pazza per colpa di Medusa, no?” è stata Patty a parlare, dopo aver infilato un grosso cosciotto di pollo in bocca. Ha un’espressione così allegra, mentre mi scusa in questo modo. In realtà…
“…non è così semplice.”
“Basta con questi discorsi tristi, dobbiamo festeggiare! – Kid si alza dalla sua poltrona, invitando tutti a sedersi a tavola – Buon appetito!”

 

La cena fila tranquilla, principalmente il discorso gira attorno a Cariddi e a quanto fosse stata vicina a portare a termine il suo piano. I ragazzi prendono in giro Kid per essere stato contagiato dalla follia in quel modo, se la prendono con Soul per avergli dato retta e poi accusano Maka di aver agito come una scema totale.
Parlano con leggerezza di tutto, come al loro solito, anche delle esperienze peggiori.
Poi però si mettono a parlare della relazione fra me e Maka.
“No, perché – dice Patty – a un certo punto ero davvero convinta che tu fossi una femmina, ma continuavo a pensare che era strano che andavi dietro a Maka, e allora mi dicevo: sarà sicuramente un maschio!”
Maka non sembra apprezzare molto questo discorso, quanto a me, sono così imbarazzata che anche volendo non riuscirei a dire nulla.
“Poi, dopo che siamo tutti entrati in risonanza con te sulla Luna e tutti abbiamo iniziato a pensare alle tett…”
“Stai zitta Patty!” la rimprovera sua sorella, facendo scoppiare a ridere la tavola. Maka si reinfila, silenziosa, il sandalo col tacco al piede, che aveva preso in mano poco fa per un eventuale lancio punitivo contro la ciarliera Thompson. La sua faccia minacciosa è così buffa che mi metto a ridere anche io.

 

Kid mi si avvicina.
Abbiamo finito di mangiare, ora, e siamo di nuovo sparsi per la stanza. Mi ero messa un po’ da parte perché gli altri hanno cominciato una conversazione su esperienze che hanno vissuto senza di me, e quindi ho preferito semplicemente osservarli e ascoltare quello che si dicono.
Il Sommo Shinigami, invece, pareva solo attendere un momento buono per parlarmi in privato.
Mi guarda e io, come prima, non riesco a dire nulla. I suoi penetranti occhi d’oro mi mettono parecchia soggezione.
“Immagino di doverti delle scuse. Ero stato avvelenato, non sapevo quel che stavo facendo.”
Di nuovo a scusarsi con me. Mentre rifletto su come rispondere mi volto verso Maka, là davanti, e la sua vista mi da un po’ di coraggio.
“Eri sotto l’influenza malefica di Cariddi. Non devi delle scuse a nessuno.”
“Bene, allora.”
Resta in silenzio per qualche lungo secondo. Di nuovo, i miei pensieri sono così ingarbugliati dal suo sguardo serio che non riesco a pensare a nulla di sensato da dire.
“Volevo dirti… che mi fa piacere che tu abbia mantenuto la tua sanità. Sinceramente, non ci speravo molto. Temevo che l’ultimo Dominatore rimasto insieme a me mi fosse nemico. Sai cosa sono i Dominatori?”
Rispondo, meccanicamente: “I Dominatori erano gli otto guerrieri a guardia dell’Ordine, comandati dal Sommo Shinigami. Le loro anime non erano umane, bensì di natura divina: essi avevano il compito di purgare l’umanità dalla corruzione della follia divorando le anime che ne venivano inghiottite. Tutto questo avveniva prima della fondazione della DWMA, circa cinquecento anni fa. Shinigami decise di fondare la scuola dopo che suo figlio, Ashura, si trasformò nel primo Kishin: aveva capito che nemmeno i Dominatori erano immuni alla follia, quindi decise di provare a educare gli stessi esseri umani a contrastarla.”
Mi si è seccata la gola, prendo un bicchiere dal contenuto sconosciuto e bevo un lungo sorso. Brucia lungo l’esofago.
“Impressionante.” Commenta Kid.
“Ho ingoiato il Libro di Eibon, il Dominatore della Sapienza, insieme col Dominatore della Forza che vi era stato nascosto dentro. E ho avuto tre noiosi anni per leggere.”
“Capisco. Quindi sai di me e Ashura?”
“Sì.”
“Conosci il segreto del potere della Follia?”
“Sì. – mi volto verso di lui – Ho assorbito il potere dell’anima di Ashura, ma nel farlo sono entrata in risonanza con lui. So che, in realtà, un Demone altro non è che un Dio che scatena la follia. Divorare anime umane concede il potere di un Dio anche a una persona comune, ma contemporaneamente ne distrugge la mente: per Ashura era diverso, lui era già un Dio, la sua è stata una questione di scelta.”
Butto giù un altro sorso dal bicchiere. Mi fa sentire più rilassata.
“Ma tu sei umana. – commenta Kid, guardandomi in modo penetrante – Allora, come hai fatto a non cedere alla follia, dato che un essere umano non potrebbe mai sopportare un tale potere senza impazzire?”
“È stata Maka.”
Ci voltiamo a guardarla che ride, in mezzo agli altri.
“Per lei farei qualsiasi cosa… mi ha chiesto di attenderla, mi ha detto che ci saremmo riviste, e quindi sono diventata Kishin per lei, per sopravvivere. Se fossi morta probabilmente non me lo avrebbe mai perdonato, e io non avrei mai sopportato di perdere un’occasione per incontrarla di nuovo.”
“Hai una bella forza di volontà.”
“Ma chi, io?”
“Sì, tu.”
Kid sospira, infilandosi una mano fra i capelli neri. Mi sento come se mi avesse appena fatto un’interrogazione, per capire se ero preparata o no alla lezione del giorno.
“C’è una cosa che devo dirti, che non piace né a me né tantomeno piacerà agli altri.”
So perfettamente di che parla. Anzi, quasi mi solleva. Mi sembrava così strano che tutti ignorassero con questa leggerezza l’argomento, ora finalmente posso parlarne con qualcuno che comprende il mio punto di vista.
“Tre anni fa hai tradito la DWMA, hai rivelato informazioni della massima segretezza al nemico e hai attaccato i nostri compagni. Poi, hai ucciso Tsar Pushka, falce della morte Russa, e hai raso al suolo un villaggio ucraino con tutti gli abitanti che conteneva. Anche se eri sotto l’influenza di Medusa non sono cose che possiamo dimenticare come se non fossero mai accadute: io sono a capo della DWMA, non posso ignorare i vincoli della legge solo perché hai fatto anche tante buone azioni.”
Sì, lo so.
“Kid, io non dovrei nemmeno essere scesa dalla Luna, quella condizione era ottima come punizione. Non avevo un corpo, ero solamente  un’anima nuda immersa in un lago di sangue. Se sono scesa è stato solo perché Maka è più importante del mio castigo. Se vorrai imprigionarmi, lo accetterò.”
“Dovremo parlarne.”
“Sì.”
Finisco il mio bicchiere, deglutendo tutto il liquido con un paio di sorsate. Sento la testa che inizia a girare un po’.

“Ehi!”
Chiamò Black*Star, agitando il braccio ingessato: “Ma che fate, ve ne state lì isolati? Venite qui! Sfigati!”

 

Maka e Chrona entrarono nel loro appartamento lanciandosi contro la porta di peso, ridendo come matte. Chrona dovette appoggiarsi alle spalle di Maka per non perdere l’equilibrio e inciampare sui suoi stessi piedi.
“È stata una bella serata, no?”
“Sì, è vero!”
“E che ti dicevo io?”
Accesero le luci tastando a caso contro la parete e finalmente l’ingresso prese forma, colorandosi attorno a loro restituendo un minimo di percezione spaziale, che a causa dei fumi dell’alcool latitava già abbastanza per conto suo.
Maka apparve a Chrona in tutta la sua disordinata bellezza, coi capelli sciolti e le guance rosse di riso, mentre sollevava un piede per sfilarsi i sandali col tacco. Aveva le caviglie sottili, e nell’alzare le gambe le si sollevò anche il vestitino viola, mostrando per una frazione di secondo le mutandine che aveva sotto. Chrona rimase paralizzata a fissarla, sentendo la pressione sanguigna aumentare e pulsarle nelle orecchie.
Forse era il vino, quella strana ebbrezza che le annebbiava i pensieri, ma Maka non le era mai sembrata così seducente come la stava vedendo ora.
A piedi nudi quella sottospecie di angelo le si fece incontro e la prese per le spalle, strizzandole l’occhio verde come muschio ricoperto di rugiada.
“Ehi – disse – stanotte col cavolo che dormiamo sul divano. Se vuoi c’è la camera da letto che usava Soul…”
Sì, doveva essere l’alcool che le stava dando alla testa: non si sarebbe mai riuscita a spiegare, altrimenti, dove avesse trovato il coraggio per le azioni che stava per compiere.
“Maka. – disse Chrona, prendendola per le braccia e trascinandola accanto a sé, così vicina da sentire il suo seno premere contro il proprio e il suo respiro caldo sul collo – Voglio fare l’amore con te. Adesso.”
La sua voce era un mormorio soffocato. Maka non rispose, non a parole, ma appoggiò le labbra al suo collo bianco e Chrona sentì la sua lingua e i suoi denti, e le sue mani che scendevano e la circondavano, aggrappandosi alle scapole.
“Vieni.” Mormorò Maka, staccandosi.
La prese per un polso e la condusse oltre una porta in corridoio, in una stanza che Chrona riconobbe subito come la camera della sua compagna: c’era già stata forse, un giorno, tanti anni prima quando andavano ancora a scuola.
“Non ho un letto matrimoniale, è a una piazza e mezza, so che non è molto comodo ma…”
Maka sembrava imbarazzata con quelle guance arrossate, ma non ebbe tempo di scusarsi oltre perché Chrona le si era incollata alla bocca, spingendola seduta sul letto e circondandola con le braccia per mettere in contatto la maggior quantità di pelle possibile. La bionda rispose con passione, abbracciandola a sua volta e capovolgendo la loro posizione con un colpo di reni: Chrona si ritrovò seduta sul bordo del letto con la Albarn in ginocchio sopra le sue gambe, intrappolata in una dolce prigione.
“Aspetta.”
Chrona non avrebbe voluto che Maka si separasse da quel bacio, al momento, ma dovette cambiare idea nel vedere la sua ragazza che si sollevava in piedi davanti a lei e, con un gesto fluido, abbassava le spalline del vestito viola. Aprì la zip che aveva sul fianco e l’abito cadde ai suoi piedi, svelando il suo corpo sottile e proporzionato. Chrona deglutì mentre Maka slacciava il reggiseno e lo lanciava alle sue spalle, rimanendo solo in mutandine. Non c’erano parole per descrivere quanta bellezza vide in lei il secondo Kishin: era semplicemente divina con quei lunghi capelli castano chiari che le carezzavano le spalle e la schiena, scendendo in qualche ciocca anche sul piccolo seno tondo, nascondendone quasi i capezzoli rosei.
La ragazza si riavvicinò al letto, si sedette e, sfiorando una spalla del demone con la mano, si sdraiò sopra le coperte, strofinando le gambe l’una sull’altra in modo seducente.
“Ma tu vuoi farmi morire d’infarto.” Sussurrò sopraffatta la figlia della strega porgendosi su di lei e allungando una mano sulle sue gote, rosse di eccitazione.
“Forse.” Rispose Maka, con un sorriso languido.
Chrona aveva perso tutto il suo coraggio. Quella ragazza meravigliosa ora le metteva soggezione, così, nuda e invitante, esperta in quelle cose dell’amore che lei aveva ignorato per tutta la sua vita prima di allora. Maka le accarezzò una guancia notando la sua esitazione e la ragazza demoniaca ebbe un’ispirazione momentanea: la pelle della meister era soffice e liscia come i petali di un fiore, forse un fiore sarebbe stato più degno di toccarla.
Chrona si portò in ginocchio sul materasso, di fianco alla Albarn, e si sfilò la rosa che aveva ancora appuntata sul petto, dal colore profondo e sanguigno. Se la portò alle labbra, assaporandone il profumo intenso e delicato insieme, poi la appoggiò sulla bocca di Maka, che chiuse gli occhi e inspirò gonfiando il petto.
La rosa scese delicatamente, accarezzando il collo e le clavicole, esplorò tutta la pelle del torace indugiando in circoli lenti sui seni, raggiunse il diaframma e l’ombelico, e poi ancora un po’ più giù, dove fu infine lasciata cadere.
Il demone accarezzò la pancia liscia di Maka, incoraggiata dalle espressioni di piacere che erano apparse sul volto della sua compagna, e poi si sdraiò sopra di lei puntandosi sui gomiti.
Il cuore le martellava contro le costole mentre l’altra le prendeva la testa e univa le labbra alle sue, allungando l’altra mano alla cerniera sulla sua schiena e spogliandola lentamente, con le dita infilate sotto al tessuto che accarezzavano la pelle ricoperta di cicatrici. Anche il vestito di Blair fu lanciato sul pavimento.
“Sai, - mormorò Maka, stringendo assieme i loro due corpi – a pensarci mi fa ancora strano toccare una donna in questo modo – sorrise – ma con te mi sento così a mio agio.”
Chrona percepì il tocco della ragazza percorrere premendo tutta la sua spina dorsale, sempre più giù, sotto le mutandine, fino a raggiungere quel punto sensibile, in mezzo alle gambe, dove sembrava che si fossero accumulati tutto il suo sangue e calore e linfa vitale. Le dita che si muovevano là sotto, la fecero andare fuori di testa, travolgendola con scosse di piacere. Non riuscì a parlare, a fatica riusciva a respirare.
“Non ho mai provato quello che tu mi accendi nel sangue, – sussurrò Maka – non mi sono mai sentita così tanto viva. Sei bianca e bellissima come un cigno delle fiabe e nemmeno lo sai.”
Le dita si insinuarono dentro, là fra le gambe, senza troppa difficoltà, e Chrona strizzò gli occhi con un rantolo. Quelle cose che le diceva… la facevano impazzire. Iniziò a muoversi ritmicamente mentre annaspava con le mani sul corpo di Maka, accarezzandole l’interno della coscia per fargliela aprire, per tirarle giù lo slip e per toccare anche lei in quel punto magico. Intrecciarono le gambe con foga, ansimarono, si riempirono la bocca con la pelle e la lingua dell’altra e vibrarono di piacere man mano che la loro danza diventava più frenetica e le dita andavano sempre più a fondo. Chrona si sentì gridare, nel momento in cui quell’eccitante paradiso raggiunse il culmine.
Il battito irregolare di Maka le pulsò nelle orecchie, quando crollò sfinita e ubriaca sul suo petto nudo. Assaporò il profumo della sua compagna come la più rara e deliziosa delle essenze.
Due mutandine volarono sul pavimento, insieme alla piramide di abiti che già vi giaceva abbandonata.
“Facciamolo di nuovo.”

 

 

La luce grigiastra della mattina giunse col tocco di una pelle fredda.
Chrona si svegliò di soprassalto. Maka era fredda. E inerte. E immobile.
La fissavano due occhi vuoti spalancati, come lei ne aveva già visti tanti.
Niente calore, niente anima. Solo un corpo freddo e rigido.
Rispose a quello sguardo senza respirare, incapace di comprenderlo, incastrata in quella frattura di realtà che le giaceva davanti.
Poi giunse il dolore.

 

Le urla strazianti del secondo Kishin svegliarono Death City sotto un cielo nero, come la morte.

Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon lunedì a tutti ragazzi!
La scena di yuri vi è stata gentilmente offerta dai Red Hot Chili Peppers con la canzone Monarchy of Roses, che ho ascoltato in loop durante tutta la durata della stesura.
...non aggiungo molto altro perché immagino che il capitolo parli abbastanza da solo.
Non odiatemi, davvero.
Io vi voglio bene.
Davvero.
*faccina sorridente*
Okay ragazzi grazie per essere arrivati fin qui con la lettura, e grazie per tutti i tentativi che ci sono stati settimana scorsa per scoprire l'identità del colpevole! Sempre che non sia davvero Cariddi... eeeeh! Qualcuno di voi ci avrà azzeccato...? Lo scopriremo lunedì prossimo! (forse).
A presto allora!
Buona settimana a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Wrath. ***


Wrath.

