Stelle perdute

di Aika Morgan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Andy - Ricordi di carta ***
Capitolo 3: *** Elena - Riempire l'assenza ***
Capitolo 4: *** Ricordi di un'altra vita ***
Capitolo 5: *** Andy ed Elena - In equilibrio precario ***
Capitolo 6: *** Spiragli di luce ***
Capitolo 7: *** Favole di fumo ***
Capitolo 8: *** Mezzo giro di chiave ***
Capitolo 9: *** Impronte di zucchero ***
Capitolo 10: *** Stelle sbiadite ***
Capitolo 11: *** Le menzogne della notte ***
Capitolo 12: *** Scoprirsi (solitudini allo specchio) ***
Capitolo 13: *** Elena - Le favole in cui credere ***
Capitolo 14: *** A voce alta ***
Capitolo 15: *** Solo nella memoria ***
Capitolo 16: *** Stelle cadenti ***
Capitolo 17: *** Almeno nei sogni ***
Capitolo 18: *** Barriere fragili ***
Capitolo 19: *** Riempire gli spazi ***
Capitolo 20: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 21: *** Andy - Ferite dal passato ***
Capitolo 22: *** Il peso del ritorno ***
Capitolo 23: *** Il tempo del perdono ***
Capitolo 24: *** Andy - I giorni più strani ***
Capitolo 25: *** Nuova luce negli occhi ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Stelle perdute.


Ad Anna, come sempre.

A Maria e Michela, perché mi sopportano.

Ad Arianna, che si sente stella perduta anche lei.

A Mattia, perché parlare di un incidente in moto, è parlare di te.

E ad Alessia, perché è grazie a lei che Andy e Michael continuano a vivere.


Io ho un solo amico, è l'eco: e perché è mio amico?

Perché io amo il mio dolore e l'eco non me lo toglie.

Io ho un solo confidente, è il silenzio della notte.

E perché è il mio confidente? Perché il silenzio tace.

(Søren Kierkegaard)


Prologo.

- Michael? Ti ho portato del caffè caldo, ne vuoi?

Andy poggia il vassoio col thermos e le tazze sul tavolo basso accanto al dondolo e bacia Michael sulla fronte. Gli accarezza delicatamente i capelli e poi si siede vicino a lui.

- Ehi, grazie. Ne ho proprio bisogno, stavo per addormentarmi.

- Beh, potresti andare a letto, che ne dici? Domani devi alzarti anche presto! - mormora Andy, lasciando che Michael lo stringa a sé.

- Pensavo di rimanere ancora un po'. Guarda che bello il cielo stanotte! Sarebbe proprio un peccato perderselo. Resti con me o hai ancora da studiare?

Il giovane fa un segno di diniego e gli stringe una mano, lasciando scorrere le labbra sulla pelle del collo di Michael. È stato lui a trasmettergli la passione per le stelle, quando per Andy erano solo dei puntini luminosi sparsi nel cielo buio, Michael ad ognuno di essi ha dato un nome ed una precisa collocazione, rendendo quello spazio infinito meno misterioso e inquietante.

I loro mezzi di osservazione – un telescopio malandato e una mappa stellare scaricata da Internet – farebbero inorridire anche il più dilettante degli astrofili, così come la loro abitudine di restare nel giardino della loro casa, dove il cielo è inquinato dalle luci artificiali provenienti dalla strada, invece che andare fuori città.

Ma quel dondolo nel quale si rifugiano è parte del loro mondo e questo nessuno potrebbe capirlo. E in fondo basta scrutare il cielo qualche minuto senza distogliere lo sguardo perché le stelle inizino ad accendersi lentamente, tracciando un percorso immaginario nel quale Andy e Michael puntualmente si perdono mentre disegnano i loro sogni.

- Chissà quante stelle perdute ci sono in giro per il cielo, stanotte... - mormora Michael ad un certo punto.

- E cosa sarebbero le stelle perdute? - Andy aggrotta un sopracciglio, assumendo un'aria sarcastica.

- Le stelle che non appartengono a nessuna costellazione. Quasi tutte le stelle sono unite da una scia luminosa, ci hai mai fatto caso? Le stelle perdute invece no. Vagano solitarie nell'universo alla ricerca di una costellazione della quale far parte. Sono le stelle più timide, quelle che hanno paura di brillare e che stanno da sole perché credono che nessuno voglia la loro compagnia.

- Mi prendi in giro?

- Oppure... puoi vederla anche da un altro punto di vista. Magari le stelle perdute sono semplicemente alla ricerca della libertà. Forse racchiuse in una costellazione si sentirebbero prigioniere e cercano in qualche modo di scappare.

- Come fai ad inventarti teorie tanto assurde? - chiede Andy, non riuscendo a trattenere una risatina ironica.

- Guarda che esistono sul serio!- risponde Michael, con calma. Gli arruffa dolcemente i capelli – Cioè... Okay, si chiamano stelle informi, però è vero che non appartengono a nessuna costellazione. Diciamo che ci ho un po' fantasticato sopra...

- E l'hai mai vista una stella perduta?

- No, finora no. O forse, chissà...

Michael parla a voce bassissima, quasi stordendolo con le sue parole appena sussurrate sulle labbra.

Restano abbracciati ancora per un po', baciandosi di tanto in tanto, quasi dimenticandosi delle stelle che brillano su di loro.

- Che ne dici se andassimo a letto? - propone Andy quando sente la mano di Michael scivolare sotto la sua maglietta e accarezzargli prima il petto, poi il fianco.

- Mh, forse è meglio. - mormora l'altro – Qui è un po' scomodo... - aggiunge, sorridendo appena.

Rientrati in casa, Michael spinge delicatamente Andy contro il muro e gli sfiora il collo con le labbra.

- Lo sai, vero, che non ho alcuna voglia di dormire, mh?

- Oh, e sentiamo... Che vorresti fare? - risponde Andy, con le dita fra i suoi capelli.

- Indovina... - è la risposta, seguita dalle sue dita che iniziano a sganciargli la cintura dei jeans.

Si dirigono verso la loro stanza, disseminando i loro vestiti lungo il tragitto, percorso alla cieca, fra mobili e quadri che sanno di loro.

Mentre fanno l'amore, Andy pensa che Michael non stia entrando solo dentro il suo corpo.

Michael è ovunque.

Nei suoi pensieri, nel suo cuore, nel sangue. Nell'anima.

Diventa parte di lui, mentre mormora il suo nome.

Andy dimentica quasi di respirare quando artiglia la schiena di Michael e ne guida i movimenti sempre più veloci. Lo bacia, come a chiedere aria e vita alle sue labbra.

E sente di essere realmente vivo. Prende consapevolezza di se stesso nell'esatto momento in cui sente le labbra di Michael posarsi sulle sue e sussurrargli che lo ama.

E poi il calore improvviso ed ubriacante. Le braccia di Michael ad avvolgerlo. Proteggerlo.

I battiti dei loro cuori a scandire il tempo.

A sfiorarsi, battito dopo battito.

Attimo dopo attimo.

Ti ricordi Michael, le notti passate sul dondolo a guardare le stelle?

Quando ci addormentavamo senza nemmeno accorgercene, cullati dal respiro leggero del vento?

Io ci penso ancora, Michael, a quando mi indicavi il cielo e mi raccontavi le tue favole sulle stelle.

Sento in bocca il sapore del the caldo o del caffè che preparavamo quando non volevamo perderci il sorgere del sole.

Adesso guardare il cielo fa male, Michael. Le stelle sembrano tutte uguali, racchiuse nelle loro costellazioni, e mi fanno sentire una di quelle stelle perdute di cui mi parlavi.

A volte, prima di scivolare nel sonno, sento la tua voce, Michael. E ho l'impressione che se aprissi gli occhi scoprirei che sei davvero qui, ma non è altro che un sogno al quale ho imparato a non credere più.

____

Non so cosa dire su questa storia.

Solo che è molto importante per me, sia dal punto di vista *scrittorio* che personale.

L'immagine è modificata da me, e credo che si veda, dato che di grafica non ne capisco molto.

Di fisica - di stelle, poi - ne capisco ancora meno. Giusto per rendere l'idea, al liceo ho preso tre in geografia astronomica, il mio voto più basso di sempre. Mi sono documentata, per quel che ho potuto. Le stelle informi esistono davvero, poi Michael ci ha intessuto sopra la storia delle stelle perdute, ritagliando tale definizione da una storia di Bluesmoke, che ringrazio per aver scritto queste due parole l'una vicina all'altra, perché mi sono state davvero d'aiuto.

Non sto a spiegarvi cosa esattamente c'entrino queste stelle perdute con la storia - si chiarirà tutto più avanti, spero.

Infine, prima di diventare logorroica, ringrazio le persone che hanno un po' contribuito a spronarmi a rileggere e limare più e più volte ciò che scrivo. Dubito che passeranno di qui, ma davvero, grazie. Molto probabilmente, senza di voi, questa storia non ci sarebbe mai stata.

Un piccolo commento è sempre gradito ^^

Al prossimo capitolo,
Aika.

NB questo è il videotrailer della storia ^^ Non immagino i personaggi così dal punto di vista fisico, ma le situazioni che vedrete, in qualche modo, ci saranno tutte ^^

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Capitolo 2
*** Andy - Ricordi di carta ***


Andy - Ricordi di carta

Andy - Ricordi di carta.

Non esiste il modo per parlare di te – di noi – come vorrei.

Non ci sono le parole adatte, forse.

O, più semplicemente, i ricordi – i pensieri, le sensazioni – sono troppo belli, troppo perfetti perché esistano parole in grado di raccontarli.

Perché una storia non è solo narrazione.

Una storia è fatta di percezioni.

Vista. Udito. Tatto. Olfatto. Gusto.

E le percezioni non si possono mettere per iscritto. Non basta credere di riprovarle durante la scrittura per essere davvero certi che vivano e pulsino ancora.

Non ci sono parole che parlino di te.

Nessuna parola è forte e fragile.

Nessuna parola è vita e morte.

Nessuna parola sei tu, amore.


Il cursore sullo schermo continua a lampeggiare senza sosta, scandendo i battiti del suo cuore e il dolore pulsante che avverte alle tempie. Andy si porta le dita ai lati della testa tentando di massaggiarla invano.

Un tempo – giorni, settimane, mesi fa? – avrebbe spento il computer con un gesto stizzito e sarebbe scivolato fra le lenzuola di cotone bianco, avvertendo quasi subito l'abbraccio di Michael avvolgerlo come una seconda pelle. E poi un bacio fra i capelli, e la sua risatina ironica.

“Hai finito di studiare, per stanotte? Prima o poi finirai per impazzire su quei libri, ne sono sicuro!”

E il suo respiro che sapeva di troppe sigarette fumate nel giro di un paio d'ore gli avrebbe accarezzato il collo. Con tutta probabilità avrebbero fatto l'amore, finendo per addormentarsi l'uno stretto all'altro in un incastro perfetto di corpi disegnati dalle coperte.

Adesso non c'è nulla ad attenderlo, in quel letto che pare così vuoto. Solo stanchezza e solitudine lo accompagnano durante le poche ore che concede al sonno – agli incubi – per impossessarsi della sua anima.

E il più delle volte è solo il tempo di una sigaretta consumata al buio, poi di nuovo in piedi.

In cucina, a bere un caffè.

In soggiorno, a leggere un libro senza comprenderne neanche una parola.

In giardino, sul dondolo, ad aspettare che il cielo si schiarisca e spunti di nuovo il giorno.

L'assenza di Michael gli lacera il cuore ogni momento che passa.

A volte si illude di sentire il rumore della chiave che gira nella toppa, di avvertire il suo respiro calmo e regolare, di vederlo in mezzo alla gente, e rimane puntualmente deluso nel constatare che si tratta solo di un'allucinazione.

Si distende sul letto e in breve le lacrime gli offuscano la vista, rendendo tutto confuso ed ovattato, impedendogli di respirare regolarmente e costringendolo a singhiozzare cercando di fare il meno rumore possibile.

Non è stata una buona idea quella di provare a scrivere qualcosa di così intimo che trattenga il ricordo di Michael avvinto a lui. Eppure ha paura che le percezioni – dopo solo un mese e mezzo – inizino lentamente a svanire, a diventare fumo evanescente, e lui ha il terrore di dimenticarle, col passare del tempo. Scriverle vuol dire inciderle nella memoria, scolpirle nella carne e mescolarle al sangue, in modo che davvero diventino parte di lui.

Non si aspettava però che fosse un'operazione così dolorosa. O forse lo sapeva, ma credeva stupidamente che si sarebbe trattato di un dolore facile da sopportare e che sarebbe bastato tener duro qualche attimo, come quando si strappa un dente, e che poi tutto sarebbe diventato tollerabile.

Ma si sa, non è l'attimo dello strappo – l'attimo della morte – a fare male, quanto invece ciò che viene dopo. Dolore che pulsa ad intervalli regolari e proprio quando sembra sopirsi, riprende di nuovo, poi si assopisce e riprende e ancora, ancora, per giorni – settimane, mesi, forse anni – interi.

Fino a poi svanire nel nulla.

Fino a che dimentichi che tipo di male facesse, quel dolore. Se ti strappasse i muscoli d'un sol colpo o li lacerasse poco a poco fino a dilaniarli. E, alla fine, di quel dolore resta solo il ricordo.

Ad Andy non basta il ricordo. Non quando smetterà di far male, quando resterà semplicemente archiviato nella sua memoria fra una nozione di fisica e una di anatomia.

E quando succederà, sente che avrà bisogno di un modo per rivivere tutte quelle sensazioni ed espiare una colpa che non gli appartiene, e che forse nemmeno esiste.

Rimane sveglio ancora per delle ore, a pensare a ciò che ha intenzione di fare. A come raccontare la loro storia, quei quattro anni passati insieme. Alle parole che in qualche modo potrebbero appartenere a Michael.

Parole che ne descrivano l'aspetto, l'anima, la vita in ogni minimo dettaglio. Il tono della voce. Il modo di camminare. Il modo in cui teneva la tazzina del caffè fra le dita e nell'altra mano la sigaretta. Parole che siano sue e sue soltanto, parole da coniare, se necessario, parole di una lingua nuova, fino ad allora inesistente.

Sospira.

Si è di nuovo perso nei suoi pensieri allucinanti sulle parole. Pensieri che in fondo non hanno nessun fondamento e che lo fanno stare solo peggio. Guarda la sveglia digitale sul comodino: 3.33. Altre tre ore e ventisette minuti al suono della sveglia e all'inizio di una nuova giornata.

Andy preferisce il giorno alla notte.

Il giorno è pieno di occupazioni: portare Luna fuori, continuare a lavorare alla tesi che ha lasciato interrotta la sera che Michael è uscito di casa per non farvi più ritorno, continuare a studiare per il test di ingresso alla scuola di Specializzazione e infine trovare il coraggio per affrontare i fantasmi che gli si presenteranno quando scenderà di nuovo la sera.

Quella notte sempre più vuota, che ogni secondo sembra gridare che Michael è morto.

Andy si rende conto di avere sonno, ma di non riuscire ad addormentarsi a causa del mal di testa. Un analgesico forse gli farebbe bene. Si alza dal letto, e si dirige in bagno a piedi nudi, rabbrividendo nell'incontrare il freddo del pavimento.

Accende la luce e apre l'armadietto con i medicinali, individuando quasi subito le pillole che gli servono. Dopo averne presa una, gli occhi gli vanno allo specchio posto sopra il lavabo. Rimane a scrutarsi a lungo, la barba leggermente incolta, gli occhi ancora una volta gonfi e rossi, le clavicole visibili sotto la pelle sottile del collo. È dimagrito in quest'ultimo mese. E forse è dovuto al fatto che non mangia abbastanza e che a volte gli capita persino di saltarli, i pasti – lui, che quando Michael era ancora lì, sembrava un pozzo senza fondo.

Colto da un'improvvisa vertigine, chiude gli occhi, aggrappandosi al lavabo.

E gli sembra di tornare indietro a quella notte.

***

Stava ancora sottolineando i libri di genetica.

Mancava solo una settimana all'ultimo esame e Andy doveva rivedere due dispense, prima di ripassare tutto un'altra volta.

Michael giunse alle sue spalle e lo baciò fra i capelli, facendolo sobbalzare.

- Non hai ancora finito? - chiese, accarezzandogli una guancia.

- Non so nemmeno da che parte cominciare! - rise Andy.

- Sicuro che non ti dispiace se vado due giorni dai miei, vero? Mia madre si lamenta sempre che non torno a casa da mesi!- mentre parlava, Michael gli massaggiava delicatamente le spalle, aiutandolo a rilassarsi.

- Ma ovvio che no... Fra l'altro, in questi giorni non sono proprio di compagnia!

Michael si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra, aggiungendo, subito dopo:

- Mi raccomando, non restare sveglio fino a tardi a studiare.

- Sì, sì, okay. Dici che ce la faccio a stare da solo due giorni? - si lamentò Andy, con un gesto melodrammatico, smentito dal luccichio divertito degli occhi.

- Cos'è, hai improvvisamente paura del buio? Secondo me, puoi farcela... Non sarà difficile, vedrai!

- Scemo! Io non ho paura di niente!

Michael andò in camera da letto a prendere il casco, le chiavi della moto e uno zaino con lo stretto necessario per passare qualche giorno fuori casa.

- Prendi la moto? - Andy inarcò un sopracciglio. Non gli andava a genio l'idea che Michael la usasse, specialmente di notte e per tragitti così lunghi.

- Già... È da un po' di tempo che non ci faccio un giro, il motore finirà per arrugginirsi. Ne approfitto stasera che sono da solo. Sto attento, promesso! E da qui a Jacksonville sono poco più di ottanta miglia, non c'è nulla di cui preoccuparsi. - Michael alzò le mani in segno di resa, quasi ad impedire che Andy cominciasse con le sue prediche sulla velocità e sulla prudenza.

Era ormai sulla porta di ingresso, quando Andy lo richiamò.

- Michael?

- Sì?

Esitò un attimo. Forse sarebbe stato meglio cercare di convincerlo ad andare in macchina.

Non sarebbe successo nulla. Scacciò dalla sua mente ogni preoccupazione.

- Ti amo. - sorrise dopo qualche attimo.

- Ti amo anche io.

Michael chiuse il portoncino con la sua solita irruenza e lasciò una ventata d'aria fredda dietro di sé. Andy rise, divertito per quella scena, e poi andò alla finestra a guardare Michael prendere la moto dal garage e allontanarsi a tutta velocità, fino a che le luci del mezzo non erano diventate altro che puntini persi nel buio della notte.

***

Andy si riscuote dal suo torpore. Si ritrova nuovamente a fissare la sua immagine riflessa nello specchio del bagno e capisce di aver rivissuto per l'ennesima volta la stessa scena senza rendersene conto, precipitando in una sorta di dormiveglia ad occhi aperti.

Torna a letto e inizia a tormentarsi col solito dubbio: sarebbe forse cambiato qualcosa se quella dannata sera avesse convinto Michael ad usare la macchina? Chissà, con tutta probabilità non avrebbe perso il controllo della moto e non avrebbe avuto l'incidente.

Si sono fatte ormai le quattro e mezza, è inutile provare a dormire, ma Andy è stanco, così prova a chiudere gli occhi e a scacciare ogni pensiero dalla mente, ritrovandosi lentamente a galleggiare nel buio, in un luogo che sembra non avere tempo e spazio.

***

- Ehi, Allie, sai dove diavolo è finito quello scemo del mio ragazzo? È da ieri sera che ha il cellulare staccato.

La sua risata si spense contro il muro del silenzio che seguì.

Silenzio. E un singhiozzo trattenuto.

- Allie, ci sei? Tutto okay?

- Andy, ascolta... è successa una cosa. - l'amica aveva la voce che tremava, come se cercasse di trattenere le lacrime.

Pausa. Agonia dell'attesa.

- Michael. Dio, non so come dirtelo, Andy.

Un'altra pausa. Stavolta più lunga.

- Che cos'è successo?

- Michael... ha... ha avuto un incidente con la moto.

Attese qualche attimo prima di replicare. Forse Allie gli avrebbe detto che era tutto uno scherzo e che probabilmente Michael doveva avere solo il cellulare scarico. Di stare tranquillo. Ma le rassicurazioni che aspettava non arrivarono.

- Andy...? Andy, mi stai ascoltando?

La ragazza continuava a parlare, ma lui, occhi sbarrati a fissare un punto indefinito, non seguiva più le sue parole. Si passò lentamente una mano fra i capelli e si sedette, poggiando i gomiti sul tavolo.

- … Ci ha chiamate Jack, poco fa. Voleva dirtelo lui, ma gli ho detto che l'avrei fatto io... E stavo giusto per farlo.

- Come è successo?

- La strada era scivolosa, ha perso il controllo della moto e ha sbattuto contro una macchina che non ha fatto in tempo a frenare. L'hanno subito portato in ospedale, ma...

- In che ospedale? - la interruppe Andy, mordendosi a sangue le labbra.

- A Jacksonville.

Allie scoppiò in lacrime e, inaspettatamente, fu Andy a farle forza, mormorando chissà quali parole di conforto. Senza crollare. Restando impassibile, inghiottendo quel nodo in gola e scacciando le lacrime che facevano prepotenza per uscire. Si sentiva fuori dal suo stesso corpo, lontano, in una dimensione parallela, rinchiuso in una bolla d'aria che non gli permetteva di reagire.

***

Quel giorno Allie non aveva detto chiaramente che Michael era morto.

Non ce n'era stato bisogno, lo sapevano entrambi cos'era successo.

Pronunciare la parola morte avrebbe voluto dire renderla reale, permetterle davvero di prendersi Michael.

E nemmeno adesso, a distanza di un mese e mezzo, Andy riesce ad associare l'idea di morte a Michael. Il suo inconscio continua ad ingannarlo, a fargli pensare che la mattina Michael esce di casa per andare a lavorare e che la sera torna molto tardi perché i suoi professori lo spremono fino al midollo. Solo a notte, a letto, non riesce più a continuare quel gioco atroce e smette di fingere di credere alle sue stesse bugie.

Andy non ha pianto subito, quel giorno.

Non ha pianto nemmeno mentre lui, Allie e Bea tornavano a casa dal funerale e Bea gli aveva chiesto di fare cambio alla guida perché lei non riusciva a vedere bene la strada per via degli occhi gonfi.

Improvvisamente la porta si scosta e Andy avverte i passi veloci di Luna, che si avvicina al suo letto e tira delicatamente le lenzuola. Michael inizialmente non avrebbe voluto che il cane stesse in casa, ma poi si era affezionato a Luna e aveva finito per non far più caso a quando la vedeva gironzolare per le stanze.

Guaisce in tono lamentoso, strappando un sorriso tirato ad Andy. Il giovane resta ad occhi chiusi, ma allunga la mano per accarezzare la testa dell'animale.

- Buongiorno, piccola... Certo che sei più puntuale di una sveglia!

Ogni mattina Luna lo sveglia in quel modo, quando ancora alle sette mancano cinque minuti.

Andy è certo che anche lei senta la mancanza di Michael. Ogni sera, alle sette e mezza va ad appostarsi davanti al portoncino di ingresso, aspettando che rientri dal lavoro per farsi coccolare a dovere. E sembra restare puntualmente delusa quando Andy le si avvicina e le dice che non è il caso di aspettare ancora.

Luna inizia a strofinare il muso contro la mano di Andy, così il giovane apre gli occhi e decide che è l'ora di alzarsi.

- Dieci minuti e ti porto fuori, d'accordo?

Il cane, scodinzolando, lo precede fuori dalla stanza. A volte Andy crede che lo capisca perfettamente quando le parla, visto che sembra in grado di cogliere i suoi stati d'animo, il più delle volte strusciandosi contro le sue gambe come a richiedere una carezza fra le orecchie.

Andy va a fare una doccia, raccogliendo le energie necessarie ad affrontare una nuova giornata. Fra l'altro è anche domenica, quindi non deve nemmeno andare a fare tirocinio all'ospedale, l’unica cosa, insieme al lavoro, che gli permette di distrarsi.

Dopo la passeggiata mattutina, Andy rientra in casa e, mentre Luna resta in giardino a osservare le macchine che passano, va in cucina a preparare il caffè prima di iniziare a studiare. Sta per prendere una tazza dalla credenza, quando Luna inizia ad abbaiare e, un attimo dopo, suona il campanello.

Sbircia fuori dalla finestra del soggiorno e sospira: quasi non vorrebbe aprire, se non fosse che la presenza del cane in giardino indica che lui è pure in casa. Apre il cancello ed esce fuori per accogliere Allie e Bea.

- Oh, ma allora ci sei! Perché non rispondi al telefono, si può sapere? - Allie lo abbraccia e lo bacia su una guancia, mentre Bea si china ad accarezzare Luna, che scodinzola attorno a loro alla ricerca di attenzioni.

Il fisico esile di Allie quasi smentisce il fatto che sia incinta. Ma guardandola meglio, Andy si rende conto le sue curve sono più morbide dell'ultima volta che si sono incontrati, e i suoi occhi scuri sono luminosi come poche volte li ha visti.

Sia lei sia Bea gli sembrano piuttosto impacciate, come se non sapessero esattamente che cosa dire o come comportarsi. Si tengono per mano, ma appena capiscono che lui se ne è accorto, si separano velocemente.

- Ho appena preparato il caffè, ne volete anche voi?

Ignora apertamente la domanda e i loro gesti, pur sapendo che entrambe non ci metteranno molto a tornare alla carica. Riempie le tazze e le porge alle due ragazze, sedendosi poi attorno al tavolo della cucina.

- Allora? Va tutto bene? - chiede, accennando con un sorriso ad Allie.

- Oh sì, non mi dà alcun problema. Anche il dottore dice che sta filando tutto liscio. - risponde lei, toccandosi i capelli e poggiando le mani sul pancione, con aria protettiva – Dai, Andy, smetti di cambiare discorso. Si può sapere perché sei sparito?

Andy si fa serio.

- Beh... non avevo voglia di... sentire nessuno. Credevo fosse evidente, no?

- Ci hai fatto preoccupare. - interviene Bea, le dita intrecciate attorno alla tazza – Fra l'altro il tuo aspetto non è nemmeno dei migliori. Sei dimagrito e hai le occhiaie. Dormi la notte?

- Smettetela di preoccuparvi per me, pensate piuttosto a vostra figlia... Io sto meglio. - replica il giovane, tagliente.

- Tu non stai meglio, Andy. - replica Allie - Pensi di essere così bravo a nascondercelo?

Si avvicina a lui e fa per accarezzargli una guancia, ma il giovane si scosta.

- Senti, tu non sai nulla, d'accordo? Non sai come ci si sente a...

Ha bisogno di una sigaretta. Nervosamente prende il pacchetto che ha davanti a sé. Abbassa lo sguardo mentre la fiamma bluastra dell'accendino scatta. Sa che Allie e Bea lo stanno guardando e si aspettano una risposta.

- Andy, ti prego... - lo supplica ancora Allie.

- Vuoi sapere come sto? - sbotta lui - Uno schifo, grazie dell'interessamento.

- Perché fai così? Vogliamo solo starti accanto... - interviene Bea, scostandosi una ciocca di capelli biondi dal viso.

- Mi manca da morire. - sibila Andy, spegnendo la sigaretta nel posacenere – E mi dispiace, non sono dell'umore adatto per vedere nessuno. Avreste fatto meglio a non venire.

- Non puoi pretendere di farcela da solo. - lo rimprovera Allie con dolcezza.

- Senti, preferirei non parlarne. Adesso inizio a stare un po' meglio. Ho... La signora Harris mi ha consigliato di provare a scrivere ciò che provo... A riordinare le idee. E non so, sembra che funzioni. - confessa alla fine.

Allie accenna un lieve sorriso.

- Ecco, così va meglio. È ora di ricominciare a vivere, che ne dici?

- È facile parlare, per te... Tu hai qualcosa di suo, a me non restano che i ricordi. - conclude amaramente Andy, accennando al pancione della ragazza. - E non nascondo che un po' ti invidio. Cioè, lo so, è una cosa orribile da dire, mi dispiace... Credo di essere diventato veramente asociale!

- Scherzi? Guarda che Michelle sarà anche tua figlia!

- Michelle?

- Oh, abbiamo deciso di chiamarla così... - spiega Bea con un sorriso, stringendo una mano di Allie.

- Michelle? Ma cazzo, è un nome da soap opera. Non vi permetterò di chiamarla con un nome così... così melenso e sdolcinato! - ribatte Andy, alzando un sopracciglio. L'ombra di un sorriso gli illumina per un attimo il volto, spegnendosi quando le due ragazze si scambiano un'occhiata complice.

- Beh, è il femminile di Michael. Sai, ci abbiamo pensato dopo... Dopo che è successo tutto. - dice Allie.

Andy resta in silenzio, vagamente imbarazzato. Continua a guardare i pantaloni di lino marrone dell'amica e la sua maglietta verde. In quel momento, quasi a salvare la situazione, appare Luna, alla ricerca di qualcuno che possa farle le coccole.

- Vieni qui, piccola! - la chiama Bea, accarezzandole poi la testa. Il cane guaisce come a mostrare la sua soddisfazione, poi si accuccia ai piedi di Andy.

- Diventa più bella ogni giorno che passa, non trovate? - chiede Andy.

Le due ragazze annuiscono, ma la conversazione sembra spegnersi nuovamente del tutto. È come se tutto fosse immerso in un gelido contesto formale, assolutamente impensabile fino a qualche tempo prima. Quasi non si conoscessero. O forse è l'assenza di Michael ad opprimere la stanza, quasi si trattasse di una cappa che rende l'aria irrespirabile.

- Bea, forse è meglio andare. Si muore di caldo, stamattina, anche Michelle sta iniziando a protestare! - Allie si alza goffamente, mentre Bea cerca di aiutarla.

Andy le segue fino all'ingresso, aprendo la porta e lasciandole passare.

- Mi dispiace... - mormora, il viso affondato nell'incavo del collo di Allie – Ti telefono quando sto un po' meglio.

- Va tutto bene, Andy, non preoccuparti! - è la risposta dell'amica, che gli arruffa dolcemente i capelli.

Tornato in cucina, Andy mette le tazze sporche nel lavello ed inizia a lavarle meticolosamente. Le sta asciugando con uno strofinaccio, quando il cellulare, posato su uno dei ripiani della cucina inizia a squillare.

Sul display lampeggia un nome che gli mozza il respiro.

Michael?

- Sì, chi parla? - chiede, accostando l'apparecchio all'orecchio.

- Andy? Sono Elena, la sorella di Michael, non so se ti ricordi di me. Senti, ho bisogno di parlarti di una cosa importante, hai cinque minuti?

______

La storia inizia ad entrare nel vivo, con questo primo capitolo.

Non so quanto fosse pienamente intuibile dal finale del prologo, Michael è morto. Ed Andy deve cercare in qualche modo di raccogliere i cocci della sua vita e superare il dolore. E non sarà facile, come avete visto da questo primo capitolo e dal tentativo delle sue amiche di farlo stare meglio.

(Spoiler/avvertimento - evidenziate per leggere - la figlia che Allie porta in grembo è di Michael. E no, non è stato concepito in maniera *naturale*, ma tramite fecondazione artificiale e lo crescerà Allie con la sua compagna. Lo dico solo perché magari c'è a chi dà fastidio l'argomento, giusto per avvisare. Se non volete rovinarvi la sorpresa, non leggete lo spoiler ^^)

Sono sinceramente sorpresa di tutti i commenti che ho ricevuto, uno più bello dell'altro e ringrazio quanti hanno cominciato a leggere e seguono in silenzio.

In questo post del mio Livejournal, ho inserito le fotografie di come immagino che siano Michael ed Andy. In particolare ringrazio AleEe_E per la sua pazienza nel cercare le fotografie, dato che sono molto esigente e ne ho scartate tantissime, facendole perdere chissà quante volte la pazienza ^^''

Quasi dimenticavo: qui e qui trovate due foto di Luna. Che è vanitosa, appunto ^^

Questo primo capitolo è in particolar modo dedicato a Talim che oggi inizia l'Università ^^

Non so quando arriverà il prossimo, dato che mi sono ripromessa di pubblicare ogni volta che avessi avuto il successivo pronto. Il secondo capitolo l'ho finito, penso quindi di pubblicarlo quando avrò scritto il terzo.

Grazie ancora per tutte le letture,

Aika (con link a Facebook nel caso vogliate aggiungermi ^^).

nefene sei stata la prima in assoluto a commentare ** Devo ringraziarti tantissimo per la consulenza medica, senza la quale Andy sarebbe un medico molto poco credibile. E dato che lui è secchione e precisino, ci tiene ad essere realistico ^^ Il fatto che già dal prologo si avverta una sorta di sofferenza, di malinconia, è assolutamente voluto, così come il fatto che le stelle perdute siano in un certo senso il filo conduttore di tutta la storia ^^ Un bacio, e grazie ancora per tutto ^^

AleEe_E *spuccia di rimando* mi è piaciuto tantissimo il senso che hai dato al dondolo e al fatto che ti ricordi il cullare di una ninnananna e che in un certo senso dà un ritmo alla narrazione. Anche io adoro i dondoli, la signora che abita di fronte casa mia ne ha uno e io glielo invidio sin da quando ero piccola **

IceWarrior i tuoi commenti li adoro ** Anche se poi finisce che ne parliamo in chat, i tuoi commenti mi fanno sempre brillare gli occhi ** Mi fa piacere che il prologo ti abbia trasmesso qualcosa, e delicato credo sia l'aggettivo più giusto, il tocco che volevo dare alla storia. E basta, non so mai come risponderti ^^'' Però grazie. Davvero.

Nemo from Mars ti basta un "ti adoro" random? Perché alla fine sei tu quella che mi sopporta più di tutti, che mi fa le prediche quando mi deprimo, e tutto ** Quindi ti adoro <3

mothintheshell la dedica l'ho inserita la stessa sera in cui mi hai detto che ti sentivi una stella perduta, proprio per evitare di dimenticarlo ^^ E il fatto che *loro* ti piacciano e che li giudichi degni, non può che farmi piacere :)

Dastrea ciao ^^ come ti avevo già accennato, il tuo commento mi aveva spiazzata, in quando essendo pieno di emozioni, non mi aveva fatto capire chiaramente cosa ne pensassi della storia. Detto questo sono felicissima che abbia deciso di seguirmi e di commentare - io adoro i commenti, fra l'altro. Di qualsiasi tipo. E quando lasciano scorrere le emozioni li trovo ancora più belli. Il senso di tristezza che hai avvertito nel prologo è voluto, tutto è avvolto da una sorta di malinconia ovattata e soffusa, quindi hai capito bene. Per quanto riguarda la storia delle stelle perdute: in origine c'era solo la prima spiegazione, quella delle stelle che vivono da sole perché nessuno sembra volerle, poi Michael mi ha raccontato che in effetti è possibile interpretare la cosa in entrambi i modi. Ma ciò non toglie che chiunque è libero di pensarla come vuole. Come hai detto tu stessa è una cosa soggettiva ^^

Alexander Allison Jane non è vero che sono cattiva (okay, vabbè, giusto un pochino u.ù) però appunto, mi faccio perdonare ^^ Spero che continuerai comunque a leggermi :)

BlueSmoke grazie mille anche a te per la *recensione di incoraggiamento* Mi fa piacere che Andy e Michael ti abbiano trasmesso tanta dolcezza. Ed è incredibile quante stelle perdute sto trovando con questo racconto :)

Kuso Baba tu lo sai, insomma. Il timore reverenziale che mi assale quando commenti qualcosa di mio. E lo so che è stupido e ne abbiamo parlato mille volte, però ^^ Grazie, ecco. La definizione di *dolcezza avvelenata* la trovo meravigliosa ^^

Hope99 piccoletta ^^ Sono felicissima che tu abbia commentato e che la storia ti piaccia. Anche tu sei una delle povere vittime che si beccano i miei scleri quotidiani anche solo per una virgola. Quindi la dedica era il minimo che potessi fare ^^ E grazie anche a te. Di esserci. Anche tu sei una persona speciale :)

Cerridwen Shamrock sono sincera, non mi aspettavo di vederti passare per di qua ^^ ovviamente la cosa mi fa molto piacere. Così come le tue parole sullo stile, una cosa che ho cercato di curare al meglio delle mie possibilità. E sono felice che tu ci sia :)

ladidely se nefene è la parte Andy-medica della situazione, tu sei la parte Michael-fisica dato che io ne capisco poco e nulla ^^ Nonostante l'avversione della linea Internet e del pc sei riuscita a leggere e commentare, che bello *_* Sulla tristezza dolce del prologo ho già detto abbastanza, era proprio l'effetto che speravo di ottenere.

E con questo è tutto.

L'appuntamento è per il prossimo capitolo ^^

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Capitolo 3
*** Elena - Riempire l'assenza ***


Elena - Riempire l'assenza.

 

 

 

 

Agosto 2000

 

La porta si aprì lentamente, svegliandola con il suo cigolio sinistro. Poi qualcuno accese la luce, costringendola a svegliarsi. Spalancò gli occhi e si mise a sedere sul letto, rendendosi conto che non era al sicuro nella sua stanza piena di peluches e bambole, ma in quella di Michael, che aveva le pareti nascoste da tantissimi fogli che lui chiamava mappe stellari.

- E tu che ci fai qui, scricciolo?

Elena lo guardò a lungo, ancora mezza addormentata.

- Volevo aspettarti, ma tu hai fatto tardi! - disse alla fine, puntandogli l'indice con espressione arrabbiata. - E io mi sono addormentata.

- Okay, okay, ho capito. Cos'è, hai fatto un brutto sogno?

Michael le fece un sorriso e la abbracciò stretta.

Ai suoi occhi di bambina di dieci anni, Michael apparteneva al mondo dei grandi. Poteva far tardi la sera senza che nessuno gli dicesse di andare a dormire e l'indomani sarebbe andato ad una scuola lontana da casa, una scuola che si chiamava college e dove potevano andare solo i grandi.

Elena respirò il profumo del fratello e gli sussurrò all'orecchio:

- Mi telefoni ogni giorno, vero?

- Promesso.

- E mi prometti che se scopri una nuova stella la chiami col mio nome?

- Promesso. - ripeté Michael con un sorriso - Adesso che ne dici di andare a dormire? Dai, ti accompagno in camera tua.

La bambina fece segno di no con la testa.

- Voglio dormire con te.

- Ma tiri calci! - protestò il ragazzo, scoppiando a ridere – E poi sei anche troppo cresciuta!

Elena mise su il broncio, fingendosi indispettita. Rimase a pensare per qualche attimo, mentre Michael stava a guardarla incuriosito.

- Dai, Mikey, sto ferma e non mi muovo per nulla! Per favore!

Nonostante fosse ancora piccola, Elena era piuttosto sveglia, e aveva scoperto già da tempo che spalancare gli occhi grigio-azzurri e mostrare il labbro tremolante era un'ottima strategia per ottenere quasi tutto quello che voleva, almeno dal fratello.

- Okay, ma solo perché domani parto. - si arrese Michael, scompigliandole i capelli.

Si misero sotto le coperte, ma Elena sembrava non avere alcuna intenzione di dormire.

- Adesso che vai via, posso stare io nella tua stanza? - chiese ad un certo punto, come se ci pensasse già da tanto a fargli quella domanda.

- E quando torno dove dormo?

- Mmh... sul divano, no? - Elena rise allegramente, contorcendosi quando Michael tentò di farle il solletico sulla pancia.

- Oh, grazie, ti sembra questo il modo di trattarmi? - Michael sembrò offeso per un attimo, ma poi le schioccò un bacio sulla fronte – Avanti, piccola chiacchierona, adesso è davvero ora di dormire, domani dobbiamo alzarci presto, d'accordo?

- D'accordo... - Elena sbadigliò e lo abbracciò – Mikey, ti voglio bene.

- Anche io ti voglio bene, piccola. Buonanotte!


***

 

A vent’anni il pensiero della morte non ti sfiora quasi mai.

A vent’anni non sai – o non vuoi sapere – cosa significa morire.

A vent'anni la sera chiudi gli occhi per dormire e sai che la mattina dopo li riaprirai, ti alzerai, ti vestirai, farai colazione e continuerai a vivere la tua vita.

A vent’anni non puoi accettare che esista la morte. È qualcosa di strano, di difficile da comprendere, specie se davvero non ci hai mai avuto a che fare.

Elena associa la morte solo al ricordo di quella del nonno, risalente a quando aveva sette anni. E a qualche anziano vicino di casa. Ma per loro in qualche modo era stato normale morire. Con tutta probabilità si erano già preparati all’evento, avevano fatto testamento, dato disposizioni per il funerale e per come volevano essere sepolti.

Uno come Michael non avrebbe mai accettato l'idea della morte, nemmeno se fosse stato grande abbastanza da dover iniziare a pensarci.

Michael amava la vita. Ed è per questo che Elena trova ancora più ingiusto che quel dannato incidente gliel'abbia strappata così violentemente.

Abituarsi alla sua assenza è difficile.

Bisognerebbe partire da una serie di piccole cose che Elena non ha ancora fatto: cancellare il suo numero dalla rubrica del cellulare, ad esempio. O smetterla di sperare di vederlo on-line quando la sera si collega su Internet.

È ancora troppo presto per farlo. Quei secondi che passa a chiedersi se stavolta potrà parlarci sono troppo preziosi perché possa accettare di farne a meno.

Elena preferisce pensare che se ne sia solo andato, come se cambiare le parole e renderle più dolci possa servire a qualcosa.

I ricordi sono una ninna nanna dalla melodia struggente ed Elena non riesce a smettere di ascoltarli, seduta sul molo del porto di Jacksonville, a poca distanza da qualche barca ormeggiata a riva. Dondola i piedi e continua a guardare lo specchio d'acqua sul quale si riflette il suo volto. Passa diverse ore immobile al fiume, lo stesso dove Michael la portava in barca quando era piccola, a cercare di ricordare il sorriso allegro e sfrontato di Michael e il suo dannato vizio di prenderla in giro su tutto o di abbracciarla all'improvviso facendole prendere uno spavento.

Cerca di immaginarlo, ancora una volta, Elena. Allegro e sorridente, come l'ultima sera che l'ha visto. E si meraviglia ancora una volta di come i ricordi sembrino prendere vita davanti ai suoi occhi, offrendole la bugia di qualcosa che sembra esserci ancora, ma che in realtà appartiene alle ombre di un passato ancora troppo recente.

Un passato nel quale Michael era ancora vivo.


***

 

Era stata una serata perfetta.

Elena non stava nella pelle all'idea di presentare Richard a Michael. Erano due frammenti della sua vita e lei voleva che i loro contorni si unissero fino a combaciare perfettamente.

Ad entrambi aveva raccontato diverse cose l'uno sull'altro e così, dopo un primo sguardo diffidente – Michael tendeva a guardare male ogni fidanzato della sorella – era stato praticamente normale il fatto che si scambiassero un sorriso e diventassero subito amici.

Avevano trovato nel rugby un argomento comune, dato che Richard ci giocava da un paio di anni e Michael ogni tanto seguiva qualche partita in televisione, così, quando Elena li chiamò a tavola per la cena, li trovò intenti a chiacchierare fitto sul divano.

- Allora, Michael... - disse la madre, sorridendogli affettuosamente – Perché non ci racconti del tuo lavoro? Sarai sempre molto impegnato, non è così?

Michael annuì, cominciando a raccontare degli studi del laboratorio di ricerca dell'università, di come si trovasse a suo agio con i colleghi e di come ogni sera rientrasse a casa esausto, ma soddisfatto.

- Sì, ma secondo me lavori troppo! Guardati, sei dimagrito!

Elena sorrise a quelle parole: tipico della madre preoccuparsi di cose del genere, l'avrebbe di certo fatto anche quando loro avrebbero avuto cinquant'anni. E Michael era il suo cocco, come da scontatissima sindrome dell'unico figlio maschio.

- Ma no, mamma... Tranquilla, so badare a me stesso! - Michael scoppiò a ridere, lanciando uno sguardo d'intesa ad Elena.

- E dimmi, caro... Ancora nessuna fidanzata da presentarmi?

- Jane, ma lascialo mangiare in pace!- intervenne il marito con un sorriso ironico.

Elena vide Michael abbassare lo sguardo, come se quella domanda indiscreta lo avesse messo in imbarazzo.

- No, non esco con nessuno, mamma. Il lavoro mi impegna troppo, te l'ho detto. - rispose a mezza voce.

- Sì, e poi figurati chi è la disperata che accetterebbe di uscire con un secchione come lui!- scoppiò a ridere Elena.

- Oh beh, sbaglio o è grazie a questo secchione che riuscivi ad avere la sufficienza in fisica? - la punzecchiò di rimando Michael. E poi, rivolto a Richard – Lo sai quante nottate abbiamo perso in chat perché lei non capiva cose semplicissime come il rapporto spazio tempo?

Elena fece una linguaccia al fratello, scoppiando poi a ridere con lui.

Era felice che fosse tornato a casa per qualche giorno. Sentiva molto la sua mancanza, anche se ormai, fra college ed università, Michael si era trasferito a Greenville da quasi dieci anni e tornava sempre più di rado. E ogni volta era come se non fosse mai andato via, dato che bastavano cinque minuti per riallacciarsi a discussioni lasciate in sospeso mesi prima.

 

Era stata una serata perfetta.

 

Poi, dopo cena, Michael aveva annunciato che sarebbe uscito per andare a bere una birra con degli amici che non vedeva da tempo. Sarebbe stato fuori al massimo un'ora, voleva andare a dormire presto perché la mattina dopo all'alba lo aspettava il viaggio di ritorno per Greenville.

I genitori di Elena avevano deciso di andare a fare una passeggiata per conto loro, così in pochi minuti in casa erano rimasti solo lei e Richard, a guardare un film.

Verso la fine del primo tempo, qualcuno suonò il campanello di casa.

- Deve essere mio fratello! - sorrise Elena – Di sicuro ha dimenticato le chiavi in camera sua. Ha sempre la testa fra le nuvole.

Il bianco e nero del fermo immagine sullo schermo sembrò risucchiare tutta la stanza quando davanti a lei apparvero due agenti di polizia.

- È questa la casa di Michael Turner?

- Sì... Sono sua sorella. È... successo qualcosa?

Elena si aggrappò a Richard, conficcandogli le unghie nel palmo della mano.

- Signorina. - uno dei due agenti la guardò fissa negli occhi, forse nella speranza di rassicurarla - Suo fratello ha avuto un incidente con la moto. È stato ricoverato d'urgenza in ospedale.

Avvertì la mano di Richard sulla sua spalla e poi le sue braccia stringerla forte. Poi la corsa in ospedale. E i medici che parlavano senza che lei riuscisse a sentire cosa dicevano. Labbra che si muovevano senza produrre alcun suono, dando forma a parole orribili.

Terapia intensiva.

Emorragia cerebrale.

Non è detto che superi la notte.


***

 

Non aveva idea di cosa fosse successo dopo, Elena.

Davanti ai suoi occhi scorrono immagini confuse a cui non riesce a dare un ordine. I medici che dicono che Michael non ce l'ha fatta. Sua madre svenuta per il dolore. Il funerale. Tutte quelle persone che le stringevano la mano dicendo di essere addolorate.

Cercando di ripararsi gli occhi dal sole, afferra la sacca che ha portato con sé e ne estrae un'agenda. L'ha trovata nello zaino di Michael qualche giorno fa ed è stata a lungo indecisa sul leggerla o meno. Ha la copertina che raffigura dei girasoli e sul fondo un cielo azzurro e limpido ed è chiusa da un elastico sul lato destro.

La rigira fra le mani, continuando a fissarla. Sa che non è giusto impossessarsi dei ricordi di Michael in questo modo, ma la voglia di leggere i suoi pensieri e conoscerlo un po' meglio è più forte di lei.

Si chiede se Michael le lascerebbe mai dare un'occhiata a quell'agenda. Se fosse vivo, aggiunge mentalmente un attimo dopo. Ma in fondo... cosa può esserci di male? Con tutta probabilità si tratta solo di un quadernetto che Michael usava come promemoria, magari ci troverà cose come la lista della spesa o dei numeri di telefono che gli servivano per il lavoro.

Elena chiude gli occhi e si concede un respiro profondo, poi apre l'agenda con cautela, come se temesse di sciuparla e comincia a scorrerne le pagine. Si tratta di un misto di pensieri scarabocchiati di fretta, citazioni da libri che piacevano a Michael, qualche formula matematica e qualche abbozzo di disegno.

Sull'ultima pagina c'è quella che a prima vista sembra una lettera. La data in alto a sinistra fa rabbrividire Elena: dodici giugno. E l'orario, 21.30. Pochi minuti prima che uscisse da casa per non farvi più ritorno.

Ha praticamente in mano gli ultimi pensieri di Michael. Le si riempiono gli occhi di lacrime, mentre comincia a leggere.


12 giugno.


A cena mi hanno chiesto di nuovo se ho una ragazza. E la sola idea di non potergli parlare di noi, mi fa impazzire. Ma ho deciso che domani, prima di andarmene, glielo dirò.

Ci penso già da tanto, e sono sicuro che sia la cosa giusta da fare.

Per te. Perché non meriti di vivere ancora nell'ombra.

Per me. Perché ti amo.

Per noi. Perché le cose cambino.

E non mi importa nulla di quello che diranno, se mi cacceranno di casa come è successo a te, non resterò a supplicarli di perdonarmi.

Perché io non ho colpa. Non ho nessuna colpa, se non quella di amarti. Vorrei solo averti accanto e stringerti la mano quando dirò a chiare lettere che sì, sono innamorato e che la notte dormo abbracciato ad un uomo.

Il solo pensare a come ho nascosto tutto questo negando la tua presenza nella mia vita a chiunque, mi fa stare male. Perché in fondo so che non c'è davvero nulla di diverso o di sbagliato in noi. E non capisco nemmeno questa mia paura di parlare.

Ma lo farò. Tutto questo finirà, amore.


Di tutte quelle parole, solo due hanno catturato gli occhi di Elena. Un uomo.

Michael innamorato di un uomo?

L'idea le sembra assurda, di certo ha letto male. Rilegge una, due, tre volte.

Ma quell'uomo è sempre lì, la forma delle lettere non cambia, non scompare. Ed Elena ha sempre più la certezza che si tratti di un sogno.

Ma fra le mani sente il peso di quella agenda, ne distingue nettamente i colori, la forma, sente il contatto della copertina con le sue dita. Un contatto che sembra bruciare la pelle.

Non è un sogno.

Michael amava un uomo.

Scorre velocemente le altre pagine, ma da nessuna parte trova un nome da associare all'uomo senza volto di cui parla Michael. Sono frammenti di ricordo, immagini sconnesse senza alcun apparente filo logico.

Ed Elena di logica e razionalità ha sempre avuto bisogno, specialmente nei momenti in qui il suo equilibrio è così instabile. L'idea che Michael le abbia nascosto una cosa così importante la ferisce, nonostante si renda conto che per lui non debba essere stato facile decidere di non parlare. Non riuscirebbe nemmeno a dire se questa scoperta le provochi più incredulità o amarezza per non averne mai saputo nulla.

Si ritrova a chiedersi se quest'uomo abbia in qualche modo saputo che Michael adesso non c'è più. E improvvisamente il desiderio di sapere chi fosse quest'uomo, di guardarlo negli occhi e capire per quale motivo suo fratello se ne fosse innamorato, si fa spazio nei suoi pensieri. O forse, più egoisticamente, è solo la voglia di conoscere una parte della vita di Michael che non le è mai appartenuta, come se questo potesse contribuire a farla sentire meno sola.

Non ha idea di come fare a raggiungere il suo scopo. Non sa nemmeno se sia giusto, o se dovrebbe rispettare il segreto di Michael.

Mentre torna a casa continua a pensarci, continuando ad essere indecisa sul da farsi. Ma, una volta aperta la porta di casa, va direttamente nella stanza dove Michael aveva lasciato tutte le sue cose e, senza pensarci, prende il suo cellulare.

La sera dell'incidente Michael l'aveva lasciato a casa perché aveva la batteria scarica, ed è rimasto spento per tutto quel tempo. Elena non sa esattamente cosa cercare all'interno della memoria dell'apparecchio, ma lo accende, quasi aspettandosi che succeda qualcosa.

E qualcosa succede.

L'icona dei messaggi della segreteria telefonica lampeggia tre volte.

Tre nuovi messaggi.

Elena compone il numero per ascoltarli, col cuore in gola e le mani sudate. Prima di schiacciare il tasto per avviare la chiamata, si ferma due secondi.

Cosa sto facendo?

Il dubbio le attraversa la mente per qualche attimo, ma Elena lo ignora, chiude gli occhi e resta ad ascoltare.

Ci sono tre nuovi messaggi.

Ehi ma si può sapere che fine hai fatto? Dovevi chiamarmi appena tornavi a casa. Dai, chiamami, Michael.”

Una voce maschile...

Michael, la smetti di fare il coglione? Dai, richiamami appena senti il messaggio!”

dolce e dalla risata nervosa...

Amore? Amore, si può sapere dove sei finito? Appena senti il messaggio, richiamami, per favore. Sono preoccupato.”

come quella dell'uomo di cui Michael era innamorato.

Elena resta allibita, mentre la voce automatica della segreteria ripete data e ora dei messaggi registrati.

L'ultimo risale alle undici della mattina del tredici giugno.

Michael era già morto, a quell'ora. E c'era qualcuno che lo cercava disperatamente.

Cercando di trattenere le lacrime, Elena riascolta i tre messaggi e appunta il numero di telefono dal quale provengono.

Usa il cellulare di Michael per effettuare la chiamata e subito l'apparecchio riconosce il numero, registrato in rubrica alla voce Andy.

Andy era il coinquilino di Michael, un ragazzo con cui il fratello aveva condiviso la stanza al campus dell'Università e con il quale poi aveva cercato una casa una volta finiti gli studi. L'ha visto l'ultima volta al funerale di Michael, seduto fra le ultime file dei banchi della chiesa. Aveva gli occhiali scuri e stringeva la mano ad una ragazza, Allie.

Possibile che...

Il cuore di Elena batte all'impazzata, mentre aspetta che qualcuno risponda.

Mille pensieri le vorticano in mente, dileguandosi all'improvviso quando la voce di Andy le arriva all'orecchio.

- Sì, chi parla?

- Andy? Sono Elena, la sorella di Michael, non so se ti ricordi di me. Senti, ho bisogno di parlarti di una cosa importante, hai cinque minuti?

- Sì, certo, dimmi.

- Ecco... - come fare a chiedergli se era lui il misterioso uomo di cui Michael era innamorato? Come ordinare il corso delle parole in modo che siano comprensibili?

Elena sospira e si tormenta nervosamente una ciocca di capelli.

- Ho trovato un'agenda di mio fratello fra le sue cose. E... C'erano scritte delle cose. Sai, su un uomo... E poi ho sentito i tuoi messaggi nella sua segreteria... E...

Andy, dall'altro capo del telefono, resta in silenzio.

- E non lo so, mi sembra tutto tremendamente confuso. Non so nemmeno perché ti ho telefonato, scusa, non...

- Volevi chiedermi se io e tuo fratello stavamo insieme?

La domanda, che mette a nudo la verità dei fatti, le arriva come un pugno allo stomaco. La voce di Andy sembra essere diventata d'improvviso gelida e distante.

- Sì, anche.

Senza che nemmeno se ne accorga, la presa sul cellulare è diventata più salda, come se questo potesse scoppiare da un momento all'altro.

- Forse è meglio se ne parliamo di presenza, Elena.

Andy non le dà una risposta precisa, forse preferisce rimanere sul vago.

- Sì, ci avevo pensato anche io. Cioè... credo che dovresti vedere questa agenda, Andy. Senti, che ne pensi se venissi a trovarti?

Elena si morde il labbro, pentendosi di quella richiesta precipitosa.

- Ecco...

- Sì, lo so che nemmeno ci conosciamo bene e che è impulsivo da parte mia chiedertelo ma per favore, Andy. Possiamo vederci?

- Vuoi venire qui a casa nost...mia?

Il lapsus involontario di Andy tradisce una nota di amarezza nella sua voce.

- Mi sembra di non sapere più chi fosse Michael. Ed è come averlo perso di nuovo. E non so, credo che tu potresti aiutarmi a ritrovare qualcosa di lui.

Dall'altro lato del telefono, Andy sospira profondamente.

- Va bene, Elena.

Le parole di Andy sembrano essere nutrite di una certa diffidenza, come se non fosse realmente convinto di quello che le ha detto. Elena si impone di ignorare questa sua sensazione.

- Sei libero domani pomeriggio?

- Sì, credo di sì. Sposterò il turno di lavoro, nel caso.

- Va bene. Andy... Grazie. Davvero.

Riattaccato il telefono, Elena si chiede se abbia fatto bene a cercare di abbattere il muro che Michael aveva costruito fra sé e il mondo quando era ancora vivo. Un muro invisibile e impalpabile, che all'apparenza nemmeno esisteva.

Per anni è stata sempre convinta di sapere tutto di Michael. E adesso la verità si è rivelata in maniera inaspettata e violenta. Sarebbe stata abbastanza forte da accettarla in ogni suo dettaglio?

 

_______

Io ed Elena abbiamo seri problemi di comunicazione.

Sin dall'inizio non sono riuscita a percepirla in maniera così forte come è successo con Andy. E non so nemmeno il motivo, fatto sta che sono rimasta bloccata mesi su di lei, perché le sue scene non venivano come le avrei volute.

E nemmeno questa mi soddisfa completamente, ma ho deciso di non bloccarmi e continuare a scrivere, magari nel corso del tempo, il suo personaggio si svelerà pian piano.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mentre lo scrivevo ho pianto - nella sequenza dei tre messaggi registrati nella segreteria telefonica - senza sapere esattamente perché. Probabilmente per la forte empatia che ho sviluppato con Andy.

Vorrei ringraziarvi ancora una volta per il numero di recensioni e per il numero di persone che seguono questa storia.

Non so quando pubblicherò il prossimo capitolo, che è ancora da finire. Prima di pubblicarlo vorrei avere pronto anche l'altro, quindi pregate perché l'ispirazione non mi abbandoni.

mothintheshell tesoro ** chissà quando leggerai questa risposta, dato che sei un po' sparita dalla rete ç_ç mi manchi ç_ç passando ad altro, l'idea di un amore sereno e felice è proprio quella che voglio trasmettere. I flashback relativi alla storia di Andy e Michael saranno - almeno una parte - dal tono più leggero, quasi da commedia romantica, perchè così è stata la loro storia. Sono felice che riesci a sentire i personaggi pulsanti e vivi, chissà come la penserai su Elena... E tesoro, anche tu hai un cuore grande grande :*

Nemo from Mars Allie e Bea nascono anche per *contrastare* il dolore di Andy: loro in fondo sono ancora insieme, soffrono per la perdita del loro amico, ma non si ritrovano sole come lo è Andy. Spero che questo capitolo non sia troppo devastante ♥ e che pure Elena ti stia simpatica ^^

AleEe_E è vero che in un certo senso Andy riesce a sentirsi vivo dopo aver affrontato la morte del suo compagno. È come se riesca davvero a percepire la sua fisicità, a rendere ancora più netto il contrasto fra essere e non essere. Perdonami la citazione amletica, ma credo che ci stia ^^ La morte poi ti tocca sempre, anche se nono conoscevi bene bene la persona in questione. Puoi soffrire in modo diverso, forse, ma è una cosa che ti colpisce comunque. E può essere anche quella sorta di *gelosia* provata nei confronti di Allie e Bea che hanno una parte di Michael che Andy non potrà mai avere. Grazie come al solito per i complimenti e il supporto.

Mile ciao ^^ è un piacere trovare una nuova lettrice. Grazie mille per i complimenti ^^ Sì, lo spoiler/avvertimento era abbastanza intuibile, ma ho preferito metterlo ugualmente perché comunque si tratta di un argomento ancora controverso, sul quale non tutti possono trovarsi d'accordo.

Cerridwen Shamrock immaginavo che Ally e Bea ti sarebbero piaciute ^^ E mi fa immensamente piacere ciò che scrivi e il fatto che tu riesca a percepirli come *reali* in ogni loro pensiero ^^

BlueSmoke è vero, il dolore è difficile da raccontare. La mia paura più grande è soprattutto che, senza volerlo, tutta la storia possa essere resa con superficialità. Perché un conto è una storia come "Mi appartieni", che tratta tematiche più *leggere* e quindi può essere solo una pecca "stilistica" saltare o mandare avanti troppo velocemente alcuni passaggi, un conto è una storia come questa, in cui ho scelto di parlare del dolore della morte, un argomento che tocca troppa gente e che, se trattato in maniera balorda, rischia di ferire seriamente chi legge. Non so quanto il mio discorso sia comprensibile, ma penso (spero) di aver reso l'idea. Grazie del tuo commento ^^

Hope99 ♥ tutte le cose belle che mi dici mi commuovono. ** Sei un tesoro a sopportare tutti i miei scleri e a farmi tutti quei complimenti ^^ Sono felice che Luna ti stia simpatica (lei ricambia scodinzolando allegramente) e che tu ci sia sempre quando ho bisogno :*

sony1987 ciao ^^ non sai che piacere mi fa trovarti qui ^^ abbiamo già discusso della tua sintonia con Andy. Anche io preferisco affrontare il dolore in solitudine, non riesco proprio a farmi vedere triste dagli altri, anzi quando capita, mi arrabbio pure. Sarà che sono troppo orgogliosa, chissà. Sono contenta che i miei personaggi ti abbiano colpita, spero di leggere ancora qualche altro tuo commento :)

Dastrea ciao, non preoccuparti per il ritardo, anche perché la storia avrà aggiornamenti piuttosto irregolari ^^'' Sono d'accordo con te sul fatto che scrivere sia terapeutico, perché aiuta a buttare fuori i pensieri e a metterli in ordine. Sulla questione di Allie e Bea: in realtà quando ho scritto il pezzo, pensavo che la frase che lui le dice ("è facile per te parlare, tu hai qualcosa di suo!") fosse troppo cattiva, ma poi ho deciso di lasciarla, dato che capita che nei momenti di dolore si dica questo ed altro. E loro sono sue amiche, quindi capiranno ^^ E forse anche Andy prima o poi acconsentirà a chiamare la bambina Michelle. Ma ci vorrà del tempo, ecco tutto. Grazie ancora per il commento ^^

ladidely sì, le prime parole del capitolo sono le stesse che avevo messo su livejournal qualche mese fa, proprio quando avevo iniziato a scrivere la storia ^^ il ricordo è fondamentale in questa storia, serve a mantenere viva la memoria di Michael per aiutare Andy a stare un pochino meglio. Come se rivivere la loro storia potesse fargli dimenticare (almeno momentaneamente) che Michael non c'è più ^^

Spero che il prossimo capitolo arrivi in tempi accettabili. Voi lasciate tanti commenti, che fanno sempre bene :)

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Ricordi di un'altra vita ***


Nuova pagina 1

Ricordi di un'altra vita


Quando Andy posa il telefono sul tavolo, le sue mani tremano.

Elena era l'ultima persona che si aspettava di sentire. L'ha vista pochissime volte da quando conosce Michael. Alla sua laurea, quando qualche volta veniva a trovarlo al campus e poi a casa loro e, infine, al funerale.

Michael era affezionatissimo a lei, non passava sera che non si parlassero via webcam, e ogni volta gli occhi del giovane sembravano brillare quando gli raccontava ciò che la sorella gli aveva detto. Era un po' come conoscerla, Elena, in fondo.

Però Michael non aveva voluto dire di loro nemmeno a lei, nonostante la adorasse.

Andy l'aveva incitato più volte a confidarsi almeno con la ragazza, ma Michael non se l'era sentita, temendo che i pregiudizi avrebbero avuto la meglio su tutto, anche sul legame di sangue.

E adesso Elena sta per piombare nella sua vita.

Andy si è pentito di averle detto che poteva andare appena l'ha fatto. Lui non è una persona molto espansiva ed in genere tende ad essere diffidente con gli sconosciuti. Vedere Elena poi, significa spargere sale su una ferita ancora aperta.

Più volte è sul punto di richiamarla e dirle che non ha nessuna voglia di incontrarla. Ma poi si rende conto che se Michael le voleva tanto bene, di certo Elena non deve essere una persona di cui avere paura.

Mentre cucina qualcosa per il pranzo si chiede cosa davvero Elena si aspetta da lui. E inizia a pianificare il loro incontro; immagina di cosa parleranno, dove la farà sedere, cosa le offrirà da bere, cosa racconterà di Michael.

Rivive mentalmente la scena decine di volte, aggiustando ogni volta un particolare diverso. Sa che sicuramente le cose andranno al contrario di come sta immaginando adesso, ma non può rinunciare a farlo, dato che è sempre stato abituato a pianificare tutto.

Razionalizzare il tempo e lo spazio lo aiuta a sentirsi al sicuro, a dare una forma alle sue paure e a renderle facilmente dominabili.

Anche Allie la pensa così, almeno stando a quello che gli dice quando Andy le racconta della telefonata di Elena.

- Dai, Andy, stai tranquillo, non verrà certo a puntare il dito contro di te. Magari ti farà bene parlare con qualcuno di così... vicino a Michael.

- Allie, verrà a farmi l'interrogatorio. E non credo di essere pronto a... a tutto questo.

- Puoi semplicemente dirle che non ti va di parlarne. Andy, non chiuderti in te stesso come hai sempre fatto. Prima di decidere che andrà male, aspetta che le cose succedano, no?

Andy si morde il labbro.

- Hai ragione... Come sempre, del resto. Ma come diavolo fate voi donne a sapere sempre cos'è giusto fare?

- Beh, siamo donne, no?

Allie ridacchia ironicamente, facendolo sentire un pochino meglio. La sua amica ha il potere di riuscire a sdrammatizzare le situazioni con delicatezza e leggerezza, e Andy la adora per questo.

- Michael non voleva dirglielo... Perché adesso tocca a me farlo?

- Perché è un suo diritto saperlo, Andy. Mettiti nei suoi panni: non saresti sorpreso a scoprire una cosa del genere?

Sospira, appoggiandosi al muro e massaggiandosi le tempie. Ha di nuovo mal di testa.

- Immagino di sì.

- E allora, visto che è normale? Dai, cerca di non farti prendere dall'ansia, okay?

Dopo qualche altra battuta si salutano e Andy torna nella sua stanza, alla ricerca di un modo per distrarsi. Accende il computer e cerca il file con la tesi, per cercare di buttare giù qualche parola, prima che il professor Connor si senta in dovere di telefonargli per assicurarsi di averlo ancora fra i suoi tesisti.

Il file nel quale ha cominciato a riordinare i pensieri confusi su Michael è il primo che gli capita davanti agli occhi, al centro del desktop. L'ha salvato semplicemente come M.

Aprirlo gli viene quasi automatico, così come rileggere le prime righe, scritte solo qualche giorno fa.

Si accende una sigaretta – dovrebbe smettere di comprarle, pensa, così magari riuscirà a non fumare più – e si toglie gli occhiali da vista.

Nuovamente, il cursore lampeggiante sullo schermo cattura la sua attenzione, e Andy ne segue l'apparire e lo scomparire costante, concentrandosi solo su di esso.

Poi, stranamente, si ritrova a pensare all'ultima volta che ha fatto l'amore con Michael.

Forse perché la luce che entra adesso in camera è la stessa di quell'assolato pomeriggio. Controlla l'orologio in basso a destra nel display: sono le tre e mezza.

E le tre e mezza erano più o meno quel pomeriggio, dato che Michael era tornato a casa per la pausa pranzo e sarebbe dovuto tornare al campus alle quattro.

Stessa luce di allora.

Andy ripensa alla discussione di quel pomeriggio, discussione che lo aveva inquietato non poco. Michael si era messo a parlare di morte, ben sapendo che a lui dava fastidio pensare a questi argomenti.

E, col senno di poi, tutto suona come se quelle parole fossero state un'inquietante premonizione.

***

La stanza, nonostante le tende tirate a schermare le finestre, era irradiata dalla luce del sole di primo pomeriggio. Ad eccezione del fruscio delle lenzuola, di qualche respiro spezzato e dei battiti accelerati dei loro cuori, non c'era alcun rumore.

In giardino Luna abbaiava, probabilmente mentre cercava di rincorrere una farfalla o verso qualche macchina di passaggio.

Michael scostò una ciocca di capelli dalla fronte di Andy e vi poggiò delicatamente le labbra. I loro visi erano rilassati e nessuno dei due sembrava avere voglia di parlare.

- Dio, Michael, possibile che pensi solo a quelle dannate sigarette? - mormorò Andy, quando il compagno si sciolse dall'abbraccio per raggiungere il pacchetto sul comodino.

- Non è vero! Lo sai che nella mia classifica personale vengono comunque dopo il sesso, no? - ribatté l'altro, intrecciando una mano alla sua e sfiorandogli le labbra.

- Cos'è, cerchi di addolcirmi?

- E dai, lo sai che sto cercando di smettere, no? - fu la risposta, colorata da una nota di divertimento nella voce.

- Davvero? Sei passato da venti a diciannove sigarette al giorno?

Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.

- Facciamo diciotto, okay? Ma poi, senti da che pulpito viene la predica, eh...

- Mica fumo quanto te!- si difese Andy.

Michael rise sommessamente, poi le sue labbra seguendo la linea del collo di Andy, scesero fino al torace. Un contatto talmente discreto e intimo che ogni volta gli faceva venire i brividi, così come la mano di Michael che scendeva delicatamente ad accarezzargli il fianco.

E il respiro sulla pelle e sussurri senza senso e labbra protese a cercare un bacio.

- Faresti bene a smettere del tutto... - mormorò Andy, la voce ancora impastata dal languore del piacere.

- Oh, vuoi giocare al dottore anche a letto? Se vuoi ti accontento, eh... - lo prese in giro Michael, ammiccando maliziosamente.

- Non c'è nulla da scherzare, di queste cose si muore!

L'altro si fece improvvisamente serio, si allontanò da lui e lo guardò con aria seria.

- Beh, tanto prima o poi moriremo tutti, no?

Andy sgranò gli occhi. La domanda che seguì arrivò secca e improvvisa.

- Andy, hai mai immaginato com'è morire?

- Morire? Sei impazzito o cosa?

- Beh sì, se hai una stagione preferita per morire, come vorresti che succedesse...

Andy lo osservò mordersi il labbro, come faceva sempre quando aveva qualcosa di cui parlare ma aveva paura che lui potesse ritenerla una stupidaggine.

- Ci pensavo l'altra notte... - Michael si strinse nelle spalle – Secondo me non esiste una stagione che sia adatta a morire, ci hai mai fatto caso? Insomma, non c'è logica a morire in primavera, quando tutto rinasce. In estate c'è troppa luce per precipitare nel buio. In autunno tutto si richiude su se stesso e si addormenta pian piano, con la certezza che non sarà per sempre. E in inverno tutto tace, ma non muore.

- E dunque?

- Io non vorrei morire mai. - sospirò il compagno a mezza voce – E se proprio deve succedere, voglio che sia d'estate, quando la luce coprirebbe il male che farebbe andarsene.

Si distese accanto ad Andy e continuò ad accarezzargli il petto.

- Ti sei fatto una canna? - Andy si rialzò sui gomiti, trattenendo una risatina nervosa - O sono solo le sigarette che ti hanno davvero bruciato il cervello?

- E dai, se lo dicessero quei filosofi che ti piacciono tanto, sono sicuro che approveresti in pieno! - rise Michael, come a voler stemperare la tensione creatasi qualche attimo prima.

Andy gli tirò piano i capelli sulla nuca e gli sfiorò l'angolo della bocca con un dito.

- I... filosofi che mi piacciono tanto non parlano di morte dopo aver fatto sesso! - mormorò ironicamente, mordicchiandogli poi il lobo dell'orecchio. Sobbalzando e trattenendo un gemito quando Michael gli sfiorò l'inguine con le dita.

- Ah, no? E allora il filo sottile che lega Eros e Thanatos?

- Beh, quella è tutta un'altra cosa!- tagliò corto Andy – Senti, facciamo che ti fumi questa benedetta sigaretta e la pianti di dire stronzate?

Fece per prenderne una e porgerla a Michael, ma il giovane gli bloccò il braccio teso verso il comodino.

- Dopo, dopo. Prima voglio ancora te. - mormorò, baciandolo sul collo e accarezzandogli la nuca e le spalle.


Il tuo sesto senso mi ha sempre messo paura.

Le tue intuizioni non erano mai errate. Fosse il voto di un esame, o la sera in cui Allie e Bea avrebbero deciso di cenare a casa nostra o l'arrivo di un temporale improvviso.

Ogni volta che indovinavi qualcosa, mi mettevi i brividi.

Se non fossi stato così saldamente aggrappato alla mia razionalità, avrei finito per credere che davvero tu potessi conoscere il futuro.

E quel tuo parlare di morte, a due settimane dall'incidente.

Sei contento? Il destino ti ha dato ciò che volevi, sei morto in estate, in un tripudio di colori e di luce. E mi hai lasciato qui da solo, Michael. Sembra che la luce e i colori siano venuti via con te, e adesso mi muovo in un mondo in bianco e nero nel quale non c'è alcun senso e le cose sembrano andare al contrario.

Ho la sensazione che tu te lo sentissi, che stava per finire tutto.

Mi chiedo quale sia l'ultima cosa alla quale hai pensato prima di morire.

Se te ne sei reso conto che stavi per chiudere gli occhi e che non li avresti più riaperti.

Se, a sapere che uscito di casa non ci saresti più tornato, avresti voluto fare qualcosa in particolare, dire a tua madre che le volevi bene o abbracciare tua sorella un po' più forte del solito. O telefonarmi per dirmi di stare tranquillo per gli esami.

Se avevi rimandato qualcosa all'indomani e ti sei reso conto che non ci sarebbe stato alcun cazzo di domani nella tua vita.

Se hai pensato che fosse davvero la fine di ogni cosa.

Credo che la morte non ti permetta di provare tutto questo, è troppo veloce e improvvisa per darti il tempo di rendertene conto.

In fondo spero che morire non ti abbia fatto troppo male, Michael. Dicono che tu sia morto sul colpo e che ti sia stata risparmiata l'agonia di essere cosciente mentre aspettavi che arrivassero i soccorsi.

Forse è meglio così, Michael. Andarsene senza capirlo e senza provare alcun rimpianto per ciò che si sta perdendo.

O forse sarebbe ancora meglio che tu fossi qui.

Non puoi immaginare quanto mi manchi.

***

Elena non saprebbe dire cosa si aspettasse dalla telefonata con Andy.

Rassicurazioni, forse. O conferme.

Forse immaginava che si sarebbe sentita ancora più confusa di prima.

È giusto che lei abbia scoperto di Andy in questo modo? Se Michael non le ha mai detto nulla, forse non avrebbe voluto che lo sapesse nemmeno dopo la sua morte.

Forse volerne sapere di più non è giusto nei suoi confronti.

Ma Elena non riesce a pensarci. Lei ha il diritto di sapere la verità, o almeno questo è quello di cui è convinta.

Quando scende al piano di sotto, in soggiorno, Elena trova sua madre intenta a rovistare in uno scatolone.

- Mamma, che stai facendo? - le chiede, stringendosi nelle spalle, come se la imbarazzasse fare quella domanda. Sa già la risposta, dato che sua madre non fa altro da quando Michael è morto.

In quello scatolone ci sono i ricordi di com'era la vita quando c'era Michael: fotografie, giochi di quando Elena e il fratello erano piccoli, qualche vestito. E sua madre passa ore a guardarli e a sistemarli, quasi quegli oggetti inanimati possano restituire in qualche modo un frammento del figlio.

Quando sua madre rovista nello scatolone non piange mai: anzi, quell'occupazione sembra quasi rilassarla. Osserva ogni oggetto con aria trasognata e un lieve sorriso le illumina il volto stanco e provato. Ad ogni cosa è associata un ricordo o un aneddoto sempre diverso, ripetuto già mille volte nel corso degli anni.

- Guardavo qualche foto.

La madre di Elena estrae una cornice di stoffa colorata e la mostra alla ragazza: la fotografia risale a quando lei aveva tre anni e Michael dieci. Era inverno e loro due erano in giardino a giocare con la neve. Elena indossa un cappottino rosso e un berrettino rosa e Michael la tiene per mano.

- Michael aveva avuto la febbre da pochi giorni, ma aveva insistito tanto per uscire fuori a giocare perché sapeva che probabilmente era l'ultima nevicata della stagione... - inizia a raccontare la donna – E ovviamente tu volevi sempre fare quello che faceva lui, così alla fine vi ho lasciati uscire dieci minuti.

Elena annuisce, accarezzando con il dito il contorno del viso di Michael: sorride sicuro di sé, gli occhi luminosi e allegri, e la tiene per mano come se volesse indicarle la giusta strada da percorrere.

Le si stringe il cuore al pensiero che adesso Michael è solo una fotografia. Si siede a gambe incrociate sul divano, lo stesso sul quale stava seduta ore e ore con Michael quando tornava dal college per qualche giorno. Sorseggiavano cioccolata calda e sgranocchiavano biscotti e parlavano delle cotte adolescenziali di Elena o dei libri enormi e incomprensibili sui quali studiava Michael.