 

 

 

“Non è propriamente morta.”
Stein si appoggiò al muro con la schiena, evidentemente provato, cercando di interrompere il flusso ininterrotto di domande di Soul Eater. I macchinari dell’ospedale emettevano soffi e cigolii inquietanti, facendo da sottofondo al tono sempre così cinico del dottore, insopportabile alle orecchie della giovane Falce della Morte.
“…è vero, non respira più autonomamente e il battito è quasi assente, ma l’elettroencefalogramma non è del tutto piatto.”
“Si può sapere che diavolo significa!?” sbraitò Soul, incurante degli altri pazienti nel reparto di rianimazione.
Stein sospirò, aggiustandosi gli occhiali. Come se il dottore potesse saperne qualcosa di più, oltre alla descrizione delle condizioni cliniche attuali di Maka Albarn. Anche lui sembrava navigare nell’oscurità.
Maka giaceva accanto a loro, su un letto d’ospedale, collegata a tutta una serie di macchinari che dovevano mantenere in vita il suo corpo. Tubi trasparenti si infilavano nella sua trachea e una serie di aghi le bucavano la pelle per iniettare sostanze stimolanti: il suo volto quasi scompariva sotto la copertura opaca della maschera di plastica.
Quella mattina Maka Albarn era stata trovata, morta e avvolta in una soffice coperta di lana, di fronte alle porte dell’ospedale di Death City.
Nessuno sapeva cosa diavolo fosse successo.
“Hai qualche idea su come possa essere accaduto, Soul?” chiese Franken Stein al ragazzo.
“No… - rispose la falce, tra i denti - …l’ho vista ieri sera e stava benissimo.”
Franken Stein, essendo il miglior medico della città, era stato il primo a essere chiamato dall’ospedale per prestare assistenza, mentre Soul Eater era stato contattato immediatamente dallo stesso Stein, insieme anche a tutti gli altri ragazzi – che sarebbero dovuti arrivare a breve.
Chrona, che al momento era la persona più vicina a Maka, era scomparsa e Stein non era riuscito a trovarla da nessuna parte.
“Credo che sia stato il secondo Kishin a lasciare Maka di fronte all’ospedale. – commentò Stein – A quanto ho capito ora vivono insieme.”
Soul impallidì.
“Stavo giusto per chiederle dove accidenti è Chrona. Se è come dice lei, sarà fuori di sé. Non è un buon segno se è scomparsa, può diventare pericolosa! Maka sembrava l’unica persona in grado di farle mantenere il controllo!”
Stein fece per rispondere, ma fu interrotto da un grosso baccano che giunse dalla porta.
Maka!
Death the Kid e Black*Star quasi sfondarono l’ingresso nel catapultarsi nella saletta ospedaliera, seguiti subito dietro dalle più discrete Tsubaki, Liz e Patty Thompson, che si riversarono all’interno con espressioni costernate.
Quando videro le condizioni in cui versava la loro amica su di loro calò il silenzio. Tsubaki faticò a mantenere lo sguardo sul letto troppo a lungo e si voltò con un singhiozzo, mentre gli altri erano impalliditi come fantasmi.
“Non sento la sua anima…” mormorò Kid, strizzando gli occhi che iniziavano a divenire lucidi di fronte a quella vista miserabile.
“Che significa?” chiese Liz con voce strozzata.
Soul scosse la testa, coprendosi gli occhi con la mano, e Stein sospirò nuovamente. I brontolii e i beep-beep dei macchinari riempivano il silenzio illuminato di luce al neon della stanza, spietati.
“Se dovessi dirvi che Maka è morta, non sarebbe una bugia. – disse il dottore – Il suo corpo è inerte e le sue funzioni vitali sono annullate. Tuttavia, resta una minima attività cerebrale, come se il suo cervello si rifiutasse di accettare la morte del resto dell’organismo.”
“Ma che diavolo significa?” chiese Soul, per l’ennesima volta, accompagnato dagli sguardi interrogativi di tutti gli altri ragazzi.
“Significa che il corpo non ha subito traumi che abbiano causato il decesso. Non è stata avvelenata, né colpita, né danneggiata da qualche malattia. È perfettamente sana. È quasi come se, per assurdo, la sua vita fosse scivolata via lasciando indietro il corpo come un sacco vuoto.”
“Come se la vita fosse…” ripeté Kid, ipnotizzato da quelle parole.
“Come se l’anima fosse fuoriuscita per conto suo!” affermò Black*Star, tentando con tutte le sue forze di spremersi le meningi per essere d’aiuto, dato che per il momento, col braccio ingessato, non avrebbe potuto fare altro. Tutti i presenti si voltarono verso di lui, basiti.
“Che c’è, che ho detto?” chiese il ninja, a disagio.
“L’anima…” ragionò Stein a voce alta, cupo.
“Ehi ragazzi! – gridò Patty all’improvviso, dopo aver finito di contare i presenti sulla punta delle dita – Dove accidenti è Chrona?”

 

Dove diavolo hai messo la SUA anima, strega!?”
Cariddi tossì nel tentativo di respirare. La mano che le aveva stretto la carotide era così forte e violenta che l’aveva sollevata dal pavimento fino a farle dondolare i piedi e le catene, spingendola brutalmente contro il muro. La strega provò a sillabare qualche parola ma fallì miseramente, emettendo solo qualche suono gutturale.
Le sue ciglia erano piene di lacrime: un demone terrificante era apparso all’improvviso nella sua cella e quei fiammeggianti occhi neri sembravano solo volerla fare a pezzi.
La mano si aprì e Cariddi ricadde sul pavimento di pietra con uno strillo, ma il demone non se ne andò e lei per evitare di vederlo strizzò gli occhi e si coprì le orecchie con le mani, accovacciata a terra tremante come un animale.
Dov’è ho detto!?
“Non lo so! Non lo so, giuro! Io non ho fatto niente!”
L’anima di Maka Albarn è appena stata rubata! È questo che faceva il tuo manufatto! Dov’è!?”
Cariddi urlò e pianse, contraendo il viso in una smorfia di terrore. Non sembrava in grado di aggiungere nulla di più in quelle condizioni vergognose.
Chrona la osservò, disgustata, ansimando di rabbia.
Si era materializzata nella cella della Gorgone senza che nessuno se ne accorgesse: le pareti di pietra, pesanti e claustrofobiche, si chiudevano su di loro puzzando di muffa e polvere, nel buio quasi totale rotto solo da un raggio di luce proveniente dalla sottile grata sulla porta di metallo. Le emanazioni spinose di Chrona riempivano la stanza trasformandola in un oscuro buco di rovi.
La furia l’aveva quasi accecata alla vista di Cariddi, ma ora vederla piangere e strisciare al suolo le causava solo un sentimento di pietà misto a disprezzo.
 “Non lo so… - mugugnò Cariddi, mangiandosi le parole – non lo so… lasciami in pace…”
Il secondo Kishin era fuori di sé. Era confusa e furibonda. La prima colpevole a cui aveva pensato nel vedere il corpo freddo di Maka era stata quella strega che aveva ai suoi piedi, quella strega che aveva tentato di costruire un artefatto per rubare le anime e sfruttarle a proprio piacimento.
L’unico pensiero unitario che era stata capace di formulare, in quella furia bruciante e in quel dolore insostenibile, era stato di trovarla e riprendersi l’anima di Maka, che sicuramente doveva aver rubato lei. Chi altro poteva essere stato, altrimenti?
Ora che la vedeva così, però, iniziò ad avere dei dubbi: come poteva quella donna patetica aver compiuto un atto tanto complesso, nelle condizioni in cui si trovava?
Calmò il respiro e ritirò le spine dal corpo incatenato di Cariddi, piombando in uno stato di caos mentale che minacciava di lasciare di nuovo spazio alla disperazione.
“Io non ho fatto niente! – urlò di nuovo Cariddi, trovando il coraggio di esprimersi nuovamente davanti alle evidenti esitazioni del demone – Il libro che avete trovato nella mia stanza l’ho scritto vent’anni fa! Sì, ho inventato io quel manufatto con le pietre magiche, l’ho fatto perché volevo vendicarmi sulla DWMA, perché aveva fatto uccidere mia madre! Ma… ma… poi ho lasciato perdere, perché io che ero una strega inesperta mi sarei solo lanciata nel suicidio! L’avevo nascosto!”
Chrona la stava a sentire con gli occhi sgranati, incapace di obiettare.
“…io avevo pensato di rimandare il progetto ma poi… poi è stata fatta la pace e l’ho abbandonato! Il libro era sepolto da qualche parte nella mia casa nel regno delle streghe, qualcuno l’ha cercato e l’ha messo tra i miei libri qui a Death City…qualcuno ha cercato di incastrarmi! L’ho ripetuto decine di volte ma non mi hanno creduto!”
Chrona riuscì finalmente a prendere un respiro, mentre Cariddi ricominciava a singhiozzare sommessamente. Le faceva male la testa. Il corpo di Maka era morto, privato dell’anima, e quella strega non aveva fatto altro che raccontare balle.
“Si può sapere allora perché hai confinato me e Maka nella tua casa di Messina, strega?” chiese, mentre i suoi pensieri ingarbugliati ricominciavano a funzionare su un filo razionale.
“…io volevo aiutarvi davvero! – rispose quella – Avevo fiducia in Maka! Ma poi ho scoperto di avere quel libro in vista e… e…”
“…hai avuto paura.” Concluse Chrona.
Sì! – riprese la strega, piangendo più forte – Avevo paura! Avevo paura che Franken Stein trovasse il mio libro e mi prendesse per la colpevole! Avevo paura di perdere tutto! Avevo paura di essere condannata per quello che sono stata in passato… avevo paura che voi pensaste che vi stavo ingannando! Ma è stato tutto inutile! Aaah!
Cariddi ricominciò il suo pianto isterico, dondolando con il corpo e tenendosi le mani nei capelli. Chrona sospirò, scuotendo la testa.
“Sei una povera sciocca. Non hai fatto altro che scavarti la fossa da sola.”
“Tu…tu mi credi?”
La strega la stava guardando, con gli occhi umidi e cerchiati di nero, illuminati però di speranza.
“Per forza. – rispose il secondo Kishin, con voce mesta – Come ti ho detto, qualcuno ha rubato l’anima di Maka. Stamattina l’ho trovata vuota, fredda. Immagino che non esista nulla in grado di strappare un’anima dal corpo in quel modo oltre al bracciale che hai inventato tu… e tu non puoi essere la colpevole. Guardati. Non posso fare a meno di pensare che quello che dici è la verità, qualcuno ha creato il bracciale e ha davvero cercato di incastrarti, e adesso lo sta usando.”
Cariddi spalancò gli occhi: “Significa che Maka è… morta?”
Non è morta! La sua anima è ancora da qualche parte, intrappolata!”
“Va bene va bene… non so cosa accada se si usa il potere del bracciale su una persona ancora viva, non l’ho mai testato…”
“Devi aiutarmi a trovarla.”
Chrona tese la mano in basso, risoluta, verso la giovane donna accasciata al suolo e incatenata: aveva preso quella decisione mentre parlavano, dopo aver assistito a quella scenata di inequivocabile sincerità. Cariddi la osservò incerta.
“Avanti! Ne sai più di me e poi, alla fine, sei davvero innocente. Inoltre non mi sembri nella situazione di poter rifiutare una mia richiesta.”
La strega afferrò la sua mano e si rialzò. Un paio di viticci di sangue nero le si arrotolarono su per le braccia causandole un attimo di terrore, ma quando questi si appesero alle manette che la legavano e le fecero saltare via provò un piacevolissimo senso di sollievo.
“Quindi… sono libera?”
“Io non…”
Furono interrotte da un veloce rumore di passi fuori dal corridoio, accompagnato da urla che ordinavano di aprire la cella. Chrona si voltò verso la luce e vide Sid Barret, trafelato, che entrava dalla pesantissima porta della prigione, spalancandola con gran fragore metallico. La luce calda delle lampade del corridoio si rifletteva nelle sue iridi lattee e vuote.
“Chrona, eccoti qui! – disse – Ti stanno cercando tutti, ma evidentemente ci hai preceduti!”
La ragazza demoniaca fece una smorfia contro la luce che le abbagliava lo sguardo, mentre Cariddi compì un passo in avanti ansiosa di uscire da quel buco ammuffito di cella. Sid e la sua squadra dovevano aver percepito le onde dell’anima del demone comparire all’improvviso, là sotto.
“Maka è in ospedale?”
“Sì, ma devi venire subito! Le cinque pietre magiche sono sparite!”
“Sì, questo lo sapevo già. - Mormorò Chrona, tirandosi dietro Cariddi fuori dalla piccola stanza buia tenendola per il polso. – Le ha prese il vero colpevole, non era stata Cariddi a rubarle. Ora, devo solo capire chi è.”
“…aspetta, non è tutto! Anche le piccole streghe Amber e Carrie sono sparite dal dormitorio…!”
Cariddi Gorgon puntò i piedi a terra a quell’affermazione e Chrona, che si stava già dirigendo verso le scale, si fermò e la guardò, indagatrice, e poi guardò Sid che era ammutolito a quella reazione.
“Amber e Carrie…? E loro cosa…?”
La strega sembrava essere rimasta fulminata da quelle parole, e dopo aver lentamente scosso la testa mormorò qualcosa fra sé e sé, incredula.
“Non ci posso credere…”
Sid e i suoi uomini precedettero Chrona nella direzione dell’uscita dei sotterranei, esortando il demone e la strega a seguirle.
“Se questo ti stupisce, Cariddi, aspetta di vedere cosa c’è là fuori…” disse Sid, cupo.
Corsero sulle scale nella direzione del primo piano, del secondo, del terzo, del tetto. Sbucarono dalle grandi porte fino a vedere il cielo. Era nero. Non nero di nuvole, ma proprio nero nero, come se una maledizione ne avesse assorbito ogni altro colore. Era pervaso da uno strano tremolio, come quello di un’onda dell’anima estremamente potente.
Chrona, senza parole, si concentrò per individuarne la provenienza, ma le sue orecchie le diedero un indizio molto più veloce e rapido di quello che stava accadendo: un paio di potenti battiti d’ala scossero l’aria e una risata folle, acuta come il verso di un topo, risuonò nell’atmosfera.
Un grosso rettile alato stava sorvolando i tetti di Death City: a cavallo di esso una figura con un lungo mantello nero stava esprimendo tutta la sua malsana soddisfazione.
Da quella persona proveniva tutto il male che aveva avvolto la città, e anche il vibrante potere di un potentissimo artefatto magico.
“Non ci posso credere…” ripeté Cariddi.
Mario Viverna!

Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon lunedì ragazzi!
Oggi ho dato un esame e quindi non ho molta energia per scrivere cose interessanti XD
Ne approfitto per ringraziarvi tutti, lettori e recensori, per avermi seguito fin qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia sconvolto troppo perché...  siamo solo all'inizio! Ahahahah.
Vi auguro una buona settimana e vi auguro anche di non trovarvi mai di fronte una Chrona incazzata nera, perché potrebbe essere un'esperienza poco piacevole (sì ci ho messo degli adesivi col telefono, non me ne vogliate, sono pigra) XD
Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Viverna! ***


Viverna!

 

 

Mario Viverna stava cavalcando quella che pareva un’enorme lucertola alata bianca, volando sui tetti di Death City come se ne fosse diventato il nuovo re. Gridava frasi intellegibili da quella distanza, trionfante.
Chrona aveva puntato i suoi occhi neri contro quell’immagine e non la lasciava nemmeno un secondo, impietrita dallo stupore.
“Non ci posso credere… Mario Viverna!” esclamò Cariddi ad alta voce, col caldo vento del deserto che le scuoteva i capelli sciolti e spettinati, facendola assomigliare a una vera gorgone delle leggende. Sembrava in preda al panico più totale, condizione che l’ammutolì impedendole di aggiungere altro.
Sid osservava anch’egli il cielo, corrucciato, e poi si mise a parlare:
“È lassù da un quarto d’ora circa, lo stregone, qualche minuto dopo che il cielo è diventato nero. Non siamo riusciti a capire da dove accidenti abbia tirato fuori quella specie di drago e nemmeno quali siano le sue intenzioni, ma questa maledizione proviene da lui.”
Lo zombie sospirò, frustrato.
“… sono stato veramente cieco a non accorgermene prima ma… è evidente che le pietre sono state rubate da Viverna. Era l’unico a parte gli agenti della DWMA a sapere dov’era la chiave della camera blindata dove le avevamo messe.”
Il colpevole era lui, fin dall’inizio.” Sentenziò il secondo Kishin, sempre con gli occhi incollati all’uomo in volo. Il suo tono di voce era gelido come una lama di ghiaccio.
“Cosa!? – chiese Sid, allarmato – Intendi… è stato lui a manipolare i ladri fin dall’inizio? Ma come…?”
Solo ora che si sta mostrando nella sua vera natura lo riconosco. – sillabò Chrona, osservando l’uomo che si sbracciava in preda a una malata euforia – Ha passato tutto questo tempo a nascondersi, ma ho percepito la sua anima, dalla Luna, minacciare Maka Albarn. Sono scesa appositamente per fermarlo.
La strega, lo zombie e la sua squadra sentirono un brivido di paura al suono di quella voce.
L’anima di Maka è lì, tra le sue mani. La riconoscerei tra mille.
“Dobbiamo fermarlo allora!” esclamò il capo della sezione di sicurezza della DWMA, ordinando con un gesto del braccio alla sua squadra di estrarre le armi da fuoco. Gli uomini si schierarono in un lampo davanti al limite del tetto, ma prima che potessero puntare il bersaglio una strega sconvolta di frappose fra loro e Viverna, saltando sul cornicione e spalancando le braccia.
“No! – urlò Cariddi – Non sparate!”
Gli uomini sollevarono le armi, sorpresi. La Gorgone era sconvolta, le sofferenze che aveva subito negli ultimi giorni si sommavano al profondo trauma del momento, nel suo volto pallido e fantasmatico.
“Quel drago è Amber! La ucciderete se fate fuoco!”
“Cosa!?” chiese Sid, scioccato.
Probabilmente non avrebbe fatto molta differenza a Viverna se gli uomini della DWMA gli avessero sparato prima che lui si accorgesse di loro, pensò Chrona, ma tutte quelle esitazioni diedero il tempo allo stregone di notare le persone che lo fissavano dal tetto della scuola.
Il grosso rettile bianco si girò verso di loro, planando nell’aria, e iniziò a dirigersi nel punto dove si trovavano.
“Andate a chiamare Kid!” urlò Sid, spaventato. Un paio di uomini si staccarono dal gruppo e si precipitarono giù dalle scale. Cariddi saltò giù dal muretto e si mischiò al resto della truppa, mentre Chrona rimase in piedi a fissare lo stregone che si avvicinava, immobile.
Le sue percezioni le dicevano che quell’uomo era diventato molto potente, rispetto a prima, ma era perfettamente consapevole che non avrebbe mai potuto opporsi al potere del secondo Kishin, se lei avesse deciso di sprigionarlo nella sua interezza. Eppure, quel folle continuava ad avvicinarsi, tronfio e sorridente, come se pensasse di essere onnipotente.
Chrona si chiese se si stesse trovando a fronteggiare solo un povero pazzo o qualcosa di più.
Le grosse ali del rettile sbatterono in avanti per fermare la sua avanzata, quando finalmente lo stregone si trovò a fronteggiare i suoi avversari. Era davvero Mario Viverna: la sua veste nera sbandierava attorno al suo corpo eretto e i suoi lunghi capelli corvini erano scompigliati dal battito delle ali della sua cavalcatura. Un folle senso di potere rifulgeva nei suoi occhi gialli, da rettile. Ai suoi piedi stava accovacciata una bambina dai capelli rossi e gli occhi spiritati: la giovane strega Carrie Bat.
Il suo sorriso si estese nell’osservare gli astanti sotto di lui:
“Guarda guarda! – esclamò – E io che pensavo che ti avessero già uccisa, Cariddi Gorgon!”
Cariddi ammutolì a quelle parole, mentre Sid ordinò ai suoi uomini di alzare di nuovo le armi, con la conseguenza di scatenare l’ilarità dello stregone.
“Sei un pazzo Viverna!” disse Chrona, guardandolo fisso nel volto.
La ragazza demoniaca sentiva il potere dell’uomo, avrebbe potuto sovrastarlo come niente. Tendenzialmente, odiava fissare negli occhi le persone, era una cosa che la metteva a disagio: quella persona però aveva rubato l’anima di Maka, la Maka che le aveva salvato la vita e aveva accettato il suo amore, quindi quello non era assolutamente il momento di lasciarsi andare ai timori. Non era nemmeno più un semplice stregone, la sua anima era degenerata in uovo di Kishin. Ai suoi occhi era solo feccia.
Viverna rise di nuovo, nonostante l’evidente pericolo in cui si era cacciato.
“Non avete proprio capito cosa è successo, vero, sciocchi? Aspettiamo, aspettiamo pure che arrivi il Sommo Shinigami! Dovrete capire tutto per bene!”
“E cosa succede se prima io ti faccio a pezzi?” sibilò Chrona, mentre fra le sue scapole eruttava una cascata di sangue nero e si materializzava in Ragnarok, stretta fra le sue mani.
Il rettile volante scartò all’indietro all’improvviso, evitando il secondo Kishin che scattava in avanti con le ali spalancate, caricando un fendente, e schivò il colpo con una agile capriola aerea. Chrona ritirò le ali e si avventò contro Viverna con la spada sguainata, ma quando la sua lama giunse a cinque centimetri dal collo del nemico dovette arrestarsi di colpo: l’uomo per pararsi aveva sollevato il polso sinistro, che era circondato da un grosso bracciale di un metallo sconosciuto, adornato delle cinque pietre magiche.
Da quel bracciale proveniva l’onda dell’anima di Maka.
“Non colpirai mica l’anima della tua amichetta, eh, Kishin?” Viverna scoppiò a ridere e Chrona abbassò all’istante la spada, ammutolendo.
“Cosa credi Gorgon, che non mi fossi accorto di te? So che mi stai alle calcagna da quando sono arrivato qui, alla DWMA, insieme alle mie bambine… tenace e persistente come tua madre, sei, come un’erbaccia! Non credere che non mi fossi preparato a te!”
Viverna concentrò le onde anti-demone di Maka sul palmo della mano e con quelle colpì Chrona in pieno viso, facendola balzare all’indietro. Il secondo Kishin aveva smesso di difendersi. Si andò a schiantare sul tetto della DWMA, rotolando fino ai piedi di Cariddi, che aveva osservato tutta la scena in preda al panico più totale.
Sid iniziò a perdere il suo sangue freddo nel vedere il secondo Kishin maltrattato in quel modo, ma l’attenzione di tutti fu catturata dall’arrivo di qualcuno, che si precipitò sul tetto con un grande corteo.
Death The Kid, accompagnato dalla sua Falce della Morte, il suo consigliere Excalibur, il dottor Stein, Black*Star con Tsubaki, le sorelle Thompson e un ampio seguito di soldati, arrivò correndo sul luogo del misfatto, arrestandosi di fronte al cornicione. Si erano precipitati là lasciando l’ospedale, dove era in degenza il corpo vuoto di Maka Albarn.
“Sommo Shinigami…” mormorò Sid, quasi come una richiesta d’aiuto.
Kid squadrò lo stregone che volava davanti a lui, torvo, e finalmente tutto fu chiaro.
“Eri tu! – urlò lo Shinigami, indicandolo – Fin dall’inizio!”
Viverna sorrise sornione, dominandoli dalla sua posizione elevata. Allargò le braccia, quasi come se stesse per mettere in scena un grande spettacolo.

 

“Shinigami! Finalmente eccoti qui, Dio di questo mondo! Con queste parole io ti depongo, e prendo il tuo posto di Dominatore supremo!
Non c’è nulla che potete fare per impedirmelo! Sono onnipotente adesso!”
Viverna delirava, e Kid trattenne i soldati dal fare fuoco. Si avvicinò a Chrona, ancora riversa a terra, e le tese una mano.
“Cosa diavolo ti fa pensare che ti lasceremo fare quello che ti pare!?” rispose il Sommo Shinigami, mentre con la sua mente fina tentava di analizzare la situazione.
“Il mio è un piano perfetto, e ormai che ho costruito l’artefatto non potrete più fermarmi. – rispose lo stregone – Lascia che ti illustri come sono riuscito a prendere possesso di questo potere, perché tu possa capire!”
“Ti ascolto.” Kid si fece passare un braccio del secondo Kishin attorno alla spalla e la sollevò, sostenendola: lei però sembrava caduta in uno stato di sconforto irrecuperabile.
“Come avrete già capito tutti – esordì Viverna – il mio obiettivo era quello di acquistare il potere di nascosto, nascondendo la mia identità fino all’ultimo. Sono stato io a organizzare il progetto sperimentale delle studentesse streghe, io ho fatto in modo di avvicinare me stesso, le mie bambine e quella codarda di Cariddi Gorgon al mio bersaglio finale, Maka Albarn! – Viverna sollevò il polso ornato dal bracciale, gongolante – Questa piccola puttana finalmente ha quello che si merita. Sono stato sempre io ad architettare i furti, io ho fatto in modo che quei deficienti che manipolavo facessero tutto quello che volevo, grazie ai poteri grezzi di Carrie e Amber! La mia specialità è il controllo mentale, e loro mi hanno servito a dovere!”
“Mostro! Usare così due bambine!” gli gridò contro Tsubaki, scandalizzata.
“Con gli straordinari poteri telecinetici e telepatici di Carrie ho potuto manipolare le menti delle mie vittime e con le trasfigurazioni di Amber ho fatto in modo di sparire sempre al momento giusto! Sommo Shinigami, è stata opera della follia latente di Carrie il veleno che ti ho somministrato a Milano, facendoti accoltellare da quel funzionario. Non era geniale? Eri molle come un mollusco, potevo farti credere quello che volevo!”
Kid digrignò i denti, sorreggendo sempre il peso morto di Chrona.
“È stato facile, per te, far ricadere le accuse sul secondo Kishin!” esclamò.
“Sì, ma ammetto che quella stupida ha fatto tutto da sola. – rispose lo stregone, incrociando le braccia e adombrandosi di un’aura di perfidia – In realtà, il mio vero piano non era far accusare il Demone, anche se mi è stata molto comoda. Io, miravo a far ammazzare Cariddi Gorgon.”
La strega ammutolì tremando mentre gli occhi gialli e crudeli dello stregone vertevano su di lei.
“Questo piano perfetto è stato costruito per avere due risultati: il primo è l’acquisizione del potere, il secondo, l’eliminazione di quella codarda!”
Cariddi trovò il coraggio di opporsi a tanta malignità e gli chiese, alzando la voce: “Cosa cavolo vuoi da me!? Si può sapere cosa ti ho fatto?”
La fronte di Viverna si ricoprì di rughe mentre si contraeva in una smorfia di rabbia:
“Cosa mi hai fatto? Cosa mi hai fatto!? Avevi il mondo in mano, e l’hai buttato alle ortiche! Sei la vergogna della tua stirpe! Circe…Circe ti aveva tramandato tutte le sue arti più segrete, e tu non hai fatto nulla per farle fruttare! Venti anni fa… tu, tu progettasti questo manufatto magico! – lo stregone agitò per aria il polso con il bracciale – Ma poi lo abbandonasti, uno strumento così potente!”
Cariddi fece una smorfia e rispose: “Si può sapere cosa ti importa di quello che faccio o non faccio? Questi sono solo affari miei!”
Viverna si incupì: “Non sono solo affari tuoi, stupida. Solo che non lo sai. Non sai niente, ed è per questo che necessiti di morire. Il sapere di Circe non doveva finire in mano ad una inetta come te, la sua eredità sarebbe dovuta andare al suo primogenito.”
“Primogenito!? Ma io non ho…” Cariddi si interruppe a metà frase, a bocca aperta, mentre iniziava a capire le parole di Viverna. Kid sgranò gli occhi, mentre gli altri cercavano di comprendere la situazione.
“Già! – urlò lo stregone, infuriato – Primogenito! Pensa quanto possono essere infami le streghe! Non posso nemmeno portare il cognome della mia stirpe, e sai perché?”
Cariddi rimase a bocca aperta, incredula.
“Perché io non sono una strega! Sono nato uomo! Sono stato rinnegato persino da mia madre e dalle mie parenti solo per questo piccolo, scomodo particolare. Sì, anche io sono figlio di Circe Gorgon, anzi: sono nato duecento anni prima di te! Il suo sapere doveva essere tramandato a me! E invece no: Circe ha preferito prolificare una seconda volta, per avere una strega vera, una donna, di cui poter essere orgogliosa! Io non ero altro che lo scarto da dimenticare, che si è dovuto accontentare di un nome falso, che non è mai stato considerato!”
“Cariddi e Mario Viverna sono fratelli!?” realizzò Patti all’improvviso, mentre i due si squadravano con odio.
“…sembrerebbe di sì. - Rispose Kid, mentre un quadro della faccenda finalmente si formava nella sua mente. – E tu, Viverna, hai organizzato tutto questo per vendicarti su tua sorella minore? Mi sembra piuttosto infantile, sai, per un uomo di più di duecento anni!”
“È inutile che ti poni dei problemi, Shinigami! – gli rispose Viverna sarcastico – Tanto ormai è troppo tardi per voi. Il mio piano geniale si è già compiuto.”
“Cazzate.”
Chrona si risollevò, aiutata da Kid: sembrava aver finalmente trovato una via per uscire dal suo muto sconforto. La sua voce era acida e cattiva.
“Puoi lamentarti quanto vuoi di essere nato uomo, ma non penso che Circe ti abbia ignorato così per questo motivo. È perché sei patetico.”
Viverna ammutolì di rabbia.
“È stata Cariddi a progettare quell’artefatto, non tu. – continuò il Secondo Kishin – E poi, anche per arrivare fino a questo punto, sei stato costretto a usare i poteri di altri, di due streghe bambine. Il tuo unico merito è stato quello di aver covato rancore in silenzio per duecento anni per poi uscirtene con questo stupido piano che non avresti mai potuto creare da solo. Cariddi avrebbe potuto conquistare il mondo, sì, e a scelto di non farlo. Tu invece no. Sei solo un profittatore lagnoso.”
Viverna sembrò impazzire di rabbia: “Ha parlato proprio lei! L’imbarazzante, inutilissima, fallimentare cavia da laboratorio di Medusa! Nata umana! Che vergogna! Dovresti solo startene zitta!
“Uuuh, brucia.” Commentò Liz senza farsi udire da nessuno.
“Sarò anche quello che sono, – rispose Chrona – ma ho sempre cercato il potere contando sulle mie forze. Non striscio come te.”
Viverna dette una pacca sul collo lungo e squamoso di Amber, trasformata in drago, spingendola a risollevarsi verso il cielo.
“In ogni caso ora sarò io il nuovo re. Dì pure tutto quello che vuoi Kishin, vedrai quello che vi aspetta. Con l’anima di Maka Albarn vi piegherò tutti come mosche.”
Si allontanò prendendo quota, e Chrona non lo seguì. Rimase lì in piedi accanto al Sommo Shinigami, stringendo i denti e trattenendo le lacrime, che minacciavano di scappare dietro a quel muro bruciante di rabbia.

 

I cittadini di Death City erano usciti tutti dalle proprie case non appena avevano udito le prime esplosioni. I mattoni volavano per le vie correndo il rischio di ferire qualcuno.
Era da quando era resuscitato il primo Kishin Ashura che la città non subiva un attacco del genere: fontane, insegne, lampioni, crocevia stavano saltando in aria uno dopo l’altro sotto a quel cielo nero, lasciandosi dietro solo macerie. Era il simbolo di Shinigami, la maschera della Morte, che veniva cancellato da ogni angolo in cui compariva, anche come semplice decorazione, da detonazioni improvvise. Una piccola streghetta dai capelli rossi correva per le vie generando tutta quella distruzione, seguita in volo da uno strano drago bianco cavalcato da un alto stregone nero, che declamava la fine del regno di Shinigami.
La gente usciva dalle porte e faceva capannello a quello strano spettacolo: qualcuno tentò di opporsi a tale vandalismo, ma veniva regolarmente scagliato via da un colpo di coda del rettile alato. Lo stregone era Mario Viverna, uno di quelli che erano arrivati alla DWMA il mese prima.
“Sono io il vostro nuovo capo! – urlava – Prostratevi!”
Un folto gruppo di cittadini si fece trovare sulla sua via, cercando di porre fine a quella follia: a nulla valsero i loro tentativi di resistenza, perché la piccola strega fece saltare in aria con la sua telecinesi la strada che avevano sotto ai piedi.
I soldati del Sommo Shinigami inseguivano il piccolo gruppo, ma potevano fare ben poco, oltre a far evacuare la popolazione, poiché Viverna sembrava davvero diventato invulnerabile: l’anima di Maka Albarn racchiusa nel suo bracciale emanava onde protettive, schermandolo da qualsiasi attacco. Inoltre, gli armati non potevano mirare al drago o a Carrie perché rischiavano di ucciderle, cosicché la potenza di fuoco era drasticamente ridotta. Viverna continuava a invitare la gente a uscire di casa e a distruggere tutte le insegne di Death the Kid, facendo il giro della città.
Quando la pulizia delle effigi fu terminata, iniziò a importunare la gente facendo saltare in aria le porte di casa.
L’intervento della polizia continuava a essere inutile.

 

Sulla mano fredda di Maka era comparso uno strano livido, bluastro, che ricordava molto la forma di un pentacolo rovesciato. Era con quell’incantesimo che Viverna doveva aver estratto l’anima di Maka – pensò Chrona -, forse toccandola senza che lei se ne accorgesse. O forse, più probabilmente conoscendo il soggetto, era stata Carrie Bat a compiere il maleficio, avvicinandosi alla sua maestra di scuola quando lei era andata a trovarla in classe. Sì, doveva essere andata così.
La saletta di ospedale era tranquilla, ma Kid non smetteva per un secondo di parlare sul suo telefono che si era fatto portare apposta dallo studio fino a lì. Chrona non se ne sentiva disturbata, anzi: aveva apprezzato molto il gesto dello shinigami di volerle restare accanto a tutti i costi, ma purtroppo la situazione in città degenerava e il preside della DWMA doveva esserne costantemente aggiornato.
Aveva chiesto lei di potersene restare lì. La presenza del corpo di Maka riusciva a farle mantenere lucidità nel ragionamento – proprietà che le pareva mancare insieme all’ossigeno, quando non poteva vedere almeno il suo volto addormentato. Alla fine era successo: la presenza minacciosa, Mario Viverna, era riuscito a portarle via la sua adorata ragazza. Non tutto era perduto, ovvio – vedeva solo un baratro di morte, se così non fosse stato – ma per il momento la situazione era gravissima: per quanto si arrovellassero, non riuscivano a escogitare un piano che potesse salvare tutti quanti.
Fosse stato per lei si sarebbe lanciata all’istante al salvataggio, se ne avesse avuto la facoltà, ma c’erano due grossi problemi: primo, l’anima di Maka era una grigory dalle potenti onde anti-demone, che Viverna non si faceva problemi a usare contro il Demone, Chrona. La figlia della strega sentiva ancora i postumi dell’attacco che l’aveva colpita, sul tetto della scuola.
Secondo: Viverna minacciava di ucciderla del tutto se lei si avvicinava troppo. Chrona ci aveva pensato, e non le sembrava molto furbo da parte di Viverna distruggere la sua unica fonte di potere, ma evidentemente avrebbe preferito quello a una morte certa. Forse bluffava, ma lei non sarebbe mai stata disposta a correre il rischio.
O, forse, c’era qualche altro motivo…

 

Dopotutto, il padre di Maka ha ucciso Circe Gorgon, non sarebbe una cosa strana se Mario la desiderasse morta per davvero.
Oppure chissà, magari non è così stupido come sembra e non ci ha detto tutto.
Magari…

 

La chiamata di Kid la richiamò dai suoi pensieri.
“Merda! – disse, trasecolando – Ha iniziato a uccidere!”

Zona Autrice

Buon lunedì a tutti!
...eccoci qui a un capitolo un po' spiegone, spero che lo abbiate apprezzato lo stesso XD.
Come curiosità, vi confido che la scelta di rendere Mario e Cariddi fratelli è giunta molto tardi nel corso della stesura dell'opera: in effetti, le azioni di Viverna non avrebbero avuto un movente abbastanza convincente se non fosse stato così... inoltre volete mettere il colpo di scena? Ahahahah!
Ringrazio tutti voi che mi avete seguito fin qui!
- vi lascio per una volta senza foto, non ne ho trovata nessuna appropriata -
A lunedì prossimo!

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Losing hope. ***


Losing hope.