A quei tempi Elena avrebbe detto di sapere tutto della vita del fratello. Adesso sembra che la percezione delle cose sia totalmente cambiata.

Cosa c'era di vero in ciò che Michael le raccontava? Quante ombre nei suoi resoconti di serate passate con gli amici per locali?

- Sai mamma, ho bisogno di distrarmi qualche giorno, credo che andrò a trovare Tess, ti ricordi di lei, no? - chiede, mentre ripone la cornice nello scatolone.

Non ha intenzione di dirle di Andy. Non prima di trovare il modo adatto per parlarne, ricostruendo i fatti nella maniera più dettagliata possibile e in modo che facciano meno male. Tess è la scusa migliore che riesce ad inventare.

- Quella tua amica del liceo? Saranno anni che non vi vedete...

- Sì, lei. Ha... saputo di Michael e mi ha telefonato. E mi ha invitato ad andare a trovarla. Credo che mi farebbe bene cambiare aria per qualche giorno.

- Va bene, cara.

Il tempo trascorre lentamente fino alla mattina dopo.

Non basta occuparlo sistemando un borsone con qualche vestito, telefonare ad un albergo per prenotare una stanza e controllare che nella macchina ci sia benzina sufficiente per affrontare il viaggio.

Ci sono troppe ore vuote da riempire di pensieri inutili.

Pensieri forzati, creati per l'occasione.

C'è l'ansia che annoda lo stomaco.

C'è il tempo di pentirsi per aver preso quella che adesso sembra una decisione impulsiva.

Più volte è sul punto di telefonare di nuovo ad Andy e dirgli che non andrà da lui, e sa che, con tutta probabilità, sarebbe meglio anche per lui.

Ma, prima che si decida a prendere una decisione che ribalti ogni cosa, è mattina ed è ora di partire.

- Stai attenta alla strada, Elena. - è l'unica raccomandazione che le fa sua madre. E nelle sue parole c'è un'ombra di preoccupazione che sa di Michael, in un modo che Elena non riesce a spiegarsi. - E telefonami quando arrivi.

- D'accordo, mamma.

Altre volte Elena avrebbe protestato a quella richiesta. Avrebbe detto a sua madre che è abbastanza grande e che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Ora però, Elena si sente più piccola che mai, ha voglia di essere protetta.

Abbracciare la donna un po' più forte delle altre volte è istintivo, un senso di colpa per averle detto solo una mezza verità, e un modo di sentirla vicina. Non abbracciava così sua madre da quando aveva dieci anni e la sera prima di andare a dormire voleva che la donna le rimboccasse le coperte e le desse un bacio.

- Allora... Sarà meglio che vada, ho promesso a Tessa di arrivare a casa sua per l'ora di pranzo!

Senza aggiungere altro, Elena entra in macchina e mette in moto.

Mentre si allontana da casa, continua a fissare nello specchietto retrovisore la sagoma della madre che diventa sempre più piccola. Può immaginare benissimo la sua espressione anche se non la vede: da quando Michael ha avuto l'incidente, ogni volta che lei, o anche suo padre, escono di casa, impallidisce e sembra sempre sul punto di sentirsi male.

La strada per arrivare a Greenville non è particolarmente lunga o difficile da percorrere, eppure per Elena sembra non finire mai. Ogni cento metri percorsi, quando il contachilometri scatta, la ragazza continua a fare mentalmente il conto di quanti altri scatti mancano.

Accende l'autoradio, nel tentativo di riempire in qualche modo il silenzio dell'automobile, e impedire a qualsiasi pensiero di farsi spazio nella sua mente. Ma nemmeno la musica basta, quando ci sono troppe ombre a nascondere la strada. Ombre che sembrano quasi oscurare il sole. Ombre che Elena non riesce a scacciare col dorso della mano e dalle quali alla fine si lascia abbracciare, per non dover cedere all'idea di essere completamente sola. E fragile.

***


Andy ha sempre odiato le fotografie che lo ritraggono. E il guaio è che Allie è una fotografa, quindi ad ogni uscita ha sempre dovuto sopportare l'obiettivo della sua fotocamera puntato su di sé, anche quando non ne aveva voglia, quando magari era uscito da un turno all'ospedale particolarmente pesante o quando era sotto stress per via dello studio.

E Michael lo prendeva in giro per questo. Diceva che non aveva motivo per detestare la sua immagine. Glielo sussurrava mille volte, quando facevano l'amore, gli diceva sei bellissimo e Andy quasi ci credeva, a quelle parole.

Adesso quelle foto sono l'unica cosa che gli resta di Michael, insieme a qualche video di pessima qualità, di quelli che Allie girava senza preavviso, quando Andy si schermava il volto con le mani per non essere fotografato o quando Michael iniziava a parlare di fisica dimenticandosi del fatto che nessuno fosse interessato all'argomento e tutti ridevano perché era dannatamente divertente vederlo completamente perso nei suoi discorsi.

Fa un certo effetto sentire la sua risata o guardarlo gesticolare mentre racconta di una giornata passata all'università a fare ricerca con i suoi colleghi.

Perché Michael era vita e passione, in tutto ciò che faceva. Andy gli invidiava la capacità di appassionarsi a qualunque cosa nel giro di cinque minuti, di farsela entrare nel sangue.

È strano guardarlo e sapere che quei giorni adesso sono terribilmente lontani. Che non fa alcuna differenza se siano esistiti o siano solo frutto della sua immaginazione.

Andy si appoggia alla spalliera della sedia e chiude gli occhi: il video che sta guardando risale a circa tre mesi fa, il giorno del compleanno di Bea.

Come al solito erano andati al Keaton, un locale gay nel centro di Greenville. Era un po' il loro ritrovo, il posto dove Allie ha conosciuto Bea, e nel quale Michael e Andy si sono dati il primo appuntamento.

Nel video, lui e Michael sono seduti l'uno accanto all'altro e si dividono una birra. Poi si scambiano un bacio e ridono, sussurrandosi qualcosa all'orecchio.

Sembra quasi di sentire il respiro di Michael sul collo, tanto che Andy rabbrividisce, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.

Allunga la mano per accarezzare il volto in primo piano di Michael, ma quello che tocca è solo lo schermo del computer. Sospira, sentendosi uno stupido per quello che sta facendo. Probabilmente non dovrebbe nemmeno guardarle quel materiale, sono spine al cuore, la consapevolezza tangibile di un passato che è impossibile rivivere.

Poi dà un'occhiata all'orologio. Sono le quattro e mezza. Fra poco arriverà Elena.

E lui, perdendosi nei ricordi, non ha finito di preparare il discorso che aveva pensato di fare alla ragazza. L'ha iniziato decine di volte, nella sua mente, ma poi ha finito sempre col distrarsi, riprendendo poi di nuovo dall'inizio e senza riuscire ad andare molto avanti.

Forse la cosa più semplice sarebbe quella di lasciar scorrere le parole.

Ma non è semplice farlo quando si ritrova di fronte ad Elena, in piedi sul patio di casa.

Le parole si seccano in gola quando si rende conto che la ragazza somiglia a Michael molto più di quanto ricordasse. Non è solo il colore degli occhi o la forma del viso. È qualcosa di più profondo, che sembra entrargli sotto la pelle.

- Ciao. Sei puntuale. - Andy sorride a stento, giusto per sembrare cordiale.

- Già. - anche Elena sembra non sapere cosa dire.

- Vuoi entrare? Qui fuori fa troppo caldo di questi tempi.

Elena annuisce.

Ed è quando la accompagna in soggiorno e la osserva mentre si guarda intorno con gli occhi sgranati come se fosse la prima volta che entra in quella casa, che Andy si rende conto di quanto Elena, come lui, somigli un po' ad una stella perduta. Di come di colpo, per entrambi, tutto sembri essere diventato estraneo e sembri non esserci più alcuna ragione per sforzarsi di essere felici.

_________

Dunque ^^

Nuovo aggiornamento ^^ Mi è dispiaciuto che nell'ultimo capitolo siano calate così bruscamente le recensioni, specialmente perché avevo molte paranoie sul personaggio di Elena e mi sarebbe piaciuto leggere qualche vostra impressione/critica/consiglio. Perché credo di averne seriamente bisogno, dato che Elena continua ad essere un grosso punto interrogativo per me ç__ç

Quindi: fatevi avanti e dite la vostra! Non ci vuole certo una recensione da critici letterari, anche solo la semplice impressione, fa piacere ^^ E non vi mangio, quindi bando alla timidezza :)

E di questo capitolo che mi dite? Spero sia all'altezza delle vostre aspettative, finalmente Andy e Elena si incontrano e da qui prenderà il via il fulcro di tutta la storia ^^ Presto inizierà la sottotrama della storia, ovvero il ricordo della storia fra Andy e Michael, che vi assicuro essere meno angosciante di quello che avete letto finora, ma anzi il tutto avrà il tono di una commedia romantica ^^

Grazie mille a chi segue/legge/preferisce. E a chi recensisce :)

Passo alle risposte alle recensioni e smetto di annoiarvi, promesso ^^

LittleHyena la definizione che dai di Elena è davvero stupenda, si ritrova senza passato e senza un appiglio per costruire il suo futuro, hai perfettamente ragione. In fondo è una stella perduta anche lei, ecco perché il titolo della storia è al plurale. Inizialmente "stella perduta" era solo Andy, poi le cose sono un po' cambiate ^^ Grazie mille di tutto il tuo sostegno :)

Hope99 sono felice che babyElena ti sia piaciuta ^^ Così come Michael diciassettenne ^^ Per l'illuminazione del pezzo "A vent'anni..." dobbiamo lode e onore ai Placebo, non so se conosci la canzone 20years. Ero disperata, quando all'improvviso è partita e ho avuto il lampo di genio XD Per quanto riguarda il perché Michael non abbia mai voluto raccontare nulla ad Elena, in questo capitolo c'è già un accenno, ma nel prossimo le cose saranno ancora più chiare, dato che Elena lo chiederà direttamente ad Andy ^^ Sul fatto che Elena non sia sconvolta dall'omosessualità del fratello... beh, non dico nulla altrimenti faccio spoiler. Ma ecco, è un discorso da chiarire ^^ Così come Andy che dice subito di essere stato con Michael. Credo che in questo caso sia stato un po' preso in contropiede. Ma ripeto, saranno cose che col tempo si chiariranno ^^ Tu continua a seguirmi ;)

Dastrea ciao ^^ innanzitutto non devi ASSOLUTAMENTE scusarti per il riardo, sai benissimo che il capitolo è sempre qui e che puoi leggerlo/commentarlo quando vuoi ^^ Poi. Riguardo Elena: in effetti scrivendo su di lei sto iniziando un pochetto ad inquadrarla, se avessi aspettato di averla ben chiara come ho chiari Michael e Andy, probabilmente sarei ancora bloccata al primo capitolo.

Poi, hai esattamente afferrato il significato di tutta la storia, dicendo che è come se le vite di Andy ed Elena ruotassero attorno a quella di Michael e adesso che lui non c'è ha lasciato solo una scia di dolore ^^

Il tempo comunque sarà l'unica cosa che potrà aiutare i personaggi. A comprendere l'amore di Michael e Andy, a dirlo ai genitori di Michael. Insomma, un po' per tutto ^^

Per quanto riguarda i messaggi in segreteria, è esatto quello che dici: la cosa più atroce è sapere che mentre Andy li registrava, chiamava "coglione" Michael con quel misto di amore e presa in giro, Michael se ne stava andando e Andy non avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere.

Grazie infine per i tuoi complimenti e per essere una lettrice fedele ^^

sony1987 in realtà l'agenda con i girasoli è venuta prima nella storia, e poi nei miei desideri XD Sono contenta che Elena ti sia piaciuta e sì, vedrai che in qualche modo lei e Andy troveranno un modo per venirsi incontro e superare la perdita ^^

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Capitolo 5
*** Andy ed Elena - In equilibrio precario ***


Nuova pagina 1

Andy ed Elena - In equilibrio precario


 

Stessa casa.

Stessa carta da parati color crema.

Stessi quadri appesi alle pareti.

Stessi passi da fare per arrivare in cucina.

All'apparenza sembra essere rimasto tutto come prima. Ma è come se qualcosa non tornasse, pensa Elena, mentre segue Andy in cucina.

Poi, d'un tratto, si rende conto che per le stanze non risuona la risata di Michael, non ci sono i suoi passi veloci a raggiungerla e stringerla forte.

La casa è silenziosa, si sentono persino le lancette dell'orologio appeso al muro ed Elena non può fare a meno di chiedersi come sia per Andy vivere da solo con i suoi pensieri.

- Beh, vuoi sederti? Posso offrirti qualcosa da bere? Ho una scorta di bevande, con questo caldo sono quanto di più rinfrescante possa esserci. Aranciata? The? Coca Cola?

- Aranciata, grazie.

Sembra un tipo simpatico. Forse un po' sulla difensiva, ma Elena riconosce in se stessa quel comportamento, sembra quasi esserci una barriera fra loro due.

Andy si siede di fronte a lei e le porge un bicchiere, che la ragazza vuota tutto d'un fiato.

- Ti dà fastidio se fumo?

- No, no, fai pure. Del resto con Michael c'ero abituata. Insomma, sai meglio di me che lui...

Si interrompe improvvisamente. Stava quasi sorridendo mentre pronunciava quelle parole. Ma al nome di Michael tutto sembra essersi cristallizzato e lei sembra aver perso la capacità di parlare.

- Già, hai ragione. - commenta Andy. Prende le sigarette e ne accende una.

Adesso le chiederà cosa vuole da lui. Ed Elena non ha ancora una risposta a quella domanda. Abbassa lo sguardo e prende l'agenda di Michael dalla sua borsa, poggiandola sul tavolo.

- Era questa l'agenda di cui ti parlavo. Credo che dovresti leggerla.

- No, io penso di no. Se Michael non me ne aveva mai parlato, di certo non voleva che ne fossi a conoscenza. E adesso non sarebbe onesto da parte mia leggerla.

- Ma lui... Ha scritto delle cose molto belle su di te, sai?

- Non so se ne avrò mai il coraggio, Elena. Potrebbe farmi stare peggio. - ammette Andy – Ma... grazie di avermela portata. È stato un bel gesto da parte tua.

- Perché? Perché non mi ha mai detto nulla?

Elena stringe i pugni sulle ginocchia. Non avrebbe voluto dare forma ai suoi dubbi in questo modo, ma è stato più forte di lei pronunciare quella domanda con una nota di rabbia e rancore nei confronti del fratello.

- Non era semplice, Elena.

- Voleva dircelo prima di tornare a casa. L'aveva scritto. Ma poi c'è stato l'incidente. E... e...

Credevo che si fidasse di me.

Andy aspira lentamente una boccata di fumo, quasi non sapesse nemmeno lui cosa risponderle.

Nel frattempo Luna, quasi avesse intuito il clima pesante della stanza, si avvicina ad Elena, poggiandole il muso contro la gamba e guadagnandosi una carezza fra le orecchie.

- Credo che Michael avesse paura, Elena. Non è mai facile, ecco. Credeva che l'avreste rifiutato. E lui non l'avrebbe sopportato.

- Ma non è vero! Cosa sarebbe cambiato?

- Quando l'ho detto ai miei, mi hanno sbattuto fuori casa. Io e Michael stavamo già insieme, e lui ha visto quanto mi sia costato raccontare la verità. Non ci parliamo più da quasi un anno e mezzo. - confessa Andy – Io gliel'ho detto tante volte che sarebbe stato diverso, ma Michael aveva paura. Non mi aveva nemmeno detto che aveva intenzione di parlarvi.

- Ha scritto che avrebbe voluto farlo per voi. Perché ti amava.

Andy sorride malinconicamente. Si torce le mani, come se fosse molto nervoso.

- Sì, mi amava. E anche io lo amavo. Anzi... lo amo ancora.

Elena annuisce, non sapendo cosa dire. In realtà avrebbe mille domande da fargli, ma ha paura di essere troppo indiscreta.

- Andy... come mai mi hai detto subito che stavate insieme? Sai, l'altro giorno, al telefono...

- Beh, a che sarebbe servito negarlo? La voce dei messaggi della segreteria era la mia e comunque prima o poi l'avresti capito, no?

Elena continua a guardarsi intorno, vedendo tutto sotto un'ottica diversa: quello non è più l'appartamento che Michael divideva con un coinquilino qualunque, ma è la casa in cui viveva con l'uomo del quale era innamorato.

E in qualche modo, Elena è gelosa di Andy.

Andy ha conosciuto Michael molto meglio di lei e questo fa male, perché ha avuto una parte della vita di Michael che a lei è stata nascosta con cura, come se fosse un'estranea.

- È come se non l'avessi mai conosciuto. Come se mi fossi fatta un'immagine totalmente diversa di lui e... non lo so, ho quest'esigenza di saperne di più...

- Guarda che Michael era quello che conoscevi tu. - replica Andy - Amava la fisica, andare in giro con la moto, odiava la pioggia e tutto il resto. Non è nulla di troppo diverso da ciò che sapevi no?

- Quando gli chiedevo se aveva una ragazza eludeva sempre il discorso, come credi che possa essermi sentita all'idea che non solo vivesse con qualcuno, ma che questo qualcuno fosse un uomo?

Lo sguardo di Andy cambia improvvisamente. Diventa cupo, quasi più freddo.

- Cosa ti ha dato più fastidio? Scoprire che Michael ti aveva nascosto di vivere con qualcuno, o che fosse gay?

Elena sussulta. È davvero questo quello che le ha fatto più male? O il fatto che ci fosse una verità nascosta, qualunque essa fosse?

- Io... Non volevo dire che... Beh, sì, il fatto di non aver mai capito che Michael fosse diverso da come me lo aspettavo mi ha fatto male, ma non è questo il punto.

Si blocca improvvisamente.

Cos'aveva Michael di diverso? Ed era questo che a lei dava fastidio?

- Forse non aveva tutti i torti ad avere paura della vostra reazione. - commenta Andy, gelido.

- Non volevo dire che...

Abbassa lo sguardo, deglutendo lentamente. Qualsiasi parola dica, sembra che sia quella sbagliata e faccia peggiorare la situazione. Si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi si morde nervosamente un'unghia.

- Senti, ho bisogno di tempo, Andy. Non è facile. Cioè, credevo che lo fosse.

- Allora non capisco cosa sei venuta a fare qui. Sei stata gentile a portarmi l'agenda di Michael, ma credo che non abbiamo altro da dirci. - sbotta Andy, sempre più gelido.

Senza sapere come replicare, la ragazza si alza e lo guarda negli occhi.

- Mi dispiace. - mormora mestamente. - Non sono venuta qui per offenderti, Andy. Volevo solo sapere. Capire. Però hai ragione, forse è meglio che vada, adesso.

Il giovane non accenna a replicare, così la ragazza si dirige verso la porta di ingresso ed esce di casa. Una volta arrivata in macchina, non può fare a meno di scoppiare a piangere un'altra volta.


***

 

Forse ha sbagliato ad aggredirla in quel modo.

Anche se non sembra, Andy è un tipo impulsivo, soprattutto quando qualcosa rischia di scalfire il muro di solitudine e tristezza che ha costruito fra sé e il mondo.

Ed Elena, involontariamente, con le sue parole, gli ha fatto più male di quanto lui stesso potesse credere.

Come aveva già previsto – nonostante ogni pianificazione – tutto è andato esattamente al contrario di come si aspettava. Nel peggiore dei modi.

Accusare Elena di intolleranza nei confronti dell'omosessualità del fratello è stata solo un'arma. Andy ha capito il senso delle parole della ragazza un attimo dopo averla aggredita.

Eppure ha continuato ad infierire, senza darle il tempo di replicare, senza concederle un'altra possibilità.

Ci fosse stato Michael, probabilmente lo avrebbe fatto ragionare e avrebbe frenato la sua impulsività con un bacio a fior di labbra.

Rigira fra le mani il pacchetto di sigarette, continuando a fissare l'agendina di Michael. Quando si rende conto di averla aperta e aver cominciato a sfogliarla, sono già passati diversi minuti, dei quali non si è nemmeno accorto.

Davanti ai suoi occhi scorrono formule matematiche, pensieri scritti di fretta, con una calligrafia incomprensibile. Il suo nome si riconosce perché Michael aveva l'abitudine di tracciare la A come se avesse la forma di una stella.

Ha bisogno di coraggio prima di decidersi a leggere uno di quei frammenti. Respira profondamente ad occhi chiusi e poi sceglie una pagina a caso.

 

Secondo alcuni matematici, due rette parallele sono destinate a non incontrarsi mai. Altri invece hanno cercato di dimostrare che si intersecano in un punto all'infinito.

Io e Andy siamo la dimostrazione palese di come questa seconda teoria sia quella esatta: quando ci siamo conosciuti era come se camminassimo l'uno parallelo all'altro. Non avevamo quasi nulla in comune, ma negli anni abbiamo imparato a modellarci l'uno sul carattere dell'altro. E i nostri mondi si sono intrecciati, finendo per formarne uno solo.

Sarà forse il destino che ci ha fatti incontrare in quell'infinito che non si sa nemmeno se esista?

 

Istintivamente Andy sorride.

Michael era fissato nel dare ad ogni legge fisica e matematica un significato fantasioso, come nel caso delle stelle perdute. Questa delle rette parallele non gliel'aveva mai detta, però, constata con una risatina. E per un attimo è come se si aspettasse di veder entrare Michael dal giardino. Pensa addirittura che gli chiederà come fa ad inventarsi certe cose. Un attimo prima di ricordare.

E la consapevolezza è una lama sottile che gli lacera la carne. Lentamente. Fino a fargli perdere il respiro.

Non sente il telefono che squilla fino a quando Luna non inizia ad abbaiare. Si alza e raggiunge il mobile all'ingresso, solleva il ricevitore e poggia le spalle contro il muro.

- Sì, chi parla?

- Sono il professor Connor, del Dipartimento di Medicina dell'Università di Greenville. Cercavo Andy Evans.

- Professore, buonasera, sono io. Mi dica.

D'un tratto Andy ha perfettamente chiaro cosa l'uomo voglia da lui: non va al suo ricevimento da quando Michael è morto e già gli avrebbe dovuto consegnare la tesi di laurea completa. Ma nell'ultimo tempo concentrarsi su qualcosa che non fosse l'assenza di Michael è stato difficile.

- Mi chiedevo che fine avesse fatto, Evans. Non dovevamo vederci tre settimane fa?

- Oh, ecco... Ho avuto dei problemi. Mi dispiace non essermi più fatto sentire, professore.

Ma non so più se voglio davvero diventare un medico.

- Domani mattina la aspetto in Dipartimento, così mi spiegherà di persona. Lei è uno dei miei studenti più in gamba, non vorrà ritirarsi?

Andy deglutisce.

- Ecco, in realtà...

- Su, ci vediamo domani. Se ha avuto qualche difficoltà nella stesura della tesi ne parleremo insieme, d'accordo?

- D'accordo. Buona serata, professore.

Una volta riattaccato il telefono, Andy chiude gli occhi e abbassa lo sguardo. In quel mese e mezzo in cui non è più andato all'Università, sono successe troppe cose.

Michael non c'è più.

E lui non ha più voglia di combattere per il sogno di diventare medico.

Non gli importa più essere in grado di salvare delle vite. Perché per quella di Michael non avrebbe saputo cosa fare. Probabilmente sarebbe rimasto in un angolo tenendosi la testa fra le mani. Lo avrebbe semplicemente guardato morire.

Raccontare a Connor tutto questo sarà difficile, quell'uomo è solo il suo professore, un estraneo, che di lui e dei suoi sentimenti non sa nulla.

Eppure crede in lui.

Così come ci credeva Michael, quando lo vedeva alle prese con un esame troppo complesso e gli dava il coraggio di non mollare.

Michael si arrabbierebbe a sapere che ha paura di andare avanti. Lo prenderebbe in giro, al solito, forse finirebbero anche per litigare perché Andy non ha fiducia in se stesso. Ma farebbero subito pace, dato che Michael non è mai stato in grado di rimanere arrabbiato troppo tempo con lui.

Andy ritorna in cucina, mentre Luna gli si struscia fra le gambe, quasi volesse fargli capire che comprende la sua tristezza. La accarezza fra le orecchie e la osserva scodinzolare.

Sta accendendo il computer per stampare qualche appunto da far vedere a Connor, quando il cellulare trilla.

È un messaggio di Bea “Allie ha voglia di cibo cinese. Veniamo a mangiare da te fra mezz'ora. Portiamo tutto noi. Un bacio."

Rimette a posto il computer e sistema i fogli che ha stampato nella borsa. Non è nemmeno certo di aver fatto un buon lavoro, magari tornerà a riguardare i suoi appunti dopo che Allie e Bea saranno andate via.

L'arrivo delle amiche è una ventata d'aria fresca. Guardarle battibeccare in continuazione riesce a rilassarlo, quasi a farlo sorridere. L'argomento della conversazione stavolta sono le strane voglie di Allie.

- Dai, Andy, diglielo tu che per una donna incinta è normale avere le voglie!

- Sì, magari non funghi alle quattro e mezza di un mattino di aprile! - la rimbecca Bea, scompigliandole i capelli.

- Stronza!

- La meno strana è stata quella di cioccolato alle nocciole, te lo ricordi? Mi hai fatto girare tutta la città per trovarlo!

- Andy, vuoi fare il tuo lavoro da quasi-medico? Spiegaglielo tu, magari ti ascolta!

- Beh, in realtà... non è che ci sia qualcosa di scientifico. Solo voglia di essere coccolate e viziate un po'. O al massimo qualche sbalzo ormonale!- ride Andy, versandosi un bicchiere d'acqua.

Allie arrossisce, mentre la compagna scoppia a ridere. Poi si fa seria, e si rivolge ad Andy.

- Allora? Com'è andata con la sorella di Michael?

Il giovane si prende qualche attimo prima di rispondere. Non che ci sia molto da dire, nemmeno lui sa spiegare le sensazioni provate nel corso di quel pomeriggio. È stato tutto troppo veloce, le parole gli sono scivolate dalle labbra ancora prima che avesse il tempo di formularle pienamente.

E ha aggredito per difendersi.

Ed Allie aveva ragione, quando diceva che Elena non voleva accusarlo di nulla. Solo comprendere.

- È andata. Non so come, ma è andata.

Le due ragazze lo guardano con aria interrogativa.

- Credo di essere stato cattivo, in qualche modo. Ha solo bisogno di tempo. E non sono stato in grado di capirlo, ecco tutto.

- Non deve essere stato facile nemmeno per te, Andy!- Bea gli stringe una mano – Sappiamo quanto stai male.

- Mi ha portato l'agenda di Michael, avete presente quella con i girasoli dalla quale non si separava mai e che non faceva toccare a nessuno? Beh, in realtà ho finito per leggerla. Ha scritto delle cose su di me che non mi aspettavo provasse. Così belle ed intense da far male.

La voce gli trema per un attimo, e sente gli occhi appesantiti da lacrime che non piangerà mai. Li chiude per un attimo, imponendosi di non lasciarsi prendere dalla tristezza.

- Va tutto bene, okay? - Allie gli parla con voce dolce, come se si stesse rivolgendo ad un bimbo – Puoi sfogarti, se vuoi. Noi siamo qui, lo sai.

Un rapido cenno del capo, giusto per far capire che la sta ascoltando. Poi la mente torna a perdersi in pensieri informi e cupi.

Allie e Bea finiscono di mangiare, poi si offrono di aiutarlo a sparecchiare e a sistemare.

- Stavo pensando di dare Luna in adozione. - la voce di Andy è incolore, quasi assente, mentre pronuncia queste parole. Sta riponendo la tovaglia nel cassetto ed è di spalle rispetto alle due amiche.

- Che cosa? E per quale motivo? - chiede Bea, stupita.

- Non ce la faccio nemmeno a badare a me stesso, figuriamoci a lei. Voi potreste occuparvene? L'idea di affidarla degli estranei non mi alletta molto...

- Beh, sinceramente non lo so... Sai, con la bambina in arrivo. Casa nostra poi è anche piccola. E poi, Andy, davvero vuoi farlo? Tu adori Luna! - osserva Allie.

- Sì, ma... Non lo so. A volte sembra tutto così pesante.

- Prenditi qualche altro giorno per pensarci, okay? Oggi è stata una giornata difficile, Andy, forse è per questo che ti senti peggio del solito.

Andy si lascia avvolgere dall'abbraccio di Allie e nasconde il viso nell'incavo del suo collo. Respira lentamente, come a voler stabilire un nuovo ritmo con cui vivere. Riprendere piano le sue forze per imparare di nuovo a vivere.

Sarebbe semplice, se bastasse solo respirare. Se l'aria che entra nei polmoni non sembrasse bruciarli e ucciderli, invece che nutrirli d'ossigeno.

- Volete restare a dormire qui? - propone alle amiche, vedendo che Allie sembra stanca e sapendo che Bea detesta guidare con il buio. E desiderando disperatamente un po' di compagnia a riempire la notte fatta di incubi.

Più tardi, quando tutto attorno a lui si è addormentato, si ritrova a desiderare di rivedere Elena, anche solo per dirle che non voleva aggredirla in quel modo, che aveva solo bisogno di sfogare la sua rabbia e il suo rancore.

Per mormorare scuse a bassa voce.

Per ritrovare nei suoi occhi gli occhi di Michael.


***

 

Elena non riesce a dormire.

Si gira e rigira nel letto della sua stanza d'albergo, e continua a pensare ad Andy e a rivivere attimo per attimo il loro incontro. Non riesce a capire cosa abbia sbagliato, quale gesto o parola abbiano scatenato il risentimento di Andy.

Ha semplicemente bisogno di tempo per razionalizzare l'omosessualità di Michael. Ma questo non vuol dire che non l'abbia accettata. Ne è rimasta sorpresa, questo sì. Ma riflettendoci, si è resa conto che la sua sorpresa sarebbe stata tale anche nel caso in cui avesse scoperto che Michael stava con una donna.

A bruciare è il fatto che Michael non le avesse raccontato nulla, che non si fidasse di lei. Che con tutta probabilità avesse paura di pregiudizi che non ci sarebbero di certo stati.

Ma Andy non sembra disposto a credere a nulla di tutto questo.

Eppure Elena continua ad avere il pressante bisogno di sapere. Immaginare Michael e Andy insieme, conoscere il loro modo di viversi, sentirli più vicini. E solo Andy potrebbe aiutarla.

Quando ha telefonato a Richard – l'unico a sapere di Andy – per raccontargli come erano andate le cose, il ragazzo le ha suggerito di provare nuovamente a parlargli e a spiegarsi meglio. Elena però pensa che sia difficile, riuscirci.

Ha percepito la freddezza di Andy, il fastidio che il giovane ha provato nel vederla. Forse non aveva nemmeno tutti i torti, magari avrebbe preferito continuare a nutrirsi della sua solitudine piuttosto che lasciarsi gettare sale sulle ferite da un'estranea qualunque.

- Prova a spiegargli che vuoi solo stargli vicino. - le ha detto, dopo aver ascoltato tutta la storia.

- Non credo che abbia bisogno di me, Richie. Non sono nessuno. Avrà i suoi amici con cui parlare. - ha risposto Elena, tormentandosi una ciocca di capelli.

- Non è vero. Sei la sorella di Michael. E credo che in fondo siate più simili di quanto crediate. Avete Michael in comune. E il fatto che manca terribilmente ad entrambi.

Elena ha annuito, non molto convinta.

- Dici che a Michael farebbe piacere? Che io conosca Andy, voglio dire.

- Credo di sì, in fondo. Ha scritto che voleva parlarne a te e ai tuoi, no? Se...

Se non ci fosse stato l'incidente.

Elena si ritrova a fissare il soffitto con gli occhi sgranati. Chissà come sarebbero andate le cose se l'incidente non ci fosse mai stato. Come Michael avrebbe raccontato a lei e ai genitori di Andy.

La decisione di provare a parlare di nuovo con Andy è improvvisa e la colpisce durante le prime ore dell'alba. Dopo aver passato la notte immersa nel dubbio e nell'incertezza, si convince che sia la cosa giusta da fare.

Deve spiegargli cosa ha provato esattamente. Vuole entrare in contatto col suo mondo, con tutto quello che Michael non le ha mai raccontato. Per conoscere un po' meglio suo fratello, anche se adesso non c'è più.

L'assenza continuerà a pesare allo stesso modo, forse. Anzi farà più male non poter più guardare Michael negli occhi e dirgli che gli vuole bene lo stesso e che davvero non c'è nulla di diverso, ma Elena vuole sapere.

Chiederà ad Andy un'altra possibilità e cercherà di dimostrargli che non è cattiva, che ha solo bisogno di riempire un vuoto.

Quando capisce che non riuscirà più a dormire, Elena si alza e sistema lentamente il letto, poi prende i suoi vestiti e va a fare una doccia.

Dopo, mentre cerca nel borsone i suoi vestiti, tra le mani le capita la fotografia di lei e Michael da piccoli.

Vorrebbe che tutto fosse semplice come allora, come quando Michael era il suo fratello grande, forte e invincibile. Come quando le raccontava le favole al telefono e le spiegava che studiava cose difficili ma che gli piacevano tantissimo.

Le sembra di sentirla ancora, la stretta di Michael sulla sua mano. Era salda e forte e le trasmetteva sicurezza. La stessa sicurezza che adesso le manca e che non sa più in quali occhi cercare.

Chissà se anche Andy si sentiva al sicuro, con Michael? Se lui gli stringeva la mano e lo faceva sentire più forte come succedeva a lei?

Forse Richard non si sbaglia quando dice che lei e Andy potrebbero essere più simili di quanto pensino dato che la morte di Michael ha lasciato lo stesso vuoto nelle loro vite. E solo venirsi incontro potrebbe aiutarli a sentire di meno la sua assenza. O almeno, a far finta che ci sia un modo per essere meno sperduti nell'oceano della solitudine.

 

____

 

 

Eccolo, finalmente, il primo incontro fra le nostre stelle perdute.

Non è andato esattamente bene, anzi. Secondo me farli andare subito d'amore e d'accordo sarebbe stato irreale, sia per il grande dolore che vivono entrambi, sia perché, specialmente Andy, sembrano avere molta paura l'una dell'altro.

Ma le cose sono destinate a sistemarsi, vedrete ^^

 

Questo capitolo è dedicato ad Ale, che mi segue, supporta e sopporta sempre e ovunque, tra msn, sms e quant'altro. È grazie a lei se potete leggerlo, dato che mi ha spronato in tutti i modi a scrivere e ad andare avanti (di conseguenza, se trovate più cavolate del solito, sapete con chi prendervela :D)

 

Grazie mille a tutti quelli che seguono anche in silenzio. Mi farebbe molto piacere sentire le vostre opinioni, dato che sto davvero mettendo moltissimo in questa storia e ho bisogno di sapere se sto andando nella giusta direzione ^^

 

Per chi segue Portami a vedere le stelle, domenica abbiamo pubblicato un capitolo: lo trovate qui.

Vi ricordo che se volete, potete aggiungermi su Facebook, specificando il vostro nick su questo sito, per favore ^^

 

NB nello scorso capitolo ho scritto che Elena sarebbe andata a trovare una sua amica, ma ho deciso di modificare le cose e farla alloggiare in un albergo, infatti modificherò un po' quel passaggio. Più avanti capirete meglio perché.

NB2 sono negata in matematica. Per la storia delle rette parallele ho cercato qualcosa su Wikipedia, ma ho capito poco e nulla, quindi mi sono rifatta alle mie (scarse) memorie. Se ho scritto una cavolata colossale, fatemelo notare ^^

 

Dastrea leggere le tue recensioni è bellissimo, perché sono un concentrato di ciò che provi mentre leggi, mi fa quasi *vivere* il capitolo con i tuoi occhi. Grazie mille per i complimenti sul mio stile. Passando al capitolo, hai indovinato: quando Andy deciderà di abbassare le barriere e di lasciarsi *conoscere* da Elena, inizierà a raccontarle di come lui e Michael si sono messi insieme, una sorta di racconto nel racconto, ecco. In realtà credo che parlarsi e raccontarsi a vicenda di Michael, serva anche a loro stessi, per curare il loro dolore e venirsi incontro in qualche modo, una sorta di terapia, ecco. Per quanto riguarda le *intuizioni* di Michael sulla morte, devo ammettere che non era proprio voluto che andasse così. In realtà il flashback che hai letto prima era il prologo della storia, ma dovendolo poi inglobare in un capitolo, ho cercato di trovare qualcosa che quadrasse e ho avuto questa intuizione. Anche se sì, il sesto senso è una cosa comune. Le domande che poi Andy si fa sul morire e sugli attimi che precedono la morte, le ho riprese da un mio post sul blog, sono abbastanza autobiografiche, delle cose a cui penso spesso. Per la madre di Elena: sai, anni fa ad un corso di scrittura creativa il tipo che lo teneva parlando di non ricordo cosa disse che se ci fai caso esistono le parole per dire che si perde un genitore (orfano/a) o un compagno (vedovo/a), ma non quella per definire la perdita di un figlio. Questo per dire quanto sia un evento innaturale, oltre che doloroso e straziante. Ancora un po' di pazienza e arriveremo alla storia di Andy e Michael. Posso anticiparti che ci sarà anche da ridere, dato che Andy ha fatto penare un bel po' Michael prima di cedere e fargli capire che ricambiava il suo amore ^^

 

LittleHyena tesoro ** quello che dici su Andy è verissimo. Il dolore è continuo e persistente, in ogni cosa che fa/pensa non c'è Michael. Non c'è Michael che lo tocca, che gli sussurra che lo ama. Manca. E paradossalmente la sua assenza lo rende ancora più presente nei pensieri di Andy.

Su Elena: spero che tu abbia ragione, dicendo che c'è. Io mi faccio sempre mille problemi, in proposito .-.

Sono contenta che la storia ti stia emozionando :*

 

aufhebung_9 la storia della stessa luce è una cosa che spesso mi capita di vivere in prima persona, non solo riguardo a delle perdite, ma anche in base a cose banali, capita che mi ricordi anche come era la luce in un determinato momento ^^ Riguardo Elena: sì, in effetti ho deciso di continuare a scrivere e di sbloccarmi man mano (di provarci, perlomeno) altrimenti sarei ferma al secondo capitolo da secoli XD Però in realtà non è dovuta a questo l'esitazione di Andy. Una mia amica mi ha detto che in questo capitolo si vede che non tollero Elena per via della sua conversazione con Andy, ma non è vero. Nel senso: è vero che ho difficoltà con lei, ma non dipendono da questo le difficoltà che hanno lei e Andy a parlarsi. Sono proprio gli eventi e i loro caratteri, specie quello di Andy, che di suo è molto introverso.

 

BlueSmoke sono felice che tu stia continuando a leggere ^^ per quanto riguarda la nota che Michael scrive prima di morire, quello è stato il primissimo pezzo che ho scritto della storia, anzi il secondo, dopo l'abbozzo della storia della stagione ideale per morire ^^ I messaggi registrati a vuoto fanno commuovere anche me, anzi ti dirò che ho proprio pianto mentre scrivevo quel passaggio. E non mi era mai successo.

 

mothintheshell hai ragione, questa storia, per le tematiche che tratta, è fatta per costringersi a guardarsi dentro, sia chi legge, sia me che scrivo. Molte volte mi ritrovo a mettere cose che fanno parte della mia personalità, ma non perché voglia identificarmi nel personaggio o cose del genere, ma perché certe sensazioni capita anche a me di provarle e mi chiedo cosa penserei in determinate situazioni. Invento, questo sì, ma fino ad un certo punto, dato che alla fine finisco per mettere qualcosa di me. La relazione fra Andy ed Elena in realtà se la stanno gestendo completamente loro. Sul serio, Elena aveva tutta la disposizione del mondo ad essere cordiale con Andy, non voleva nemmeno fare quei discorsi *semi-intolleranti*, ma Andy aveva voglia di litigare -____-'' E quindi li ho lasciati fare.

Un abbraccio anche a te ^^

 

ginny89potter ciao ** tu mi hai reso felicissima, sappilo. Con la recensione sul tuo sito e anche con le belle cose che mi hai scritto. Sapere addirittura che sono la tua prima storia originale mi carica di responsabilità nel non deluderti. Quando allo slash, credo di poterti dire con un certo margine di sicurezza che non ce ne sarà tantissimo. Nel senso, è sì una storia a carattere omosessuale, ma le scene lemon credo che non saranno scene semi-porno o molto dettagliate. Primo perché non mi piacciono e non le so scrivere, preferisco lasciare tutto sul vedo/non vedo, secondo perché forse all'interno di questa storia non ci starebbero bene, dato che è una storia di memoria e ricordo. Comunque. Mi rende felicissima anche il fatto che tu abbia deciso di commentare qui, mi raccomando, continua a farlo, mi rendi felicissima ^^ Grazie per tutti i tuoi complimenti e per apprezzare la storia, mi fa piacere che ti coinvolga tanto. Se tua sorella leggerà la storia, sarò felicissima di sapere cosa ne pensa ^^

 

ladidely ciao ^^ sono felice che Elena, nonostante tutte le mie diecimila paure Elena ti piaccia. In effetti è molto diversa da Andy, anche se come lui detesta perdere il controllo delle proprie emozioni e sensazioni, è come se le mancasse la terra da sotto i piedi. Per la nota finale: in realtà mi sono ispirata a quello che succede quando io inizio ad esaltarmi su un argomento random, del quale agli altri non frega nulla :D Quindi posso capirti seriamente. Ma... come fai ad esaltarti per la fisica? °-°

 

haidee83 ciao ^^ benritrovata, anzi. In realtà non avevo indicato il genere yaoi perché so che in genere indica le storie a carattere omosessuale dei manga, mentre slash indica i personaggi umani ^^ Comunque, adesso che l'equivoco è chiarito, eccoci qui ^^ Sai, in realtà la tentazione di far resuscitare Michael viene spessissimo anche a me, perché lo vivo con lo stesso amore e la stessa nostalgia di Andy. Come se anche io sentissi la sua mancanza. Non posso dirti che tutto finirà in allegre risate, ma spero che il finale che ho (già) in mente possa in qualche modo far sorridere (no, Andy ed Elena non si metteranno insieme e no, Andy non rimpiazzerà Michael, ovviamente). Mi fanno molto piacere le tue impressioni su Elena (il nome è cambiato mille volte, in realtà, poi per disperazione mi sono ispirata al nome della protagonista di The Vampire Diaries, infatti si legge con l'accento sulla seconda E). Spero di leggere ancora le tue impressioni :) Alla prossima ^^

 

Costance_Fry ciao Nadia ^^ è un piacere conoscerti ^^ (fra l'altro prima di chiamarsi Elena, Elena è stata per cinque giorni Nadja XD) sono felice che la storia ti stia piacendo. Per sapere come Andy racconterà di Michael ad Elena, dovrai aspettare ancora un po', quando finalmente inizieranno a capirsi e a venirsi incontro.

 

E anche per stasera è tutto, alla prossima ^^

 

 

 


 

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Capitolo 6
*** Spiragli di luce ***


Spiragli di luce.

In mezzo alla folla di studenti che affollano il campus, Andy, con la borsa a tracolla, sembra perfettamente uguale agli altri. Indistinguibile. Anonimo, in un certo senso.

Passare inosservato e sentirsi protetto da tutta quella gente che nemmeno si accorge di lui, lo tranquillizza.

Sentirsi parte di qualcosa senza esserci veramente in mezzo.

Isolato, anche in mezzo a tutti quei rumori.

Per arrivare allo studio del professor Connor, deve passare anche dal Dipartimento di Fisica. Sfiorare il mondo di Michael, ancora una volta.

Fingere di non vedere la targhetta con il suo nome affissa sul muro.

Ignorare la porta dello studio che Michael divideva con altri tre colleghi di lavoro.

È la prima volta che va all'Università da quando Michael è morto. E sembra di essere in terra straniera e sconosciuta, tanto che per un attimo gli gira la testa e deve poggiarsi al muro per evitare di cadere a terra.

Ripreso il controllo, decide che può affrontare quel dannato corridoio, e con un pizzico di coraggio in più può anche attraversarlo senza guardare a terra. Affrontare i fantasmi che gli si presentano davanti.

Stavolta il fantasma ha la forma di un nome inciso a caratteri neri su sfondo dorato. Michael Turner. Andy ricorda ancora la felicità di Michael per essere riuscito ad ottenere il posto di ricercatore subito dopo essersi laureato. L'orgoglio col quale gli aveva raccontato che avrebbe avuto uno studio tutto suo.

È una forza remota quella che lo spinge ad aprire la porta accostata e ad entrare. Solo per un attimo, si ripromette. Solo per sentire qualcosa di Michael attorno a sé. L'aria che respirava fra quelle mura. L'odore dei libri. Sentirsi un po' Michael.

La stanza è vuota, così Andy resta immobile qualche attimo a guardarsi intorno. Fissa la scrivania all'angolo destro, vuota. Non ci sono libri o oggetti che la caratterizzino in qualche modo, solo una lampada da tavolo e un portapenne.

- Buongiorno, le serve qualcosa? - una voce femminile lo fa sobbalzare. Girandosi incontra gli occhi di una ragazza alta con i capelli biondo cenere. Una collega di Michael, probabilmente.

- No, ecco, io...

Non può certo dirle il vero motivo per il quale si trova lì, così si chiude in un silenzio imbarazzato, continuando a fissare la scrivania di Michael.

- Cercava il Dott. Turner?

- No, no, io... Ho solo sbagliato studio, mi dispiace.

Le sorride e poi esce velocemente dalla stanza, cercando di ignorare il nodo alla gola che gli impedisce di respirare. A testa bassa si dirige verso il Dipartimento di Medicina, raggiungendo lo studio del professor Connor senza nemmeno accorgersene. Davanti alla porta un gruppetto di studenti parla di cose che Andy non si prende nemmeno il disturbo di capire: qualche film, forse, o una serata passata in discoteca, cose che di sicuro non hanno nulla a che fare con l'università.

Mentre attende che arrivi il suo turno, continua a pensare alla scrivania vuota di Michael. Al caffè che prendevano insieme tutte le volte che lui passava – con una scusa qualsiasi – a trovarlo. Ai baci veloci che si scambiavano quando non c'era nessuno che potesse vederli.

La folla di studenti davanti alla porta del docente inizia a scemare, fino a quando è il suo turno. Bussa con poca decisione e poi entra, andandosi a sedere davanti alla scrivania dell'uomo.

- Buongiorno, Evans. Finalmente ci rivediamo. Come sta?

- Ecco... non bene, professore.

- Problemi con lo studio o col tirocinio?

- No, non è solo questo. Ho avuto dei problemi personali. - replica Andy seccamente. Fruga nella borsa in modo da non dover incontrare lo sguardo incuriosito dell'uomo. - Le ho portato questi. Non è proprio moltissimo, ma davvero, non ho avuto... alcuna voglia di fare nulla.

Non riesce a mentire, a Connor.

L'uomo è stato il primo professore che davvero gli ha fatto amare quello che sta studiando. Che gli ha fatto prendere consapevolezza di quello che è per lui la medicina. Non soltanto una facoltà come un'altra, non un mestiere che permette di guadagnare molto o di realizzare le proprie ambizioni.

Ma una missione, piuttosto. Prendersi cura degli altri e trovare la propria realizzazione nel vedere sorridere qualcuno.

E con lui Andy è sempre stato sincero, sin da quando gli ha chiesto di seguirlo per il tirocinio e poi per la tesi. Gli ha detto sin dal primo momento che lo ammirava e questo non era suonato come un complimento volto ad ingraziarselo. Andy lo ammirava e lo ammira ancora adesso.

L'ha visto prendersi cura dei pazienti in ospedale, e ha deciso che voleva diventare come lui.

- Come mai, se posso chiederglielo?

- Un mese e mezzo fa è morto... il mio coinquilino. Eravamo molto amici e non credo di aver superato la cosa.

Chiamare Michael coinquilino, amico suona come un tradimento, Andy se ne rende conto appena le parole prendono forma dalle sue labbra.

- Mi dispiace, non avrei mai...

- Non si preoccupi. Il fatto è che credo di aver bisogno di una pausa da tutto. Mi chiedo se sia davvero questa la mia strada. Lo so, è strano, ma io...

- Ascolti, Evans. Io non sono nessuno per farle la predica, ma mi creda: ho conosciuto tanti studenti, durante la mia carriera, e so benissimo che può succedere, di avere qualche incertezza. Specialmente dopo aver perso qualcuno di importante.

Andy annuisce. Si passa nervosamente una mano sulla nuca, senza sapere esattamente come replicare. Il professore dà un'occhiata ai suoi appunti e glieli restituisce.

- Tutto sommato lo schema della dissertazione non è male, Evans.

- La ringrazio, professore.

- Si prenda un po' di tempo per decidere cosa vuole fare. Finisca il tirocinio e provi a continuare, se ci riesce. Del resto luglio sta quasi finendo, quindi per forza di cose dovremmo rivederci a settembre.

Gli sorride cordialmente e gli porge la mano.

- Si faccia forza, Andy. Ci terrei a rivederla, quindi cerchi di non mollare, d'accordo?

Il giovane si alza e abbozza un sorriso: evidentemente il professor Connor ha fiducia in lui. Così come ce l'aveva Michael, che stava accanto a lui anche nottate intere mentre cercava di buttare giù qualche riga. Michael che gli sussurrava che sarebbe diventato il dottore migliore del mondo.

Michael che è presente in ogni suo passo, in ogni suo gesto e in ogni pensiero. Michael che non vuole andarsene, che lo avvolge di ricordi e gli tiene compagnia.

Sospirando, Andy riprende i fogli con i suoi appunti ed esce dallo studio di Connor, dirigendosi verso l'uscita dell'edificio.

Una volta raggiunta la macchina e messo in moto, si rende conto di non aver alcuna voglia di tornare a casa, così decide di passare in libreria per comprare un libro e per salutare la proprietaria, la signora Harris.

Gli farà bene parlare con lei, che sa sempre cosa dire in ogni situazione e che riesce a farlo stare meglio.

La libreria che la signora Harris gestisce è diversa da tutte le altre della città: è piccola e accogliente, ha gli scaffali in legno alti fino al soffitto e le tendine di pizzo bianco alle finestre. Inoltre la signora Harris ha sempre qualcosa da offrire ai suoi clienti: siano anche solo semplici biscotti o una tazza di the caldo in inverno.

Andy e Michael vi passavano ore intere, specialmente quando fuori pioveva. Chiacchieravano con la donna, che in passato aveva insegnato filosofia nella scuola superiore locale, e a volte capitava anche che la aiutassero con i clienti.

È stata lei ad affittare loro casa e quasi ad “adottarli” come se fossero stati suoi figli o nipoti, al punto di viziarli portando loro deliziose torte fatte in casa e manicaretti di tutti i tipi ogni volta che andava a trovarli.

Per loro era stata una fortuna averla conosciuta: prima di leggere il suo annuncio sul giornale, avevano ricevuto diverse risposte negative, la maggior parte da parte delle quali da parte di proprietari che, appena intuivano la loro omosessualità, accampavano mille scuse assurde.

Michael diceva che ogni cosa aveva un suo destino, e che tutte quelle risposte negative erano dovute al fatto che fossero destinati a conoscere la signora Harris e Andy non poteva che dargli ragione.


***

Due anni prima.

 

Sdraiato sul letto di Andy, Michael stava sfogliando un giornale di annunci immobiliari, alla ricerca di un appartamento dove poter andare a vivere dopo aver finito l'università.

- Senti questo: tre vani, giardino, garage e doppi servizi. Così la mattina non avremo bisogno di scannarci per chi deve andare per primo in bagno! - disse ridendo, rivolto ad Andy che, seduto di spalle davanti alla scrivania, cercava di sottolineare chimica.

- Scusa ma... Sei sicuro che al proprietario vada bene che stiamo insieme? - Andy si girò verso di lui e lo squadrò con aria dubbiosa. - Magari potremmo fingere di essere solo colleghi universitari. - aggiunse, titubante.

- Non esiste, tu sei il mio compagno. L'uomo che amo.

- Sì, ma... Magari posso continuare a stare qui al campus... Insomma, non voglio che tu non riesca a trovare casa per colpa mia.

- Non dire scemenze, Andy. La realtà è che non abbiamo ancora trovato una casa adatta a noi. Stavolta andrà bene, me lo sento.

Andy si alzò e lo raggiunse, lasciando che Michael lo stringesse a sé. Le dita fredde del compagno scivolarono lentamente sotto la sua maglietta, ma quelle carezze discrete si trasformarono improvvisamente in solletico, che Andy soffriva tantissimo.

- Sei un infame! - urlò il giovane, cercando di sfuggire a Michael. Riuscì ad afferrare il cuscino per cercare di usarlo come arma di difesa, ma Michael afferrò quello che stava sul letto vicino e ingaggiarono una lotta scherzosa, neanche fossero bambini di cinque anni.

Si ritrovarono l'uno sull'altro, ansimanti e in preda a risate che non riuscivano a frenare.

- Sei uno stronzo, lo sai? - mormorò Andy, mettendo su un finto broncio.

- So farmi perdonare, però! Vuoi vedere? - propose Michael con sguardo malizioso, cominciando a sbottonargli i pantaloni.

- Così sei sleale! - lo prese in giro Andy, aiutandolo a togliersi la maglietta e sbottonandogli a sua volta i jeans.

Rimasero abbracciati a lungo, dopo aver fatto l'amore, cullati dal rumore lento e regolare dei loro respiri. Dopo un po' Michael si chinò a prendere il giornale che era finito sotto il letto e mormorò all'orecchio di Andy:

- Secondo te ne vale la pena?

- Mmh, perché no? Al massimo inventano qualche altra scusa assurda, no? Dai, prova a telefonare!

Rispose una donna che disse di chiamarsi Theresa Harris, e che fissò un appuntamento con i due giovani per qualche giorno dopo.

Il pomeriggio stabilito per l'incontro, Michael e Andy si recarono sul posto con un quarto d'ora d'anticipo e si trovarono davanti ad una villetta a schiera davanti alla quale erano passati diverse volte in auto, ma che di certo non avrebbero mai immaginato potesse diventare la loro casa.

- Scommetto che non ci arriveremo mai con i soldi per l'affitto! - mormorò Andy, accendendosi una sigaretta.

- Dai, ma la smetti di essere così pessimista?

Michael gli ravviò scherzosamente un ciuffo di capelli sulla fronte, e poi vi poggiò le labbra.

- Siete voi Michael e Andy? - li interruppe una voce.

I due giovani si voltarono imbarazzati e si resero conto di avere davanti la proprietaria dell'appartamento, una vecchietta dall'aria apparentemente indecifrabile.

- Cazzo...- mormorò Michael. Se li aveva visti baciarsi, potevano tranquillamente dire addio alla casa.

La donna sembrò non far caso al loro imbarazzo. Prese le chiavi dalla borsa a fece loro strada, mostrando tutte le stanze, già arredate, e descrivendola passo passo.

- Che belli questi quadri! - osservò Andy, aggirandosi per il soggiorno.

- Oh sì. Alphonse era davvero bravo. - sorrise la donna.

- Alphonse?

- Mio marito. È morto un anno fa e da allora la casa è rimasta chiusa. Non riesco più a viverci da sola. Troppi ricordi, sapete... Così ho deciso di affittarla, e di andare a vivere in un appartamento più piccolo.

Michael e Andy tacquero, prendendosi istintivamente per mano. Appena le loro dita si sfiorarono però, rendendosi conto che la signora Harris avrebbe potuto vederli, si allontanarono subito.

- Voi due siete innamorati? - chiese la signora Harris, alla quale evidentemente non sfuggiva nulla.

Lo disse senza nessuna sfumatura di disgusto. La sua voce anzi si era raddolcita, quasi stesse pensando a qualcosa di bello.

- Noi... sì. - sorrise Michael, mentre Andy, imbarazzato, abbassava gli occhi.

- Bene. Mi importa solo che teniate in ordine e che i vicini non vengano disturbati da musica a tutto volume e da feste continue. Per il resto non importa. Alphonse diceva sempre che l'amore non ha alcun confine. E vi avrebbe affidato la nostra casa, ne sono certa. Sembrate due bravi ragazzi. Allora che fate, la prendete?


***

 

Quando Andy entra in libreria, il suo ingresso è annunciato dal tintinnare dei campanellini appesi alla porta. Non c'è nessun cliente e la signora Harris sta facendo l'uncinetto seduta dietro il bancone.

- Buongiorno signora Harris!

- Andy! Che piacere vederti! Come stai?

L'arzilla vecchietta si alza e va ad abbracciarlo, dandogli poi un bacio sulla guancia.

- Insomma... Non proprio benissimo!

- Sei dimagrito... Non mi dirai che non mangi abbastanza, vero? Dai, vieni, prendi una sedia e fammi un po' di compagnia.

Andy annuisce.

- Dunque, cosa mi racconti?

Il nome di Michael sembra essere un tabù. Dire per l'ennesima volta che gli manca non servirà certo a farlo tornare indietro. Eppure dirlo gli permetterà di sfogarsi, di piangere forse, e di mandare via tutto il dolore che sta faticosamente reprimendo.

- Sono stato all'università, a parlare con il relatore. E gli ho detto che ho bisogno di una pausa. Sa, credo di non essere proprio tagliato per diventare un medico. È da quando... Michael se ne è andato che ci penso.

- Ma certo che devi diventare medico! Altrimenti chi curerà i miei malanni? - sorride la donna, accarezzandogli una guancia.

- Lei non ha bisogno di un dottore, è in perfetta forma, signora.

- Magari lo fossi. Sarebbe perfetto tornare ad avere vent'anni! Ma Andy... cosa c'entra il fatto che Michael non ci sia più con il tuo sogno?

- Per lui non avrei saputo cosa fare. Credo che mi sarei solo fatto prendere dal panico e nient'altro. Lo so che è stupido e tutt'altro che professionale, però...

La signora Harris sorride benevolmente.

- Sai che a volte Michael veniva qui, quando tu eri a casa immerso nello studio? Diceva che lo faceva perché non voleva distrarti, perché sapeva che lo studio per te era importante e non voleva ostacolarti in nessun modo.

- Ma no, in realtà è che durante gli esami sono particolarmente intrattabile! - si schermisce Andy.

- Ti ammirava per la tua determinazione. Diceva che lui non sarebbe mai riuscito a gestire il tempo così come facevi tu. E che ti eri scelto un lavoro meraviglioso.

La donna gli sorride benevolmente e gli stringe le mani.

- Michael ci resterebbe male se sapesse che hai deciso di gettare la spugna.

Andy si stringe nelle spalle. La verità è che vedere i libri gli fa venire da vomitare: ci sono cose che non puoi imparare sulla carta. Vissute sulla pelle sono altre sensazioni. E l'idea che prendere il massimo ad un esame potrebbe non servirgli a nulla in caso di bisogno, lo fa stare ancora peggio.

- Mi prometti che ci ripenserai?

Gli occhi della signora Harris, chiarissimi, sono pieni di speranza.

- Io... Va bene, ci penserò.

- Benissimo. Sono orgogliosa di te, Andy.

- Ma non ho fatto nulla.

- Hai deciso di provare a continuare a combattere. E credimi, non è da tutti riuscirci.

Mentre guida verso casa, Andy si rende conto che tutti stanno dimostrando una grande fiducia in lui, anche Connor e la signora Harris, che sono poco più di due estranei. E in fondo è quella che dovrebbe dimostrare lui nei confronti di Elena, se ne avesse la possibilità. Magari stavolta senza alzare muri di difesa che finirebbero inevitabilmente col fare male ad entrambi.

 

Ho bisogno di te. Adesso.

Ho bisogno di te, del tuo respiro, della tua voce, delle tue dita sulla mia pelle. Dei tuoi sorrisi, della fiducia che avevi in me.

Ho un bisogno di te che fa quasi male, Michael. Potrei urlarlo, questo dolore, ma non mi servirebbe ad altro che a stare peggio. Possibile che tutti abbiano fiducia in una forza che non ho mai avuto? Anche tu ti fidavi di me allo stesso modo?


***

 

Tornare di nuovo da Andy è un atto di coraggio.

Elena ci ha pensato a lungo. Provare a bussare di nuovo alla sua porta significa la possibilità che lui le chiuda la porta in faccia e si rifiuti di ascoltarla.

Tuttavia Elena vuole provarci lo stesso. Non è il tipo da arrendersi facilmente e in più è dell'idea che in fondo agli occhi di Andy ci fosse la stessa malinconia che c'è nei suoi e che potrebbero venirsi incontro, se solo ci provassero.

L'intervallo di tempo che trascorre fra quando suona il campanello e quando la porta si apre - attimi lunghi un'eternità - sono fatti di ansia che le stringe la gola.

- Elena? - Andy sembra sorpreso.

- Ciao, Andy. Posso entrare?

Il giovane annuisce e si fa di lato per lasciarla passare. Luna va vicino ad Elena e la annusa, quasi fosse diffidente anche lei e la ragazza si irrigidisce senza volerlo.

- Tranquilla, non ti fa nulla. Deve abituarsi al tuo odore. - sorride Andy - E comunque in genere basta farle una carezza per conquistarla.

Elena ricambia quel sorriso stentato e si china ad accarezzare il cane, ricevendo come risposta un abbaiare soddisfatto.

- Volevo chiederti scusa per ieri, Andy. Ero terrorizzata dall'idea di dire qualcosa di sbagliato e a quanto pare ci sono riuscita. Non volevo.

- In realtà credo di essere io a doverti delle scuse. Nemmeno ci conosciamo e ti ho aggredito senza un vero motivo.- risponde Andy.

- Sai, avevo preparato il discorso da farti, e per qualche stupido motivo ero convinta che sarebbe andato tutto come avevo immaginato. E... beh, perdere il controllo delle situazione non è esattamente ciò che preferisco.

Sembra che le cose stiano andando un po' meglio, stavolta. Lentamente, Elena sente i muscoli distendersi, quasi rilassarsi.

- Posso capirti.

- Volevo dirtelo, prima di andarmene. Insomma, volevo farti sapere che non volevo offenderti.

Elena si attorciglia una ciocca di capelli attorno al dito, leggermente innervosita dal fatto che Andy non dica nulla.

- Tranquilla, ti credo. Potremmo ricominciare daccapo, forse. Non trovi?

Le porge la mano e la ragazza la stringe.

- Allora, Elena, come mai sei qui?

- Ecco... Io sono venuta per sapere. Per capire. Te l'ho detto, mi sembra di non sapere più chi fosse mio fratello, aldilà del fatto che fosse gay. Avrei avuto la stessa reazione se si fosse trattato di una ragazza. Dico davvero.

- Cosa volevi sapere?

- Come tu e Michael vi siete innamorati. La vostra storia. E poi volevo conoscerti. Devi essere una persona speciale se Michael si era innamorato di te.

Tace improvvisamente, rendendosi conto che forse è stata troppo indiscreta.

- Cioè... Non volevo dire questo. O sì, però, ecco... Solo quello che ti va di raccontarmi. Se vuoi.

Andy respira profondamente e abbassa lo sguardo. Per un attimo Elena teme di aver sbagliato di nuovo tutto e che lui le chiederà nuovamente di andare via.

- Non sono una persona speciale, Elena. Michael con tutta probabilità lo era, invece. A volte mi chiedo cosa ci trovasse di bello in me. - Andy sorride malinconicamente. - Comunque d'accordo, se vuoi ti racconterò la nostra storia. Sai, in realtà avevo sperato che tu tornassi.

- Perché?

- Per chiederti scusa e chiarire le cose. Mi rendo conto che a primo impatto non sono stato gradevole, anzi. Solo che davvero, ultimamente sto davvero a pezzi, non sono bravo a rapportarmi con la gente e non mi fido di nessuno. E non voglio che suoni come una giustificazione, solo...

Elena si avvicina a lui e, dopo aver esitato un attimo, gli stringe una mano, zittendolo con lo sguardo.

- Andy... Vuoi provare a fidarti di me?

 

_____

 

Considerato il fatto che adesso EFP consente le risposte dirette alle recensioni, non ci saranno più le mie solite interminabili note.

Solo due parole su questo capitolo: innanzitutto l'immagine iniziale. Teoricamente dovrebbe essere il corridoio dove si trova la stanza nella quale lavorava Michael. Per questa università mi sto ispirando alla ECU del North Carolyna, dove si trova anche Greenville. Ho consultato il sito - e mi sono rosa tantissimo dall'invidia - diverse volte per rendere in modo abbastanza realistico il mondo universitario americano. Anche se poi ho scoperto che le lauree a ottobre/novembre (come quella che dovrebbe prendere Andy) non esistono. Avrei potuto spostare il tempo della storia, ma avrei anche dovuto ricominciare a scrivere, quindi concedetemi questa *licenza poetica*

Tornando alla foto, in realtà è quella del corridoio del Monastero dei Benedettini di Catania, l'Università nella quale studio io ^^

La signora Harris.

Beh, lei è ispirata ad una vecchietta che ho conosciuto una volta sul treno. Questa vecchietta aveva appena comprato il libro "Un uomo solo" di Christopher Isherwood e aveva visto da qualche giorno l'omonimo film di Tom Ford. Film e libro sono a tematica omosessuale, quindi la logica deduzione era che fosse aperta mentalmente e da qui la volontà di creare un personaggio che le somigliasse. E poi era tanto tenera e pucciosa, la mia nonnina ideale. Giuro che avrei anche voluto chiederle il numero di telefono per poi sapere se il libro le era piaciuto, ma faceva un po' troppo stalker (e mi vergognavo) quindi nulla ^^

Uff, ho finito per scrivere un botto anche stavolta ^^''

Prima di chiudere vi segnalo "Stelle di cenere" scritta a quattromani con Mothintheshell ^^ Buttateci un occhio, non ve ne pentirete ^^

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Capitolo 7
*** Favole di fumo ***


Nuova pagina 1

Favole di fumo.

 

Ha visto negli occhi di Elena lo stesso sguardo rassicurante di Michael.

Per questo ad Andy sembra di parlare con una persona amica. Anche il suono della sua voce, dopo le prime esitazioni si fa più sicuro e più rilassato.

Dettagli che credeva di aver dimenticato riaffiorano nitidamente nella sua memoria e sembrano quasi prendere vita. Non fanno male come credeva, anzi in quale modo riescono a lenire le sue ferite, gli alleggeriscono il petto dal peso che sembra opprimerlo.

Elena lo ascolta come se lui stesse raccontando una favola. Non fa domande e lo osserva con gli occhi sgranati, rigirando nervosamente un braccialetto che porta al polso.

Sembra fragile e indifesa, chiusa in se stessa come se volesse proteggersi da qualcosa che la ferisce nel profondo. Respira piano tanto che pare voglia rendersi invisibile agli occhi di Andy.

- Io e Michael ci siamo conosciuti quando ho cominciato l'università. In segreteria per sbaglio mi avevano assegnato una stanza doppia. Da dividere con lui. Sul momento non ero proprio entusiasta, in realtà. - sorride ironicamente Andy, iniziando il suo racconto.

- Perché?

- Beh, non volevo distrazioni. Avevo chiesto di stare in una stanza singola per questo motivo. Sai, ero convinto che la mia vita si dovesse concentrare solo sullo studio. E un compagno di stanza avrebbe rappresentato una distrazione.

- Oh beh, considerato che Michael non era il massimo della discrezione, posso capirti. I primi tempi deve essere stato difficile! - replica Elena, sorridendo lievemente.

- No, ma non... non era per lui. Era proprio l'idea di dividere qualcosa con qualcuno che non conoscevo. - spiega Andy – Anzi lui ce l'ha messa tutta per farmi sentire a mio agio. Sai, mi invitava ad uscire con lui e i suoi amici, mi raccontava ciò che faceva durante il giorno...

- Si comportava da Michael, insomma! - ride Elena.

Andy annuisce, pensando a quante volte si sia rifugiato nei racconti di Michael per non pensare a se stesso, a quanto i suoi sorrisi e le sue parole lo abbiano sempre fatto sentire più forte e a come negli anni lui l'abbia reso migliore.


Tutte le favole cominciano con “C'era una volta”.

C'erano una volta due studenti che avevano fatto della loro stanza di università il loro mondo. Vi si rifugiavano quando non avevano voglia di vedere nessun altro e passavano il tempo a guardarsi negli occhi, perché erano così innamorati da riuscire a capirsi senza parole.

Tutte le favole finiscono con “E vissero tutti felici e contenti”

Tutto sommato, forse questa non è una vera favola.

 

***

 

Andy prese dalla tasca dei jeans la chiave che gli avevano consegnato in segreteria e vi lesse il numero di quella che sarebbe stata la sua stanza: 4-21. Percorse il corridoio cercando la porta giusta e, quando la trovò, vi si fermò davanti.

Girò la chiave nella serratura, e questa scattò. Trascinò nella stanza il suo pesante bagaglio e, solo dopo essersi voltato, si accorse di non essere solo.

- Ehi ciao! Tu devi essere il mio nuovo compagno di stanza, giusto?

- Ehm... compagno di stanza? - Andy lo squadrò, perplesso.

Il tizio - capelli scuri, occhi azzurro-grigi e sorriso cordiale stampato in faccia - stava lì con la mano tesa, ad aspettare che l'altro ricambiasse, ma Andy non accennava a muoversi.

- Il mio nome è Michael Turner e frequento il terzo anno di fisica. Tu?

- Andy Evans. Scusa, ma deve esserci un errore. Io avevo fatto domanda per una stanza singola. Non... Devono aver sbagliato qualcosa.

Per un attimo Michael parve deluso.

- Sei di primo anno, giusto? Di solito capitano inconvenienti del genere, ma prima di poter fare cambio devi aspettare almeno due settimane, il tempo che tutti si sistemino. Dopo potrai fare domanda di rettifica. È successo ad un mio amico, l'anno scorso.

- Capisco.

- Oppure potremmo semplicemente diventare amici, così non avrai bisogno di andartene, no?

Michael rise, ma Andy rimase impassibile.

- Stavo sistemando i miei vestiti, stamattina sono arrivato molto presto, così ho avuto tempo di sbrigare certe cose. - continuò il giovane, tornando alle proprie occupazioni - Senti, ti spiace se prendo il letto vicino alla finestra?

- Sì, sì, certo, fai pure.

Non si rendeva conto dell'indifferenza di Andy. O forse la ignorava deliberatamente, sperando che in qualche modo prima o poi l'altro si sarebbe sciolto.

- Quindi? Che facoltà frequenti?

- Medicina.

- Davvero sei riuscito ad entrare? Devi essere un genio, allora. Dicono che i test siano difficilissimi!

Ancora quel sorriso che sapeva di complicità.

Andy abbassò lo sguardo e ridacchiò.

- Beh, al college ho studiato tutto quello che mi serviva. Non era nulla di così impossibile. - si strinse nelle spalle e mise la valigia sul letto, cominciando a disfarla.

I complimenti lo imbarazzavano e inoltre non aveva ancora deciso se poteva fidarsi di quello sconosciuto. Ripensò alle sue parole: aveva detto di frequentare il terzo anno. Con tutta probabilità aveva cambiato stanza anche lui, dato che aveva chiesto di poter scegliere il letto. La curiosità di chiedergli se la sua supposizione fosse esatta stava quasi per vincere sulla sua proverbiale diffidenza, ma Andy pensò che a lui avrebbe dato fastidio una domanda del genere, se Michael l'avesse fatta a lui.

- Quindi... frequenti fisica, giusto? - chiese, giusto per non sembrare troppo sulle sue.

- Già. No, ma non sono svitato, tranquillo. Cioè, non più di quanto possa esserlo una persona comune!

La sua risata era bellissima, pensò Andy. Così come il calore che cercava in tutti i modi di trasmettergli. Poteva abbandonare ogni meccanismo di autodifesa, con lui. Lasciare che le parole scorressero senza controllare che avessero un senso logico o che contribuissero a costruire l'immagine che voleva dare di se stesso.

- Te l'avranno chiesto in molti... ma come mai? Cioè, proprio fisica non è che sia semplicissima.

- Voglio scoprire una nuova stella. - rispose Michael con tranquillità. - O qualcosa del genere, ecco. Un nuovo satellite o un pianeta.

- Ambizioso... - Andy sorrise involontariamente, decidendo subito dopo che sì, poteva concedere allo sconosciuto un'espressione meno corrucciata.

- Beh, principalmente mi piace guardare il cielo. Mi fa sentire libero, ecco.

- Non hai paura di perderti? - chiese Andy, dubbioso.

- Impossibile, ci sono le stelle ad indicarmi la direzione da prendere.

Michael si strinse nelle spalle e tornò a sistemare i suoi vestiti, mentre Andy lo osservava, studiando di nascosto il suo profilo e il suo sguardo concentrato.

Aveva quasi finito di riporre i suoi maglioni in un cassetto dell'armadio quando la porta si aprì ed entrò una ragazza dai capelli corti e spettinati.

- Mickey! - corse ad abbracciarlo e lo baciò a stampo sulle labbra - Come va? A quanto pare siamo finiti nello stesso dormitorio. Io sto al secondo piano. E tu... A quanto vedo hai compagnia!

Si bloccò vedendo Andy, del quale inizialmente non doveva essersi accorta.

- Beh, sì. Lui è Andy. Andy, lei è Allie. Abituati alla sua presenza, temo che sarà sempre qui a rompere le scatole!

Allie gli fece una linguaccia.

- Beh, guarda, se riuscirà a trovare la pazienza per sopportare te, sarà già un passo avanti!

- Ma la vuoi smettere? Così finisce che lo spaventi sul serio...

Andy li guardava, sentendosi escluso dalle dinamiche di quel battibecco scherzoso, nonostante fosse oggetto del discorso. Ridevano e muovevano le bocche, ma lui non riusciva a capire cosa stessero dicendo. O forse nemmeno gli interessava.

- Okay, io vado a sistemare le mie cose. Ci vediamo più tardi a mensa, d'accordo?

Gli scompigliò affettuosamente i capelli, salutò Andy con un cenno della mano e uscì dalla stanza.

- È la tua ragazza? - chiese Andy.

- Chi Allie? - Michael scoppiò a ridere. Di nuovo. - No, no, è solo una amica. Non... non sto con nessuno per il momento.

A queste ultime parole, il suo volto si fece scuro. Riprese a sistemare i suoi libri sullo scaffale, chiudendosi in un silenzio che, dopo i sorrisi che gli aveva fatto, stonava terribilmente. Andy si chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato, ma non riuscì a trovare una risposta ai suoi dubbi. Non era certo il tipo da chiedergli cosa fosse successo, anzi arrivò alla conclusione che, se gli avesse dato meno confidenza, anche Michael non si sarebbe sentito in dovere di intromettersi nella sua vita.


Mi viene da ridere a pensare che inizialmente non volevo dividere la camera con te. Ricordo ancora la rabbia di quel giorno, quando, aprendo la porta, ti trovai intento a sistemare le tue cose nell'armadio.

Avevo chiesto esplicitamente in segreteria che mi fosse assegnata una camera singola, invece, chissà per quale casino burocratico, avrei dovuto dividerla con un estraneo.

Ad una prima occhiata mi resi conto di quanto tu fossi l'opposto del genere di persone che ero abituato a frequentare, di quelle che mi facevano meno paura e che non si prendevano la briga di conoscermi a fondo.

Avevi un sorriso troppo cordiale e allegro, sfacciato per i miei gusti, tanto che pensavo volessi deridermi mentre mi stringevi la mano e mi dicevi il tuo nome. Ti muovevi con la sicurezza di chi in quel campus ci aveva già passato molto tempo, la stessa sicurezza che io non avrei mai avuto.

Se avessi saputo che avrei finito per innamorarmi di te, non ci avrei mai creduto, Michael. Per me era già difficile la prospettiva di dover trascorrere la maggior parte delle mie giornate in tua compagnia, figurarsi il resto.

Non avevo mai messo in conto l'idea che tu iniziassi veramente a far parte della mia vita, credevo che saresti rimasto semplicemente il mio compagno di stanza e che, al massimo dopo due anni, non ci saremmo più rivisti. E che saresti diventato un ricordo, destinato a perdersi con il passare del tempo.


Quando Andy ricordava a Michael lo strano modo in cui si era cominciata la loro storia, e come quell'errore burocratico fosse stato uno strano segno del destino, Michael rideva di gusto e lo prendeva in giro, rinfacciandogli scherzosamente il comportamento freddo e distante dei primi tempi, quando la loro convivenza si era ridotta ad una gara a chi riusciva a nascondersi meglio. Ad evitare le domande dell'altro.

I primi tempi, Michael aveva provato in tutti i modi a coinvolgere Andy nella sua vita: lo invitava ad uscire per una birra con i suoi amici e gli raccontava delle sue giornate nella speranza che anche lui si decidesse ad aprirsi. Tutto quello che riusciva ad ottenere era qualche mugolio di assenso o un “No, mi dispiace, ho da fare”.

Poi, lentamente, Michael si era arreso.

Andy, chiuso nella sua ostinata diffidenza, non si era nemmeno reso conto di come adesso Michael gli rivolgesse la parola solo per le cose strettamente necessarie. Era sempre più immerso nei suoi libri, negli appunti da ricopiare, nelle nozioni da immagazzinare e non si accorgeva di quello che accadeva attorno a lui.