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

“Non c’è tempo di stare a far progetti, dobbiamo almeno fermarlo, anche se non riusciamo a catturarlo! Forza, in piedi!”
Chrona fissò il Sommo Shinigami trasognata, tenendo fra le sue mani una di quelle inerti di Maka. Il tono del dio della morte somigliava molto più a un ordine perentorio che una esortazione. Capì all’istante che era meglio non discutere.
Si alzò in un attimo e lanciò un ultimo sguardo a Maka, prima di lanciarsi fuori dalla finestra in volo dietro al Sommo Shinigami, che sfrecciò sui tetti seguendo con lo sguardo all’orizzonte le tracce di fumo, pericolosamente vicine al centro.
“Che succede?” chiese il Secondo Kishin affiancandolo con un colpo d’ala.
“Le case – rispose Kid, con una piattezza velata di disperazione – adesso mira alle case. Con la gente dentro. L’evacuazione è iniziata da troppo poco tempo. Dobbiamo impedirgli di attentare alle vite dei cittadini. Aiutami.”
“Sì.” Rispose Chrona, ma la sua voce vacillò nei turbinii di dubbi e incertezze che ancora le riempivano la mente.
“A cosa pensi?”
“Viverna o è scemo o ci ha taciuto qualcosa. Minaccia di distruggere l’anima di Maka, ma cosa mi impedirebbe di ucciderlo in modo orribile, dopo? Perderebbe la protezione e i poteri dell’anima grigory. Dev’esserci qualcos’altro, non può essere solo un bluff.”
Kid non fece in tempo a rispondere perché, nel frattempo, erano giunti sopra a un vasto cratere di cemento e calcinacci che affondava fra due abitazioni contigue, punteggiato da tubi rotti e mattoni. C’era un condominio lì, prima, per quanto ricordava Kid. Soul Eater comparve tra le fila di soldati che già presidiavano il luogo, sbracciandosi per farsi notare.
“Di là! – urlò, indicando una direzione con il braccio, prima di trasformarsi in falce tra le mani del Dio della Morte – Sono andati in quella direzione! È la streghetta Carrie che fa saltare in aria i palazzi, dobbiamo catturare almeno lei!”
“Muoviamoci allora.”
I soldati inneggiarono esaltati alla loro partenza, rinfrancati dalla vista del dio che li proteggeva. Chrona pensò che doveva essere una bella sensazione essere amati da così tante persone, ma ebbe pochissimo tempo per finire il suo ragionamento, perché l’anima sgraziata e negativa di Viverna le si presentò subito davanti, come un tornado portatore di caos. Incontrarono lo stregone a pochi isolati di distanza, sempre a cavallo della strega Amber Sushi trasformata in drago e Carrie Bat che lo accompagnava, in piedi sul selciato poco distate. La streghetta aveva le mani sollevate verso l’alto e pareva in procinto di stare per compiere un incantesimo molto pericoloso, quindi Kid si lanciò contro di lei in volo e la colpì con il manico della Falce della Morte, travolgendola e mandandola a gambe all’aria. Chrona vide i suoi occhi sgranati e vuoti mentre tentava di rialzarsi, e fu completamente certa che fosse posseduta dalla volontà di Viverna fino alle più profonde pieghe della sua anima. Kid la afferrò per le braccia nel tentativo di catturarla senza farle male, ma uno schianto improvviso lo allontanò da lei come se la piccola si fosse fatta saltare in aria: era la sua telecinesi distruttiva. Lo stregone scoppiò a ridere a quella scena, a cui aveva assistito senza nemmeno alzare un dito.
“Guarda chi è arrivato, il Dio della Morte! Insieme alla cavia di Medusa, bene! Che volete fare, uccidermi?”
C’era gente che correva per le strade con borse e figli in braccio, spaventatissima per la scena che si stava svolgendo nella via, e faceva ala agli avversari creando una sorta di strana arena vuota in mezzo alla strada.
Kid imbracciò la falce minaccioso e Chrona atterrò di fianco a lui con gli occhi duri come la pietra. Sentiva l’anima di Maka, da lì, quasi soffocata da quella negativa di Viverna, ed era… più debole!?
“Se siete venuti per arrendervi del tutto a me, posso solo esserne felice.” Sghignazzò il loro nemico, mentre Carrie tornava a mettersi in posizione d’attacco, in piedi con le manine sollevate. Chrona si sentì per un momento mancare il terreno sotto ai piedi, non riuscendo a escogitare nemmeno una via per vincere quello scontro: “Che stai facendo all’anima di Maka!? – urlò – Si sta dissolvendo!”
Kid si accigliò a quelle parole, e Viverna parve piuttosto contrariato: “È un vero peccato che te ne sia accorta, speravo di poterti tenere tranquilla ancora per un bel po’, con la scusa che se facevi la bambina cattiva uccidevo la tua amica…ma mi sa che ormai è inutile dire bugie. Sto assorbendo l’anima di Maka Albarn, risucchiandole tutta la sua forza vitale, in modo da trasferire i suoi fantastici poteri da questo bracciale a me. Morirà in ogni caso, che tu lo voglia o no, prima di domani.”
Chrona sentì il suo cuore fermarsi.
“…sai, speravo di riuscire a piegare i cittadini di questa città al mio dominio mentre ancora avevo una possibilità per ricattarvi, ma temo che non sarebbe stato possibile in ogni caso. Qui se ne stanno andando tutti, nessuno mi da retta.”
Maledetto bastardo!” gridò Soul fuori di sé dalla rabbia, nello stesso momento in cui Carrie concentrava nelle sue manine un’energia incontenibile.
“…purtroppo c’è stato il bisogno di misure drastiche.” Finì di dire Viverna, mentre il palazzo che aveva alle spalle saltava in aria, con tutta la gente che c’era ancora dentro.

 

Una buona metà delle persone che stavano dentro al palazzo che abbiamo di fronte muoiono.
Le sento sparire all’istante insieme al tuono dell’esplosione. Sono abituata a vedere le persone morire, ma questo non è giusto comunque, non è giusto. Anche perché mi rendo conto che, presto, Maka le raggiungerà. Non riesco a muovere le gambe, vorrei camminare in avanti e seguire Kid che si è precipitato a tirare fuori dalle macerie i sopravvissuti, ma non ci riesco, è come se i miei muscoli si fossero ricoperti di cemento a presa rapida. Si è bloccato anche il respiro. E anche i miei pensieri. Ah, no, una cosa la sto pensando.
“Devo salvare Maka. Adesso, prima che sia troppo tardi.”
Kid e Soul stanno facendo avanti e indietro dai muri distrutti portando al sicuro le persone, aiutati da un paio di soldati che ci hanno appena raggiunti, quindi non possono avermi sentita parlare. Viverna però, quello stupido pezzo di merda, lui ha intercettato le mie parole.
“Vieni allora, Demone, così mi risolvo il problema e ti ammazzo subito.”
Mi lancio contro di lui mordendomi le vene dei polsi, e sento il sapore caldo e ferroso del sangue inondarmi i denti. Non userò la spada questa volta, nell’attimo in cui mi sono messa in azione la mia mente si è schiarita come se una ventata di aria gelida avesse fatto volare via tutte le incertezze, e ho capito che contro quest’avversario le armi da taglio non sono l’idea migliore. Lo soffocherò col mio sangue. E poi me lo mangerò.
Il drago Amber impenna in avanti nel tentativo di proteggere il suo cavaliere e farsi avvolgere dal mio sangue al posto suo, ma è inutile: io li voglio entrambi. Sento Viverna dibattersi nei tentacoli neri che in un secondo lo avvolgono ma è inutile, perché in un attimo ne è completamene immerso. La sua coscienza vacilla mentre lo stritolo nei rovi della mia follia, e sputo fuori la povera Amber: la sento trasfigurarsi nella sua forma normale di delicata strega bambina, perché pur essendo soggetta all’incantesimo dello stregone resta una vittima anche lei. Torno a concentrarmi sul mio nemico, e incontro una resistenza notevole.
“Ahahah, speri di farmi impazzire, Demone?”
La sua anima sarà anche un degradato uovo di Kishin, ma devo ammettere che la stoffa del sangue Gorgon non gli manca: ormai la mia oscurità ci immerge completamente e se fosse stato una persona normale sarebbe già sotto il mio potere, se non addirittura fuso al sangue.
“Non sarei così allegro se fossi in te – lo provoco, infastidita dal suo atteggiamento spavaldo – ho assorbito avversari peggiori di te. Come un soggettino di nome Ashura, ad esempio.”
Stringo la presa e lo sento soffocare, ma nonostante tutto continua a resistere. È inutile che continui così, fra poco si sarà dissolto, e potrò recuperare il suo bracciale con l’anima di Maka.
“Come se non sapessi che puoi divorarmi, stupida – afferma, faticosamente – mi stai proprio sottovalutando.”
È a questo punto che percepisco qualcosa che mi gela le vene: l’anima di Maka inizia a divenire sempre più debole, a dissolversi nel buio… la sta assorbendo tutta in una volta!
“…se sforzo così il processo ci metterà più tempo a perdere coscienza di se stessa, ma sarà legata a me! La assorbirò come tu hai fatto con Ashura, e se proverai a distruggere me anche lei morirà!”
Terrorizzata ritiro il contatto, rigettandolo fuori: all’improvviso ci ritroviamo in piedi uno di fronte all’altro, sull’asfalto sporco di nero della strada, con un capannello di persone che ci fissano. Kid ora è alle prese con Carrie Bat, ma si fermano entrambi a guardarci perché si rendono conto che qualcosa è cambiato. Viverna ridendo come un pazzo si strappa il bracciale metallico dal polso, ormai inutile, e lo lancia ai miei piedi.
“Che diavolo è successo!? – urla Kid – Che è successo all’anima di Maka!?”
Non ho nemmeno la forza per rispondere.

 

Pochi minuti prima, due giovani studenti stavano correndo per le vie centrali di Death City, prendendo a spallate la folla che ormai si riversava in fuga per le strade procedendo in senso contrario al loro. Uno era un maestro della classe Crescent Moon, l’altro un’ arma – un martello – proveniente dalla sezione NOT. Avevano da poco saputo di quello che era successo alle loro due piccole partner streghe, del fatto che il loro tutore non aveva fatto altro che usarle per tutto il tempo, e che erano state accompagnate alla DWMA unicamente per poter servire da strumento al sordido Viverna. Correvano come pazzi, fino a che giunsero nel punto da cui partivano le colonne di fumo, visibili da ogni angolo della città, e rimasero bloccati dallo spavento: il centro della strada era occupato da una enorme massa nera che emanava follia e oscurità, che li colpì in pieno compromettendo la loro capacità di pensare lucidamente. Il Sommo Shinigami, invece, stava combattendo contro Carrie Bat a suon di incantesimi di detonazione. Il ragazzino-martello, riconoscendo la sua partner che sfidava il preside della scuola, rimase immobile e con gli occhi sgranati dalla costernazione.
“Do…dovrei andare ad aiutarla, Em-Ni?”
“Non dire idiozie! Ma non lo vedi che è posseduta!? Aiuta il Sommo Shinigami piuttosto!”
Il ragazzino cicciottello se ne rimase lì a tremare paralizzato dalla paura, mentre il suo compagno lo trapassava da parte a parte con lo sguardo.
“No, non posso… sono solo un’arma io.”
“Lo farò io allora. Dov’è Amber?”
Em-Ni esaminò il terreno ma non vide traccia della sua arma. Fece molta fatica a tenere lo sguardo fisso sulla massa di sangue nero e ribollente che si agitava proprio davanti a lui: dedusse che doveva trattarsi del Kishin che aveva a che fare con Viverna, le sue onde di follia erano molto riconoscibili. All’improvviso il corpicino di Amber, avvolto nel suo abito candido, emerse dal sangue e andò a cadere sull’asfalto, privo di sensi. Il suo maestro si lanciò da lei, circondandola con le braccia per proteggerla da quell’incubo incarnato; vederla in quello stato miserabile, con gli occhi cerchiati di nero e un’espressione di vaga sofferenza sul volto, gli fece male al cuore. Si affrettò a portarla al riparo dal campo di scontro, in mezzo alla gente, vicino a dove stava il loro amico martello.
“Amber, Amber dai rispondi per favore, svegliati!”
La streghetta stropicciò gli occhi e poi li spalancò, come due grosse finestre azzurre, e sorrise debolmente alla vista del suo maestro che la guardava preoccupato.
“Ciao Em-Ni…che succede? Dove sono?”
“Non… non ricordi nulla?”
“Io…”
Amber si sollevò seduta, sempre sorretta dal ragazzo, e si guardò intorno.
“…ricordo che c’era Mario, che ha detto che dovevo fargli un favore. E poi più nulla…mi è entrato nella testa. Mi aveva promesso che non lo avrebbe fatto mai più, erano anni che non lo faceva…”
I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime e il suo maestro la abbracciò, tenendola stretta.
“…ho paura che mi abbia fatto fare cose brutte…ma aveva promesso che non le avremmo fatte mai più, che saremmo andate a scuola…anche Carrie…è ancora nella testa di Carrie…”
Qualcosa in mezzo alla strada, all’improvviso, attirò la loro attenzione, bloccando anche il combattimento del Sommo Shinigami: la concrezione di sangue nero si dissolse liberando due corpi ricoperti di oscurità che si fronteggiavano: Mario Viverna e Chrona Gorgon, con le ali sfilacciate che si srotolavano al vento e un’espressione di pura perdizione stampata nel volto.
Amber singhiozzò e Em-ni rabbrividì, perché erano entrambi allenati abbastanza bene da capire perfettamente quello che era appena successo.
“L’anima della professoressa Maka… non c’è più!” esclamò terrorizzata la streghetta. Il suo maestro si limitò a stringerla a sé più forte, in silenzio.
Rimasero a guardare lo stregone liberarsi del suo bracciale e il Sommo Shinigami chiedere spiegazioni ad alta voce, sentendo le loro speranze farsi sempre più deboli. Sicuramente le due divinità che stavano combattendo contro Viverna, il signor Death the Kid e Chrona, avrebbero reagito. Avrebbero salvato la loro professoressa e la loro città. E invece no, erano come paralizzati.
Kid stringeva i denti dalla frustrazione mentre il Kishin sembrava reggersi in piedi a fatica, da tanto le tremavano le gambe. Em-ni trovava tutto ciò inconcepibile.
“Dobbiamo fare qualcosa Amber, o il tuo tutore e Carrie finiranno per metterli fuori gioco! Dobbiamo salvare la professoressa!” sibilò il giovane maestro, trovando quella mancanza di iniziativa dei suoi superiori parecchio irritante.
Amber il tutta risposta avviò la metamorfosi, prendendo la forma dell’arma più distruttiva che era riuscita ad imparare: un lanciamissili. Il suo maestro le lanciò uno sguardo di approvazione e se la caricò su una spalla, sussurrando al ragazzino martello di rimanersene nascosto tra la gente. Avrebbero colpito Viverna prima che potesse fare altri danni, e gli avrebbero fatto abbastanza male da impedirgli di reagire quando i più grandi lo avrebbero catturato.
Avvenne tutto in un attimo: Em-ni si erse sull’asfalto con Amber pronta a sparare; il Sommo Shinigami si voltò verso di lui allungando in avanti la mano, come se volesse fermarlo; il Kishin lo fissò con i suoi occhi vuoti gridando un disperato “no!”; Viverna lo intercettò in un attimo, e fece un cenno come per impartire un ordine a qualcuno; Carrie si piazzò in piedi di fronte al suo dominatore.
Il colpo partì e prese in pieno il corpo di Carrie, che esplose con una detonazione istantanea di luce che accecò tutti i presenti, scagliando Amber e il suo maestro all’indietro per il rinculo e facendo sparire dalla vista la strada con tutti i suoi occupanti. Se qualcuno urlò non si sentì, perché il tuono del colpo era stato troppo forte.
Presto fu tutto finito.
Em-ni fu svegliato da qualcuno che lo riscuoteva, facendogli strofinare la testa contro l’asfalto ruvido; aprì gli occhi e trovò il Sommo Shinigami che incombeva su di lui, preoccupato. Gli fece strano trovarsi a pensare, completamente a caso, che il capo di tutta la loro città avesse soltanto un anno più di lui.
“Ehi – disse Death the Kid premurosamente – stai bene ragazzo?”
“Penso di sì.” rispose il maestro, cercando subito con gli occhi la sua piccola arma e trovandola in un secondo, con sommo sollievo, seduta accanto a lui. Anche il preside si rilassò: “Bene. – disse, sforzandosi di sorridere – Sei stato coraggioso, sai? Forse un po’ troppo avventato, ma coraggioso. Per fortuna non ti sei fatto nulla.”
Il maestro si guardò intorno, preoccupato da quelle parole, e lo scenario che vide attorno a sé lo mise in parecchia agitazione: la gente che assisteva allo scontro era scappata via, e rimanevano solamente lui, Amber, il Sommo Shinigami, Soul Eater e il Kishin, inginocchiata a terra col bracciale di Viverna fra le mani. In un angolo, in lacrime, scorse anche il suo amico martello. Poi niente altro, se non un alone nero a sporcare la strada dove era esploso il colpo di Amber.
“Viverna è scappato?”
“Sì. Purtroppo non siamo riusciti a seguirlo nell’esplosione.”
“Ma pensavo di averlo…”
“Ha usato Carrie come scudo. – si intromise Soul Eater, cupo, in piedi di fianco a loro – Purtroppo il colpo l’ha preso lei. Ed è…”
Amber scoppiò in un mare di lacrime. Em-ni la strinse a sé, sentendosi invadere dalla costernazione anche lui, e da un indefinito e insidioso senso di colpa.
“È un disastro.” Mormorò Chrona Gorgon, stringendo il freddo metallo del bracciale fra le dita.

Zona Autrice

Buon lunedì a tutti ragazzi!
Che la gioia e il buonumore siano con tutti voi! 
*guarda il capitolo che ha appena pubblicato* 
*lol*
Qui ho scelto di dare un po' di spazio anche ai nuovi personaggi che ho introdotto, in particolar modo a Amber e a Em - ni: come ho scritto da qualche parte in qualche capitolo precedente, quei due sono una citazione ad una certa coppia di personaggi che qualcuno potrebbe conoscere. In ogni caso, mi faceva molto brutto non dargli almeno qualche scena un po' importante. Oh, sì, dai, ve lo do un indizio per capire da dove arrivano: *khem khem* Pokémon. 
Primo film.
Scene censurate in Europa perché se no i bimbi piangono.
Ahahahah okay, siamo tornati nel mood. Come diavolo andrà a finire 'sto casino? Ma soprattutto, quanta gente ancora deve morire? Sono forse io Martin sotto mentite spoglie???
Lo scopriremo lunedì prossimo!
Bye! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Bleeding sun. ***


Bleeding sun.

 

“… purtroppo non c’è nient’altro da fare.”
Quella frase aleggiò funerea per qualche secondo, nell’ampio spazio azzurro della Stanza della Morte, e lasciò dietro di sé echi che nessuno osò profanare.
Si stava tenendo un vero e proprio consiglio di guerra, alla DWMA, poiché la situazione risultava disperata diverso parecchi punti di vista. Erano presenti tutti i professori, Excalibur, i ragazzi che avevano composto la vecchia squadra di Maka Albarn, la strega Cariddi e, ovviamente, Chrona Gorgon. Il discorso che stavano sostenendo non piaceva a nessuno, in particolar modo quell’ultima frase pronunciata da Kid: era carica di sconforto, di fatale perdita di speranza. Persino Black*Star – presente con il suo braccio ben ingessato – non ebbe il coraggio di replicare come avrebbe fatto al suo solito. Erano ore che discutevano la situazione, e quella sembrava essere l’unica via d’uscita possibile.
Chrona non aveva aperto bocca durante tutta la riunione. Si sentiva a disagio, profondamente, con ogni fibra del suo essere: se fosse stato per lei, sarebbe tornata subito al capezzale di Maka, e magari avrebbe affrontato la disperazione da sola, cercando di trovare un modo per non impazzire del tutto, e magari far sparire Viverna dalla faccia della terra nel modo più doloroso possibile. Invece no, era lì in mezzo a tutte quelle persone, e le sembrava che ciascuno la guardasse di sbieco, come per sondare la sua anima, per leggerle dentro e compatirla. Era una cosa che la umiliava.
Era stato deciso che Viverna sarebbe stato catturato morto, indipendentemente dal fatto che l’anima di Maka fosse stata ingoiata da quella dello stregone. Chrona non aveva obiettato.
Purtroppo era la terribile verità: non c’era nient’altro da fare.
“È una decisione orribile, lo so, – stava dicendo Kid, serio – ma dobbiamo deciderci a sacrificare qualcuno. Viverna al momento si è ritirato, ma prima che gli studenti Amber ed Em-ni lo spaventassero col loro attacco è riuscito a uccidere più di venti persone, per non parlare dell’orribile fine che ha fatto la povera Carrie Bat.”
Em-ni era presente, solo – Amber e il ragazzino martello erano in infermeria a riprendersi -, e indurì i sottili occhi viola scuro per nascondere il rimorso. Era stato Kid a volerlo lì, probabilmente perché lo considerava abbastanza maturo e abile per avere una voce in capitolo.
“Perdere Maka Albarn è una tragedia inconcepibile per tutti noi, – continuò il Sommo Shinigami con voce tremante – ma se non uccidiamo Viverna subito potrebbero morire molte più persone. E purtroppo, nessuna vita singola può valere più di quella di tante altre.”

Menzogna, Maka vale mille volte più di tutti i cittadini di Death City messi insieme pensò Chrona tra sé e sé, ma se ne rimase in silenzio perché era ben consapevole che quel pensiero era parecchio egoista.
Cariddi Gorgon singhiozzò e dichiarò, sconsolata: “È tutta colpa mia… mi dispiace. Mio fratello ha fatto tutto questo solo perché avrebbe voluto essere al mio posto.”
La strega era seduta vicino a Chrona, e quelle parole turbarono parecchio il Demone: “Non è vero, – le mormorò a mezza voce – lui voleva solo sentirsi più potente di quello che è veramente, hai solo avuto la sfortuna di essergli parente.”
Excalibur aveva sentito solo le ultime parole di Cariddi, e di conseguenza esclamò, a voce troppo alta: “La strega ha ragione! Viverna ha fatto capire di volerla morta, quindi per organizzare un piano d’azione possiamo usarla come esca!”
L’idea di passare al progetto di un piano d’azione turbò l’animo di tutti, ma nel loro intimo sapevano che sarebbe arrivato il momento di parlarne.
“Va bene – disse Stein, che aveva lasciato Marie e FJ al sicuro a casa – mi sembra un buon inizio. Non dimentichiamoci che Viverna non è stupido, avrà capito che nel nostro prossimo attacco mireremo a ucciderlo senza scrupoli, visto che per Maka non c’è più speranza ora che l’ha assorbita.”

 

No, non dirlo testa-avvitata. Non dirlo neanche per scherzo.

 

“Lasciate che lo faccia io.”
Chrona si era alzata in piedi e per la prima volta aveva parlato per farsi sentire da tutti. Stein e Kid la guardarono in silenzio, senza obiettare, aspettando che finisse.
“Voglio chiedervi per favore due cose. Primo: lasciatemi entrare in risonanza con quel che resta  dell’anima di Maka solo un’ultima volta, voglio dirle addio. Secondo, lasciatemi prendere possesso di Viverna e trascinarlo nelle profondità del mio inferno, non merita niente di meno.”
Il Sommo Shinigami sollevò le spalle: “In realtà l’anima di Viverna spetta a me. Sono io lo Shinigami dopotutto.”
“Oh, la avrai – rispose Chrona digrignando i denti – Lascia solo che mi ci sfoghi un po’ io, prima.”
Il tono che aveva usato era talmente terrificante che persino a Black*Star era venuta la pelle d’oca. Kid non si dimostrò particolarmente impressionato e replicò, freddo: “Ci saremo io e Soul a dargli il colpo di grazia e a prendere la sua anima. Capisco il tuo dolore ma ricorda che sei nel regno del Dio dell’Ordine.”
“Mi basta.”
Ohibò! – esclamò Excalibur quasi urlando – Mi sembra di essere tornato in mezzo agli antichi Dominatori di ottocento anni fa! Che nostalgia!

 

E così è deciso.
Sentendomi sopraffare dalla presenza di tanta gente mi allontano, al finire della discussione, prima ancora che Kid ci abbia dato il permesso di andarcene. L’azione partirà fra un’ora. Eh… un’ora è brevissima. Ma non ce la faccio più. Sento la testa scoppiare.

 

“Chrooona…”

 

Ho tenuto io il bracciale con le cinque pietre magiche, il loro contatto freddo sulla pelle delle mani mi tiene incatenata alla realtà. Le lacrime mi appannano la vista e fatico a capire dove sto andando, sgorgando spontanee come fiumi bollenti: ma io non ci sto pensando, non sto impazzendo, va tutto bene. Ma certo, fra poco aiuterò la DWMA, e poi andrà tutto bene, non devo pensarci o morirò, non devo…

 

“…sapevi che saremmo arrivati a questo punto, povera stupida. Lo sapevi fin dall’inizio. Quando hai attivato il Cubo per ricostruire la tua carne e le tue ossa già te lo sentivi dentro, che sarebbe stata una pessima idea: nulla di quello che tu tocchi può andare a finire bene. Adesso Maka morirà, ed è tutta colpa tua.”

 

Oh no, non tu. Stai zitto.

 

“…pensavi di esserti liberata di me, eh? E invece no, perché ormai io e te siamo una cosa sola, ed io vivrò in te per sempre. Probabilmente, se te ne fossi rimasta nel tuo purgatorio tutto questo non sarebbe mai successo. Viverna è un povero idiota, e sicuramente Soul, Kid e gli altri avrebbero salvato Maka senza di te. Il tuo legame ossessivo con lei l’ha condannata a morte. Che volevi fare, salvarla? Tu? Ma se dalle tua mani può uscire solo morte? E dire che lo sapevi benissimo.”

 

Zitto.

 

“Sappiamo entrambi di che sostanza sei fatta. Sei fatta di odio, terrore e rabbia. Guardati. Stai scappando dalla scuola come se l’avessi commesso tu il reato, e gli altri ti hanno guardata, sì, ti hanno guardata come si guarda un mostro. E ora sei sola. Dove? E chi lo sa, è un angolo buio, nascosto, dove la luce del sole morente già non può più raggiungerti. È umido a terra. Sporco. Come la tua anima. Lo sanno tutti, sai? Quello che vuoi. Lo so io e soprattutto lo sai tu: il tuo cuore brama la distruzione. Ma sì. Kid non capisce nulla, proprio come nostro  padre. Distruggi tutto. Io so che lo vuoi. Questo mondo fa schifo, cancellalo. Se tutti soffriranno come soffri tu ti sentirai molto meglio. Puoi farlo. Non vedi l’ora. La sento, la sete di sangue che grida dalla tua anima…sei il Kishin, sei me.”

 

STAI ZITTO, ASHURA!

 

“…non raccontiamoci palle. Maka è praticamente morta ed è colpa tua. È inutile che piangi, disperarsi così non serve a niente. Tu devi fare quello che sei nata per fare, devi lasciarti andare alla follia del caos. Ucciderai Viverna, e poi te lo mangerai. E poi anche gli altri, perché farlo ti piacerà un sacco. Tu lo desideri, era per questo che Medusa ti ha messa al mondo.
Speravi di salvare Maka, eri convinta di amarla… ma sei solo una stupida, tu non sei capace di amare: la tua è solo una ossessione malata, ti sei incollata a lei solo perché è stata la prima persona a rivolgerti la parola… l’hai distrutta, sì, tu! L’hai corrotta, anche lei è diventata malata come te, si è macchiata della tua sporcizia e adesso è morta! Tu non sei fatta per amare, ma per distruggere!”

 

TI ODIO! STAI ZITTO!

 

Una mano si posò sulla spalla di Chrona, spingendola a voltarsi di scatto per la sorpresa.
Era Cariddi, in piedi di fronte a lei. La sua siluette era disegnata dai raggi del tramonto, che illuminavano a fatica le strette mura del vicolo, poco lontano dalla scuola, dove si trovavano.
“Stai… bene?”
Chrona sgranò gli occhi. La strega doveva esserle corsa dietro.
“Stavi urlando…”
Cariddi aveva un’espressione contratta, a metà tra il preoccupato e lo spaventato. La figlia della strega non doveva offrire un bello spettacolo; continuò a non risponderle, boccheggiando nell’aria fetida del vicolo come un pesce sull’asciutto. No, non stava bene per niente.
“Senti… - continuò sua cugina, cercando di suonare più gentile che poteva - …so che deve essere particolarmente dura, per te. Ma temo che scappare così ti farà stare solo peggio… so che non ti piacciono le persone, ma se vuoi prima di partire per l’azione puoi venire a stare da me, per prepararci. E poi, non so, magari anche dopo… dopotutto tu sarai la mia unica parente in vita. Non voglio lasciarti sola.”
Chrona la osservò mordersi un labbro. Probabilmente si stava chiedendo se quello che le aveva appena proposto era stata una delle idee più pessime della sua vita, considerato lo stato in cui il secondo Kishin si trovava in quel momento. Chrona lo apprezzò, nonostante tutto.
Riuscì perfino a trovare le parole per risponderle.
“No… - ansimò – Non… non è una buona idea. È meglio se ti allontani da me. Ora. Io… ho bisogno di stare sola adesso. Sì, sola…”
La strega non insistette, ma continuò a guardarla in modo interrogativo. Chrona voleva liberarsene, e pensò che non l’avrebbe mai allontanata se almeno non provava a spiegarsi; la sua presenza l’aveva riportata leggermente più a contatto con la realtà, ma la sola compagnia di un altro essere senziente le dava il voltastomaco:
“Lui… - iniziò, indicandosi la testa - …ed io… siamo una cosa sola! Ormai ho io il potere e lui vuole spingermi ad agire come faceva lui! Non… non è stato come Ragnarok che si è addormentato… lui mi provoca…”
Cariddi fece un passo indietro, terrorizzata.
“…lui vuole che io faccia delle cose… e la cosa terribile è che io vorrei farle… voglio farle…”
La strega parve sul punto di scappare a gambe levate, ma si trattenne e restò là, cercando di mantenere il suo autocontrollo: “Cugina – disse – forse è meglio se torni con me da Kid, se le cose stanno così.”
“No. No, ho solo bisogno di stare un po’ sola. Grazie. Non… farò del male a nessuno. Va tutto bene. A dopo.”
Chrona concentrò la sua anima fino a farla defibrillare, fino a sciogliere il corpo in una scarica di energia per materializzarsi altrove, come aveva imparato a fare acquisendo gli antichi saperi sepolti nel libri di Eibon, e sparì proprio mentre Cariddi stava per rispondere.
“Maledizione.” Mormorò la strega fra i denti.

 

Kid stava indossando il suo mantello da Shinigami nello studio ricoperto di tombe quando la strega Cariddi entrò nella stanza tutta trafelata. Mancavano circa quarantacinque minuti all’appuntamento di fronte al portone della DWMA, quando l’operazione per l’eliminazione di Mario Viverna sarebbe iniziata.
“Cosa c’è? – chiese lo Shinigami, lasciando trapelare una vena di preoccupazione dal tono piatto della voce – Dovresti essere a prepararti con Chrona.”
“Chrona è il problema, purtroppo.”
Liz Thompson, che se ne stava trasformata in pistola appoggiata sul tavolo di fianco a sua sorella, fu attraversata da un brivido di paura: “…sarà mica impazzita per la morte di Maka?”
“Temo… temo di sì.”
Kid sibilò tra i denti un improperio e afferrò al volo le sue pistole.
“Proprio come temevo. Quella ragazza è instabile, l’avevamo già persa da prima, quando Viverna ha assorbito l’anima di Maka. Partiamo subito: Cariddi, raduna gli altri per favore. Dobbiamo trovare quello stregone e ucciderlo prima che Chrona decida di fare follie, e poi dovremo occuparci di lei.”
Con uno svolazzo nero il dio della Morte volò di corsa fuori dalla sala, e la strega poté osservare la profonda delusione e rimorso che ne solcava il volto pulito; Cariddi sospirò, provando sentimenti molto simili: probabilmente, se le cose fossero degenerate, prima che fosse sorta la luna sarebbe rimasta una sola donna al mondo a portare il nome Gorgon.

 

 

Certo che il mio fato non si smentisce proprio mai.
Mi fa quasi ridere come, dopo tutto quello che la mia vita mi ha sputato in faccia, io ancora non abbia imparato come funzionino le cose per me: perché no, questa non è la prima volta.
Anche tanti anni fa, in quel lontano primo Aprile in cui Ashura si risvegliò di nuovo, mi convinsi che la mia vita era cambiata in meglio. Maka mi aveva preso la mano, e Medusa era stata fatta a pezzi dal professore che aveva deciso di prendere come amante. Io ero disorientata… ma ero libera. In quei brevi giorni di paradiso imparai cosa vuol dire avere degli amici, e ovviamente mi innamorai della mia Maka.
Già quella volta avrei dovuto capire che quando penso di essere felice, in realtà la vita non sta facendo altro che prepararmi il terreno per nuove sofferenze. Quella volta Medusa tornò, e mi reclamò a sé.
Ero debole, vigliacca e meschina, e risposi alla chiamata. Nemmeno voglio pensare al periodo che seguì, tra i digiuni, i castighi e gli esperimenti, che ripresero con la stessa frequenza di quando avevo cinque anni. Per non parlare della nausea. Per il dolore, e per me stessa: mi facevo schifo.
Avrei dovuto capire.
Anche quando mi fu data la possibilità di prostrarmi nella redenzione, di dare la vita per la persona che amo di più al mondo e – in qualche modo – porre rimedio ai miei peccati, non riuscii a resistere.
Ho ricostruito il mio corpo. Ho rimesso insieme la mia coscienza.
Per amore (amore…? Non diciamo idiozie, era solo egoismo) ho desiderato prendermi il merito di proteggere Maka e come una stupida ho dimenticato le inflessibili regole che determinano la mia vita. Ossia, che nulla di buono c’è su questo mondo per Chrona.
E, soprattutto, per tutti quelli che le stanno attorno.

 

Ora è successo di nuovo, solo adesso riesco – minimamente – a rendermene conto.
Maka morirà.
È inutile che Ashura continui a sussurrarmi nelle orecchie di lasciarmi andare alla follia e distruggere tutto, tanto c’è già questa semplice consapevolezza a strillarmi nell’anima lacerandomi il cuore da dentro… ho combattuto contro di lui per tre anni, ormai non sono più condizionabile come un tempo.

 

C’è solo una piccola cosa che ancora mi trattiene dal perdermi di nuovo, dal lasciare quell’immenso oceano nero annegare gli ultimi sprazzi della mia anima, come un’ancora che mi tenga aggrappata agli scogli: è una cosa che mi ha già salvata in precedenza, quella cosa che mi ha spinta a sconfiggere Ashura spingendomi a compiere l’eresia di non morire.
La mia amata è ancora viva e, solo per un breve momento, la incontrerò di nuovo.
Già. Non posso certo sprecare questa occasione imperdibile, questo miracolo fragile e sfuggente.
È questo il mio unico pensiero, l’unica barriera tra la me e la morte e distruzione di questa città e, poi, del mondo.

 

Seduta sulle tegole bollenti di uno dei tetti del centro, assaporo i raggi rossi del sole morente che, nonostante il sortilegio di Viverna, sanguinano su questo cielo nero di morte il loro addio. Le mie ali oscure incombono, come questa notte del destino.
È ora di andare.

 

Prima che sia sorta la Luna, tutto sarà finito.
Prima che sia sorta la Luna io la rivedrò.
Dopo, solo il destino lo sa.

 

Image and video hosting by TinyPic

Zona Autrice

Buon lunedì a tutti!
Sono felice che siate arrivati a leggere fin qui, anche se per stamattina non ho molte idee su come riempire questo piccolo spazio... quindi penso che scriverò una barzelletta di pessimo gusto:

Maka se ne sta in coma sul lettino d'ospedale e Chrona chiede a Franken Stein: "Dottore, quanto le resta da vivere?"
Lui risponde: "Cinque."
... e Chrona preoccupata: "Cinque cosa?"
"... Quattro... tre... due..."

*scappa a nascondersi schivando i pomodori e le uova marce*
Vi auguro una buona settimana, alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Into the abyss. ***


Into the Abyss.

 

 Image and video hosting by TinyPic

 

 
 

“Sapevo che saresti arrivata fin qui.”
La fanciulla sorrise dolcemente, avvolta dalla sua stessa luce. Ali bianche circondavano la sua figura, eteree, ondeggiavano nell’oscurità delicate come i bagliori dell’alba. Ma, più che d’alba, quel chiarore era di tramonto: si percepiva chiaramente che, poco per volta, si stavano spegnendo.
“Sì, mi conosci. Non avrei mai potuto perdere l’occasione di vederti ancora una volta.”