Vedendolo uscire ogni sera con gente sempre diversa, Andy era arrivato alla conclusione che fosse uno di quei tipi ai quali non importava davvero dell'università, più interessati alla loro vita sociale che ad altro. Ai suoi occhi Michael aveva l'aria dello spocchioso pieno di sé che Andy detestava.

Non c'era un vero motivo per il quale volesse tenerlo a distanza.

A volte si diceva che forse avrebbe potuto abbandonare le sue difese e provare a capire per quale motivo Michael cercasse di diventare suo amico, ma era più forte di lui continuare ad isolarsi e ad evitarlo.

Con gli anni, Andy aveva capito che si era trattato solo di un modo come un altro per evitare di ammettere di esserne stato attratto sin dall'inizio.

Vederlo con Allie gli provocava strane fitte allo stomaco, sembravano così vicini, così complici, i loro occhi sembravano parlare di amore, anche se Michael continuava a dire che erano solo amici. Andy li trovava spesso sul letto a chiacchierare e più volte la ragazza lo tirava in mezzo alle discussioni perché le desse ragione.

Col passare del tempo si era trincerato dietro una barriera di false idealizzazioni, arrivando a credere all'immagine negativa che si era costruito di Michael, fino a quando quest'ultimo non era riuscito a fargli lentamente cambiare idea.

E forse, c'era una parte di Andy che aveva sempre invidiato il carattere solare e spontaneo di Michael. La sua risata e il suo modo di guardare e parlare con la gente.

Tutto ciò di cui nel corso degli anni non è riuscito a fare a meno e che adesso brucia perché di tutto quello che c'è stato è rimasto solo un ricordo che sembra allontanarsi sempre di più.

 

***

 

Ascoltare Andy raccontare di lui e Michael dà una sensazione di pace e tranquillità che da diverso tempo Elena non provava più.

Le ore passano velocemente, senza che nessuno dei due se ne accorga. Quando Elena si volta a guardare fuori dalla finestra, il cielo ha il colore del tramonto inoltrato e sta lentamente cominciando a diventare scuro.

- Quindi vi siete conosciuti così? Niente amore a prima vista o cose del genere? - chiede prudentemente. Forse non sarebbe il caso di fare battute, da Andy non sa ancora cosa aspettarsi, eppure si è ripromessa di essere il più naturale possibile in sua compagnia.

- No, per nulla! Anzi, Michael diceva che secondo lui io mi ero innamorato subito di lui, ma non volevo ammetterlo.

- Davvero?

- Già... Diceva che se se ne era accorto da come guardavo Allie quando lo abbracciava. Ma era solo una sua impressione. Cioè. Forse. Non lo so...

Andy sorride a quell'ultima affermazione, chinando lo sguardo, ed Elena intuisce come sia probabilmente in imbarazzo.

- Beh, però povero Michael, all'inizio lo detestavi proprio.

- Non lo detestavo. Solo... Beh, non mi stava molto simpatico. E prima di cambiare idea ci ho messo un po' di tempo, ecco.

- Insomma, sei stato un vero osso duro! - osserva Elena.

- Beh, più o meno! - Andy arrossisce – Non lo facevo per essere cattivo, solo non mi riusciva semplice fidarmi della gente. Di lui, in particolare. Michael aveva quel modo di coinvolgerti che mi metteva a disagio e mi faceva sentire inadeguato, ecco tutto.

Elena scuote la testa in un cenno di assenso.

In realtà non capisce come Michael potesse far sentire inadeguata la gente, proprio lui che con la sua parlantina spiccia riusciva a guadagnarsi la simpatia di chiunque.

Ripensa ai giorni in cui andavano al supermercato insieme e ogni volta c'era un sacco di gente che lo conosceva e gli rivolgeva la parola e finiva che per comprare anche solo un pacco di zucchero ci mettevano delle ore.

- Il fatto è che avevo avuto dei problemi con il ragazzo con cui dividevo la stanza al college, quindi ero prevenuto. - aggiunge Andy, a mezza voce, quasi volesse giustificarsi.

- Allie la vedi ancora? - Elena cambia rapidamente argomento, notando che il giovane, a questa domanda, si rasserena subito.

- Sì, certo. È una delle persone a cui voglio più bene. Fa la fotografa, magari qualche giorno te la presento!

- D'accordo. Mi farebbe piacere. - annuisce Elena.

- A proposito... Quanto tempo pensi di restare?

- Una settimana, credo. Non ho ancora deciso, in realtà. A proposito, forse è meglio che vada, si è fatto tardi.

- Non ti interessa sapere come sono andate avanti le cose? Guarda che è più interessante di una soap-opera! - scherza Andy.

Elena lo guarda, dubbiosa. Non si aspettava che Andy si sciogliesse così velocemente. O forse è solo dovuto al fatto che raccontare di Michael lo fa stare meglio. Il suo volto è decisamente più tranquillo e i suoi occhi sono come illuminati da una luce che Elena inizialmente non aveva visto.

- Certo che mi piacerebbe. Sono venuta apposta! - risponde.

La sua risata dissolve definitivamente la tensione che si era creata fino a quel momento fra i due. Richard aveva ragione nel dire che in fondo vivono la stessa solitudine e che potrebbero farsi forza a vicenda.

- Però adesso si è fatto tardi. Magari torno domani o quando hai un po' di tempo. Se a te va, ovvio.

Andy guarda l'orologio alla parete.

- Cavoli, è vero, si è fatto tardi, fra mezz'ora comincio il turno in gelateria. Mi dispiace, se fossi stato libero ti avrei proposto di rimanere qui a mangiare.

- Tranquillo! Torno alla pensione. La signora cucina davvero bene, quindi... non c'è alcun problema.

Elena si alza e segue Andy all'entrata. Adesso casa sua sembra un po' meno estranea, riesce a respirarla e a viverla meglio. L'assenza di Michael non è più opprimente, ma è piuttosto qualcosa con cui convivere. Inizia a prendere forma, e fa meno paura.

Anche se, Elena ne è certa, non smetterà mai di fare male.

 

***

 

Andy richiude la porta di casa e respira profondamente, andando poi nella sua stanza per cambiarsi.

È andata meglio di quanto credesse: parlare con Elena è diventato più facile e ricordare i primi tempi passati con Michael è servito a dargli tregua dal dolore che prova.

Del resto non è la prima volta che sbaglia a giudicare qualcuno, si dice, prendendo una maglietta dal cassetto, e poi scendendo in cucina.

Ha appena finito di sistemare la ciotola dei croccantini per Luna quando squilla il telefono.

- Maledizione, giusto ora...

Per un attimo pensa che potrebbe non rispondere, ma si rende conto che sarebbe stata la scelta migliore solo quando dall'altro capo del telefono sente la voce di sua sorella Eleanor.

- Andy, ciao. Come stai?

- Eleanor? Cosa vuoi?

Non le parla da almeno due anni, quando ha detto in famiglia di essere omosessuale e di avere una relazione con Michael.

- Volevo solo sentirti. Credi che abbia davvero dimenticato di avere un fratello?

La voce della donna è fredda, come se quella telefonata fosse un dovere imposto, più che una vera voglia di parlargli. Fa parte del suo carattere non mostrare esattamente cosa prova, e ancora una volta Andy si chiede se stia fingendo o sia sincera.

- Considerato le volte in cui ci siamo sentiti in questi anni, credo di sì. Dai, di cosa hai bisogno? Velocemente, per favore, devo andare a lavorare.

Sono pochissime le persone con cui Andy si comporta in maniera distaccata. Quando lo fa senza volerlo o per difendersi, come con Elena, di solito si ricrede e chiede scusa alla prima occasione, ma stavolta la sua freddezza è intenzionale.

- Ti chiamo da parte di mamma. L'altro giorno parlavamo di te e ha detto che le farebbe piacere rivederti. E che di sicuro lo stesso vale per nostro padre.

- Non credo proprio. Sai benissimo come la pensa.

- Andy, papà è sempre stato tremendamente orgoglioso di te. Lo sai, ti adorava, specialmente quando sei riuscito ad entrare a medicina e hai seguito la sua strada.

- Esatto! Mi ha adorato fino a quando ho fatto esattamente ciò che voleva lui! Per nostro padre sono morto nel momento in cui gli ho detto di essere gay. - ribatte meccanicamente il giovane, incastrando la cornetta del telefono fra la guancia e il collo per accendersi una sigaretta - Il resto non ha avuto più importanza, quel giorno.

- Andiamo, Andy. Sai com'è fatto. Ha le sue convinzioni. Basterebbe fargli credere che non stai più con... con quel tipo, no?

Non stai più con quel tipo.

L'atroce ironia della sorte è che queste parole sono vere, ma non nel senso in cui le intende Eleanor. Andy teme che potrebbe piangere da un momento all'altro.

- Temo che non sia poi una bugia, Eleanor.

- Che vuoi dire? Vi siete lasciati? - chiede la sorella, vagamente interessata.

- Non nel modo che credi tu. Michael ha avuto un incidente con la moto, un mese e mezzo fa.

- Dio... Mi dispiace. Non avrei immaginato.

Eleanor resta in silenzio, forse non sapendo come continuare il discorso.

- Immagino che a papà farebbe piacere sapere che mi sono liberato da questa macchia del mio onore, non trovi?

La sorella non risponde. Andy è certo che si stia mordendo il labbro inferiore, come fa sempre quando è in difficoltà.

- Andy, per favore... Ripensaci.

- Io non ho mai avuto alcun problema, Eleanor. Siete stati voi a chiudermi la porta in faccia quando vi ho detto la verità. Non vi siete chiesti nemmeno per un attimo se fossi felice.

- Eri felice, Andy?

- Più di quanto non lo fossi mai stato per tutta la vita. - ammette Andy. - Senti, adesso devo andare, farò tardi al lavoro. E se proprio ci tieni, di' a mamma che sto bene. Che va tutto bene.

- Come può andare tutto bene, Andy?

- È quello che avete sempre voluto sentirvi dire. È tutto apposto, non c'è nulla di scandaloso nella mia vita e se mi tornerà la voglia di continuare a studiare, mi laureerò presto. Esattamente come avrebbe voluto papà. Va tutto bene

Va tutto bene.

Di tutte le bugie, la più meschina.

Andy riattacca il telefono, sentendo la testa che sta per scoppiargli. La serenità provata fino a mezz'ora prima, seduto a chiacchierare con Elena, sembra essere svanita. Anzi, sembra che non sia mai esistita, che tutto sia tornato a qualche giorno fa, quando continuava a non vedere spiragli di luce nel buio della solitudine.

E tutto quello che Andy può fare è uscire di casa, chiudere la porta e andare a lavorare. Trovare un'altra distrazione per non pensare che Michael non è ad aspettarlo. Raccontarsi un'altra favola fatta di fumo, una favola che nasconda per un po' la realtà.

Ma quando il fumo si dissolve, ad aspettarlo non resta altro che la verità dalla quale lui tenta inutilmente di fuggire.

 

 

___

 

Stavolta niente sproloqui, giuro.

Solamente grazie per le vostre parole - ho risposto alle recensioni in questi giorni, quindi controllate.

Grazie a chi segue anche senza farsi vivo.

Grazie di vivere questa storia con me.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Mezzo giro di chiave ***


Nuova pagina 1

Mezzo giro di chiave.

 

Diventare dottore è sempre stato il sogno di Andy, sin da quando era piccolo e il pomeriggio faceva i compiti nella sala d'aspetto dello studio medico del padre. All'epoca non c'era nessuno che potesse andare a prenderlo a scuola e quello era il posto più vicino dove un bambino di sette anni potesse recarsi da solo senza troppi problemi.

Aveva preso l'abitudine di osservare i pazienti e a volte, superando la timidezza, riusciva persino a parlare con loro, chiedendo cosa avessero e rassicurandoli sul fatto che sarebbero guariti.

Già da allora, quando gli chiedevano cosa avrebbe voluto fare da grande, lui rispondeva convinto che sarebbe diventato un medico.

La volontà di specializzarsi in pediatria – e più specificatamente in oncologia pediatrica – era arrivata dopo, quando era già al secondo anno di università, quando il suo sogno aveva iniziato a prendere forma ed Andy si rendeva conto che ogni giorno che passava era sempre più vicino a realizzarlo.

L'ospedale presso il quale svolge il tirocinio è lentamente diventato un'abitudine, un modo per smettere di pensare a se stesso e occuparsi di qualcosa che lo fa sentire utile.

Varcata la soglia dell'edificio, Andy si sente per un attimo smarrito. Aveva quasi dimenticato la sensazione che provava a passare lì intere giornate ad interessarsi delle malattie dei pazienti o ad imparare ogni giorno qualcosa di diverso.

Adesso però è difficile non immaginare di ritrovarsi davanti Michael vestito da pagliaccio mentre fa il giro del reparto insieme a qualche collega e al professore.

La prima volta che Andy l'ha incontrato, non riusciva a credere ai suoi occhi: conosceva le associazioni di volontariato che andavano in giro per gli ospedali a cercare in qualche modo di sollevare l'umore dei pazienti, ma non avrebbe mai immaginato che Michael potesse far parte di una cosa simile.

Vederlo ridere e scherzare con i pazienti, i dottori e gli infermieri, incrociare il suo sguardo per un attimo, percepire un'intesa che non aveva bisogno di parole, era per Andy quanto di più rassicurante potesse esserci.

Manca, la sua risata che riecheggiava per i corridoi.

Mancano quegli spettacoli con i burattini che metteva su insieme a qualche amico.

Semplicemente manca lui, anche in quella parte di mondo che inizialmente Andy aveva ritagliato per sé.

Ogni cosa che vede attorno a sé è un tassello che ricostruisce la loro storia. È stato in ospedale infatti, che per la prima volta Andy ha pensato che Michael non fosse poi così male e che con un piccolo sforzo avrebbe potuto persino diventare suo amico.

Ma sono giorni lontani quelli, sbiaditi dal tempo, troppo estranei per credere di averli vissuti veramente. E ad Andy non resta altro da fare che aggrapparsi a quella realtà vuota e solitaria che lo circonda.

Sospira tristemente, indossa il camice ed esce dallo spogliatoio, diretto verso il reparto di pediatria. E ricorda ancora.


I ricordi mi permettono di riviverti ancora, Michael. Sei ancora qui, accanto a me, in qualche modo. Le tue parole e i tuoi gesti sono l'unica cosa che ancora ci tiene legati e proprio per questo non riesco a farne a meno.

 

***

 

Era successo in un piovoso giorno di novembre.

Andy aveva lasciato scadere i termini per richiedere il cambio della stanza e si era rassegnato a dividerla con Michael, cercando di evitarlo quanto più possibile.

Ogni tanto però capitava che scambiassero qualche parola, che addirittura Andy sorridesse ad una battuta di Michael.

Ma fino ad allora non era successo nulla che avesse fatto andare avanti il loro rapporto.

Quel giorno Andy era in ospedale, per il consueto turno di tirocinio.

Aveva cominciato da appena una settimana e ancora non aveva imparato nulla di vagamente interessante. Si aggirava fra i vari reparti senza una meta vera e propria, con gli studenti più grandi che lo guardavano come si guarda uno che di medicina non sa ancora nulla.

Quel pomeriggio il suo turno era quasi finito e già lui pensava alla doccia calda che avrebbe fatto una volta arrivato a casa. Al libro che aveva lasciato a metà sul comodino e che probabilmente avrebbe continuato fino all'ora di cena.

Si trovò quasi per caso nel reparto di pediatria, attirato dallo scroscio di risa infantili che provenivano da una delle stanze. La porta era aperta, così non poté fare a meno di rimanere sulla soglia per capire cosa stesse succedendo.

Sul letto c'era una bambina di non più di sei anni, dai capelli biondissimi e con gli occhi grandi e lucidi. Aveva un pigiama rosa e abbracciava un orsacchiotto di peluche. Accanto a lei era seduta una donna, probabilmente la madre ed entrambe ridevano di ciò che un ragazzo vestito da clown stava raccontando. Era una semplice favola, ma la mimava in maniera tale da renderla quasi viva agli occhi delle sue due spettatrici.

- Va tutto bene, signora? - chiese Andy, quando il clown ebbe finito di raccontare.

- Oh sì, grazie.

- Dottore? Connie, guarda c'è il dottore! - il clown aveva un timbro di voce stranamente familiare. E gli occhi. Quegli occhi.

Non poteva essere.

Connie fece finta di nascondersi sotto il lenzuolo, ma lo sguardo di Andy era focalizzato su Michael, che invece lo riconobbe solo in quel momento.

- Michael? Che ci fai qui?

Aveva un naso rosso di plastica e un cappello a punta, oltre che una felpa e dei pantaloni di almeno due taglie più grandi della sua, piena di toppe colorate.

- Michael? Io mi chiamo Jackie e sono il clown più intelligente e affascinante del mondo. - rise Michael. - Ci stavamo solo divertendo un po', vero Connie?

Connie riemerse dalle coperte e annuì con un grande sorriso.

- Lui è il mio fidanzato, lo sai? - annunciò seria.

Andy si mise a ridere, le accarezzò i capelli e poi fece per andarsene.

- Aspetta! - Michael lo raggiunse in corridoio - Senti, a che ora finisci il tirocinio?

- Tra mezz'ora. Perché? - rispose Andy, leggermente disorientato.

- Hai la macchina, no?

- Sì, certo.

- Beh, ecco... mi chiedevo se potessi darmi un passaggio. Sono venuto in autobus, ma adesso sta diluviando. Così possiamo tornare al campus insieme, ti va? E magari ti spiego anche cosa ci faccio qui, dato che mi sembri abbastanza perplesso.

Andy annuì, e rimase ad osservare Michael che rientrava nella stanza di Connie e le raccontava di aver detto al dottore che lei era una bambina bravissima e che doveva uscire presto dall'ospedale. Vedere attraverso la finestra che dava all'interno della camera la bambina tendere le mani verso Michael e abbracciarlo, gli provocò uno strano nodo alla gola.

Sembrava che Michael si fosse appropriato anche di quella parte della sua vita, ma Andy non provava fastidio, stavolta. Per la prima volta lo stava guardando sotto una luce diversa, chiedendosi se fosse davvero lo sbruffone che aveva accuratamente imparato ad evitare.

Finito il suo turno, andò ad aspettarlo all'ingresso dell'ospedale, dove Michael lo raggiunse in pochi minuti, stavolta vestito con abiti normali.

- Oh, che disdetta, continua a piovere! Senti, tu non hai fame? - fu la prima cosa che disse.

- Un po'. - ammise Andy.

- Guarda, lì c'è un fast food, mangiamo qualcosa? Offro io.

Senza nemmeno aspettare una risposta, Michael si mise il giubbotto sulla testa, come per proteggersi e corse dall'altro lato della strada, voltandosi poi a guardarlo e facendogli segno di raggiungerlo.

Presero posto accanto alla finestra e, mentre aspettavano che qualcuno venisse a prendere le loro ordinazioni, si misero a fare qualche commento sul tempo.

Andy guardava l'acqua scrosciante scivolare contro il vetro, pensando a come introdurre un argomento di discussione meno scontato.

- Non mi aspettavo di vederti qui, oggi. - cominciò.

- In effetti non lo sa quasi nessuno che mi vesto da pagliaccio e vengo in ospedale a fare volontariato. È una cosa che tendo a tenere nascosta.

- Perché? Io la trovo bellissima, invece. Chi ti conosce dovrebbe esserne orgoglioso, no?

Gli aveva appena fatto un complimento, senza nemmeno rendersene conto.

- Grazie. - Michael sorrise amichevolmente.

Arrivarono gli hamburger e le patatine fritte, così cominciarono a mangiare lentamente.

- Ho cominciato quand'ero al primo anno. Era una di quelle attività consigliate per accumulare crediti o qualcosa del genere. Poi però ho capito che era una cosa che serviva più a me, indipendentemente da tutto il resto.

- In che senso? - Andy cominciava a sentirsi a suo agio. Gli occhi di Michael non gli sembravano più così pericolosi come gli erano apparsi in un primo momento. Avevano uno sguardo dolce e brillavano di entusiasmo mentre parlava di ciò che faceva quasi ogni giorno.

- Beh, è difficile da spiegare. Cioè, potrebbe sembrare stupido, ma quando entri nei reparti e vedi i bambini malati pensi sia impossibile farli stare meglio. E invece quando ridono alle tue battute ti si scioglie il cuore. Sanno dirti grazie anche se non ti parlano e io la trovo a cosa più bella del mondo... Oh, scusami, ho iniziato i miei discorsi infiniti!

Rise e addentò il panino, zittendosi per qualche istante.

- No, no, tranquillo, era interessante, dico davvero! Ma hai fatto un corso o qualcosa del genere?

- Beh, sì ovvio, solo che poi impari veramente quando hai di fronte a te e devi fargli dimenticare per un po' dove si trova. Visto che non posso aiutarli a guarire, almeno provo a farli sorridere.

- Non hai mai pensato di diventare un medico? - chiese Andy.

- No, non ci riuscirei mai. Vedi... Okay, puoi ridere, sono tripanofobo.

Uno sguardo complice, poi abbassò gli occhi, come imbarazzato.

- Tripache?

- Tripanofobo. Ho... beh, ho la fobia degli aghi. Detta in quel modo sembra qualcosa di serio, no? E riesce a rendermi meno ridicolo... Forse.

- Beh, più o meno.

- Quando ho accompagnato Allie a fare il tatuaggio sono dovuto rimanere ad aspettarla fuori, altrimenti rischiavo di svenire! E penso che non sia l'atteggiamento più indicato per un dottore, no?

A quel punto anche Andy si mise a ridere, sentendosi per un attimo complice di Michael. Era come se davvero si fosse avvicinato a lui e la cosa più sorprendente era che ci fosse riuscito senza che sentisse la necessità di respingerlo ancora.

- Ma come mai hai così paura? Chissà quante migliaia di volte ti hanno detto che gli aghi non fanno nulla.

- Sì, è vero. Solo che... credo di aver fatto il pieno di iniezioni a sette anni, per una bronchite tremenda. Ed ero quasi sempre da solo a casa, perché mia madre era in ospedale, era appena nata mia sorella e mio padre era ad occuparsi di lei. Insomma, è stato uno dei periodi più brutti della mia vita, e in un certo senso associo gli aghi a quei ricordi e... Dai, ma smettila di ridere.

- Avevi detto tu che potevo farlo, no? Okay, la smetto, non voglio prenderti in giro.

Quando finirono di mangiare, fuori stava ancora piovendo. Ed entrambi erano senza ombrello. Per di più Michael aveva la borsa enorme con gli abiti da pagliaccio.

- Ho lasciato la macchina nel parcheggio dell'ospedale. Aspettami qui, faccio una corsa e vado a recuperarla. - gli disse Andy.

Nonostante l'acqua che gli entrava praticamente nelle ossa, Andy non aveva freddo. In qualche modo Michael era riuscito a dargli calore, a farlo sentire bene, distruggendo la pessima - e infondata, doveva ammetterlo - opinione che si era fatto di lui in quei mesi di convivenza forzata.

Forse Michael l'aveva trovato, un modo per non permettergli di chiudergli in se stesso. Non forzava le cose, modellava le sue domande su ciò che Andy sembrava disposto a raccontargli, e sapeva capire quando era meglio non chiedere nulla.

Mezzo giro di chiave.

E, prima che Andy stesso se ne accorgesse, Michael era entrato nella sua vita.


***

 

Cullato da tutti i ricordi che lo circondano, Andy non si accorge nemmeno del tempo che passa e, quando guarda l'orologio è sorpreso dal vedere che il suo turno è già finito da mezz'ora. I suoi colleghi effettivamente non si vedono più in giro, ma lui si è attardato con il dottor Connor che stava visitando un bambino appena operato di appendicite.

Sta andando a recuperare la sua macchina, quando una voce allegra lo chiama da lontano. Solleva lo sguardo e vede Allie camminare a passo svelto verso di lui.

- Andy, ciao! Come stai?

- Meglio, grazie. - risponde lui. E stavolta non sta mentendo, constata subito dopo. Tornare a contatto con quello che è il suo mondo lo fa sentire più sereno, come se gli stesse tornando la voglia di fare qualcosa.

- Sono contenta che tu sia qui! Davvero, sai? - Allie gli schiocca un bacio sulla guancia. Il suo sguardo è abbastanza eloquente, e di certo non si riferisce al fatto di averlo incontrato quanto al fatto che abbia ripreso il tirocinio.

- Grazie, Allie. Ma tu che ci fai qui? Tutto bene, vero?

- Sì, certo. Ho l'appuntamento per l'ecografia. E come ti dicevo... Sono felice che tu sia qui, così potrai accompagnarmi. - l'amica gli fa l'occhiolino e lo prende a braccetto - Bea aveva non so che noiosissimo lavoro da finire per un cliente con tanti quattrini e mi ha telefonato all'ultimo momento per dirmi che non poteva venire. Sai com'è fatta, no?

Andy annuisce: Bea lavora come arredatrice di interni ed è estremamente perfezionista e precisa, tanto da dimenticarsi di tutto quello che c'è attorno a lei quando le affidano un incarico.

- Oh, ma ti ho detto che ha già iniziato a pensare alla stanza di Michelle? - racconta Allie, mentre prendono l'ascensore per salire al terzo piano dell'ospedale - Due giorni fa è tornata a casa con un mazzo così di bozzetti!

- Davvero? E che intenzioni ha?

- Beh, scartata l'ipotesi di un lettino con le tendine di pizzo, abbiamo optato per dei mobili color pesca. Dovresti darci un'opinione, che ne dici?

- Allie, lo sai che io non ne capisco nulla di queste cose! - protesta Andy.

- Meno male che tu e Michael avete trovato casa già arredata, altrimenti chissà che pasticcio ne veniva fuori. Credo di non aver mai conosciuto due gay con un così pessimo senso artistico!

A quel nome, tutto sembra fermarsi per un attimo, come in un fermo immagine. Ad Andy sembra persino di sentire il rumore delle lancette dell'orologio appeso alla parete scandire un tempo che non scorre più.

Il viso di Allie si fa scuro e la ragazza si torce le mani.

- Oddio, scusa, non volevo...

- No, tranquilla. Sai, credo che sia meglio smetterla di non parlare di Michael. Forse è peggio far finta che non sia mai esistito.

Sorride e le accarezza la guancia con un dito, mentre lei lo sguarda smarrita.

- Dico sul serio, Allie. Uno come Michael non puoi decidere all'improvviso che non è mai esistito. I ricordi servono a sentirne meno la mancanza, no?

- Hai ragione. Michael... credo sarebbe felice di vedere che oggi stai meglio... Dev'essere stato tornare a fare il secchione in ospedale a migliorare le cose! - scherza Allie, accarezzandosi la pancia e sedendosi in sala d'aspetto. Andy prende posto accanto a lei e resta per qualche minuto in silenzio, chiedendosi per quale motivo in effetti si senta bene.

È forse il dolore che comincia a fare meno male? Eppure lui ha sempre quel groppo in gola che lo tormenta, tutte le lacrime che non ha ancora pianto. E Michael è lì, in ogni suo pensiero.

- Credo sia dovuto al fatto che ho cominciato a raccontare di me e Michael ad Elena. È stato... rilassante, in un certo senso, ricordare tutte quelle cose belle.

- Vi siete visti di nuovo?

- Sì, è venuta ieri pomeriggio. Voleva chiedermi scusa per quello che è successo. Ed è finita che abbiamo iniziato a parlare sul serio. Di Michael e di come l'ho conosciuto. Avevi ragione, in fondo non è cattiva. Sembra spaventata, ecco.

E sola come me.

Gli ha dato esattamente questa impressione mentre parlavano. Lo guardava con gli occhi sgranati e le dita intrecciate, come se lui le stesse narrando una grande verità, invece che una storia qualunque. No, non una storia qualunque. La mia storia. La nostra storia. E in qualche modo gli aveva trasmesso empatia e comprensione, non l'aveva guardato storto nemmeno una volta.

Era lì, a vivere quella storia, a farla sua, a raccogliere frammenti di Michael che non aveva mai conosciuto.

- Michael lo diceva sempre, che la adorava. - osserva Allie.

- Già. Passavano intere serate a chattare o a videochiamarsi. - replica Andy – Spero che fidarmi sia la cosa giusta, stavolta. Sai, mi ha telefonato Eleanor, ieri.

- Tua sorella? - Allie trattiene per un attimo il fiato.

- Sì.

Andy china lo sguardo, pronunciando quella sillaba con un tono che vuole essere distaccato, mentre il suo cuore invece ha cominciato a battere a mille per la tensione.

- Cosa voleva?

- Non l'ho nemmeno capito. Sapere come stavo, forse. Mi ha chiesto di Michael. Credeva che... che non stessimo più insieme.

Allie resta a bocca aperta, mentre Andy inizia a ridere nervosamente.

- Ma sai cos'è assurdo? Che è vero, Allie. Io e Michael non stiamo più insieme. Sono qui, da solo, a raccontare una storia alla sorella dell'uomo di cui sono stato innamorato. Una storia che non mi ricordo nemmeno di aver vissuto, tanto è lontana... E Dio, Allie... Io non...

Sospira, tenendosi il capo fra le mani. Tutti lo stanno guardando, ma lui non se ne rende nemmeno conto. Allie gli passa un braccio attorno alle spalle e gli sussurra di stare tranquillo.

Lui non la ascolta.

Continua a pensare alla telefonata del giorno precedente.

Alle parole di Eleanor, che gli ha chiesto di tornare a casa e chiedere scusa, come se la colpa di tutto sia stata veramente sua. Poi pensa ad Elena e a quanto siano diverse, nonostante il nome che, ironia della sorte, è somigliante.

Diverse volte, mentre parlava con la ragazza, ha sovrapposto il suo volto a quello di Eleanor, specialmente dopo la telefonata della sorella. E dopo quella telefonata si è reso conto che ad Eleanor non è mai interessato sapere come ha conosciuto Michael e per quale motivo si sia innamorato di lui al punto di mandare all'aria ogni rapporto con la famiglia.

- Andy – la voce di Allie è incerta – Se vuoi andare, vai pure. Non fa nulla.

- No, che c'entra? Scusami, mi sono lasciato prendere dalla rabbia. Non volevo.

In quel momento l'infermiera chiama il nome di Allie che, seguita da Andy, entra nello studio medico e si sdraia sul lettino.

Andy le accarezza i capelli e le sorride, certo che anche Michael farebbe lo stesso. Gioca con una delle ciocche corte e nere, poi le posa un bacio sulla fronte.

- Lei è il padre? - chiede la dottoressa, mentre prepara il macchinario.

- No, lui... è il mio migliore amico. - risponde Allie, prevenendo Andy, che si è irrigidito – La mia compagna è al lavoro, quindi mi ha accompagnata lui.

La dottoressa sobbalza un attimo – probabilmente non è abituata a vedere molte coppie lesbiche in attesa di un figlio – ma non dice una parola di commento, rassicurando Allie sul fatto che la bambina stia benissimo e che la gravidanza stia procedendo al meglio.

- Lei e... la sua compagna vi siete iscritte a qualche corso pre-parto? - domanda poi, mentre Allie si sistema la maglietta.

- No, veramente no. Non ci avevamo proprio pensato. - ridacchia Allie.

- Dovreste, per ogni evenienza... L'ospedale ne organizza diversi, per venire incontro alle esigenze di orario di ognuno.

- Ci penseremo! - risponde Allie, prendendo il volantino che la donna le porge e mettendolo nella sua borsa.

- Sono felice che stia andando tutto bene. - commenta Andy, mentre si dirigono verso le loro macchine. - Non vedo l'ora che nasca.

- Già. Anche io. - Allie si stringe nelle spalle – Grazie per essere rimasto.

Andy annuisce.

Non sa dire con esattezza se aver fatto compagnia ad Allie l'abbia fatto stare peggio. Il suo umore è oscillante, se durante il tirocinio stava iniziando a sentirsi vagamente meglio, è bastato pensare ad Eleanor per stare male.

- A proposito, te l'ho detto che dovrai assistermi in sala parto? - Allie è entrata in macchina, ha indossato la cintura di sicurezza e adesso lo guarda con un sorriso divertito.

- Io? Scusa, e Bea?

Allie scoppia a ridere.

- Si farebbe venire un attacco d'ansia, meglio che stia fuori. E insomma, questa cosa l'avevamo decisa appena saputo che ero incinta, te lo ricordi? Michael e Bea sono sempre stati fuori discussione, troppo impressionabili. Tu invece sei il papà adottivo, e inoltre sarai anche il suo medico preferito.

Andy annuisce, anche se in realtà non ricorda.

Ricorda il giorno in cui Allie e Bea si sono presentate a cena e hanno detto di volere un figlio, chiedendo a Michael se era disposto a donare il seme per la fecondazione artificiale.

Ricorda anche quando Allie, felicissima, aveva annunciato che il bambino che aspettava era una femminuccia e Michael aveva commentato ridendo che fino ai diciotto anni non avrebbe permesso a nessun ragazzo di avvicinarsi a lei.

Ripensa a Michael, che quella bambina non la vedrà mai crescere. Non la rimprovererà perché torna troppo tardi a casa la sera. Non sarà il padre severo e rompiscatole che aveva promesso di essere. Semplicemente, non ci sarà.

E per quanto i ricordi di Andy, Allie e Bea possano restituirle una vaga immagine di Michael, non sarà mai la stessa cosa.

 

___
 

Con un giorno di ritardo, Buon Natale a tutti ^^

Avrei voluto pubblicare ieri sera, sul tardi, ma non sono riuscita a finire il capitolo in tempo. Però insomma, eccolo qui.

Mi dispiace avervi fatto aspettare, ma Andy ha iniziato a fare i capricci a metà capitolo e ho perso l'ispirazione per un po'.

Vi aspettavate Michael pagliaccio negli ospedali? Spero che la mia idea vi piaccia, e - se mi permettete un consiglio - se ne avete la possibilità, seguite il suo esempio. Dove abito io non ci sono corsi di questo tipo e la cosa mi rammarica molto. Credo che far sorridere un bimbo ammalato sia una delle cose più belle che esistano.

Ah, e non provate nemmeno per scherzo a ridere della fobia degli aghi u.ù dato che io e Michael la condividiamo :D

Credo che questo sia ufficialmente l'ultimo capitolo del 2010, quindi vi auguro Buon Anno in anticipo :)

In questi giorni tuttavia dovrebbe arrivare una piccola oneshot Au, con protagonisti Andy e Michael da bimbi :) L'ho già cominciata, spero di finirla prima della prossima settimana u.ù

 

Dato che è Natale (anche se è appena passato) e tutti siamo più buoni, perché non vi fate tutti vivi lasciando un commento? Non potete immaginare quanto mi fareste felice ^^

 

Grazie a chi legge/segue/recensisce ^^

Aika.

 

 


 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Impronte di zucchero ***


Nuova pagina 1

Impronte di zucchero.

 


 

Mi sarebbe piaciuto conoscerti per ciò che eri veramente. Ti avrei accettato senza esitazioni, perché sopra ogni altra cosa eri mio fratello e il sesso della persona che amavi non avrebbe influito sul nostro rapporto.

Quello che mi fa male adesso è aver scoperto dalle labbra di un estraneo ciò che mi avevi nascosto perché non ti fidavi di me o temevi il mio giudizio.

Ma, nonostante tutto, mi manchi.

 

Ci sono tante cose che Elena vorrebbe chiedere ad Andy.

Cose stupide, alcune anche senza senso, come la marca dei biscotti preferiti di Michael o la sua espressione quando aveva sonno o era annoiato. Imprimersi nella mente i ricordi di Andy fino a renderli suoi, come ad averli vissuti davvero.

Sono le quattro del mattino e lei non riesce a dormire. Ha passato la notte a rileggere spezzoni di chat fra lei e Michael. Alcune risalgono addirittura a quattro anni prima, sono parole che aveva dimenticato di aver scritto. Parole straniere, che all'epoca non avevano alcun significato, perché volavano senza che nessuno si curasse di conservarle.

Ehi, come va?

Tutto bene. Fa freddo, però.

Usa i guanti e la sciarpa, no?

Dai, cosa penserebbe il mio compagno di stanza se mi vedesse?

Compagno di stanza.

Andy allora era solo il suo compagno di stanza. O forse era già qualcosa in più, solo che Michael lo teneva nascosto. Elena ha una fitta allo stomaco. E ci ripensa ancora. E ancora. E la fitta diventa un coltello che scava e scava. E lascia il vuoto.

Studi?

No, guardo un film.

Quando torni a casa?

La prossima settimana. Sei contenta?

Sì, così toccherà a te lavare i piatti.

Opportunista!

Dai, stavo scherzando. In realtà mi manchi.

Elena sorride nel rileggere quelle parole.

Michael a casa non faceva mai nulla e la madre lo giustificava, dicendo che aveva tutto il diritto di riposarsi, visto che quando viveva per conto suo aveva di certo abbastanza da fare. Così il fratello passava le giornate sul divano, a stuzzicarla e a prenderla in giro perché a lui non toccavano i lavori domestici. Elena si arrabbiava e gli tirava un cuscino o cercava di fargli il solletico prendendolo alla sprovvista.

Di quei ricordi non è rimasto nulla, solo immagini che lentamente sbiadiscono nella sua mente. Perdono colore e sembrano accartocciarsi su se stesse come fotografie, fino a diventare cenere.

È assurdo come i ricordi appartengano per la maggior parte ai periodi in cui erano lontani. Sono tutti lì, nella memoria del computer, meno personali e vive di una telefonata o di una cioccolata presa al bar, ma almeno hanno lasciato un segno tangibile, quelle parole hanno una forma, sono esistite davvero.

Michael è ovunque.

Adesso ride sullo sfondo del desktop, abbracciando Elena e tenendola stretta. Foto risalente a qualche mese prima, in inverno. Foto che sa della cioccolata calda che erano andati a prendere quel pomeriggio.

Elena si chiede se davvero continuerà a vivere solo di ricordi. Se sarà sempre così, se ad ogni cosa che le ricorderà Michael, automaticamente chiuderà gli occhi e si ricorderà di qualche attimo vissuto in sua compagnia.

Se davvero basterà, tutto questo.

Se l'assenza sarà sempre una ferita aperta o prima o poi diventerà solo una cicatrice che non farà più male, ma che la aiuterà a ricordare.

Se il sapore di cioccolata svanirà dalla sua bocca o se ogni volta che ne berrà una in qualche modo la assocerà a Michael.

Non è ancora in grado di trattenere le lacrime, mentre Michael si riaffaccia nella sua mente. Cerca di asciugarsi gli occhi, ma si ritrova a piangere davanti al computer, immobile, col respiro mozzato e gli occhi appannati.

Piange adesso che è sola, in quella stanza lontana kilometri da casa. Un posto che non è il suo, dove nessuno la conosce e sa davvero quello che prova.

Dove sei tu adesso senti la mia mancanza così come io sento la tua?

 

***

 

Ogni volta che Michael tornava a Jacksonville, il primo posto dove voleva andare era la cioccolateria in centro, dove servivano le migliori cioccolate calde che avesse mai bevuto.

Elena era sempre felice di accompagnarlo, specialmente nei giorni più freddi, quando fuori nevicava e quello era il rifugio ideale dove riscaldarsi un po'.

Michael l'aveva portata con sé sin da quando era piccola, pagandole la merenda ogni volta che prendeva un buon voto a scuola o si comportava bene. Questa abitudine era proseguita negli anni e, nonostante adesso avvenisse più raramente, per Elena era un appuntamento irrinunciabile.

L'ultima volta - quando ancora Elena non immaginava neanche lontanamente che sarebbe davvero stata l'ultima - era successo a febbraio.

Quel pomeriggio Michael era entrato in camera sua e si era seduto sul suo letto, sorridendole. Le aveva mostrato le chiavi della macchina e aveva detto semplicemente:

- Cioccolata?

- No, Mickey, dai, devo stud...

- Dai, non ci mettiamo tanto. Massimo fra un'ora sarai sana e salva a casa. Con i tuoi libri. Promesso.

Elena aveva annuito e in pochi minuti era già in macchina con il fratello.

- Offri tu, vero? Ho dimenticato i soldi a casa. - disse, sorridendo angelicamente, mentre entravano in cioccolateria e prendevano posto accanto alla finestra.

- Sei sempre la solita, scommetto che lo fai apposta! - la rimbeccò Michael.

- Beh, non è colpa mia se mi hai fatto fretta e ho dimenticato di mettere il portafoglio nella borsa! - rispose la ragazza - E insomma, ogni tanto potresti anche offrire tu, no?

Michael alzò le mani in segno di resa.

- Certo che sai essere convincente, quando vuoi, eh...

- Beh, ma ti ho anche portato un regalo, me la merito una cioccolata in cambio, no?

Davanti agli occhi incuriositi del fratello, Elena aprì la sua borsa e ne estrasse un pacchetto spiegazzato.

- L'ho confezionato io! - annunciò orgogliosa, porgendoglielo.

- E si vede... - ridacchiò Michael – Scusa, ma il tempo di prendere questo l'hai avuto e per il portafoglio no?

- Uffa, quanto sei puntiglioso. Questo era più importante. Avanti, aprilo!

Michael fece come la sorella gli aveva detto e ai suoi occhi apparvero sciarpa, cappello e guanti di lana coordinati.

- Li ho presi prima che tornassi. Sai, dici sempre che a Greenville hai freddo. Così la smetti di lamentarti, no?

Elena scoppiò a ridere e chiese a Michael di indossare il berretto, per fargli una fotografia. Il fratello obbedì e poi le chiese come stesse.

- Sei ridicolo!

- Grazie, eh.

- Ma è vero. I colori li ho scelti apposta, sono quelli che ti stanno peggio.

Elena gli fece la linguaccia, mentre Michael assumeva un'espressione fintamente offesa.

- Bah. Poi dicono che le donne sono le uniche ad avere buon gusto. - osservò, rigirando il berretto fra le mani.

- Scommetto che quando li userai al campus non li troverai così orribili, scommettiamo?

Il resto del pomeriggio erano state solo risate, chiacchiere, baffi di cioccolata calda sul viso, zucchero nella tazza fumante, perché secondo Michael non ne mettevano mai abbastanza. Erano anche andati al cinema e avevano scelto di vedere il film più stupido in programma, giusto per poterlo criticare dall'inizio alla fine.

Ad Elena, ogni volta che usciva con Michael, sembrava di tornare bambina. Tutto si faceva più dolce, più divertente. Il mondo assumeva contorni sfumati e bastava anche la più insignificante battuta per scoppiare a ridere.

A quei tempi, Elena non si sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe avuto il disperato bisogno di aggrapparsi a quei ricordi. Ad una tazza di cioccolata calda, o ad una passeggiata per una strada qualunque della città. Alle file interminabili al supermercato e al carrello pieno di spesa da caricare nel bagagliaio dell'auto.

Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe ritrovata a scavare nella memoria alla ricerca di frammenti di tempo trascorsi con Michael, o addirittura a crearne di nuovi, partendo da immagini sfocate. E poi specchiarsi negli occhi di Andy, per avere una nuova memoria a cui credere.

Nuove parole, nuovi racconti.

Una vita che non le appartiene, ma della quale ha bisogno.

 

***

 

- No, non ci riesco.

La sua voce risuona per la stanza. Rabbiosa. Eco di un dolore che non riesce a sopirsi.

È una voce che ha bisogno di qualcuno che risponda che va tutto bene, che ce la farà. Che il tempo andrà avanti e lui riuscirà a superare ogni cosa.

Andy scaglia la matita lontano da sé, in preda ad un attacco di nervosismo. Ha riletto lo stesso rigo venti volte e non è riuscito a coglierne il senso.

La sensazione che non ce la farà mai è sempre lì, un tarlo nella testa che non vuole saperne di smettere di tormentarlo. Michael aveva più o meno avuto gli stessi dubbi proprio ad un passo dalla laurea. L'ultima materia sembrava un macigno insormontabile, tanto che più di una volta Michael aveva giurato di aver voglia di mandare tutto al diavolo.

Andy gli era rimasto accanto, in quei giorni, e adesso si chiede rabbiosamente per quale motivo il destino abbia deciso che Michael non possa essergli accanto.

Chiude i libri con uno scatto, certo che per adesso sarebbe inutile continuare.

È in cucina a bere un bicchiere di aranciata, quando qualcuno suona il campanello.

Trovarsi davanti Elena è una cosa che non si aspettava.

Un battito saltato, un respiro che manca. Tutta la tensione che torna ad annodargli lo stomaco.

- Elena, ciao. Che ci fai da queste parti?

- Ecco... Stavo facendo un giro e ho pensato di venire a trovarti. Prima, ti ho mandato un messaggio, ma non mi hai risposto.

Elena sorride timidamente, quasi in imbarazzo.

- Devo aver lasciato il telefono nella mia stanza e non l'ho sentito suonare, mi dispiace. - replica Andy.

La mano cerca appiglio nel portone di casa, mentre ancora una volta davanti ai suoi occhi Elena sembra diventare Michael, con quella luce negli occhi, quella determinazione a superare il muro di diffidenza che lui è solito erigere con gli estranei.

- Avevi bisogno di qualcosa?

- No, no... Sono stata a fare un giro in città e ho scoperto un posto dove fanno torte buonissime. Sai quella pasticceria di fronte al supermercato in fondo alla strada?

Andy annuisce. Lui e Michael passavano interi pomeriggi seduti ai tavoli di quel locale, specialmente dopo qualche giornata troppo pesante o quando avevano bisogno di rilassarsi.

- Ti ho anche portato qualcosa. - Elena gli mostra la busta che ha con sé - Spero ti piacciano i dolci.

Sembra davvero a suo agio, adesso.

Perduto lo smarrimento iniziale sembra disposta a fare di tutto pur di rompere il ghiaccio. Più determinata, forse, o solamente meno intimidita dalla sua diffidenza.

- Oh sì, sì, grazie. - risponde – Dai, entra pure.

Luna corre subito a fare le feste ad Elena, che la accarezza fermandosi a giocare un po' con lei.

- È davvero bellissima. - sorride poi, in direzione di Andy – Quanti anni ha?

- Un anno e mezzo da quando l'abbiamo trovata. Il veterinario ci disse che aveva già sei mesi.

- Era stata abbandonata?

- Già. L'abbiamo trovata una notte tornando dalla discoteca. Era legata ad una staccionata, infreddolita e con una zampetta rotta. Sembrava un batuffolo.

Andy accarezza Luna e ne riceve in cambio uno scodinzolare soddisfatto. Luna adora essere al centro dell'attenzione, forse per questo era così affezionata a Michael, che passava intere serate a coccolarla, specialmente mentre guardava la televisione mentre Andy era al lavoro o studiava.

- All'inizio Michael era diffidente, credo che in fondo avesse un po' paura di lei, però poi si è abituato. - ride Andy. - Uh, crostata alle fragole. Grazie mille, è la mia preferita. - aggiunge poi, aprendo la confezione che la ragazza gli ha portato.

- Spero ti piaccia. Dall'aspetto sembra deliziosa.

Andy si chiede per quale motivo Elena sia ancora lì. Non prova più fastidio, ma preferisce cullarsi nel suo bozzolo di solitudine. Lo sguardo di Elena si sofferma su alcuni fogli gettati alla rinfusa sul tavolo.

- Stavi studiando?

- Ci stavo provando... Non riesco a concentrarmi, c'è troppo caldo.

- Già... Fra l'altro non ho nemmeno idea di cosa studi. Con tutta l'ansia di sapere... di sapere di voi, non ti ho nemmeno chiesto nulla di te.

- Non preoccuparti, Elena. Studio medicina, comunque.

O forse studiavo.

- Davvero? A che anno sei? Hai deciso in cosa specializzarti? E...

Elena si blocca all'improvviso, rendendosi conto di aver fatto troppe domande.

- Beh, in realtà... Penso di avere bisogno di una pausa, dopo tutto quello che è successo. Ho sempre saputo che i medici non sono onnipotenti, però stavolta è stato diverso.

Stavolta è stato Michael a morire.

E sì, è stato totalmente diverso, più di quanto si potesse immaginare. Tante volte Andy ha visto qualcuno che piangeva perché aveva appena saputo che un familiare era morto durante un'operazione, ma solo ora che l'ha provato sulla pelle sa cosa significa.

Ha capito solo adesso la rabbia di definire incompetenti i medici che operano, di maledire ogni secondo in più che il paziente passa in sala operatoria. Dovrebbero insegnare anche questo all'università, cosa significa essere parenti e amici dei pazienti.

- Sai, quella notte, mentre ero lì ad aspettare che ci dessero notizie, ho pensato alla cosa più stupida del mondo: Michael aveva paura degli aghi. Io lo prendevo sempre in giro per questo, e... lui era lì, lo stavano operando e probabilmente nessuno gli teneva la mano e gli diceva che sarebbe andato tutto bene. E gli aghi gli facevano paura, capisci Andy? Lui ne aveva paura e io non ero con lui a rassicurarlo, non... non ho potuto fare nulla... Tu dici che lo sapevano?

Elena ha cominciato a tremare, mentre pronunciava le ultime parole. Sembra che voglia piangere, o che non abbia più fiato per parlare. Andy si chiede quanto le sia costato, in termini di coraggio, confessare quella cosa.

- Cosa?

- Degli aghi. Lo sapevano? Gliene sarebbe importato qualcosa?

- No, Elena. Ai dottori importa solo salvare la vita delle persone che hanno davanti. Lo so, è un po' crudo da dire, ma è così.

- Già, è vero, mi chiedo come posso aver pensato ad una cosa così stupida.

- Non lo è. Sai, in realtà... credo di aver odiato me stesso per non essere stato accanto a lui, mentre moriva. Io non ne sapevo nulla, ma è un pensiero che non riesco a scrollarmi di dosso. Mi chiedo se avrei potuto cambiare le cose, in qualche modo. O magari avrei dovuto solo impedirgli di prendere quella dannata moto.

- Michael non ti avrebbe dato retta. - sorride Elena – E non vorrebbe sapere che stai così male, ne sono sicura. Lui odiava vedere la gente triste.

- Sì, ma è una cosa che riguarda me. Come se mi sentissi in colpa. Non è nemmeno così facile da spiegare.

Sentirsi in colpa per essere ancora vivo, questo è quello che prova, un macigno troppo pesante per liberarsene come se niente fosse.

- Michael cosa pensava di quello che studiavi? - chiede Elena, tentando palesemente di cambiare argomento, forse anche per evitare di rattristarlo ulteriormente.

- Uh, dunque... Nell'ordine: che ero un folle, un dannato secchione e che dovevo anche avere una buona dose di pazienza per studiare tutta quella roba. - Andy scoppia inaspettatamente a ridere, ricordando quello che Michael gli diceva ogni giorno.

Si preoccupava decisamente troppo per lui, specialmente dal momento in cui aveva iniziato a lavorare e capitava che, rientrato a casa a notte fonda, si mettesse a studiare.

Ed è normale scivolare ancora in quel mondo fatto di ricordi, un passato ideale perché intatto, ma che ha come unico difetto quello di non essere più vissuto.

 

***

 

- Mi chiedevo quando ti deciderai ad avere orari più normali. Sai, tipo fare tre pasti al giorno, e no, non valgono i panini che mangi davanti al computer, e dormire più di un'ora per notte...

La voce impastata di sonno di Michael fece sobbalzare Andy. Non pensava di trovarlo sveglio, dato che era andato a letto verso mezzanotte. Sbuffò, passandosi una mano fra i capelli. La sveglia digitale sul comodino segnava le tre e mezza del mattino.

- Ho fatto tardi anche stanotte. - constatò con una smorfia.

- Me ne sono accorto. - sorrise Michael.

- Ti ho svegliato?

- No, tranquillo. Mi sono alzato dieci minuti fa per andare in bagno. In realtà avevo anche pensato di strapparti da quei dannati libri e costringerti a venire a dormire.

Andy si chinò su di lui e gli sfiorò il viso con le labbra.

- E perché non l'hai fatto?

- Perché mi avresti mandato al diavolo e non avevo voglia di convincerti con le mie solite maniere. Ma poi non hai idea di quanto sei sexy mentre studi. Hai un'aria da intellettuale da non sottovalutare.

- La smetti di prendermi in giro?

Andy ripiegò i vestiti su una sedia, indossò i pantaloni del pigiama e si distese sul letto, sistemandosi su un fianco.

- Non ti prendo in giro. - riprese Michael. Però, davvero. Non pensi di stare esagerando e di stancarti troppo? Ultimamente non ci vediamo quasi più.

- Che c'è, ti manco? - sussurrò maliziosamente Andy.

Si portò cavalcioni su Michael e lo baciò sulle labbra.

- Un pochino. - ammise l'altro, ridacchiando – Non usciamo da una vita e soprattutto non facciamo sesso da troppo tempo. Sai quanta gente divorzia per questo?

- Okay, allora sarà il caso di rimediare, che ne dici?

Tolse la maglietta a Michael e lo baciò sul collo, insinuando una mano sotto l'elastico dei suoi boxer. I loro indumenti finirono sul pavimento in pochi attimi, mentre loro continuavano a baciarsi e a toccarsi. Si insinuò con cautela nel corpo di Michael, seguendo il rimo del suo respiro e fermandosi quando pensava che il compagno sentisse dolore.

- Mi mancava. - fu il primo commento di Michael quando riuscì a parlare dopo l'orgasmo. Strinse la mano di Andy, disegnando poi delle figure immaginarie sul palmo della mano. Andy chiuse gli occhi e si prese qualche attimo prima di replicare.

- Pure a me.

- Ammetterai che fare sesso è molto più piacevole che starsene chini sui libri? - ridacchiò Michael, avvicinandosi a lui e scostandogli i capelli dal viso.

Andy sorrise, con un cenno di assenso, attirando Michael a sé per baciarlo.

Si sentiva decisamente meglio. E no, non era solo il sesso – o perlomeno non solo quello. Era la sensazione che provava ogni volta che baciava Michael. Vita che gli entrava nel corpo e lo completava senza chiedere nulla in cambio e che adesso non può più tornare indietro.


***

 

Tornare alla realtà non è mai facile.

Ogni volta Andy si ritrova a perdere il respiro per qualche attimo, come se qualcuno lo spingesse nel vuoto e lui si ritrovasse senza appigli a cui aggrapparsi.

- Sai, penso che inviterò Allie e Bea da me, stasera. - dice ad Elena, alzandosi dal divano per andare a prendere il telefono. - Magari guardiamo un film.

- Forse è il caso che vada, allora. - Elena si guarda intorno, come imbarazzata.

- No, aspetta. Mi chiedevo se avessi voglia di conoscerle.

Per la prima volta, Andy si rende conto che la sta guardando dritto negli occhi, senza aver paura che il suo sguardo – lo sguardo di Michael – lo ferisca. Non c'è bisogno di ergere difese, per invitare qualcuno a cena.

- Sì, mi farebbe piacere. - risponde Elena.

E il pensiero che Michael sarebbe felice di vederli fare amicizia – a piccoli passi, perché Andy ha sempre trovato difficile far entrare la gente nel suo mondo – riesce ad alleggerire la sua mente dai cattivi pensieri.

Mentre guarda Elena che lo aiuta ad apparecchiare la tavola, Andy pensa che in fondo, è come se una piccola parte di Michael fosse lì con lui, sopravvissuta al dolore per la perdita.

E per quanto sappia che è solo un'altra – non l'ultima – delle sue infinite illusioni, Andy vi si abbandona, lasciandosi cullare, scacciando per qualche minuto il pensiero che presto tutto tornerà come prima.

 

 

 

_____

 

Sono seriamente imperdonabile, me ne rendo conto.

Sono sparita per più di un mese.

In realtà qualche scusa ce l'ho, tipo il fatto che ho fatto mezzo esame all'inizio di gennaio, esame per il quale ho letto sette romanzi in sette giorni, poi ho iniziato anche a studiare per gli esami veri e propri.

E in realtà ho avuto anche un piccolo blocco che mi ha impedito di scrivere.

Ma ecco, spero che non accada più, anche perché mi sono sentita abbastanza in colpa nei confronti di Michael&Andy.

Alla fine ieri ho avuto anche l'illuminazione per una lemon fra Michael e Andy, così oggi sono riuscita a finire il capitolo.

Per chi non l'avesse letta, segnalo "Volevo solo afferrare una stella" una piccola oneshot con protagonisti le versioni baby di Andy e Michael ^^ Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando :)

Spero che questo capitolo, dopo tutta l'attesa a cui vi ho costretti non sia deludente, e spero anche che vogliate lasciarmi un congruo numero di recensioni. Allo scorso capitolo ne ho avute ben 14, un record! Che ne dite di eguagliarlo anche stavolta?

Insomma, gente che seguite in silenzio, fatevi viva, non sapete quanto mi rendereste felice ^^

Vi ricordo che potete seguire i miei deliri anche su Facebook.

Grazie mille per l'attenzione,

Aika.


 

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Capitolo 10
*** Stelle sbiadite ***


Nuova pagina 1

Stelle sbiadite.


 

La ventata di aria fresca che Allie e Bea portano con il loro arrivo è percepibile non appena varcano la porta di casa.

Andy le guarda per qualche attimo sorridersi e scambiarsi un bacio sulle labbra, finendo per essere coinvolto anche lui da quell'atmosfera leggera.

- Andy! Come sta il mio quasi-dottore preferito? - Allie lo stringe forte e gli schiocca un bacio sulla guancia, entusiasta come se non lo vedesse da mesi.

Per un attimo gli viene il dubbio che le due amiche abbiano già programmato in anticipo come comportarsi, come farlo stare meglio. Ma basta vederle scherzare anche fra loro per scacciare il dubbio. Si passa una mano fra i capelli e risponde lentamente:

- Sto un po' meglio, grazie.

Appena Andy, Allie e Bea raggiungono la cucina, dove Elena sta aspettando guardandosi nervosamente intorno, il tempo sembra fermarsi per un attimo, i respiri congelati da un semplice sguardo.

- Già, Allie, mi ero dimenticato di dirtelo, stasera c'è Elena a cena con noi... - Andy cerca di rompere il silenzio dopo qualche attimo, ma la sua voce è una nota stonata in quell'atmosfera immobile.

- Ciao. - le saluta timidamente la ragazza.

- È la sorella di Michael. - aggiunge Andy, come se ci fosse bisogno di quell'ovvia precisazione.

E a quel nome l'incanto sembra spezzarsi, il tempo ricomincia a scorrere. Allie le si avvicina e le tende la mano.

- Ciao, io sono Allie. Sai, in realtà dovresti ricordarti di me, io e tuo fratello passavamo tutti i pomeriggi insieme quando eravamo all'ultimo anno di scuola.

Elena arriccia il naso e alza le spalle.

- Non mi ricordo. Mi dispiace. - risponde semplicemente. - Avevo dieci anni.

La tensione creatasi qualche attimo prima inizia a sciogliersi lentamente, mentre Bea insiste perché Allie si sieda e poi aiuta Andy a preparare l'insalata.

Nessuno nomina Michael, come se il suo nome fosse tabù, ma si parla di tutt'altro, come se Elena non fosse con loro per un preciso motivo, come se i racconti sulle fotografie di Allie siano davvero l'unica ragione per la quale si trovino lì a parlare.

Andy non saprebbe dire se sia stata una buona idea quella di far conoscere Elena e le ragazze. Forse è ancora troppo presto, forse sarebbe stato meglio che imparasse a metabolizzare da solo la sua presenza. Poi, improvvisamente, la voce di Michael fa capolino fra i suoi pensieri, a ricordargli quello di cui parlavano quasi ogni giorno.


- Dovresti razionalizzare di meno le cose, Andy. La vita non è una formula matematica.

Una risata delle sue, di quelle che avevano il potere di riscaldargli il cuore.

- Beh, detto da te che studi matematica dalla mattina alla sera...

- Anche la matematica a volte riserva delle sorprese. Non esiste solo una formula per giungere ad un determinato risultato. La vita non è x al quadrato moltiplicato per y. È molto di più. È... imprevedibile, e forse è questo il bello, no?

- Beh, se lo dici tu.

A volte Andy lo faceva apposta ad essere così laconico, per sorridere divertito quando Michael assumeva l'espressione contrariata di chi odia non essere preso sul serio.

- Dovrei scriverci un libro con queste frasi. Dici che qualcuno lo comprerebbe?

- Sì, come no.

 

La casa sembra meno vuota adesso che ci sono loro.

Le loro chiacchiere riempiono l'ambiente e lo rendono più vivo e respirabile.

- State insieme da tanto? - chiede Elena a Bea ad un certo punto, quando l'atmosfera è decisamente più rilassata e sembra che si conoscano da tempo.

- Quasi da quattro anni, ma viviamo insieme da due.

Guardando Elena, Andy immagina quello che lei vorrebbe realmente chiedere. Continua a fissare la pancia di Allie senza che lei se ne accorga. Sembra inquieta. Si mordicchia un'unghia, con la stessa espressione di Michael quando era preoccupato.

- Sarà una bambina. - Allie intuisce quello a cui la ragazza sembra pensare e le rivolge un sorriso – Nascerà fra circa tre mesi e si chiamerà Michelle.

Elena sussulta.

- Michelle, hai detto?

- Beh, sì... - Allie sembra dubbiosa.

Solo in quel momento Andy si rende conto che Elena non sa nulla del fatto che il padre biologico della bimba sia Michael. Una notizia del genere potrebbe sconvolgerla, unita a tutte quelle di cui è venuta a conoscenza nel giro di pochi giorni.

- Se siete d'accordo. Sai, tu e la tua famiglia. - interviene Bea, mordendosi il labbro.

Elena sbarra gli occhi.

- Che c'entriamo io e la mia famiglia?

- Beh, Andy, non le hai detto nulla? - Allie si rivolge a lui, con uno sguardo eloquente.

Andy poggia la forchetta sul piatto e resta qualche attimo in silenzio. Come avrebbe potuto dire ad Elena, già palesemente sconvolta nello scoprire che suo fratello era gay, che Michael aveva anche accettato di donare il seme ad Allie perché la donna potesse avere un figlio?

- Biologicamente era Michael il padre. - mormora con un filo di voce.

La ragazza resta a bocca aperta. Andy può chiaramente vedere le sue mani tremare dallo sconcerto. Capisce benissimo quello che prova e si rende conto che forse avrebbe dovuto prepararla a quella scoperta.

- Oddio. - è l'unica parola che esce dalla bocca di Elena. - Michael... Un figlio?

Abbassa lo sguardo e nella stanza cala il gelo. Allie si morde le labbra, mentre Andy cerca di dire qualcosa per allentare la tensione.

- Si è fatto tardi, è meglio che vada. - dice Elena, dopo qualche minuto – Andy, grazie della cena.

Si alza e si precipita all'ingresso, prende la sua borsa e apre la porta.

Andy le corre dietro e la prende per un polso.

- Aspetta, Elena. Sai, forse dovresti sapere come sono andate le cose. Mi dispiace non avertelo detto prima, ma... Non sapevo come fare. Insomma, ci conosciamo appena, e mi sembra che già tu sia abbastanza sconvolta da quel poco che ti ho detto.

Negli occhi di Elena gli sembra di vedere un briciolo di paura. Vorrebbe sapere come fare a calmarla, se avesse un po' più coraggio proverebbe ad abbracciarla, a sentire il suo calore, per cancellare un po' della solitudine che continua ad attanagliarlo.

- Credo sia stato un errore venire qui, Andy. Forse era meglio che non trovassi l'agenda di Michael.

Per la prima volta ad Andy sembra di vederla davvero pentita per essere andata a cercarlo. E solo adesso si rende conto che invece è stata la cosa più giusta che potesse fare. E che se fosse stato meno ostinatamente chiuso in se stesso, sarebbe stato lui a trovare Elena.

- Non è stato un errore, davvero. - sorride, cercando di apparire rassicurante.

- Non ero pronta a tutto questo. Sembra che mi sia franata la terra sotto ai piedi. E quando stavo iniziando a capirci qualcosa è di nuovo cambiato tutto. E non so più cosa fare, Andy. Cosa pensare...

Andy vorrebbe dirle che nemmeno lui sa cosa fare. Gli sembra di avere le parole giuste da dire, ma di non riuscire a pronunciarle.

A volte pensa che sarebbe tutto più semplice se i ricordi si potessero cancellare come si cancella dal computer un file inutile.

- Va tutto bene, Elena. Dai, entra dentro, forse è meglio che ti raccontiamo come sono andate le cose, d'accordo?

Le tende la mano e, per un attimo, resta sorpreso quando Elena la prende e la stringe piano, come se avesse paura di fargli male. Rientrano in casa e si siedono sul divano, raggiunti qualche attimo dopo da Allie e Bea.

Andy si schiarisce un attimo la voce, prima di iniziare a parlare.

Il racconto ha il sapore di una melodia conosciuta, ma relegata in fondo alla memoria. Una di quelle melodie che si pensa di aver dimenticato, ma che non appena inizi a sentirla ti torna in mente come se non avessi mai smesso di ascoltarla.

E pian piano, Andy sente che le parole sono sempre più facili da pronunciare, fanno meno male e accorciano in qualche modo le distanze, anche se quella con Michael è destinata a rimanere incolmabile.

 

***

 

Era successo tutto una sera di ottobre, una delle tante che Allie e Bea passavano a casa di Andy e Michael. Cenavano insieme e poi guardavano un film o andavano in giro per locali.

Andy e Michael stavano sparecchiando, quando Allie aveva detto:

- Io e Bea vogliamo un bambino.

Ea solita annunciare le cose importanti con noncuranza, come se si trattasse si un'informazione come un'altra.

Michael e Andy la guardarono senza dire una parola.

- Beh, che avete da guardare? Dico sul serio.

Strinse la mano della sua compagna e le sorrise appena.

- Ma... Insomma, come pensate di fare? - chiese Michael, tenendo la forchetta a mezz'aria e aggrottando le sopracciglia.

- Beh, di certo non possiamo metterci incinta a vicenda, no? - spiegò Allie – Abbiamo cercato una clinica per la fecondazione assistita. Abbiamo pensato di andare in California, c'è un centro specializzato dove non dovremmo avere problemi.

- Così ne approfittiamo anche per fare un viaggio... - aggiunse Bea.

- E il padre? Cioè, avete pensato anche a quello o sarà qualche illustre sconosciuto? - chiese Andy, scettico.

- Ecco. - Allie respirò profondamente - Era proprio di questo che volevamo parlarvi. La clinica ci ha detto che possiamo avere il seme di uno sconosciuto, ma... Michael, vorrei che fossi tu il donatore. Così nostro figlio avrebbe anche un padre. Un padre vero. Anzi due.

Michael sgranò gli occhi, stupito.

- Io?

Anche Andy era abbastanza sorpreso da quella richiesta. Poggiò la schiena contro la spalliera della sedia.

- Beh, sì. Tu e Andy siete i nostri migliori amici e noi ci conosciamo da una vita. Per questo ho pensato a te, Mickey. Se un giorno nostro figlio dovesse voler conoscere il padre, tu saresti lì accanto a lui, no?

Michael la guardò per un attimo, poi il suo sguardo incrociò quello di Andy. Era raro vederlo indeciso e titubante su qualcosa, ma un discorso del genere non era certo da prendere alla leggera.

- Devo pensarci, Allie.

Aveva passato qualche giorno senza parlarne con nessuno, nemmeno con Andy. Poi, una sera, mentre tornavano dalla consueta passeggiata con Luna, Michael aveva detto, senza alcun preavviso:

- Sai, credo che potrei farlo.

- Cosa?

- Beh, la storia di Allie. Sai, per il bambino. Ci ho riflettuto, e credo che potrei farlo. In fondo mi sono sempre chiesto come sarebbe avere un figlio. E... non so, credo che andrà tutto bene, in fondo sono nostre amiche, non penso ci impedirebbero di vederlo o cose del genere, no?

Andy riuscì solo ad emettere un mugugno.

- Andy?

- Sì?

- Dai, sputa il rospo. So che stai pensando qualcosa. - rise Michael, entrando in casa e gettando il giubbotto su una sedia. Lo attirò a sé e gli sfiorò le labbra con un bacio.

- Beh, ecco, è sempre una responsabilità, hai pensato anche a questo, no?

Michael si voltò a guardarlo.

- Certo che ci ho pensato. Penso che sarebbe bellissimo crescere un bambino. Sempre se tu sei d'accordo. Insomma, è una decisione che riguarda entrambi.

Andy si era stretto nelle spalle.

- Sono d'accordo. - aveva risposto semplicemente. - Credo di essere stato d'accordo sin dal primo momento, sai? Ti ci vedo a cambiare pannolini e a dare il biberon al bambino!

Michael era quasi sbiancato, iniziando a ridere nervosamente.

- Mi prendi in giro, giusto?

- No. Dai, sarà uno spettacolo. - si era messo a ridere di gusto nel vedere la faccia di Michael, scacciando così via ogni dubbio riguardo quella storia.

Non che non ne avesse: prima di lasciare che Allie prenotasse un appuntamento al centro che aveva scelto, aveva preteso di fare mille ricerche sui medici che vi lavoravano, in preda alle mille apprensioni legate al fatto di studiare medicina, come diceva Michael.

Il viaggio in California era stato uno dei più belli che Andy ricordasse. Erano andati lì una settimana prima dell'appuntamento con la clinica, in modo da poter avere qualche giorno per rilassarsi insieme.

Fortunatamente i tentativi di fecondazione erano andati subito a buon fine, così dopo circa un mese Allie poté annunciare di essere incinta. C'era voluto ancora un po' di tempo per conoscere il sesso del bambino, ma, come ripeteva Allie, la cosa più importante era che tutto stesse andando come previsto.

Michael sembrava aver preso sul serio il suo ruolo di padre surrogato, manifestando l'intenzione di prendersi cura del bambino in caso di bisogno. Quando poi aveva saputo che si sarebbe trattato di una femminuccia, aveva iniziato a comportarsi come un padre geloso.

- Okay, fino a diciotto anni, niente appuntamenti con i ragazzi! - aveva proclamato la sera in cui Allie aveva annunciato il sesso del nascituro.

- Non ti sembra di esagerare? - aveva chiesto Bea.

- E fino a sedici anni il rientro massimo è fissato alle dieci e mezza! - aveva proseguito Michael, ignorandola e cercando di soffocare le risate.

Allie gli aveva dato un pizzicotto sul braccio e un bacio sulla guancia, dicendo che di questo si sarebbero occupate lei e Bea.

- Poverina, vuoi già terrorizzarla prima che nasca? - lo aveva preso in giro, stringendogli una mano.

- Beh, ecco... - Michael era arrossito, evidentemente in imbarazzo. Solo Allie era in grado di ridurlo al silenzio con poche battute ed era una cosa che si divertiva a rinfacciare sempre all'amico.

Come tutte le serate passate insieme, anche quella era finita in scherzi e risate, fotografie ormai sbiadite nella memoria, come se appartenessero alla vita di altre persone.

Con un piccolo sforzo Andy riesce ancora a crederci all'esistenza di un passato in cui c'era anche Michael. Un passato nel quale era possibile ridere e scherzare senza preoccuparsi di nulla. Scivola sulla pelle come sale su ferite aperte e lascia cicatrici in fondo al cuore, impossibili da rimarginare o anche solo da ignorare.

 

***

 

Quando Allie finisce di raccontare, Elena si sente stranamente tranquilla.

Sembra che quelle parole abbiano in qualche modo diminuito la distanza fra lei e Michael. Recuperare un tassello fondamentale della vita del fratello è una piccola vittoria, così importante da strapparle un sorriso intenerito quando guarda ancora una volta la pancia gonfia di Allie.

- Ecco, adesso sai tutto. - le dice la donna.

- Già.

- Sei arrabbiata con lui? - chiede Andy.

- Non lo so. In realtà credo di essere confusa. - risponde Elena – Sono così tante scoperte nel giro di pochi giorni che quasi mi gira la testa.

Gli occhi di Allie, Bea e Andy che la fissano la fanno sentire per qualche attimo in imbarazzo. Vorrebbe mettere fine a quella serata di rivelazioni dicendo di essere stanca e di voler tornare in albergo, ma fuggire ancora una volta sarebbe segno di debolezza.

- Pensi di raccontarlo anche ai tuoi? - la voce di Andy è incerta.

- Non lo so. Mia madre non sa nemmeno il vero motivo per il quale sono venuta qui. Ma sì, credo che glielo dirò.

Anche se non so quando e come.

Che diritto avrebbe di nasconderle la verità? In fondo Michelle ha di certo il diritto di crescere circondata dall'amore dei suoi familiari. Sua madre farebbe i salti di gioia all'idea di una nipotina, nonostante inizialmente potrebbe forse nutrire qualche dubbio su come la piccola sia stata concepita.

- Non so se mi piace l'idea di una bambina che si chiama Michelle perché Michael... - quell'ammissione le costa tanto. Le parole si spezzano e la voce di incrina.

Parlare con quelli che per lei sono poco più che sconosciuti è l'unica cosa che le è rimasta di Michael, ma mettersi a nudo in questo modo è uno sforzo troppo grande per lei.

- Elena, nessuno ha detto che è facile da accettare. - la voce di Allie è dolce e materna. Le mette una mano sulla spalla e la guarda negli occhi – Vorrei... Vorremmo solo che tu ci pensassi. E che ne parlassi con i tuoi. Non per me o Bea, ma soprattutto per la bambina. Un giorno vorrà certamente sapere qualcosa di suo padre e avere qualcuno che possa raccontarle di lui sarebbe bellissimo, non trovi?

- Io... Sì, immagino. Ci penserò su, d'accordo?

La voglia di mettere fine alla serata diventa d'un tratto prepotente, come se mancasse l'aria per respirare. Non si trova male con Andy, Allie e Bea, ma c'è qualcosa che la mette a disagio. Forse è l'assenza di Michael, forse il continuo pensiero che loro sappiano molto più di lei sul fratello, ma è un peso sul cuore che non riesce a farla rilassare del tutto.

- Forse è meglio che vada. Si è fatto tardi e sono stanca.

- Vuoi un passaggio in albergo? - propone Bea.

- No, andrò da sola, tranquilla. Non è molto lontano da qui. - Elena sorride. Stanno facendo di tutto per farla sentire bene.

Sono come lei: feriti dall'assenza di Michael. E non importa quale ruolo ricoprisse nella vita di tutti loro, se fratello, amico, compagno, la sua assenza fa male a tutti allo stesso modo. Vivere il dolore insieme forse farà meno male, ma Elena non si sente ancora pronta. Loro si conoscono da più tempo, lei è solo l'ultima arrivata, quella che potrebbe sembrare poco più di un'intrusa. Eppure la stanno facendo sentire parte del loro microcosmo, all'altezza di essere loro amica.

Allie la abbraccia per salutarla e le sussurra all'orecchio:

- Elena, tuo fratello era una persona fantastica. Ma immagino che tu lo sappia già.

Elena sorride appena, poi si volta ed esce di casa, prima che gli altri possano vedere le lacrime che le bagnano le guance. Corre via, verso la sua rassicurante stanza d'albergo, dove nessuno può vederla e si lascia andare alle lacrime, fino a che non si addormenta, quando ormai ogni pensiero smette di tormentarla senza che nemmeno se ne accorga.

Ma non durerà a lungo, solo il tempo di una notte, una notte fin troppo breve se confrontata alla lunghezza dei giorni passati a cercare di sopportare l'assenza di Michael.

 

***

 

La solitudine pesa ancora di più, adesso che Allie, Bea ed Elena sono andate via.

L'hanno lasciato solo e si sono portate via tutto il calore con il quale l'hanno circondato per l'intera serata.

Sembra tutto più vuoto, manca pure l'aria attorno a lui. La luce del lampadario non è abbastanza forte da illuminare il buio che ha dentro, non serve a scacciare l'angoscia e la paura della notte.

Andy si aggira per le stanze tentando di mettere in ordine per distrarsi un po', ma quello che riesce a fare è solo sistemare qualche libro su uno scaffale o i cuscini del divano.

Tornando in soggiorno passa davanti alla stanza nella quale Michael teneva le sue cose. Non ci entra da quasi due mesi, nemmeno per tentare di spolverare.

Farebbe troppo male la consapevolezza che stavolta dopo che avrà messo ordine, Michael non tornerà ad incasinare tutto come era solito fare.

I loro battibecchi erano frequentissimi su questo. Andy è sempre stato ordinato e metodico, mentre a Michael non sembrava importare che la sua scrivania fosse ingombra di libri e che non ci fosse un centimetro libero sul quale posare una penna.

Per un attimo la mano di Andy esita sulla maniglia della porta, ma non poi fa nessun movimento per aprirla.

Non ancora.

Torna in cucina e finisce di riporre i piatti appena lavati, prima di andare a sedersi sul dondolo in giardino. Si accende una sigaretta e resta immobile a guardare il cielo.

Le stelle sono offuscate da nuvole leggere, quasi si fa fatica a distinguerle. Sembra che stiano per sbiadire anche loro, inghiottite da buchi neri immaginari.

Andy ha mal di testa. Chiude gli occhi e si massaggia le tempie, nel tentativo di farlo passare. Si sente stanco, ma non ha voglia di dormire.