 

Un’aria fredda gli scosse i capelli neri, provenendo dalle pianure desolate del deserto poco lontano, raggelato dal crepuscolo, e stranamente non gli diede troppo fastidio; quella brezza era elettrica di follia, Kid la sentiva pizzicargli contro la pelle. Non era molto sicuro su che tipo di follia si trattasse, ma gli auspici erano tutti più neri del nero.
Quella sarebbe stata una notte impossibile da dimenticare.
Gli sfuggì un sospiro mentre alzava il cappuccio nero per proteggersi dal freddo, e lo sguardo gli cadde automaticamente all’orizzonte: non trovando la Luna, per un secondo ebbe l’impressione che fosse ancora nera, come poco tempo prima, come quando tutta quella tragedia non era ancora cominciata. In realtà, semplicemente non era ancora sorta. Una lingua di sangue rosso ancora adombrava le alture ad ovest.
L’oscurità che aveva ricoperto il loro satellite ormai era scesa sulla Terra, e quella notte lui, il Dio dell’Ordine, avrebbe dovuto cancellarla di nuovo, e sigillarla una seconda volta in qualche anfratto ben nascosto. Questo pensiero lo riempiva di tristezza.
Non era di Viverna, la follia che permeava l’aria, no… era Chrona. Chrona aveva nuovamente perso il controllo e la sua anima incombeva su Death City come una coltre di buio, Kid avrebbe riconosciuto quelle onde spirituali ovunque: potevano appartenere solo ad un Dominatore, l’unico rimasto oltre a lui. La sua follia era diversa da quella di Ashura, però, drasticamente: Ashura era circondato di paura e sospetto, mentre lei… Kid non ne era sicuro, ma in quei giorni era arrivato alla conclusione di non aver mai conosciuto nulla che potesse esservi comparato. Era qualcosa di molto simile all’ossessione, unito all’impotenza e ad uno struggente dolore… come una profonda sete. Gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio.
Avrebbe dovuto capirlo fin da subito che Chrona sarebbe stata senza speranza in ogni caso, un Kishin non sarebbe mai potuto andare d’accordo con le norme imposte dal Sommo Shinigami.
Se solo Maka non fosse…
Un rumore di passi sulle scale lo distrasse dalle sue meditazioni. Era Soul, accompagnato da Cariddi, Em-ni e Amber trasformata in arma, i quali stavano finendo di salire di corsa i gradini per raggiungere lo spiazzo dell’entrata della DWMA, dove Kid ed Excalibur li stavano aspettando in piedi.
“Era come pensavo, vero?” chiese Soul senza aspettarsi una risposta, che infatti venne consegnata sottoforma di sguardo mesto; il ragazzo si trasformò subito in falce e le mani forti del Sommo Shinigami lo brandirono, in modo tale che le onde di follia del secondo Kishin potessero invadere anche lui attraverso le percezioni del suo maestro.
“C’è poco da discutere ora – ordinò secco Kid ai presenti – dobbiamo pensare a Viverna per primo. Cariddi lo cercherà e lo attaccherà, facendolo uscire allo scoperto, e noi lo finiremo in un colpo solo. Dopo sarà il turno del Kishin.”
Excalibur annuì mestamente alle parole di Kid, osservando il giovane maestro Em-Ni deglutire per l’agitazione. Il ragazzo era stato scelto in sostituzione di Black*Star per il combattimento, mentre a Stein era stato permesso di restarsene con la sua famiglia al sicuro: Kid in ogni caso avrebbe solo avuto bisogno di supporto durante il combattimento, o almeno questo era ciò che si auguravano tutti.
Cariddi attese un cenno dal Sommo Shinigami, dopodiché concentrò la sua magia tra le mani e, con un ampio gesto, dette vita ad una potente corrente d’aria che mise a serio rischio la stabilità di tutti i presenti.
“L’onda dell’anima di Viverna viene da quella parte.” Kid indicò un punto verso ovest, in direzione del deserto, mentre materializzava e attivava i propulsori per volare. Em-Ni si ritrovò coi piedi sollevati dal suolo a causa dei vortici generati dalla strega, la quale si girò per fargli un occhiolino: evidentemente si sarebbero spostati nel modo più veloce possibile, per trovare e raggiungere lo stregone prima che la situazione potesse degenerare oltre. Excalibur li osservava tenendosi fermo il cappello con il suo bastone da passeggio.
“Ovviamente dopo che avremo eliminato Viverna, dovremmo cercare Chrona – aggiunse Kid, con la morte nella voce – ormai è diventata imprevedibile, e potrebbe fare pazzie. Ora via, dobbiamo muoverci, sperando che non ci abbia preceduto…”

 

“Ti stavo aspettando.”
L’aria si era fatta gelida fra le mura delle rovine. Una nera figura era apparsa contro le ultime bave di luce del cielo, assisa in cima ad una delle colonne che un tempo reggevano il tetto ormai crollato. Ali stracciate, come veli da lutto, ondeggiavano lentamente alla brezza del deserto pendendo dalle sue spalle.
“…sapevo che mi avresti raggiunto, prima o poi. Ti ho fatta arrabbiare parecchio.”
Il tempio antico, costruito da chissà quale cultura – forse streghe – resisteva con le sue mura sfatte, le sue colonne e il suo altare nel bel mezzo del deserto, ricoperto di terra e polvere. Erbacce crescevano fra i pietroni al pavimento. Lo stregone se ne stava seduto su un cumulo di mattoni al suolo.
“…probabilmente pensi di uccidermi. Ormai è tardi per salvare la tua amica. Lo so, naturalmente lo avevo previsto.”
La nera figura non rispose, limitandosi a guardare in silenzio lo stregone dalla sua posizione sopraelevata. Il suo volto era avvolto dalle ombre.
“Penserai che sono uno stupido. Come potrei mai pensare di dominare il mondo, io, se i suoi antichi dei continuano a reincarnarsi? Ovvio che non potrò mai riuscire a ottenere ciò che voglio fino a che il Sommo Shinigami vive. O finché tu vivi.”
Viverna lanciò un’occhiata eloquente verso la presenza in cima alla colonna, e le sue iridi gialle come quelle di un rettile rifletterono la luce delle stelle, che timidamente iniziavano ad illuminare il cielo come piccole lucciole. Brani di oscurità iniziarono a danzare attorno al demone, ad avvolgere l’antica roccia sulla quale sedeva come i viticci di una pianta rampicante.
“…quindi, sappi che non ho nessuna intenzione di farmi uccidere da te. Secondo Kishin.”
Il demone della follia finalmente si mosse: spalancò le ali e si sollevò in piedi. Per un attimo l’ultimo, sottilissimo bagliore blu del tramonto le illuminò gli occhi neri. Saltò, atterrò di fronte a Viverna generando come unico suono il frusciare sordo della polvere che le sue ali spinsero nell’aria.
“Io ti divorerò, Chrona Gorgon. Ti strapperò l’anima dal petto e me la mangerò. Il potere di Maka Albarn era solo un modo per iniziare, per poter arrivare a un potere più grande. Mi hai fatto un grande favore scendendo dalla Luna, tornando a mischiarti tra i mortali, sai? In effetti, con i soli poteri di Carrie e dell’onda antidemone, temevo che sarebbe stato un problema sconfiggere Shinigami. Carrie, poi, è anche stata sacrificata... Ma ora ho te. Quando ti avrò divorato, nulla a questo mondo potrà fermarmi. Mi hai solo reso le cose più facili, fin da quando hai deciso di intrometterti.”
Chrona continuò a non rispondere. La brezza del deserto le accarezzava dolcemente le ciocche di capelli. Viverna, esaltato, si alzò in piedi e la fronteggiò.
“…che c’è!? Non mi attacchi? Credi che non sia abbastanza forte da poterti ipnotizzare e rubare l’anima? Avanti! Attaccami!”
Chrona aprì le braccia, e il bracciale con le cinque pietre che portava ancora al polso lanciò un bagliore metallico. Ma non si mosse oltre. Poi parlò.
“Prendimi.”
Viverna rimase per un momento interdetto, ma poi una sottile risata beffarda gli sfuggì tra le labbra.
“Oh. – Disse – Capisco. Devo averti spinta fino a questo punto allora. Meglio così. Dato che entrambi desideriamo ugualmente la tua morte, dunque, addio.”
Lo stregone allungò la mano verso il petto del secondo Kishin, e senza incontrare resistenza alcuna strinse le dita attorno alla sua anima, mentre il corpo della ragazza si dissolveva in una cascata calda di sangue nero, riversandosi al suolo.

 

 

Ci ho pensato parecchio.
Sento la mia essenza venire risucchiata, sopraffatta da quella avida dello stregone, e per poco la mia coscienza vacilla. Non ho paura, non mi arrenderò: non è la prima volta che vengo divorata.
È inutile tentare di combattere, ormai.

 

Io so cosa sono.
Io so cosa si agita nel mio cuore.
Ashura continua a sussurrarmi parole seducenti di distruzione nell’anima, e so che molto presto cederò per degli ascolto.
Ma non lo voglio.
Non desidero più essere causa di dolore per nessuno, ho già combinato abbastanza problemi per il mondo fin da quando sono nata.
Quindi, è molto meglio così…
Tanto ormai c’è una sola cosa che desidero.

 

Mia cugina era terrorizzata, prima. Lo so bene, la capisco.
Probabilmente lei e Kid si metteranno in moto subito, cercando di anticiparmi, perché pensano che potrei commettere follie. Ne avrei commesse, in effetti, ma per fortuna con il tempo ho imparato a fermarmi e a pensare. Ora, quando arriveranno e uccideranno Viverna, si prenderanno anche la mia, di vita.
Meglio così.
Se c’è qualcuno che merita di soffrire qui, è solo lo stregone.
Per il resto sono… davvero stanca di questa guerra nel mio cuore.
Non mi importa davvero di quello che sarà di me, dopo.
C’è una sola cosa che desidero, ormai.

 

“Sapevo che saresti arrivata fin qui.”

 

Sorride.
La mia anima si contorce e lacrime bollenti mi rigano le guance eteree. Mi sembra per un attimo di poter riprendere a respirare come è stato fino a ieri, una vita fa. In quello che ho sempre saputo, in cuor mio, essere solo un bellissimo e fragile sogno. Lei è qui.

 

“Sì, mi conosci. Non avrei mai potuto perdere l’occasione di vederti ancora una volta.”

 

È viva. È viva davvero. Lo sapevo, lo sapevo!
Se piango è perché sono felice, anche se ormai anche la nostra gioia odora di malinconica tristezza.
La sua figura sbiadisce dolcemente contro l’oscurità dell’anima di Viverna, tiene duro, come ha sempre fatto… vedo le sue ali bianche, angeliche, circondarla come un’aura di luce e positività. E anche se sta morendo, è ancora qui. Ed io sono con lei.

 

“Chrona… per favore, non piangere.”
“Maka…”

 

Le tendo le mani, e le sue dita trasparenti si stringono tra le mie.
La sua energia vitale mi riempie come un’ondata, facendomi vibrare l’anima come ogni volta che ci siamo toccate prima. Ma è debole, debole…

 

“Maka… ti amo. Resterò con te. Fino alla fine.”
“Chrona, non piangere…”
“…mi dispiace. Mi dispiace, Maka, io… io non avrei mai voluto che finisse così…io…io volevo proteggerti, e invece…non ce l’ho fatta. Ho rovinato tutto, come al solito. Mi dispiace se sono così… mi dispiace. Ma anche se sono un Demone e se… nulla di buono potrà mai venire da me…anche se non ho potuto salvarti…sappi che ti amo. Ti amo, ti amo da morire. Se esiste qualcosa di buono in me… sei stata tu a mettercelo.”

 

La sento stringermi forte. La circondo anche io con le mie braccia forti, oscure, e la sento lieve come un fuoco fatuo bianchissimo.

 

“Non è vero, Chrona. Non è vero, amore mio. Guardati, sei il Kishin, ma…”

 

Si separa dolcemente e indica la mia anima, dentro il mio petto, accarezzandola dolcemente.
È contorta, ricoperta di spine e ferite, ma brilla di una luce fortissima e lilla, come il cielo viola quando grida il suo ultimo addio perché non vuole abbandonare il suo cielo. Brucia.

 

“…ti sembra l’anima di un dio della distruzione, questa? Ma no.”
“Maka, io…”
“Ti ho attesa perché ero sicura che saresti venuta da me. Nulla di tutto quello che hai fatto di male derivava da tue scelte, ma solo dal dolore che ti affligge. Tu hai sempre combattuto per me prima che per te stessa, e per tutti gli altri. Ti sei sempre negata. Persino la tua trasformazione in Dominatore non è avvenuta per la tua sete di potere, ma per proteggere me. Questo non… questo solo un’anima profondamente gentile e piena d’amore potrebbe farlo.”
“Maka…”
“Io non voglio vederti piangere, perché sono così felice di vederti…per favore, sorridi per me. Hai il sorriso più dolce del mondo.”

 

Stiracchio le guance mentre nuove lacrime mi rigano le guance, e stringo a me la mia amata mentre lei ancora tiene la mia anima fra le dita. Fa male, fa malissimo… ma sono felice così.
Non morirà più nessun altro a causa mia, e sono con Maka.

 

“…mi dispiace, Maka… avrei voluto vivere la nostra vita insieme. Ma sai… va bene così.”
“Aspetta, ma… cosa stai dicendo?”

 

Maka si separa di nuovo e mi trapassa coi suoi occhi verdi. Sembra molto preoccupata.

 

“Sai come ho potuto giungere fin qui, Maka?”
“Come…?”
“Mi sono abbandonata a Viverna.”
“…e allora? Non puoi liberarti di nuovo come hai fatto con Ashura? Viverna non è mica un demone…”

 

Mi fissa spaventata.

 

“Maka, dopo averti persa perderò qualsiasi altra cosa che mantenga la mia stabilità. Diventerò una minaccia per tutto il mondo che abbiamo faticato per salvare se sopravvivo.”
“Ma io… non…”

 

Mi stringe le mani.

 

“Non voglio che tu muoia, Chrona!”

 

Di nuovo.

 

“Non posso vivere senza di te, Maka. Non puoi chiedermelo.”
“Allora…”

 

Scoppia in lacrime. No, va bene così, non essere triste per me…

 

“…divorami, portami con te, mangiami, ma non morire!”
“Maka, io…”

 

Si stringe a me, e le nostre anime iniziano a vibrare con una potenza che pensavo fosse ormai andata persa nei meandri dell’essenza dello stregone.

 

“…portami con te. Non desidero nemmeno continuare a dare potere a questo vigliacco che ha rubato la mia anima.”
“Maka…”

 

Entriamo in risonanza e vengo accecata dalla sua luce.
Non avrei mai voluto questo, ma…
Chiudo gli occhi nella vertigine,
mentre io e Maka diventiamo una cosa sola.




Zona Autrice

Buon lunedì cari lettori!
Come vanno le cose? Io oggi ho ricominciato le lezioni e sono parecchio rimbambita, ma ciò non mi impedirà di scrivere anche oggi qualcosina per voi. Dunque, per la location delle rovine nel deserto mi sono ispirata a... non lo so, chiedetelo al mio inconscio. A questo punto della storia le scene ormai si creavano da sole e io non facevo altro che seguire quello che mi compariva nella mente spontaneamente XD. Non saprei, magari potrebbero ricordare la vecchia casa di Medusa, quella dove Sid salta in aria prima della festa d'anniversario della fondazione della DWMA (in effetti, anche quella era una zona di rovine nel deserto vicino a Death City).
Sì, che ci volete fare, è un fatto stupido ma, come vi ho detto, sono un po' rimba oggi pomeriggio.
Grazie per essere arrivati fin qui e scusatemi per il breve capitolo, il prossimo compenserà!

...e sarà anche il penultimo!
Dopo questa folgorante rivelazione, vi do appuntamento a lunedì prossimo!
Bye :*

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** The last fight. ***


The last fight.

 

 

I piedi di Em – ni raggiunsero il suolo polveroso del deserto in una nuvola fitta di sabbia, strisciando sul terreno per recuperare stabilità nel forte vento. Cariddi atterrò di fianco a lui un secondo dopo, interrompendo la sua magia: le rumorose folate smisero all’istante, con un ululato sordo, di soffiare nelle loro orecchie. Kid li aveva preceduti e già stava avanzando, dando loro le spalle. Amber non disse nulla, come faceva di solito quando era trasformata in arma: ora era in forma di spada, e il suo maestro la portava con il piatto della lama appoggiato alla spalla, scaricandone il notevole peso sulla schiena. Non avevano idea di che tipo di combattimento sarebbero stati costretti ad affrontare, ma una spada era sempre una buona idea per cominciare.
Un vecchio tempio crollato sorgeva di fronte a loro, stagliandosi contro il cielo scuro e aperto del deserto: sembrava una sorta di chiesa pagana, senza tetto e senza parti di muro, ma nonostante tutto ancora in piedi. Em – ni percepì distintamente l’anima dello stregone, ora che erano così vicini, e un brivido gli attraversò la spina dorsale: finalmente l’avevano trovato.
Viverna era là dentro, da qualche parte oltre l’arco acuto di pietra della porta ricoperto di erbacce in mezzo ai detriti.
Una scarica improvvisa di energia, un secondo dopo, investì il maestro e i suoi compagni, facendoli gelare al loro posto per qualche attimo e bloccando loro il respiro. Maledizione. Subito dopo il breve attimo di panico giunse la gelida consapevolezza che la peggiore delle loro ipotesi era effettivamente una realtà: il secondo Kishin era lì, da qualche parte, insieme allo stregone. Quell’onda d’anima terribile non lasciava nessun dubbio.
Kid se ne era accorto subito, e aveva steso una mano di scatto per fermare di nuovo i suoi compagni. Sembrava molto turbato, e aveva perfettamente ragione di esserlo: ora avrebbero dovuto affrontare i due avversari insieme, e non sarebbe stato facile. E non solo perché erano entrambi molto potenti.
“Siamo stati lenti. – si rammaricò il sommo Shinigami, sottovoce – Ora ragazzi, fate la massima attenzione. Andiamo a vedere cosa stanno facendo per decidere il piano d’azione.”
Em – ni annuì, e seguì il suo preside che ricominciò l’avanzata.
Sicuramente il loro piccolo gruppo era stato già notato da entrambi i loro avversari, ma questo lo sapevano già. L’effetto sorpresa non era mai stato nei loro piani. Giunti di fronte all’ingresso del tempio i ragazzi si arrestarono per qualche secondo, pressandosi alle rovine cercando di percepire se dall’interno provenisse qualche rumore. Em – ni pensò che, dato che nessuno era uscito per attaccarli, probabilmente li stavano aspettando all’interno, oppure lo stregone e il Kishin si stavano già confrontando; in ogni caso, se uno scontro era già in corso, certamente doveva essere molto silenzioso dato che nessun suono spirava da oltre la soglia se non il frusciare del vento tra i detriti. Em – ni pensò che non sarebbe stata una cattiva idea aspettare lì, nascosti dietro le rocce, e lasciare Chrona libera di prendersi la sua vendetta contro colui che le aveva portato via l’unica persona che l’aveva sempre sostenuta: il Kishin aveva fatto tanto per aiutare la DWMA in quei giorni e, prima della sua inevitabile caduta e il suo confinamento, una piccola rivincita se la meritava.
Il sommo Shinigami però non sembrava pensarla in questo modo: dopo qualche momento di ascolto, dall’ombra in cui stava accucciato, fece un cenno con la testa indicando di entrare.
Ovviamente, non poteva permettere che un’anima che spettava alla sua competenza fosse rubata dal Demone. Cariddi concentrò la sua magia ed Em – ni strinse l’elsa di Amber tra le mani, sentendola trattenere un fremito di tristezza. Kid si sollevò e senza più curare di nascondere la sua presenza avanzò all’interno del tempio, a grandi falcate.

 

Di tutti i scenari che avevano pensato di poter trovare là dentro, quello che videro fu sicuramente ciò che meno si sarebbero aspettati.
Viverna si ergeva in piedi in mezzo al tempio, nella pallida luce delle stelle, coi pugni stretti e le braccia tese lungo ai fianchi. Di Chrona nessuna traccia, se non una chiazza di sangue nero che ricopriva il suolo e le sue onde dell’anima dentro il corpo dello stregone, che lentamente iniziavano a svanire, soffocate da quelle di colui che l’aveva divorata.
Lo stregone nemmeno si voltò all’ingresso dello Shinigami e dei suoi due guerrieri.
Kid strinse i denti. Capì quello che era successo in un secondo: se Chrona avesse combattuto per non farsi divorare, senza dubbio al momento Viverna sarebbe stato morto.
Come… come poteva Chrona averlo fatto davvero? Non avevano capito nulla, di lei.
Lo Shinigami ingoiò il peso che gli si era materializzato nel petto insieme alla consapevolezza di aver sottovalutato la volontà del secondo Kishin, e la tristezza del fatto che, se aveva deciso di farsi divorare, era stato per salvare tutti loro.
Gli aveva risparmiato un ben misero compito.
Ma ora il problema era un altro: Viverna, dopo aver assimilato l’anima sia di Maka che del secondo Kishin, diventava un problema molto più pericoloso di quanto non lo fosse mai stato.
La sua espressione si sarebbe quasi potuta dire neutra, nel buio della notte, se non fosse stato per un sinistro luccichio nei suoi occhi dorati.
“Sommo Shinigami, sorellina.”
Salutò con tono scanzonato lo stregone. Cariddi sollevò le mani pronta a difendersi e Em – ni si mise in guardia con la sua arma. Kid rimase immobile, col lungo mantello mosso dalla brezza e la falce poggiata su una spalla, un’espressione di ghiaccio nel volto tagliente.
Sapeva che non sarebbe stato per nulla facile sopravvivere, quando Viverna avesse attaccato: sentiva le pericolose onde d’anima del Demone mischiarsi con quelle di luce di Maka, tutte inquinate dalla terribile sete di potere e sangue di chi le aveva divorate.
Nonostante ciò, Kid sollevò la falce: se non fosse stato lui, a difendere il suo mondo, chi altro lo avrebbe fatto?
Come minimo doveva provarci.
“Mario Viverna, in quanto sommo Shinigami non posso permetterti di prendere possesso del governo di Death City, né tantomeno di prendere il mio posto. Stanotte mieterò la tua anima.”
Lo stregone si era accorto di quanto suonassero disperate quelle parole, anche se mosse da una determinazione incrollabile: stiracchiò la bocca in un sorrisetto di scherno, ben visibile nella penombra notturna.
“…ovviamente sommo Shinigami, è il tuo lavoro.”
Con improvviso stupore di tutti i presenti dalla schiena di Viverna eruttarono due fontane di sangue nero, che si materializzarono in membranose ali da pipistrello che sbatterono verso il basso, sollevando lo stregone con un forte slancio. Nuvole di polvere volarono ovunque mentre l’uomo si appollaiava in cima ad uno dei muri crollati, come un rettile viscido uscito dalle budella della terra.
Dannazione, il suo sangue era diventato nero.
“… Ma mi pare ovvio che io non sono d’accordo.” Affermò il nemico, sollevando le mani verso l’alto: le sue ali di sangue si disfecero e sbrindellarono in tentacoli, i quali subito si volsero in direzione dei tre ragazzi della DWMA. Kid pensò in un attimo che, se quella tecnica ricordava anche solo vagamente ciò che era solita fare Chrona in combattimento, erano tutti nei guai: oltre ad essere velocissimi e perforanti quei viticci di sangue nero era anche velenosi, e avrebbero spedito a quel paese la risonanza dei maestri e delle loro armi, privandoli della maggior parte del loro potere offensivo.
Em – ni sollevò Amber sopra la testa e scattò in avanti, balzando contro Viverna prima che il nemico avesse iniziato a colpirlo: Kid non fece in tempo ad intimagli attenzione – maledizione! Lui non sapeva del veleno… - che anche la loro compagna strega compì il suo incantesimo, agitando un vento fortissimo contro lo stregone che iniziò a vacillare dalla sua posizione sopraelevata. Anche lo shinigami dunque partì all’attacco per coprire le spalle ai suoi ardimentosi compagni, ma i tentacoli neri del nemico avevano già iniziato a muoversi: il vento della strega li aveva dispersi in tutte le direzioni ma essi iniziarono a divincolarsi nell’aria, passando pericolosamente a due centimetri dal collo di Em – ni. Il giovane maestro schivò e con un colpo di spada ne tranciò due di netto, ma un terzo lo raggiunse direttamente su fianco prima che Kid potesse raggiungerlo e bloccarlo: il ragazzo finì spedito all’indietro e si schiantò al suolo lasciando la presa sulla spada Amber, che fu scagliata contro ad un gruppo di blocchi di pietra che un tempo era stato un muro. Il vento si intensificò e Viverna finalmente si sbilanciò su di un lato, dando a Kid la possibilità di approfittare della sua distrazione per attaccarlo con un colpo laterale di falce; tre tentacoli nati all’istante arrestarono l’assalto, sorprendendo sia Soul che lo stesso Kid, che fece in tempo a fissare gli occhi in quelli gialli e incattiviti di Viverna prima di essere respinto anch’egli all’indietro. Era diventato potente, ora, e con la sua forza era davvero in grado di contrastare il dio della Morte.
È inutile che ci provate! – strillò lo stregone, innalzandosi con un colpo d’ala al di fuori delle correnti d’aria di Cariddi ed ergendosi ad ali spalancate nel cielo stellato con uno sguardo trionfante – Ho assunto il poteri della vostra maestra più potente e del Kishin! Non potrete mai…
L’uomo si interruppe a metà frase.
Em – ni e Amber, la quale era tornata in forma umana e stava assistendo il suo maestro ferito, sollevarono gli occhi al cielo dal suolo, verso lo stregone, non appena sentirono il suo verso strozzato. Cariddi interruppe il suo incantesimo e Kid arretrò leggermente: stava succedendo qualcosa di strano.
Viverna si era portato le mani alla gola, soffocato all’improvviso da qualcosa, e i tentacoli di sangue che fuoriuscivano dalla sua schiena si erano improvvisamente rivolti contro lui stesso, cogliendolo completamente impreparato.
“Non è poss…” furono le sue ultime parole, strozzate fra colpi di tosse, poco prima che i tentacoli si trasformassero in lame e lo trafiggessero come spilloni, scattanti come serpenti, perforando la sua carne e spargendo spruzzi di sangue nero contro il cielo notturno.
Amber urlò e il suo maestro la strinse a sé coprendole gli occhi, mentre Kid non riusciva a separare lo sguardo da quella scena: il loro nemico si stava letteralmente auto-distruggendo davanti a loro, riducendosi a furia di colpi in un indistinto ammasso di materia contro il buio della notte, perché più sangue sgorgava fuori dalle sue ferite, più lame di sangue lo trafiggevano da parte a parte.
Presto tutto finì.
Ciò che era rimasto di Mario Viverna colò lungo i muri fino al suolo, raggruppandosi in un’unica polla di sangue nero.
Cariddi fece per avvicinarsi, ma Kid tese una mano in avanti e la fermò, subito raggiunto da un’occhiata interrogativa della strega: poi anche lei capì quello che stava per accadere e smise di protestare.
Il sangue nero al suolo iniziò a ribollire.
Amber riuscì a togliersi dal viso la mano di Em – ni che la copriva, e osservò a bocca aperta come il sangue nero si raccogliesse, si raggrumasse ed infine si sollevasse in piedi, formando la figura smilza ed elegante di un corpo di donna. La figura pulsò debolmente, si rigonfiò in modo innaturale e poi finalmente il nero esplose, rivelandosi essere la membrana sottile e setosa di due ali da Demone: le ali oscure di Chrona Gorgon, che si innalzarono per qualche secondo contro il pallido chiarore lunare prima di essere risucchiate dalle sue scapole.
Il secondo Kishin si era appena materializzato di fronte a loro, leggero ed etereo come un fantasma.
Kid non mosse un muscolo: la Dominatrice aveva gli occhi chiusi e sembrava immersa in una profonda concentrazione. Lentamente sollevò la testa e le palpebre, osservando tutti i presenti con occhi quieti. Al suo polso brillava ancora l’artefatto con le cinque pietre, appena visibile nell’ombra.
La luna piena, pallida come il volto della morte, riversò la sua luce sul deserto, splendendo finalmente alta nel cielo.

 

Il sommo Shinigami stringeva ancora forte Soul Eater fra le mani, di fronte al secondo Kishin.
Non sapeva cosa dovesse aspettarsi: li avrebbe attaccati? Aveva perso davvero tutti i ponti che la legavano alla realtà e la mantenevano sana?
“Non preoccuparti Kid.”
Il suo tono di voce era calmo e pacato, ed i suoi occhi neri lo osservavano ma sembravano persi in lontananza, in qualche lido misterioso.
“…sono stata molto vicina a perdere il controllo, perdonatemi. So di avervi messo in condizione di darmi la caccia e uccidermi e me ne rammarico, ma ormai va tutto bene.”
“Cugina?” chiese Cariddi, facendo un passo in avanti e tendendo una mano; nonostante le circostanze parecchio strane, Chrona sembrava avere ragione: la sua anima era calma, e le onde di follia che avevano percepito nelle ore precedenti si erano placate. La strega se ne era ovviamente accorta, insieme a tutti gli altri presenti: “…hai…divorato l’anima di Viverna?”
“Oh, no. – rispose il secondo Kishin, riscuotendosi un poco. Tese in avanti la mano e fra le sue lunghe dita apparve un uovo di Kishin, che una volta forse si sarebbe potuto confondere con un’anima di strega di quelle meno dotate di talento magico. Aveva un aspetto patetico. – Eccola qui.”
Chrona porse a Kid l’anima, che la accettò senza dire una parola. Aveva sottovalutato Chrona, lo aveva fatto sul serio.
“…ho intenzione di continuare a collaborare con voi come abbiamo fatto in questa brutta disavventura. Come sapete, non ho nessun interesse nel portare il caos. Non voglio darvi motivo di dovermi uccidere.”
Il sommo Shinigami sollevò le sopracciglia, stupito e sinceramente ammirato, e dopo qualche attimo di silenzio disse: “Quello che hai detto è molto importante. Sarà davvero l’inizio di una nuova era: la fine della guerra tra Ordine e Caos, l’inizio di un vero Equilibrio. Sono… molto felice di sentirlo.”
Chrona sorrise debolmente. Sembrava sempre che fosse persa in un altro mondo, distante da loro anni luce.
“Non potrebbe essere altrimenti. – mormorò, e si indicò il petto – Lei non vorrebbe mai che io finisca male, dopotutto.”
Anche Kid sorrise.
“Ma certo, lo pensiamo tutti.”

 

Una vocina interruppe le due divinità, che subito si voltarono: era Amber, ancora seduta nella polvere di fianco al suo maestro, il quale sembrava tutto tranne che attento al discorso: “Scusate… potremmo rientrare? Temo che Em – ni sia svenuto. Ha un buco sul fianco.”

 

 

E così il caso era finalmente chiuso, questa volta per davvero.
Kid faticò a trattenere un sospiro d’amarezza mentre gli passavano le macerie delle case sotto gli occhi, entrando in città: i suoi cittadini avevano dovuto sopportare delle sofferenze terribili, e lui non poteva che rammaricarsi di non aver potuto fare di più per loro.
Quello che avevano vissuto era stato davvero molto peggio di quello che era potuto sembrare all’inizio dei fatti: a partire da semplici casi di furto si era arrivati ad un tentativo di spodestare il sommo Shinigami, e per ben due volte era stata accusata la persona sbagliata. Rimuginando, Kid storse il naso al solo ricordo di quando era stato avvelenato dalla follia: aveva memorie piuttosto vaghe rispetto a quel lasso di tempo, ma tutto ciò che ricordava era accompagnato da una cupa sofferenza e rancore. Era stata un’esperienza orribile. Prese nota mentale di prendere degli accorgimenti in futuro, in modo tale che la cosa non potesse accadere mai più.
Inoltre, insieme alla vita di fin troppi cittadini e distruzione… avevano perso Maka.
Il gruppo di ragazzi avanzava silenziosamente fra le vie della città, immersa nel sonno immobile della notte, diretto all’ospedale: Amber si era trasformata in una grossa tigre dalla pelliccia bianca e trasportava il suo maestro, fasciato stretto con dei brani di vestiti e privo di sensi, sulla sua schiena come se fosse stata un grosso materasso peloso, mentre Cariddi avanzava al suo fianco tenendogli una mano sulla schiena per evitare che perdesse l’equilibrio e cadesse giù.
Chrona invece camminava al suo fianco, silenziosa, con la pelle bianchissima che rifletteva il chiarore della luna.
Kid pensò di nuovo a quanto gli sembrasse diversa da come l’aveva vista solo qualche ora prima, durante l’assemblea operativa: tutt’ora camminava come in un mondo diverso dal loro, quasi come se stesse contemplando una luce che solo lei poteva vedere. Non le aveva chiesto cosa esattamente fosse successo prima che lui e la sua squadra giungessero alle rovine del vecchio tempio, un po’ perché quella sua espressione estatica gli metteva soggezione, un po’ perché non era sicuro che lei gli avrebbe risposto: doveva essere qualcosa di molto personale. In qualche modo, aveva la sensazione che sarebbe sembrato irrispettoso porre delle domande.
Nonostante ciò, Kid si era fatto un’idea che giudicava verosimile: Maka doveva aver convinto la sua compagna a farsi assorbire da lei, perché probabilmente le era sembrato un fato molto meno infame che farsi divorare da uno stregone criminale. Chissà cosa si erano dette. In ogni caso, ora Chrona era tornata dalla loro parte, presumibilmente in modo definitivo, ma nello stesso tempo era come se fosse anche sparita da loro mondo, e riassorbita da qualcos’altro che richiamava tutta la sua attenzione. Il bracciale che ostinava a non volersi togliere dal braccio rifletteva debolmente la luce della luna, nell’ombra delle vie lastricate di sampietrini ricoperte di polvere che stavano percorrendo.

Certo che, Chrona è parecchio strana per essere un Kishin.
Kid si chiese se una divinità nata da una passione dominante che non fosse la paura potesse ancora essere chiamata Kishin. Perché anche se Chrona aveva mangiato l’anima di Ashura, iniziava a pensare che lei non fosse la divinità della paura, affatto: c’era qualcos’altro in lei, a darle potere. Non la paura, non l’odio, non l’insito desiderio presente in ogni cuore umano di portare distruzione.In lei c’era una totale abnegazione, la volontà di cancellarsi completamente per l’altro per trovare redenzione, una sete di felicità mai raggiunta.
Malato, disperato amore.
Che tipo di dea era diventata la sua amica, per davvero?

 

Le mura ricoperte di mattoni dell’ospedale che si avvicinava, ormai di fronte ai suoi occhi, richiamarono Kid alla realtà, e i ragazzi si affrettarono a chiamare qualcuno per aiutare il povero Em – ni ferito.

 

Se non fosse stato per Cariddi che la stava guardando, nessuno si sarebbe accorto che Chrona non stava seguendo gli infermieri come gli altri.
La ragazza sparì silenziosamente su per le scale, svoltando poco dopo entrati dalla porta, e sua cugina scattò verso quella direzione per cercare di capire cosa diavolo avesse in mente; Kid allora assicurò il suo studente al personale dell’ospedale e scattò anche lui nella direzione dove era sparita Chrona, tenendo dietro alla strega.
Il secondo Kishin stava salendo le scale ricoperte di linoleum con passo svelto e non dette segno di accorgersi che i suoi due compagni la stavano seguendo incuriositi: d’accordo, Chrona era parecchio strana in quel momento, ma certo gli altri non si aspettavano che perdesse interesse così velocemente per i suoi compagni infortunati.
Finite le scale il secondo Kishin imboccò il corridoio delle stanze dove riposavano i pazienti in degenza, che a quell’ora era a luci spente, e si diresse senza esitazioni verso destra, con passo leggero come l’aria: i suoi due inseguitori continuarono a seguirla cercando di non disturbare i malati, raggiungendola in punta di piedi. Le loro ombre rese lunghe dalla notte li seguivano lungo i muri bianchi dell’ospedale come inquietanti presenze.
A cosa diavolo stava pensando quella strana ragazza?
All’improvviso la figlia della strega svoltò a sinistra e si fermò di fronte ad una porticina, la quale sembrava uguale a tutte le altre tranne per il fatto che, da oltre la sua soglia, giungevano i suoni ovattati di un macchinario medico per il sostegno delle funzioni vitali.
Kid si bloccò a qualche metro, con un tuffo al cuore, mentre Chrona apriva lentamente la porta: quella era la camera di Maka.
Chrona entrò, e gli altri due la seguirono.
La stanza era nella completa penombra, come d’altronde anche il resto del reparto: la luce bianca della luna filtrava attraverso le tende sottili, illuminando di un dolce bianco latteo il letto e la piccola figura che vi stava distesa, ad occhi chiusi; le lucine e i suoni dei macchinari turbavano quella vista onirica. Chrona si avvicinò al capezzale, fondendosi con le ombre e i riflessi chiari della notte, e congiunse le mani come in preghiera, toccandosi i polsi. Si inginocchiò.