Pur di distrarsi cerca di pensare a quello che ha da fare il giorno dopo, a quali jeans metterà per andare in ospedale, a come parcheggerà l'automobile vicino alla gelateria in modo da tenerla d'occhio di tanto in tanto.

Ma è inutile: c'è di nuovo il vuoto dentro di lui.

Luna gli si avvicina e gli sfiora la gamba con il muso, in cerca di una carezza.

- Non dovresti essere già a nanna, tu? - sorride Andy.

Il cane spalanca la bocca in uno sbadiglio, come a voler rispondere che in effetti ha sonno, poi si accuccia ai suoi piedi, addormentandosi dopo pochi minuti.

Un'altra occhiata alle stelle e la voglia di nascondersi dietro una nuvola, come loro, in modo che nessuno riesca a scorgere i suoi occhi lucidi o percepire il peso che ha sul petto.

La sigaretta fra le sue dita è ormai completamente consumata. Quando Andy se ne accorge, allunga la mano sul tavolino accanto al dondolo per prenderne un'altra, ma non trova il pacchetto, così rientra in casa per cercarlo.

Un'occhiata all'orologio che segna le due e mezza e il sonno che inizia ad offuscargli gli occhi lo convincono che è meglio andare a letto.

Prendere sonno non è facile come sembra: ci sono troppi fantasmi a circondarlo, ed è difficile smettere di pensare. Attorno a lui tutto si fa lentamente più buio e privo di movimento, i suoni si attutiscono e anche le parole che ha in mente smettono di essere tali, fino a che cade in un sonno che, per l'ennesima volta, sarà senza sogni.


_______

*riemerge dal letargo*

Sì, con la primavera sono tornata. In ritardo mostruoso, fra l'altro. Per farvi capire, avevo promesso questo capitolo a Skin per il suo compleanno (21 febbraio) e lo sto pubblicando adesso. Ovviamente è dedicato a lei con tanti auguri in ritardo ^^

Spero che sia valsa la pena aspettare questo capitolo,comunque. Si tocca un argomento abbastanza delicato, quello della fecondazione artificiale per le coppie omosessuali. Purtroppo non sono stata in grado di informarmi come avrei voluto (dannato inglese!), infatti la scelta del centro in California è dettata dal fatto che ne ho davvero trovato uno in quello Stato, quindi ho elaborato l'idea della vacanza per motivare la scelta, dato che rispetto alla Carolyna del Nord (dove si svolge la storia) siamo esattamente ai lati opposti del Paese.

Ho ricevuto delle recensioni bellissime, ultimamente e vi sono davvero grata, spero di meritare ancora le vostre parole e di non deludervi ^^ Grazie mille anche a chi segue in silenzio.

PS *angolo pubblicità* dopo ere geologiche è stato aggiornato anche "Portami a vedere le stelle", il racconto quattromani scritto con IceWarrior. Vi lascio il link, non si sa mai vi venga voglia di leggere qualcos'altro ^^ Spero di tornare ad aggiornare presto ^^ Alla prossima,

Aika.

 

 

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Capitolo 11
*** Le menzogne della notte ***


Nuova pagina 1

Le menzogne della notte


 

Il fiato sul collo, le dita sui fianchi e la bocca che lentamente scivola sul torace e morde la pelle.

Il corpo di Michael premuto contro il suo.

Andy cerca la mano del compagno per stringerla, con l'altra gli tocca il viso. Vorrebbe guardarlo negli occhi, seguire il movimento delle sue braccia mentre si sfila la maglietta, ma Michael mormora che è meglio non accendere la luce.

Poi indugia sull'inguine con le labbra e lo accarezza lentamente, mentre Andy inizia ad avvertire il piacere diffondersi per tutto il corpo e annebbiargli la mente.

- Michael... - mormora, mordendosi le labbra per trattenere un gemito.

Lo attirà a sé e lo bacia, mentre Michael scandisce piano il suo nome.

Andy.

Ed è come se fosse la prima volta che lo pronuncia in quel modo. Rimbomba per alcuni secondi nella sua mente.

Poi Andy apre gli occhi di scatto.

E si sveglia.

Il letto grande e vuoto è come una doccia fredda che gli fa mancare il respiro. Tasta le lenzuola aggrovigliate alla sua sinistra, aspettandosi di trovare il corpo di Michael. Le sue dita toccano il vuoto, l'assenza diventa reale e concreta all'improvviso. Il soffitto della stanza appare improvvisamente troppo grande ai suoi occhi, un cumulo di cemento buio che sembra esser pronto a crollare e a soffocarlo.

Ancora in bilico fra sonno e realtà, Andy si rende conto di essere eccitato, sentendo il sesso teso fra le dita. Forse l'ha toccato mentre sognava che fosse Michael a farlo, troppo preso da una fantasia fatta di veleno che adesso gli è entrata nel sangue.

Vorrebbe poter riaddormentarsi e continuare a perdersi nella sua stessa immaginazione, in quella menzogna che per qualche attimo l'ha strappato via dal dolore. Ma poi, fantasia falsa e crudele, l'ha scaraventato di nuovo nel vuoto di quel letto troppo grande per una persona sola.

Sono solo. Non c'è più nessuno con me.

Ripetersi questa verità, sussurrarla muovendo appena le labbra, gli fa venire i brividi. Se non fosse notte fonda, telefonerebbe a qualcuno. Forse ad Allie e Bea, le uniche a fornire costantemente un appiglio con la realtà.

O forse, per quanto potrebbe sembrare assurdo, Elena.

I pensieri si confondono, come quando si è in procinto di addormentarsi e si pensa alle cose più assurde prendendole per vere. Andy si alza, senza nemmeno la consapevolezza di ciò che sta facendo, e scosta la porta della sua camera.

Sfiorare il metallo freddo della lama di un coltello lo fa tornare in sé. Sbatte gli occhi più di una volta, prima di rendersi conto di essere in cucina e di avere un coltello in mano, puntato contro il polso. Lo fissa senza capire, come se si aspettasse che l'oggetto possa dargli qualche risposta. Poi preme contro il braccio la lama, fino a graffiare leggermente la pelle. Nemmeno le prime gocce di sangue riescono a farlo tornare in sé, fino a quando qualcosa lo tira per i pantaloni del pigiama.

È come risvegliarsi da un incubo: sgrana gli occhi e inizia ad ansimare, mentre il viso gli si riempie di sudore gelido. Davanti a lui c'è Luna, che lo guarda come a chiedere che cosa sia successo.

Provare a spiegarlo, anche solo a se stesso, è impossibile. Mancano le parole, manca la forza di provare ad articolare dei suoni.

Ho sognato Michael.

Ho sognato di fare l'amore con lui.

E della consistenza del sogno, più sottile di quella del fumo, non ricorda più nulla. Sa che erano le mani di Michael a toccarlo, sa che era la sua voce a sussurrare il suo nome, ma non riesce ad immaginare le linee del suo volto.

Si riempie un bicchiere d'acqua e lo vuota in pochi istanti, riprendendo fiato subito dopo.

Se non fosse stato per Luna avrebbe fatto pressione col coltello sul polso e si sarebbe lasciato andare, senza capire quanto stava realmente accadendo.

Suicidio.

Luna, col suo inconsapevole gesto, l'ha letteralmente riportato alla realtà, salvandogli di fatto la vita: forse ignora cosa lui stesse facendo, non sa che tagliarsi il polso con un coltello è un tentativo di suicidio. Ma avrà di certo sviluppato un sesto senso tutto particolare che le ha fatto intuire il pericolo imminente.

O, ed è più realistico pensarlo, cercava solo coccole dopo essere stata svegliata da rumori improvvisi nel cuore della notte.

Andy si china accanto a lei e le accarezza la testa, osservandola scodinzolare qualche attimo.

- Grazie, piccola.

Torna in camera sua, si distende sul letto ma resta ad occhi aperti a fissare il soffitto. Non ha più voglia di dormire, solo di lasciare scivolare via il buio fino a quando non si colorerà della luce dell'alba.

E alla fine, di questa notte scura e piena di menzogne, non rimarrà che un graffio sul braccio.


 

Il sapore amaro del caffè, le dita che rigirano pigramente la tazzina in mano e una sigaretta che si consuma lentamente. Cercare di mantenere le abitudini è un modo per non ammettere che qualcosa è davvero cambiato, per Andy.

Cerca di non far caso al silenzio che lo imprigiona accendendo il televisore su un canale qualsiasi, nella speranza che il rumore possa infrangere la bolla in cui è rinchiuso.

Sono solo parole vuote quelle che sente, chiacchiere sulle previsioni del tempo e su un film in uscita nei prossimi giorni.

La vita che scorre mentre lui sembra essersi fermato.

Cerca di imporsi di non pensare a quanto è successo la notte precedente. Sente ancora la lama fredda del coltello fra le dita, la sensazione di angoscia provata quando ha capito ciò che stava che fare.

E il sollievo per essersi fermato appena in tempo.

Non che non abbia mia pensato che il suicidio fosse il modo migliore per mettere fine al suo dolore, ma sa che Michael, ovunque sia, non gli perdonerebbe mai una cosa del genere.

E lui vuole disperatamente continuare a vivere, anche per Michael.

Ricominciare a respirare senza sentirsi in debito con la vita, smettere di pensare a Michael e farsi male all'idea di tutte le cose che non può più dirgli.

Mentre cerca di organizzare mentalmente la sua giornata – un modo come un altro per scacciare via i pensieri negativi – squilla il telefono.

Prima di prendere la telefonata, Andy si assicura che la sua voce sia normale e che non sia appesantita in qualche modo da tutto quello che è successo.

- Sì, chi parla?

- Ciao Andy, sono la signora Harris. Come stai?

Andy, istintivamente, sorride.

- Oh, non troppo bene, a dire la verità.

Non riesce a mentire, come in realtà avrebbe voluto. Non vuole coinvolgere nessuno nel suo mondo fatto di buchi neri, ma allo stesso tempo ha bisogno di aiuto per uscirne.

- Che succede?

- Non ho dormito molto bene, stanotte e adesso ho mal di testa. Ma mi dica, perché aveva chiamato?

- Oh beh, dato che l'ultima volta che ti ho visto mi sei sembrato decisamente deperito, ho pensato di cucinare qualcosa per te, dato che avevo la mattinata libera. Mi dici quando posso passare per portarti tutto?

L'ha davvero preso a cuore, pensa Andy. L'idea di mangiare gli fa venire la nausea, ma non può rifiutare la gentilezza di quella vecchietta tutta pepe che si occupa di lui come se fosse un figlio.

- Sarò a casa tutta la mattina, signora. Può venire quando vuole.

- Benissimo, caro. Allora passerei per le dieci, va bene? Magari ci facciamo anche una chiacchierata, così mi dici che cosa succede.

Chiusa la telefonata, Andy si rende conto che non ha voglia di vedere nessuno, ma che deve sforzarsi di non rinchiudersi nella solitudine.

Nell'attesa che si facciano le dieci e che la signora Harris venga a trovarlo, accende il computer e cerca di lavorare alla tesi. Stranamente le parole sembrano venir fuori da sole, distraendolo dai ricordi della notte appena passata e assorbendolo completamente tanto che, quando suona il campanello di casa, si è già dimenticato della visita che aspettava.

La signora Harris entra in casa e, dopo averlo salutato, gli porge una teglia piena di biscotti appena sfornati.

- Grazie, signora, ma non doveva disturbarsi, davvero.

- Non dire sciocchezze, Andy. Ne ho fatti decisamente troppi, quindi ho pensato di portarne qualcuno anche a te. Sbaglio o sono anche i tuoi preferiti?

Andy annuisce e accompagna la signora Harris in cucina, poggia i biscotti su un ripiano, poi la invita ad andare a sedersi in soggiorno.

- Vuole qualcosa di fresco da bere?

- No, ti ringrazio. Va bene così.

Si siedono sul divano e iniziano a parlare tranquillamente del più e del meno, dello studio di Andy e del negozio della signora Harris.

- Quindi Andy, vuoi dirmi cos'è successo? Avevi la voce strana al telefono.

Andy resta sorpreso, tanto che per qualche momento non risponde.

- Non mi sento bene, ho mal di testa, probabilmente perché stanotte non ho dormito bene.

Si blocca appena un attimo prima di dirle che ha sognato Michael. Condividere l'intimità di quei momenti in cui ha creduto di essere felice e lo sgomento di vedersela strappare via di colpo.

- Pensi a Michael.

Non è una domanda, la risposta sarebbe sin troppo ovvia. La signora Harris sorride dolcemente e gli prende una mano.

- Va bene, Andy. Farà meno male, ma ci vuole tempo.

Tempo.

Quanto? Secondi, minuti, ore, giorni? Mesi? O anni?

E a cosa servirà il tempo che passa?

Ricorderà per sempre il sapore dei baci di Michael o prima o poi finiranno per rimanere fantasmi della memoria?

- Lo so. Ho... scritto qualcosa su di lui. Ma non è moltissimo. E... non so se serve davvero. Poi c'è Elena.

La signora Harris lo guarda incuriosita. Andy si torce le mani prima di continuare a raccontare.

- È la sorella di Michael. Ha scoperto per caso che io e lui stavamo insieme ed è venuta a trovarmi. E abbiamo iniziato a parlare.


 

Ho conosciuto tua sorella, Michael.

E sai, credo che tu avessi ragione, sulle stelle perdute. Sono continuamente alla ricerca di una costellazione di cui fare parte. Perché una stella da sola non può farcela a brillare, specialmente se ha perduto la voglia di farlo. Io ed Elena, in fondo, non siamo che stelle perdute come quelle che vagano in cielo.


 

- Sembra una buona cosa, sai Andy? - commenta la donna quando Andy finisce di raccontare dei suoi incontri con Elena e delle difficoltà iniziali che entrambi hanno incontrato prima di decidere di cominciare a fidarsi l'uno dell'altra.

- Lo penso anche io... Credo. Sono molto confuso, in realtà. Io...

Un groppo alla gola. E la sensazione di non riuscire più a fingere di essere forte e sopportare tutto. Le prime lacrime che iniziano a rigargli il volto. Lacrime vecchie di mesi.

Cedere finalmente.

Andy non ha mai pianto per la morte di Michael, nonostante tutto il dolore e l'angoscia che continua a provare. Semplicemente, le lacrime non c'erano, come se Andy volesse mostrarsi forte, negare di aver bisogno di qualcuno che lo abbracciasse e gli dicesse che gli era concesso essere debole.

Si tiene la testa fra le mani, singhiozzando senza dire una parola. Resta immobile a fissare il tappeto sul pavimento, ripetendosi che è solo un momento. Una sola concessione.

- Va bene così, Andy. Se vuoi me ne vado. - la voce della signora Harris arriva da lontano.

- No, non si preoccupi. È solo un momento, adesso mi calmo.

Respira profondamente.

Non si sarebbe mai aspettato di riuscire a piangere così all'improvviso. Non con la signora Harris accanto, perlomeno. Sarebbe stato più plausibile che gli succedesse mentre parlava con Allie, o con la stessa Elena.

È solo un momento.

Tornerà ad essere forte, adesso. A nascondere il dolore dietro una maschera di cera continuamente sul punto di sciogliersi. Però in qualche modo, adesso si sente meglio. Il peso sul cuore è diminuito e respirare sembra essere diventato più facile.

- Mi manca Michael. Sembra banale da dire, ma mi manca, a volte temo di non farcela senza di lui. - ammette a voce bassa.

- Sì, Andy, lo so. È giusto che tu lo dica.

Andy annuisce silenziosamente. La strada per superare il dolore è ancora lunga, ma forse adesso inizierà a trovare la forza – e il coraggio – di iniziare a percorrerla senza esitare.

E senza guardarsi indietro.


 

La signora Harris se n'è andata da poco, dopo essersi assicurata che stesse un po' meglio, quando Andy decide di andare a fare una doccia fredda per rilassarsi.

Il tempo scorre più lentamente adesso che non c'è nessuno a dividere casa con lui. Sono solo le undici e mezza e già Andy si ritrova senza nulla da fare, senza alcun pensiero sul quale discutere con qualcuno.

Vuoto.

L'acqua che gli scivola sulla pelle lo rinfresca e gli permette di lasciar scorrere nuovamente le lacrime senza doversene vergognare.

Oggi va bene cedere un po'. Domani tornerà tutto come prima.

Resta sotto l'acqua più a lungo del solito, fino a quando riesce a calmare il pianto e a dare un ritmo costante al suo respiro, poi va a vestirsi.

Affacciandosi per caso dalla finestra della stanza da letto, vede una figura familiare davanti al cancello di casa.

Elena.

I loro sguardi si incrociano per un attimo, ma la ragazza non fa nulla per attirare la sua attenzione. Andy resta qualche attimo perplesso, poi scende al piano di sotto e la raggiunge in strada.

- Ciao, Elena.

Vuoi entrare?

Lo pensa, ma non riesce a dirlo subito, come se le parole gli si fossero bloccate sulla punta della lingua.

- Ciao, Andy. Mi dispiace, non volevo disturbarti. Non avrei nemmeno suonato, stavo per andare via. Volevo solo... vedere casa vostra per l'ultima volta.

Andy resta perplesso.

- L'ultima volta?

- Sì, questo pomeriggio torno a casa. Ho avuto dei problemi con la prenotazione dell'albergo ed entro domani mattina devo liberare la stanza, perché è già stata prenotata. - spiega Elena.

- Vuoi... vuoi rimanere qui per qualche giorno ancora? Posso ospitarti.

Non sa perché le ha fatto quella proposta. Forse per il suo disperato bisogno di non sentire solo l'eco della sua voce in giro per casa. O il bisogno di conoscere meglio Elena.

Raramente è un tipo che usa le parole senza pensarci su, eppure stavolta l'ha detto di istinto, e non se ne è pentito.

- Qui? Beh... - lo stupore di Elena è abbastanza evidente, ed è anche giusto, considera Andy, visto il modo in cui si è comportato con lei in questi giorni.

- Mi farebbe piacere. Dico davvero, Elena.

La ragazza ci pensa su qualche attimo, fissandolo negli occhi. Alla fine il suo volto teso si distende in un sorriso.

- D'accordo. Vado a prendere la mia valigia e a pagare il conto, okay?

- Ti accompagno, dammi il tempo di prendere le chiavi di casa e il cellulare.

Non si scambiano molte parole mentre raggiungono l'albergo. Andy si prende del tempo per scrutare il profilo della ragazza assorta nella guida. Ha l'aria da ragazzina ed è difficile darle i vent'anni che ha effettivamente. Forse è anche per questo che Michael tendeva a parlare di lei come di una bambina, forte anche dei sette anni che li dividevano.

Più tardi, mentre Andy prepara degli spaghetti al tonno per sé e per Elena, è la ragazza a rompere il silenzio.

- Grazie, sei stato gentile.

- Figurati.

Per la prima volta Andy riesce a sorriderle cordialmente e senza forzature.

- Non ti ho nemmeno chiesto come stai.

- Oh, beh... insomma, ho passato giornate migliori.

Gli torna di nuovo in mente il modo in cui si è svegliato stanotte, con il coltello in mano e la voglia inconsapevole di farla finita. Un segreto che probabilmente non riuscirà mai a raccontare a nessuno, tenendolo custodito gelosamente nei meandri della memoria.

- Sei sicuro che non ti disturberò? Insomma, sicuramente avrai da studiare e poi hai detto che ti stai laureando... Forse sono stata invadente.

- Tranquilla! Mi fa piacere un po' di compagnia, dico davvero.

E, oltre Elena, ci saranno le parole.

Quelle che serviranno a curare le ferite di entrambi, riempiendo di ricordi il vuoto lasciato da Michael.

Da qualche parte ha letto che i ricordi servono per costruire il futuro.

E adesso, mentre fuma pensieroso la sigaretta che si concede sempre dopo il pranzo, Andy pensa che, tutto sommato, gli eventi si stanno incastrando come se si trattasse di una formule matematiche, fisse ed immutabili, che hanno solo bisogno dei numeri giusti per dare il risultato sperato.


 

Elena non ha ancora pensato a come raccontare a sua madre di Michael e Andy. Sarebbe più semplice farlo guardandola negli occhi e stringendole le mani nel caso le emozioni dovessero avere la meglio su tutto.

Le racconterebbe anche di quella bambina che continua a crescere nella pancia di Allie e che probabilmente avrà gli occhi di Michael. Sua madre, superate le iniziali perplessità, di certo vorrebbe dare il suo contributo al corredo della piccola, iniziando a sferruzzare maglioncini che saranno già troppo piccoli quando arriverà l'inverno.

Elena sa che sua madre accetterebbe questa verità, pur ferita come lei dal fatto che Michael non abbia mai trovato il coraggio di parlarne di prima persona.

Il filtro del telefono renderebbe tutto più impersonale, così, anche se lei vorrebbe condividere con qualcuno ciò che sta scoprendo grazie ai racconti di Andy, preferisce restare in silenzio, almeno per ora.

Del resto sua madre nomina raramente Michael quando si sentono, limitandosi a chiederle se si sta divertendo e se tutto va bene. Elena si limita a rispondere che inizia a star meglio di quando è partita e che la compagnia di Tessa – che in realtà non ha ancora visto – le sta facendo bene.

Stavolta è diverso.

Sembra esserci il fantasma di Michael fra loro quando la ragazza racconta alla madre di aver parlato con Andy.

- Resto a casa sua per qualche giorno ancora, mamma.

- Non sarà pericoloso, tesoro? Nemmeno lo conosci. Non puoi tornare da Tessa?

- Era il ragazzo di Michael, mamma. Di lui posso fidarmi.

La verità è venuta fuori completamente diversa da come si sarebbe aspettata.

- Che significa? Il ragazzo di... Michael?

- Sì, mamma.

E quella rivelazione brucia meno di quanto si aspettasse, forse perché è stata più facile da fare. Non c'è nulla da spiegare, non bisogna dirlo chiaramente che Michael era gay.

Aveva un ragazzo. Un ragazzo che lo amava, mamma.

Ed era felice.

Che avesse paura della loro reazione sembra non importare più, non adesso. Forse farà male più avanti, quando si troveranno davvero a fare i conti con il silenzio di Michael.

- Posso fidarmi di lui, ne sono sicura. Michael si fidava. - continua Elena, sentendosi più serena ora che è riuscita a parlare.

- Vorrei conoscerlo. - è l'unico commento della madre.

Ed Elena capisce ciò che prova la donna. È lo stesso desiderio che l'ha portata a quasi centocinquanta kilometri da casa: conoscere Michael attraverso Andy.

Attraverso le sue parole, i suoi racconti e il suo modo di amare il fratello.

- Credo che ti piacerebbe, mamma. È un bravo ragazzo.

Come Michael.

Elena non può vederla, ma è certa che dall'altro lato del telefono sua madre stia piangendo silenziosamente. Si pente per essere stata così impulsiva, avrebbe dovuto modellare le parole in modo che facessero meno male e fossero meno dirette. Ma di certo non sarebbe servito a cambiare la verità delle cose.

- Mamma, ci sei ancora? Scusami, non volevo dirtelo in questo modo.

- Tranquilla, Elena. Io vorrei solo riavere indietro mio figlio, non importa chi ama. Comunque stessero le cose, Michael non tornerà.

È come ricevere una pugnalata al cuore.

Un dolore sordo che non si capisce che parte del corpo sta colpendo.

Elena resta senza fiato nel constatare la verità contenuta in quel discorso. Deglutisce, cercando una risposta adatta.

- Mamma.

- Va tutto bene, tesoro. Scusami.

Riattaccano dopo aver passato qualche attimo in silenzio. Elena sospira, rendendosi conto che la serenità che aveva creduto di provare qualche ora prima in compagnia di Andy era solo un'effimera illusione.

Perché il dolore c'è. E continua, lento ed inesorabile, a pulsare sottopelle.

 

 

__________

 

 

C'è nessuno? *rotolano balle di fieno*

No, eccomi, ce l'ho fatta ^^

Sono imperdonabile con questi aggiornamenti che seguono il corso delle ere geologiche. Che poi è strano, non ho scritto per circa un mese, ma la seconda parte del capitolo in poi l'ho scritta tutta oggi. Questa storia mi prende in maniera strana.

Questo capitolo è - credo - il più doloroso dell'intera storia.

La scena di Andy con il coltello in mano credo sia stata una delle prime che mi è venuta in mente quando ho iniziato ad elaborare la storia. È il momento in cui sta peggio di tutti, tocca davvero il fondo e, dal prossimo capitolo - sempre che non mi vengano altre malvagie idee in mente - dovrebbe iniziare a risalire.

Elena e Andy stanno trovando la strada da percorrere: che ne pensate del "trasferimento" di Elena? E del modo in cui è uscito fuori il discorso dell'omosessualità di Michael con la madre?

Per quanto riguarda il titolo del capitolo, è tratto dal titolo di un romanzo di Bufalino, che non ha molto a che vedere con questa storia. Però il suono di queste parole mi ha elettrizzato sin dal momento in cui ho scoperto dell'esistenza di questo libro e ho deciso da mesi che questo capitolo avrebbe avuto questo titolo.

Devo ringraziarvi dal profondo del cuore per le parole stupende che mi scrivete nelle recensioni: aldilà dei complimenti (che non fanno mai male) mi commuove leggere che questa storia vi emoziona e vi tocca nel profondo. Io ho sempre la paura di trattare superficialmente questo argomento così delicato, quindi ogni volta mi risollevate veramente.

Grazie anche a chi segue in silenzio, a chi ha deciso di mettere in pausa la lettura fino a quando la storia sarà finita, a chi dà una semplice occhiata.

Penso di aver finito lo sproloquio, e spero anche che il prossimo capitolo arrivi in tempi meno accettabili (fra l'altro ho iniziato anche una nuova storia, che però non verrà pubblicata su questo sito dato che tratta di tematiche proibite dalla politica di efp, e devo anche iniziare la dannata tesi, dato che ho fatto una sconvolgente scoperta: non si scriverà mai da sola).

Vi saluto sperando di non avervi fatto deprimere troppo, giuro che il prossimo capitolo sarà più leggero e torneranno i flashback di Michael e Andy all'università,

Aika.

 

PS per scrivere questo capitolo mi è stata utilissima questa canzone, Loosing your memory, che avevo nella cartella della musica da un po'. Quando ho letto il testo però, ho passato tre giorni a piangere, e Andy con me. Davvero, non sembra un discorso che potrebbe fare Michael ad Andy? È una settimana che la ascolto in loop, fermatemi!

 

 

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Capitolo 12
*** Scoprirsi (solitudini allo specchio) ***


Scoprirsi (solitudini allo specchio).

I giorni sono cambiati, adesso che c'è Elena.

Sembra che ci sia più luce e la sua presenza riempie il vuoto creatosi attorno ad Andy, facendolo sentire più vivo. Il coltello puntato sulla pelle sembra ormai un ricordo sbiadito, un sogno dai contorni sfumati del quale non esiste più certezza.

Ci sono ancora i momenti in cui Andy si sente cadere nello sconforto, specialmente la notte quando è solo nel suo letto. Capita che pianga, acquisita ormai la consapevolezza che Michael non c'è davvero più.

Prima che si desse il permesso di lasciarsi andare, era come se davanti ai suoi occhi ci fosse un velo che gli impediva di vedere e percepire la realtà delle cose. Michael non c'era, Michael era morto, ma era come se la verità fosse in qualche modo ovattata e troppo lontana per essere pienamente compresa.

Ma, nonostante il peso dell'assenza sul cuore, Andy ha iniziato lentamente ad imporsi di superare il dolore e di ricominciare a vivere. Forse è davvero la presenza di Elena in casa a fargli bene, il non essere più da solo ad ascoltare il rumore del suo respiro ad aver migliorato le cose.

Giusto il tempo di ambientarsi in casa ed Elena ha iniziato ad occuparsi di lui in modo da lasciarlo studiare in pace senza dover pensare ad incombenze varie. Lo fa spontaneamente, nonostante Andy continui a ripeterle che è un'ospite e che non dovrebbe dedicarsi a queste cose.

Quello che più lo sorprende, considerata la sua abituale diffidenza, è il fatto di non provare alcun fastidio nel vedere Elena aggirarsi per casa, magari indaffarata a preparare qualcosa per la cena o seduta sul divano a guardare la televisione.

Sembra che faccia parte della sua vita già da tanto tempo e che non sia un'estranea piombata nella sua vita da poco più di una settimana.

Nei suoi gesti Andy rivede Michael e il suo continuo preoccuparsi per gli altri. Elena ha lo stesso modo del fratello di fare amicizia e di conquistare la fiducia di chiunque, anche la sua. E non si tratta solo di prestarle le chiavi di casa per lasciare che si muova liberamente, ma è qualcosa di più profondo, la stessa sicurezza che gli trasmetteva Michael quando gli parlava.

Dopo tre giorni passati a studiarsi e ad osservarsi, sembra che si conoscano da tanto tempo e che il muro di diffidenza iniziale sia stato abbattuto per lasciare spazio alla timida intenzione di diventare amici.

- In quanto futuro medico non dovresti smetterla con le sigarette? - gli chiede Elena una sera, mentre sparecchiano dopo aver cenato.

Per un attimo Andy resta spiazzato, in preda ad una forte sensazione di déjà-vu. Quando ha sentito prima parole simili a queste?

 

- Ma non dovresti smettere di fumare? - chiese Michael con una risata, mentre Andy prendeva il pacchetto dal distributore automatico.

- Senti da che pulpito viene la predica! - rise Andy, voltandosi verso di lui.

- Beh, non sono io che studio medicina. Bell'esempio che dai ai tuoi pazienti. - lo rimbeccò l'altro, sfiorandogli una mano.

- Magari da qui a quando mi laureo smetto, che ne dici? Mi concedi ancora un paio di anni?

 

- Perché mi guardi così? Ho detto qualcosa che non va? - la voce di Elena riporta Andy alla realtà.

- No, no, tranquilla. È che Michael mi diceva sempre la stessa cosa.

Ed è strano come le parole, pur pronunciate da due voci diverse, risultino avere la stessa consistenza. Andy sorride leggermente, riportando alla mente i giorni in cui tutto andava bene e in cui il problema più grande era studiare per riuscire a passare un esame.

- Proprio lui, che fumava una sigaretta dietro l'altra? - ridacchia Elena.

- Già.

- Andy, ti andrebbe di continuare a raccontarmi qualcosa di lui? - Elena torna nuovamente seria, scrutandolo attentamente.

In fondo è lì per quello ed Andy le ha promesso che le avrebbe raccontato tutto, per permetterle di farsi un'idea di ciò che il fratello le aveva nascosto.

- Posso riprendere da dove eravamo arrivati, che ne dici? - propone Andy, offrendole della limonata fredda.

Iniziare il discorso è la parte più difficile.

Ma dopo le prime parole, le altre vengono da sole, dando forma ad un discorso di senso compiuto, fatto di emozioni che Andy credeva di aver dimenticato. E mentre parla, Michael è ancora una volta accanto a lui, un fantasma invisibile che guida i suoi ricordi e glieli mostra, più vivi e forti che mai.

Elena lo ascolta con attenzione, commentando di tanto in tanto con qualche battuta che la fa sorridere, ma verso la fine del racconto torna seria e non lo interrompe più, come rapita letteralmente dal suo racconto, totalmente immersa in una realtà che non le appartiene.

 

***

 

Dopo una giornata passata fra lezioni e libri, tutto ciò di cui Andy aveva bisogno era una lunga doccia calda per rilassarsi e non pensare più a nulla.

Probabilmente non avrebbe nemmeno cenato tanta era la stanchezza – e del resto non aveva nemmeno fame, come gli succedeva sempre in periodi stressanti come quelli degli esami – ma di una doccia aveva veramente bisogno.

Mentre saliva le scale che conducevano alla sua stanza, si augurò che Michael non avesse avuto la stessa idea, costringendolo così ad aspettare. Nei pochi mesi che aveano trascorso insieme, Andy aveva imparato lentamente a non considerarlo il tipo presuntuoso e pieno di sé che pensava fosse all'inizio, ma non riusciva ancora a considerarlo un amico a tutti gli effetti.

Quello che non avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura – e che forse gli impediva di smetterla di difendersi costantemente come se avesse di fronte una persona ostile – era l'attrazione fisica che aveva cominciato a provare da qualche settimana.

Era successo per caso, e nel più banale dei modi una sera in cui Michael era uscito dal bagno con solo i boxer, dopo aver fatto una doccia. Gli appunti di genetica che Andy stava ricopiando erano diventati una macchia sfocata bianca e nera ai suoi occhi, interamente concentrati sul corpo del compagno di stanza.

Era dannatamente bello, e ad Andy era quasi mancato il respiro quando aveva percepito il cavallo dei pantaloni farsi improvvisamente più stretto. Quella sensazione era durata solo qualche attimo, ma a lui era sembrato di aver passato interi minuti a fissarlo.

- Ehi va tutto bene? Hai fatto una faccia... - Michael era scoppiato a ridere, scuotendo il capo – Ho dimenticato di prendere i vestiti, non so proprio dove ho la testa.

Da quel momento, Andy aveva così deciso che sì, era meglio continuare ad evitarlo, per non esporsi troppo. E poi uno come Michael di certo aveva uno stuolo di ragazze che gli facevano la corte, di certo non si sarebbe mai interessato ad un uomo... a lui.

Michael non sapeva che lui fosse omosessuale. Andy l'aveva confidato soltanto a pochissime persone, per la paura di non essere accettato o che la cosa potesse pregiudicare addirittura i suoi studi universitari.

Scacciando tutti quei pensieri che gli rigiravano in testa da settimane, Andy cercò la chiave della sua stanza nella tasca dei jeans e poi aprì la porta.

- Michael? Michael, sono io. Ci sei?

Dall'anticamera riusciva a vedere la stanza in penombra, illuminata dalla lampada del comodino. Ma c'era uno strano silenzio, rotto ogni tanto da risate sommesse e respiri affannati.

- Michael, ci sei? - Andy accese la luce del lampadario e restò di stucco nel vedere il compagno di stanza insieme ad un altro ragazzo. Erano sul letto, avvinghiati fra le lenzuola e si baciavano. E il fatto che fossero nudi lasciava ben poco spazio all'immaginazione sulla natura di quelle effusioni.

Andy rimase a bocca aperta per qualche attimo, senza riuscire a dire una parola.

- Oddio, Andy! Mi dispiace, non sapevo che saresti tornato così presto! - furono le prime parole di Michael mentre l'altro ragazzo, i lineamenti contrariati per essere stato scoperto, si rivestiva in fretta e furia.

Anche Michael cercò di rivestirsi, prendendo i suoi indumenti da un cumulo gettato a terra alla meno peggio. Cercò di salutare il tizio che era con lui baciandolo sulle labbra, ma quello si scostò bruscamente e uscì dalla stanza senza dire una parola.

- Andy... mi dispiace. - Michael pronunciò queste parole a voce bassa, visibilmente imbarazzato.

Andy nemmeno gli rispose.

Distolse lo sguardo e uscì dalla stanza, scendendo in cortile per fumare una sigaretta. Non sapeva dire cosa di quella scena gli avesse dato davvero fastidio: di certo non la scoperta che anche Michael fosse gay. Forse, più di tutto, gli bruciava il fatto di aver provato ad aprirsi con lui e aver ricevuto in cambio l'assistere ad una scena quanto meno imbarazzante.

Sospirò: doveva calmarsi, poi gli avrebbe detto il fatto suo. E avrebbe cambiato stanza, in modo da non permettergli più di provare ad attaccare bottone. E...

- Andy? Sapevo che ti avrei trovato qui.

Michael gli si avvicinò, poggiandosi contro il muretto al quale era poggiato anche Andy.

- Che c'è? Il tuo ragazzo se n'è andato? - la voce di Andy risuonò parecchio acida e infastidita – Forse non ha gradito l'interruzione, no?

- Senti, te l'ho detto. Mi dispiace.

- Avresti potuto dirmelo prima che avevi bisogno della stanza libera e risparmiarmi questa figuraccia! Dio, ti rendi conto dell'imbarazzo? - lo aggredì Andy.

Michael si grattò la nuca.

- Sì, ma... Insomma, non è successo nulla di grave in fondo, no? A meno che ti dia fastidio il fatto che sono gay.

Quelle parole gelarono il sangue di Andy. Michael le aveva pronunciate con uno strano tono dimesso, rassegnato, diventando serio all'improvviso.

- No, non è quello, ci mancherebbe. Avrei solo preferito che mi chiedessi di stare alla larga dalla nostra stanza per un paio d'ore, ecco tutto.

- Oh, beh, non ci ho fatto caso, dico sul serio... E forse avrei dovuto anche dirtelo, credo, che sono omosessuale. Ma vedi... l'anno scorso ho avuto problemi con il tizio che stava in stanza con me, non gli andava giù il fatto che avessi certe preferenze. Quindi preferisco farmi gli affari miei.

- Anche io.

- Anche tu cosa? Preferisci stare sulle tue? Guarda che me ne sono accorto. - una risatina ironica e poi il silenzio necessario ad accendersi una sigaretta.

- No anche io sono gay.

La consistenza delle sue parole gli fu chiara soltanto dopo che le ebbe pronunciate: non si era mai confessato così a bruciapelo con nessuno, nemmeno con il suo migliore amico a quindici anni, quando l'idea di un corpo maschile che lo attirava gli faceva una paura tale da spegnere ogni scintilla di eccitazione.

- Oh beh, almeno non sono il solo! - fu il commento di Michael – Iniziavo a temere di essere l'unico.

- Beh, c'è il tuo ragazzo, no? - questa domanda costò una fatica immane ad Andy.

Lo stomaco gli si attorcigliò improvvisamente, spiazzandolo del tutto. Cos'era adesso quella strana sensazione di sollievo all'idea che il suo compagno di stanza non fosse così irraggiungibile?

- Oh, Robert. Sì, hai ragione. Anche se le cose non sono molto semplici.

Michael sorrise tristemente, poi scosse la testa, come a voler scacciare via tristi pensieri.

- Allora? Posso considerarmi perdonato per quel che è successo? Dai, andiamo a bere una birra, d'accordo?

Negli anni Andy avrebbe imparato come riuscire a farsi perdonare di tutto fosse una delle caratteristiche predominanti di Michael. Gli bastava guardarlo e sorridere in un certo modo, anche senza dire una parola, per fargli dimenticare qualsiasi cosa.

Nonostante l'arrabbiatura di quella sera, Andy aveva dimenticato tutto nell'esatto momento in cui avevano varcato la soglia del pub e Michael aveva ripreso a parlare come se nulla fosse successo.

Gestire l'attrazione non era più semplice come prima: barricarsi dietro muri di cartone non bastava a nascondersi a lungo da Michael e dal calore delle sue parole, così come la voglia di sfiorargli almeno le mani si faceva sempre più viva e forte, come il bisogno d'acqua dopo che non si è bevuto per tre giorni di seguito.

Quella birra insieme, Andy non l'avrebbe mai dimenticata, così come non avrebbe dimenticato la gestualità di Michael e il suo modo di coinvolgerlo nella discussione.

Una volta tornati nella loro stanza, Michael gli disse:

- Mi dispiace per quello che è successo. Non volevo mancarti di rispetto, dico davvero.

- Tranquillo, è tutto a posto. Non avrei dovuto prendermela in quel modo. Sono stato impulsivo, come al solito.

Si era messo a ridere, cercando di stemperare la tensione e poi si era infilato quasi subito sotto le coperte, mormorando un “buonanotte” stentato, impaziente di mettere fine a quella giornata così strana, nella quale tutto ciò che aveva creduto fino a quel momento era stato messo in discussione e rivoluzionato in modo radicale.

 

Non è stato difficile innamorarmi di te, Michael. Non solo perché eri dannatamente bello e bastava un tuo sorriso per trasmettermi ottimismo, ma soprattutto perché hai continuato a tendermi la mano nonostante io ti respingessi ogni volta.

Io avrei perso la pazienza, credo. Non avrei cercato tanto a lungo di attirare l'attenzione di qualcuno che faceva di tutto per tenermi a distanza.

O forse, almeno inizialmente, volevi solo essermi amico. Aiutarmi ad uscire dal guscio e ad essere meno diffidente nei confronti di chiunque.

Chissà, magari ho scambiato amore e amicizia quando mi sono arreso all'idea di essermi innamorato. Ma tu c'eri comunque ad aspettarmi, Michael, e non ti sarò mai abbastanza grato per questo.

 

***

 

Quando Andy finisce di parlare, si è fatta quasi mezzanotte.

Elena si chiede come abbia fatto il tempo a volare così velocemente. Andy le sembra rilassato, come se i ricordi l'abbiano reso meno triste, in qualche modo. I lineamenti del suo volto sono più distesi, più dolci.

- Accipicchia, deve essere davvero imbarazzante trovare Michael in una situazione del genere! - ridacchia.

- Sì, l'avrei volentieri sbattuto fuori dalla stanza senza vestiti. - ribatte Andy.

I suoi occhi parlano di nostalgia e malinconia, ma allo stesso tempo brillano di una luce nuova, come se Michael in qualche modo fosse ancora lì accanto a lui.

- Sembri stanco. - osserva poi Elena.

- Sì, beh... Più o meno. Domani mattina devo anche alzarmi presto per il tirocinio. Mi dispiace lasciarti da sola, ma devo finire necessariamente le ore prima della metà del mese e ho da recuperarne un bel po'.

Elena annuisce.

- Tranquillo, non pensare a me. A dire la verità mi sento invadente a stare qui in casa tua anche quando non ci sei.

- Non... non preoccuparti. La solitudine stava iniziando a farmi davvero male.

Le ultime parole lasciano l'amaro in bocca, sembrano cariche di mille sottintesi che non può afferrare, ma Andy si è fatto scuro in viso, come se stesse pensando a qualcosa di spiacevole.

- Sai, ho detto di te a mia madre. - sorride Elena, tentando di cambiare argomento.

- A tua madre? - Andy non sembra esattamente contento della cosa.

- Sì... beh, in realtà non avevo ancora intenzione di farlo, volevo aspettare di tornare a casa, ma le ho detto che sarei rimasta da te e lei stava iniziando a preoccuparsi e mi è venuto spontaneo dirle che potevo fidarmi di te perché eri il ragazzo di Michael.

Elena parla velocemente, come quando è agitata e vorrebbe dire mille cose tutte in una volta. Arrossisce quando finisce di raccontare tutto, come una bambina colta a combinare un guaio.

- Mi dispiace. - dice alla fine.

- Perché, scusa?

- Magari avrei dovuto chiederti se andava bene, se potevo dirlo a mia madre.

Maledice la sua impulsività, mentre si torce le mani e aspetta che Andy le risponda. Il giovane ha lo sguardo cupo, come se volesse rimproverarla.

- Avrebbe dovuto saperlo, prima o poi. E forse è anche meglio, no? O beh, in realtà non so più cosa sia giusto e cosa sbagliato. Temo di aver perso di vista la realtà.

La voce di Andy è di nuovo tornata amara e priva di espressione.

- Mamma adorava Michael, sai? È stato orribile per lei... per tutti noi... quello che è successo. - una punta di dolcezza colora le parola di Elena – Per lei non avrebbe fatto alcuna differenza.

Andy si stringe nelle spalle.

- Mi dispiace che Michael non le abbia mai detto nulla. - risponde – Io ho cercato di convincerlo più di una volta che non sarebbe andata male com'è andata con i miei, ma lui aveva paura di deludervi.

Ed è quasi come se volesse giustificarlo, assolverlo dal suo silenzio e dalle sue bugie.

Giustificazioni delle quali, in fondo al cuore, Elena non sente alcun bisogno. Non tanto perché non serviranno a far tornare indietro Michael, ma perché lei non è mai stata arrabbiata con lui. Forse ferita, all'inizio, ma poi è passato tutto, anche grazie al fatto di aver conosciuto Andy.

- Ha detto che le piacerebbe conoscerti, prima o poi. - sorride infine – Penso che le staresti simpatico.

Andy non risponde subito. Lascia passare qualche attimo, prima di dire, a voce bassa:

- Potrebbe succedere.

Non è una vera e propria domanda, quanto una constatazione. Prima che Elena trovi il modo di replicare, Andy le dice che è davvero stanco e che vorrebbe andare a dormire.

- Domani mattina ti lascio le chiavi di casa sul tavolo della cucina, d'accordo? Magari vuoi fare un giro mentre io non ci sono.

- Grazie, Andy. Grazie di tutto.

Grazie per farmi sentire parte di un mondo che non mi appartiene.

Grazie per le tue parole.

Più tardi, quando tutta la casa sembra essere scivolata nel sonno, Elena è l'unica che non riesce a dormire. Fissa l'orologio sul comodino, contando i secondi che separano lo scorrere dei minuti. E pensa a Michael, il suo adorato fratello, a tutto quello che non sapeva di lui e che adesso sta faticosamente ricostruendo grazie ai racconti di Andy.

Ma c'è qualcosa che i ricordi non potranno mai restituirle. La concretezza delle mani di Michael che le facevano il solletico, ad esempio. O la sua voce entusiasta che le raccontava di qualche nuova astrusa scoperta scientifica.

Più di ogni altra cosa, manchi. E non c'è nessun'altra cosa al mondo che vorrei più di vederti tornare da me.

 

Elena si sveglia alle dieci del mattino, con la stanza inondata dalla luce e la sensazione di aver dormito a lungo.

Si alza e si stiracchia, gettando uno sguardo allo specchio che riflette la sua immagine imbronciata e la maglietta enorme con la faccia di Topolino che usa per dormire. uno dei regali che Michael le aveva portato l'anno precedente dopo essere stato tre mesi in Florida per motivi di lavoro. Il fratello aveva sbagliato taglia, prendendo un indumento due taglie più grandi della sua, attirandosi così le sue prese in giro sul fatto che non ne capisse nulla di abbigliamento.

Una volta scesa in cucina e trova Luna ad attenderla. Il cane le va attorno cominciando a scodinzolare e ad abbaiare festosamente, così Elena resta a giocare un po' con lei e a farle le carezze sulla pancia.

- Sei bellissima. Scommetto che Michael ti adorava, non è vero? - mormora con un sorriso triste.

Riesce quasi ad immaginare suo fratello che passava le ore a giocare con lei, a lisciarle il pelo e a lanciarle oggetti da rincorrere.

La morsa della malinconia la attanaglia improvvisamente, riempiendole gli occhi di lacrime.

Da piccoli lei e il fratello avevano fatto fronte comune per avere un cane – in realtà Elena aveva solo cinque anni e ripeteva ai genitori ciò che sentiva dire a Michael – ma avevano ottenuto soltanto dei netti rifiuti, con la scusa che il padre era allergico al pelo degli animali.

E Michael per consolarla le aveva promesso che da grande avrebbe avuto almeno tre o quattro cani e lei sarebbe potuta andare a trovarlo ogni volta che avesse voluto.

Avresti potuto condividere Luna con me.

E anche la tua storia con Andy. E i tuoi sogni, i tuoi desideri.

Non lasciarmi così all'oscuro di tutto.

Per un attimo il rancore che credeva di non provare più prende il sopravvento ed Elena prova il fortissimo desiderio di avere Michael davanti per urlargli contro e sfogarsi.

È talmente immersa in questi cupi e tristi pensieri che non si accorge nemmeno del cellulare che inizia a suonare. Si asciuga velocemente gli occhi, come se chi sta telefonando potesse vederla e risponde.

- Elena, ti ho svegliata? - la voce di Andy sembra sinceramente preoccupata.

- No, no, tranquillo. Stavo cercando il latte in frigorifero e avevo lasciato il cellulare in soggiorno.

- Terzo ripiano, dovrebbero essercene due bottiglie.

- Okay, grazie. Come mai mi hai telefonato? È successo qualcosa?

- Nulla, tranquilla. Sono solo in pausa caffè, così ti ho telefonato per sapere come te la stavi cavando.

Sembra che Andy abbia scelto il momento meno adatto per chiederle come sta, ma Elena ricaccia indietro le lacrime e risponde che sì, va tutto bene e che dopo aver fatto colazione ha intenzione di andare a fare un giro.

Quando poggia il telefono sul tavolo e si ritrova di nuovo sola, quasi le sembra di capire come deve essersi sentito Andy quando Michael non è più tornato a casa.

Quel senso di vuoto che deve averlo circondato e inghiottito adesso fa male anche a lei, stringendola in una morsa d'acciaio che non vuole saperne di allentare i suoi denti aguzzi e lasciarla tornare a respirare normalmente.

                    ___________

No, ma xD

Non vi abituate a questa velocità di aggiornamento. Questo capitolo è uscito praticamente da solo, nemmeno io so come. Devo dire che non sono pienamente soddisfatta del risultato *rolls* ma temo che sia perché c'è meno angst del solito. Cioè, in realtà la fine del capitolo vira abbastanza sull'angst, ma il flashback è volutamente più leggero, quasi comico.

Certo, io a beccarmi Michael nudo a letto con un tizio avrei avuto tipo un infarto, quindi Andy e la sua calma (??? vogliamo chiamarla così? :D) sono invidiabili. Beh, ma voi che ne dite, il nostro Andy era già palesemente cotto del suo compagno di stanza? Lui si ostina a negare, ma io ho qualche dubbio...

Comunque, non so quando arriverà il prossimo aggiornamento. A parte che devo necessariamente mettermi a studiare e scrivere la tesi, ho dei progetti da portare avanti, fra cui un racconto di cui alcuni di voi hanno visto qualche spezzone su Facebook (qui e qui), più qualche cosina a sorpresa.

Ma la cosa più importante è che devo ringraziarvi di cuore per l'accoglienza che avete riservato allo scorso capitolo: 21 recensioni, sono ancora incredula, più nuovi lettori che si mettono in pari. Senza contare che mi avete scritto parole bellissime, che rendono quel numero ancora più importante per me **

Insomma, che dirvi? Continuate in questo modo, non sapete quanto piacere mi fa leggere le vostre impressioni su ciò che vi colpisce della storia, mi sembra di sentirvi veramente più vicini.

Ringrazio in particolar modo Kaite che, dopo aver cominciato la lettura, mi ha disegnato Michael e Andy sul dondolo, come nel prologo. Guardate che bello questo disegno.

Sproloquio finito, spero di aggiornare presto nonostante le premesse che vi ho fatto ^^

Aika.

 

 

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Capitolo 13
*** Elena - Le favole in cui credere ***


Nuova pagina 1

Elena - Le favole in cui credere.

 

 

 

 

Quando Elena era piccola, adorava le favole che la madre le leggeva ogni sera prima di metterla a dormire. Adorava il suono delle parole, il modo in cui tutte insieme una di fila all'altra formavano frasi e poi storie. Pensava che prima o poi le parole si sarebbero animate come ombre sul muro, avrebbero avuto vita propria e le avrebbero narrato le favole senza che ci fosse il bisogno che qualcuno le leggesse.

Quando poi aveva scoperto che c'era un modo per mettere su carta le lettere era stata letteralmente entusiasta e convinta di avere acquisito chissà quale potere magico, nemmeno fosse diventata un'eroina dei cartoni animati.

Con gli anni aveva capito che la magia non esiste, ma aveva continuato ad amare le parole e il loro modo di intessere e dar vita a discorsi, storie o semplicemente a frammenti d'esistenza.

Adesso, con Andy, la magia nella quale credeva quando era piccola sembra essersi rinnovata. Le parole le danno l'opportunità di immaginare Michael, come se potesse vederlo mentre studia o mentre prova maldestramente a cucinare qualcosa.

Eppure le parole a volte sono bugiarde.

Creano l'illusione di poter davvero evocare una realtà concreta, invece di fantasmi che con la magia non hanno niente a che fare.

A volte Elena sembra credere che ancora le parole possano compiere le magie di quando era piccola e si ostina a non darsi per vinta anche se non succede nulla. Michael - la sua essenza - è sempre più vicino, potrebbe sfiorarlo se si sforzasse un po' di più, se bevesse ancora le parole di Andy, se le intrappolasse nel suo cuore.

- Dici che ti sta facendo bene stare qui? - le chiede Andy un giorno.

Mi fa davvero bene?

Elena ci ha pensato più di una volta, ma non riesce a darsi una vera risposta. Essere lì la fa sentire stordita a volte, ubriacata da quelle parole nuove, così diverse da quelle che è sempre stata abituata ad ascoltare.

- Credo di sì. - risponde, semplicemente, stringendosi nelle spalle. - Se non fossi qui, se non avessi mai trovato il diario di Michael, adesso sarei chiusa in camera mia a piangere, credo. In questo modo è diverso.

Ora c'è la consapevolezza che qualcuno porta sulle spalle il suo stesso dolore e che condividerlo servirà a rendere il fardello meno pesante, nonostante la ferita ancora aperta.

Il dolore scivola più delicatamente sulla sua pelle, non graffia fino a lacerarla, anche se la sua presenza è ancora forte.

- Andy, posso chiederti come sono andate avanti le cose? Intendo, dopo che hai scoperto che Michael era gay, cos'hai fatto?

Fare domande, nonostante tutto, è ancora difficile. Ci sono momenti in cui Elena vorrebbe sommergere Andy di domande, domande che però restano in punta di lingua, senza che lei abbia il coraggio di formularle.

- Nulla.

- Nulla? Pensavo... beh, pensavo che ti piacesse già, no?

- Se hai fretta di arrivare alla fine della storia posso saltare la parte di tutti i film mentali che mi facevo in quel periodo. - sorride Andy – Temo di essere sempre stato un asso nel complicarmi la vita. E Michael è stato un santo ad aspettarmi.

- Oh beh, allora continua a raccontare, ti va?

Elena adora i racconti di Andy. Non solo perché le restituiscono frammenti di Michael, ma perché sono belli, intensi e dai suoi occhi può intuire quanto profondo fosse l'amore che li legava. E in fondo, la fa sentire bene sapere che Michael aveva qualcuno che teneva così tanto a lui, che gli faceva compagnia quando passava le notti a studiare e che lo amava incondizionatamente.

Gambe incrociate sul divano e sguardo attento, Elena segue il movimento delle labbra di Andy come faceva da piccola quando a raccontarle le favole era sua madre. Di nuovo si abbandona alla magia delle parole che prendono vita e danno forma concreta ai ricordi.

E ancora una volta, consapevolmente, scivola in quel mondo che non c'è, del quale immaginare i contorni sembra essere rimasta l'unica cosa in grado di darle il coraggio necessario per provare ad andare avanti.


***


    È stato difficile abituarsi all'idea che che uno come te non uscisse con una ragazza.

Prima di scoprire che fossi gay, tutte le volte che la sera mi lasciavi la stanza dicendo che andavi a fare un giro, ti immaginavo con una ragazza sempre diversa. Una volta aveva i capelli neri e gli occhi verdi, un'altra ancora era bionda e dalla pelle chiarissima. E poi un'altra dagli occhi castani e dal fisico snello. Con ognuna di loro ti immaginavo chiuderti in macchina a fare l'amore e dopo passare ore a tenerle strette pronunciando promesse che non avevi intenzione di mantenere.

E c'era voluto un po' di tempo prima che iniziassi ad essere geloso di quest'idea. O che perlomeno ne prendessi consapevolezza. Che iniziassi ad odiare la tua voce che mi diceva “Sto uscendo. Torno tardi”. Che a quelle parole il mio stomaco si aggrovigliasse, il mio cervello smettesse di elaborare pensieri sensati e si concentrasse sull'immagine del tuo volto teso dall'orgasmo.

Immaginavo di essere con te, a volte. Di essere al posto di quelle ragazze che non esistevano, se non nella mia mente. Toccarti. Disegnare il contorno delle tue labbra. Morderle. Sentirmi in qualche modo tuo.

Ma i miei pensieri – i miei desideri – si esaurivano lì. La certezza che per forza di cose non mi avresti mai guardato in quel modo rendeva rassicurante l'idea di aver perso quella lotta a priori, il dover arrendersi perché non c'era nemmeno il motivo di provarci, ad attirare la tua attenzione.

Saperti come me, attratto da corpi maschili, paradossalmente rendeva le cose più difficili. Non riuscivo più a fare a meno di pensare che forse, prima o poi ti saresti interessato a me. E dopo piombavo nella disillusione, continuando a ripetermi che in realtà eri ancora più irraggiungibile così ed era peggiore la consapevolezza di non essere abbastanza.

E mi perdevo nei miei ragionamenti contorti, passavo ore ad analizzare i miei sentimenti così come avrei fatto con una formula chimica. Eri diventato la variabile di una di quelle formule fisse e immutabili nelle quali avevo sempre preferito rifugiarmi. Eri la x che cambia ogni cosa, quella che stravolge il risultato di operazioni sempre uguali rivoluzionandone persino il significato.

Poi, per calmarmi, mi dicevo che era solo attrazione fisica e che se avessi smesso di rimuginarci sopra, quei pensieri sarebbero svaniti senza che nemmeno me ne accorgessi. Ma era difficile far finta di non provarli, avendoti sempre accanto. Così mi chiudevo nel mio ostinato mutismo e continuavo a difendermi senza sapere che le cose prima o poi avrebbero preso una piega inaspettata.

 

Se Andy aveva imparato a gestire in maniera quantomeno decente il suo rapporto con Michael, non si poteva certo dire che con Allie la conoscenza fosse andata oltre il semplice saluto. Capitava che la ragazza, con un'esuberanza pari a quella di Michael provasse ad attaccare bottone con lui, ma niente di più.

Forse per questo motivo Andy fu stupito quando, un pomeriggio, la settimana prima del Giorno del Ringraziamento, mentre prendeva il consueto caffè prima di iniziare a studiare, se la ritrovò nella sala comune dell'appartamento in sua ricerca.

- Michael non c'è? - chiese, spiccia.

- No, credo sia in biblioteca. Non so nemmeno a che ora torna.

- Perfetto. Dovevo proprio parlare con te. - sorrise Allie.

Andy la guardò incredulo.

- Con me? - ripeté lentamente.

- Sì. La prossima settimana è il compleanno di Michael e io e degli amici stavamo pensando di organizzare una festa a sorpresa per lui, che te ne pare?

Andy scosse la testa, alla ricerca di una risposta da dare. Non che l'idea lo esaltasse particolarmente ma, a conti fatti, non aveva nemmeno un motivo concreto per non essere d'accordo con la ragazza.

- Quando sarà?

- Martedì prossimo, poi mercoledì lui torna dai suoi per il Ringraziamento. L'ho detto giusto ad un paio di amici, potremmo ritrovarci qui per la mezzanotte per gli auguri e per bere qualcosa insieme. A Michael non piacciono le feste caotiche.

Andy si rese conto solo in quel momento di stare bevendo le parole di Allie con urgenza, come se davvero fosse necessario registrare tutti quei frammenti per conoscere qualcosa in più di Michael.

- Okay, mi sembra una buona idea.

- Magari quella sera cercherai di trattenerlo nella vostra stanza mentre noi prepariamo tutto. Ma ne discuteremo più avanti, d'accordo?

Allie gli fece un sorriso enorme e aggiunse:

- Adesso devo scappare al laboratorio di fotografia. Ci vediamo in questi giorni! E grazie per l'aiuto, Andy.

Corse via senza lasciargli il tempo di aggiungere qualcosa. Come ad esempio il fatto che di certo avrebbe dovuto pensare ad un regalo da fare a Michael. Ed era qui che le cose iniziavano a complicarsi: già non aveva particolare fantasia in queste cose, preferiva delegare il compito ad amici e parenti quando era strettamente necessario, ma soprattutto adesso non aveva la minima idea di cosa sarebbe potuto piacere a Michael.

Trascorse i giorni successivi a cercare delle idee decenti, salvo poi scartarle praticamente subito.

Un libro avrebbe dato troppo l'impressione che il regalo provenisse da un secchione, con un cd non era certo di indovinare i suoi gusti musicali, una maglietta gli sembrava un'idea stupida.

Diverse volte fu tentato dall'idea di inventare qualche scusa per evitare di essere presente e trarsi così dall'impaccio, ma in fondo non gli sembrava una cosa carina da farsi.

Forse Michael ci sarebbe anche rimasto male e bastava quell'idea per convincerlo a non desistere dall'intento di esserci.

Il lunedì pomeriggio, mentre vagava per il centro commerciale alla ricerca di un'illuminazione, la sua attenzione venne attratta da un negozietto piccolissimo e pieno di strane cianfrusaglie. Era gestito da un signore di mezza età dai capelli neri e dalla pelle olivastra, probabilmente un nativo americano. Dentro il negozio c'erano tantissimi oggetti etnici, ma quello che attirò principalmente Andy fu un acchiappasogni appeso proprio accanto alla cassa.

- Gli acchiappasogni non sbagliano mai, ragazzo. - gli disse il proprietario, accortosi di come lui fissava quell'oggetto.

Andy pensò per un attimo a Michael e alla reazione che avrebbe potuto avere: forse si trattava di una cosa particolare, che avrebbe presupposto un po' più di confidenza fra loro. Però Michael sembrava il tipo che apprezzava certe novità e oltretutto l'idea di un oggetto creato per acchiappare i sogni – per lui che ne aveva tanti – ad Andy sembrava molto suggestiva.

Chiese all'uomo quanto costasse, cercando di non pensarci troppo altrimenti avrebbe finito per cambiare idea, insicuro com'era delle sue decisioni.

- Deve fare un regalo? - chiese il negoziante, prendendo l'acchiappasogni dalla parete.

- Mh. Sì. - rispose Andy, distratto. Era già perso nei suoi pensieri, immaginava la reazione di Michael. Ne aveva un po' paura, a dire il vero. Forse sarebbe stato meglio un libro su un argomento qualunque, magari quel romanzo che stava da mesi nella classifica dei più venduti...

Che poi, perché si stava facendo tutti quei problemi? Gli importava davvero così tanto che il suo regalo piacesse a Michael? O era solo perché detestava fare brutte figure, non importava in che ambito?

Il giorno dopo Allie gli mandò un messaggio con scritto che il suo compito sarebbe stato distrarre Michael fino a che lei e tutti gli altri non avessero finito di sistemare il soggiorno. Così, verso le nove e mezza, Andy chiese a Michael se poteva aiutarlo a risolvere dei problemi di fisica. Non avrebbe potuto trovare niente di più adatto, dato che Michael perdeva ogni concezione del tempo che passava quando si trattava di spiegare fisica e matematica.

- Saresti un ottimo insegnante. È quello che hai intenzione di fare dopo la laurea?

- Non lo so. Non ci ho ancora pensato. - rispose Michael, stiracchiandosi leggermente e sorridendo come se fosse pensieroso – Forse mi piacerebbe.

Andy ripensò a quando, il primo giorno che si erano conosciuti, gli aveva detto di voler scoprire una stella.

- Non prima di aver scoperto una nuova stella, giusto?

- Già! - sorrise Michael, un po' imbarazzato – Ti sembra un desiderio stupido?

- Nessun desiderio è mai stupido. - ribatté Andy con serietà.

E improvvisamente tutti i suoi dubbi sul regalo che gli aveva preso svanirono: Michael non lo avrebbe trovato insignificante. Non lui che credeva così tanto nei suoi sogni.

Nessuno dei due si era accorto che si era quasi fatta mezzanotte tanto che, quando Kevin andò a bussare alla loro porta per dire loro di uscire, Andy nemmeno ricordava più il motivo per cui era rimasto chiuso in camera per due ore e mezza con Michael.

L'appartamento era completamente al buio, tanto che i due dovettero camminare a tentoni prima di trovare l'interruttore della luce. Non appena Michael la accese, i suoi amici gli fecero un applauso e gli gridarono i loro auguri di buon compleanno. Andy rimase un po' in disparte, come imbarazzato, non pienamente a suo agio.

- Ehi, ma tu lo sapevi? - gli chiese Michael più tardi, mentre entrambi sorseggiavano del vino bianco.

- Sì, l'altro giorno Allie mi ha chiesto di aiutarla. No, beh, il mio compito era semplicemente tenerti in camera fino a quando loro non avessero preparato tutto! - ammise Andy, sciogliendo la tensione in un sorriso.

- Grazie! Davvero, è stata una bellissima sorpresa.

Non sfuggì ad Andy il fatto che Michael si guardasse continuamente intorno, come alla ricerca di qualcosa.

O di qualcuno.

Il pensiero che potesse trattarsi di Robert gli arrivò come un pugno allo stomaco.

- Va tutto bene? - si costrinse a chiedere, cercando di riportare l'attenzione del compagno di stanza su di sé.

- Sì, sì, certo. - in quel momento il cellulare di Michael squillò, così lui si allontanò per rispondere, lasciandolo da solo.

Moriva dalla curiosità di sapere perché Robert non fosse lì. Non era da lui farsi insistentemente queste domande sulla vita altrui, ma Michael – da troppo tempo – non era più uno sconosciuto qualunque. Avrebbe voluto chiederlo ad Allie, cosa fosse successo, sarebbe stato l'unico mezzo per non commettere una gaffe imbarazzante.

Rientrò nella sua stanza per recuperare il regalo di Michael che aveva lasciato dentro un cassetto. Non si aspettava di trovarlo seduto sul letto a discutere al telefono.

- Cazzo, vuoi dirmi che cosa c'è che non va, Rob?

Colse altri brandelli di frase di questo genere già dall'anticamera. Il primo impulso fu quello di andare via, ma qualcosa lo convinse a restare ancora qualche minuto.

- Senti, ha fatto tutto Allie, io non ne sapevo nulla! Poi beh, non penso che ti sarebbe importato. Sai com'è, non è nemmeno il caso di farsi vedere con uno come me.

Quelle parole gli gelarono il sangue nelle vene, più per l'amarezza con la quale erano state pronunciate che per il loro effettivo significato.

- No, beh, sai una cosa, Rob? Vaffanculo!

Michael chiuse la chiamata e solo in quel momento Andy pensò che fosse il momento adatto per raggiungerlo. Una parte di lui avrebbe preferito tornare indietro, ma Michael avrebbe sentito il rumore della porta scostata e si sarebbe accorto di lui.

Tossicchiò leggermente, prima di mormorare:

- Va tutto bene?

- Sì... No, beh, non lo so. Ho litigato con Robert.

- Ho... ho sentito qualcosa. Scusami, non volevo spiarti, ma ero venuto a cercare una cosa e...

- Tranquillo. Tanto lo sanno tutti che fra me e Robert va uno schifo. Non so nemmeno per quale motivo continuiamo a stare insieme.

Era la prima volta che Andy vedeva Michael giù di morale. Stava sorridendo tristemente, come se pensasse a qualcosa che lo faceva stare male.

- Forse perché sei innamorato di lui? - azzardò.

- Sì, credo. Che poi, non lo so come fa a piacermi uno che non vuole dire a nessuno che stiamo insieme perché i suoi amici odiano gli omosessuali.

Andy rimase a bocca aperta. Non si aspettava che Michael si lasciasse trattare così da un ragazzo, non sembrava proprio il tipo da accettare certi comportamenti, anche se fosse stato davvero amore.

- Secondo me non meriti di farti trattare in questo modo dal primo arrivato. Nemmeno mi sembri il tipo da accettare certe cose. - disse sinceramente.

- È quello che dice anche Allie! - rise Michael – Immagino che prima o poi vi darò ragione! Ma perché non torniamo dagli altri?

Andy annuì, poi lo fermò, prendendolo per un braccio.

- Ascolta, ti ho preso una cosa, per il tuo compleanno.

Andò a prendere la busta con l'acchiappasogni dal cassetto della sua scrivania e glielo porse.

- Spero ti piaccia. Sono stato indeciso fino all'ultimo momento.

Abbassò lo sguardo e si grattò la nuca, mentre Michael lo ringraziava e scartava il pacchetto.

- Un acchiappasogni? - la voce di Michael era stupita.

- Già, non sapevo cosa prenderti, non volevo qualcosa di troppo banale e ho trovato questo. Ma se non ti piace posso cambiarlo...

Michael non lo lasciò nemmeno finire di parlare e andò ad appendere l'oggetto sulla parete, proprio in mezzo ai loro letti.

- Ecco fatto! Così si darà da fare per i sogni di entrambi, che ne dici? - il suo sorriso era disarmante e sincero, tanto che Andy dimenticò per un attimo tutte le sue incertezze e i suoi dubbi riguardo quel regalo e riuscì persino a sorridere di rimando.

- Grazie Andy, è uno dei regali più originali che abbia mai ricevuto.

- Figurati.

Le labbra di Michael erano così vicine che se si fosse sporto per un attimo avrebbe potuto baciarle. Sarebbe stato solo un attimo, perdersi in un bacio dal sapore sconosciuto e poi riprendere la solita vita, senza illudersi che un bacio potesse cambiare la situazione.

Come aveva fatto a lasciarsi trascinare da un sentimento che aveva cercato di reprimere per mesi, per Andy restava solo un mistero. Era sempre stato abituato a non lasciarsi catturare da nessuno in quel modo, a tenere alte le barriere per non lasciarsi veramente toccare.

Adesso invece Michael aveva davvero scardinato il suo mondo e quello che faceva più male era che non ci sarebbe mai stata la possibilità che lui si accorgesse quanto aveva cambiato nella sua vita.


***

 

- Il ragazzo di Michael non voleva dire a nessuno che stava con lui?

Elena è rimasta sorpresa a questa affermazione, tanto che è proprio quella che le è rimasta più impressa.

- Sì. Faceva parte di non so che squadra sportiva dell'università e aveva paura che la sua identità sessuale avrebbe potuto causargli casini. Così lui e Michael uscivano sempre da soli e quasi di nascosto. Non so, in fondo non mi sono mai sentito di giudicarlo. Lo detestavo già abbastanza perché stava con Michael. - ironizza Andy.

- Ma Michael ha fatto la stessa cosa. Non è coerente! - osserva Elena, sentendo un peso sullo stomaco.

- Michael aveva paura di perdervi. I nostri amici lo sapevano, che stavamo insieme. Ma lui diceva che non gli sarebbe importato perdere loro, che non sarebbero comunque stati dei veri amici se non ci avessero accettato

- Perché lo difendi? - Elena si sente improvvisamente infastidita, come se la rabbia stesse per avere il sopravvento.

- Perché so quello che provava. So quanto si sentiva in colpa ogni volta che gli chiedevi se aveva una ragazza e quante volte abbiamo parlato del fatto che volesse raccontarvi la verità. E voleva farlo prima di... Hai letto la sua agenda, no? Se non ci fosse stato l'incidente...

Andy si blocca, non riuscendo ad andare avanti.

Gli occhi di Elena si riempiono di lacrime all'idea di come sarebbero diverse le cose se Michael fosse ancora con loro.

Fa un respiro profondo, prima di chiedere:

- Ce l'hai ancora quell'acchiappasogni?

Dirottare la discussione su qualcosa che fa meno male è forse il modo migliore di sistemare la situazione. Anche Andy deve essersene reso conto, tanto che annuisce subito e le dice di seguirlo nella sua stanza.

L'acchiappasogni è appeso sulla parete sopra il letto di Andy. E di Michael.

Fa uno strano effetto per Elena immaginare il fratello dormire abbracciato ad Andy fra quelle lenzuola. Non le è mai capitato di pensare come concretamente fossero Michael e Andy insieme, all'effetto che facesse vederli baciarsi o semplicemente tenersi per mano.

- È davvero bello. E sì, è anche un regalo originale. Oltre che fatto davvero con il cuore. - commenta, lasciando scorrere lo sguardo per la stanza.

Ed è una sottile gelosia che la coglie mentre si avvicina al letto e accarezza delicatamente una fotografia di Michael che ride e bacia Andy su una guancia.

Avrei voluto esserci.

Un pensiero costante, che si ripete ogni volta che Andy le racconta un tassello diverso della vita insieme al fratello.

- Stavate bene, insieme. - commenta con un sorriso.

- Grazie.

Elena è sempre più convinta che avrebbe adorato vedere Michael e Andy insieme. Avrebbe giocato ancora una volta a fare la sorellina minore di Michael, lasciandosi viziare e coccolare da entrambi. Passa le notti a fantasticare su come sarebbe stato.

Lo squillo del telefono di casa interrompe la quiete creatasi durante tutto il pomeriggio.

Andy va a rispondere ed Elena sente la sua voce diventare fredda e scostante mentre si rivolge al suo interlocutore.

- Che cosa vuoi, David?

 

 

_______

 

 

Visto, non vi ho fatto aspettare più del solito u____ù

In questi giorni avrei dovuto studiare, ma ovviamente mi sono messa a scrivere.

Che ne pensate del regalo che Andy ha fatto a Michael? Credo che qualcuno - dallo spoiler che ho messo su Facebook - si aspettasse di vedere almeno un bacio, ma per quello bisognerà aspettare. Vi ricordo che parliamo di Andy u___ù

Non voglio annoiarvi troppo, stavolta.

Vi dico solo che il capitolo è dedicato a LittleHyena che ha aiutato me ed Andy a scegliere il regalo (vi giuro che tutti quei flash mentali me li sono fatta anche io *rolls*), a Kaite che per non farmi perdere troppo tempo ha preparato l'immagine del capitolo e a Misa_Sunshine che ha segnalato la storia per le scelte (con che coraggio? °-°).

E anche a tutti voi che recensite e mi lasciate tante parole stupende che divoro letteralmente ^^

In ultimo, sappiate che ho aperto un gruppo su Facebook dedicato alle Original Slash. Si tratta di un gruppo di folli, se volete richiedere l'accesso sarete i benvenuti ^^

Credo di non aver dimenticato nulla, ci sentiamo al prossimo capitolo ^^

Aika.


 

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Capitolo 14
*** A voce alta ***


A voce alta.

foto

 

Essere più piccolo dei suoi fratelli non è mai stato un problema, per Andy.

Anzi di solito era un vantaggio. Quando era solo un bambino era quello più coccolato e vezzeggiato. Eleanor si divertiva a giocare con lui come se fosse un bambolotto, mentre David gli insegnava a giocare a calcio anche se lui era quasi più piccolo della palla e non riusciva nemmeno a tenerla fra le mani.

Allora era bello, essere il più piccolo di casa, nonostante a volte Andy sbuffasse quando i fratelli si rinchiudevano in camera a parlare di cose “da grandi” e lo tagliavano fuori dai loro discorsi.

Poi, col passare degli anni, la nozione di figlio minore gli era cominciata a stare stretta ed era diventato più difficile essere tale.

Tutto quello che faceva era già stato fatto dai fratelli, fosse un compito in classe o una vittoria sportiva e c'era sempre il metro di paragone a pesargli addosso e a farlo sentire inadeguato. Le loro strade si sono separate da tempo, lui studia medicina, sua sorella è avvocato e suo fratello ingegnere, ma non è cambiato il modo in cui cercando di imporgli il loro punto di vista, mascherandolo da voglia di proteggerlo e fargli capire qual è la via giusta da prendere.

Michael non è mai stato la via giusta, secondo loro. Hanno tentato di farglielo capire in maniera diversa rispetto le urla e gli improperi del padre, ma il succo del discorso era sempre lo stesso, tanto che un giorno Andy si è stancato e ha chiesto di non seccarlo più con la stessa tirata.

Adesso, nel sentire la voce di David, si irrigidisce involontariamente e la sua voce diventa più fredda mentre il fratello gli chiede come sta e gli fa le solite domande di cortesia.

- Sto bene, Dave. Mi dici che è successo?

- Nulla, Andy. Volevo solo sentirti. È da tanto che non ti telefonavo. E ho ormai perso le speranze che sia tu a farlo.

A volte Andy si chiede se i suoi fratelli abbiano capito che è stato suo padre a rompere i ponti con lui, a chiamarlo frocio schifoso e ad intimargli di non rimettere più piede in casa. Nonostante questo, David, e anche Eleanor, si ostinano a far finta che sia stato lui ad allontanarsi volontariamente dalla famiglia.

- Mh.

- Eleanor mi ha detto di quello che è successo al tuo... ragazzo.

Non lo dice con cattiveria, ma il suo tono di voce risulta lo stesso distaccato, come se ancora l'idea di avere un fratello omosessuale continui a dargli fastidio.

E ancora la ferita torna ad aprirsi, come se qualcuno ne scavasse i contorni con un bisturi, stando attento a lacerare la pelle pian piano, per fare più male.

- Già.

Andy è diventato bravo ad estraniarsi del tutto quando è costretto in qualche modo ad accennare a quello che è successo. Quasi si stupisce della sua calma, come se stesse riferendo una notizia come un'altra, invece di un evento che l'ha emotivamente distrutto.

- Mi dispiace, Andy.

Per quanto quelle parole sembrino sincere, Andy è nauseato dal sentirle. David è l'ultima persona alla quale permetterebbe di consolarlo e dal quale vorrebbe farsi vedere soffrire.

- Dave, ho degli ospiti di là, ci sentiamo un'altra volta?

O, meglio ancora, risparmiati le telefonate.

- Oh, sì, sì va bene. Volevo solo dirti... Fra qualche giorno passo a Greenville per lavoro, ti andrebbe di vederci per pranzo? O anche solo per bere qualcosa.

La risposta arriva ancora prima che Andy possa elaborarla.

- No, meglio di no, Dave. Non adesso, perlomeno. Non sto passando un bel periodo e ho bisogno di stare da solo.

Liquida i dubbi del fratello con poche altre parole di circostanza, tirando un profondo sospiro di sollievo quando finalmente mette giù il telefono.

- Va tutto bene? - chiede Elena, quando lui la raggiunge di nuovo nella sua stanza.

Si porta una mano alla testa, prima di fare un vago cenno di assenso.

- Chi era al telefono?

- David. Mio fratello.

Fratello.

Forse era suo fratello quando da piccoli giocavano a pallone, ma ha smesso di esserlo quando in tutti i modi cercava di fargli capire quanto stesse sbagliando a mettersi contro la sua famiglia per amore di Michael.

Te lo dico per il tuo bene, continuava a ripetere, mentre mangiavano qualcosa alla mensa dell'università, dove lui andava a trovarlo. Finirai per soffrire.

E di soffrire, adesso soffre, solo in modo completamente diverso dal modo in cui gli era stato prospettato.

Stringe i denti, in un moto di rabbia.

- Non ci parliamo da un po' di tempo. - spiega ad Elena, sperando che la ragazza capisca che non ha voglia di portare avanti la discussione. Fortunatamente lei non obietta nulla, anzi abbozza un timido sorriso.

- C'era una cosa, dell'agendina di Michael, che mi era piaciuta molto. Credo di aver quasi pianto quando l'ho letta. Ti va di vederla?

In realtà non sa se è ancora pronto a riprendere in mano quel diario, sfogliarlo e provare a decifrare i pensieri di Michael. Ma Elena sembra convinta che potrebbe fargli bene.

- Eccola, la tengo in questo cassetto! - le dice, dopo che sono scesi in soggiorno.

Elena fa scorrere le pagine velocemente, fino a fermarsi a ciò che evidentemente stava cercando. Gli porge l'oggetto, ma lui le chiede:

- Leggi tu, per favore.

La voce di Elena non ha nulla a che vedere con quella di Michael. Ha un timbro femminile, e non è roca e carezzevole come la sua, ma è dolce, e, nonostante sembri sul punto di spezzarsi per le lacrime, ad Andy piace ascoltarla leggere le parole di Michael, come se la ragazza lo stesse cullando.


     Andy ha detto ai suoi che è innamorato di me.

Vorrei avere la sua stessa forza e il suo stesso coraggio di affrontare le cose.

Suo padre gli ha detto che è un frocio schifoso e che non vuole più vederlo e lui l'ha presa male. Non vuole ammetterlo, ma me ne rendo conto dal suo sguardo. È diventato triste e sfuggente, inoltre parla davvero poco, come quando c'è qualcosa che non va.

A volte mi chiedo se merito davvero quello che ha fatto per me, vorrei essere davvero all'altezza di meritare questa ribellione nei confronti della sua famiglia. In grado di dargli tutto quello di cui ha bisogno. E credo che non basti un bacio o un abbraccio, per ringraziarlo di tutto questo. Questi sono i momenti in cui mi sento davvero inutile e vorrei trovare un modo per rimediare a tutto quello che non riesco a fare.

 

Quando Elena finisce di leggere, hanno entrambi gli occhi lucidi. Andy di accorge di stare tremando come se avesse freddo.

- Credo che Michael fosse davvero felice con te, Andy. E in fondo quest'idea rende felice anche me. Sai, sapere che stava bene, anche se non me lo raccontava.

Andy continua a pensare alla discussione con David, a quello che gli direbbe adesso, a mente fredda. Non ricorda di aver mai chiesto ai fratelli se per loro contasse qualcosa la sua vita e la sua felicità, mentre per Elena è questa l'unica cosa importante.

- Vorrei avere una sorella come te, Elena. - ammette dopo qualche attimo.

Una sorella come Elena sarebbe lì ad abbracciarlo, a consolarlo e a lasciarlo sfogare, senza condannarlo per essersi innamorato.

- Beh, stiamo diventando amici, no? Non pensi sia già qualcosa? - ribatte prontamente Elena. Non ci pensa su nemmeno un attimo, prima di dirlo, ed è questo ciò che sorprende di più Andy, da sempre abituato a studiare le persone prima di decidere se vale la pena essere loro amico. A difendersi anche quando non è necessario, per prevenire il male che potrebbe fargli svelarsi troppo.

- Amici? - ripete, confuso.

- Beh, sì. Sai, quando due persone passano del tempo insieme e parlano di cose alle quali sono entrambi interessati... - ride Elena.

Michael.

È davvero questa l'unica cosa che hanno in comune, oltre al dolore per averlo perso? Ed è sulla morte di Michael che hanno gettato le basi per fare amicizia? O c'è qualcosa di più profondo, aldilà di questo, che li ha portati a conoscersi?

Il destino, forse, quello stesso destino che ha imparato ad odiare da quando Michael è uscito di casa per non farvi più ritorno.

- Ehi, ma sai che non abbiamo ancora cenato? - chiede Elena, forse accortasi del suo atteggiamento taciturno.– E sono le undici! Si vede che chiacchierare ci fa bene. - aggiunge ridendo.

- No... Non ho fame. Credo che andrò a leggere qualcosa prima di dormire. - risponde. Poi la sensazione di non starsi comportando esattamente da buon padrone di casa – Anzi, se vuoi preparo qualcosa per te, d'accordo?

- E se ci pensassi io? Non cucino male come Michael, giuro! Non puoi studiare e andare a letto a stomaco vuoto. Allora? Dai dimmi, cosa ti piacerebbe mangiare?

Non sembra più la stessa ragazza sperduta che qualche giorno prima ha bussato alla sua porta chiedendogli di raccontarle la verità su Michael. Con tutta probabilità è molto più forte di lui, o forse ha solo scelto di non mostrare quanto sta male, dirottando i pensieri negativi su altro.

- Io e Michael cucinavamo sempre gli spaghetti quando la notte ci veniva fame. - risponde – Mettevamo solo dell'olio, dell'aglio e del peperoncino. Non so su quale sito avesse trovato la ricetta, roba italiana, credo.

Di nuovo un sorriso malinconico al pensiero delle notti che trascorrevano a chiacchierare davanti ai libri o a mangiare qualcosa nonostante l'ora.

- Oh sì, Michael li adorava. Ma li cucinava lui? Di solito quando era a casa delegava il compito a me o a mia madre.

- Credo ci abbia provato due o tre volte, ma era sempre tutto immangiabile. Così abbiamo deciso di comune accordo che il suo compito in cucina era quello di lavare i piatti, altrimenti avremmo finito per avvelenarci!

Michael era negato in cucina, Andy ripensa ancora alle poche volte che tentava di mettere insieme qualcosa per la cena e finivano puntualmente col dover ordinare una pizza o qualcosa al cinese. Ripensa all'espressione corrucciata di Michael quando lui lo prendeva in giro per la sua incapacità, al bacio con il quale lo faceva smettere di parlare. Alle mani sui fianchi, alla sua voce che mormorava “Beh, ma nessuno è perfetto, no?” e alla conseguente fine di ogni discussione.

- Ci penso, io, Elena. Sai che adesso che ne abbiamo parlato è venuta fame anche a me?

Mentre sminuzza l'aglio nella padella, gli viene naturale pensare alle prime volte in cui lui e Michael hanno iniziato a cenare insieme ai tempi dell'università. Raccontarlo ad Elena, spontaneamente, è il passo successivo. Forse lo fa solo per ascoltare il suono della sua voce ed essere certo che i ricordi abbiano una consistenza e non si confondano con i pensieri della mente, fumosi e spesso fatti di fantasie. O forse è anche per Elena che parla, per renderla parte di un mondo che prima apparteneva solo a lui e Michael, ma del quale adesso è rimasto unico abitante.

 

***

 

A giudicare dalle uscite serali di Michael, lui e Robert dovevano aver fatto pace.

Andy cercava di mostrarsi disinteressato, del resto Michael nemmeno gliene aveva parlato esplicitamente, ma gli era parso di cogliere un certo disappunto nei discorsi di Allie quando capitava che la ragazza si fermasse nel dormitorio a chiacchierare con l'amico.

Una sera gli capitò di vederli baciarsi dalla finestra: era notte fonda e il campus era deserto, forse per questo Robert si stava concedendo quel gesto d'affetto in un luogo che non fosse nascosto. Aveva una mano sul fianco di Michael, mentre con l'altra gli accarezzava il viso.

Andy rimase immobile per qualche attimo, sentendosi infinitamente lontano da Michael e dall'ideale di persona che avrebbe dovuto essere per essere alla sua altezza. Poi vide Michael incamminarsi verso il dormitorio, così si rimise a leggere sul divano, facendo finta di nulla.

Michael spalancò la porta ed entrò portando con sé una ventata di aria gelida. Andy alzò lo sguardo e gli rivolse un cenno di saluto.

- Sei ancora sveglio? Credevo che domani avessi lezione alle otto! - gli disse Michael, con tono di voce intriso di complicità che riservava agli amici.

- Sì, stavo leggendo qualcosa, non ho sonno.

Osservò Michael aggirarsi per la stanza senza cercare nulla di particolare. La sua presenza riempiva il vuoto attorno ad Andy, tutto sembrava ruotare attorno a lui e alla sua straordinaria capacità di tenergli compagnia anche senza dire una parola.

- Fuori inizia a far freddo sul serio. Qui si sta bene. Avete acceso i riscaldamenti? - disse, sfregandosi le mani. Si tolse il giubbotto e lo gettò su una sedia.

- Beh, è normale, siamo quasi in dicembre. - osservò Andy.

- Tu non hai fame? - chiese Michael, avvicinandosi verso il mobile della cucina a grandi passi. Aprì la dispensa e iniziò a frugarvi dentro, forse alla ricerca di un pacco di biscotti.

- Fame? A quest'ora? - Andy si lasciò andare ad una risata incredula e divertita, prima che i suoi occhi incrociassero quelli di Michael e lo stomaco si contraesse misteriosamente.

- Beh, sì. Io e Rob siamo stati in giro fino ad adesso e non abbiamo nemmeno cenato. Dai, fammi compagnia... Ti piacciono gli spaghetti? Sai dove li hanno messi gli altri?

Michael continuava a parlare, ma la mente di Andy si era fermata al nome di Robert. Allora era vero che erano tornati insieme. E lui si era illuso di aver capito male le discussioni di Allie...

- … Solo che avrei bisogno di una mano... Andy, mi stai ascoltando?

- Sì... sì, scusami. Dicevi?

- Ecco, sono un disastro in cucina e avrei bisogno di una mano, altrimenti finisce che do fuoco a qualcosa. - confessò Michael, grattandosi la nuca, come se fosse in imbarazzo. Era spontaneo anche nel confessare le sue debolezze, quei piccoli difetti che agli occhi di Andy lo rendevano più umano, meno lontano dall'ideale di perfezione irraggiungibile che si era creato.

In meno di un quarto d'ora erano seduti a tavola a mangiare e a parlare tranquillamente del più e del meno. Michael raccontava dei bambini dell'ospedale, Andy di un club di chitarra al quale aveva intenzione di iscriversi e il tempo passava senza che se ne accorgessero.

- Quindi... con Robert è tutto risolto? - si costrinse a domandare Andy, mentre risciacquavano i piatti.

- Più o meno. Cioè, la situazione è sempre la stessa. Litighiamo perché evita in tutti i modi di farmi conoscere i suoi amici, anche presentandomi come semplice conoscenza, poi ci lasciamo, poi facciamo pace. Nemmeno nelle soap-opera che guarda mia nonna! - l'ironia finale non riusciva a celare la delusione nei suoi occhi, probabilmente stava davvero male a quella situazione.

- Perché non lo lasci tu, stavolta sul serio? Insomma, se è innamorato di te dovrebbe accettare di mettersi in gioco, no?

Andy non voleva intromettersi così impulsivamente, dispensare consigli non richiesti non era sua abitudine, ma Michael non parve prenderla male.

- Cos'è, tu ed Allie vi siete messi d'accordo? Lei dice sempre la stessa cosa.

Abbassò lo sguardo e mormorò:

- Non è così facile. Un po' capisco quel che prova Rob. Nemmeno io vado in giro a sbandierare la mia sessualità. Ed è normale avere paura, in questi casi.

- Capisco. Però devi trovare un modo per risolvere il problema, no?

Era facile parlare e dispensare consigli, pensò subito dopo, quando lui era il primo ad essere perennemente bloccato in situazioni di stallo dalle quali non provava nemmeno ad uscire. Eppure sembrava facile consigliare agli altri ciò che avrebbe dovuto fare lui.

- Ci proverò, promesso. E tu? - chiese Michael per cambiare argomento. Il suo sorriso era amichevole, ma Andy si sentì lo stesso in imbarazzo per quella domanda diretta.

- Io cosa?

- Esci con qualcuno? Sei sempre chiuso in stanza a studiare... - sorrise l'altro.

- Non... non ho tempo.

E in un certo senso era vero. Andy aveva sempre messo lo studio davanti a tutto, evitando di concedersi qualsiasi distrazione. Non l'aveva fatto solo perché voleva raggiungere i suoi obiettivi, spesso si rendeva conto che lo studio era solo una scusa, un modo come un altro per isolarsi e non essere costretto a confrontarsi con ciò che provava.

- Non è possibile. Secondo me sei solo pantofolaio. Dovresti provare ad uscire più spesso, vedrai che ci prendi gusto. Ad esempio potremmo andare a correre di mattina. Ti farebbe bene prendere un po' d'aria, che ne dici?

- Andare a correre? - ripeté Andy, come se Michael gli avesse proposto di fare un viaggio sulla luna.

- Sì, non ti sei accorto che la mattina mi alzo prima del solito, ultimamente? Vado a fare un giro nel campus quando inizia ad albeggiare, oppure quando finisco le lezioni. Non hai idea di come mi senta meglio. Aiuta a scaricare i nervi. E ai miei polmoni fa bene l'aria pulita.

- Considerato tutte le sigarette che fumi... - ridacchiò Andy – Te l'hanno mai detto che dovresti smettere? Sarebbe sicuramente meglio delle tue corse mattutine. Le statistiche dicono che...

Dimenticarsi delle barriere che aveva eretto nei confronti di Michael era divertente, rilassante. Prenderlo in giro e parlargli come avrebbe fatto con un amico, senza pensare prima alle parole da pronunciare, sciogliendo la tensione che aggrovigliava i suoi pensieri.

- Sì, lo so cosa dicono le statistiche. - Michael lo interruppe con un gesto scherzoso – Però diciamo che cerco di bilanciare le cose, contento? E poi mi pare che anche tu abbia un certo rapporto con le sigarette. O sbaglio?

Andy abbassò lo sguardo e rischiò di arrossire, colto nel suo punto debole.

- Dai, andiamo a dormire, domani mattina ci alziamo alle cinque e mezza così alle sei e mezza siamo già fuori! - decretò l'amico, nel pieno del suo entusiasmo. Andy sgranò gli occhi.

- E quand'è che ti avrei detto di sì?

- Oh, beh... pensavo fosse sottinteso, no? Davvero vuoi lasciarmi da solo? Che amico sei se non mi fai compagnia?

Solo Michael, negli anni, aveva avuto il potere di trascinarlo ovunque avesse voluto, trasmettendogli entusiasmo per ogni cosa che amava. A volte Andy si stupiva di come riuscisse a convincerlo con meno di tre battute a fare ciò che gli proponeva, fosse una serata in discoteca qualche giorno prima di un esame o una semplice corsa mattutina. E non che Andy non mostrasse una ferrea volontà nell'inseguire quelli che considerava i suoi doveri, ma Michael riusciva a convincerlo lo stesso. Con un bacio, o con un semplice sorriso, ricordandogli a mezza voce che era nei suoi diritti concedersi una pausa di tanto in tanto. Prendendolo per mano e conducendolo lentamente nella sua vita, includendolo fra le sue cose importanti e promettendogli che tutti i suoi sogni si sarebbero realizzati.

 

***

 

Raccontare di Michael non lo ferisce più come all'inizio, quando il suo nome era diventato quasi un tabù e Andy cercava di girare attorno all'argomento senza nominare apertamente il compagno. Forse sono i ricordi ad essere più dolci, meno duri e spigolosi di come pensava che fosse nominarli.

Ed è strano come anche i dettagli più insignificanti – un piatto di spaghetti, ad esempio – possano assumere importanza assoluta, se legati al ricordo di qualcuno che adesso non c'è più.

La consapevolezza che l'odore di quel cibo non sarà lo stesso, che sarà diverso il tempo e lo spazio in cui quel cibo verrà consumato, è sconcertante, per quanto sia un ragionamento ovvio e logico.

- Andavate a correre ogni mattina? - sta chiedendo Elena quando lui torna a concentrarsi sulla realtà che gli sta intorno.

- Quando riusciva a buttarmi giù dal letto sì. - ride Andy. Ma tutto gli suona come distante e falso, forse per via di quelle lacrime che continuano a premere negli occhi. Vorrebbe poter chiedere ad Elena di lasciarlo da solo, non è ancora in grado di farsi vedere veramente triste.

- Mi piace ascoltarti. - l'affermazione di Elena arriva improvvisa, uno squarcio nel buio che ha iniziato ad avvolgerlo.

Non sa nemmeno se ringraziarla, se gli faccia piacere ciò che la ragazza gli ha appena detto. I suoi pensieri sono altrove. C'è ancora la voce di David nella sua mente. O meglio, è tornata ad esserci.

Volevo sentirti.

Mi dispiace.

Vorrebbe lasciarsi cullare dalle sue parole, vorrebbe che David lo abbracciasse e lo consolasse come quando era piccolo e si sbucciava un ginocchio correndo. Vorrebbe tornare ad essere bambino e avere il diritto di piangere senza un motivo concreto.

Maschera la sua inquietudine dando la buonanotte ad Elena e andando ad accendere il suo computer. Rimane a fissare il desktop, un cielo stellato, per qualche minuto, senza avere ben chiaro per quale motivo si trovi lì.

Ha caldo, la testa ha di nuovo ripreso a fargli male e lui ha solo voglia di rannicchiarsi contro il muro ad aspettare che anche questo momento passi. Perché passerà, come tutto, e a lui resteranno altre cicatrici invisibili sulla pelle e dentro l'anima.

Spegne il computer e fa per uscire sul patio a prendere una boccata fresca, nella speranza di riuscire a dormire qualche ora. Mentre ripone il portatile, gli occhi gli ricadono su un gruppo di fogli compilati accuratamente: la domanda per la specializzazione post-universitaria che non ha ancora consegnato alla segreteria dell'università. Ricorda che l'aveva compilata insieme a Michael, una delle ultime cose che avevano fatto insieme. E Michael continuava a ripetere quanto fosse orgoglioso di lui, anche se non c'era nulla di cui essere davvero fieri, a detta di Andy.

La domanda è ancora lì, già firmata, ma senza ancora la data di compilazione. Andy l'ha dimenticata per qualche settimana e quando se ne è ricordato era troppo distrutto per decidere di consegnarla. Al momento non sa ancora che fare. E dovrebbe decidere, considerato che adesso mancano solo cinque giorni alla scadenza. Il sogno di specializzarsi in oncologia infantile è ancora lì, ma non c'è più la certezza di essere in grado di farcela.

Va fuori e si siede sul dondolo, rileggendo attentamente la domanda, cercando di ritrovare dietro quelle fredde informazioni – età, indirizzo di casa, media universitaria, esami sostenuti – un po' di se stesso, un po' del suo passato, della felicità per ogni esame superato. È come se quello che legge non gli appartenesse, come se fossero solo frammenti di una vita appartenuta a qualcun altro.

Forse, pensa mentre rientra in casa per andare a dormire, dovrebbe chiedere un consiglio ad Allie. Che, sicuramente, gli direbbe che è stupido mollare proprio adesso e che a Michael non farebbe di certo piacere sapere che si è arreso.

Ma quello che Allie e nessun altro possono comprendere, è come ogni voglia di fare qualcosa si sia affievolita e ogni energia sdradicata dalla morte di Michael.

Si addormenta con qualche lacrima che gli bagna le guance e con la speranza che domani sarà meno duro prendere una decisione per il suo futuro.

Sempre che ancora, da qualche parte, ci sia un futuro meno buio che lo aspetta.

 

______

 

Ed eccoci con un nuovo capitolo ^^

Scusate se ci ho messo più del solito, ma sto affogando sommersa dai libri *rolls* In questo capitolo Andy mi fa più tenerezza del solito, avrei davvero voglia di coccolarlo per bene e farlo sentire meno solo. Voi che ne dite?

Questa volta non ho molto da dire, solo un ringraziamento a tutte le persone che leggono/recensiscono/seguono in silenzio. Le vostre parole sono tutte preziose per me, vi giuro, a volte ho gli occhi lucidi a leggervi. In particolare ringrazio Jerry93 che non solo ha segnalato la storia per le scelte (!) ma soprattutto ha saputo leggerla esattamente come concepisco tutto io. Questa è la cosa più importante, credo. Così come sapere che questa storia vi arriva nel cuore ^^

Grazie a chi mi segue su Facebook e a chi sopporta i miei scleri quotidiani ^^

Ah, prima che mi dimentichi: ho in cantiere una storia romantica *rolls* che, udite udite, non sarà piena di angst! Ho iniziato a scrivere il primo capitolo (sarebbe più giusto dire che ne ho scritto la parte finale e manca la parte iniziale) e spero di pubblicarlo nei prossimi giorni, sperando che siate interessati. Sarà una storia (ovviamente) slash, ambientata al Festival del Cinema di Taormina e non sarà nemmeno lunghissima ^^

Detto ciò, potrei ritardare (anche per questo motivo) con il prossimo capitolo di Stelle Perdute, ma voi mi perdonerete, vero?? *occhioni dolci*

Ultima cosa: questo capitolo è dedicato ad Ale, che in questi giorni sta studiando e sostenendo gli esami di maturità ^^

Baci e pandistelle,

Aika.

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Capitolo 15
*** Solo nella memoria ***


Nuova pagina 1

Solo nella memoria.

 

Quando è agitata o nervosa, ad Elena basta ascoltare la voce di Richard per calmarsi.

Non importa che lui le racconti cos'ha fatto il giorno prima o dell'ultima partita di football che ha visto in televisione, basta solo che lui le parli per dimenticare ogni altra cosa.

Del resto, una delle prime cose di cui Elena si è innamorata è stato il suo modo di parlare calmo e pacato. Ancora adesso ricorda il giorno in cui ha sentito per la prima volta la sua voce, mentre entrambi facevano la fila davanti alla segreteria studenti del college. Elena era in compagnia della sua amica Isabel, e d'improvviso, in mezzo alla calca di persone che affollavano la stanza, le parole di Richard avevano avuto la meglio su tutto, spingendola a voltarsi per chiedersi a chiedersi chi stesse parlando in maniera tanto appassionata di cinema e del corso di studi che aveva scelto.

Dopo era andato tutto come nelle più banali e sdolcinate commedie romantiche, esperienze comuni, giornate intere passate a parlate, notti abbracciati sotto le coperte per non sentire troppo freddo dopo aver fatto l'amore.

L'incidente di Michael è stato un uragano che ha travolto anche il loro rapporto. Solo quando accadono cose troppo difficili da sopportare da soli, ci si rende conto di quanto gli altri siano importanti. Di quanto ci sia bisogno di qualcuno che sappia dosare i gesti e le parole, soffiare via le lacrime e farsi da parte quando la solitudine diventa una necessità.

Richard è stato tutto questo. Sin da quella sera, quando ha parlato con i poliziotti al posto di Elena, impietrita davanti alla notizia appena ricevuta. Lei non ricorda molto di quello che è successo dopo. Solo l'ospedale, i suoi genitori nell'atrio ad aspettarla e la corsa verso il primo infermiere libero.

Ha scoperto in un secondo momento che a portarla lì era stato Richard. Si è resa conto della sua presenza solo quando si è ritrovata a piangere fra le sue braccia dopo aver appreso dallo sguardo del dottore ciò che le sue labbra avevano pronunciato.

Dopo sono venuti i giorni più neri, giorni nei quali le ombre sembravano divorare la luce del sole, inghiottirla e renderla opaca.

Richard le è rimasto sempre accanto, anche quando lei urlava attraverso la porta chiusa che non aveva bisogno di niente, per poi richiamarlo dieci minuti dopo che se n'era andato per chiedergli di tornare.

Parlami. Parlami e stringimi forte.

Non c'era la voglia di scusarsi per come si stava comportando, in quei giorni. C'era appena la forza di guardare Richard con occhi fragili e spaventati, spalancati nella penombra della sua stanza. E un silenzio insolito attorno a loro, perché le parole non erano necessarie.

Anche adesso, al telefono, distante fisicamente un centinaio di chilometri, il tono della sua voce è sempre rassicurante. Sa dare i giusti consigli, limare le parole in base ai suoi racconti, fare domande che aiutano la stessa Elena a chiarire ciò che sembra ancora oscuro.

- Allora? Che tipo è questo Andy? - chiede Richard. Distrattamente, come se la cosa non lo riguardasse troppo da vicino. E in effetti che tipo sia Andy non è una domanda alla quale Elena sappia esattamente come rispondere. Non ha ancora metabolizzato quello che è successo negli ultimi giorni, i racconti di Andy vertono per la maggior parte sul suo rapporto con Michael e mai su se stesso.

- È... un tipo a posto. - risponde, dopo aver esitato qualche attimo.

- Solo questo? Dai Elena, sono almeno dieci giorni che sei a Greenville, dovresti esserti fatta una vaga idea, no?

- Era... È innamorato di Michael. E il fatto che lui non ci sia più l'ha davvero distrutto. A volte mi fa tenerezza, credo.

Pensa ai gesti di Andy mentre parla, al suo sguardo abbassato, alle sfumature di dolcezza che assume la sua voce mentre parla di Michael. Alla fragilità dei suoi occhi scuri, a quanto vorrebbe superare ogni barriera e abbracciarlo. Toccarlo solo un attimo, per fargli percepire la sua vicinanza. Perché se all'inizio anche lei nutriva una certa diffidenza nei suoi confronti, tutto adesso si è sciolto, lasciando il posto alla comprensione e alla voglia di liberarlo dalla solitudine in cui si è rinchiuso.

- Tenerezza?

- Sì, beh... Sembra un bambino spaventato, a volte. E la sua diffidenza iniziale credo fosse solo un modo per nascondere la sua paura. Oltre che una questione di carattere. Mi ha detto che all'inizio ha fatto così anche con Michael.

Elena sorride lievemente, ricordando i racconti di Andy.

- Quindi hai trovato il modo per andare d'accordo con lui. Visto? Valeva la pena riprovarci di nuovo. - commenta Richard.

- Già.

- Poi insomma... credo che si fidi di te, no? Non è da tutti ospitare una sconosciuta in casa e lasciare pure che resti da sola quando devi uscire. - aggiunge ancora il ragazzo.

- Vero anche questo. Adesso è in ospedale. Ti ho detto che presto si laureerà in medicina? Sta finendo il tirocinio.

Sembra di parlare di un vecchio amico con il quale ha riallacciato da poco i rapporti dopo non averlo frequentato per tanto tempo ed è strano come ad Elena sembri davvero che le cose siano andate in questo modo.

La discussione con Richard scivola poi verso altri argomenti.

- Hai visto mia madre, in questi giorni? - Elena esita. Non ha più parlato con lei dell'omosessualità di Michael e non ha assolutamente idea di come la donna abbia metabolizzato la cosa.

- Le ho telefonato ieri, mi ha detto che stava sistemando un po' casa. Sembrava tranquilla.

- Le ho detto di Andy, l'altro giorno. Non so come, ma mi è scappato di bocca. Ed è stato strano, in un certo senso. - racconta Elena.

- Perché?

- L'ha presa bene, penso. La cosa sembra non averla sconvolta più di tanto. E non so, avrei voluto dirglielo in maniera meno diretta e di sicuro non al telefono. Non ne abbiamo più parlato, dopo, e ho paura di averla ferita in un certo senso.

Nemmeno a Richard ha raccontato di Allie e della bimba che aspetta. L'argomento le mette un certo nervosismo e non è sicura di saperlo affrontare in maniera razionale. Non al telefono, perlomeno. Per quello aspetterà di tornare a casa e racconterà tutto alla madre guardandola negli occhi e stringendole le mani, aspettandosi che sia lei a dirle cosa fare.

Elena si abbandona alle parole di Richard, che le racconta quello che è successo negli ultimi giorni, forse nel tentativo di distrarla un po'. Riattaccano solo quando si rendono conto di aver parlato per un'ora abbondante

- Pensi di tornare presto? - dice Richard alla fine.

- Non lo so, Richard. Ci sono ancora tante cose che non so, qui.

C'è un mondo da conoscere, a Greenville. Non basteranno certo pochi giorni per riuscire a immaginare il mondo con gli occhi di Michael. E per quanto assurdo possa sembrare, Elena non ha nostalgia di casa, non adesso. Piuttosto le manca quello che non ha mai conosciuto, quel vuoto in fondo al cuore che sta cercando disperatamente di colmare. E non può essere nostalgia, quella, perché non esiste nostalgia per quello che non si è mai provato e per tutte le parole che Michael non le ha mai detto.

Adesso Michael vive solo nei ricordi, forse è per questo che lei ha bisogno di conoscerne quanti più possibili, immagazzinarli nella memoria per ritrovarli quando il dolore per la morte del fratello si fa troppo forte e non esiste altra cura per calmare le lacrime che le rigano le guance.

Mentre mormora un “Ci sentiamo.” a Richard, Elena spera che il ragazzo non si accorga del tremito della sua voce e non capisca che sta piangendo.

 

 

Andy si fruga nelle tasche dei jeans per cercare le chiavi della macchina, facendosi aria con l'altra mano. Il caldo estivo si è fatto insostenibile, specie se confrontato alla frescura dell'aria condizionata dell'ospedale.

È stata una giornata particolarmente intensa: ha persino incontrato Connor mentre faceva il giro dei reparti e l'uomo gli ha chiesto di aiutarlo a visitare i pazienti. Hanno anche avuto il tempo di prendere un caffè insieme e il professore gli ha detto chiaramente che a settembre vuol vedere la sua tesi sulla scrivania del suo studio. A quelle parole Andy ha sorriso lievemente, poi ha promesso che ce l'avrebbe messa tutta.

- Hai già presentato domanda per la specializzazione? - gli ha chiesto poi l'uomo.

- Non... non ancora. L'ho compilata, ma mi dimentico sempre di andare a consegnarla. - ha risposto Andy, senza aggiungere nulla sui suoi dubbi e su quello che sta passando.

- Devi sbrigarti, mancano quattro giorni alla scadenza.

- Lo farò. - Andy ha abbassato gli occhi e non ha aggiunto altro.

Entrato in macchina si sporge verso il portadocumenti e recupera la cartellina nella quale ha riposto la domanda. La mattina, prima di uscire, aveva deciso di portarla con sé, nell'eventualità che il coraggio di andare in segreteria lo cogliesse all'improvviso, senza alcun preavviso.

Guarda ancora una volta i fogli, e ripensa alle parole di Michael mentre lo aiutava a compilarli.

 

- Oh, ma sei un secchione, Andy! Hai avuto il massimo praticamente in tutti gli esami.

- Senti da che pulpito.

Una risata divertita. Poi lo schioccare di un bacio. E le dita che gli sfioravano le labbra.

- Beh, ma io non passavo i giorni a studiare. Avevo sempre qualche distrazione. Ad esempio un ragazzo meraviglioso che non voleva saperne di uscire perché doveva ripassare e dovevo trascinarlo fuori a forza.

 

Lui adorava prenderlo in giro per l'ostinazione con cui Andy si rinchiudeva in camera a studiare. E Andy non riusciva a non ridere al ricordo dei giorni che passava sui libri, cercando di ignorare l'entusiasmo di Michael quando entrava in stanza a proporgli chissà quale novità e il fatto che ogni volta riuscisse a convincerlo a mettere da parte lo studio.

Andy pensa che forse potrebbe consegnare la domanda adesso, senza pensarci due volte. Chiudere gli occhi e trattenere il respiro per non pentirsi della sua decisione mentre firmerà il modulo davanti all'addetto della segreteria.

Poi si ricorda che nel pomeriggio gli uffici dell'università sono chiusi, quindi è costretto a rimandare al giorno dopo il proposito che lo libererebbe definitivamente dall'angoscia di pensare ancora a cosa fare del suo futuro.

Prendere la direzione di casa e sapere che troverà Elena ad aspettarlo è strano. Ancora non ha fatto l'abitudine alla sua presenza, ai passi leggeri mentre si aggira per casa, al suo profilo che compare timidamente oltre la porta della cucina mentre lui fa colazione la mattina.

Apre la porta di casa e subito Luna gli va incontro, sfregandosi contro le sue gambe per ricevere una carezza.

- Ciao, bella! - Andy le accarezza la testa, osservandola scodinzolare per qualche attimo.

Quando rialza lo sguardo, vede Elena di fronte a lui.

- Sei tornato? Non ti ho sentito! - domanda la ragazza, rigirandosi una ciocca

Andy ha perso l'abitudine di annunciare a voce alta di essere rientrato in casa. A chi dovrebbe urlarlo, del resto? I primi giorni, quando non aveva ancora davvero realizzato cosa fosse successo, la bocca si apriva per dire qualcosa, ma le parole restavano improvvisamente congelate sulla punta della lingua nella consapevolezza che non ci sarebbe stato nessuno ad ascoltarle se le avesse pronunciate.

- Andato tutto bene in ospedale?

- Sì, sì, grazie. Però sono stanco, non ho nemmeno voglia di preparare la cena. - risponde Andy – Quando c'è Connor in ospedale finisce che il turno di tirocinio diventa massacrante.

- Professore severo?

- No, ma è il relatore della mia tesi. E ogni volta mi chiede di aiutarlo. Sai, dice che è fondamentale che impari come si deve il mio lavoro.

Elena sorride.

- Capisco. Beh, ma è positivo, no? Almeno sai di fare qualcosa di utile!

- Sì, questo sì. Ma ogni volta torno a casa sono sfinito. Senti, ti va se faccio una doccia e dopo usciamo a bere qualcosa? Oppure ceniamo direttamente fuori. - propone Andy, senza pensarci su due volte.

Elena sembra sorpresa a quella proposta, probabilmente da lui non si aspettava un invito del genere. Nemmeno in lui in realtà credeva di avere la forza di ricominciare ad uscire di sera, quando le luci artificiali non bastano ad inghiottire il buio delle strade e ogni barriera, per quanto solida, sembra diventare più fragile.

- Sì... sì, mi sembra una buona idea. - risponde la ragazza, rivolgendogli un sorriso.

Deve essere una caratteristica di famiglia il fatto che Elena riesca a legare facilmente con le persone, pensa Andy mentre va in bagno e prende un asciugamano.

Durante il tragitto in macchina sono entrambi di poche parole, Elena sembra assorta nei suoi pensieri, mentre Andy è concentrato sulla guida.

- Io e Michael venivamo spesso qui. A volte veniva a prendermi in ospedale o al lavoro e cenavamo qui. - racconta, lui mentre prendono posto e iniziano a consultare i menù.

- Davvero?

- Già. Era bello, in quei momenti tutta la stanchezza che avevo addosso sembrava scivolare via. Stavo bene.

Stavo bene.

Era semplice, allora, dimenticare i problemi. Trasformarli in argomenti di discussione, sviscerarli fino a trovare una soluzione e poi, una volta dopo averli superati, riderci sopra.

- Desiderate qualcosa da bere? Un cocktail, un aperitivo? - chiede la cameriera, dopo aver preso l'ordinazione.

- No, per me no, grazie mille! - replica Andy – Elena, vuoi qualcosa?

- Nemmeno io, grazie. Non riesco a bere nulla che sia leggermente alcolico, mi sento pure malissimo. Beh, teoricamente nemmeno dovrei... - aggiunge, con una risatina imbarazzata.

- Già, sei ancora piccola. - la prende in giro Andy. - Beh, però posso capirti, nemmeno io e gli alcolici andiamo molto d'accordo. Riesco a reggere a stento una lattina di birra, ma se vado oltre sono casini.

Abbassa lo sguardo e giocherella con il bicchiere che ha davanti, ripensando all'unica volta che si è davvero ubriacato. Sono passati quattro anni, la sua vita è radicalmente cambiata e i motivi per cui quella sera aveva deciso di non tenere più conto dei bicchieri bevuti appaiono irrilevanti e futili.

Adesso avrebbe motivi ben più seri per decidere di stordirsi con l'alcool in modo da dimenticare tutto il resto, riflette amaramente.

- La prima ed unica volta che mi sono ubriacato stavo per essere pestato da un tizio convinto che ci stessi provando con lui. E poi ho passato tutta la notte a parlare a Michael. Anzi, per l'esattezza, io parlavo e lui ascoltava. Mi ricordo meno di un quarto delle stronzate che devo avergli raccontato.

- Davvero? Non hai proprio la faccia di uno che passa le serate ad ubriacarsi. - commenta Elena.

- Infatti è successo solo quella volta. Era un periodo che andava tutto storto e avevo bisogno di distrarmi.

Nonostante quella fosse stata una serata da dimenticare, Andy, ripensandoci a distanza di anni, non riesce a non trattenere un sorriso al pensiero di tutto quello che ha passato e di come, in quasi tutti i suoi ricordi, sia sempre costante la presenza di Michael, una presenza della quale non riuscirà mai veramente a fare a meno.

 

***

 

Dopo la festa del Ringraziamento, per Andy era cominciato un periodo altamente stressante: fra studio, lezioni e tirocinio rientrava al campus solo per dormire. Certe mattine Michael lo tirava giù dal letto e andavano a correre insieme, ma il più delle volte Andy doveva stare attento a non chiudere gli occhi e andare a sbattere contro un palo.

Aveva provato più di una volta a dire a Michael che non aveva voglia di correre, ma l'amico se ne dimenticava automaticamente dopo due giorni, così Andy aveva deciso di lasciar perdere. E poi, anche se non l'avrebbe mai ammesso, si trattava di un modo per passare del tempo insieme, nonostante non parlassero molto, tranne quando decidevano di rallentare il passo per qualche minuto.

Quelle corse mattutine avevano in parte avuto l'effetto di rilassarlo un po', ma le cose erano iniziate a peggiorare con i primi test scritti. Andy non si era aspettato di trovarli così difficili, così aveva rimediato delle insufficienze. Non erano certo voti definitivi, ma la cosa gli aveva dato molto fastidio, specialmente considerato il fatto che in famiglia tutti sembravano aspettare un suo improvviso cedimento per rimproverarlo di non applicarsi costantemente.

A peggiorare la situazione, David si era appena laureato con il massimo dei voti, e il padre, dopo la cerimonia di laurea, aveva preso Andy in disparte e gli aveva fatto uno strano discorso su tutto quello che si aspettava da lui, caricandolo di pressioni delle quali Andy non sentiva affatto il bisogno.

Cercare di ottenere sempre di più da se stesso era diventato il suo nuovo obiettivo, non importava quanta fatica gli costasse cercare di non addormentarsi sui libri. Poi una sera, a pochi passi dall'avere una crisi isterica e dallo scaraventare gli appunti di chimica dalla finestra, aveva capito di aver bisogno di rilassarsi almeno per qualche ora.

I suoi colleghi di università lo avevano più volte invitato ad uscire con loro qualche volta. Si riunivano per la maggior parte delle volte nella caffetteria del campus oppure andavano in città, chiacchierando fino a notte fonda davanti a qualcosa da bere. Forse era giunto il momento di accontentarli, anche per non essere definitivamente come il secchione solitario del corso.

Aveva appena finito di fare la doccia e vestirsi, quando Michael rientrò in stanza.

- Che fai? Esci?

- Già. Vado a bere qualcosa con quelli dell'università. - silenzio, poi un'improvvisa illuminazione – Non è che ti andrebbe di venire?

- Oh, mi dispiace Andy. Stasera esco con Rob. Grazie comunque. - fu la risposta, che non mancò di deluderlo.

Cercando di non mostrare il suo disappunto, recuperò dalla scrivania cellulare, sigarette e portafoglio e salutò l'amico, avvertendolo che forse avrebbe fatto tardi.

- Tranquillo, nessun problema. Divertiti!

Sembrava facile.

Bastava solo partecipare alla conversazione con gli altri – sui professori del loro corso, su persone sconosciute che intrattenevano relazioni amorose con persone ancora più sconosciute – bere e dire qualcosa ogni tanto, giusto per non isolarsi del tutto.

La tensione di Andy cominciò a sciogliersi dopo qualche bicchiere di birra. Tutto sembrava improvvisamente più semplice, ad un certo punto pensò persino che se Michael fosse stato lì, sarebbe stato in grado di prendergli una mano, guardarlo negli occhi e baciarlo.

Ma Michael non era lì, era uscito con quello stronzo, lo aveva abbandonato.

Anche lui mi ha lasciato solo.

Con tutta probabilità avrebbe fatto meglio a togliersi quegli strani pensieri dalla testa, tanto Michael era totalmente al di fuori dalla sua portata.

Si alzò dal tavolo, deciso a tornare al dormitorio prima che il suo pessimo umore venisse notato da tutti, ma si accorse che le sue gambe erano traballanti.

Forse aveva bevuto troppo.

Questo fu l'ultimo pensiero coerente che ricordava di aver formulato. Poi nella sua mente c'erano solo dei flash confusi, che aveva rimesso insieme solo col passare dei giorni.

Prima che riuscisse ad uscire dal locale, un tizio gli aveva offerto ancora da bere e Andy aveva creduto che fosse qualcuno intenzionato a provarci con lui. Ed era tanta la voglia di dimostrare a se stesso che poteva fare a meno di Michael e di chiunque altro, che Andy si era ritrovato a desiderare di passare la notte con quello sconosciuto, anche se era chiaro che non avrebbe mai provato nulla per lui.

Ma, e Andy questo non l'aveva capito, lo sconosciuto era etero, per nulla interessato ad allacciare una relazione di alcun tipo con un omosessuale. Andy se ne era reso conto quando il pugno lo aveva colpito in pieno viso. Era rimasto solo, accovacciato contro il muro del retro della caffetteria, senza sapere che cosa fare. Solo un nome continuava a lampeggiare nella sua mente.

Michael.

Altro buco nero nella sua memoria, ricordava soltanto di aver composto il suo numero di telefono e di avergli chiesto se poteva andarlo a prendere perché si era messo nei casini.

Il resto erano state solo parole confuse nella notte.

Michael in seguito gli aveva raccontato ridendo che Andy aveva passato tutta la notte a parlargli, a raccontargli del suo senso di inadeguatezza nei confronti dei fratelli, delle pressioni del padre, della paura che aveva di non essere mai all'altezza della situazione. Di ciò che aveva provato a scoprirsi omosessuale, del non averlo raccontato quasi a nessuno per paura che non capissero.

Di tutti quei discorsi, Andy non ricordava nulla.

Solo una domanda, fatta nell'unico momento di lucidità di tutta la notte.

- Michael?

- Mh?

- Perché continui a stare con quello stronzo? Dovresti lasciarlo.

Poi era piombato in un sonno profondo, dal quale si era risvegliato la mattina dopo alle dieci, perdendo la prima lezione della mattinata e trascorrendo tutto il giorno con un gran mal di testa.

Aveva rivisto Michael all'ora di cena. L'amico gli aveva chiesto come si sentisse, ma non aveva fatto alcun accenno a quanto accaduto la sera precedente. E Andy non era riuscito nemmeno a sollevare l'argomento, troppo imbarazzato all'idea di aver combinato chissà che casino.

 

Sai, Michael, probabilmente quella notte avrei fatto sesso - non amore - con qualche sconosciuto, se tu non fossi venuto a prendermi.

Ero talmente ubriaco - le mie percezioni totalmente alterate - che probabilmente ci avrei provato con chiunque, fino a quando qualcuno avrebbe accettato di chiudersi in bagno con me, o di portarmi in camera sua.

Perché non ho mai sopportato di non sentire la terra fissa sotto i miei piedi. Mi aggrappavo a qualcosa di fisico, per non ammettere di aver paura di non sentire nulla.

E poi c'eri tu.

Non ricordo cosa ti ho raccontato tutta la notte, se balbettavo frasi sconnesse e senza alcun senso o se ti snocciolavo tutta la mia vita. Non ti ho mai chiesto scusa per non averti fatto chiudere occhio allora, né ti ho mai chiesto cosa pensavi di quello sciocco ragazzino che era in grado di perdere la testa con un solo boccale di birra.

Solo adesso che non ci sei più penso che avrei dovuto dirtelo, grazie. È una necessità, un bisogno fisico che mi lacera la pelle, mi toglie il respiro e altera i battiti del mio cuore. Avrei dovuto sdebitarmi con te quella notte stessa. E tutte le altre notti in cui mi hai salvato.

Ma l'amore non ammette debiti, non di quel tipo, almeno.

E solo adesso capisco quanta importanza avrebbe avuto un “grazie”biascicato in mezzo a tutte quelle parole sconnesse. Perché poi non ho avuto più l'occasione di dirtelo guardandoti negli occhi o di sussurrartelo in un orecchio mentre facevamo l'amore. Il mio inconscio probabilmente mi ripeteva che c'era tempo. E adesso che quel tempo non c'è più resta il rimpianto di una parola non pronunciata.

Oltre che l'assenza di te, amore.

 

***

 

- Credo sia stata la serata più imbarazzante della mia vita! - conclude Andy. Non ha molta voglia di confessare che in realtà ripensare a come Michael – per quel poco che ricorda – si sia preso cura di lui quella notte gli fa venire un nodo di lacrime alla gola.

- Beh, lo immagino. - sorride Elena.

Lui annuisce e non dice altro, continuando a mangiare in silenzio.

- Andy, tu ci credi al destino? - chiede improvvisamente la ragazza.

- In che senso?

- Non so, a volte mi sembra che in qualche modo sia Michael ad aver voluto che ci conoscessimo. Parlare con te mi fa stare meglio. Mi sento meno sola.

Andy riflette sulle parole di Elena per tutto il viaggio di ritorno e anche più tardi, quando Elena dorme e lui si mette al computer per lavorare alla tesi. Fuma lentamente una sigaretta, nel tentativo di trovare una risposta adatta alla domanda di Elena.

Non ha mai creduto all'esistenza di elementi soprannaturali o di spiriti che in qualche modo potessero manovrare le vite delle persone. Eppure, rinchiuso in quel vortice di dolore che gli sta succhiando via la vita, vorrebbe che le sue convinzioni venissero sradicate, per poter avere l'opportunità, almeno una volta, di poter vedere Michael. Dirgli che sente tremendamente la sua mancanza, illudersi di poterlo abbracciare ancora una volta per poi abbracciare il suo stesso corpo perché gli spiriti sono fatti di fumo inconsistente.

Ma, e questo Andy lo sa benissimo, la vita non potrà mai diventare come un film fantastico, nel quale basta credere nei propri desideri e questi si realizzeranno. Nutrirsi di speranze impossibili non farà altro che peggiorare le cose, non c'è alcun fantasma di Michael al quale poter parlare.

Solo vuoto.

E la memoria, l'unico mondo nel quale Michael potrà continuare a vivere per sempre.

 

_____

Eccomi tornata ^^

Sono imperdonabile, stavolta credo di aver battuto il record dei ritardi dell'aggiornamento *rolls* Però ho qualche giustificazione. Innanzitutto il malefico binomio esami&tesi, che mi ha tolto voglia, forza e volontà di scrivere, poi il blocco dello scrittore (o meglio, della scribacchina) e infine anche un periodo abbastanza deprimente, tutto concentrato negli stessi quindici/venti giorni.

Per farmi perdonare, stavolta il capitolo è un po' più lungo del solito. Non vi fa un'infinita tenerezza Andy ubriaco? Non so, io mi sciolgo al solo pensiero ** Il pezzo in corsivo è il primo PoV in assoluto che ho scritto di Andy, quando ancora i personaggi non erano per nulla definiti e avevo un abbozzo di trama ancora primitivo. Nel prossimo capitolo potrebbe esserci un incontro decisamente ravvicinato fra Andy e Michael, ZucconeAndy permettendo ^^ Il titolo del capitolo è legato ad una frase del film "Titanic", frase che mi ha passato Ivana Efp l'altro giorno ** L'originale è "Only in my memories", ma il concetto è più o meno quello ^^

Non so come ringraziarvi per ciò che mi scrivete nelle recensioni e anche su Facebook, a volte mi commuovo proprio *rolls*

Vorrei invitarvi a leggere una nuova storia che ho iniziato a postare il mese scorso, e del quale adesso scriverò il terzo capitolo, alternandolo con quelli di Stelle Perdute. Si intitola "Basta solo guardare le stelle" ed è (teoricamente) una commedia romantica. Il livello di angst è più basso (non è vero, ce n'è a palate), ed è la storia di Oliver, giornalista inglese, e Jamis, fotografo francese, che si incontrano a Taormina per il Festival del Cinema e decidono di passare la settimana insieme a fare sesso, senza alcuna implicazione di carattere sentimentale. Ma le cose andranno davvero così o saranno costretti a ricredersi? Sto già progettando il seguito di questa storia e ci terrei tanto a ricevere un vostro parere su ciò che ho scritto.

*fine momento pubblicità*

Spero che, nonostante le vacanze, troviate il tempo di leggere questo capitolo, non so quando arriverà il prossimo, perché ora mi tocca rimettermi a studiare (ç__ç), scrivere il capitolo di Oliver&Jamis, una storia estiva per il concorso di EFP (anche se non credo di arrivarci, considerati i miei tempi biblici).

A presto,

Aika.


 

 

 

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Capitolo 16
*** Stelle cadenti ***


Stelle cadenti.

(a Mattia, ancora una volta)


 

Quando Michael ha iniziato ad appassionarsi alle stelle, Elena era ancora troppo piccola per capire i discorsi eccitati del fratello su questa o quella costellazione. A volte capitava che restasse a guardarlo mentre sistemava il telescopio in giardino, o che il fratello le raccontasse qualche favola di sue invenzione sulle stelle, ma la ragazza non aveva mai compreso appieno cosa Michael trovasse di così interessante nel cielo notturno.

Adesso che Michael non c'è più, vorrebbe tanto averglielo chiesto almeno una volta, magari il cielo buio non le avrebbe provocato le vertigini che prova a guardarlo adesso.

Quando Andy le ha annunciato che quella era la notte in cui si sarebbero viste le stelle cadenti – metà agosto, a quasi due mesi dalla morte di Michael – lei ne è rimasta sorpresa. Come se non si fosse resa conto dello scorrere del tempo, della vita che andava avanti e non s'era fermata dietro la porta della sala operatoria nella quale Michael era morto.

- Per me e Michael era una tradizione stare a guardare le stelle durante le notti di agosto. A volte nemmeno dormivamo, restavamo qui fuori fino alle prime luci dell'alba. - Elena giurerebbe di aver visto gli occhi di Andy brillare, mentre ricorda quei momenti.

- E com'era? - chiede timidamente.

Ci sono momenti in cui ha paura di chiedere troppo, momenti in cui si rende conto di essere solo una sconosciuta sin troppo curiosa. E anche se Andy non sembra mai perdere la pazienza, Elena teme che prima o poi finirà per fargli male con tutte quelle domande.

Nonostante questi dubbi, non ha potuto fare a meno di accorgersi di come il giovane sembri meno chiuso e riservato rispetto ai primi giorni in cui si sono conosciuti. Meno diffidente, forse, e anche meno solo.

- Era... beh, era la cosa più bella che potesse esserci. Una di quelle che a ripensarci pensi che fossero sdolcinate e basta, ma che finiscono per essere quelle che ti mancano di più. Tipo passare la serata a guardare televisione mangiando schifezze.

Elena abbassa lo sguardo, per non incrociare quello triste di Andy.

- Sai... pensavo... stasera c'è una bella serata, magari si vedranno le stelle cadenti anche da qui. Possiamo usare il telescopio. Cioè... se ti va.

D'un tratto più che una semplice proposta, sembra una vera e propria richiesta d'aiuto, come se nelle stelle ci fosse ancora qualcosa che possa legarli a Michael.

- Sì... sì, mi piacerebbe. - risponde Elena.

- Beh, allora vieni con me, così mi aiuti a portare giù tutta l'attrezzatura. - replica lui, abbozzando un sorriso.

Salgono al piano di sopra e Andy si ferma davanti ad una porta chiusa.

- Qui Michael teneva le sue cose, anche il telescopio. Non ci entro da quando... beh, da quando non è più tornato a casa. Quindi credo sia tutto un po' impolverato. - si scusa, mentre fa per aprirla.

Ad Elena non sfugge il fatto che la sua mano poggiata sulla maniglia tremi per un attimo, poi esiti quando la porta si apre. Andy non parla mai chiaramente della morte di Michael, le sue parole sono un susseguirsi di metafore, perifrasi che addolciscono il senso della perdita, ma non lo rendono meno reale.

- Ecco, lì c'è il treppiede, puoi prenderlo tu, per favore? - le chiede Andy, mentre Elena si incanta a guardare tutti i libri di fisica ammassati sulla scrivania.

Scendono in giardino e Andy sistema il telescopio sul patio, invitandola ad avvicinarsi per osservare dentro la lente.

- Le vedi? Non sembra di poterle toccare da vicino? - le chiede Andy, sistemando un po' meglio l'obiettivo e la messa a fuoco.

- Già... sono bellissime. - conferma Elena.

Sembra strano lasciarsi guidare da Andy in quel viaggio attraverso le stelle. Attraverso le sue parole, ad Elena pare di sentire quelle eccitate di Michael quando nominava qualche costellazione dal nome impronunciabile per una bambina di cinque anni.

- Sai che le stelle cadenti ci sono anche in inverno? - Andy prende le sigarette e ne accende una, soffiando lentamente il fumo. Si siede sui gradini e guarda Elena, in piedi di fronte a lui.

- Davvero?

- Già. La prima volta che sono andato a vederle con Michael era circa metà dicembre. Geminidi, si chiamano. Sono delle meteore, ma sono ugualmente belle.

Ogni racconto di Andy è sempre ricco di emozioni, ha una magia sempre diversa. Elena si appoggia contro lo steccato che delimita il patio e resta ad ascoltarlo, rapita dal modo dolce che ha di parlare della sua storia con Michael.

- Erano passati un paio di giorni da quando mi aveva recuperato mezzo ubriaco al locale. E aveva anche rotto con Rob, solo che io ancora non lo sapevo. - ricorda Andy. - E mancavano pochi giorni al Natale.

Nessuna esitazione, nelle sue parole. E nemmeno troppa tristezza. Solo il rimpianto di giorni ormai troppo lontani per essere ricordati alla perfezione in ogni dettaglio.

Giorni che, nonostante tutti gli sforzi, non torneranno più indietro.

 

***
 

Le chiacchiere concitate di Allie furono la prima cosa che Andy sentì non appena aperta la porta della sua stanza. Era stata una giornata tutto sommato leggera, forse perché stavano per arrivare le vacanze di Natale e le lezioni stavano via via scemando.

- Dai, Mickey, mi dici perché non vuoi venire?

- Allie, non ho voglia di uscire. - la voce di Michael era calma, ma stanca. Per un attimo Andy si chiese cosa fosse successo.

- Non dirmi che ci pensi ancora! Devi distrarti, adesso. E poi... e poi verrà anche Andy, giusto? - la ragazza sorrise nella sua direzione, mentre Andy si toglieva il giubbotto.

- Cosa? Dove dovrei venire?

- In caffetteria. Allie si è presa una cotta per una ragazza che lavora lì! - rise Michael, prendendo in giro l'amica.

- Non mi sono presa nessuna cotta! Ho solo detto che...

- Andiamo ti ha dato un appuntamento. Mi spieghi cosa dovrei venire a farci io?

Osservarli battibeccare era divertente: Andy ridacchiò mentre i due iniziavano a prendersi a colpi di cuscino, riducendo il letto di Michael ad un campo di battaglia.

- Supporto morale. E insomma, se Bea mi vedesse da sola penserebbe che ci voglio effettivamente provare no? Invece sarà come un'uscita fra amici. Tu che ne pensi Andy? Non ho forse ragione?

Andy non sapeva come replicare. Dalla notte in cui Michael era andato a recuperarlo ubriaco in quel vicolo, non avevano più avuto molte occasioni di parlare o passare del tempo insieme.

L'amico aveva da studiare per dei test di fine corso e in più le rare volte che si incrociavano non sembrava essere molto dell'umore di scambiare quattro chiacchiere. Così una semplice uscita – organizzata da Allie oltretutto – poteva essere l'occasione per riavvicinarsi a lui.

- Oh, beh... Dai, Michael, non è un'idea malvagia.

Allie lo guardò con gli occhi che brillavano per l'entusiasmo.

- Perfetto. E poi dobbiamo anche festeggiare. - aggiunse, seria.

Michael la guardò smarrito.

- Il fatto che hai rotto con quello stronzo! Dobbiamo festeggiare, no?

Andy trattenne il respiro per qualche attimo: Michael e Rob si erano lasciati davvero? L'amico incrociò per un attimo il suo sguardo, come se avesse voglia di dire qualcosa, di spiegarsi forse.

- Okay, ci vengo. Però sappi che mi devi un favore!- disse poi, abbozzando un sorriso.

Allie lo abbracciò e lo ringraziò con entusiasmo.

- Ci vediamo in caffetteria alle nove, okay?

Quando Andy uscì dal bagno dopo aver fatto una doccia, trovò Michael intento a sistemare un borsone da campeggio mettendovi dentro delle pesanti coperte di pile, un binocolo e una mappa stellare.

- Che fai?

- Stanotte ci sono le Geminidi, penso di andare a vederle dopo che torniamo dalla caffetteria.

- Geminidi? - chiese Andy incuriosito, alzando un sopracciglio.

- Sì, sono delle meteore che in questo periodo scivolano giù per il cielo. Un po' come le stelle cadenti in estate. - rispose Michael, con gli occhi che brillavano per l'eccitazione – Ehi, perché non vieni anche tu?

- Non... non posso, io...

Stava per inventare una scusa qualunque, che aveva bisogno di riposarsi, che non gli sembrava l'ideale passare una notte al freddo, ma riuscì a impedirsi di parlare appena in tempo.

- Sì, sì, mi andrebbe. Solo che non ci capisco niente di stelle.

- Tranquillo, non c'è bisogno di capirle prima, vedrai che ti trascineranno loro. - sorrise Michael – Portati un giubbotto pesante, potrebbe fare davvero freddo. Di notte la temperatura scende parecchi gradi sotto lo zero.

Sistemata l'attrezzatura nel bagagliaio dell'auto di Michael, i due si diressero in caffetteria, dove Allie li stava già aspettando. Entrati dentro presero posto e subito Allie indicò ai due la ragazza di cui parlava.

- È lei. Non trovi che verrebbe benissimo nelle foto?

- Ma dai, pensi davvero solo a quello? - ribatté Michael, pizzicandole il naso.

- Beh, anche.

Andy la vide chiaramente arrossire quando la ragazza si avvicinò per prendere le loro ordinazioni.

- Sei venuta, allora! - disse quella, come se la cosa le facesse davvero piacere.

Allie annuì. Andy si accorse che cercava di controllarsi, anche se era visibilmente in tensione.

- Sì, per fortuna ce l'ho fatta! A proposito, loro sono Andy e Michael, due miei amici. Quando finisci il turno? Magari potremmo bere qualcosa insieme o fare un giro, ti va?

Sembrava così semplice chiedere un appuntamento a qualcuno, rifletté Andy. Forse avrebbe dovuto farlo anche lui, con Michael; se per Allie era così facile perché non doveva esserlo per lui? In realtà Andy aveva già tutta una serie di motivi per i quali Michael avrebbe potuto rifiutare di uscire con lui, quindi era meglio che smettesse di pensarci su già da principio.

Rilassarsi in compagnia di Allie e Michael non era poi troppo difficile: Allie aveva una parlantina sufficiente a coprire tutti i suoi silenzi e cercava di non portare mai la conversazione ad un punto morto.

Erano le undici quando Bea li raggiunse al tavolo. Andy continuava a rigirare il suo bicchiere fra le mani, mentre Michael sbocconcellava qualche patatina fritta dalla ciotola che aveva davanti. Allie si ammutolì improvvisamente, torcendosi le mani.

- Beh, ragazze. Credo che io e Andy toglieremo il disturbo. Più che altro abbiamo delle osservazioni che ci aspettano! - rise Michael, per rompere il ghiaccio.

Allie lo fulminò con un'occhiataccia tale Andy pensò che probabilmente non avrebbe voluto essere lasciata da sola. Ma l'amico la ignorò e andò a pagare il conto, tornando al tavolo per salutare le due ragazze.

- Allora? Andiamo?

Raggiunsero la macchina e vi entrarono senza dire una parola. Michael mise in moto e spiegò ad Andy che sarebbero andati fuori città, dove non c'erano luci artificiali e avrebbero potuto godersi per bene lo spettacolo.

- Sono certo che ti piaceranno. - disse orgoglioso, come se il merito del passaggio delle Geminidi fosse tutto suo.

Durante il tragitto continuarono a chiacchierare del più e del meno. Per una volta Andy non era pentito di aver seguito il suo istinto e di aver accettato di accompagnare Michael in una delle sue spedizioni.

- Quando finiscono le lezioni da te? - chiese Michael, accendendosi una sigaretta e abbassando un po' il finestrino per gettare fuori la cenere.

- Sono già finite. Domani mattina torno a casa. - rispose Andy – Tu?

- Prossima settimana, verso il venti, credo. Ma mi sa che finirò per saltare qualche lezione. Non c'è nulla di strettamente necessario da seguire. Progetti per il Natale?

- Nessuno in particolare. - replicò Andy, asciutto. Non aveva voglia di raccontagli di come non aveva nessuna voglia di rivedere la sua famiglia e di come sarebbe rimasto volentieri al campus se l'idea di essere completamente solo non gli fosse sembrata troppo deprimente. - Tu?

- Immagino non pensare troppo a Rob. - replicò Michael, in tono fintamente rilassato. - E iniziare a studiare, mi hanno già fissato tre esami a gennaio.

Arrivati nel posto del quale l'amico gli aveva parlato – un piazzale buio e abbandonato – sistemarono delle coperte a terra e vi si sedettero, spalle appoggiate contro l'auto e sguardi rivolti al cielo. Michael gli passò il binocolo, cercando di spiegargli sommariamente come orientarsi fra le varie costellazioni.

- Le Geminidi puoi vederle ad occhio nudo, comunque. Ed esprimere un desiderio. - aggiunse con un sorriso.

Andy si voltò incuriosito nella direzione che gli indicava Michael. Passò qualche minuto prima che riuscisse a vedere una scia attraversare il cielo.

- L'ho vista. Lì! - indicò con un entusiasmo che non avrebbe mai pensato di provare.

- No, me la sono persa! - replicò Michael mettendo su un finto broncio – Eccone un'altra! Là, guardala!

Giocarono ad inseguire le stelle per una buona mezz'ora e ogni volta che ne vedeva una, Andy pensava ad un desiderio da esprimere, per quanto in realtà non avesse mai creduto a quelle cose. La cosa più buffa era però che non trovava alcun desiderio da formulare. Forse perché andava bene così, non poteva desiderare altro in quel momento in cui il corpo di Michael sfiorava il suo e il tempo sembrava essersi fermato.

- Com'è che hai iniziato ad amare così tanto le stelle? - gli chiese ad un certo punto.

Al buio era più semplice fare certe domande. Andy aveva la sensazione che gli venisse più facile parlare senza che Michael lo guardasse negli occhi.

- Beh, è una cosa stupida.. Da piccolo mi chiedevo come facessero le stelle ad esaudire i desideri di tutti, ed ero arrivato alla conclusione che ognuno ne avesse una tutta sua. E avevo deciso che dovevo trovare quella mia.

Andy sorrise: i racconti di Michael erano incredibilmente dolci, gli sembrava quasi di vederlo da bambino arrampicarsi sul davanzale della finestra per guardare le stelle.

- Poi crescendo ho capito che mi sarebbe piaciuto davvero studiarle. E non ho mai smesso di credere che un giorno troverò una stella tutta mia. Okay, adesso crederai che sono uno scemo totale.

- No, perché dovrei? - rispose sinceramente Andy - Mi piacciono i tuoi sogni.

Scivolarono nuovamente nel silenzio, stringendosi nei loro giubbotti e nelle coperte per non sentire il freddo pungente che li circondava. Michael si rigirava il binocolo fra le mani, scrutando il cielo di tanto in tanto, mentre Andy cercava qualcosa da dire per spezzare il silenzio.

- Vuoi un po' di birra? - propose l'amico, prendendo dalla macchina le bottigliette che aveva comprato poco prima in caffetteria.

- Mh... - Andy era dubbioso.

- Dai, solo un goccio non ti farà male. Non sarà come l'altra volta, ti faccio smettere prima io, nel caso tu voglia ubriacarti di nuovo! - rise Michael.

Stapparono le bottiglie e bevvero qualche sorso.

- Mi dispiace per l'altra sera, Michael. Ti ho rovinato l'appuntamento con Rob. Solo che non sapevo chi chiamare.

Disse quelle parole tutte d'un fiato, senza pensarci troppo sopra, altrimenti avrebbe finito col non dire nulla.

- Tranquillo, non fa nulla. Abbiamo rotto, ormai. - fu la replica.

- Mi dispiace.

No, non era affatto vero. O perlomeno era vero che gli dispiaceva vedere l'amico giù di morale, ma l'idea che continuasse a stare con quello stronzo gli dava decisamente fastidio e non solo per la gelosia che provava.

- No, ma... doveva succedere. Quella sera l'abbiamo passata tutta litigando. Quando mi hai chiamato è stata una liberazione uscire dalla sua macchina e mandarlo a quel paese.

Andy sorrise, sicuro che Michael non si sarebbe accorto del suo sollievo.

- Poi quello che mi hai chiesto l'altra notte mi ha aiutato a riflettere. - aggiunse Michael, a voce bassa.

- Cosa ti ho chiesto? - domandò Andy, fingendosi all'oscuro di tutto. Ricordava benissimo quell'unico frammento di lucidità, la risposta che Michael non gli aveva dato. E nient'altro.

Perché continui a stare con quello stronzo? Dovresti lasciarlo.

- Giusto, forse non ti ricordi nulla di tutto quello che mi hai detto. Però ad un certo punto mi hai chiesto perché continuavo a stare con lui. E mi sono reso conto che davvero non ne avevo idea. Sei stato illuminante. Forse sono io che devo ringraziare te.

- E... cos'altro ti ho raccontato? Avrò di certo cominciato a dire stronzate di tutti i generi. - Andy si sentiva in imbarazzo a ripensare a tutto quello che poteva aver detto mentre era ubriaco.

- No, no... In realtà mi sei sembrato solo molto triste. Parlavi della tua famiglia, della paura che hai di deluderli, del fatto che non sanno che sei gay... cose di questo genere.

- Devo essere stato una lagna, mi dispiace. - commentò Andy.

- No, no, davvero. Non mi avevi mai parlato in questo modo, in un certo senso mi ha fatto piacere che tu ti sia confidato con me.

Andy alzò gli occhi al cielo senza rispondere e si perse a scrutare le stelle che lo illuminavano. Nonostante il freddo, la notte era serena, quindi era possibile vederne tantissime, considerando anche il fatto che si trovavano in un posto poco illuminato.

Quando riabbassò lo sguardo, si rese conto che Michael lo stava guardando. Lo stomaco gli si annodò improvvisamente e l'aria parve diventare elettrica nello stesso istante nel quale l'altro poggiò le labbra sulle sue. Gli poggiò una mano sulla nuca e ricambiò il bacio, rabbrividendo quando sentì la lingua dell'altro toccare la sua.

Poi, e l'esatto motivo non lo aveva mai capito nemmeno a distanza di anni, Andy si era scostato, balbettando una frase sconnessa:

- No aspetta... forse è meglio se non... complichiamo le cose.

Nello stesso istante in cui pronunciò quelle parole, Andy si diede mentalmente dello stupido. Michael lo aveva baciato – come nei sogni ai quali non osava nemmeno credere – e lui si stava tirando indietro.

In realtà aveva improvvisamente avuto paura di lasciar cadere le barriere che aveva costruito pazientemente per mesi. Era la paura di dover fare i conti con emozioni che non sapeva come razionalizzare e mettere in ordine.

- D'accordo. - rispose Michael, allontanandosi da lui. - Scusami.

Andy avrebbe cercato di baciarlo nuovamente per cancellare quello che era appena successo, se non lo avesse percepito così distante, immerso nuovamente nel suo mondo fatto di stelle. Ed era totalmente colpa sua e della sua dannata tendenza a dover sezionare e comprendere l'esatta ragione di ogni cosa che gli succedeva.

- Sono uno stupido. - sibilò a mezza voce.

- Hai detto qualcosa? - chiese Michael, voltandosi verso di lui.

- No, no. Niente.

Si rannicchiò con le ginocchia al petto e rimase in silenzio, ad aspettare che quella notte disastrosa finisse. Per fortuna l'indomani sarebbe tornato a casa e avrebbe avuto tre settimane di tempo per fare i conti con quello che era successo.

Probabilmente li avrebbe passati a maledirsi per la sua esitazione, a cercare di trovare un modo per spiegare a Michael che era tutto dovuto alla sua incapacità cronica di liberarsi dell'idea che fosse necessario non avere alcuna distrazione per raggiungere i suoi obiettivi.

Non si parlarono molto nemmeno mentre ritornavano al campus. Ogni tanto Michael apriva la bocca come per dire qualcosa, ma si bloccava subito dopo, mentre Andy si ostinava a guardare la sua immagine riflessa sul finestrino.

Si rigirò nel letto per tutta la notte, sospirando di sollievo la mattina dopo quando, alle otto, uscì dalla stanza con la sua valigia per andare a prendere il pullman che lo avrebbe riportato a casa sua per le vacanze di Natale.

Ma, l'anno dopo, si ripromise Andy, le cose sarebbero cambiate. E, una volta tanto, sarebbe cambiato tutto in meglio.

 

***

 

- Questo è stato il vostro primo bacio? - Elena non smette di ridacchiare da quando Andy ha ammesso di aver allontanato Michael dopo che quest'ultimo l'aveva baciato.

- Già... Divertente, vero? - risponde lui, sentendosi arrossire.

- Abbastanza.

- A ripensarci, non so nemmeno come avessi fatto a resistere. Voglio dire, ero già innamorato di Michael, però mi ostinavo a ripetermi che non saremmo mai potuti stare insieme.

- Capita. - risponde Elena – Magari non sei mai stato molto sicuro di te stesso e quindi avevi paura di... non so, di non essere all'altezza.

Andy annuisce, perdendosi a guardare le stelle, mentre i ricordi continuano a rigirargli per la mente.

- E poi? Avete chiarito la mattina dopo, vero? Prima che tu partissi per le vacanze, immagino. - Elena sembra divertirsi ad azzardare qualche ipotesi, adesso, senza farsi problemi a sbagliarne qualcuna.

- No, in realtà no. Sono andato via che lui ancora dormiva. E poi ho pure scoperto che s'era preso l'influenza a causa del freddo di quella notte.

Anche i ricordi più divertenti possono diventare malinconici, se pensa che adesso Michael non è lì a condividerli con lui. E di colpo lo coglie di nuovo la sensazione di non riuscire a respirare, il vuoto della solitudine che non riesce a colmare.

- Guarda! Una stella cadente! - grida Elena, indicando il cielo con un dito, ma la scia di luce è già sparita.

- Facevamo le gare, io e Michael, a chi ne vedeva di più. Avevamo molto tempo da perdere, sì. - ammette Andy. - Però... davvero, non puoi immaginare quanto mi manchino tutte queste cose. Sono quelle che mi fanno stare peggio.

Sente quasi il bisogno di giustificarsi, anche se sa benissimo che non ce n'è bisogno, perché sono i ricordi più insignificanti quelli che finiscono per avere più importanza di tutti gli altri.

- Beh, riesco ad immaginare. - replica Elena – E un po' mi dispiace farti tutte queste domande. Ho paura di essere... di chiederti troppo.

- Non ti preoccupare. Se mi desse fastidio, te lo direi. Però adesso scusami, sono stanco, vorrei andare a dormire.

- Va bene, io resto ancora qui per un po'! Buonanotte, Andy.

La osserva dalla finestra, assorta a fissare il cielo, come a fare delle domande a cui non potrà mai avere risposta.

Quando sale in camera sua, lo sguardo gli cade sulla ricevuta di consegna della domanda di specializzazione: l'ha consegnata la mattina stessa, sentendosi per un attimo orgoglioso di se stesso mentre apponeva la firma con la mano che quasi tremava.

Prima che arrivasse il suo turno, ha riletto quella domanda un centinaio di volte, ripetendosi che era la naturale prosecuzione di un progetto che porta avanti sin da quando era solo un bambino e che quindi non aveva nessun motivo per preoccuparsi.

E solo ora, in qualche modo, c'è la consapevolezza che non è così impossibile andare avanti come credeva dopo essere rimasto solo.

Chissà se anche tu saresti orgoglioso di me allo stesso modo?

 

 

 

_______

 

Stelle Perdute è nata dalla necessità che avevo di rispondermi ad alcune domande che mi porto dietro da anni. Domande alle quali probabilmente non troverò mai una risposta, perché una risposta non esiste. Stelle Perdute non è la storia di Elena e Andy che si mettono insieme, non è nata con questo scopo. Stelle Perdute è la storia di due persone che hanno perso qualcuno di fondamentale nelle loro vite e che stanno provando a rialzarsi.

Ho iniziato a pubblicare questa storia esattamente un anno fa, dopo aver passato tre mesi solo per scrivere i primi due capitoli, e in questo anno mi sono visceralmente affezionata ai personaggi e ai loro vissuti. Anche grazie a voi e al vostro sostegno, alle vostre parole stupende, alle vostre recensioni che molte volte mi commuovono.

Il 20 settembre è una data importante, per me, e per questo oggi ho fatto di tutto per pubblicare questo aggiornamento. Probabilmente ci saranno più strafalcioni del solito e magari domani ci tornerò a mente serena per dare una rilettura, ma per me era importante finire il capitolo.

Spero di non avervi deluso.

Alla prossima,

Aika.

 

NB: ho creato recentemente una pagina Facebook dove condividere foto, spoiler e chiacchiere con tutti voi. Si chiama "Il Rifugio delle Stelle" mi farebbe piacere ritrovarvi anche lì :)

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Capitolo 17
*** Almeno nei sogni ***


Nuova pagina 1

Almeno nei sogni.

 

Michael? Michael riesci a sentirmi? Non farmi questi scherzi, ti prego. Mi avevi promesso che oggi saremmo usciti insieme, io e te. Michael, per favore, vuoi mantenere la tua promessa? I medici dicono cose che non capisco e io ho paura. Per favore, apri gli occhi. Non andartene.

 

Il sogno di Elena è sempre lo stesso.

C'è l'ospedale.

C'è la sala d'attesa troppo bianca e troppo grande, così grande da metterle paura.

C'è una porta verde, chiusa.

I suoi piedi sono come incollati al pavimento, cercare di muoverli è uno sforzo enorme, tanto che lei ci rinuncia quasi subito. Protende le mani verso quella porta chiusa. Lì, dentro quella stanza, anche se nessuno gliel'ha detto, Elena sa che c'è Michael.

Poi, chissà da dove, arriva il dottore, un chirurgo dall'aria stanca e dai modi di fare spicci.

- Puoi vederlo, adesso. Ti sta aspettando.

Elena si rende conto di poter muovere di nuovo i piedi, apre la porta aspettandosi di trovare Michael nella stanza. C'è solamente un letto davanti a lei e qualcosa sotto un lenzuolo. Elena si ferma improvvisamente, come se quella visione non la rendesse affatto tranquilla, nonostante le rassicurazioni del medico.

Con la mano che trema solleva leggermente il lenzuolo. E non riesce a trattenere un urlo quando scopre che il letto è vuoto.

Poi si sveglia di soprassalto, con il fiatone e le lacrime agli occhi.

Ci mette qualche attimo a rendersi conto che si è trattato del solito incubo, un incubo che la realtà non può scacciare via, considerato che Michael non è lì con lei e che non spunterà dalla stanza accanto per tranquillizzarla.

Accende la luce del comodino e cerca di tranquillizzarsi, anche se le immagini del sogno – fotogrammi troppo concreti e dolorosi – sono sempre davanti ai suoi occhi.

Cerca di tornare a respirare normalmente e si asciuga nervosamente le lacrime che le rigano il volto, cercando di ripetersi che va tutto bene.

Non è la prima volta che sogna di non trovare Michael sotto quel lenzuolo bianco. Ha cominciato ad avere quell'incubo una settimana dopo il funerale del fratello e ogni volta lo rivive con la speranza che, almeno in quella realtà costruita dal suo inconscio, riuscirà a vederlo.

Senza fare rumore esce dalla stanza e scende al piano di sotto, con l'intenzione di prendere un bicchiere d'acqua. Si blocca per un attimo sulla soglia della cucina, quando si accorge che sul tavolo c'è seduto Andy, con una sigaretta fra le labbra e il viso illuminato dal riverbero della luce del portatile. Accanto a lui c'è qualche foglio sparpagliato e una matita.

Incrocia il suo sguardo, ma non dice una parola.

- Elena? Va tutto bene? - chiede il giovane, sorridendole leggermente – Accendi la luce, dai! Che ci fai sveglia a quest'ora della notte?