 

Kid si avvicinò fino ai piedi del letto, con Cariddi al fianco, ma nonostante questo fece un po’ di fatica a capire che cosa stava facendo Chrona: la stanza era buia e l’ombra del secondo Kishin copriva i suoi stessi movimenti.
Quello che vide, fu che aveva estratto e preso nelle sue le mani quelle di Maka, e che le teneva molto strette. Aveva fatto scivolare il bracciale magico al polso della ragazza, e il gioiello aveva preso a brillare con una debole luce dorata.
Aveva appoggiato la fronte su quella della sua compagna, e pareva intenta in una accorata preghiera, con il volto nascosto.

 

…e dopo qualche minuto, Maka aprì gli occhi.

Image and video hosting by TinyPic




Spazio Autrice

Buon lunedì miei fedelissimi lettori! - fedelissimi perché diciamocelo, è il ventottesimo capitolo e non vi siete ancora rotti le scatole di questa storia -
Come state? Vi è piaciuto il capitolo?
In realtà manca veramente poco alla fine ed io sono costretta a fare un'ammissione di colpa: vi ho mentito.
Ricordate quando, nel lontanissimo prologo, avevo detto di aver finito tutta la storia? ...Non era vero, perché mi mancavano da scrivere ancora gli ultimi quattro capitoli. Ma non riuscivo più ad attendere e a trattenere la mia voglia di pubblicare, e così... nulla, ho contravvenuto alla mia regola autoimposta di attendere la fine prima di iniziare a proporvi la mia storia da leggere.
Però dai, non è così male: se avessi atteso sul serio, la storia sarebbe iniziata ad uscire solo due settimane fa! XD
Ovviamente questo a voi non cambia nulla, ma preferivo essere onesta ora che ho finito davvero e ho il culo parat*coff coff* ...e so che voi non rischierete mai ritardi eventuali per colpa della mia lentezza nel finire una decina di pagine.
Bene, buona settimana e a lunedì prossimo, per l'ultima volta!
Ve vojo bbbene! 

*grazie per essere arrivati fin qui*

*...ma sul serio non vi siete ancora annoiati?*

*vi adoro*

*ciao.*

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Epilogue. - A new beginning ***


Epilogue.

A new beginning.

 

La giornata scelta per la cerimonia si era rivelata una meravigliosa mattina di sole.
L’aria splendeva sui tetti della città di Death City, ormai quasi del tutto ricostruiti, mentre questi restituivano roventi il calore che il sole scaricava su di loro con zaffate di rosso tepore, e le scale dell’Accademia per Maestri e Armi Demoniache brulicavano di persone abbigliate con abiti estivi.
In realtà, inizialmente non era stata prevista una eccessiva affluenza di pubblico per quella particolare cerimonia, ma pareva che oltre agli studenti della scuola anche gran parte dei cittadini era interessata ad assistervi, forse anche solo per curiosità, o forse per accertarsi con in propri occhi che quello che tutti raccontavano stesse accadendo per davvero.
Di fatto la folla era fitta e rumorosa, ma a Maka non importava un granché.
A lei andava bene così.
In fondo, lei aveva occupato un posto in prima fila, dove nessuno aveva la possibilità di spintonarla, e inoltre da lì, in cima alle scale, poteva percepire la brezza fresca che scendeva da qualche parte a nord rendendo l’atmosfera più respirabile: a dire la verità, poi, le voci e i battimani che giungevano da dietro le sue spalle la riempivano di orgoglio e contentezza. Tsubaki e Black*Star – ancora con il gesso al braccio – sembravano condividere il suo umore gaio, in piedi di fianco a lei tra gli altri maestri d’elite, nonostante il sole facesse soffrire parecchio il povero ninja che si sentiva il braccio dentro ad una sauna di sudore.
“Chi si sarebbe mai aspettato che sarebbe successa una cosa del genere?” chiese Tsubaki con accento allegro, forse per la settima volta, spostandosi un ciuffo di capelli setosi da davanti agli occhi blu.
“Eh. – rispose Maka, forse per l’ottava – Che ti devo dire. Io ve l’ho sempre detto che Chrona è straordinaria.”

 

Era passato un mese da quando Viverna era stato sconfitto, e da quando la ricostruzione di Death City era iniziata: era stato un periodo estremamente laborioso dove ognuno aveva avuto il suo bel daffare per sistemare le cose dopo quanto accaduto. Kid era stato sommerso di impegni per i progetti edili e burocratici e così i professori avevano dovuto lavorare il doppio per continuare a gestire la scuola senza subire ulteriori rallentamenti coi programmi (anche perché si stavano avvicinando gli esami). Tra le altre cose, ovviamente, c’erano state infinite riunioni per capire cosa fare con le due streghette e con il secondo Kishin. Insomma, erano tutti molto stressati ed ora, in quella mattina di sole, iniziavano a sentirsi come in vacanza.
Per quanto riguarda le streghe, finalmente erano studentesse a pieno diritto, iscritte alla scuola in modo ufficiale: naturalmente si era dovuto rifare tutto daccapo considerato il fatto che l’iniziativa di inserimento non era stata altro che un trucchetto progettato da Viverna per conquistare la città. Ah, e poi c’era stata un’aggiunta: una piccola strega pareva aver raggiunto l’età giusta per unirsi al progetto, ed era arrivata giusto qualche giorno prima dal Giappone, accompagnata dal suo – vero, stavolta! – tutore. Il tutore in questione altri non era che Black*Star, e la streghetta di cui si sta parlando è la piccola Angela, la strega camaleonte.
Maka sorrise osservando le tre streghe che se ne stavano sedute sulla balconata della terrazza della scuola per riuscire a vedere sopra le teste dei presenti, con Cariddi che faceva di tutto per assicurarsi che non precipitassero di sotto: sembrava che Amber e Angela si fossero trovate simpatiche vicendevolmente all’istante, e adesso non vedevano l’ora di diventare compagne di banco. Questa novità sembrava aver rincuorato un po’ la piccola mutaforma per la perdita di Carrie, anche se bastava solo ancora nominarla per spingere Amber in un pianto disperato; Maka comunque era sicura che presto l’amarezza sarebbe passata e si sarebbe trasformata in un ricordo dal sapore agrodolce, dopotutto quelle erano solo bambine. Anche Em – ni era lì con loro, da qualche parte: lui era stato dimesso dall’ospedale solo da poco, non tanto per la gravità della ferita ma perché c’era la concreta possibilità che il ragazzo fosse stato infettato dal sangue nero. Maka sperava con tutto il suo cuore che non fosse quello il caso, ricordando tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare con Soul, ma sapeva che, anche se il peggio si fosse rivelato realtà, Em – ni sarebbe stato capace di combatterlo; era un ragazzo forte e coraggioso.
Per quanto riguardava Chrona, invece, si era discusso tantissimo, lei presente. Certo, era il Kishin, e certo, la sua fedina penale era tutto tranne che pulita, ma alla fine era stato deciso che confinarla o rinchiuderla in prigione non sarebbe stata l’idea più vantaggiosa, e quindi…

 

In un attimo tutta la folla fece silenzio.
Sotto la luce abbagliante del sole, il secondo Kishin avanzò a passi lenti verso il sommo Shinigami, che la attendeva in piedi di fronte alle porte della scuola avvolto nel suo mantello.
La sua maschera lasciava scoperto per metà il suo volto giovane e fiero, sollevata da un lato, esponendo alla vista i suoi luminosi occhi dorati – aveva rinunciato ad indossarla in modo canonico parecchi anni prima, considerando quanto gli dava fastidio il fatto che non riuscisse mai a stare dritta… tanto valeva lasciarla storta in modo deliberato.
Chrona si fermò di fronte a lui, circondata dal resto dei professori, e stese un braccio: un fiotto di sangue nero eruttò dalle sue scapole e si materializzò nella sua spada di acciaio scuro e temprato a due palmi, Ragnarok, stretta con energia tra le sue dita bianche.
Con un movimento ampio la fece ondeggiare nell’aria, e la posò di piatto sui palmi, protendendola in avanti.
Io – proclamò a voce alta, mantenendo un tono fermo e deciso, anche in presenza di tutte quelle persone a guardarla – Chrona Gorgon, Maestra di Spada Demoniaca e secondo Kishin, ti offro la mia lama, Sommo Shinigami. Nella mia vita precedente ho peccato e cerco redenzione, prendo sulle spalle il peso delle mie azioni offrendoti il me stessa. Ti prego, accetta questa offerta: la mia spada è al tuo servizio.
Dopo qualche attimo di silenzio assoluto, Kid allungò la mano e prese Ragnarok, sollevandola alta sulla folla.
La tua offerta è accertata. Da oggi questa spada combatterà per difendere l’Ordine e l’Equilibrio in questo mondo, che le sue imprese cancellino i crimini che macchiano il suo passato!
Kid abbassò la spada e tutta la folla presente scoppiò in un rumoroso applauso.
Chrona si chinò per riavere la sua arma, con le guance sorridenti invase da un profondo color viola.

 

La luce calda delle sei del pomeriggio entrava orizzontale dalle finestre della casa di Maka, riscaldando gli occupanti del divano e delle poltrone in soggiorno mentre sorseggiavano tè dalle loro tazzine e sgranocchiavano biscotti alla cannella. Era stato un piacevole pomeriggio.
Kid aveva insistito per invitare anche Cariddi alla loro rimpatriata, e anche se all’inizio si era sentita un po’ a disagio adesso rideva tranquillamente anche lei alle battute di Black*Star e di Patty, appollaiata sul bracciolo del divano con tazza e piattino sulle ginocchia per mancanza di spazio.
Erano tutti insieme nel salotto di Maka, di nuovo, come facevano quando erano ancora ragazzini.
“…e alla fine, come tutte le peggiori disavventure, finisce tutto tarallucci e vino.” Commentò Soul addentando un biscotto, stravaccato sulla sua poltrona, e lanciando un’occhiata alle due Gorgoni.
“Vino? Perché Chrona, che ci hai messo nel tè?” chiese Patty colta nel vivo, e tutti i presenti scoppiarono a ridere.
Maka si sentiva felice. Si spanciò dalle risate quando la sua ragazza sputò tutto il tè che stava bevendo subito dopo l’uscita di Patty, lavandosi completamente la gonna blu che indossava, e pensò che gli eventi non avrebbero potuto finire meglio di così. O forse no, forse Em – ni poteva risparmiarsi il sangue nero e Carrie poteva essere ancora con loro, ma comunque quello era un finale che le piaceva.
Gli altri le avevano raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo da quando Carrie, plagiata dalla magia e dalla volontà di Viverna, aveva imposto su di lei l’incantesimo per sottrarle l’anima e intrappolarla nel bracciale ,quando era andata a trovare la sua classe di streghette dopo aver messo in prigione Cariddi. Lei in realtà aveva avuto qualche percezione di quello che le stava avvenendo intorno da dentro lo stregone, ma le fece piacere sentirselo raccontare comunque.
Ora portava ancora il bracciale magico al polso: il metallo grezzo e appena lavorato le stringeva la pelle poco sotto a dove era ancora visibile il sigillo che, di fatto, aveva legato la sua anima all’artefatto magico, creando uno strano stile stregonesco parecchio pacchiano, ma che in fondo non le dispiaceva. Cariddi le aveva raccomandato di non levarsi il bracciale per almeno tre mesi, per permettere alla sua anima di rilegarsi per bene e in modo definitivo al suo corpo. Questa condizione non la disturbava troppo e lei d’altronde non aveva subito nessun fastidio, a parte i primi giorni subito dopo il risveglio, dove il corpo rigido le aveva causato parecchi problemi con la riabilitazione e aveva sentito freddo a tutte le ore anche sotto cinque strati di coperte e con un corpo umano tiepido a contatto col suo; meno male che era finito tutto in fretta e si era ripresa completamente in meno di una settimana.
“Ragazzi, ragazzi scusate, ho una domanda seria.”
Kid cercò di interrompere i cori di risa, e si rivolse direttamente a Maka, indicandola col dito:
“Ormai è passato più di un mese da quando me lo sto chiedendo ma siamo sempre stati incasinati, ma ora mi sembra un buon momento. – fece una breve pausa - …Ma si può sapere come avete fatto voi ragazze, quando eravate dentro Viverna, con… insomma, come avete fatto a…?”
“…a non finire morta?” lo aiutò Maka, che prendeva la questione con una certa leggerezza. Sapeva benissimo quanto la sua temporanea scomparsa avesse fatto preoccupare i suoi amici, ma desiderava che anche loro smettessero di star male così tanto per colpa sua, dato che in fondo era finito tutto bene e lei non ne aveva mai dubitato.
In effetti, come aveva detto Kid, nessuno aveva avuto ancora occasione (o coraggio) di fare quella domanda: tutti quindi si zittirono per l’interesse e guardarono la ragazza intenti. Lei, tanto per stuzzicarla un po’, indicò Chrona seduta al suo fianco, ancora intenta ad asciugarsi i vestiti coi tovaglioli.
“È colpa sua, in realtà, chiedete a lei. È stata lei che ha insistito.”
“Emh… - farfugliò il secondo Kishin assumendo il colore di una prugna matura - …non, non è stato facile.”
“E dai Chrona, non puoi fare così dopo la tua performance di stamattina!” la incoraggiò Black*Star.
“Beh… - proseguì lei - … in realtà io, quando mi sono fatta mangiare da Viverna, ormai avevo deciso di arrendermi. Sapevo che avrei perso il controllo dopo aver detto l’ultimo addio a Maka e non volevo diventare un mostro come Ashura… quindi la mia intenzione era quella di perire insieme allo stregone quando voi l’avreste ucciso. Ci siamo incontrate, e Maka mi ha detto che non avrebbe accettato un destino tanto crudele, così mi ha chiesto di sopravvivere e di portarla con sé, assorbendola io a mia volta.”
Maka sorrise e le passò un braccio attorno alle spalle. All’improvviso l’atmosfera si era fatta parecchio cupa – cosa poco strana considerato il fatto che stava parlando Chrona la-depressione-è-contagiosa Gorgon – ma tutti pendevano dalle sue labbra comunque.
“… io però ho pensato… sì, probabilmente è la cosa migliore da fare, così staremo insieme per sempre in un certo senso. Però… non è giusto. Se questo deve avvenire, avverrà fra tanto, tanto tempo, perché Maka ha solo diciotto anni, e una vita intera da vivere. Non sarebbe giusto privarla del diritto di godersi i suoi anni, e poi… beh, io vorrei stare al suo fianco.”
Maka la strinse con il braccio.
“…ho usato il potere del Brew per trasferire la sua anima di nuovo nel bracciale, e ho cercato con tutta me stessa di non assorbirla, nel breve periodo in cui sono stata costretta a farmene carico. È stato… complicato, ma per fortuna ci sono riuscita prima che fosse troppo tardi.”
Rimasero tutti in silenzio per qualche momento ad assorbire il racconto, gettando Chrona, che non aveva più niente da dire, in un mutismo molto violaceo di imbarazzo, finché Soul ruppe il ghiaccio:
“Ma certo che ci sei riuscita. – disse, sarcastico – L’anima di Maka è parecchio indigesta. Parlo io che sono stato la sua arma per anni.”
Una ciabatta volò attraverso il soggiorno colpendo in testa la Falce della Morte e tutta la stanza scoppiò a ridere di nuovo.
“Okay, basta, dichiaro un brindisi!” esclamò Kid alzandosi improvvisamente in piedi e portando verso il cielo la sua tazzina di tè.
“Brindiamo alla nuova era di armonia che ci attende, con lo Shinigami e il Kishin che lavorano fianco a fianco!”
“Cin cin!” risposero gli amici.
“Brindiamo a noi che, nonostante tutto, siamo ancora qua tutti insieme a sparare cretinate!”
“Cin cin!”
“Brindiamo a noi – mormorò Maka all’orecchio di Chrona - …e alla mia vita al tuo fianco.”
“Cin cin.” Rispose l’interessata, col volto sempre più simile ad una violetta di stagione.

 

“Cin cin!” ripetè Patty per la terza volta completamente a caso in mezzo al baccano, chiedendosi sul serio se non ci fosse stata una certa gradazione alcolica nel tè di tutti.

 Image and video hosting by TinyPic

 

 

End.




Zona Autrice *e qui parte la musica dei titoli di coda*

Buon lunedì ragazzi, eccoci finalmente giunti alla fine di questo viaggio!
Arrivati a questo punto mi sento di ringraziarvi tutti, ciascuno di voi, per aver letto questa storia lunghissima e, in qualche modo, esservi emozionati insieme a me;
per me questa storia ha significato molto, sia come coinvolgimento emotivo sia come conferma per le mie capacità, dato che non sono mai riuscita a portare a termine un progetto tanto corposo come questo, prima! 
Mi mancherà questa storia, devo ammetterlo.
Spero che vi sia piaciuta, e se è stata capace di trasmettervi almeno una risatina, un sospiro o anche solo un sorriso, allora sono riuscita nello scopo che mi ero prefissata. 
Scrivetemelo pure, se avete voglia!
Detto questo vi saluto, bellissimi.
Alla prossima storia.
Un abbraccione!

Kiki

ps.
La canzone che ho linkato come sottofondo ai "titoli di coda" è How, di Regina Spektor: sinceramente mi parla moltissimo di Maka e Chrona, e solo immaginarmela come canzone finale per la fine del manga mi fa salire una lacrimuccia. Non ci posso fare nulla, sono una sentimentalona.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3243832