- Potrei chiederlo io a te. - risponde incerta, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Stavo studiando.

- A quest'ora? - non può fare a meno di esclamare. Guarda l'orologio sul muro, che segna le due meno venti del mattino.

- Beh, sì. Ci sono abituato. Di notte riesco a studiare meglio, mi concentro di più. E in realtà a dirla tutta adesso non stavo esattamente studiando.

Se Elena dovesse definire con una parola il sorriso di Andy, direbbe sicuramente struggente.

È un sorriso velato di malinconia, non è davvero spontaneo, sembra forzato, anche se non del tutto ipocrita. Come se ce la mettesse tutta per superare la tristezza. Elena si chiede spesso come fosse il suo sorriso quando stava con Michael. Ha visto qualche fotografia in giro per casa, ma non ha mai avuto il coraggio di fare alcuna osservazione.

- Stavo cercando delle cose su Internet. E tu? Che succede? Soffri di insonnia?

Si ricorda improvvisamente dell'incubo e della sensazione di impotenza che le ha lasciato addosso. Ha l'amaro in bocca mentre ripensa a quanto è stato orribile scoprire quel letto ancora vuoto.

- No, ho fatto un brutto sogno. Posso prendere da bere?

- Sì, certo.

Sente su di sé gli occhi di Andy mentre prende un bicchiere dalla credenza e poi la bottiglia dell'acqua dal frigorifero. Beve a piccoli sorsi, quasi volesse rimandare il momento in cui girarsi nuovamente verso di lui e sostenere il suo sguardo.

- Che genere di sogno?

- Michael.

Non è semplice spiegare a parole tutte le sensazioni che prova. Non può semplicemente raccontargli il sogno – quella maledetta notte in ospedale che rivive ancora nelle pieghe della sua memoria – spiegargli cosa prova ogni volta che pensa di poter vedere Michael e che invece ogni sua speranza viene puntualmente disillusa.

Michael.

Quel nome, quelle sillabe pronunciate con inquietudine, dovrebbero già spiegare tutto.

- Beh, c'è questo sogno... in realtà sembra più un incubo... - inizia a spiegare, con la voce che le trema – Sono in ospedale... come quella notte... e poi i medici dicono che è andato tutto bene e che posso vederlo. Solo che poi lui non c'è.

Termina quel racconto col fiatone, quasi la fretta di parlare le avesse fatto mischiare tutte le parole per poi fargliele pronunciare tutte d'un fiato. Come se condividere quell'incubo con qualcuno possa servire in qualche modo a scacciarlo via. A dimenticarlo.

- Non immagini quanto vorrei vederlo almeno in sogno. - sospira infine, intrecciando le dita delle mani attorno al bicchiere vuoto. -Tu l'hai mai sognato?

Alza lo sguardo e incontra gli occhi di Andy. Lo vede sussultare e aprire la bocca, come se volesse replicare.

- Ecco... più o meno. Una volta.

Non le sfugge il fatto che si sia rabbuiato, così ritiene più saggio non domandare nient'altro.

- Io non ci riesco. Per quanto lo desideri, non riesco a vederlo nemmeno in sogno. - prosegue Elena – Non trovi che sia strano? Persino Richard l'ha sognato... e nemmeno lo conosceva. Mentre io...

Vorrei vederlo almeno nei miei sogni.

Quando Richard le ha detto del suo sogno, Elena c'è rimasta malissimo. Una parte di lei avrebbe persino voluto prendersela con il ragazzo, anche se sapeva che non aveva colpa. Ma il dolore per la perdita di Michael era troppo grande per riconoscere la ragione. Che poi, cosa se ne sarebbe fatta di un sogno? L'immagine di Michael non avrebbe avuto neanche la consistenza di una fotografia, non avrebbe potuto toccarlo comunque.

- Beh, non puoi decidere cosa sognare. E anzi è più probabile che più speri di sognare qualcosa, più non ci riesci.

Elena sbuffa, chinando la testa. Il senso di vuoto nel cuore si è fatto più profondo, come se un altro pezzetto di Michael fosse scomparso per sempre dai suoi ricordi.

- Sì, lo so. Però è tutto così difficile, adesso che lui non c'è più... sarebbe bello illudermi almeno nei miei sogni che le cose vanno bene.

Si sente terribilmente infantile a parlare in quel modo, ma con Andy sente di poterlo fare. Andy sa quello che prova e confidarsi con lui è ormai diventata un'abitudine. Probabilmente è anche dovuto al fatto che lui si è dimostrato molto dolce e comprensivo nei suoi confronti, nonostante inizialmente il suo comportamento lasciasse intuire tutt'altro.

Sai Michael, ti eri innamorato di una persona davvero meravigliosa.

- Hai mai sentito parlare di onironautica? - chiede dopo qualche secondo. Lui nega scuotendo la testa, incuriosito.

- È una teoria secondo la quale nel dormiveglia è possibile indirizzare i nostri sogni verso ciò che vorremmo. Ho visto una specie di documentario, una volta. Era interessante.

- Credi che funzioni?

- No, in realtà no. Quando sei mezzo addormentato è difficile ricordarti del fatto che ti piacerebbe provare a controllare i tuoi sogni! Però sarebbe bello se fosse possibile farlo. - conclude la ragazza con voce pensierosa.

Andy inizia a spegnere il computer, mentre Elena allunga una mano a prendere uno dei fogli scarabocchiati sparsi sul tavolo.

- Posso?

- Sì, fai pure. Non ci capiresti nulla, credo.

Elena osserva la grafia confusionaria del giovane, decifrando solo qualche lettera: sono appunti di medicina, o almeno così sembra.

- Ehi, ma hai proprio la grafia da dottore, non si capisce nulla! - ride, restituendogli il foglio.

L'altro mette a posto i fogli e poi torna a guardarla.

- Beh, fossero questi i criteri per definire davvero un buon medico... Michael diceva che lo sarei stato solo perché non svenivo alla vista degli aghi.

Quando pronuncia il nome di Michael, la voce di Andy diventa più dolce, quasi costellata da una nota di malinconia. Sembra soffiarla via delicatamente, come se non volesse far violenza a quel nome pronunciandolo a voce troppo alta.

- Beh, magari aveva ragione, no? Insomma, stai quasi per laurearti, no? Quindi ci sei quasi.

- Già... - sorride Andy, poi riprende quello che stava dicendo – Me lo diceva sempre quando mi vedeva giù di morale. Sai, quando c'erano esami difficili o mio padre continuava a mettermi a disagio. La prima volta me lo disse proprio dopo il nostro primo bacio, durante le vacanze di Natale. Un pomeriggio ero particolarmente annoiato, così gli telefonai.

- Davvero? Raccontami, dai... cioè, se ti va. - aggiunge la ragazza, sentendosi imbarazzo per l'entusiasmo riaccesosi improvvisamente.

Quella storia ormai l'ha totalmente catturata. Ne è affascinata e le piace sentirla raccontare da Andy e ritagliarne i contorni per aggiungere ogni frammento al puzzle dei ricordi che ha di Michael. Così aspetta che le parole del giovane tornino ad intessere ricordi che, una volta condivisi, si cristallizzeranno definitivamente anche nella sua memoria.

 

***

 

Da quando era tornato a casa per le vacanze, Andy non faceva altro che pensare a quel bacio scambiato con Michael. Si era trattato di poco più di un contatto fra le loro labbra, ma a ricordarlo, Andy provava una strana sensazione di stordimento, sentendosi come sospeso a mezz'aria.

Poi ripensava a quanto era stato stupido ad allontanarsi e a dirgli quelle stronzate. Avrebbe fatto di tutto per poter tornare indietro. Nemmeno osava pensare all'imbarazzo di dover tornare al campus a metà gennaio. Era fuggito per non dare alcuna spiegazione, ma non avrebbe potuto certo evitare le domande di Michael una volta che si fossero rivisti.

Le vacanze non stavano andando nel migliore dei modi: il padre continuava ad elargire prediche su prediche ripetendogli quanto fosse importante che si impegnasse per gli esami, facendogli notare quanto ogni piccolo errore potesse pregiudicare la sua carriera universitaria e lui ne aveva già le tasche piene dopo tre giorni.

- Studio già abbastanza così, non ti pare? - aveva detto un giorno, cercando di ribellarsi almeno una volta al solito discorso che ormai conosceva a memoria.

- Andy, non esiste abbastanza quando parli di studio con un medico. Devi sempre essere aggiornato, immagazzinare quante più informazioni possibile per essere poi pronto ad usarle quando ti serviranno.

Aveva un'aria tremendamente saccente e riusciva a demolire le già fragili sicurezze di Andy, già particolarmente ansioso di suo quando si parlava di studio.

Telefonare a Michael fu un'idea che gli venne quasi per caso, mentre giocherellava con il cellulare e scorreva i nomi della rubrica telefonica. Si sentiva impacciato come l'adolescente timido e impacciato che era a sedici anni, quando non riusciva a trovare il coraggio di uscire fuori dal guscio. Non che negli anni le cose fossero migliorare, però perlomeno adesso riusciva ad affrontare gli incontri con gli sconosciuti senza stare troppo sulla difensiva.

La voce di Michael arrivò al suo orecchio prima ancora che si rendesse conto di aver schiacciato davvero il tasto della chiamata.

- Sì, chi parla?

- Michael? Ciao, sono Andy, ti disturbo?

Si passò una mano fra i capelli, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

Calmati, dannazione. Calmati.

- Andy, ciao! No, no, tranquillo, stavo ricopiando degli appunti, niente di che... Tutto bene?

La voce di Michael trasmetteva ottimismo anche attraverso il telefono. Poteva immaginarlo gesticolare mentre parlava, mentre i suoi occhi si riempivano di entusiasmo.

- Sì, sì, grazie.

Che diavolo l'aveva chiamato a fare se la conversazione stava prendendo una piega così idiota?

Era disperatamente alla ricerca di qualcosa di interessante da dire – per non dover ammettere di averlo chiamato solo per sentire la sua voce – ma l'amico lo precedette.

- Dio, non puoi immaginare che palle! Ogni volta che torno a casa, mia madre organizza qualcosa come tre o quattro pranzi di fila con i parenti. Manco fossi chissà quale celebrità... Stasera ha deciso che era il turno della prozia Daisy e fra poco mi toccherà ascoltare le chiacchiere di quella zitella che parla male di tutti i suoi vicini!

Andy sorrise d'istinto.

- Beh, almeno non te la passi come me. Io sono costretto a sorbirmi dalla mattina alla sera le prediche di mio padre con lo studio e i paragoni con i miei fratelli. Come se fosse colpa mia essere più piccolo e non essere al loro livello con gli studi.

La sua voce tradiva una nota di amarezza.

- Mi chiedo cosa dovrei fare per renderlo orgogliosi di me... - sussurrò a mezza voce, augurandosi forse che l'altro non lo sentisse.

- Andy, dai smettila. Non voglio sentirti fare questi discorsi, okay? - replicò Michael in maniera decisa.

- Non puoi capire, è così... Frustrante! Raccontare che ci ho messo due mesi a studiare biologia e sentirmi dire da mia sorella che potevo impiegarci di meno. Mi fanno sentire come se non fossi capace di fare ciò che faccio. Magari non ne ho nemmeno la stoffa... Non vedo l'ora di tornare al campus. E... scusami, non so nemmeno perché ti ho telefonato, dopo...

Dopo l'altra sera.

Non avrebbe saputo spiegarlo nemmeno a se stesso, per la verità.

Michael era diventato una sorta di porto sicuro nel quale attraccare quando aveva bisogno di trovare una rotta. Sapere che era lì ad ascoltarlo lo faceva sentire bene, come se tutto lo stress di quei giorni di vacanza stesse scivolando via senza che se ne rendesse conto.

- Tranquillo, mi fa piacere sentirti. - lo interruppe Michael.

La sua voce era terribilmente rilassante, quanto Andy aveva bisogno per stare meglio.

Sembrava patetico dirlo, ma sarebbe rimasto ad ascoltarlo anche se gli avesse ripetuto per ore la stessa parola. E in quel momento avrebbe voluto averlo vicino...

Neanche una ragazzina innamorata.

- Dovrei parlarci io con la tua famiglia. - osservò Michael, dopo qualche attimo di silenzio.

- E cosa gli diresti?

- Beh, che la stoffa del medico ce l'hai perché non svieni alla vista del sangue e degli aghi come il tuo compagno di stanza!

Quella battuta ebbe il potere di mettere Andy di buonumore. Sorrise, appoggiandosi al muro.

- Beh, non è che ci voglia così tanto! - lo punzecchiò, scivolando a terra e rannicchiandosi con le ginocchia contro il petto, lasciandosi cullare da quella risata sommessa e terribilmente sensuale.

- Giusto! Credo di essere proprio un caso disperato! Oh, Andy... Senti, mi stanno chiamando da sotto, ti spiace se ci sentiamo più tardi, magari?

- Va bene, tranquillo! Quando torni al campus?

- Pensavo lunedì pomeriggio, giusto il tempo di smaltire tutti questi dannati pranzi. Tu?

- Prima di martedì non riesco a scappare, credo. Lunedì è il compleanno di mio fratello, non posso proprio mancare.- spiegò Andy, quasi volesse scusarsi.

- D'accordo! Ma ehi, martedì andiamo a correre, non voglio sentire ragioni! - rispose Michael e, a quelle parole, Andy non poté non sentirsi più tranquillo, come se un enorme peso gli fosse stato tolto dallo stomaco. - Dai, adesso devo proprio andare. Sarò grande e grosso, ma non ho proprio il fegato di affrontare le ire di mia madre! Ci sentiamo, d'accordo? Grazie di avermi telefonato.

- Grazie a te! Mi hai tirato un po' su il morale, adesso sto decisamente meglio!

E mi manchi un po' di meno.

 

***

 

Non si sarebbe mai aspettato che avrebbe finito per consolare Elena. Non quando i giorni erano troppo bui per considerare lontanamente l'idea di lasciare che qualcuno spezzasse la bolla di solitudine nella quale si era rinchiuso.

Andy non ha mai saputo trovare le parole giuste per tirare su il morale a qualcuno. A Michael bastava un solo sguardo, un sorriso o una pacca sulle spalle, mentre per lui è più difficile stabilire un'empatia tale da poter aiutare le persone quasi senza far nulla.

- Quando parli di lui ti brillano gli occhi! - commenta Elena alla fine del suo racconto. Sta sorridendo, nonostante gli occhi arrossati e la sua espressione è più serena.

- Beh, credo sia... normale. Anche tu, comunque. - replica, sistemandosi gli occhiali.

- E poi cos'è successo?

- Beh, ci siamo messi insieme dopo le vacanze di Natale. Abbiamo chiarito la storia del bacio, sai... E beh, siamo riusciti a chiarirci, sì. - balbetta, sentendosi arrossire e non curandosi delle sue parole sconnesse.

Ci sono cose che non potrebbe mai raccontarle scendendo nei dettagli: ricordi troppo intimi, troppo suoi, che non si sente di condividere davvero con nessuno. Come la prima volta che hanno fatto l'amore, una volta tornati al campus. Le parole che si sono sussurrati fra le coperte aggrovigliate del letto di Michael.

Sono spine nel cuore, quei ricordi. Fanno male, troppo male perché Andy possa provare a raccontarli. Sono ricordi così perfetti che le parole potrebbero rovinare, perché non esistono parole perfette per dipingerli.

Quando Elena gli ha chiesto se ha mai sognato Michael, Andy non ha potuto fare a meno di ripensare all'incubo di qualche giorno prima. Ai brividi che gli aveva messo ritrovarsi in cucina col coltello in mano. A quella voglia inconscia di mettere fine a tutto e poi a quella volontà di farcela ad uscire dal baratro nel quale era precipitato.

Non riesce ad ammettere di aver quasi tentato il suicidio, è una debolezza che non riesce a perdonarsi perché sa che Michael per primo non lo farebbe.

- Come va adesso? - chiede subito dopo, quasi ad evitare domande.

- Un po' meglio, grazie. Credo che i tuoi racconti mi facciano stare meglio, sai?

Andy sorride, poi si alza e apre il frigorifero. Prende tre barrette di cioccolato e le fa vedere alla ragazza.

- Cosa preferisci? Latte, bianco o fondente?

Elena lo guarda perplessa, prima di optare per il cioccolato bianco. Andy glielo lancia al volo e lei riesce ad afferrarlo quasi per un pelo.

- Allie me ne ha portato un sacchetto pieno, tempo fa. È una convinta sostenitrice del potere benefico della cioccolata.

Sorride nel ripensare alle discussioni con l'amica, convinta che il cioccolato possa davvero risolvere ogni problema, anche più delle medicine.

 

- Dovresti prescriverlo ai tuoi pazienti, dottore.

Gli arruffò dolcemente i capelli, posandogli un bacio sulla guancia

- Funzionasse davvero, forse. - era stata la risposta, scettica. Seguita dal rumore della stagnola accartocciata.

- Sì, dai... beh okay, basta crederci. Cioccolato bianco per il raffreddore, con le nocciole per l'influenza. E quello fondente potrebbe andare bene per... facciamo per le distorsioni che ne dici?

La sua risata era stata raggelata dalla domanda di Andy.

- Dici che ne esiste un tipo per curare l'assenza?

 

A ripensarci, Andy si rende conto di essere stato parecchio acido nei confronti di Allie che voleva solo cercare di risollevargli il morale. Non si ricorda se poi le ha chiesto scusa per quella sua uscita infelice, ma immagina che Allie abbia capito. Se dovesse chiederle scusa per tutte le volte che si è comportato in maniera scontrosa con lei dopo la morte di Michael, non la finirebbe più di farlo.

Addenta un pezzetto di cioccolato fondente, lasciandolo sciogliere in bocca.

- È buono, grazie mille! - dice Elena, alzandosi per andare a buttare la carta nel cestino dei rifiuti. Si stiracchia leggermente e poi aggiunge, a voce bassa – Sto meglio, Andy.

Il suo sguardo è più sereno, meno spaurito di quando poco fa è entrata in cucina quasi tremando per via dell'incubo che l'ha svegliata nel cuore della notte.

- Bene, sono contento. - replica – Che ne dici di andare a dormire adesso? Stiamo facendo le ore piccole praticamente ogni notte.

- Per me non è un problema. Ultimamente non dormo mai molto.

Sa come si sente: ha passato troppe notti insonni a chiedersi perché tutto sia successo. A cercare una spiegazione razionale, ad inventarla e a cercare le formule giuste che potessero dimostrare un teorema tanto atroce. Senza riuscirci, perché la morte non ha ragioni plausibili che possano spiegarla o renderla quantomeno più accettabile.

- Sai, credo sia bello che tu... beh, che tu abbia ripreso a studiare. - mormora Elena quando ormai è sulla soglia della sua stanza.

Arrossisce, chinando lo sguardo.

- Mh?

- Ecco, probabilmente non sono affari miei, però ecco... mi è sembrato di capite che stessi pensando di mollare tutto con l'università. Però ecco, sono felice che tu non l'abbia fatto. - spiega velocemente lei, per poi sparire velocemente in camera dopo avergli dato la buonanotte, probabilmente nel timore di aver detto qualcosa che non andava bene.

Andy sorride fra sé e sé.

Si toglie la maglietta e si getta sul letto rimanendo con gli occhi aperti a fissare il soffitto, ripensando alle parole della ragazza. Gli hanno indubbiamente fatto piacere e messo fiducia in se stesso e in quello che fa.

Un po' come se Michael gli avesse detto che va tutto bene e può farcela.

Lentamente si gira su un fianco e prova ad addormentarsi.

Almeno nei sogni potrà così vivere una realtà nella quale le cose stanno veramente andando meglio. E chissà, sperare anche che, una volta aperti gli occhi, quei sogni si saranno realizzati.

 

 

_________

 

No, non mi sono dimenticata della storia.

Non potrei mai, Stelle Perdute è troppo importante perché possa lasciarla incompleta. Non so quanto passerà, ma giuro che riuscirete a leggere la fine. Quindi abbiate fiducia!

Vi chiedo immensamente perdono per l'ennesimo ritardo, ma spero di aver compensato l'attesa con un capitolo quantomeno decente. È un capitolo un po' di *passaggio* nel quale però - a mio parere - scopriamo qualcosa di più su Andy ed Elena e sul loro carattere. Per quanto sia di passaggio la questione dei sogni volevo trattarla per forza, visto che è una cosa che ho sentito veramente, quella rabbia per non riuscire a sognare qualcuno mentre tutti gli altri ci riuscivano. E l'ho sentita da una madre. E insomma, non è esattamente facile pensare a certe cose. Quindi sì, era una cosa della quale volevo parlare, una cosa che nell'elaborazione del lutto ha la sua importanza.

Nel prossimo capitolo ho deciso che farà il suo ritorno Dave, il fratello di Andy, un personaggio che non vedo l'ora di scrivere. E avremo una visione un po' più estesa di quell'accenno al "mettersi insieme" fatto da Andy ad Elena. Perché insomma, mica vi aspettavate che liquidassi un nodo così fondamentale in poche righe (tra l'altro si tratta di una scena che non vedo l'ora di scrivere da almeno un anno!)?

Oddio che sproloquio! Giuro che adesso smetto.

Però ecco, voglio segnalarvi, oltre a "Basta solo guardare le stelle" (che non aggiorno pure da un sacco di tempo .__.) altre cosine che ho pubblicato in questo periodo:

- Questione di papere, una fanfic su Merlin, ufficialmente la mia nuova droga. È breve breve e spero riesca a strappare qualche sorriso.

- Attimi di me e di te: una raccolta di flashfic dedicate a due nuovi personaggi, Matteo e Vincenzo. È scritta con uno stile un po' più trascurato del solito (avevo la fretta di postare per il Gott'a ship'em all!). Non è nulla di particolarmente originale e nemmeno segue un filo narrativo ma... è FLUFF e ROMANTICA! Niente angst! Lo so, non ci crede nessuno *rolls* quindi... provare per credere :P

- Labbra sporche di zucchero filato: one-shot originale scritta come regalo di compleanno per Bibby. Si tratta di una storia abbastanza angst (la mia parentesi fluff è durata tre giorni :P), parla dell'amore che lega Daniele, un ragazzino appena diciottenne con gravi problemi in famiglia, e Arturo, un avvocato trentottenne sposato. Ho cercato di non trattare l'argomento "differenza di età" in maniera superficiale, ma prima di tutto ho scritto una storia d'amore, della quale - dopo varie traversie - sono anche abbastanza soddisfatta. E ci terrei ad avere una opinione da chi non l'ha ancora letta ^^ Vi lascio un piccolo spoiler:

 

"Era incredibilmente facile essere se stesso davanti agli occhi di Daniele, che continuava a mangiare e ad annuire di tanto in tanto, senza mai giudicare ciò che lui diceva.

- Non sei felice, vero? - aveva chiesto ad un certo punto, facendosi serio.

Aveva saputo leggere nell'animo dell'uomo più di chiunque lo conoscesse ormai da anni. E quella domanda era terribilmente fastidiosa, perché era difficile dare una risposta che non mettesse Arturo troppo a nudo.

- Beh, perché non dovrei? Ho un lavoro che mi piace, una famiglia, un ottimo reddito...

- Ti ho chiesto se sei felice, non a quanto ammonta il tuo conto in banca. - si era messo a ridere, nascondendo la bocca con la mano.

- Oh, beh... sì, sono felice.

- E allora perché pur di non tornare dalla tua stupenda famiglia sei qui a cenare con un tizio che nemmeno conosci?

 

Okay, dopo questo, ho ufficialmente finito di rompere le scatole ^^

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto,

Aika.

 

PS ho parlato con diverse persone che - non so bene per quale motivo - si sentono in soggezione a lasciare un commento o anche solo una frase. Tranquilli, io non mangio nessuno, a meno che siate fatti di pandistelle :P e comunque, per ogni cosa ci sono anche i messaggi privati o Facebook se non volete che tutti leggano i commenti. Basta che mi facciate sapere perché per me è importante sapere cosa ne pensate, non è una semplice questione di numerini che salgono :*


 

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Capitolo 18
*** Barriere fragili ***


Nuova pagina 1

Barriere fragili.

 

Questo capitolo è dedicato a Stefania, perché a ventiquattro anni non si può morire per mano di chi dice di amarti.

 

Se non fosse per colpa di Elena, Andy non si troverebbe lì, adesso.

Con un gesto di stizza sbatte la portiera dell'automobile e si avvia verso l'ingresso dell'albergo, gettando via la sigaretta ormai consumata quasi del tutto. Non ha nemmeno la più pallida idea di come potrebbero andare le cose. Di come sarà vedere David dopo due anni che non si parlano quasi più.

Se non fosse stato per Elena, Andy non avrebbe risposto nemmeno al telefono nel pomeriggio. O avrebbe comunque declinato l'invito, dicendo che aveva da fare. Ma Elena – non ha ancora capito se volutamente o senza pensarci – ha preso la chiamata mentre era sotto la doccia, e ha detto a suo fratello che sì, Andy sarebbe andato a cena con lui.

Hanno persino litigato per questo motivo – come due amici che in fondo hanno una confidenza tale da potersi permettere di discutere – ma Elena è stata irremovibile.

- Non erano affari tuoi! Cosa ne sai tu di me e di mio fratello? - ha urlato Andy. Andy che di solito non urla mai, che cerca sempre di mantenere la calma, ma che stavolta si era sentito davvero in difficoltà.

- Devi andarci. Non puoi continuare ad ignorarlo. Lui vuole aiutarti.

- E tu che ne sai? Te l'ha detto lui? - ha ribattuto seccamente.

- No, ma...

- Sono solo tue supposizioni, Elena. E sarebbe stato meglio che non ti intromettessi.

- Davvero non lo capisci, Andy? Tu ce l'hai ancora un fratello.

A quelle parole Andy si è bloccato, osservando impotente il volto di Elena, fisso in una maschera di rabbia sgretolata da qualche lacrima che la ragazza cercava inutilmente di fermare.

- Scusami. - ha mormorato. Non ha aggiunto altro, le parole non erano necessarie per intessere un discorso che già i loro sguardi avevano affrontato nella frazione di un secondo.

Ancora adesso Andy non è tanto convinto della decisione presa, si tormenta nervosamente un'unghia mentre, seduto su uno dei divani della hall, aspetta che Dave scenda dalla sua stanza. Riflette ironicamente sul fatto che è ancora in tempo per tornare indietro, ma poi si rende conto del fatto che scappare come un vigliacco non è la cosa migliore da fare.

- Così ti mangi ancora le unghie alla tua età?

Andy si gira di scatto e si ritrova davanti Dave che sorride amichevolmente. Ancora una volta si rende conto di quanto lui e suo fratello non si somiglino fisicamente: Dave ha una corporatura ben più muscolosa della sua – dovuta con tutta probabilità agli anni del college che ha passato a giocare a football – i suoi occhi scuri hanno lo stesso colore di quelli di Andy, ma sono meno fragili e indifesi. Porta ancora i capelli scompigliati fino alle spalle e le sue mani sono sempre grandi e forti come un tempo.

- Dave, ciao.

Non sa cosa dirgli. Come si riallacci un rapporto spezzatosi due anni prima, quando il suo mondo era completamente diverso.

Anche il fratello sembra lievemente a disagio, forse avverte la distanza che Andy cerca di mettere fra loro.

- Ciao, Andy. Ti trovo in forma. Andiamo nella sala ristorante?

Lo precede di qualche passo, mentre Andy si chiede cosa esattamente voglia dire ti trovo in forma. Forse che i suoi capelli sono in ordine e che ha un aspetto decente perché si è rasato la barba la mattina precedente? O che i suoi vestiti – una semplice camicia bianca e un paio di pantaloni scuri – suggeriscono l'idea di qualcuno che si è vestito decentemente perché si sentiva abbastanza in forze per farlo?

- Sono contento che tu abbia accettato di venire. - esordisce David, rigirandosi la fede che porta al dito.

- Non è stata una mia scelta. Elena... - cerca di iniziare a spiegare Andy, ripensando alla discussione avuta nel pomeriggio con la ragazza.

- È una tua amica?

- È la sorella di Michael.

D'un tratto pensa come sia difficile associare a Michael l'appellativo di “il mio ragazzo”, perlomeno con David. Come se la cosa gli mettesse soggezione o come se si trattasse di qualcosa di così intimo da non volerlo condividere con nessuno.

- E sì, è una mia amica, adesso. - aggiunge un po' più piano.

- Ti ha convinto lei?

- Sarebbe più giusto dire che mi ha costretto. - sorride amaramente Andy – Però okay, adesso sono qui.

Non riesce per nulla a sentirsi a suo agio. Pensare che una volta David era il suo mito, era affezionatissimo a lui e lo ammirava, prendendolo sempre come modello. Andy non ricorda l'esatto momento in cui questo rapporto si è sgretolato, se sia stato un taglio netto oppure uno strappo lento e doloroso, più simile allo sfilacciarsi di un pezzo di stoffa.

David non gli fa altre domande e comincia a raccontargli della sua vita, di quello che fa adesso. Cerca di riallacciare quei fili che un tempo li legavano, forse ignorando volutamente la freddezza e la laconicità con cui Andy gli risponde.

- Quindi adesso stai per laurearti?

- Già.

- E poi la specializzazione, giusto? Hai in mente qualcosa?

- Credo oncologia pediatrica. - replica, tamburellando impaziente le dita sul tavolo.

- Papà sarebbe contento di sentirtelo dire.

- Già, immagino. - replica acidamente Andy. Come fa il fratello ad ignorare così volutamente il modo in cui sono andate le cose? Ora come ora il padre non sarebbe contento di lui nemmeno se vincesse il Nobel per la medicina, ma David si ostina a fare finta che tutto vada bene fra di loro.

- Dai Andy, papà ti ha sempre adorato... specialmente quando hai deciso di seguire la sua strada.

Non c'è risentimento nelle parole di David. In fondo anche lui era stato contento della decisione di Andy di diventare medico e l'ha sempre sostenuto nelle sue scelte, almeno fino a quando non si sono allontanati.

- Beh, evidentemente ti sei perso la parte in cui ha deciso che non valevo più niente perché sono gay. - commenta lui, amaramente. Si concentra nel tagliare la carne e nel portarsene un pezzetto alla bocca.

- Mi dispiace, Andy.

- Tu non c'eri, David. Quel giorno non eri a casa e non lo sai com'è stato.

Le parole di Andy hanno il tono dell'accusa. Forse se quel giorno David fosse stato seduto accanto a lui le cose non sarebbero andate così storte. Forse sarebbe stato più facile parlare chiaramente, cercare di spiegarsi invece di restare a testa china ad incassare le offese che il padre gli ha rivolto.

Forse David l'avrebbe difeso.

L'amarezza di quei giorni torna violenta nei suoi ricordi. Una sconfitta che lo ha distrutto nel profondo facendolo sentire più solo che mai.

- Forse potresti provare a mettere l'orgoglio da parte... Sono certo che se chiamassi papà, lui non ti respingerebbe. Sono sicuro che gli manchi e si è pentito di quello che ti ha detto. - prova a dire David.

- Oh, ma davvero non lo capisci, Dave? Io non ho sbagliato nulla, e non è nemmeno una questione d'orgoglio. Lui mi ha fatto molto male, perché adesso dovrei elemosinare il suo affetto? Non mi va di dover chiedere scusa solo perché sono suo figlio e lui è il padre che ha sempre ragione.

Ci sarebbe ancora molto altro da dire. Se solo Andy pensa a quanto abbia pesato la solitudine su di lui, si sente opprimere il petto come se il cuore facesse anche fatica a battere.

Ci sono stati giorni, dopo la morte di Michael, in cui stava talmente male che avrebbe voluto chiamare sua madre per raccontarle tutto e chiederle di consolarlo come se fosse stato ancora il bimbo piccolo che aveva paura del buio.

Giorni in cui anche alzarsi dal letto era difficile senza un buon motivo per farlo.

Giorni in cui una voce materna gli avrebbe fatto bene.

A bloccarlo era la paura dell'ennesimo rifiuto, la prospettiva di dover aggiungere ferite ad altre ferite e il terrore che non capissero il bisogno che aveva della sua famiglia.

Avrebbe voluto sua madre accanto a sé il giorno del funerale di Michael per spiegarle che il dolore che lo lacerava non conosceva sesso. O forse avrebbe voluto solo un abbraccio, una spalla contro cui poggiare il viso per poter lasciarsi andare e piangere le lacrime che aveva pianto solo dopo quasi due mesi.

- Mi piacerebbe rimediare a tutto questo, Andy. - replica David, tranquillo. - E lo so che probabilmente adesso è troppo tardi, ma per favore... non respingermi.

- È per questo che mi hai chiesto di vederci?

L'idea che il fratello voglia stargli accanto non può fare a meno di risollevargli il morale, anche se di poco. Probabilmente fra loro c'è una crepa troppo profonda e troppo difficile da risanare, almeno per Andy che non è mai stato bravo a ricucire i rapporti.

- Sì. Quando Eleanor mi ha detto quello che era successo, sono rimasto di sale. Insomma, è stata una cosa così orribile che ho pensato che dovevo parlarti...

Davvero non lo capisci, Andy? Tu ce l'hai ancora un fratello.

Le parole di Elena gli rimbombano nella mente e improvvisamente si rende conto di quanto la ragazza abbia ragione e di quanto non serva a nulla continuare a fingere di non aver bisogno del sostegno di nessuno.

- Ho bisogno di tempo, d'accordo? - dice, distogliendo lo sguardo. Non si tratta di una risposta totalmente positiva, ma è il massimo che riesce a concedergli.

- Sì, lo so. Non è facile. Però ecco, quello che ci tenevo a dirti è che... beh, se hai bisogno, puoi sempre contare su di me. Spero non sia troppo tardi per offrirti una mano.

Andy sorride impercettibilmente, sorpreso da quelle parole. In fondo un po' si aspettava quel comportamento da parte del fratello, anche se non aveva mai osato sperare che potesse succedere, considerato i due anni in cui il loro rapporto si è ridotto drasticamente ai minimi termini.

Quando più tardi rientra in macchina dopo aver salutato il fratello e essersi fatto strappare la promessa di telefonargli nei prossimi giorni, il suo primo pensiero è che una volta tornato a casa, racconterà tutto a Michael.

Ci mette qualche secondo prima di rendersi conto che non potrà farlo. La memoria – o l'abitudine – gli gioca ancora di questi brutti scherzi che, una volta svelati, lo fanno stare peggio di quanto già non stia.

Per tentare di calmarsi, accende l'autoradio e decide di fare un giro più lungo, in modo da rilassarsi, ma dopo dieci minuti di giri a vuoto, si rende conto che la vista gli si è appannata per le lacrime e che è meglio fermarsi.

Dopo aver accostato, fruga nel cruscotto alla ricerca dei cd che lui e Michael ascoltavano spesso quando erano in viaggio. C'è musica di tutti i tipi, comprese colonne sonore di telefilm e canzoni sconosciute che Michael pescava chissà dove, con grande divertimento di Andy che lo prendeva in giro quando lui gli nominava titoli e cantanti astrusi mai sentiti prima.

Tutte quelle canzoni, in un modo o nell'altro, gli ricordano qualcosa di Michael. Un particolare momento o un'intera giornata passata insieme. Perso nei ricordi, Andy ripensa a quello che solo qualche giorno prima ha raccontato ad Elena, a come ha liquidato in poche parole il racconto di come lui e Michael hanno finito per mettersi insieme. Eppure lui di quel pomeriggio ha ancora ricordi vividi, gli pare di ricordare tutto attimo per attimo, fotogramma per fotogramma, nell'ideale perfezione di un passato ormai cristallizzatosi nel tempo.

 

***

 

Non avrebbe potuto scegliere giorno peggiore per tornare al campus.

Il tempo non prometteva niente di buono, aveva cominciato a piovere già di prima mattina, costringendo Andy a ritardare di qualche ora la partenza da casa per aspettare che i nuvoloni neri che coprivano il cielo si diradassero. Alla fine, nel primo pomeriggio, subito dopo pranzo, si era messo in viaggio lo stesso, nonostante non amasse guidare con la pioggia. Per tutto il tragitto non aveva pensato a Michael neanche una volta, per quanto desiderasse rivederlo. Era giunto alla conclusione che probabilmente l'amico avesse dimenticato il loro bacio ed era dunque determinato a far finta che non fosse accaduto nulla, il modo migliore per non cedere all'imbarazzo che lo avrebbe colto una volta che si fosse trovato di fronte a lui.

Arrivò davanti alla porta della sua stanza bagnato fradicio, avendo dovuto percorrere un pezzo di strada a piedi sotto la pioggia e con solo un ombrello tascabile. Per un attimo si ricordò del giorno in cui per la prima volta aveva messo piede nel campus e aveva conosciuto Michael, la sua irritazione nel vedersi assegnato un compagno di stanza che non avrebbe voluto e il fatto che in pochi mesi fossero davvero cambiate tante cose.

- Michael? Sei qui? - chiese, aprendo la porta e trascinando dietro la valigia.

- Andy, ciao! Hai bisogno di aiuto con i bagagli? - la voce di Michael gli arrivò da dentro la stanza, facendolo sentire immediatamente a casa.

- No, no, grazie.

Fece qualche altro passo in avanti fino a scorgere la figura del compagno di stanza seduto alla scrivania. Poggiò il trolley contro il muro e gli sorrise distrattamente.

- Non puoi immaginare il freddo che c'è fuori, qui si sta così bene! - furono le prime parole che disse, riferendosi ai riscaldamenti accesi.

- Beh, in effetti con questa pioggia sei stato avventato a metterti in viaggio. - osservò Michael – Ma insomma, l'importante è che sei arrivato, no?

Andy annuì e si tolse il giubbotto, gettandolo su una sedia. Michael nel frattempo richiuse i libri che aveva sulla scrivania e si voltò a guardarlo.

- Andy, senti... forse sarebbe meglio parlarne più tardi, lo so, ma ci tenevo a farlo subito... Sai, volevo chiederti scusa per quello che è successo il mese scorso... Quando ci siamo baciati, credo di... di averti messo in imbarazzo, e non... non volevo.

Distolse lo sguardo, come leggermente innervosito. Probabilmente doveva aver pensato a lungo a quelle parole, anche se di solito non sembrava il tipo da programmare così nei dettagli le cose da dire.

Andy rimase immobile per qualche attimo, poi gli si avvicinò un po' di più e, dopo avergli messo una mano sulla nuca, lo baciò sulle labbra, seguendo il suo istinto prima che la ragione avesse il sopravvento. Non pensò nemmeno per un attimo all'elaborato discorso che si era preparato durante le vacanze, né all'eventualità che Michael volesse dirgli che in realtà non aveva intenzione di provarci con lui.

Lo baciò fino a perdere il respiro, allontanandosi un attimo per guardarlo negli occhi. Le mani di Michael si poggiarono sui suoi fianchi sfilandogli il maglione che indossava e iniziando a trafficare con la sua cintura.

- Avrei dovuto farlo il mese scorso... - sorrise Andy, mentre iniziava a sbottonargli la camicia e poi lo baciava di nuovo, stavolta sul collo.

- Mh, sarebbe stato meglio, sì.

Disfecero il letto alla meno peggio e si distesero fra le coperte senza smettere un attimo di baciarsi. Il pensiero che Michael fosse lì, con lui, bastò a far fremere Andy dall'eccitazione, mentre il suo cuore batteva come impazzito. Lasciò che Michael lo privasse anche degli indumenti intimi e che iniziasse a toccarlo delicatamente, mormorandogli all'orecchio quanto fosse felice che finalmente fosse tornato.

- Mi sei mancato, sai?

- Anche tu. - sorrise Andy, accarezzandogli la schiena.

- A sapere che sarebbe finita così, ti avrei chiesto di tornare prima. - rise ancora Michael, mordendogli il lobo dell'orecchio.

Stava andando tutto nell'esatto contrario di come Andy aveva programmato ma, per una volta, era contento del fatto che i suoi schemi mentali non fossero stati rispettati. Stava andando tutto meravigliosamente bene anche in quel modo, e non avrebbe cambiato una virgola della svolta che avevano preso i fatti quel pomeriggio.

Continuarono a fare l'amore cullati dal rumore della pioggia che batteva sui vetri, senza curarsi di nessun'altra cosa che non fosse il piacere reciproco.

Rimasero accucciati sotto le coperte fino a notte fonda, intervallando le loro discussioni con lunghi baci passionali.

- Sai che Rob ci aveva visto giusto su di te? Voglio dire, continuava a farmi scenate su scenate per il fatto che dividevamo camera e beh, devo ammettere che quasi aveva ragione di preoccuparsi...

- Davvero? Quindi deve avermi mandato mille accidenti quando ti ho chiamato la notte che mi ero ubriacato... - osservò Andy.

- Beh, diciamo che sei stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, quella sera... - svelò Michael.

- È tanto grave il fatto che non mi sento per nulla in colpa?

Il pensiero che Michael e Rob si fossero lasciati anche per colpa - o merito? - suo lo divertiva. Involontariamente aveva contribuito a far compiere un passo davvero importante all'amico, permettendogli di liberarsi di quel tipo che lo aveva solo fatto stare male.

- Ti importa davvero qualcosa di lui, adesso? - replicò l'altro, ponendo fine alla discussione con un bacio.

- Mh, chissà. Potrebbe importarmi se decidesse di tornare ad infastidirti, ad esempio.

- Non lo farà, stanne certo. Ma scusa, vuoi continuare a parlare oppure possiamo passare a qualcosa di ben più piacevole?

 

Come potrei dimenticare un solo dettaglio di quel giorno?

Come potrei dimenticare la dolcezza del tuo sguardo o il sapore delle tue labbra o il calore della tua pelle a contatto con la mia?

Mi girava quasi la testa al solo pensare a tutto quello che era successo nel giro di poche ore, a come fossero le quattro del mattino e noi non avessimo ancora smesso di parlare, quasi a volerci scoprire con occhi nuovi o come se davvero non riuscissimo a saziarci l'uno della presenza dell'altro.

E poi quella sigaretta consumata dietro la finestra, a guardare le stelle che pian piano si spegnevano mentre il cielo si schiariva con l'arrivare del giorno. La tua mano stretta alla mia è uno dei fotogrammi più vividi che conservo di quella notte, uno di quelli che riporto alla mente sempre più spesso, per ripetermi che, in fondo, non mi hai mai davvero abbandonato.

 

***

 

Quando rientra in casa, Andy trova Elena sdraiata sul divano del soggiorno a leggere e sottolineare un libro.

- Ehi, sono tornato! - le dice, facendola sobbalzare. - Ma non volevo spaventarti, scusami! - aggiunge poi.

- No, ero concentrata e non mi sono nemmeno accorta che avevi aperto la porta! - replica lei, richiudendo il libro e poggiandolo sul tavolino.

Andy si lascia cadere sulla poltrona e chiude gli occhi, la mente ancora rivolta alla cena con il fratello. Luna gli si avvicina per farsi accarezzare e lui resta qualche attimo a coccolarla, come se volesse distrarsi o perlomeno evitare le domande che sicuramente Elena gli farà.

- Leggevi qualcosa di interessante?

- Tecnica cinematografica. Il prossimo semestre cominciano le lezioni e questo libro sta tra quelli consigliati come propedeutici. Però è noioso, uffa! - si lamenta lei, torcendosi nervosamente una ciocca di capelli.

- Quindi studi cinema o qualcosa del genere, giusto?

- Già. Vorrei fare la giornalista da grande! - gli confida la ragazza.

Poi tace, prima di chiedere, a voce più bassa:

- Allora? Com'è andata?

- Bene, credo. Pensavo peggio, devo ammetterlo! - risponde Andy, con un sospiro.

- Avete parlato?

- Sì... Ho capito che ho bisogno di tempo per accettarlo attorno a me, ecco tutto. Però avevi ragione quando dicevi che lui voleva solo starmi accanto. - ammette – E nonostante per me sia difficile, credo di aver bisogno di lui.

La ragazza annuisce comprensiva.

- Dave è sempre stato il mio punto di riferimento, non potrei davvero fare a meno di lui e in fondo mi fa bene sapere che lui c'è, se ho bisogno.

Non è stato semplice arrivare a questa conclusione, deve ammetterlo. Ci ha rimuginato a lungo mentre era in giro per le strade semideserte della città, giungendo alla conclusione che, per quanto abbia passato anni a negarlo, sente il bisogno della sua famiglia, anche se da loro è stato rinnegato in maniera brutale.

- Nessuno ti chiede di fare le cose in fretta, Andy, non può pretenderlo.

- Già, infatti ha detto che lo capisce. Mi ha chiesto di richiamarlo, uno di questi giorni.

Lo farai?

Elena non glielo chiede direttamente, ma Andy capisce dai suoi occhi che sta morendo dalla voglia di dirlo.

- E sì, credo lo farò. Non vale la pena rinchiudermi in me stesso rifiutando l'aiuto di chiunque solo per orgoglio.

Ripensa a quante barriere fragili ha creato attorno a sé negli anni. Barriere che non l'hanno mai protetto veramente, com'è successo con la sua famiglia, o barriere del tutto inutili, come quelle che aveva creato con Michael prima di rendersi conto che non aveva bisogno di difendersi da lui.

Abbatterle del tutto ha sempre portato a risultati che non si sarebbe mai aspettato e che, anche se all'inizio gli facevano paura, alla fine gli hanno sempre fatto bene. Anche con Elena è stato così, adesso può dire di aver trovato una persona che più di ogni altra può aiutarlo nel difficile tentativo di superare il suo dolore.

- Bravo, stai imparando! - lo rimbecca la ragazza, alzandosi in piedi e stringendo il suo libro al petto – Sono contenta che tu stia cercando di uscire dal guscio!

Si sente un po' arrossire, considerato che a ben pensarci le dovrebbe delle scuse per essere stato scorbutico con lei i primi giorni che si sono conosciuti, ma poi si rende conto che Elena ha capito quanto fosse solo e spaventato e quanto di scuse, in una situazione del genere, non ci sia davvero bisogno.

- Già, sono contento anche io. Credo che in fondo non faccia poi così male non essere soli.

Nonostante gli alti e bassi della serata, Andy si sente tranquillo, forse un po' più ottimista dei giorni in cui credeva che fosse tutto impossibile da superare e nei quali non esisteva una luce in fondo al tunnel di buio nel quale si era perso.

Sembra ancora impossibile tornare a credere in qualcosa, ma adesso Andy sta iniziando a convincersi che forse, prima o poi, riuscirà davvero a farlo. E quel giorno, quando arriverà, sarà sicuro che Michael vive davvero ancora in una parte del suo cuore e che non ha alcuna intenzione di abbandonarlo.

 

 

 

 

______

 

Spero di non sommergervi con un poema, stavolta ^^ Sono riuscita ad aggiornare prima della fine dell'anno, visto che brava? ^^

Prometto di non fare sproloqui, stavolta ^^ aspettavo di scrivere questo capitolo con questa scena da quando ho iniziato la storia ^^ la scena in cui Andy e Michael fanno l'amore non è descritta nei minimi dettagli per una scelta stilistica che ho fatto proprio all'inizio della scrittura, spero non siate rimasti delusi ^^

Vi ringrazio per l'affetto con cui leggete e recensite (o mi contattate su Facebook), siete davvero la forza di questa storia <3

Mi dispiace però che nell'ultimo periodo ci sia stato un calo di recensioni e mi piacerebbe capire a cosa è dovuto, se c'è qualcosa che vi pare noiosa/ripetitiva/angosciante/whatever, scrivetemelo, giuro che non vi mangio :)

Poi: ho creato un gruppo su Facebook, chiuso e più riservato della pagina fan (che forse eliminerò in questi giorni). Lo trovate qui e vi assicuro che è pieno di gente simpatica ^^

Bene, vi faccio gli auguri di un bellissimo 2012 e vi aspetto al prossimo capitolo ^^

Aika.

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Capitolo 19
*** Riempire gli spazi ***


Nuova pagina 1

Nelle puntate precedenti:

Dave, il fratello di Andy, ha cercato di riavvicinarsi a lui dopo che, anni prima, i loro rapporti si erano raffreddati in seguito al coming-out di quest'ultimo. Andy non avrebbe voluto incontrarlo, ma Elena gli ha combinato un incontro quasi a sorpresa, durante il quale i due cercano in qualche modo di chiarire. In seguito Andy ricorda la sua prima volta con Michael e confida ad Elena che in effetti rivedere il fratello non gli ha fatto il male che credeva avrebbe fatto.

Riempire gli spazi.


 

Quando il telefono in casa di Andy squilla prima che siano le otto e mezza del mattino, il giovane può stare certo che si tratti di Allie. L'amica non ha mai avuto remore nel telefonare nei momenti più impensabili, né si è mai fatta scrupolo nell'aspettare un orario decente per farlo. Ogni volta ha sempre qualcosa di troppo importante da dire, qualcosa per la quale non può assolutamente lasciare passare qualche ora, qualcosa che ha per forza bisogno di condividere con qualcuno.

La sua iperattività ha sempre fatto sorridere Andy. Anche lui è abituato ad essere piuttosto mattiniero, anche se a volte gli piace rimanere a dormire un po' di più la mattina, specialmente quando la notte prima ha fatto tardi al lavoro o semplicemente è stanco di studiare.

Il telefono sta squillando già da un po' quando Andy si trascina in cucina, ancora insonnolito e con l'andatura tipica di chi è stato svegliato all'improvviso.

Ehi, Andy, sono io!

La voce allegra e squillante della ragazza quasi gli perfora i timpani. Allie ha l'abitudine di parlare in modo abbastanza concitato, tanto che Andy non riesce nemmeno a star dietro ai suoi discorsi.

Ehi, ma mi stai ascoltando? – la ragazza si interrompe improvvisamente, dopo aver infilato una parola dietro l'altra per due minuti buoni.

Eh... Sì, sì, certo.

Andy cerca di trattenere uno sbadiglio, cosa che non gli riesce affatto bene.

Andy, stavi ancora dormendo?

Beh, sai... capita che alle otto di domenica mattina uno abbia voglia di dormire, no? – ridacchia lui, immaginando la sua espressione dall'altro lato del telefono.

Conoscendoti ero sicura che fossi già in piedi a studiare.

No, no. Stanotte sono tornato da lavoro all'una e stavo crollando dal sonno. E poi anche a me capita di aver voglia di restare a poltrire.

Non capisce nemmeno lui perché sente il bisogno di giustificarsi. Forse perché per la prima volta dopo mesi è riuscito a dormire tranquillamente, senza svegliarsi di soprassalto al pensiero di trovare vuota la parte di letto che apparteneva a Michael.

L'idea di abituarsi all'assenza di Michael lo fa sentire in colpa.

Come se abituarsi volesse dire in qualche modo accettare o dimenticare. Invece Michael è sempre lì, manca il suo corpo, ma Andy ha spesso l'impressione che lui ci sia lo stesso. Che possa osservarlo mentre dorme o mentre studia o semplicemente mentre beve un caffè.

L'idea di dimenticarlo lo perseguita da quando lo ha perso.

Si porta dietro quell'assurdo senso di colpa, quel terrore di sentire meno dolore e ricominciare a vivere, unito alla voglia di andare avanti, anche se finisce per restare aggrappato al passato dei ricordi, a quei racconti che snocciola ad Elena come se fossero gli episodi di un telefilm.

Paradossalmente sono le piccole cose, i piccoli ricordi che gli fanno più male.

Non è pensare a come ha conosciuto Michael o a come si è innamorato di lui che gli fa torcere lo stomaco dalla malinconia.

Ad essere più straziante è il ricordo delle domeniche mattina passate nello stesso letto a parlare di niente, ad ignorare il telefono che suonava perché faceva troppo freddo per staccarsi l'uno dall'abbraccio dell'altro. A baciarsi, a toccarsi, a fare piano l'amore perché il rumore dei loro respiri affannati fosse l'unica cosa che dettasse il ritmo. Al massimo c'era solo qualche risata quando uno dei due finiva per sbattere contro la testiera del letto, ma poi nient'altro.

Appartenevano a loro, le domeniche mattina.

Erano gli unici momenti in cui non avevano bisogno di ritagliarsi uno spazio tutto loro fra gli impegni di lavoro perché erano entrambi liberi e tutto ciò che avevano da fare poteva essere tranquillamente rimandato al giorno dopo.

Il sapore di quelle mattinate, il ricordo del sole che illuminava la stanza, e del loro rifugiarsi sotto le coperte per fingere che non fosse già ora di alzarsi, ha il potere di mettergli addosso una malinconia inusuale.

Ehi, scusa. Cioè... va bene. Non devi giustificarti. Mi dispiace, non volevo buttarti giù dal letto. Solo che è da un po' che non ci sentiamo.

Sei sparito di nuovo.

Allie non lo dice, ma è chiaro che lo sta pensando

Nonostante tutte le promesse, Andy ha finito per allontanarsi un'altra volta, rinchiudendosi nel suo guscio. Sarebbe facile dire che adesso è stato perché con Elena a casa sua ha avuto poco tempo per pensare di telefonare, ma la realtà è che sarebbe solo una scusa.

Anche se le cose sembrano andare meglio, ci sono momenti in cui Andy vorrebbe solo chiudere gli occhi e precipitare in un sonno che gli permetta di dimenticarsi che Michael non c'è più. Sono attimi che gli incidono la pelle, attimi in cui improvvisamente si rende conto di quello che è successo, attimi di lucidità spietata in cui si chiede com'è possibile che le cose siano andate in questo modo.

Parlare dei suoi problemi non è mai stato facile, per Andy. Ha sempre preferito stare in silenzio ad ascoltare e provare ad aiutare gli altri, piuttosto che far capire di essere in difficoltà. Non è solo questione di orgoglio, forse è più una questione di fragilità.

Andy sa che la voce che si spezzerebbe se provasse ad ammettere che nonostante stia un po' meglio, Michael continua a mancargli e che è difficile riempire gli spazi che lui ha lasciato vuoti.

È una questione di fragilità se non ha sentito il bisogno di farsi consolare dalla voce di Allie, di reclamare la sua attenzione ma semplicemente aspettare che fosse lei a ricordarsi di lui.

Ho scelto il momento sbagliato, vero?

No, non è questo... solo che... scusa, mi sono praticamente svegliato di soprassalto e sono ancora poco reattivo.

Sorride, sperando che l'amica lo comprenda, ma la cosa che più lo sorprende è il modo innaturale in cui i muscoli del viso si tirano, quasi avesse dimenticato come articolare il movimento per formare un sorriso.

A-ascolta, facciamo così! Oggi ho di nuovo il turno di sera in gelateria... se riesci a venire... tu e Bea... suona pure un gruppo, così passiamo la serata insieme e vi offro qualcosa. – propone.

D'accordo, ma ricordati che io mangio per due! – risponde l'amica, scoppiando a ridere.

Andy si rende conto che in fondo sente la sua mancanza e che rivederla significherebbe cercare di nuovo di trovare un appiglio col resto del mondo che va avanti al di fuori delle pareti di casa sua.

Beh, non c'è problema per questo... Allie?

Sì?

Mi dispiace. Sai... per...

Non riesce nemmeno ad elencare tutte le cose per le quali vorrebbe chiedere scusa e provare a promettere di cambiare.

Non preoccuparti, Andy. Andrà tutto bene. Ci vediamo stasera, d'accordo?

La voce di Allie è dolce e materna, quasi stesse cercando di avvolgerlo e farlo sentire protetto con le sue parole, parole che sembrano inconsciamente spingerlo a formulare una miriade di buoni propositi sul non abbandonarsi al dolore che ancora continua a tormentarlo.

 

È ancora difficile declinarti al passato.

Non è solo modificare la forma e tempo di un verbo, è qualcosa di più. Come se modificando la parola, modificassi anche la realtà e dessi forma ad un presente al quale hai smesso di appartenere.

Eri e non sei più.

Capita che ti pensi al presente, Michael. Penso che devo assolutamente raccontarti una cosa, o chiederti di fare la spesa e poi mi ricordo che devo cavarmela da solo anche in questo. Che potrei anche urlarli i miei fottuti racconti, ma che comunque non riceverei alcuna risposta. Sarebbe solo voce sprecata, che servirebbe a farmi sentire un suono qualunque in grado di spezzare il silenzio per qualche momento.

E poi? Poi nulla. Solo la bocca che si richiude, e l'attesa di una risposta che non arriva.

Di nuovo silenzio, a raggelare ogni speranza, a congelare ogni idea di movimento.

E tu, che resti sempre relegato in un mondo nel quale non posso raggiungerti e che ci terrà separati per sempre.

 

Lentamente e con gesti impacciati, Andy comincia a preparare il caffè, mentre continua a rimuginare sulla telefonata con Allie. Quando si gira, il suo sguardo incontra quello di Elena, poggiata sullo stipite della porta della cucina.

Ehi. Buongiorno!– la saluta.

Ciao! Ho sentito il telefono, poco fa... successo qualcosa?

No, no, era soltanto Allie... Sai, ha questa strana abitudine di chiamare ad orari impensabili... – ridacchia lui, sorseggiando lentamente il caffè.

Beh, è una tua amica, credo rientri fra i suoi diritti telefonare quando meno te lo aspetti. Anche alle otto del mattino. – replica Elena, stiracchiandosi.

Sembra ancora più piccola dentro quell'enorme maglietta di Topolino, pensa Andy, mentre la osserva prendere una tazza di caffè e riempirla.

Te l'ha regalata Michael quella, giusto? – non riesce a trattenersi dal chiedere.

Già... Quando è stato in Florida per via di quella borsa di studio...

È strano come Elena accenni a quei tre mesi come se già ne avessero parlato, come se abbiano vissuto insieme quell'evento, mentre invece si è trattato dell'ennesimo percorso in parallelo, quando ancora Elena ignorava la sua esistenza.

Andy annuisce, ripensando automaticamente a quel periodo, subito dopo la laurea di Michael, quando uno dei suoi professori lo aveva informato della possibilità di passare tre mesi in un centro di ricerca ad Orlando.

Si erano appena trasferiti nel loro nuovo appartamento e inizialmente Michael era stato restio ad accettare quell'opportunità. Egoisticamente Andy avrebbe voluto che rimanesse con lui, ma alla fine gli aveva consigliato di accettare, perché tre mesi sarebbero passati in fretta e quel lavoro non gli sarebbe ricapitato di nuovo con facilità.

Non hai sentito la sua mancanza per tutto quel periodo?

Beh, sì... anche se non come adesso.

All'epoca Michael c'era ancora.

Bastava comporre un numero di telefono, accendere il computer o prendere un aereo che in poche ore lo portasse in Florida.

C'era la sicurezza che in un modo o nell'altro sarebbe riuscito a mantenersi in contatto con lui, la certezza che dall'altro capo del telefono avrebbe sentito la sua voce e che sarebbe stato travolto da una marea di chiacchiere sui complicatissimi studi che stava portando avanti.

Già... immagino che in fondo non fosse esattamente la stessa cosa. – Elena si fa pensierosa, tanto che Andy cerca di stemperare l'atmosfera con una battuta.

Io l'avevo detto a Michael che quella maglietta era troppo grande per te... – Andy indica la maglietta con un cenno del capo – Però logicamente lui ha voluto fare di testa sua!

L'avete presa insieme?

No, no, l'ha comprata la prima volta che è stato a Disneyland con dei colleghi di lì, però mi ha tenuto mezz'ora al telefono perché voleva che gli consigliassi cosa fare.

All'epoca Andy non avrebbe di certo immaginato che di lì ad un paio di anni il nome di Elena avrebbe assunto la concretezza di quella ragazza che sarebbe venuta a bussare alla sua porta chiedendogli frammenti di vita del fratello morto.

Certo che era proprio un disastro con questo genere di cose! – concorda Elena – Però... beh, immagino sia inutile dire che questa maglietta la adoro. Dopo... dopo il funerale non ho fatto altro che stringerla fra le mani. Come se in qualche modo potesse, non lo so, come se in qualche modo potesse farmelo sentire vicino.

Posso immaginare. – replica Andy, restio ad ammettere che anche lui, come Elena, cerca una sorta di contatto con Michael ogni volta che gli capita qualcosa di suo sottomano. Poi cerca di cambiare discorso: – A me Michael ha portato un pupazzo di Pippo, sai quello che c'è nella poltrona del soggiorno?

 

Dovresti prendere esempio da lui. È goffo e sbadato, ma non gliene importa nulla e vive tranquillo la sua vita. Tu invece perdi troppo tempo a cercare di essere perfetto e non ti rendi conto che vai già bene così.

 

Le parole di Michael riecheggiano nella sua mente mentre conduce Elena nell'altra stanza e le fa vedere il pupazzo abbandonato sulla poltrona del soggiorno.

È il mio portafortuna, anche se è diventata dura tenerlo lontano dalle grinfie di Luna. Lei adora giocarci. Forse avverte di avere a che fare con un suo simile, chissà...

O sente l'odore di Michael.

Può darsi... – sorride Elena. Poi si fa seria e lo guarda negli occhi – Devo dirti una cosa. Ci ho pensato tutta la notte. Penso che domani tornerò a casa.

Davvero?

Sì, sì... Ti ho già rubato fin troppo tempo e poi... beh, mi manca un po' casa mia... – ammette Elena, giocherellando con una ciocca di capelli – Quando... quando succedono certe cose, ti rendi conto che non puoi dare tutto per scontato... E diventa tutto più importante. Prima non avrei mai ammesso di sentire la mancanza dei miei genitori, mi sarei sentita infantile... Invece adesso non vedo l'ora di riabbracciarli.

Andy annuisce, distogliendo lo sguardo. La famiglia come porto sicuro a cui approdare gli manca ormai da un paio d'anni – se si escludono i recenti tentativi di David di riavvicinarsi a lui – e non può negare di invidiare Elena perché c'è qualcuno che la aspetta.

Sai... credo di avertelo anche detto, ma ecco... credo che dovresti conoscere la mia famiglia... Sono certa che gli staresti simpatico.

Andy non trova le parole giuste per replicare: l'idea che un giorno avrebbe potuto avere a che fare con la famiglia di Michael non l'ha mai sfiorato, era solo un pensiero lontano, forse un desiderio di normalità nascosto in fondo al suo cuore al quale non ha mai dato forma.

Lo pensi sul serio?

Sì. Sai, non ne ho parlato molto con loro, ma sono certa che per tutti il più grande rimpianto sia il fatto che Michael si fosse sbagliato su di noi, che avesse paura di ciò che avremmo potuto pensare di... di voi.

– Non mi hai rubato troppo tempo, Elena. – risponde Andy, cambiando argomento – Se vuoi rimanere ancora per un po' mi fa piacere, dico davvero.

Il pensiero che Elena possa andarsene e lasciarlo in balia della solitudine gli mette addosso un senso di vuoto e di tristezza. Si è abituato molto più in fretta di quanto pensasse alla sua presenza, forse perché avere qualcuno con cui parlare lo ha aiutato a sfogarsi almeno un po'.

Rimanere di nuovo da solo significherà tornare a sentire come unico rumore quello delle lancette dell'orologio che scandiscono i secondi, e per quanto Andy adesso si senta un po' più forte, non sa se è in grado di sopportarlo.

Ehi, guarda che non vado via per sempre. E ti telefonerò spesso, stanne certo. E magari ogni tanto torno a trovarti. – sorride Elena. – E poi non voglio perdermi la nascita di Michelle.

Lo dice con leggerezza, facendogli capire come abbia preso piuttosto bene la cosa. Non hanno più sollevato l'argomento da quando Elena ha scoperto della gravidanza di Allie, ma il fatto che ne accenni senza problemi è già una cosa positiva.

Come vuoi... Casa mia è sempre aperta.

La ragazza si stiracchia leggermente e poi si volta per tornare in camera sua e vestirsi.

A proposito, ti va di venire in gelateria, stasera? – le chiede dietro Andy – Suona un gruppo e io ho di nuovo il turno serale, magari ti offro un gelato. Dovrebbero esserci anche Allie e Bea...

Elena si ferma e si volta. C'è un'ombra di incertezza nel suo viso, ma dura solo un attimo.

Beh sì, mi sembra una buona idea. Grazie per... per avermelo chiesto.

Non è stata così male l'idea di lasciarla entrare nella sua vita, riflette Andy più tardi, mentre lava i piatti della colazione e ascolta distrattamente le notizie del telegiornale.

Getta un'occhiata distratta al computer sul tavolo della cucina e alle dispense di appunti sparsi qua e là e si rende conto che non ha alcuna voglia di passare un'altra giornata a studiare. Non perché si senta particolarmente giù di morale, ma perché sente il bisogno di prendersi una pausa che non sia dettata dalla mancanza di concentrazione o dai troppi brutti pensieri che lo opprimono.

Mentre cerca di sistemare libri e appunti, Elena – con i capelli ancora umidi per la doccia appena fatta – rientra in cucina.

– Che fai? Hai deciso di prenderti una pausa?

– Già... Non mi ricordo più quand'è stata l'ultima volta che ho deciso deliberatamente di non fare nulla per un giorno intero.

– Beh, sono certa che te lo meriti!

– Adesso che ho anche la tua approvazione mi sento meglio. Di solito, se sono io a prendere l'iniziativa, finisco per sentirmi in colpa dopo mezza giornata! – replica Andy.

Il suo umore è nettamente migliorato da quando la telefonata di Allie lo ha svegliato, forse è stata la dose di caffeina che ha contribuito a farlo svegliare del tutto, forse le chiacchiere con Elena che l'hanno distratto a sufficienza.

– Posso... posso chiederti una cosa su Michael?

Ancora adesso, quando pronuncia il nome del fratello, Elena lo fa con cautela, quasi avesse paura di fargli del male.

– Sì, dimmi pure.

– Sai, quello che mi sono sempre chiesta... quando ho scoperto che stava con te... ecco... Beh, com'era stare con lui? Essere il suo ragazzo?

Giunge le mani sotto il mento e scoppia a ridere, probabilmente per l'espressione stupita sul volto di Andy.

– No beh, tranquillo, non è una di quelle domande filosofiche che richiedono chissà che risposta... È che... beh, credo di non aver mai concepito l'idea che Michael potesse essere innamorato, per me è sempre stato solo un fratello e... beh, ecco, sono solo curiosa.

Appartenenza.

La prima parola che gli viene da associare al suo rapporto con Michael. Stare con lui era non sentirsi più solo, completamente in balia di se stesso. Era stato fidarsi di lui, permettergli di scoprire la sua pelle sotto tutte le corazze che aveva indossato per rendersi invulnerabile.

Sentire di fare parte di qualcosa e non dover contare solo su se stesso.

Tutte queste cose, Andy non le ha mai dette a nessuno. Lo ammetteva di tanto in tanto a mezza voce con Michael quando quest'ultimo gli chiedeva se fosse felice con lui, ma per il resto ha custodito gelosamente queste parole.

– Oddio, non saprei proprio cosa risponderti... cioè, potrei parlare per ore di Michael, figuriamoci. Solo che...

Non si può riassumere Michael in poche parole, sarebbe ingiusto nei suoi confronti e sono troppe le sfumature che non riuscirebbe a cogliere.

– Quel che mi piacerebbe sapere è... beh, com'era stare tutti i giorni insieme a lui... non capitava mai che fosse insopportabile e rompiscatole? O che facesse casino mentre tu avevi da studiare?

– Beh, quello quasi sempre... Ma in realtà il rompiscatole sono sempre stato io. Quando studio in maniera intensiva divento intrattabile.

– Davvero? Non hai la faccia di uno che può essere intrattabile.

– Beh, ultimamente mi sono ammorbidito, ma c'erano giorni che me la prendevo con Michael per ogni minima cosa. O ecco... lui era caotico e disordinato, mentre io sono tutto l'opposto. E se capitava che fossi nervoso di mio, potevo fargli scenate assurde per un asciugamano fuoriposto.

- E lui?

- Lui mi prendeva in giro perché ero troppo pignolo e finivamo a ridere senza riuscire a fermarci.

– Capito! Secondo me eravate buffi quando litigavate.

– Allie diceva che avremmo potuto girare una sit-com perché passavamo il nostro tempo a punzecchiarci. Quindi sì, probabilmente era uno spettacolo guardarci! – conclude Andy ridendo. – Poi... quando studiavo passavo giornate intere senza rivolgergli la parola e credo che un po' lui ci rimanesse male. Quando me ne rendevo conto mi sentivo in colpa e gli chiedevo scusa, ma poi finivo per farlo di nuovo e... Beh, per questo Michael era infinitamente paziente, devo riconoscerlo.

– Paziente? Michael?

– Sì, sapeva esserlo, anche quando non me lo meritavo.

 

Adesso che non ci sei più, mi rendo conto di quante volte sono stato egoista, Michael.

Di quante volte avrei potuto mandare a monte i miei progetti e dedicarti un po' del mio tempo, se avessi saputo che un giorno avrei pensato che quello trascorso insieme non è stato abbastanza.

Avrei voluto viverti di più, Michael.

Ed è per questo che adesso mi manchi, credo.

O forse non sarebbe bastato amarsi per tutto il tempo del mondo per convincersi che fosse abbastanza pe lasciarti andare senza rimpianti.

Gli amori eterni non esistono, Michael, o perlomeno non sono così tanti come immaginiamo.

Chissà se il nostro sarebbe sopravvissuto?

Quello che mi fa più male, quello che più mi lacera dentro è che mai potremo trovare risposta a questa domanda.

 

– Avrei tanto voluto che mi dicesse di voi. – lo interrompe Elena, lo sguardo improvvisamente velato di malinconia.

Non è la prima volta che lo dice, ed Andy ha l'impressione che continui a rimuginarci su più di quel che dovrebbe, anche se si rende conto che lui nei suoi panni avrebbe continuato a posi la stessa domanda, senza trovare una risposta.

– Anche a me sarebbe piaciuto che lo facesse. – replica Andy – Però non me la sono mai sentita di forzarlo. Fare un passo del genere... dire ciò che sei, è una cosa che devi fare per fare un favore a te stesso, non perché te lo chiede la persona accanto a te.

– Mi chiedo cosa avrei dovuto fare per meritare la sua fiducia. – sospira la ragazza, mordendosi nervosamente il labbro.

– Non è questione di fiducia, Elena. Chissà, magari è stato più volte sul punto di dirtelo, ma alla fine gli sono mancate le parole. Chissà, se avessi saputo che con la mia famiglia le cose sarebbero andate così male, forse non avrei parlato nemmeno io...

Elena si stringe nelle spalle e resta in silenzio per qualche minuto.

– Capisco... Andy, mi spiace averti chiesto tutte queste cose. Cioè, da quel che ho capito non sei uno che parla di sé molto volentieri.

– No, in effetti no. – ammette Andy – Ma non fa nulla... se ti ho risposto è perché mi andava di farlo, quindi non farti problemi, okay?

– Okay... Ma scusa, non dovevi prenderti una giornata di pausa? Allora che ci facciamo ancora chiusi in casa? Perché non mi porti a fare un giro della città? – propone Elena, cambiando espressione, probabilmente anche per spezzare la leggera tensione creatasi qualche attimo prima.

– Non è che ci sia molto da vedere, eh...

– Beh, non importa, mica vorrai startene dentro casa con una giornata come questa, no?

Ancora una volta, mentre è in macchina con Elena senza nessuna particolare meta da raggiungere, Andy si rende conto di come sia sostanziale la differenza con casa sua: lì dentro, fra quelle quattro mura, il tempo sembra essersi fermato, sembra che le lancette dell'orologio scandiscano ore che non passano mai.

Dovrebbe permettere al tempo di ricominciare a scorrere anche dentro gli spazi che Michael ha lasciato vuoti e in modo di riempirli veramente di qualcosa che non siano più solo parole e ricordi del passato.

 

 

 

 

_____

 

Lo so, sono una vergogna.

Potete tranquillamente odiarmi, vi ho lasciati per quasi tre mesi senza aggiornare e all'inizio del capitolo ho anche dovuto mettere un riassunto dello scorso capitolo per evitare che dimenticaste che storia state leggendo.

Le giustificazioni ci sono, per questo silenzio.

All'inizio di gennaio ho postato gli ultimi due capitoli di "Basta solo Guardare le Stelle" che poi non sono gli ultimi due perché ho intenzione di scrivere un seguito di quella storia, e poi la tesi ha assorbito ogni mio pensiero, al punto che la sera vedere la tastiera del pc mi metteva la nausea .___. Per fortuna martedì scorso è finito tutto e sono anche riuscita a laurearmi *festeggiamenti random per aver chiuso per sempre con l'università*

Ma immagino che di tutto questo vi interessi veramente poco *rolls*

Passando al capitolo, è quello che si definirebbe "capitolo di passaggio" (cioè, aggiorno dopo tre mesi con un capitolo nel quale non succede nulla?).

Ma in realtà Stelle Perdute è una storia abbastanza particolare, perché non è una storia fatta di avvenimenti con una trama dai grandi colpi di scena. Credo che questo capitolo possa ben dirsi un capitolo normale perché - pur essendo fondamentalmente un dialogo ininterrotto - ci regala un altro tassello per ricostruire i caratteri di Elena e Andy.

Elena ha deciso di tornare a casa, ma questo non vuol dire che la storia finirà tanto presto.

Oggi ho fatto i conti e mancano - oltre a questo - cinque capitoli più l'epilogo. C'è ancora qualcosa che deve succedere :) (niente di troppo tragico, non pensate male).

 

Ah, dimenticavo la cosa più bella: questo mese Stelle Perdute è entrata nella categoria delle Storie Scelte, grazie a ben sei segnalazioni che mi hanno riempita di orgoglio e di gioia.

 

Bene, finisco qui il mio sproloquio, vi lascio il link del Rifugio delle Stelle e vi invito a dirmi cosa pensate del capitolo, sperando che non vi sembri troppo orribile e che non abbia deluso le vostre aspettative.

Un bacione,

Aika.

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Capitolo 20
*** Questione di fiducia ***


Nuova pagina 1

Questione di fiducia.


 

 

La gelateria nella quale lavora Andy non è esattamente il luogo nel quale Elena si sarebbe aspettata di vederlo muoversi: quelle pareti dai colori sgargianti, i tavolini affollati e le chiacchiere concitate che riempiono il locale hanno infatti poco a che vedere col carattere timido e riservato del ragazzo.

Eppure, guardandolo meglio, Elena si accorge che Andy sembra perfettamente a suo agio dietro il bancone: parla spigliatamente con i clienti, si dà da fare per non farli attendere troppo e scherza con i bambini in maniera del tutto naturale.

Nessuno con tutta probabilità immagina il dolore che si porta dentro, pensa la ragazza, mentre si avvicina a lui per salutarlo.

Nessuno sa cos'ha passato e cosa sta passando.

Forse Andy è bravo a fingere che vada tutto bene, o forse sta cercando un modo per lasciarsi indietro tutto ciò che prova. In fondo non può certo biasimarlo: da quando l'ha conosciuto le è sembrato di vederlo un po' cambiato, meno cupo e diffidente della prima volta che si sono sentiti al telefono e dunque il fatto che al lavoro sia così tranquillo è di certo una cosa positiva.

Ehi, Elena! – la saluta Andy quando si accorge della sua presenza – Un attimo e sono da te! Tu intanto scegli quello che vuoi.

Oh... Okay.

Andy si rivolge ad un altro cliente, ed Elena si perde ad osservare la varietà dei gelati esposti, giocando ad indovinare quello che potrebbe piacerle di più. È naturale chiedersi se Michael andasse spesso a trovare Andy al lavoro, se passasse un po' di tempo seduto ad un tavolino, magari aspettando che il ragazzo finisse il suo turno per poi andare a casa insieme.

Allora? Cosa posso offrirle, signorina?

La voce tranquilla di Andy la distoglie dai suoi pensieri.

Oh, ecco... Qual è il più buono?

Credo... sì, credo nocciola. Oggi l'ho preparato io, ma non sono di parte, giuro! Comunque, vai pure a sederti ad un tavolo, guarda quello laggiù si è appena liberato. Ti porto il tuo gelato fra qualche minuto! E tranquilla, offro io! – aggiunge, quando la vede prendere il portafogli per pagare.

Dopo aver preso posto al tavolino che Andy le ha indicato, Elena approfitta dell'attesa per guardarsi attorno. Sembra passata una vita intera da quando ha conosciuto Andy, invece in tutto non sono passati che una ventina di giorni e adesso lei sta per tornare a casa.

Ha passato tutto il pomeriggio a sistemare le sue cose, ripiegando vestiti e magliette come un automa, la mente persa a ripensare a tutti i frammenti di vita che ha raccolto durante quel viaggio. Con tutta probabilità adesso cercherà ancora una volta di rimetterli insieme, di dare un senso logico a tutti i racconti di Andy, fino a quando ogni cosa troverà la sua collocazione naturale.

Fra meno di mezz'ora finisco il mio turno e ti raggiungo, okay? Dovrebbero arrivare anche Allie e Bea da un momento all'altro. – Andy le serve il suo gelato e poi aggiunge: – Ti piace questo posto?

– Sì, è molto carino!

Quasi vorrebbe dirglielo quanto le faccia piacere vederlo a suo agio almeno in quel posto, lontano dalle pareti di casa che in un modo o nell'altro gli ricordano l'assenza di Michael. Poi si rende conto che sarebbe un'osservazione troppo confidenziale da fare e non se la sente di esporsi così tanto, mordendosi la lingua appena in tempo.

– Oh, ma guarda chi si vede! Andy!

La voce di Bea arriva alle loro spalle proprio in un momento nel quale un fastidioso silenzio imbarazzante stava per prendere il sopravvento su di loro.

– Ehi, Bea! – Andy la saluta con un bacio sulla guancia. – Tutto bene?

– Sì, sì! Allie sta arrivando, mi ha detto di prendere posto e di ordinare anche per lei. Tu sai cosa! – scoppia a ridere e lo abbraccia, scompigliandogli dolcemente i capelli.

Elena ha l'impressione che Allie e Bea abbiano in qualche modo adottato Andy da quando ha perso Michael. Andy parla di loro con affetto e, per quel poco che ha visto, Elena ha notato come le due ragazze assumano con lui un atteggiamento materno e protettivo, forse dovuto al fatto che Andy sembra davvero qualcuno da proteggere.

Forse sono i suoi occhi o il suo modo di approcciarsi le cose, ma diverse volte la ragazza si è resa conto che, nonostante cerchi di non darlo a vedere, Andy è una persona molto fragile, specialmente dopo quello che gli è successo.

Allie li raggiunge proprio quando Andy sta portando al tavolo la sua ordinazione e quella di Bea.

Sai che non dovresti guidare, Allie? – la riprende il giovane con fare fintamente severo.

Ma dai, sono incinta, mica moribonda! – ribatte l'amica.

– Sì, ma...

– Al ritorno guida lei, promesso!

Andy sospira e scrolla le spalle, tornando subito al banco per recuperare l'ordinazione di un altro cliente.

– Sono da voi fra una decina di minuti, okay? – dice, mentre passa nuovamente accanto a loro – Ragazze, non spaventatemi troppo Elena, d'accordo?

– Stai tranquillo, la proteggo io da Allie! – replica Bea con fare dispettoso.

Allie, come se fossero amiche da sempre, inizia a raccontare ad Elena di come è stata negli ultimi giorni, di come senta incredibilmente caldo a causa del pancione e ogni tanto Bea interviene per prenderla in giro e per borbottare scherzosamente che in fondo è lei che deve occuparsi di tutto e che dunque Allie non avrebbe nulla da lamentarsi.

Sono proprio una bella coppia, pensa Elena, si vede che sono molto unite e innamorate. Dopo qualche minuto perde il disagio iniziale che provava nel sentirle parlare e riesce ad infilarsi nella discussione, che tocca gli argomenti più disparati, fino ad arrivare ai progetti delle due donne per la cameretta di Michelle.

Dovresti venire a vedere i mobili che sono arrivati ! Sembrano usciti da una casa per le bambole! – la esorta Allie.

Oh... beh, io domani mattina parto! – è la risposta di Elena, che si accorge subito di come il tono sembri quello di qualcuno che è contento di avere una scusa per rifiutare.

– Che peccato! – commenta Allie, sorseggiando il suo frappè.

No, ma... ho intenzione di tornare a trovare Andy, ogni tanto! Non me ne vado per sempre!

A quelle parole la ragazza le sorride.

Bene, penso sia una bella cosa. Andy... ne ha bisogno. E ne hai bisogno anche tu.

Elena annuisce, consapevole che Allie stia dicendo una cosa giusta, poi ripensa a quello che avrebbe voluto chiederle dal primo momento che l'ha vista. E la domanda esce spontanea dalle sue labbra:

Perché proprio Michael?

Quella domanda le rigira in mente da giorni, senza che riesca a trovare una spiegazione plausibile. È la prima volta che le capita di avere a che fare con una situazione del genere e per lei è abbastanza difficile da gestire. Senza contare che di mezzo c'è anche Michael.

Beh, Michael... era l'unico uomo del quale mi fidassi fino a questo punto. Non c'è una vera motivazione, quando ti fidi ti fidi e basta! – spiega Allie con un sorriso – E non è solo il fatto che lo conosco dai tempi di scuola, è qualcosa di più, ecco...

Ogni volta che qualcuno parla di Michael al presente, Elena sobbalza e il suo cuore salta un battito al pensiero che forse il fratello potrebbe arrivarle alle spalle da un momento all'altro.

Beh, io... Non è così semplice per me, ecco tutto. Non è una cosa a cui ho mai pensato, quindi... mi dispiace. – balbetta in risposta.

Non dispiacerti, Elena. È normale avere dei dubbi, no? Tutti li abbiamo.

Sì, certo...

Michael è stato l'amico con cui ai tempi di scuola ho fatto davvero tutto... Prima sbronza, prime feste insieme... Quando eravamo depressi per via di vari casini sentimentali ci dicevamo che se le cose ci fossero davvero andate male, a quarant'anni saremmo andati a vivere insieme in una mansarda con un cane e tre gatti! – sorride divertita e poi si accarezza il pancione.

Elena pensa amaramente che probabilmente Allie e Michael si dicevano queste cose per consolarsi e per sperare che invece le cose potessero andare meglio, senza aspettarsi che sì, il destino non aveva previsto per loro nessuna mansarda condivisa con cani e gatti al seguito, ma nemmeno si sarebbe dimostrato benevolo come loro avrebbero voluto.

Chiacchierare con le due ragazze è piacevole, nonostante in certi momenti Elena si senta un po' imbarazzata. Per fortuna Andy mantiene la sua promessa e dopo una decina di minuti è lì con loro, a godersi la serata organizzata dal locale.

– Quindi domani torni a casa? – le chiede Allie.

– Sì, beh... sono qui da parecchi giorni ormai... – risponde Elena. – Andy non ne potrà più di avermi per casa!

– Ma no, dai! – replica Andy, aggiustandosi gli occhiali.

– Beh, ma se è costantemente nervoso o burbero come un orso, non preoccuparti! È il suo normale modo di fare quando sta studiando!– lo prende in giro Bea. – Quindi non andartene solo perché magari ti dà l'impressione di non voler nessuno intorno.

In realtà Elena in questi giorni ha avuto l'impressione che Andy – nonostante non lo ammettesse – avesse bisogno di qualcuno con cui dividere lo spazio vuoto di casa, di qualcuno che gli desse l'illusione di non essere solo. Non sa se lei è esattamente la persona che avrebbe voluto, di certo non può sostituire Michael, ma perlomeno rispetto agli inizi, Andy le è sembrato molto più bendisposto nei suoi confronti. E non solo per cortesia nei suoi confronti, ma perché in qualche modo la compagnia lo stava guarendo, anche se solo in parte.

Beh, magari è meno peggio di ciò che immagini. Perlomeno non morde!– dice, stando anche lei al gioco.

Ehi, ma state giocando al “Tutti contro Andy”? – protesta il giovane.

Ma no, sai che ti adoriamo! – Allie si sporge verso di lui e gli schiocca un bacio sulla guancia.

Quando Andy poggia il polso sul tavolo, Elena si accorge del bracciale di caucciù che indossa. Al centro ha una placchetta di acciaio, con qualcosa inciso sopra.

E quello? – chiede incuriosita.

Oh... è un bracciale.

Beh, l'avevo capito anche da sola, sai? – sorride la ragazza – Posso... posso vederlo?

Andy annuisce e le porge il polso. Si tratta di un oggetto molto semplice, ma è la parola incisa sull'acciaio che colpisce Elena.

Fiducia.

Me l'ha regalato Michael. – spiega Andy, senza che lei abbia il tempo di chiedere nulla. – Per il nostro secondo anniversario.

Istintivamente, Elena sorride, rapida dal modo in cui lui ha preso a giocherellare con l'oggetto.

Era da un po' che avevo smesso di metterlo. L'avevo dimenticato in un cassetto, poi oggi l'ho trovato per caso e l'ho rimesso.

È carino.

In realtà è un bracciale abbastanza comune, ma è la parola incisa sulla placchetta a dargli un significato particolare, a parlare di Michael anche adesso che lui non c'è più. Come tutti gli oggetti ha una storia, e quella parola, fiducia, ha il sapore di una promessa che teneva legati i due giovani, tanto che Elena resta affascinata dalla cosa.

I ricordi si susseguono ancora una volta dalle labbra di Andy e scivolano sulla pelle restituendo le vive immagini di un frammento di passato che può rivivere solo grazie alle parole.

 

***

 

Stare insieme era come scoprirsi sotto un'altra luce.

Era diverso dall'essere solamente amici, permetteva ad Andy e Michael di vivere il loro rapporto in maniera più profonda, con dei cambiamenti che almeno inizialmente sembravano di poco conto, ma col tempo avevano iniziato ad influire positivamente sulle loro giornate.

Non era solo il fatto di dormire nello stesso letto o di baciarsi come persone innamorate, era quel loro capirsi senza bisogno di parlare, quella costante necessità l'uno dell'altro e la sicurezza di avere qualcuno a cui rivolgersi nei momenti di sconforto.

Andy non avrebbe mai creduto di poter accettare di dividere improvvisamente la sua vita con un'altra persona senza prima averlo progettato. Per uno come lui, sempre abituato a contare solo sulle sue forze, Michael era una novità dal peso non indifferente.

Era stato capace di entrare nel suo mondo senza essere troppo invasivo e rispettando i suoi tempi di adattamento – che, doveva riconoscerlo, erano stati anche abbastanza lunghi – fino al punto che era successo quasi da un giorno all'altro che Andy si rendesse conto di stare davvero insieme a lui.

Era una bella parola, insieme.

Gli piaceva pronunciarla fra sé e sé, formarla con la lingua che batteva sui denti e con le labbra che si chiudevano per dare vita alle lettere.

Gli piaceva pensarla e associarla a lui e a Michael, ai loro sguardi annoiati che si incrociavano mentre studiavano in biblioteca, ai baci rubati quando si incrociavano nei corridoi dell'università.

Erano insieme quando si era trattato di fare coming–out con gli amici più cari, avevano condiviso la paura di non essere accettati, sospirando poi di sollievo quando non era andata male come credevano.

Avevano condiviso insieme la paura di parlare alle loro famiglie, il terrore di essere rifiutati e di rimanere da soli.

Perché non gli hai mai detto di essere gay? – Michael gli aveva fatto questa domanda dal nulla, un giorno di maggio, dopo circa un anno che stavano insieme.

Beh, non lo so... cioè, forse sì. Conoscendo mio padre non penso sarebbe molto felice della cosa. Già non è soddisfatto di me adesso, figurati se scopre che sono gay.

Io a volte vorrei dirlo ai miei. – aveva replicato Michael – Non so, credo che non la prenderebbero poi così male, solo che se dovesse andare al contrario ci resterei troppo di schifo. E non so... ho paura, ecco.

Michael gli raccontava spesso di come fosse legato alla sua famiglia e di quanto tenesse a loro, quindi Andy capiva perfettamente come si sentiva.

Se a qualche mio amico non dovesse andare bene il fatto che sono gay col tempo me ne farei una ragione. Ma con loro... Scusami, Andy.

Perché mi chiedi scusa? – si era stupito lui, accarezzandogli le nocche delle dita.

Beh, magari vorresti che gli dicessi di me e te, però adesso... non ce la faccio.

Diventava incredibilmente fragile quando toccavano quell'argomento, tanto che Andy un po' se ne meravigliava, visto che di solito era sempre sicuro di sé.

Non ti chiederei mai una cosa del genere, Michael. Non potrei mai forzarti a... a questo. Davvero, stai tranquillo.

Gli aveva sorriso e si erano scambiati un bacio, mandando poi all'aria ogni impegno pomeridiano per dedicarsi ad una maratona di playstation che li aveva tenuti impegnati fino a tarda notte.

Michael lo aveva spinto ad uscire dalla routine di studio nella quale si era rinchiuso semplicemente perché era più comodo per lui stare per i fatti suoi ed evitare qualsiasi cosa avesse potuto distrarlo.

Aveva scoperto che invece non era poi così male lasciarsi andare, che barricato dietro ai libri si stava perdendo un pezzo di vita e che comunque per gli esami ci sarebbe stato sempre tempo e che anzi avrebbe reso di più se non si fosse stressato così tanto.

Semplicemente, Andy era davvero felice adesso.

I giorni sembravano trascorrere più velocemente, meno vuoti e sempre ricchi di qualche novità.

Quando arrivò il loro secondo anniversario, Andy non riusciva a capacitarsi di come fosse passato tutto quel tempo senza che quasi se ne rendesse conto. In genere non amava molto i festeggiamenti, ma Michael lo aveva convinto che non ci fosse niente di male ad andare a mangiare in un ristorante diverso dal solito fast–food dove andavano a ritirare le cene già pronte.

Così si era ritrovato seduto in un locale dove non era mai stato prima, un posto molto accogliente e nemmeno troppo affollato, dovendo riconoscere che Michael aveva saputo scegliere bene. Avevano mangiato fino a saziarsi completamente, poi, poco prima che arrivasse il conto avevano scoperto che entrambi avevano comprato un regalo l'uno per l'altro.

Ma dai, non dovevi... – disse Michael.

Beh, nemmeno tu. E poi dai, è una sciocchezza. Insomma, lo sai che non vado d'accordo con i regali...

Veramente il tuo acchiappasogni è il regalo più bello e originale che mi abbiano mai fatto! – replicò lui, riferendosi all'oggetto che avevano appeso nella loro camera da letto, nella casa dove si erano trasferiti ormai da qualche mese.

Stavolta Andy aveva deciso di ripiegare su una scatola di quarantotto pennarelli colorati, di quelli che Michael usava spesso e volentieri quando andava a fare volontariato in ospedale.

Così potrai disegnarmi un camice colorato come volevi fare, no? – gli disse sorridendo, alludendo al fatto che spesso Michael ripeteva quanto fossero tristi e noiosi per i bambini i camici bianchi dei medici.

Okay! Presto lo avrai, dottor Evans!

Michael gli porse una scatolina, che conteneva un bracciale di caucciù con una placchetta di acciaio. Alla luce non si vedeva chiaramente, ma al tatto Andy si rese conto che c'era inciso qualcosa sopra.

Fiducia.

L'ho fatto fare apposta, mi è sembrata la cosa più adatta a te! – spiegò Michael. – Sai com'è, a volte hai uno strano rapporto con la fiducia in te stesso e negli altri. Magari così ti ricordi che non c'è niente di male a fidarsi.

Andy sorrise a leggere la parola che Michael aveva fatto incidere nel bracciale. Si sentì leggermente arrossire nel pensare con quanta diffidenza inizialmente lo aveva trattato i primi tempi che si conoscevano.

Grazie. – disse alla fine.

Trafficò qualche attimo con la chiusura del bracciale per riuscirlo a chiudere e poi si guardò il polso, come se volesse vedere come gli stava.

Grazie, Michael. Giuro che proverò a fare del mio meglio per essere meno... meno diffidente, okay?

Ottima cosa!

Non si arrischiarono a baciarsi all'interno del ristorante – non erano ancora sicuri di potersi permettere certe cose nei luoghi pubblici senza sfuggire a strane occhiate da parte della gente – ma più tardi, abbracciati nel loro letto, fecero l'amore con più passione del solito, lasciandosi cullare dai Ti amo sussurrati a mezza voce e dal rumore dei loro respiri affannati e dai gemiti di piacere.

Due anni, e ancora Andy sperava che fossero solo i primi di una vita intera da passare insieme.

 

***

 

Elena gli mancherà.

Andy se ne rende conto mentre sta facendo colazione, seduto da solo al tavolo della cucina. La ragazza è al piano di sopra, a sistemare le ultime cose prima della partenza, e lui sta sorseggiando lentamente una tazza di caffè mentre fuma una sigaretta.

Si sente un po' sconfortato all'idea di dover rinunciare alla sua compagnia. Da un lato la cosa lo farebbe sorridere, considerato quanto all'inizio l'idea di avere a che fare con lei lo infastidisse, ma al momento ha troppi pensieri sulla testa per permettersi di sentirsi rilassato.

La sera precedente è stata la prima uscita che si è concesso dopo la morte di Michael, ad esclusione del lavoro e del tirocinio. Non è stato così terribile come immaginava, in un certo senso si è anche divertito, nonostante continuamente sentisse che al loro tavolo c'era qualcosa che mancava. Si è trattato di un piccolo passo avanti, ovviamente, ma per Andy, che inizialmente pensava che sarebbe stato difficile anche solo pensare che un giorno avrebbe ripreso ad uscire, non è stata una cosa da poco.

Si sente stanco, adesso.

Non ha dormito granché bene durante la notte, a causa di un incubo di cui non ricorda sostanzialmente nulla, ma che l'ha fatto svegliare di soprassalto.

Ricorda solo delle lamiere sparse sulla strada, una targa che somigliava a quella di Michael. Forse ha sognato l'incidente o qualcosa che aveva a che fare con esso, fatto sta che, qualunque cosa addosso, l'ha messo decisamente di malumore.

Ehi, Andy, buongiorno! – lo saluta Elena.

Ciao. – borbotta lui, stropicciandosi gli occhi.

Ho finito di preparare tutto, finalmente. Non puoi immaginare il casino che avevo combinato con le cose, pensare che ogni sera le riponevo in valigia proprio per evitare di dover sistemare tutto alla fine! – racconta la ragazza ridendo – Ieri credevo di aver messo tutto a posto, invece avevo dimenticato diverse cose che dovevano stare sul fondo... Ehi, ma che c'è? Successo qualcosa?

Non... non ho dormito bene, stanotte.

Mi dispiace... brutti sogni?

Beh sì, più o meno.

Non gli è mai piaciuto parlare dei suoi sogni, specialmente quando non sono belli. Però adesso è spinto dal bisogno di buttar fuori quei pochi frammenti, nella speranza che i ricordi lo abbandonino del tutto e gli diano un po' di tregua.

Non lo so esattamente. C'erano le lamiere della moto sulla strada... una targa. Non so, forse era l'incidente, non ricordo nulla. Il fatto è che... Io la odiavo, quella moto. Michael non stava più nella pelle all'idea di poterne guidare una, mentre io l'ho sempre detestata e non ho mai voluto salirci sopra. Quella sera...

Il discorso è sconnesso e non ha quasi alcun senso, ha sputato quelle parole con rabbia e rancore e non sa nemmeno cos'ha detto esattamente. Si tiene la testa fra le mani, sguardo basso e voce che trema un po', mentre il nodo di lacrime alla gola quasi gli impedisce di parlare.

Volevo dirglielo, di usare la macchina, tanto a me non sarebbe servita per quei giorni. Stavo per farlo, appena prima che uscisse di casa, ma poi non gli ho detto nulla perché mi avrebbe risposto che mi preoccupavo troppo. Così ho lasciato perdere.

È colpa mia se Michael...

Non credo che le cose sarebbero cambiate, Andy... Non...

Penso che un po' sia stata colpa mia. Mi dispiace, io...

Non è stata colpa di nessuno! Secondo mamma è stata colpa sua perché aveva chiesto lei a Michael di venire a casa per qualche giorno! Non... non è stata colpa di nessuno! – ripete Elena, a voce alta, con la voce rotta dal pianto.

La ragazza gli va vicino e gli prende il viso fra le mani, guardandolo dritto negli occhi. Le sue mani fresche a contatto con la pelle lo riscuotono dal sentimento di apatia nel quale stava precipitando per qualche attimo.

– Non è colpa di nessuno, d'accordo, Andy? – ripete lentamente.

Non può fare a meno di annuire, convincendosi solo dopo diverse esitazioni che in realtà ha ragione lei. Decide di cambiare argomento, anche per tranquillizzarla, perché vede che sta tremando e che forse vorrebbe piangere, se non avesse troppa paura di lasciarsi andare.

Senti, Elena... Ieri sera, prima di andare a dormire, ti ho fatto questo.

Si avvicina allo scaffale vicino la porta di ingresso, prende un cd dentro la sua custodia di plastica e lo porge alla ragazza. Tracciato con una grafia a stampatello, un po' incerta, c'è solo un nome, Michael.

Ci ho messo dentro un po' di foto e video, ho pensato che potrebbe farti piacere guardarli quando sarai a casa...

A ripensarci, non sa quanto esattamente sia stata una buona idea. Quelle foto potrebbero essere coltellate per Elena, o al contrario potrebbero colmare dei vuoti che in altro modo non potrebbe riempire. Per lui non è stato semplice, decidere di fare quel lavoro.

Ha passato due ore davanti al computer a scandagliare tutte le cartelle, ritrovando foto che nemmeno ricordava di avere e video che più di una volta l'hanno portato fino alle lacrime. Ma non si è trattato solo di questo: difficile è stato scegliere quali foto Elena potesse vedere senza che lui si sentisse troppo esposto, quelle che mostrano quanto fosse profondo il rapporto fra lui e Michael.

Da persona riservata quale è, ad Andy non sarebbe mai passato per la testa di condividere quegli scatti con qualcuno, ma Elena – e forse anche i suoi genitori – non sono dei qualcuno come tanti altri sconosciuti.

Grazie, Andy. Davvero, non... non me l'aspettavo.

Forse nemmeno lui si sarebbe aspettato di aprirsi fino a questo punto. Solo adesso Andy si rende conto di quanto in questi ultimi giorni si sia messo in gioco, accettando Elena nella sua vita e sforzandosi di non rifiutarla come avrebbe fatto con chiunque altro.

Fra le foto che ha messo ci sono anche le sue preferite, quelle in cui Michael fa smorfie di mille tipi, una in cui è bagnato fradicio dopo il tentativo di fare il bagno a Luna, che invece sta accanto a lui completamente asciutta. E poi ancora foto di loro due mano nella mano, o all'università o qualcun'altra di quando erano in Florida.

Ho messo alcuni dei video che mi piacciono di più. Alcuni...

Alcuni sarebbero persino divertenti, se non fosse che appartengono al passato.

Posso... posso farli vedere anche ai miei genitori? – chiede Elena, incerta.

Il primo istinto sarebbe negarle il permesso, ma in fondo Andy sa che non sarebbe giusto. Ormai anche loro sanno, e privarli ancora di una parte della vita del figlio che non hanno mai avuto l'opportunità di conoscere sarebbe egoista.

Anche loro hanno il diritto di vedere il Michael che non hanno mai avuto l'opportunità di conoscere.

Sì, d'accordo.

Lo apprezzeranno di certo, ne sono sicura! Grazie, Andy!

Si sorridono timidamente e per un attimo sembrano essere tornati all'impaccio iniziale che li aveva presi quando si sono conosciuti e non sapevano esattamente cosa dirsi.

– Andy... Se non l'avessi fatto io... voglio dire, se non fossi venuta a cercarti, tu... avresti mai preso in considerazione l'idea di venirci a raccontare come stavano le cose?

Non ha bisogno di troppi secondi per pensare ad una risposta.

– Non credo.

Avrebbe cercato di tirare avanti da solo, rispettando il segreto che Michael, forse anche a causa dei capricci del destino, aveva portato con sé nella tomba.

– C'è stato un momento, al funerale, in cui ho pensato di avvicinarmi e dirvelo, devo ammetterlo. Poi però mi sono reso conto che sarebbe stato come aggiungere dolore ad altro dolore e che non ce l'avrei fatta ad affrontare le vostre domande. Non era nemmeno l'occasione più adatta, insomma eravamo...

Elena annuisce, come a dargli tacitamente ordine di non completare la frase, perché ripetere di nuovo la parola funerale farebbe troppo male ad entrambi, darebbe agli eventi una consistenza più reale.

Sei stata coraggiosa a fare ciò che hai fatto, Elena. – ammette Andy – E sono contento che tu l'abbia fatto.

Può vederla arrossire leggermente.

– Forse è meglio che vada... – si aggiusta una ciocca di capelli e si morde il labbro. Afferra il manico del suo trolley e fa per aprire la porta. Fa una carezza a Luna, che si è avvicinata scodinzolando e le promette che presto tornerà a trovarla per giocare con lei.

Andy non sa esattamente come congedarsi. Se basterà un semplice ci sentiamo presto o se ancora ci sono cose da dire.

– Allora... beh, mandami un messaggio appena arrivi a casa, d'accordo?

– Okay.

Somiglia dannatamente alla scena di quando Michael è uscito di casa l'ultima volta. Andy sente un magone alla gola.

Stai attenta mentre guidi, non andare troppo veloce.

La accompagna in macchina e resta sul marciapiede finché lei non mette in moto. La saluta con la mano e poi, quando la sagoma dell'automobile è un puntino nell'orizzonte, rientra in casa.

Non fa in tempo a chiudere il portoncino che squilla il telefono. Come se la suoneria fosse in grado di veicolare ciò che sarà il contenuto della telefonata, lo squillo sembra più insistente, quasi irritante. E infatti, quando Andy risponde, la voce dall'altro capo della cornetta è quella di una delle persone che ha meno voglia di sentire.

Andy? Sono Eleanor!

La voce della sorella è tremante, incerta.

Eleanor, che succede? – non riesce a fare a meno di essere freddo, è più forte di lui.

Papà ha avuto un principio di infarto, l'hanno ricoverato in ospedale per accertamenti. Forse faresti meglio a venire anche tu.

 

 

 

 

 

 

 

_____

 

Mh.

Sì, beh, ormai siete abituati ai miei ritardi, vero? Quindi non c'è bisogno che vi dica quanto mi dispiace .___.? Beh, io lo dico lo stesso.

Il fatto è (anche) che in questo periodo ho scritto pure altre cosine (soprattutto fanfiction su Sherlock BBC e poi altre cose che trovate sul mio account). Una in particolare vorrei che la leggeste, visto che è un missing-moment fra Michael e Andy, di carattere fluffoso. Si chiama Metodi alternativi ed è anche l'unica lemon che sono riuscita a scrivere su di loro ç_ç Ho anche aggiornato Basta solo guardare le stelle quindi ecco alcuni dei motivi dei miei ritardi.

Finito il momento pubblicità progresso (?), parliamo del capitolo.

Mi è venuto più lungo del solito, ma non so, sono in una fase in cui ciò che scrivo mi sembra brutto e illeggibile, spero non sia così pessimo e che non vi deluda dopo tutta questa attesa >__<

È stato strano chiudere il viaggio di Elena, pensare che è cominciato quasi due anni fa, mentre nella storia sono passati solo pochi giorni! Scrivere questa storia mi ha cambiato tanto e insomma, rendersi conto del tempo che passa è una sorpresa, a volte.

E dunque, come vi dicevo, ci stiamo avviando alla fine, ma prima Andy dovrà risolvere in qualche modo il suo rapporto con la famiglia. Come credete che andranno le cose?

Prima di chiudere, vorrei invitarvi a vedere e condividere questo video. Quando l'ho visto ho pianto per tutto il tempo, la storia è incredibilmente simile a quella di Michael e e Andy, ma quello che fa davvero male è il fatto che sia accaduta davvero. Mi ha stretto il cuore, ma merita di essere visto ^^

Come sempre vi ringrazio per le vostre recensioni (sia qui che in privato ** siete carinissimi a cercarmi su Facebook e a mipiaciare la pagina de "Il rifugio delle stelle") e vi mando tanti baci e pandistelle.

 

Aika.

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Capitolo 21
*** Andy - Ferite dal passato ***


Nuova pagina 1

Andy – Ferite dal passato.

 


 

 

Ottobre 2008.

 

Andy non aveva mai pensato al modo in cui avrebbe detto alla sua famiglia di essere gay. Per uno come lui, che a detta di Michael pianificava anche come tagliare il cibo che aveva nel piatto, era una cosa abbastanza strana, ma il fatto era semplicemente che Andy non si era mai posto il problema.

Quando a sedici anni si era innamorato per la prima volta, l'istinto gli aveva suggerito di provare a confidarsi perlomeno con David, ma il fratello frequentava l'università lontano da casa e si vedevano una volta al mese, troppo poco per cercare di intavolare un discorso. Temeva il suo giudizio, temeva di non sapersi spiegare e quindi alla fine aveva deciso di lasciar perdere.

In seguito era diventato sempre più facile rimandare il momento della rivelazione, specialmente quando aveva iniziato il college e passava più tempo al campus che a casa sua, non dovendo più avere paura di essere scoperto da un momento all'altro. Non che la sua vita sentimentale fosse così esaltante o piena di ragazzi, solo al terzo anno era uscito un paio di settimane con un tizio del suo corso, ma non era andata bene e alla fine avevano deciso di restare solo amici.

Andy sapeva che nascondersi non era la cosa migliore da fare, ma sospeso in quel limbo di ambiguità si trovava bene e quindi – pur sapendo di sbagliare – non aveva intenzione di fare davvero coming out.

Sapeva poi che le idee della sua famiglia erano abbastanza conservatrici e che la loro reazione alla notizia non sarebbe stata granché positiva.

Tutta una serie di buoni motivi per tacere e nascondersi dunque, un po' perché non gli era mai piaciuto sollevare discussioni eclatanti riguardo se stesso e un po' perché Andy riteneva che in fin dei conti la sua sessualità non fosse affare altrui.

Poi era arrivato Michael e le cose erano cambiate.

Nessuno dei due aveva mai tentato di mettere fretta all'altro, anzi Michael in particolare era quello che aveva davvero paura di parlare con la sua famiglia, ma Andy, già prima di conoscerlo, aveva promesso a se stesso di raccontare la verità solo quando fosse arrivata la persona giusta.

Doveva in sostanza valere la pena di mettere tutto in discussione: l'avrebbe fatto comunque per mettere le cose in chiaro e sì, anche perché era innamorato di Michael e non voleva che rimanesse un'ombra nella sua vita.

A distanza di tempo, Andy si era reso conto di quanto questo ragionamento fosse stato vigliacco e anche un po' egoistico, dettato anche dal bisogno di sentirsi accettato anche a costo di dover nascondere quel lato di sé.

Nonostante tutti i buoni propositi comunque, Andy non aveva mai immaginato come sarebbero effettivamente andate le cose, non aveva mai provato nessun discorso col quale introdurre l'argomento, forse aspettandosi inconsciamente che non pensarci avrebbe annullato il problema.

Accadde tutto durante il pranzo di famiglia di una domenica di metà ottobre: lui e Michael avevano da poco finito di sistemare l'appartamento nel quale si erano trasferiti, sistemandola di tutto punto improvvisandosi persino imbianchini per dare una rinfrescata alle pareti. In cambio di quel lavoro, la signora Harris aveva offerto loro tre mensilità gratuite di affitto e loro avevano accettato, considerato che quel risparmio, dopo aver affrontato un trasloco, era una comodità considerevole.

Il fatto che avesse lasciato il campus, non era andato giù al padre di Andy, che non capiva quale fosse la necessità di affittare una casa della quale occuparsi sottraendo tempo prezioso allo studio. Anche quel giorno, mentre Andy raccontava di come lui e Michael avessero sistemato i mobili e di come fossero soddisfatti del loro lavoro, non aveva potuto trattenersi dal criticare questa scelta.

Non capisco per quale motivo tu abbia presto questa decisione, Andy.

Fondamentalmente suo padre non era una persona cattiva, adorava solo avere in mano il controllo di ogni cosa, per quanto non si rendesse conto che questo potesse essere irritante agli occhi degli altri.

Andy si rese conto di aver parlato solo dopo qualche secondo, quando vide la faccia dell'uomo cambiare colore e la sua espressione diventare di ghiaccio. E allora ricordò le parole che aveva appena pronunciato.

Io e Michael siamo andati a vivere insieme perché lui è il mio ragazzo. Io e lui stiamo insieme.

Adesso non poteva più tornare indietro. Se avesse potuto avrebbe riformulato la frase, ma tanto il concetto sarebbe rimasto uguale. Aveva addosso lo sguardo del padre, della madre e di Eleanor e il silenzio glaciale iniziava a mettergli ansia.

Alzò lo sguardo, aprì la bocca come a dire qualcosa. Per un attimo si era sentito spavaldo e coraggioso, ma adesso avrebbe solo voluto rimangiarsi tutto.

No.

Suo padre pronunciò quell'unica sillaba sputandola fuori come se fosse veleno e raggelandolo con un'occhiata severa. Inutilmente cercò lo sguardo di Eleanor, mentre sua madre sussultava.

Scusa? – chiese, poggiando la forchetta sul piatto e rendendosi conto che la sua voce si era già abbassata di almeno due tonalità.

Non può essere. Mio figlio non è un frocio schifoso.

Sapeva che il suo commento sarebbe stato di quel genere, ma quelle parole gli arrivarono lo stesso al petto come una pugnalata. Si sentì smarrito, senza sapere come replicare. Eppure c'erano tante di quelle cose da dire...

Andy, tesoro, cosa vuoi dire? – chiese sua madre, conciliante – Ti sei sbagliato, non...

La rabbia per l'insulto che il padre gli aveva rivolto fu più forte del dolore che l'offesa gli aveva provocato, così Andy si trovò a reagire come mai gli era capitato in tutta la sua vita.

Non mi sono sbagliato, mamma. Sono un frocio schifoso come dice papà, e sono innamorato di un ragazzo che mi ama. Ma non penso che questo vi importi.

Gli occhi della donna si riempirono di lacrime, Andy la vide stringere fra le mani il tovagliolo e inghiottire silenziosamente come se ciò che le aveva appena detto avesse la consistenza di un boccone amaro da mandare giù.

Vattene. Non ho più un figlio da questo momento. Non voglio più vederti alla mia tavola o in casa mia. – suo padre mostrava una calma glaciale mentre pronunciava queste parole.

Andy in un primo momento aveva pensato che gli avrebbe urlato contro, che si sarebbe arrabbiato, che avrebbero litigato per cercare di chiarirsi. Quel gelo non se l'aspettava e forse era la cosa che faceva più male, ma di certo non sarebbe rimasto lì ad implorarlo di ascoltare ciò che aveva da dire.

Senza dire una parola si alzò da tavola e andò in camera sua a sistemare il borsone da viaggio. Non sapeva dire se fosse più arrabbiato o più ferito dalla reazione dei suoi genitori, ma si accorse che comunque le mani gli tremavano mentre chiudeva la zip del bagaglio.

Andy... – sua sorella Eleanor era immobile sulla soglia della stanza.

Che c'è? – borbottò. Ecco, lei avrebbe potuto intervenire per difenderlo, ma aveva preferito tacere.

Andy, non prendertela. Vedrai che gli passa. Vedrai che gli passa e ti perdona.

Io non ho bisogno del perdono di nessuno, Eleanor. – le rispose, stupito da come anche secondo lei il torto fosse stato il suo.

Non riusciva a capire perché nemmeno a lei sembrasse importare del fatto che avesse detto di essere innamorato, ma che fosse concentrata solo sulla sua omosessualità. Davvero la sua felicità contava così poco?

Andy, per favore, cerca di ragionare...

Una delle poche cose in grado di fargli perdere davvero la pazienza era l'essere trattato come un bambino che non capiva nulla ed Eleanor aveva il fastidioso vizio di farlo sentire spesso così, quando avevano una discussione.

Eleanor, non c'è nessuna cazzo di cosa su cui ragionare! Sono gay, d'accordo? E se la cosa non vi va bene, tolgo il disturbo e non ne parliamo più!

Un'altra parola e probabilmente avrebbe pianto, per quanto cercasse sempre di controllare le sue emozioni. Doveva andarsene da quella casa, quasi gli mancava l'aria, le parole di suo padre lo stavano facendo sentire sporco, come se davvero stesse sbagliando qualcosa.

All'ingresso di casa rimase qualche attimo, esitante. Aprire la porta e poi richiuderla avrebbe significato andarsene per sempre e non sapeva se era pronto ad una cosa del genere. Non era mai stato in grado di prendere decisioni così radicali, ed era la prima volta che gli capitava di stare per troncare un rapporto così di netto. E in fondo erano i suoi genitori, forse avrebbe potuto...

Dalla cucina sentiva sua madre e suo padre parlare fitto, con la donna che chiaramente stava piangendo e si chiedeva come fosse possibile che un problema come quello di Andy fosse capitato proprio nella loro famiglia.

Respirò profondamente, mentre sentiva che il dolore stava prendendo una consistenza fisica, colpendolo ovunque con le sue lame taglienti. Non c'era nessun bisogno di provare a spiegarsi o di chiedere che capissero, di certo non avevano alcuna intenzione di ascoltarlo.

E, per quanto la cosa lo ferisse, non voleva certo implorarli.

Si ritrovò in macchina quasi senza accorgersene, con la musica dell'autoradio a tutto volume per scacciare il flusso dei pensieri che gli annebbiavano la mente. Non pensarci forse lo avrebbe aiutato a far finta che non fosse successo nulla.

Non raccontò subito a Michael come erano andate le cose. Alle sue domande sul perché fosse tornato un giorno prima del previsto e sul perché avesse un'aria stanca e quasi avvilita, rispose vagamente, senza scendere nei dettagli.

Soltanto la sera sul tardi, mentre stavano guardando la televisione sdraiati sul divano, Andy si lasciò sfuggire un sospiro più profondo, sempre ripensando alla solita storia.

Ehi, ma mi vuoi dire che è successo? Sei strano da quando sei tornato... – chiese Michael.

Oh, beh... Ho detto ai miei che sono gay e che sto con te.

L'altro rimase in silenzio, forse non trovando le parole giuste per commentare.

E... è andata male?

Praticamente un disastro. Mio padre mi ha... mi ha fatto capire in un modo non esattamente diplomatico che per lui sono morto. E che l'idea che suo figlio sia un frocio schifoso lo disgusta.

Sentì le braccia di Michael avvolgerlo in un abbraccio e poi le sue labbra posarsi sul collo.

Mi dispiace.

Io... non lo so se sono più arrabbiato o deluso o tutte e due le cose. Nemmeno mia madre o mia sorella hanno detto qualcosa. Pensavo che...

Pensavo che avrebbero capito, almeno loro.

Potevi dirmelo che avevi intenzione di parlare. Magari sarei venuto con te.

Gli strinse una mano.

Non l'avevo programmato. E comunque era una cosa che dovevo fare da solo. Tranquillo, Michael.

Sono orgoglioso di te. – sussurrò Michael al suo orecchio dopo qualche attimo di silenzio – E ti amo. E sei la cosa più bella che potesse capitarmi. Mi dispiace da morire per come sono andate le cose, Andy e... lo so che è difficile. Non so nemmeno come provare a farti stare meglio...

Non importa, dai. Magari passa. Del resto penso che non meritino tutto il mio dolore.

Invece importava.

Per quanto Andy si ostinasse a far finta che fosse tutto apposto, la ferita che suo padre gli aveva inferto bruciava in modo insopportabile, specialmente nei momenti più impensati. Si era accorto che Michael cercava di fare del suo meglio per cercare di non fargli sentire troppo la mancanza della sua famiglia – ad esempio aveva smesso di parlare dei suoi genitori e cercava di andare in una stanza diversa da quella in cui si trovava lui quando telefonava a casa – tuttavia non riusciva a smettere di pensarci.

Più di una volta, preso dallo sconforto, aveva anche provato a chiamare sua madre, sperando che gli venisse chiesto di parlarne, ma non era mai successo.

Una volta, senza che se lo aspettasse, al telefono aveva risposto suo padre. Quando l'uomo si era reso conto di avere a che fare col figlio, il suo tono di voce si era fatto freddo e indifferente.

Che vuoi?

Volevo solo salutare mamma.

Meglio di no, Andy. E se vuoi un consiglio, trova qualcuno disposto a curarti.

Aveva riattaccato lasciandolo di sasso e facendogli passare la voglia di provare a telefonare di nuovo. Ogni tanto sentiva Eleanor e David, ma non tanto spesso come prima. Quest'ultimo era anche venuto a trovarlo all'università, ma non avevano mai affrontato direttamente l'argomento, come a far finta che tutto andasse bene.

Col tempo, Andy si era abituato a quell'andazzo, cercando di non sentire più la mancanza di quella che era una parte fondamentale della sua vita.

Prima o poi, si ripeteva, sarebbe davvero riuscito a fare a meno di loro.

 

***
 

Non ha ascoltato nemmeno la metà del discorso di Eleanor, troppo perso nei ricordi dolorosi legati a suo padre e al modo in cui nell'ultimo anno e mezzo ha praticamente fatto finta che lui non esistesse.

Andy... Andy ci sei ancora? – chiede ad un certo punto la sorella.

Sì, sì, sono ancora qui.

Non sembra nulla di grave, però l'hanno ricoverato per dei controlli e forse dovranno fargli un piccolo intervento.

Ah, capisco.

Si chiede se sia normale il fatto che non riesca a provare assolutamente nulla.

Dovresti venire anche tu. – ripete Eleanor, un po' preoccupata.

Perché?

Andy si chiede se Eleanor stia semplicemente ignorando come stanno le cose o davvero non abbia capito.

Come perché? Che domande sono queste, Andy?

Non... Ha detto che non sono più suo figlio, quindi non penso che gli importi più di tanto. – replica lui con calma.

E quelle parole – frocio schifoso, dovresti curarti – tornano di nuovo a fargli male, più di quanto avrebbe immaginato. Sono vecchie ferite che si riaprono e tornano a bruciare come se non fossero mai guarite.

Era arrabbiato.

Una persona arrabbiata non getterebbe veleno a quel modo, vorrebbe rispondere lui. Non ferirebbe a morte un figlio che, con tutti gli errori che potrà fare, resterà sempre un figlio.

E amare non può essere un errore.

Non gli è mai passata, evidentemente. Non ho alcuna intenzione di farmi insultare di nuovo, Eleanor.

Non sa quanto potrebbe reggere il colpo, stavolta. Si sente già abbastanza vulnerabile per via di Michael, adesso un altro sguardo di disprezzo potrebbe farlo crollare ancora di più.

È nostro padre.

Come se il sangue contasse qualcosa, in questo caso. Come se il legame familiare potesse lavare via ogni insulto e ogni brutto ricordo.

La voce di Eleanor inizia ad irritarlo, è inflessibile, quasi Andy stesse soltanto facendo i capricci.

Dov'era nostro padre quando Michael è morto e io ho quasi tentato di ammazzarmi? Dov'eravate tutti quando sono tornato a casa dal funerale e la casa era talmente vuota da farmi venire un attacco di panico? Dove diavolo eravate?

Il rancore dà vita a domande rabbiose, che l'hanno sempre tormentato e che tuttavia non ha mai avuto il coraggio di formulare. Ora quel dolore che si porta dietro da troppo tempo è esploso.

Ti sei mai chiesta come sto adesso? Lo sai che se sto meglio è tutto merito di un'estranea, mentre invece avreste dovuto essere voi a starmi accanto?

Per un attimo si sente smarrito all'idea che Elena se ne sia appena andata e si chiede come sarebbe riattaccare il telefono e parlare con lei di quello che sta succedendo.

Non riesco a pensare di poter passare sopra a tutto. Non so nemmeno se a lui importa vedermi.

Quello che gli fa più male in assoluto è il fatto che, proprio mentre sta parlando, avverte il bisogno di vedere suo padre e la sua famiglia. Di nuovo quel senso lacerante di vuoto che solo loro potrebbero colmare. E non è solo questione di orgoglio il non voler fare il primo passo verso una riconciliazione, è più forte la paura di essere nuovamente rifiutato. E poi significherebbe anche ammettere che ha sbagliato qualcosa, mentre lui sa di essere sempre stato dalla parte della ragione.

Fa' come vuoi.

Il tono è quello di chi ha perso la pazienza e per un attimo Andy si sente in colpa.

Senti, ci penso, d'accordo?

Poi un attimo di silenzio.

Perché pensi che sia io a star sbagliando?

È la stessa voce di quando era ragazzino e si rivolgeva a sua sorella o a suo fratello quando aveva bisogno di un consiglio o non sapeva cosa fare. Ha paura della risposta che potrebbe dargli, chiude gli occhi e aspetta.

A cosa credi ti porterebbe odiarlo per sempre? Magari c'è un modo per fargli cambiare idea, per fargli capire. E forse il prezzo da pagare per avere la possibilità di spiegarvi è fare il primo passo, no?

Le sue parole suonano convincenti, in un certo senso, anche se Andy continua a pensare che ci sia qualcosa di sbagliato, nel suo discorso.

Fare il primo passo significherebbe anche rischiare di venire rifiutato per l'ennesima volta, chiedere attenzioni, una cosa che lui ha sempre detestato.

Andy... mi dispiace.

A quelle parole non riesce a replicare: dire che non fa nulla sarebbe mentirle. E Andy nel corso degli anni ce l'ha avuta anche con lei, per il suo silenzio, per non aver mai fatto nulla per difenderlo. Anche con David è stata la stessa cosa, non è bastata una cena insieme per ricucire del tutto il loro rapporto.

Però, forse, a piccoli passi qualcosa potrebbe essere ricostruito.

Dispiace anche a me, Eleanor. Non puoi immaginare quanto.

Mi mancate e non posso fare a meno di desiderare che torniate a volermi bene.

Andy ha sempre pensato che il suo essere omosessuale non debba essere accettato quanto esser preso come una condizione di fatto, più o meno simile all'avere i capelli scuri invece che chiari. E nemmeno dalla sua famiglia vorrebbe essere accettato, quello che avrebbe voluto sin dall'inizio era che gli fosse detto che non importava che il nome di Michael fosse declinato al maschile.

L'importante doveva essere solo la sua felicità.

La saluta con una scusa, proprio un attimo prima che le sue difese crollino completamente, promettendole che cercherà di pensare a quella loro discussione. Non ne ha molta voglia, in realtà. Continua a provare quel senso di assoluta indifferenza a quanto Eleanor gli ha raccontato, ma allo stesso tempo si sente in colpa per non riuscire a sentire nulla. Un controsenso, o forse solo il frutto di sentimenti contrastanti che si fanno strada dentro di lui.

Non riesce a pensare ad altro mentre, seduto davanti al computer con una sigaretta fra le dita, cerca inutilmente di distrarsi guardando qualche video su Internet.

Sa che suo padre non gli dirà mai che gli dispiace per come si è comportato.

Non farà mai il primo passo, né ammetterà di aver sbagliato. Fa parte del suo carattere rigido e inflessibile non riconoscere i suoi errori e per questo Andy ha paura di come potrebbe essere il loro incontro.

Non gli è mai capitato di immaginare come sarebbero andate le cose se la sua famiglia avesse accettato Michael. Magari di conseguenza lui sarebbe riuscito a trovare il coraggio di aprirsi con i suoi genitori e con Elena e le cose sarebbero state diverse, più tranquille.

Forse non ci sarebbe stato nemmeno l'incidente.

Forse quella sera sarebbero andati insieme a casa dei genitori di Michael e lui non avrebbe preso la moto e forse...

Trovare una spiegazione a tutto quello che è successo è un chiodo fisso, ormai. Tutti i suoi pensieri sono spesso riconducibili al ridisegnare una realtà alternativa che avrebbe potuto deviare il corso degli eventi fino al punto di non uccidere Michael.

E quel lavoro fa più male, ma Andy non può fare a meno di pensare a come, cambiando un minimo avvenimento, tutto quello che sarebbe venuto dopo avrebbe preso una piega sostanzialmente diversa.

Si alza per andare ad aprire il portoncino e far uscire in giardino Luna, che già da un po' si è accampata davanti all'ingresso richiamando la sua attenzione e poi torna a sedersi al computer, cercando di lavorare alla sua tesi.

La casa è diventata nuovamente silenziosa, adesso che Elena se n'è andata, ma Andy si sente diverso ora, come se fosse diventato più facile sopportare quella solitudine senza dover per forza fingere che Michael sia solo uscito di casa.

Il cellulare lampeggia, annunciando l'arrivo di un messaggio di Elena.

Sono arrivata a casa. Grazie di tutto.

Almeno lei ha un posto da chiamare casa, pensa Andy, sorridendo malinconicamente. Un po' la invidia, perché ha qualcuno su cui contare e che si preoccupa per lei.

Lui ha Allie e Bea, ma non è esattamente la stessa cosa. Loro la sera vanno via, lasciandolo in preda ai suoi fantasmi, e non possono essere la sua famiglia, non come la intende lui, perlomeno. E come lui hanno vissuto lo stesso dolore per la morte di Michael, il loro è un consolarsi a vicenda, l'abbraccio di Allie non potrebbe mai essere come quello di sua madre.

Ripensandoci, non ha nemmeno chiesto ad Eleanor dove sia ricoverato suo padre. Per un attimo prova il forte istinto di richiamarla, ma poi rinuncia, paralizzato all'idea di sentire il sollievo della sua voce per l'interesse che sta mostrando o peggio ancora, di sentirsi fare una predica su cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Pensa troppo, fino a farsi venire il mal di testa: Michael lo prendeva sempre in giro per questo, ma per quanto Andy si sforzasse, non riusciva a non fare sempre lo stesso errore, anche per cose stupide, che chiunque altro avrebbe liquidato in pochi secondi.

Vorrebbe che Elena non se ne fosse andata, in modo da provare a chiedere consiglio a lei: per quel poco che la conosce, pensa che lei sarebbe della stessa idea di Eleanor, considerato come già ha affrontato la questione di lui e David.

La compagnia di Elena è stata terapeutica per entrambi: se all'inizio aveva pensato che parlarle di Michael gli avrebbe fatto male, adesso che se n'è andata gli sono venuti in mente altri aneddoti che vorrebbe raccontarle.

Ma ci sarà tempo, questo è certo, sa che Elena non sparirà: lei gliel'ha promesso e comunque già Andy immaginava una cosa del genere ancor prima che lei parlasse.

E chissà, forse com'è successo con lei, a piccoli passi, potrà anche ritrovare la sua famiglia, far capire loro che non c'è niente di sbagliato in lui.

Probabilmente sta solo facendo pensieri troppo ottimistici, ma Andy non riesce a pensarla diversamente in questo momento.

Perché in fondo, il suo più grande desiderio è ancora quello, avere una famiglia nella quale trovare un rifugio nei momenti in cui sta troppo male per farcela ad andare avanti da solo.

 

 

 

 

 

______

 

 

Ho scritto questo capitolo praticamente di getto, infatti come potete vedere l'aggiornamento è molto più veloce rispetto agli ultimi periodi.

Rileggendolo mi sono resa conto che fa male. Probabilmente troverete refusi/ripetizioni/errori, e vi prego di perdonarmi per questo, è dovuto al fatto che ad un certo punto non sono più riuscita a leggerlo col distacco necessario a fare le correzioni.

Forse non è il capitolo migliore, ma è quello più necessario. Potrei scrivere un milioni di motivi del perché, ma credo che fra le righe si capisca quanto per Andy sia stato difficile superare certe cose.

E nulla, vorrei in particolare ringraziare Elisa per tutte le recensioni che mi ha lasciato in quest'ultimo periodo e anche chi sta leggendo e seguendo costantemente. Non sapete quanto mi facciano bene le vostre parole, spero che continuiate ad averne per i capitoli che verranno.

Un bacio,

Aika.

 

PS no, non penso che il prossimo aggiornamento sarà così veloce. Io ci provo, però insomma... mi conoscete, no? ♥

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Capitolo 22
*** Il peso del ritorno ***


Nuova pagina 1

Il peso del ritorno.

 

 

 

Per tornare a casa, Elena percorre esattamente la stessa strada che ha fatto all'andata.

Tutto è uguale ad una ventina di giorni prima: stessi alberi ai lati delle carreggiate, strada dritta e senza troppe curve o deviazioni, palazzi che si succedono l'un l'altro con la sequenza inversa di come li ha visti la prima volta.

Eppure c'è qualcosa di totalmente diverso, in mezzo a tutto ciò che vede.

Lei.

Quando è partita, non aveva la minima idea di cosa la aspettasse. Pensare a come, attimo dopo attimo, la vita si arricchisca sempre di qualcosa in più, che ogni giorno trascorso possa cambiare in modo radicale la visione delle cose, è un'idea che non le era mai passata per la mente.

Fino ad adesso.

Si rende conto come, a percorrere quella strada praticamente speculare a quella dell'andata, sia una persona diversa. Nella sua testa ci sono migliaia e migliaia di parole in più, immagini che prima non aveva mai concepito, una vita che non aveva mai sospettato che esistesse.

C'è Andy, il suo amore per Michael, il dolore che lo ha lacerato in seguito alla sua perdita.

Ci sono Allie e Bea, sorrisi amichevoli e quella bimba che sta per arrivare, l'ultimo regalo che Michael ha lasciato a tutti loro.

Ci sono nuovi significati da dare alle parole, c'è un mondo completamente diverso al quale aprirsi.

Un po' è ancora confusa da tutte quelle novità, ma ha imparato a gestirle, in qualche modo, a non considerare troppo strano ciò che ha scoperto.

Non si sente più come se non avesse mai conosciuto Michael, adesso che Andy le ha raccontato loro storia. E per quanto il fatto che il fratello l'abbia esclusa da una delle cose più belle che gli fossero mai capitate, riesce un po' a capire come deve essersi sentito, quanta paura deve aver avuto di parlare e quante volte deve aver maledetto la mancanza di quel pizzico di coraggio che gli ci sarebbe voluto per fare coming-out.

Durante i giorni passati a casa di Andy, Elena si è chiesta più volte se avrebbe potuto capire da sola quello che c'era fra lui e Michael. Ha cercato di ricostruire quelle poche volte che li ha visti insieme e di analizzare ogni dettaglio che riusciva a riportare alla mente, senza però giungere ad alcun risultato.

Forse avrebbe potuto – o dovuto – capire che Michael nascondeva qualcosa il giorno della sua laurea, dal modo in cui i suoi occhi brillavano mentre presentava Andy come un caro amico, ma allora non ci aveva fatto caso, era più semplice ricollegare la sua felicità alla laurea appena conseguita col massimo dei voti.

Eppure, eppure... eppure Michael aveva insistito perché quel giorno Andy andasse a mangiare con loro, nonostante quest'ultimo cercasse in tutti i modi di sottrarsi. E gli aveva scompigliato i capelli e aveva riso con lui, ma erano gesti troppo banali che nascondevano alla perfezione un'intimità ben più profonda, che avrebbe potuto cogliere solo chi avesse saputo.

Ma allora non poteva vedere così a fondo, non poteva cogliere ogni sfumatura e sarebbe suonato malizioso pensare che ci fosse altro in quei gesti.

Arriva sul vialetto davanti casa praticamente senza accorgersene, impreparata a tutte le domande che sua madre e suo padre le faranno e non del tutto sicura di avere le risposte adatte.

Quando apre la porta con le sue chiavi ed entra gridando di essere tornata, realizza veramente quale consistenza abbiano quelle parole.

Potrebbe essere tornata da un posto qualunque, essere uscita dieci minuti prima per andare a fare una passeggiata o per andare a trovare Richard, invece sta tornando ad una realtà che le è sempre stata familiare, dopo averne esplorata una completamente diversa e della quale non aveva mai nemmeno immaginato l'esistenza.

E d'improvviso ha paura di essere troppo cambiata, di non aver niente a che fare con tutto quello che si è lasciata alle spalle quando è partita, ma al tempo stesso di non essere adatta nemmeno a vivere in un mondo nel quale esiste anche Andy.

Incrocia lo sguardo di sua madre trattenendo per un attimo il respiro, come se non si aspettasse di vederla lì. Un attimo dopo è fra le sue braccia, a ristabilire un contatto che le è mancato senza che se ne rendesse conto.

Sono tornata. – sono le sue prime parole.

Lo so, tesoro, lo so.

La donna le accarezza i capelli e le dà un bacio sulla guancia, continuando a stringerla forte, come se non volesse più lasciarla andare. Probabilmente ha sentito la sua mancanza più di quanto sarebbe accaduto in circostanze normali, e in tutto questo c'entra forse il fatto che ci fosse l'inconscia paura di non rivederla, com'è successo con Michael.

Mi dispiace non avervi detto subito cosa... quello che avevo scoperto. Avevo bisogno di rifletterci da sola. – spiega Elena più tardi quando lei e i suoi genitori sono seduti attorno al tavolo della cucina sorseggiando del the freddo.

Hai agito avventatamente, però, Elena. Che ne sapevi di chi ti saresti ritrovata davanti? – la rimprovera il padre.

– Era... era il suo coinquilino. Cioè, sapevo che non poteva succedere nulla di male, insomma... anche se non sapevo che fra lui e Michael... beh, insomma, Michael doveva fidarsi comunque di lui se vivevano insieme, anche se non avessero avuto una storia. – spiega Elena.

Sembra sia passato un secolo dalla prima telefonata fra lei e Andy, dal modo freddo ma cortese che lui aveva usato per rivolgersi a lei e da quell'impulso che l'aveva spinta ad andargli a parlare.

– Avresti comunque dovuto raccontarci la verità. – la ammonisce sua madre.

– Mi dispiace, davvero, non volevo mentirvi. Solo che avevo paura che mi avreste fatto troppe domande alle quali non avrei saputo rispondere e mi sentivo già abbastanza confusa perché Michael non mi aveva raccontato nulla e... e...

Mancano le parole, mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime.

– Va bene, Elena. Non siamo arrabbiati con te. Avresti solo dovuto essere più prudente, ecco tutto. – la rassicura la donna.

A volte è solo questione di fiducia.

E non è facile spiegare come non abbia pensato nemmeno per un attimo al fatto che Andy avesse potuto essere qualcuno di poco raccomandabile, spinta dalla voglia di immergersi in quella sorta di universo parallelo al quale Michael le aveva negato l'accesso.

E allora... che tipo è questo Andy?

Sarebbe una domanda assolutamente normale, di una madre che ha appena scoperto che il figlio è innamorato e che, prima di parlarne col diretto interessato, cerca di carpire qualcosa dalla sorella nella speranza che lei possa rassicurarla o raccontarle chissà che pettegolezzo.

Sarebbe una domanda assolutamente normale, a tratti divertente, se non fosse che il contesto in cui si svolge è assolutamente innaturale.

Stanno parlando di un figlio e di un fratello che non c'è più e che si è portato nella tomba un segreto molto pesante.

È... è un ragazzo apposto, mamma. Penso che lo trovereste simpatico. È molto più chiuso e riservato di Michael... E avresti dovuto vedere come parlava di lui, gli brillavano gli occhi. Ed è... io penso che sia molto solo, adesso.

L'ultima affermazione non è molto pertinente alla domanda che le è stata fatta, ma lo guardo triste e malinconico di Andy è una delle cose che Elena non dimenticherà tanto facilmente, insieme al silenzio della sua casa e all'enorme vuoto che sembrava esserci ovunque.

E i suoi genitori? – interviene suo padre.

Loro... loro non gli parlano da quando ha raccontato di Michael, l'hanno cacciato di casa e non vogliono più vederlo. – si accorge che la sua voce sta tremando e per un attimo capisce quanta paura debba aver provato suo fratello all'idea di fare coming-out.

Oh, povero ragazzo, deve essere orribile. Nessuno dovrebbe essere mai solo. – replica pacatamente sua madre.

Credo che Michael avesse paura proprio per questo. Sapeva come era andata ad Andy e temeva che anche noi potessimo...

Non riesce a completare la frase.

– Andy non mi ha raccontato nei dettagli come sono andate le cose, ma so che suo fratello ha provato a ricucire i rapporti e le cose non sono andate granché bene... – continua poi, tutto d'un fiato, cercando di trattenere le lacrime.

– Sai, da quando mi hai detto come stavano le cose, – la interrompe la donna, rigirando fra le mani il bicchiere ormai vuoto – ho pensato più volte a come avrei reagito se tuo fratello ci avesse parlato di sé. E...

Fa una lunga pausa e sospira.

– Non so, penso che all'inizio avrei avuto qualche dubbio, tante domande da fargli e qualche difficoltà ad abituarmi all'idea. Non so, forse una buona madre non dovrebbe fare così, ma so che poi l'avrei abbracciato forte e che avrei capito.

Una buona madre.

Elena non immagina cosa esattamente voglia dire esserlo. Non ci ha mai pensato, ma sa comunque che calarsi nei panni di sua madre, specialmente dopo tutto quel che è successo, è più difficile di quanto sembri. Ha a che fare con una donna che ha perso due volte suo figlio, così come lei ha inizialmente creduto che Michael fosse morto di nuovo quando ha scoperto tutto quello che le aveva nascosto.

Una buona madre capirebbe. Non posso credere che la madre di questo ragazzo non l'abbia fatto. Probabilmente non sa quanto è fortunata che suo figlio sia ancora vivo...

Suo padre passa un braccio attorno alle spalle della moglie, le sfiora la fronte con un bacio ed Elena sorride istintivamente a quella dimostrazione d'affetto, che le fa capire quanto i suoi genitori siano stati in grado di rimanere uniti anche dopo una disgrazia come l'incidente di Michael.

Si sente al sicuro come non le era mai successo prima: le sembra di essere ritornata la bambina che aveva paura del buio e che faceva i capricci perché non voleva dormire da sola. È a casa sua, con la sua famiglia e nulla di male può accaderle.

Poi... poi c'è un'altra cosa che non ti ho voluto dire al telefono, mamma.

La donna la guarda incuriosita e improvvisamente Elena ha paura di parlarle anche di Allie, Bea e della bambina che nascerà di lì a pochi mesi.

C'è... ci sono queste amiche di Michael e Andy, sono due ragazze e stanno insieme e... ecco, Michael aveva donato il seme per la fecondazione artificiale e adesso una di loro aspetta una bambina. Forse la conosci, si chiama Allie, mi ha detto che lei e Michael andavano al liceo insieme.

Sua madre resta a bocca aperta, al punto che Elena si pente immediatamente di averlo detto in quel modo spiccio.

Una bambina? – chiede suo padre.

Sì... L'avrebbero cresciuta loro due, anche se Michael e Andy avevano promesso di occuparsene.

E questo non era troppo da nascondere? – la voce di suo padre suona leggermente alterata e sua madre gli poggia una mano sul braccio per calmarlo.

Elena può capire il suo stupore e anche quel pizzico di disappunto che sente nella sua voce, lo stesso che ha provato lei quando si è resa conto che, a conti fatti, Allie era incinta di Michael e che si trovava di fronte all'ennesima omissione da parte del fratello.

Non... non lo so. Il fatto è che Michael... Michael aveva intenzione di dirci che era gay prima di ripartire, solo che poi, quella sera...

L'incidente ha cambiato tutto.

Ha rivoluzionato le loro vite in maniera del tutto inattesa, più o meno come avrebbe fatto la rivelazione di Michael, con l'unica differenza che adesso lui non è con loro, come invece sarebbe potuto essere nella seconda ipotesi.

Non posso credere che mio figlio... Dio, quante cose ci ha nascosto? Davvero pensava che non avessimo fiducia in lui o che avremmo smesso di volergli bene?

È la seconda volta in tutta la sua vita che Elena vede suo padre sull'orlo delle lacrime, e la prima è stata al funerale di Michael. Fa impressione vedere un uomo come lui – alto quasi due metri e dalla corporatura imponente di chi ha fatto sport una vita intera – così vulnerabile. Il suo sguardo è triste, aveva un ottimo rapporto con Michael e di certo l'idea di non essere comunque stato preso a parte di certe confessioni, deve averlo ferito.

Tutti e tre hanno ancora troppe domande senza risposta che girano per la mente ed è difficile placare i dubbi senza che se ne presentino subito di nuovi.

Andy mi ha dato questo. – Elena cerca cautamente di cambiare discorso e mostra loro il cd con le fotografie che aveva messo in borsa – Ci sono delle foto di lui e di Michael. E dei video, credo.

Una parte della loro vita.

Sua madre rigira fra le mani quel cd come se fosse un tesoro prezioso e poi resta in silenzio a guardare ogni foto, a studiare i dettagli del viso di Michael, il modo in cui sorride dietro lo schermo del pc come se fosse reale e concreto, come se non se ne fosse mai andato.

Ad Elena, più che l'espressione di Michael, fa più tenerezza quella di Andy. Ha sempre l'aria un po' timida e sperduta, ma si vede chiaramente che è felice, i suoi occhi non hanno quella tristezza che vi ha letto quando si sono conosciuti e c'è qualcosa di commovente nel suo modo di cercare le mani di Michael come se potessero proteggerlo da ogni cosa.

Sono una bella coppia. – commenta sua madre, con un sorriso malinconico – È un po' strano vederli in questo modo, ma... si vogliono bene.

Parla di loro come se fossero ancora insieme, e questo dettaglio non sfugge ad Elena.

Sono piccoli miracoli, quelli che possono fare le fotografie.

Riescono ad annullare il tempo, lo spazio e anche l'assenza, anche se solo qualche secondo, il tempo di rendersi conto che il volto che hanno davanti non è altro che una proiezione del passato, che non ha consistenza che dovrebbe avere per essere davvero reale.

Eppure per un attimo pare di essere lì, ed ogni altra cosa – ogni altra disillusione – smette di avere importanza.

 

***

 

17 febbraio 2009

 

Oggi, mentre eravamo a mensa, è venuto il fratello di Andy.

L'ho riconosciuto dal modo in cui Andy si è irrigidito quando l'ha visto e da come abbia cercato in tutti i modi una scusa per evitarlo. Non ho idea di cosa si siano detti dopo che David mi ha chiesto di lasciarli da soli, ma più tardi, quando ero già tornato in laboratorio, è venuto a cercare me.

Mi ha chiesto se la mia famiglia sa che sono gay e quando gli ho risposto che non erano affari suoi, mi ha dato dell'egoista, perché è a causa mia che la sua famiglia ha voltato le spalle ad Andy e che se lo amassi veramente anche io avrei trovato il coraggio di affrontare la situazione, anche a costo di perdere tutto.

Forse ha ragione, anche se immagino che non abbia la minima idea di ciò che ha passato Andy e che non può essere una colpa, quella di amare qualcuno. Io non ho certo fatto nulla di male, sono stati loro a cacciarlo come se avesse confessato di aver compiuto chissà che omicidio.

Non sono riuscito a trovare le parole giuste per rispondergli, ho lasciato che continuasse a parlare di quanto vuole bene ad Andy e di quanto voglia solo il meglio per lui, poi gli ho detto che si era fatto tardi e che avevo del lavoro da sbrigare, così se ne è andato.

Avrei dovuto aggiungere che non erano affari suoi il mio rapporto con la mia famiglia, ma ci ho pensato solo dopo.

Andy non sa nulla di questa discussione, penso che ci resterebbe molto male se sapesse che suo fratello mi ha detto quelle cose. In qualche modo è ancora legato a lui e, nonostante gli attimi di tensione, so che gli ha fatto piacere rivederlo.

Credo che fra noi due, sia lui il più forte.

Non penso che basti essere più estroversi e socievoli per dare l'idea di essere coraggiosi. Ci sono momenti in cui mi sento solo un vigliacco, quando parlo con mia madre e penso a cosa direbbe se sapesse. E so che non potrei mai affrontare uno degli sguardi che David ha lanciato ad Andy quando l'ha visto insieme a me, se quello sguardo venisse da Elena.

Giustifico le mie bugie e le mie omissioni con la paura di non venire capito, ma è comunque un peso al cuore parlare con mia madre e tremare al pensiero che forse quelle telefonate non ci sarebbero se le dicessi la verità.

Tacere sembra la via più semplice per evitare i problemi e invece non fa altro che crearne sempre di nuovi, ma mi aiuta ad illudermi che in fondo, vada tutto bene così.

 

Andy si era ripromesso di non leggere più nulla dell'agenda di Michael, perché non gli andava di avere libero accesso a pensieri che lui aveva voluto tenere per sé. Eppure adesso è lì, seduto sulla dondolo del patio, con Luna accucciata ai suoi piedi e quel diario fra le mani, aperto su una pagina a caso.

Non avrebbe dovuto farlo, ma se l'è ritrovata davanti per caso, mentre cercava altro nel cassetto. No, in realtà una parte di lui sapeva esattamente che cosa stava cercando e come avrebbe finito per passare la serata.

Perché Michael non c'è più e adesso Andy ha bisogno di respirare ogni briciola rimasta di lui, non importa se scarabocchi su un diario o pensieri poco più articolati o una semplice lista della spesa scritta di fretta su un post-it.

Quello che ha appena scoperto, è un lato nuovo di Michael: non immaginava che David gli avesse parlato, né che stesse così male all'idea di non avere il coraggio di raccontare ai suoi genitori di essere omosessuale. È sempre stato abituato a vederlo allegro e sorridente anche quando le cose andavano storte, e ha sempre pensato che fosse lui a proteggerlo, mentre invece anche il suo compagno nascondeva un lato fragile che non gli aveva mai mostrato.

Ne hanno parlato a lungo, nel corso degli anni, ma Andy non credeva possibile che Michael arrivasse a pensare di essere un vigliacco o che avesse momenti di simile sconforto. E adesso avrebbe voglia di chiamare David e dirgli che non avrebbe mai dovuto provare ad impicciarsi né giudicare Michael per il modo in cui gestiva il suo rapporto con la famiglia. È arrabbiato e deluso dal fatto che in fondo anche suo fratello, nonostante i tentativi di riavvicinarsi a lui, abbia sempre disapprovato il suo comportamento esattamente come i suoi genitori e sua sorella.

È talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorge della macchina che accosta davanti casa sua, dei fari che si spengono e delle due figure che scendono restando qualche attimo immobili davanti al cancello. Solo quando suona il campanello, Andy alza gli occhi dal libro che ha iniziato a leggere dopo aver riposto l'agenda di Michael.

Quando riconosce David ed Eleanor, per un attimo resta interdetto, visto che l'ultima cosa che si aspettava era proprio una visita da parte loro, specialmente ad un orario così insolito come le dieci di sera.

Immagina già di cosa siano venuti a parlargli, e vorrebbe poter rientrare in casa ignorandoli, ma non è possibile. Oltretutto, continuare ad evitarli significherebbe scappare ancora, fare ancora una volta la figura di chi non sa affrontare le discussioni.

Con un sospiro va verso di loro e apre il cancello, salutandoli come se non si vedessero da un paio di giorni.

Da che ricordi è la prima volta che mettono piede in casa sua e non è nemmeno sicuro di aver mai dato loro il suo indirizzo.

Andy, finalmente riusciamo a vedere dove sei venuto ad abitare! – sua sorella, elegantissima come sempre, lo bacia su una guancia e lo precede verso l'ingresso, mentre David inserisce l'antifurto alla sua macchina.

Casa mia è sempre stata aperta, non mi sono mai mosso da qui. – replica Andy, stupendosi del tono acido che assume la sua voce.

Non eravamo nemmeno sicuri che fosse qui, sapevamo la zona e abbiamo chiesto qualche indicazione in giro. – gli spiega il fratello.

Andy ride con lui, ma dentro di sé è un po' amareggiato per il fatto di non essere stato in buoni rapporti con loro al punto che nemmeno avessero idea di dove vivesse.

Qualche commento di Eleanor sull'arredamento di casa e sui mobili, qualche affermazione sul tempo e sul caldo degli ultimi giorni, ma il ghiaccio non riesce comunque a rompersi.

Se mi aveste detto che sareste venuti vi avrei proposto di cenare insieme. – osserva Andy.

In realtà non lo avrebbe fatto, ma si ostina a mantenere quell'apparenza di educazione per nascondere la freddezza che vorrebbe mostrare.

Non credo ci saremmo arrivati, siamo usciti adesso dall'ospedale. – risponde David – Ma grazie comunque.

Ospedale? – chiede Andy, stupito.

Per quel che ne sa lui, l'ospedale dove dovrebbe essere ricoverato suo padre dista almeno cinquanta chilometri da lì e casa sua è totalmente fuori strada.

Nostro padre è ricoverato al Policlinico della tua università, non lo sapevi? – è la replica di David..

Non gliel'ho detto, deve essermi sfuggito questo dettaglio. – risponde Eleanor, tagliando Andy fuori dalla discussione, come se fosse invisibile.

Ah. – è il solo commento del fratello. – Sì beh, al Policlinico lavora un suo amico specializzato in cardiologia, quindi ha voluto che lo portassimo lì.

Forse faremmo meglio ad andare... – mormora Eleanor imbarazzata, dopo qualche minuto di silenzio. Probabilmente nessuno di loro tre vorrebbe essere alle prese con quella discussione.

Si alzano entrambi, mentre Andy resta seduto, a chiedersi il motivo di quella visita senza senso. Non hanno parlato di nulla, quattro convenevoli fra persone che non si direbbero legate dallo stesso sangue. E lui si sente a pezzi, ancora più di prima.

Si può sapere perché siete venuti? – mormora, mentre loro gli danno le spalle.

Volevamo sapere come stavi. – è la risposta di Eleanor.

Eleanor, smettila di trattarmi come se fossi un bambino, cazzo!

C'è la rabbia e la frustrazione di chi non si sente compreso, di chi capisce che le proprie domande sembrano talmente inutili da non meritare risposta, mentre invece per lui una risposta sarebbe vitale.

Lo so che siete qui per parlarmi ancora di nostro padre. Inutile che fate finta di nulla.

Senti, Andy... Non vogliamo insistere, ma ecco... davvero, dovresti ripensarci. È che... beh, sai com'è lui, no?

Sì che lo so.

L'ha scoperto sulla sua pelle, quanto possa essere crudele suo padre, con il rifiuto ostinato nei suoi confronti quando lui cercava di farsi accettare e tutte le serate passate ad invidiare Michael perché lui aveva una famiglia meravigliosa, che di certo avrebbe continuato a volergli bene anche se avesse parlato.

Non riesco a lasciarmi tutto dietro, voi non potete capirlo. E non sto facendo la vittima, solo, io... Non ce la faccio e basta.

Hai mai pensato che se tornaste a parlarvi, magari lui ammetterebbe che gli dispiace? Non merita davvero una seconda possibilità?

Non l'ha mai chiesta.

Andy odia essere così categorico, così freddo e anche così acido, non è nel suo carattere, ma non riesce a fare altrimenti.

Ciò che più gli fa male, è la speranza che David abbia ragione, che magari davvero c'è la possibilità che suo padre capisca come sta e che la sua non è una malattia, è solo un modo come un altro di amare.

Andy spera ancora in un abbraccio, tutto sommato, e sa che se quella speranza venisse disillusa ancora una volta, non reggerebbe al colpo.

Mi dispiace. – mormora, senza rivolgersi direttamente a nessuno.

Anche David ed Eleanor non sembrano avere nulla da dire, è evidente che la discussione non è andata affatto come si aspettavano. Forse avevano programmato tutto nei dettagli, pensando di lasciar prendere una piega diversa ai loro discorsi.

Per quanto vogliano provare ad avvicinarsi a lui, Andy sente i suoi fratelli incredibilmente lontani e distanti, specialmente se ripensa a quello che ha letto nell'agenda di Michael, al modo in cui anche David ha cercato, anche se in minima parte, di manovrarlo.

Una seconda possibilità non si nega mai a nessuno.

Probabilmente Michael gli direbbe così, soffiandogli dolcemente queste parole all'orecchio e poi baciandolo piano sulle labbra.

Andy non si sente del tutto pronto a seguire quel consiglio, forse perché non è bravo ad affrontare le situazioni difficili senza restarne troppo coinvolto e rischiare di rimanerne ferito.

Quando chiude la porta dietro David ed Eleanor, dopo averli salutati e aver promesso che proverà a ragionarci ancora, tutto quello che riesce a fare è sospirare e pensare che, se forse, prima o poi, riuscirà ad abituarsi alla mancanza di Michael, il vuoto lasciatogli dall'assenza della sua famiglia sarà sempre un dolore sordo in fondo al suo cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

_________

 

Parlare dei genitori di Michael non è stato semplice, lo ammetto. Forse è stato più difficile che entrare in sintonia con Elena (ricordate i miei problemi iniziali con lei?). Sono cose che non mi appartengono e a volte temo che l'immaginazione non basti a rendere la realisticità di certi sentimenti.

Comunque è stato strano scrivere di Elena che torna a casa. Nella storia sono passati una ventina di giorni circa, ma per scriverli ci ho messo quasi due anni e per dare una continuità al testo ho dovuto andare a rileggere certi punti che avevo persino dimenticato di aver scritto ^^ E sì, credo di essere cresciuta un po' anche io insieme ad Elena ed Andy,

Nel prossimo capitolo scopriremo se Andy deciderà di concedere questa seconda possibilità a suo padre e ammetto di avere ancora dei dubbi su come far andare le cose. Ho una certa idea, ma poi penso che mi lascerò guidare da Andy stesso, ecco.

Prima di chiudere, vi lascio i link a due shot pubblicate nei due mesi di non-aggiornamento di Stelle perdute, ovvero 4 flames of anger e Il ragazzo di nessuno, entrambe abbastanza angst ma credo che ormai ci siate abituati con me, no? ;)

Grazie, grazie mille del vostro supporto, delle vostre recensioni, delle vostre letture silenziose. Siete meravigliosi e, credeteci o no, siete anche una delle ragioni per cui condividere questa storia con qualcuno è così bello.

Un bacio,

Aika.

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Capitolo 23
*** Il tempo del perdono ***


Nuova pagina 1

Il tempo del perdono.

 

Cardiologia.

Il nome del reparto, scritto a lettere stampatello bianche su fondo blu su un cartello attaccato alla parete, dovrebbe essergli familiare, considerato che non è la prima volta che ci passa davanti. In fondo si tratta dell'ospedale nel quale ha fatto tirocinio per cinque anni, quindi Andy non riesce a spiegarsi perché all'improvviso gli sembra di trovarsi in un ambiente completamente estraneo.

Non è nemmeno convinto di ciò che sta facendo: ha ancora molti dubbi, e il terrore di rimanere pietrificato nel momento in cui suo padre dovesse respingerlo di nuovo quasi di impedisce di formulare pensieri coerenti.

Non è ancora riuscito a parlare nemmeno con Elena di quello che è successo. Ha ricevuto solo qualche messaggio da parte sua, e non gli è parso il caso di angosciarla raccontandole tutti i suoi problemi.

Andy, smettila di autodistruggerti. Non puoi rimanere da solo. Hai bisogno di qualcuno. – lo ha rimproverato Allie al telefono quando le ha accennato della visita dei suoi fratelli.

Qualcuno come la mia famiglia? Magari mi spediscono in un centro di riabilitazione e mi fanno dimenticare Michael convincendomi che sono etero e che non ha senso soffrire per un amore che non c'è mai stato?

Non dire così, Andy. Loro non...

Sì, che lo farebbero, posso assicuratelo. – ha tagliato corto, per non doversi sorbire le ipotesi dell'amica sul fatto che magari questa volta la sua famiglia sia disposta a parlare.

Non credo, sai? Dovrebbero avere proprio il cuore di pietra per giudicare la tua omosessualità anche dopo quello che è successo a Michael. Scommetto che invece vorrebbero un'occasione per riparare a tutto, per starti accanto.

Cazzo, è patetico. Non ho bisogno di loro.

Avrebbe voluto aggiungere che lui non è più un bambino di dieci anni che crede di aver bisogno dell'approvazione dei genitori per stare bene, ma non l'ha fatto, per non suonare troppo acido e testardo. Gli è sembrato di tornare ai primi giorni dopo la morte di Michael, quando passava le sue giornate chiuso in casa a fumare e si rifiutava di farsi consolare da chiunque, dicendo che stava bene.

Alla fine, inaspettatamente, è stata la signora Harris a convincerlo a riprovare di nuovo ad instaurare un dialogo con i suoi genitori.

Quando infatti Andy è andato a trovarla nella sua libreria per pagare l'affitto di casa, la donna, con i suoi modi dolci e comprensivi, è riuscita a farlo ragionare, dopo che lui, a grandi linee, le ha raccontato tutto ciò che è successo negli ultimi giorni.

I miei fratelli mi trattano come se fossi io il cattivo, si rende conto? Dopo tutto quello che mio padre mi ha detto, adesso sono io l'insensibile che non si preoccupa della sua salute! – si è lamentato Andy alla fine.

Raramente gli è capitato di essere così arrabbiato con qualcuno, visto il suo carattere calmo e tranquillo.

Lo so, Andy, però vedi, loro credono di avere ragione. Costruiscono i loro ragionamenti in base a ciò in cui hanno sempre creduto. Devi essere tu a spiegare che le cose non vanno sempre nello stesso modo!

C'è stato poi qualche attimo di silenzio, durante il quale Andy ha rimuginato su ciò che la signora Harris gli aveva appena detto, poi è stata lei a riprendere il discorso.

Sai Andy, a volte chiedere perdono può essere molto più difficile che concederlo. Probabilmente per la tua famiglia è così, per questo tocca a te mostrarti disponibile a rivederli, capisci?

E se anche questa volta va male? – ha chiesto Andy, con la voce che tremava.

Beh, vorrà dire che non hanno affatto idea del figlio meraviglioso con cui hanno a che fare. Saranno loro a perderci. – ha replicato pacatamente la signora Harris. – Mentre tu non potrai rimproverarti di aver negato loro una seconda possibilità.

Così, alla fine, Andy ha ceduto e, vietandosi di continuare a pensarci sopra, ha deciso di riprovarci di nuovo, sperando con tutto se stesso che le cose andassero meglio.

Adesso è lì che si aggira per il reparto cercando di capire dove possa essere ricoverato il padre, optando alla fine per chiedere informazioni ad un'infermiera, che gli indica una stanza proprio di fronte a lui.

Si aspetta – o forse un po' ci spera anche – che la donna gli dica che quello non è orario di visite ma non succede, così non ha più scuse per dirigersi verso la porta appena socchiusa. Nei pochi secondi che impiega per percorrere quel tratto di corridoio, gli passano davanti i pensieri più disparati, così velocemente che non fa nemmeno in tempo a coglierli.

Poi apre la porta e, dopo due anni e mezzo, si ritrova davanti i suoi genitori. Sua madre è seduta su una sedia accanto al letto del marito e legge una rivista, mentre lui è concentrato a guardare una partita di football sullo schermo della televisione che si trova di fronte al suo letto.

Per un attimo sembra che nemmeno si siano accorti che qualcuno è entrato nella stanza. Poi alzano entrambi gli occhi e Andy si ritrova con i loro sguardi addosso.

Mamma... – mormora, a voce quasi impercettibile. Per la tensione si ficca le unghie nei palmi delle mani e si morde le labbra.

Quasi gli sembra strano, sentire quel suono pronunciato dalla sua bocca e con la sua voce, come se non ci fosse più abituato.

Andy... ciao. – risponde la donna, abbozzando un timido sorriso. Nonostante il volto stanco, sua madre è identica a come la ricordava, elegante e raffinata sia nel vestire sia nel modo di porsi. Eleanor in questo le somiglia incredibilmente, mentre lui e David hanno più i tratti di loro padre.

Con tutta probabilità non si aspettavano affatto di vederlo lì, e Andy si chiede se sappiano che ha parlato con i suoi fratelli.

Papà... come ti senti? – chiede Andy, pronto a qualsiasi risposta.

Sto bene, al solito. Non è stato nulla di grave, ma sai com'è tua madre, si preoccupa sempre per ogni minima cosa! – risponde ironicamente l'uomo, invitandolo ad avvicinarsi con un cenno della mano. – Ma tu come sapevi che ero qui?

Mi ha chiamato Eleanor. E poi lei e David sono venuti a casa mia l'altra sera. – spiega brevemente, mettendosi le mani in tasca.

Si sente impacciato a stare di fronte a loro dopo tutto quel tempo che non li vede, ma contemporaneamente è come se quello fosse il posto naturale nel quale trovarsi, come se avesse riconquistato il suo ruolo di figlio all'interno della famiglia e questa cosa lo rassicura.

Perlomeno non l'hanno respinto, come si aspettava che succedesse.

Tu come stai? – chiede sua madre.

È la domanda più difficile alla quale rispondere. Non ha la più pallida idea di cosa i suoi genitori sappiano degli ultimi tre mesi e riallacciare i fili del discorso è un'impresa ardua. Non se la sente nemmeno di rispondere che va tutto bene, perché cercare di ricostruire un rapporto iniziando a raccontare delle squallide bugie non gli sembra la cosa migliore da fare.

Beh... ho passato dei periodi migliori, ecco.

Ha il nome di Michael sulla punta della lingua, perché se i suoi genitori gli chiedessero che cosa è successo, sarebbe naturale parlare di lui e della sua assenza. Allo stesso tempo però lo spaventa l'idea di pronunciare quel nome, perché non sa come loro potrebbero prenderla e trova altamente improbabile l'ipotesi che abbiano cambiato di punto in bianco opinione sulla sua omosessualità.

Cambia velocemente discorso, informandosi col padre dell'intervento che ha subito due giorni prima. Da lì la discussione si sposta velocemente ai suoi studi, alla laurea imminente e alla specializzazione che ha intenzione di prendere.

Mi mancavano i discorsi di medicina fatti con qualcuno che ne sapesse quanto me! – commenta suo padre ad un certo punto.

Non ha proprio detto che gli è mancato parlare con lui, ma Andy resta ugualmente colpito da questa cosa, iniziando a sentirsi davvero meno teso. E le cose stanno andando molto meglio di quanto avesse immaginato all'inizio, quasi non riesce a credere di essere in quella stanza con suo padre da più di mezz'ora e di non averci ancora litigato.

Certo, le parole che gli ha rivolto in passato fanno ancora male, se ci pensa, e avrebbe voluto che per prima cosa il padre gli chiedesse scusa o perlomeno si mostrasse pentito, ma poi, ripensandoci, si rende conto che affrontare un discorso del genere richiede calma e tranquillità e già il fatto che si siano rivisti è un grosso passo in avanti.

Oh, ma è quasi l'una, l'orario delle visite è finito da un pezzo! – osserva sua madre, alzandosi per recuperare la borsa. Andy la osserva affaccendarsi attorno al marito e chiedergli più di una volta se ha bisogno di qualcosa.

No, stai tranquilla, sono a posto così! E poi torni stasera, no?

Sì, certo, ma tu ricordati di chiamarmi in caso di emergenza! – replica la donna. Ad Andy viene istintivamente da sorridere nel vederla così apprensiva.

Ma figurati, cosa vuoi che succeda? – replica ancora suo padre.

Puoi restare a casa mia, se vuoi, mamma. – si intromette Andy.

Non sa nemmeno lui come gli sia venuto in mente di dirlo, per una volta l'istinto ha avuto la meglio sui suoi pensieri estremamente razionali e ha parlato prima di rendersene conto. Probabilmente qualche mese – o anche settimana – prima non si sarebbe mai azzardato a proporre una cosa del genere, troppo perso nel suo dolore per riuscire a pensare agli altri, mentre adesso gli viene quasi spontaneo pensare come prima cosa alle provviste che ha in casa per cucinare qualcosa di decente a sua madre, nella speranza che accetti il suo invito.

Così... così se papà ha bisogno di te, possiamo venire subito qui! – aggiunge, come a dare una spiegazione.

La sua è un po' una richiesta, un modo per riallacciare i rapporti più saldamente e anche per non rimanere di nuovo da solo. Come a volere avere la certezza che quello che si è appena svolto non sia stato un incontro sporadico, quanto la base per riprendere a parlarsi.

Sì beh, se non è un disturbo...

Anche lei sembra un po' restia nell'accettare quell'invito.

È una buona idea, non vale la pena fare tutta quella strada se qui abbiamo l'appoggio di nostro figlio. – le fa notare il marito, guardando finalmente Andy dritto negli occhi.

Per la prima volta ad Andy sembra di vedere nel suo sguardo l'ombra del pentimento per come si è comportato nei suoi confronti, anche se ha paura che si tratti solo dell'ennesima illusione. L'ha definito di nuovo loro figlio, segno che forse questa volta il suo non è stato un tentativo andato a vuoto.

Anche sua madre sembra felice di vederlo, sollevata dal fatto che sia stato lui a fare il primo passo e che adesso sia lì. Nonostante sia stato un suo pensiero fisso nei giorni precedenti, adesso Andy non riesce più a pensare che non meritino tutto ciò che ha fatto, troppo preso dal modo repentino in cui sono cambiate le cose.

Più tardi, mentre guarda dallo specchietto retrovisore la macchina di sua madre che segue la sua per trovare la strada di casa, Andy non riesce ad impedire ad un sorriso impercettibile di farsi strada sul suo volto al pensiero che forse, in fondo, tutto si può davvero sistemare.

 

***

 

Da quando è tornata a casa, Elena non ha sentito Andy al telefono nemmeno una volta. Si sono scambiati qualche messaggio sul cellulare, ma soltanto per accettarsi l'un l'altro di stare bene. Sono stati giorni strani, quelli del ritorno alla realtà, Elena ha avuto finalmente modo di rimettere in ordine le idee e di rielaborare quanto Andy le ha raccontato.

Un po' le mancano i giorni passati con lui, si è sentita meno sola in compagnia di qualcuno che, come lei, si è ritrovato improvvisamente senza coordinate nelle quali incasellare la propria vita.

Michael le manca sempre allo stesso modo, ma nei momenti più acuti di nostalgia le basta abbracciare uno dei ricordi di Andy per smetterla di pensare a cose troppo tristi. Prima ancora che glielo chiedessero, ha raccontato ai suoi genitori tutto quello che ha appreso da Andy, ed è stato un sollievo vederli accettare con serenità ciò che Michael ha nascosto loro per anni.

Le piacerebbe che ci fosse un modo per dire a suo fratello che non aveva alcun motivo di temere la reazione della sua famiglia ad un eventuale coming-out, e l'impossibilità di potergliene parlare è quello che in assoluto la fa stare peggio.

Quanto ad Andy, gli ha promesso che non sarebbe sparita e che di certo si sarebbero sentiti, ma, ogni volta che prende il telefono per comporre il suo numero, viene colta da un senso di inadeguatezza ed ansia, quasi dovesse telefonare all'estraneo che il giovane era all'inizio, piuttosto che all'amico che è diventato in pochi giorni.

È un po' come se avesse paura che parlarsi senza guardarsi negli occhi inibisca in qualche modo la conversazione, li intimidisca e li metta a disagio. Forse sono solo paranoie, e il miglior modo per scacciarle via è fare quella telefonata e assicurarsi che la sua amicizia con Andy sia ancora uguale a com'era solo due giorni prima.

Alla fine, quando decide di telefonare, tre giorni dopo essere tornata a casa, lo fa senza pensarci su due volte. Compone il numero velocemente, quasi come se avesse paura di pentirsene. Ogni squillo la fa sobbalzare e, solo quando sente la voce di Andy, si tranquillizza.

Andy, ciao, sono Elena. Come stai? Ti disturbo?

Elena! Ciao, non disturbi affatto! Ti avrei telefonato io domani, credo. Ho avuto un po' da fare in questi giorni. – è la sua replica, calma ed amichevole.

Hai ripreso a studiare come un matto? – lo prende in giro la ragazza, ricordando tutti quei libri e fogli di appunti che ha visto in giro per casa sua.

Non... non proprio. Ecco, non immaginerai mai cos'è successo e chi c'è adesso di là in salotto!

Chi?

Un attimo di silenzio che riesce a metterla in agitazione.

Mia madre. Ho rivisto lei e mio padre, proprio stamattina! L'altro giorno, dopo che te ne sei andata, mi ha telefonato mia sorella e mi ha detto che mio padre aveva avuto un principio di infarto e che l'avevano ricoverato al policlinico dell'università. Alla fine ho deciso di andare a trovarlo.

Tace, come se si aspettasse un suo giudizio.

Oddio, ma è... beh, non ho parole, davvero! E com'è andata?

Bene, immagino. Perlomeno non mi hanno cacciato via. Adesso mia madre resta qui fino ad oggi pomeriggio e boh, credo che parleremo un po' come non succede da anni.

Sono davvero felice per te, Andy! Cioè, no... – si corregge Elena subito dopo – Mi dispiace che tuo padre sia stato male, però ecco, almeno vi siete rivisti!

Io non ci volevo andare, a dire la verità! Non è stato semplice convincermi, avevo paura che le cose andassero storte. – ammette Andy con un lieve sospiro.

Elena è contenta che si stia confidando con lei come se avesse a che fare con una normale amica: tutti gli interrogativi che si era posta prima di telefonargli si sono dissolti grazie alla scioltezza con la quale hanno iniziato a parlare.

Beh, ti capisco. Da quel poco che mi hai raccontato, le cose non devono essere state semplici... – osserva.

Già. Però alla fine sono contento di averlo fatto. E non solo perché in fondo è andata meglio di quanto immaginassi. È che... beh, credo che un paio di mesi fa non avrei mai avuto tutto questo coraggio. – spiega Andy.

Continuano a parlare del più e del meno per qualche minuto, accantonando l'argomento più importante della discussione. Andy racconta di come Luna sembri perfettamente in grado di comprendere che lui ha bisogno di svagarsi e di come riesca sempre a distrarlo con le sue trovate, ed Elena ride, stupendosi di come adesso le loro discussioni non ruotino più sempre attorno alla stessa cosa.

Sai che avevo pensato di darla in adozione? Fortuna che alla fine non ho sparso troppo la voce, credo che mi sarei pentito di una cosa del genere.

Il fatto che ci abbia ripensato o comunque non si sia impegnato per perseguire il suo intento mostra come in effetti le cose siano cambiate dal giorno in cui l'ha conosciuto.

Elena non può fare a meno di chiedersi se il loro incontro abbia più o meno influito in questo suo mutare personalità. Per quello che ha visto è rimasto sempre introverso e abbastanza taciturno, ma non si è più comportato in maniera brusca e scostante come la prima volta che si sono visti.

Credo che Michael sarebbe molto orgoglioso di te. – gli dice Elena, poco prima che si decidano a riattaccare.

Per la storia di mio padre, dici? Lo pensi davvero? – la voce di Andy è stupita.

Sì, ne sono sicura. Sei stato molto forte, più di quanto tu stesso possa immaginare! E di una cosa del genere non puoi che andare fiero! – annuisce la ragazza

Lo immagina sorridere, dall'altro lato del telefono.

Grazie, grazie davvero. Senti, però adesso è meglio che torni di là, ho lasciato mia madre in soggiorno, si starà chiedendo che fine ho fatto... E grazie per avermi telefonato, Elena.

Figurati, non l'ho fatto prima perché avevo paura di disturbarti! – Elena si stringe nelle spalle, rassicurandolo poi sul fatto che si sentiranno presto e augurandogli buona fortuna per la sua situazione familiare.

Quando posa il telefono sul tavolo, è sollevata per aver di nuovo stabilito un contatto con Andy. Inoltre è anche rassicurata dal fatto che lui stia tutto sommato abbastanza bene e poi si chiede se davvero riuscirà a tornare ad avere un buon rapporto con i suoi genitori.

Le stelle perdute non sono destinate a stare da sole per sempre, ha letto un giorno nell'agendina di Michael, devono solo riprendere a brillare per trovare una costellazione che voglia prendersi cura di loro.

Ed Andy, dal momento in cui ha cominciato a fare del suo meglio per uscire dalla depressione in cui era piombato, è forse la prova che Michael non si sbagliava affatto.

 

***

 

Andy rientra in soggiorno proprio nel momento in cui sua madre sta guardando una fotografia che lo ritrae insieme a Michael. Si tratta di quella che Andy tiene sul tavolino davanti al divano, ed è una anche delle prime che Elena ha visto quando è arrivata a casa sua.

È lui? – chiede semplicemente la donna, senza fare alcun altro riferimento esplicito. Poggia la cornice con delicatezza e lo guarda negli occhi.

Sì.

Si sente improvvisamente a disagio, come se non avesse le parole per rispondere alle domande che sicuramente sua madre gli farà. Come se non ne avesse voglia, perché Michael è qualcosa di troppo intimo e bello per essere raccontato a qualcuno che non ha mai nemmeno tentato di capire cosa volesse dire per loro essere innamorati.

Eleanor mi ha raccontato di quello che è successo. – continua la donna – Mi dispiace.

Ve l'avrei detto spontaneamente, se avessi pensato che vi sarebbe davvero dispiaciuto. – replica Andy.

E magari mi avreste aiutato a superare tutto questo dolore.

Andy, non dire così, non puoi mettere in dubbio una cosa del genere. Era un ragazzo giovane, e anche se non abbiamo approvato che steste insieme, questo non vuol dire che...

Improvvisamente Andy vorrebbe tornare indietro e non averla mai invitata a casa sua: doveva immaginare che i discorsi si sarebbero inevitabilmente concentrati su Michael, e forse si sentiva anche abbastanza pronto per affrontarli, invece non è così.

Non riesce a riconoscersi nei momenti in cui, per una inconscia forma di autodifesa, diventa così aggressivo, sempre sulla difensiva, come se non fosse per nulla disposto ad ascoltare punti di vista differenti dal suo.

Perché non mi avete detto di andarmene quando mi avete visto? – chiede, sistemandosi gli occhiali con un gesto nervoso.

Avremmo dovuto farlo? Era questo che volevi? – replica sua madre, stupita.

Era quello che mi aspettavo. – ammette Andy.

Oh, Andy, perché?

Riesce quasi a percepirlo, quel muro che lo divide da sua madre. Vorrebbe tenere le braccia verso di lei e chiederle di abbracciarlo, cancellare via tutti i dissapori e le incomprensioni che li hanno divisi nel corso degli anni, ma c'è qualcosa che glielo impedisce, mille dubbi che gelano qualsiasi tentativo di riavvicinamento.

Mamma, io non ho smesso di essere gay solo perché Michael non c'è più. – precisa, perché più di ogni altra cosa odia anche solo pensare che i suoi genitori non l'abbiano scacciato poiché erano a conoscenza della morte di Michael e sperano dunque che lui sia guarito. – Se pensate che mi sia passata e per questo vi va bene che...

Non sei cambiato affatto, tesoro. – sua madre sorride, comprensiva. Sentirsi chiamare in quel modo gli mette i brividi, era tanto tempo che non succedeva e le lacrime che gli pizzicano gli occhi mostrano quanto la cosa lo sorprenda.

Dici? – si accende una sigaretta, nella speranza che lo aiuti a smorzare la tensione.

Già. Sei sempre sulla difensiva, come se gli altri dovessero sempre avercela con te! – spiega la madre – Ma davvero, Andy... pensi che io e tuo padre non ne abbiamo mai parlato in questi anni?

Avremmo dovuto parlarne insieme, mamma. Invece per papà è stato più semplice dirmi di andarmene di casa e di farmi curare!

Ha agito di impulso e, anche se non l'ha mai ammesso, si è pentito di essersi comportato in quel modo.

Perché lo difendi?

Perché so come ci si sente a... a sentirti crollare il mondo sotto ai piedi, Andy. Non è stato facile accettare.

Ha sentito talmente tante volte parlare di accettazione che quasi non ce la fa più. Eppure, per una volta, riesce a mordersi la lingua in tempo prima di parlare e resta in silenzio ad ascoltare ciò che la donna ha ancora da dire.

– Ci abbiamo messo molto tempo a metabolizzare tutto. Forse abbiamo sbagliato, forse in tutto questo non c'è nulla da capire e abbiamo perso più tempo a vergognarci di ciò che sei piuttosto che a chiederci se eri felice. E abbiamo sbagliato.

Vede sua madre sotto una luce completamente diversa, sta facendo un discorso che, stando almeno a come sono andati gli incontri con Eleanor e David, non avrebbe mai pensato di sentire.

– Anche... anche papà la pensa così?

Perché avete aspettato che fossi io a riavvicinarmi?

Sarebbero rimasti ad aspettare in eterno che fosse lui a fare il primo passo, se suo padre non si fosse sentito male? Andy non sa come reagire, se da un lato il fatto che abbiano capito – anche se dopo molto tempo – lo tranquillizza, dall'altro lo ferisce che sia toccato a lui, ancora una volta, fare il primo passo.

– Credo di sì, ma è una cosa di cui dovrai parlare con lui. Ci sarà il tempo, vedrai.

Andy non è certo di averli completamente perdonati per come l'hanno fatto stare nel corso degli ultimi due anni. Non sa se davvero le parole del padre gli sono scivolate via dalla pelle senza lasciare cicatrici, o se il silenzio condiscendente di sua madre se dei suoi fratelli sia ancora così pesante da sopportare.

In tutta quella confusione però, non riesce a fare a meno di sentirsi sollevato per l'aver ritrovato la sua famiglia: ci vorranno tanti piccoli passi per ricostruire tutto quello che è stato spezzato, ma una volta tanto è ottimista a riguardo.

– Mi sei mancato, Andy. – le parole di sua madre sono quelle che fanno crollare la cortina di diffidenza con la quale voleva proteggersi.

La replica è repentina, tre parole soffocate contro la sua spalla, e qualche lacrima liberatoria, mista a rancore sciolto contro una muta richiesta di perdono. E ancora dolore, per l'assenza indelebile di Michael, lacrime dai troppi significati per poterli analizzare uno ad uno.

E finalmente, qualcuno da cui farsi veramente sostenere.

– Anche tu... mamma.

 

 

 

 

 

 

______

 

Buonasera a tutti ^^

Come sono andate le vacanze? Le mie sono state noiosissime, quindi spero che non abbiate seguito il mio esempio *rolls*

Eccoci qui, a due/tre capitoli dalla fine di questa storia ^^ Ancora non so se ci saranno due capitoli più l'epilogo, dipende tutto se riuscirò a concentrare tutto quello che ancora manca in un solo capitolo, magari più lungo del solito, o se invece dovrò dividere tutto in due parti ^^ Vedremo, insomma ^^

Non sono molto convinta (as usual) di ciò che è venuto fuori dall'incontro fra Andy e sua madre, non so se ho calibrato bene i toni o se risulta tutto troppo irreale o veloce. Di certo so che doveva andare in questo modo, lo so da quando ho iniziato a scrivere questa storia ^^

L'immagine che ho scelto è vagamente simbolica, rappresenta un po' Andy e il suo liberarsi dalle sue angosce e paure ^^

Spero che mi facciate sapere cosa ve ne è parso, sapete che ci tengo tantissimo <3

Prima di concludere vi segnalo una storia che ho scritto questo mese per un contest, si chiama "Ci porterà via il mare" ed è ambientata nella seconda metà degli anni Cinquanta nella mia Sicilia ^^

Un bacio a tutti,

Aika.

 

PS questo mese mi concentrerò per finire Stelle Perdute, quindi per un po' ho accantonato "Basta solo guardare le stelle" nel caso qualcuno di voi la seguisse, spero mi perdonerete ^^

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Capitolo 24
*** Andy - I giorni più strani ***


Andy – I giorni più strani.


 

Andy ha sempre avuto uno strano rapporto con i pranzi in famiglia.

Da piccolo li detestava con tutto il suo cuore, visto che ogni volta era costretto a rimanere seduto a tavola mentre tutti quei grandi, spesso e volentieri colleghi di suo padre, parlavano di lavoro e di cose che lui non riusciva a capire.

In quelle occasioni si sentiva un pesce fuor d'acqua, e si annoiava terribilmente, finendo per stringere i pugni sotto al tavolo nella speranza di poter compiere chissà quale magia e far terminare tutto nel più breve tempo possibile.

Col passare degli anni, le cose non erano affatto migliorate e, anzi, alla noia si era anche aggiunta un po' di insofferenza per tutte le volte che era costretto a tornare a casa dall'università per un motivo o per un altro e gli toccava sorbirsi quei pranzi interminabili.

Paradossalmente, è stato quando ha litigato con suo padre che ha cominciato a sentire la mancanza di quelle noiose giornate. In fin dei conti si trattava di un rituale che in qualche modo contribuiva a ricordargli che una famiglia – per quanto molte volte vi si trovasse a disagio – ce l'aveva.

Le domeniche sono diventate improvvisamente vuote, senza quelle scuse da inventare per saltare un qualsiasi pranzo, senza Michael che lo prendeva in giro per quel suo continuo brontolare e ostinarsi a protestare ogni volta che non aveva voglia di andare dai suoi genitori.

Senza Michael.

Quando sua madre, al telefono, lo ha invitato a tornare a casa per due giorni – O tutto il tempo che vorrai, si è premurata di aggiungere subito dopo – Andy non si è subito reso conto di quale fosse la domenica che gli aveva chiesto di trascorrere insieme.

Solo dopo aver riagganciato, gettando uno sguardo al calendario, ha visto un numero cerchiato di rosso.

Dodici settembre.

Ha imparato ad odiare quel numero, ad evitare di pensarlo, di collegarlo in qualche modo a Michael. Ogni dodici del mese, ad eccezione di quando c'era Elena con lui, l'ha trascorso sdraiato sul divano a leggere un libro, fissando il vuoto e rivivendo attimo per attimo quelli che dovevano essere stati gli ultimi istanti di vita di Michael, tre mesi prima.

Sembrano tanti, tre mesi.

Se li conta in giorni diventano novanta, e sembrano crescere ancora.

Eppure, per Andy, non saranno mai abbastanza gli anni, i mesi e i giorni, non pensa di potersi davvero abituare al fatto che Michael non c'è più.

O forse sì, si è reso amaramente conto del fatto che pian piano non avrà più nulla da voler per forza raccontare a Michael, che in qualche modo non sarà più necessario mandargli un messaggio per chiedergli di andarlo a prendere all'uscita dal tirocinio.

Imparerà a fare a meno della necessità di averlo accanto, anche se ci saranno sempre i giorni in cui il dolore si farà sentire più forte delle altre volte e si lascerà trasportare dai ricordi.

Forse è questo, quello che fanno le ferite quando si rimarginano, cercano di fare a meno di quel poco di pelle saltata via, ma il segno delle cicatrici è sempre lì a ricordare qualcosa di diverso c'è.

Tre mesi letteralmente scivolati dalle dita, come un soffio, come un niente. Tre mesi che Michael non è più tornato a casa e tre mesi che Andy sente di vivere solo a metà.

Le ultime due settimane sono passate in fretta, scandite dalle telefonate di sua madre, dal suo continuo aggiornarlo sulle condizioni di salute del padre e dal suo sintetico resoconto di giornate divise fra il lavoro e gli ultimi ritocchi alla tesi.

– Stai bene, Andy? Non sarai troppo stanco? – chiedeva la donna con voce preoccupata.

– Sto meglio, mamma, tranquilla. – rispondeva lui, sbuffando e poi sorridendo appena, ripensando alla nostalgia che aveva avuto negli anni di quell'apprensione materna e di quanto fosse strano adesso riabituarcisi.

C'è differenza fra stare bene e stare meglio, ma sua madre sembra non aver colto quella sfumatura, non indagando oltre.

Alla fine, quella domenica mattina è arrivata.

Prima di uscire da casa per tornare dai suoi, ha ricevuto una telefonata di Elena che, pur senza affrontare esplicitamente la discussione, gli ha ricordato che sono passati tre mesi dalla morte di Michael.

– Più tardi andiamo a... trovarlo. – gli ha annunciato, con voce neutra, senza curarsi di specificare di chi stesse parlando, perché proprio non c'era bisogno.

Per un attimo Andy ha decontestualizzato quelle parole e ha immaginato Michael vivere in un posto fisicamente lontano da casa di Elena, un posto dove effettivamente fosse possibile andare a trovarlo e prendere un caffè insieme.

– Un girasole. – ha mormorato poi.

– Cosa?

– Un girasole. Portagli un girasole da parte mia. A lui piacevano tanto. – ha risposto, riferendosi alla copertina del diario di Michael – Cioè, forse lo sai meglio di me, ma...

– D'accordo, lo farò! – ha risposto Elena, senza dargli il tempo di aggiungere altre spiegazioni a quella richiesta – Prima o poi però dovresti venire anche tu. Se... se ti va, ovviamente. Se te la senti.

Andy ha sorriso al modo in cui Elena si è corretta da sola, quasi avesse avuto paura di osare troppo, mentre invece quella sollecitazione lui la stava un po' aspettando, perlomeno inconsciamente.

È stata la prima volta che l'idea di andare a casa di Michael non gli è sembrata poi così assurda.

Elena, e anche i suoi genitori nonostante non li conosca, sembrano essere bendisposti, e questo non può che renderlo meno titubante in proposito, dandogli quel coraggio di cui avrebbe bisogno per fare i conti con quell'evento così doloroso.

– Dopo la laurea, sì. Credo che potrei farlo.

– A mamma farà piacere, continua a chiedermi di te e...

E di Michael.

Elena non ha continuato quella frase, ma Andy sa che era questo il senso della sua affermazione.

Non può evitare di fare il confronto con la sua famiglia, che sembra essere disposta ad accettarlo solo adesso, dopo anni di silenzio.

Eppure gli va bene così, l'importante per lui è che adesso siano disposti a parlare e quel pranzo, per quanto gli metta ansia, sembra essere l'occasione giusta per ricucire i rapporti. Magari è lui ad essere troppo prevenuto e davvero le cose stanno lentamente cambiando in meglio, in fondo sono due settimane che suo padre è uscito dall'ospedale e che sente i suoi genitori quotidianamente.

Non può andare sempre tutto male.

Michael lo diceva sempre, quando entrambi erano sotto stress per via dello studio o avevano problemi di qualsiasi genere, e ad Andy piaceva lasciarsi cullare da queste parole, spesso seguite da un abbraccio e da un bacio sul collo.

Quando finalmente parcheggia sul vialetto davanti casa, Andy si sente disorientato.

I due anni passati dall'ultima volta che vi è tornato non sono poi molti, ma adesso sembrano un'eternità, un muro di ricordi che lui non possiede, come se una parte della sua vita non sia mai esistita.

Non riesce ad immaginare che effetto gli farebbe essere lì con Michael, magari stringendo la sua mano e presentandolo come il suo compagno alla famiglia.

Quando sua madre gli apre il portoncino di casa, Andy fa fatica ad entrare dentro, a riprendere confidenza con quello che una volta era il suo mondo. Non nota nessun sostanziale cambiamento nell'arredamento del salone, forse qualche quadro spostato, ma nulla di più, niente di davvero diverso a quando ha chiuso l'ultima volta la porta dietro di sé.

David è il primo a fare un passo in avanti per salutarlo, seguito da sua moglie Karen, che si si avvicina con in braccio il figlioletto di due anni, Jack.

– Ciao, Andy, è bello vederti! Jack, tesoro, saluta lo zio Andy, dai! – la donna scosta una ciocca di capelli dal viso del bimbo e lo bacia su una guancia paffuta.

Di lui, Andy ha pochissimi ricordi: era nato poco prima che lui litigasse con la sua famiglia, ed era riuscito a vederlo solo poche volte, ancora nella culla, quando non faceva altro che mangiare e dormire tutto il giorno.

Si sente impacciato quando lo prende in braccio, quasi non avesse mai avuto a che fare con un bambino. Jack invece, nonostante praticamente non lo conosca, è perfettamente a suo agio, contento di ricevere le attenzioni di un nuovo adulto.

Tio. – Jack gli tira i capelli e cerca di afferrargli gli occhiali per gioco.

– Ehi, giovanotto. Sei diventato grande, eh?

Gli sorride e lo coccola un po', facendogli qualche domanda alla quale riceve risposte formulate in un linguaggio tutto strano, che lo fa ridere insieme a tutti gli altri.

Il primo pensiero, mentre lo guarda giocare seduto sul tappeto del pavimento del salotto, è come potrebbero essere le cose se accanto a lui, un giorno, potesse esserci anche Michelle. La cosa lo fa sorridere,e si ritrova a sperare che possa succedere, perché significherebbe che Michael, o quantomeno la sua memoria, è stata veramente accettata.

Salutare suo padre è stata la cosa più difficile, per quanto continui a sforzarsi, Andy non riesce ad essere naturale, temendo che si capisca quanto sia teso e quanto stia fingendo che vada tutto bene.

Il pranzo procede senza alcun intoppo ed Andy continua a chiedersi quando arriverà il momento di affrontare l'argomento che rimandano ormai da settimane, se arriverà o se anche questa volta rinunceranno con un tacito accordo, nella speranza di solidificare il rapporto sulla base di silenzi che cementifichino ogni lite passata.

Sembra che nessuno abbia voglia di parlarne, ogni tanto c'è qualche attimo di silenzio, qualche sguardo che gli fa presagire che forse è arrivato il momento della verità, ma poi non succede nulla.

Inizia a pentirsi di aver sperato davvero che le cose potessero cambiare, la sensazione è quella di aver lasciato ancora una volta che avessero la meglio su di lui.

Jack sembra l'unico a trattarlo con naturalezza, forse perché a tre anni è solo estremamente eccitato dalla presenza di un nuovo adulto a cui mostrare le sue prodezze. Andy gli sorride mentre ascolta i suoi fantasiosi racconti su ciò che fa all'asilo, poi però la sua espressione si incupisce nuovamente quando ripensa al fatto che sia cambiato poco o nulla rispetto a prima.

Solo più tardi, quando il pranzo è finalmente terminato e lui è salito in quella che una volta era la sua stanza, forse nel maldestro tentativo di ristabilire un contatto con quell'ambiente che gli sembra così estraneo, arriva il momento che Andy attendeva da troppo tempo.

– Credo che dovremmo parlarne.

Nel sentire la voce del padre alle sue spalle – non si era accorto che era entrato e che lo stava guardando già da qualche secondo – Andy trattiene un attimo il respiro, come se attendesse una nuova condanna ed un nuovo esilio. Gli verrebbe spontaneo chiedere ironicamente di cosa devono parlare, da dove cominciare, ma Andy non riesce a non sentirsi nervoso e l'ultima cosa di cui ha voglia è fare osservazioni sarcastiche.

Non sa nemmeno come rispondere a quell'osservazione, la tentazione di rovesciargli addosso tutto il suo rancore per l'essere stato praticamente abbandonato e poi costretto a fare il primo passo per la riconciliazione è forte, eppure Andy ripensa a quanto gli ha detto la signora Harris e si morde la lingua.

Poi, improvvisamente, basta guardare un attimo suo padre negli occhi, per accorgersi del fatto che nemmeno lui sa come parlare. E questo fa paura, considerato che è sempre stato in grado di sapere cosa dire o cosa fare al momento giusto, anche sbagliando.

Dev'essere stato orribile. L'incidente, voglio dire. E tutto il resto.

Nemmeno pronuncia il nome di Michael, ma Andy si rende conto – forse per la prima volta – che sta tentando disperatamente di non fare passi falsi.

Adesso sei tu che devi insegnargli a capirti, Andy.

Ancora una volta ricorda le parole della signora Harris, deglutisce e poi risponde.

– Esattamente com'è perdere la persona che si ama.

– Lo so, Andy. Il tuo compagno... lo amavi. – la constatazione è più che ovvia, ma sembra come se l'uomo stia lentamente prendendo coscienza, come se abbia poco a poco fatto i conti con l'omosessualità del figlio e sia riuscito a venirne a capo.

– Già.

– Mi dispiace non averlo capito subito, Andy.

Quelle parole lo fanno definitivamente crollare: sente i suoi occhi riempirsi di lacrime e, letteralmente, crolla fra le braccia di suo padre, dimenticando in un attimo tutto quello che ha passato.

Sa che l'uomo, per carattere, non riuscirà a dirgli nient'altro, ma il fatto che abbia capito, anche se dopo anni, dopo averlo rifiutato nel peggiore dei modi, non può farlo restare ancora impassibile.

– Va... va davvero bene? – chiede, quando riesce a calmarsi quel tanto che basta a non balbettare mentre parla, sottintendendo con quelle parole una richiesta di pace che proprio non riesce a formulare.

Non ricorda di aver mai pianto davanti a lui, forse solo qualche volta, quando era piccolissimo e si era fatto male giocando, la sensazione è quella di essersi spogliato del muro che si è costruito attorno per difendersi ed essere tornato inerme e fragile come una volta.

Come se certe cose, a dirla tutta, non fossero mai cambiate, e lui non fosse tanto diverso dal bambino che piangeva perché si era sbucciato un ginocchio e voleva che qualcuno lo consolasse.

– Sono io che dovrei chiederlo a te, Andy.

– Non lo so. Vorrei solo continuare ad essere me stesso.

Senza che nessuno mi accusi ancora, senza dover lottare ancora, perché sono stanco e ho bisogno di smetterla di difendermi.

Sente di non avere la forza nemmeno per spiegare a suo padre tutto quello che avrebbe voluto dirgli dopo essere stato cacciato di casa, e da parte dell'uomo avverte lo stesso senso di inadeguatezza.

Forse di parole, di altre spiegazioni, non c'è bisogno, forse l'unica risposta è lì, in quell'abbraccio che Andy – pur non ammettendolo mai davvero – ha sempre desiderato.

Chiedere perdono è più difficile che perdonare, diceva la signora Harris, e adesso Andy ne capisce davvero il significato. Suo padre forse non gli chiederà esplicitamente scusa, ma ce la sta mettendo tutta per riparare agli errori che sa di aver commesso.

E, a piccoli passi, Andy sa che presto cominceranno a camminare verso la stessa direzione.

 

***

 

 – Fumi ancora?

Dopo la discussione avuta col padre, Andy ha deciso di andare a rifugiarsi in giardino, dove continua a rimuginare sulle parole dell'uomo, su quel suo strano modo di chiedergli scusa per quello che gli ha fatto e su come le cose stiano rapidamente cambiando.

Si sente talmente destabilizzato – troppe emozioni, per uno come lui, abituato a gestirle e catalogarle minuziosamente una per una – che vorrebbe tornare a casa, ma ha promesso alla madre di rimanere almeno fino al mattino dopo. Non può nemmeno inventarsi un impegno dell'ultimo minuto, quindi deve rassegnarsi a rimanere dai suoi anche se la cosa non lo mette del tutto a suo agio.

La voce di David lo fa sobbalzare un attimo, ma poi Andy abbassa lo sguardo e fa scattare l'accendino, senza rispondere.

Mh. – mugugna, dopo aver fatto il primo tiro.

– Non dovresti. Sei o non sei un medico? – ride David.

– Michael me lo diceva sempre. – replica Andy, come se quella risposta fosse dettata da un riflesso automatico. Michael. Michael è sempre lì, nei suoi pensieri e non riesce a fare a meno di parlarne come se fosse ancora vivo – Ho deciso che smetto dopo la laurea, comunque. O dopo... dopo che questo periodo di merda sarà finito.

Non aggiunge un laconico se finirà ma il senso delle sue parole è quello.

– Ti ricordi quando ti ho beccato a fumare la prima volta e ti ho costretto a lavare i piatti tre settimane di fila al posto mio per non dire nulla a papà?

– Eri uno stronzo. – Andy abbassa nuovamente lo sguardo e ridacchia.

– Mi preoccupavo per i tuoi polmoni! – si difende David, alzando le mani in segno di resa.

– Già. E per cosa ti preoccupavi quando sei andato da Michael a dirgli che era un egoista per non aver fatto coming-out in famiglia?

Può vederlo sgranare gli occhi dalla sorpresa e per un attimo, solo per un lungo attimo, giurerebbe persino che stia provando vergogna per quel gesto.

– Come... come lo sai?

– Lo... lo so e basta. Perché l'hai fatto?

Sono giorni che pensa e ripensa al modo più adatto per formulare quella domanda. Di David, nonostante tutto, si fidava, e l'ha ferito il fatto di aver scoperto che aveva provato ad intromettersi nella vita sua e di Michael.

– Davvero non ti dava fastidio il fatto che non volesse dire di voi alla sua famiglia? – è la risposta tranquilla del fratello.

– Erano affari nostri. Ne abbiamo parlato migliaia di volte, cosa credi? Tu non avevi alcun diritto di andare a parlare con lui.

A ripensarci, Andy ricorda benissimo tutte le volte in cui aveva parlato con Michael dell'eventualità di fare coming out. Qualche volta ne avevano discusso finendo per litigare perché Andy pensava che fosse un rifiuto legato al fatto che Michael non ritenesse la loro storia così importante dal valere il rischio, ma poi, dopo essere stato scacciato dalla sua famiglia, aveva capito a pieno tutte le paure del suo compagno.

– Come potevo chiedergli di parlare dopo quello che era successo a me? Avrei dovuto pretendere che rischiasse di mandare a puttane il rapporto con la sua famiglia?

– Tu l'hai fatto. Ci hai detto la verità e sei stato onesto.

– Bella cosa, a saperlo sarei rimasto in silenzio. – è la replica amara di Andy, che proprio non capisce dove il fratello voglia andare a parare – David, certe cose le fai per te stesso, non per dimostrare qualcosa a qualcuno. Michael mi amava, ma il rapporto con i suoi non era affar mio, e men che meno tuo.

– Mi dispiace. Ho... ho esagerato.

La replica di David lo sorprende, per un attimo pensa che sia un modo repentino per chiudere il discorso, ma guardandolo negli occhi si rende conto che è sincero.

Ha sentito troppe volte le parole mi dispiace, comincia quasi ad esserne stanco, perché ad ognuno di essi corrisponde qualcosa che l'ha fatto stare male, e lui non vuole più aspettare una richiesta di perdono che lenisca ogni ferita.

Semplicemente, vorrebbe non avere più ferite.

– Credevo di farlo per te. Pensavo di poterti aiutare.

– Sono sempre stato il più piccolo, giusto? – sorride amaramente – Quello a cui bisognava insegnare come cavarsela.

– Lo so che ho sbagliato, Andy, lo so da sempre. Però è stato più forte di me, volevo sapere... che tipo fosse. Se fosse la persona giusta per te.

– Non mi sembra tu abbia mai fatto il terzo grado ai fidanzati di nostra sorella.

– Che c'entra? Lei... la sua situazione è diversa.

Andy rinuncia a chiedergli che cosa intenda, se si riferisca al fatto che lui sia omosessuale, o se sia un'affermazione legata al carattere di Eleanor, decisamente più forte e combattiva di loro due messi insieme.

– Sai, quando è morto, nessuno è venuto a chiedermi come stavo, nessuno, solo le nostre due amiche che sapevano di noi. Ed è stato come se non fossi mai esistito nella sua vita. Credo di non aver mai sentito così tanto il peso della solitudine come in quei momenti. – confessa, abbassando lo sguardo, senza che ci sia un particolare collegamento col discorso che stavano facendo.

Per la prima volta gli viene spontaneo confidarsi col fratello, come se sentisse la necessità di dirgli quelle parole.

David non fa in tempo a replicare – e Andy ha l'impressione che nemmeno saprebbe come farlo – perché li raggiunge Eleanor, che li cercava entrambi per chiedere loro se avessero voglia di un the o di un caffè.

Ed è nel momento in cui sono tutti e tre insieme, vicini, che Andy cerca il coraggio di provare a sistemare le cose anche con loro.

– Ecco... probabilmente avevate ragione entrambi. Ho... ho parlato con papà. Sono riuscito a dirgli metà delle cose che volevo, però sembra che le cose siano apposto. – ammette, scandendo bene le parole, come se pronunciarle con lentezza potesse fargli guadagnare tempo – E non so, forse però ho ancora paura.

David ed Eleanor lo guardano incuriositi ed Andy non sa se, adesso che ha la loro attenzione, sia più facile o difficile andare avanti.

– Ho paura che continuiate a pensare che la mia omosessualità sia stata solo una fase, e che adesso che Michael è morto posso tornare normale.

Eleanor gli posa una mano sul braccio e gli sorride con una dolcezza che di solito non le appartiene.

– Non lo pensiamo. Andy, lo so che nessuno di noi l'ha presa bene e che hai sofferto molto, ma adesso le cose sono cambiate.

– E non voglio nemmeno stare qui perché vi faccio pena o perché sapete che sono solo, adesso. – prosegue lui, testardamente.

Nonostante il dolore, ha ancora l'orgoglio a sostenerlo, quell'ostinata convinzione di potercela fare senza chiedere aiuto.

– Non ti viene in mente nemmeno per un attimo che vogliamo starti accanto perché sei nostro fratello? – sorride ancora sua sorella scendendo con la mano fino a stringere la sua.

Andy si stringe nelle spalle, per non ammettere che, in passato, ha davvero pensato che i legami di sangue, per la sua famiglia, non valessero davvero nulla e che l'essere figlio o fratello non lo avrebbe mai riscattato dalla colpa di essere omosessuale.

– Certo che sei il solito testardo! – lo prende bonariamente in giro David.

– Non è questione di essere testardo... o forse. Cioè... non lo so. La verità è che mi è sempre stato difficile credere che potessi tornare ad essere di nuovo parte della famiglia perché avevo paura di illudermi troppo e che alla fine mi sarei solo ferito ancora.

Nemmeno lui sa più se ciò che sta dicendo è giusto o sbagliato, ma la sensazione è quella di non essere più estraneo a quell’ambiente come si è sentito la mattina appena arrivato sul vialetto di casa e che questo lo fa sentire bene, nonostante la paura che si tratti solo di una cosa effimera.

– Faremo del nostro meglio perché non accada, Andy. Te lo prometto. Devi solo fidarti di noi. Di noi e dei nostri genitori. – lo incoraggia David.

Suo fratello sa quanto sia difficile per lui fidarsi di qualcuno, ma stavolta è Andy stesso a sorprendersi quando, a voce bassa, mormora:

Ci proverò, d’accordo.

Forse questa promessa la deve un po’ anche a Michael, pensa Andy, perché è lui che gli ha insegnato che fidarsi degli altri non è necessariamente una debolezza, e che tutti, prima o poi, possono dimostrare di aver meritato davvero una seconda possibilità.



____________


Stavolta niente sproloqui, credo che il capitolo abbia parlato da sé ^^
Questo è il terzultimo aggiornamento di Stelle Perdute, e un po' mi piange il cuore (anche se allo stesso tempo non vedo l'ora di finire), sapete?
Ho pure l'ansia, perché non so quanto i comportamenti di Andy e famiglia siano coerenti, quindi fatemi sapere ^^
Un grazie immenso a chiunque mi stia leggendo, seguendo, recensendo (e in contemporanea ascolta i miei lamenti su FB). Siete meravigliosi, 
Aika

 

NB se avete tempo, mi farebbe piacere che leggeste "In bocca il sapore della polvere" una one-shot che parla di un amore omosessuale nato fra due ragazzi iraniani, l'ho scritta con tutto il cuore e riflette le difficili condizioni di vita di ragazzi che sono praticamente nostri coetanei, ma ai quali è davvero vietato tutto, persino ascoltare la musica che amano.

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Capitolo 25
*** Nuova luce negli occhi ***


Nuova luce negli occhi.

 

(Ad Elisa: buon compleanno tesoro, e grazie di sostenermi sempre)





Quando Elena ha raccontato a sua madre della futura nascita di Michelle e di come biologicamente sia figlia di Michael, non si sarebbe mai aspettata che quella notizia avrebbe dato nuova luce agli occhi di sua madre.

Non che inizialmente la donna non ne sia rimasta stupita o destabilizzata ma, a conti fatti, ha reagito alla cosa con molta più tranquillità di Elena stessa, che invece ci ha messo un po' a metabolizzare tutto.

Anche se non sarebbe stato Michael ad occuparsene, sarebbe rimasta sua figlia, non si sarebbe preso una responsabilità simile accettando di mettere al mondo un bambino lavandosene poi completamente le mani. – ha sentenziato la donna, alla fine del racconto di Elena.

Paradossalmente è stata lei a spiegarle che, da qualsiasi prospettiva avessero potuto guardare le cose, alla fine il risultato sarebbe stato sempre quello, una bimba da amare e della quale prendersi cura, anche per conto di Michael stesso.

Ad Elena la donna fa tenerezza, è chiaro che cerca un modo qualsiasi per distrarsi dal pensiero di aver perso Michael, un pensiero che non l'ha mai abbandonata un istante, nonostante abbia sempre cercato di mostrarsi forte e in grado di superare quel dolore.

La ammira per il modo in cui ha cercato di rimettere insieme i cocci della loro famiglia andata a pezzi dopo la morte di Michael. Forse, se non ci fosse stata lei, suo padre non avrebbe mai smesso di colpevolizzarsi per aver aiutato il figlio a comprare quella moto che desiderava da tanto, ed Elena stessa non sarebbe riuscita a trovare la forza di riprendere la sua vita e forse nemmeno avrebbe avuto l'occasione di scoprire e rintracciare Andy.

Il modo in cui la donna sta affrontando la perdita di Michael la sorprende ogni giorno di più. Sa benissimo che nessuno reagisce in modo uguale di fronte al dolore, ma vederla così forte era una cosa che proprio non si aspettava.

Non l'ha vista piangere quasi mai e anzi, quando è capitato a lei di sentirsi particolarmente triste e di lasciarsi andare, è sempre stata pronta a consolarla, nonostante anche i suoi occhi diventassero lucidi ed Elena potesse chiaramente indovinare quanto profonda fosse la ferita infertale da quella disgrazia. A volte le è capitato di trovarla a fissare con lo sguardo perso nel vuoto un punto indefinito della stanza in cui si trovavano, ma non l'ha mai sentita esternare il suo dolore in maniera plateale.

Negli ultimi giorni non hanno fatto altro che guardare e riguardare il cd con le foto e i video che le ha regalato Andy, commentandole insieme e raccontandosi a vicenda qualche frammento di Michael, stupendosi ogni volta di più di come sia possibile avere la possibilità di ascoltare ancora la sua voce nonostante lui non sia più fisicamente con loro.

Una foto, fra tutte le altre, l'ha emozionata particolarmente: ci sono lui ed Allie che ridono, e la mano del giovane è poggiata distrattamente sulla pancia dell'amica, come se volesse proteggerla. Elena immagina che lui stesse per baciarla scherzosamente su una guancia, visto che lei sembra ritrarsi e quando scopre che la data dello scatto risale a qualche settimana prima della morte del fratello, quasi ha voglia di piangere.

Quel dettaglio non è solo una minuzia qualunque, Michael sapeva sicuramente che Allie è incinta, e in qualche modo voleva proteggerla, anche se si trattava solo di una fotografia.

All'improvviso ha voglia di sapere come sta Allie. Più che un desiderio un bisogno, la necessità di stabilire un altro contatto che la aiuti a non perdere di vista il mondo in cui viveva Michael.

Quando lo chiede ad Andy, la prima volta che riesce a chattare con lui, la risposta la fa sobbalzare.

Sta bene, tranquilla, io e Bea ci prendiamo cura di lei. Ma perché non le telefoni e non le chiedi di persona come sta?

A quell'eventualità Elena non ha mai pensato. O forse sì, solo che le sembrava una cosa così improbabile da non averla mai presa in considerazione, nonostante sia dell'opinione che Allie sia un tipo molto più estroverso di Andy, del quale è stato difficile guadagnarsi la fiducia.

Forse quando, in preda all'emozione di aver ascoltato per sbaglio i messaggi sulla segreteria di Michael, si è imbattuta in Andy si è trattato di un fatto fortuito e irrazionale, che le ha permesso di non chiedersi neanche per una volta come avrebbe potuto rispondere quello sconosciuto ad una chiamata improvvisa.

Con Allie, adesso, è tutto programmato, in un certo senso

L'ansia che la coglie appena il telefono inizia a squillare è pari più o meno a quella provata quando ha telefonato ad Andy la prima volta dopo essere tornata a casa, quando già un po' lo conosceva e sapeva con chi aveva a che fare. Non può fare a meno di sentirsi un'estranea, qualcuno che a forza pretende il diritto di entrare nelle vite di qualcuno solo perché un fratello che adesso non c'è più ne faceva parte.

Solo la voce della ragazza, serena e rassicurante, riesce a sciogliere ogni tensione e a tranquillizzarla, ed è in quel momento che Elena è sicura di aver fatto la cosa giusta telefonandole. La donna si dimostra subito molto cordiale e le parla come se la conoscesse da sempre, abbattendo da subito quel muro di diffidenza che Elena pensava le avrebbe divise.

Mamma dice che si ricorda di te, sai? – dice la ragazza ad un certo punto.

Certo che deve ricordarsi di me, passavo giornate intere a casa vostra... – la replica di Allie, immediata, è allegra, come se stesse pensando a qualcosa di bello. – Tua mamma fa ancora quelle crostate deliziose? Michael diceva che era l'unico modo per convincermi a passare il pomeriggio con lui.

Sì, le fa ancora. – conferma Elena, cercando di immaginare Allie e Michael insieme, i volti e i gesti da adolescenti, le mille chiacchiere fatte insieme, un'amicizia consolidatasi nel corso degli anni fino al punto di progettare un figlio.

Senti, io... le ho raccontato di Michelle, spero non ti dia fastidio... – azzarda Elena, incerta, dopo un attimo di silenzio.

No, tranquilla, hai fatto bene... Era... Era suo diritto saperlo, anche Michael gliel'avrebbe detto, ne sono sicura. E poi, non ti ricordi? Ti avevo chiesto io se per te e la tua famiglia andava bene il fatto che chiameremo così la bimba.

Sai, non me lo aspettavo, ma lei è... ne è contenta, in un certo senso. Pensi che sarà un problema per te e Bea fargliela conoscere?

Un attimo di silenzio, che Elena interpreta come un'esitazione.

D'improvviso si rende conto che forse si è spinta troppo oltre: se è vero che Michael avrebbe comunque avuto libero accesso alla vita di Michelle, sarebbe stato comunque affare suo, anche se avesse informato lei e i suoi genitori dell'intera storia. Loro, però, non possono pretendere di avere gli stessi diritti o comunque di intromettersi nella vita di due ragazze che non conoscono.

Ehi... Allie?

Forse preferirebbe che la linea cadesse, in modo da non avere risposta a quella domanda, o perlomeno per avere il tempo di prepararsi a riceverla. Si rende conto di essere diventata molto più ansiosa di com'era prima che Michael morisse, sospesa fra la paura di dire o fare qualcosa e l'impulsività di farla e poi pentirsene. È una sensazione fastidiosa, che non riesce a scacciare nemmeno ripetendosi più volte che Allie non ha certo intenzione di mangiarla, una sensazione che ha già provato quando ha avuto a che fare con Andy le prime volte che ha parlato con lui.

Sì, Elena, scusami, ci sono. Comunque non penso ci siano problemi per questo. Quello che conta è che Michelle sia felice, no?

Certo! – risponde Elena, felice di non essere stata respinta.

Di' ciao a tua madre da parte mia. – Allie sembra esitare nel fare questa richiesta, quando alla fine stanno per salutarsi.

Certo, lo farò! E tu salutami Bea, mi raccomando!

Si congeda da lei con la promessa di un'altra telefonata, di un altro filo rosso che possa legarle un po' di più. In fondo, pensa Elena, non è stato difficile. Difficile è superare l'imbarazzo di sentirsi di troppo, ma poi le parole sono venute da sole, scivolate con una facilità che nemmeno immaginava.

Per la prima volta dopo mesi, si chiede se con Michael sarebbe stato altrettanto facile parlare. Immagina per un attimo come sarebbero andate le cose se avesse scoperto quell'agendina o quelle chiamate in segreteria con Michael ancora vivo, come sarebbe stato guardarlo negli occhi e chiedergli una spiegazione.

O ascoltare la sua voce che – di spontanea volontà, così come aveva intenzione di fare – raccontava di come si fosse innamorato di quel suo coinquilino un po' taciturno, scoprire come erano andate le cose dal suo punto di vista e vedere anche i suoi occhi illuminarsi pronunciando il nome di Andy. E scoprire il modo in cui la sua voce fosse suonata nel conferirgli la giusta identità, non solo quella di amico, ma quella di persona amata.

Di questi desideri irrealizzabili, Elena ne ha formulati a migliaia, negli ultimi mesi, e sa che ancora e ancora continuerà a farlo, specialmente nei momenti in cui meno se lo aspetterà, quando magari starà pensando ad altro e il nome di Michael apparirà nei suoi pensieri perché in realtà non sarà mai stato sepolto del tutto.

E lo stesso faranno sua madre, suo padre, Andy e tutte le persone che erano abituate alla presenza di Michael nella loro vita: la sua assenza, lo spazio vuoto che ha lasciato, resterà incolmabile e vuoto, e guardare il mondo senza di lui sarà sempre un colpo al cuore, una ferita che il tempo, forse solo col suo scorrere inesorabile, riuscirà solamente a lenire, ma mai a cancellare del tutto.


***


Quando legge la notifica della mail del professor Connor, Andy resta per un attimo senza fiato.

Gli ha mandato il lavoro di tesi completo solo quattro giorni prima e non riesce a credere che l'uomo abbia già avuto il tempo di leggerlo. Poi, prima di cliccare per aprire il messaggio, viene colto dal timore che magari Connor voglia comunicargli che gli è bastato leggere solo poche righe per rendersi conto che il lavoro è tutto da rifare e che quindi dovrà rifare tutto di nuovo e rimandare la laurea.

Sono poche parole quelle che gli appaiono davanti agli occhi, semplici e concise:


Ho letto il suo lavoro, venga pure nel mio studio domani così potremo parlare delle minime modifiche che dovrà apportare.

James Connor.


Chiude gli occhi e scuote la testa all'indietro, sospirando: quella conferma è come essersi tolto un grosso peso dal cuore, è la consapevolezza di essere riuscito a fare qualcosa di buono nonostante tutto quello che ha passato.

Gli sembra quasi di sentire la voce di Michael, la sua risata e un Te l'avevo detto che ti preoccupavi per nulla mormorato a fior di labbra, prima di regalargli un bacio. E ha voglia improvvisamente di piangere per scaricare tutta la tensione accumulata, tanto che qualche lacrima riesce a scorrergli per le guance senza che lui possa fermarla.

Insieme a Michael, Andy ha immaginato centinaia di volte come sarebbe stato il giorno in cui avrebbe avuto la certezza di potersi laureare, giorno che, secondo Michael, sarebbe stato persino più bello di quello della laurea in sé, visto che per lui era stato così.

Michael gli aveva promesso che avrebbero festeggiato insieme quel traguardo e gli era era stato vicino quando aveva iniziato la tesi, leggendo persino un primo abbozzo di lavoro, pur non capendoci praticamente nulla.

Invece adesso, alla fine, Andy ha ricevuto l'aiuto dell'ultima persona al mondo a cui avrebbe immaginato di ottenerlo.

Suo padre.

L'uomo infatti, forse nel tentativo di ricucire un rapporto con lui, gli ha chiesto di poter leggere il suo lavoro ed Andy, nonostante all'inizio credesse che sarebbe stata la solita scusa per farlo sentire inferiore e fosse quindi titubante, ha accettato, rimanendo poi di stucco nel ricevere i suoi complimenti.

Gli sembra di aver raggiunto una piccola vittoria personale, di aver dimostrato a se stesso di farcela da solo, di aver raggiunto qualcosa che temeva di non meritare e di doversi conquistare mostrando a chiunque di essere all'altezza.

Mentre cerca nell'armadio dei vestiti per il giorno dopo, gli capita fra le mani una delle poche cose che considera un vero e proprio portafortuna, ovvero il camice da medico che Michael gli ha regalato quando ha compiuto ventiquattro anni.

Sarebbe un camice come tanti altri, se non fosse pieno di disegni colorati, che Michael aveva realizzato facendosi aiutare dai bambini del reparto dove faceva volontariato, ed Andy, pur sapendo che con tutta probabilità non potrà indossarlo, dovendo preferire un camice più istituzionale, lo custodisce come un tesoro prezioso.

Quel camice è il simbolo della fiducia che Michael aveva in lui e, col passare del tempo, Andy ha imparato a portarlo sempre con sé, nascosto magari in fondo alla borsa, quando aveva qualche esame importante, in modo che potesse portargli fortuna, nonostante di fondo non sia un tipo superstizioso.

Proprio per questo, ancora una volta, decide di riporlo ancora una volta dentro una tasca nascosta della sua tracolla, come se in quel modo ci fosse una parte di Michael a seguirlo anche al termine del suo percorso di studi.

È un altro pezzo della sua storia con Michael, quell'indumento, legato ad un altro frammento della loro vita insieme. Toccarne il tessuto, sentirne la consistenza fra i polpastrelli, lo fa tornare indietro a quel giorno di metà aprile di un anno e mezzo prima, quando Michael lo aveva svegliato di prima mattina, prima di uscire per andare a lavorare, per augurargli buon compleanno.

La risposta di Andy a quel saluto era stato un borbottio incomprensibile, accompagnato dalla volontà di rigirarsi dall'altra parte per rimettersi a dormire.

– Andy, sono le otto e mezza, hai lezione alle dieci, te ne sei scordato? – gli aveva mormorato Michael ad un orecchio, distendendosi poi accanto a lui e accarezzandogli la fronte. – E... buon compleanno, amore. – aveva concluso con la voce che si addolciva sulle ultime due parole.

– Mh, sì. Adesso mi alzo. – aveva aperto gli occhi e aveva incontrato quelli del compagno, che gli aveva sorriso. – E comunque avevo intenzione di dormire un po' di più, stamattina, mi hai svegliato e ti odierò per sempre. – si era lamentato poi, stropicciandosi gli occhi.

– Impossibile, non potresti mai odiarmi. – replicò Michael con un sorriso malizioso. – E comunque potresti anche ringraziare per gli auguri, sai? Che ho fatto di male per trovarmi un fidanzato così...

– Così perfetto? – aveva ridacchiato Andy, sporgendosi per baciarlo sulle labbra.

– Così irascibile. E così puntiglioso. E adesso anche così vecchio.

– Guarda che tu sarai sempre due anni più grande di me, quindi vedi di parlare di meno, altrimenti potrei iniziare a cercarti una dentiera. Sai com'è... l'età avanza...

– Ehi attento a come parli... – Michael gli aveva puntato il dito contro, fingendosi offeso.

Erano finiti a fare battaglia con i cuscini, prima che Michael bloccasse i polsi di Andy contro il materasso per impedirgli di muoversi e prendesse a baciarlo sul petto e sulla pancia, fermandosi appena sopra l'elastico dei boxer.

– Devo darti il mio regalo! – aveva poi esclamato, rialzandosi e rispondendo alla muta richiesta di Andy, che avrebbe voluto che continuasse, con un: – Per questo ci sarà tempo stanotte, giuro!

Gli aveva dato una busta bianca ed Andy era rimasto incredulo nel ritrovarsi quel camice tutto disegnato, senza capire in un primo momento che era stata di Michael l'idea di colorarlo in quel modo, con tonalità che spaziavano un po' per tutti i colori.

– Beh, è una cosa che ti avevo promesso, no? – gli aveva spiegato l'altro – Pare che sia vero che i bambini siano meno intimoriti dai dottori che indossano camici dai colori sgargianti. È un modo per guadagnarsi la loro fiducia.

Andy aveva annuito con un mezzo sorriso, forse vagamente sorpreso dal fatto che Michael si fosse ricordato di una cosa che gli aveva promesso tanto tempo prima.

– In realtà non so se potrai mai usarlo, questo qui, però insomma, ci tenevo che ne avessi uno colorato da me.

Era stata un'altra dimostrazione di quanto Michael ci tenesse ad incoraggiarlo e a stargli accanto. Aveva fatto tantissimi di questi piccoli gesti, specialmente da quando Andy aveva rotto con la sua famiglia ed era rimasto da solo.

Quei giorni erano i giorni che ancora Andy sperava di ricevere una telefonata dai suoi genitori, aveva sperato che si ricordassero del suo compleanno, che almeno gli mandassero un messaggio, ed era rimasto tutto il giorno a guardare il telefono, aspettando che squillasse. Quel regalo era stato in grado di farlo sorridere e fargli dimenticare il suo desiderio più grande, anche se solo per poche ore.

E stasera usciamo, non pensare che ti lascerò passare questa giornata sui libri. – erano state le sue parole prima di uscire di casa.

Andy non era riuscito ad opporsi davanti a quella iniziativa, così effettivamente la sera aveva lasciato gli appunti sparsi sul tavolo della cucina e aveva permesso a Michael di trascinarlo fuori casa senza fare troppe storie.

Solo adesso, a distanza di un anno e mezzo, dopo aver letto il suo diario, Andy capisce che con tutta probabilità Michael voleva fare di tutto per non fargli rimpiangere l'aver mandato a monte il rapporto con i suoi. Voleva essere degno, voleva che il loro amore valesse davvero la pena di fare certe scelte.


E invece verrà davvero un tempo in cui io diventerò paradossalmente più grande di te, perché adesso è solo il mio tempo a scorrere, mentre il tuo si è fermato per sempre.

Come diventerò, senza di te? Se mi guardo allo specchio non riesco ad immaginarmi fra dieci o quindici anni, vedo solo questo presente che non vuole lasciarmi andare e che mi trafigge con le spine dolorose della tua assenza.

Come sarei adesso se non ti avessi mai conosciuto o se non mi fossi innamorato di te?

Sai, nonostante i momenti bui, ci sono delle volte che penso che che la mia vita stia tornando a posto, Michael. Lo sai quanto ci tenessi a laurearmi, a raggiungere ogni obiettivo che mi ero posto, e adesso ce l'ho quasi fatto.

La mia vita, nel giro di tre mesi, è cambiata in maniera radicale, così come nessuno potrebbe mai aspettarsi, al punto che mi sembra quasi di viverne un'altra, Michael.

L'unica cosa che non è normale, in questo nuovo mondo, è che tu non ci sei e, ogni volta che ci faccio caso, penso che in fondo non ci sia nulla che sia veramente a posto, anche se cerco di convincermi che sia così solo per trovare il modo di andare avanti e smetterla di guardare indietro a quando tu eri con me.


Quando la mattina dopo va all'università, è come se vivesse una sorta di déjà-vu: ha percorso quei corridoi centinaia di volte, eppure l'ultima volta che è stato lì è impressa a chiare lettere nella sua mente. Aveva conosciuto Elena solo da qualche giorno e non avevano trovato il modo di intendersi, tanto che avevano quasi finito per litigare.

E l'Andy che quel giorno era andato all'università era un Andy diverso, molto più cupo e insicuro circa il suo futuro. Aveva passato intere notti a chiedersi se non fosse il caso di mollare tutto, di chiudere con quel sogno del quale non era più certo di essere all'altezza.

Adesso invece, Andy si sente orgoglioso di se stesso per non aver desistito, per aver cercato di rialzarsi e per essersi aperto nei confronti di Elena, che in fondo non voleva fare altro che stargli accanto.

Tutte queste cose non può spiegarle al professor Connor, ma l'uomo sembra accorgersi con una sola occhiata che c'è qualcosa di diverso in lui.

– Buongiorno, Evans. La trovo meglio, rispetto all'ultima volta che ci siamo visti.

E se lui, che è un totale estraneo e non sa nulla di quello che è successo, è riuscito ad accorgersene, vuol dire che con tutta probabilità è vero.

– Io... Sì, più o meno.

Il professore lo invita a sedersi e poi cerca nel suo computer il file che contiene la tesi di Andy.

– Spero non abbia ancora quell'insensata idea di lasciare perdere tutto proprio adesso. – sorride poi, distendendosi contro lo schienale della sua poltrona e girandosi verso di lui.

– No, no... è stata solo una fase. L'altro giorno ho fatto i test per la specializzazione.

– E com'è andata?

– Non lo so, spero bene... Non era difficile come temevo. – replica Andy, ripensando alla prova sostenuta solo qualche giorno prima.

– La sua tesi è esattamente tutto ciò che mi aspettavo da una persona precisa e puntuale come lei. Non sono solito sbilanciarmi, non mi piace che i miei studenti si montino la testa, ma davvero, mi ha colpito molto. Poi credo di aver capito che non abbia lavorato in condizioni ottimali.

– No, infatti...

Ha scritto quel lavoro quasi tutto di notte, cercando di scacciare via i brutti pensieri concentrandosi solo sul ticchettare della tastiera e sulla costruzione di un testo scientifico, freddo e razionale, che dei suoi sentimenti non avrebbe avuto bisogno. Solo formule, teorie e postulati, nessuna affettività, nessuna necessità di mettere in gioco se stesso e le sue emozioni.

– Le ho evidenziato alcuni passaggi da correggere, ma nel complesso va davvero molto bene. Complimenti.

Gli porge la mano e si congeda da lui accompagnandolo alla porta.

– Mi faccia sapere quando ha corretto tutto, magari ci rivediamo per gli ultimi dettagli, d'accordo.

– Certo, professore. A presto.

Il colloquio non è durato nemmeno cinque minuti, non si aspettava che le cose sarebbero state così veloci, tanto che medita di andare a far visita alla signora Harris, per raccontarle delle ultime novità e delle sensazioni che sta vivendo.

Il corridoio del Dipartimento di Fisica non gli fa più la paura che gli aveva fatto l'ultima volta che c'era passato, riesce a percorrerlo senza sentire le mani che gli tremano anche se, passando davanti a quello che era l'ufficio di Michael, i brividi gli percorrono la schiena all'idea che lui non sia lì dentro.

Ha appena raggiunto la macchina e sta per entrarci quando il suo cellulare inizia a squillare.

– Andy, sono Bea. Dove sei? – dall'altro capo del telefono la ragazza non gli dà nemmeno il tempo di rispondere. La sua voce sembra preoccupata, tanto che Andy per un attimo ha un brutto presentimento.

– Sono appena uscito dall'università, dovevo vedere il professor Connor. Ma che succede?

– Allie ha le doglie, la sto accompagnando in ospedale. Puoi raggiungerci? Oddio, non so nemmeno dove sto andando...

L'amica è chiaramente confusa, forse per l'emozione del momento. La sente imprecare contro un malcapitato ciclista e suonare il clacson furiosamente.

– Io... sì, certo. Ci vediamo all'ingresso, ci vado subito a piedi, non è lontano da qui.

Sente l'amica che, in sottofondo, urla per il dolore e poi la sua voce lo raggiunge.

– Oddio Andy, che faccio? – la immagina mentre strappa il telefono di mano a Bea, poi la sente respirare forte e ancora urlare – Fa malissimo. Ah...

– Dai, Allie. Respira, stai calma. Respira. – Andy è certo che nemmeno ai suoi professori sia mai capitato di tranquillizzare al telefono una donna che sta partorendo e si rende conto che non è così facile come sembra. Se fosse con lei potrebbe contare sul contatto fisico, come l'accarezzarle i capelli o stringerle la mano, ma così si sente vagamente incapace.

Come cazzo fai a dirmi di stare tranquilla se il dolore mi sta uccidendo? – è la replica di Allie, quasi sconvolta.

Andrà tutto bene. Davvero, Allie. Andrà tutto bene. – è la replica di Andy che, seppur in quegli attimi concitati, non perde la calma.

Perché, stavolta, ne è davvero sicuro.

Andrà tutto bene.

 

 

 

 

__________

 

Sì, sono un disastro, con questi aggiornamenti, ma giuro che entro due settimane avrete l'epilogo *incrocia le dita sperando di farcela*.

E in realtà non ho molto da dire a proposito di questo capitolo, mi riservo di fare un discorso terminabile col prossimo, che sarà l'epilogo di questa storia. Sono veramente soddisfatta di come è venuta la parte finale, per il resto non so, sappiatemi dire :)

Lo so che sono imperdonabile con i miei ritardi, ma spero comunque di meritare dieci minuti del vostro tempo ed una piccola recensione, sapete quanto adori parlare con voi ^^

Un bacio,

Aika.

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


Nuova pagina 1

Epilogo.

 

A chi ha iniziato questa avventura con me,

A chi è arrivato un po' dopo,

A chi arriverà quando tutto sarà già finito.

A chiunque si senta una stella perduta

alla ricerca di una costellazione,

A chi la sua stella l'ha perduta

e vuole ritrovarla.



 

Febbraio 2011


 

Ciao amore,

forse sarei dovuto venire prima, ma lo sai, ogni volta che devo prendere una decisione impiego secoli a farlo.

Non è facile essere qui.

Non per Elena o per la tua famiglia – loro anzi sono stati gentilissimi come mai mi sarei aspettato – ma per noi.

Adesso che ho visto dove ti trovi, sarà difficile illudermi ancora che esista un noi da qualche parte, che tu sia solo a lavorare o che abbia vinto un'altra borsa di studio in Florida.

Non ci sei e non tornerai più, semplicemente.

Mi manchi. Mi manchi così tanto che a volte ho pensato che sarebbe stato meglio morire, per raggiungerti ovunque tu sia, o perlomeno per smettere di soffrire.

Ci sono stati momenti in cui ti ho odiato per essertene andato in questo modo, momenti in cui ho pensato di non farcela più, in cui volevo solo chiudere gli occhi e lasciarmi cadere nel vuoto.

So che non mi avresti mai perdonato una cosa simile, Michael.

So che se adesso tu fossi qui non faresti altro che rimproverarmi per i ritmi serrati di studio e lavoro, per tutti i giorni che passo in ospedale senza chiudere occhio e per lo tutto lo stress che continuo ad accumulare.

È strano che tu non ci sia più.

È strano soprattutto quando la mattina mi sveglio. Mi capita ancora di cercare il tuo corpo fra le lenzuola, o di chiedermi per quale motivo durante la notte non ti sei agitato mille volte nel sonno.

Ho paura di vivere senza di te. Per tutto quello che mi hai dato, per tutte le volte che mi hai dato coraggio e invece adesso il coraggio devo inventarmelo, per le notti che c'è troppo buio e per tutte quelle in cui non riesco a dormire.

Non so se riuscirò più ad essere felice, Michael. Però sì, ci voglio provare, ho voglia di riprendermi la felicità che mi hai dato, perché mi hai cambiato in meglio e tornare introverso com'ero prima di conoscerti significherebbe cancellare definitivamente tutto quello che c'è stato fra noi.

E poi adesso c'è chi ha bisogno di me e non posso lasciarmi andare.

Elena e Michelle, ad esempio.

In realtà Elena è ben più forte di quanto si possa immaginare ed è stata lei a salvarmi dalla depressione più profonda. Credo che, comunque fossero andate le cose, ci saremmo conosciuti lo stesso e lei sarebbe stata sempre dalla nostra parte.

Prima o poi Michelle diventerà grande e mi chiederà di raccontarle qualcosa del suo papà e io avrò tante di quelle cose da dirle che non saprò da dove cominciare.

Le racconterò tutto come se fosse una favola, credo.

Le racconterò che c'era una volta un ragazzo, un ragazzo che amava così tanto le stelle da essere diventato una di loro.

 

Andy si sporge verso la lapide di Michael e tocca le lettere del suo nome, accarezzandole lentamente, come a convincersi che lì, sotto quella lastra di marmo, ci sia davvero Michael. Ha i brividi mentre compie questo gesto, ma si sforza di non piangere.

Mi manchi tantissimo.

Ha riflettuto a lungo prima di decidersi ad andare a casa di Michael, approfittando della perfetta scusa che gli orari massacranti della specializzazione gli imponevano per rimandare sempre quel momento che un po' temeva. Poi, un giorno, si è reso conto che non gli sarebbe servito a nulla continuare ad evitare la cosa, così ha deciso di partire, accettando su due piedi l'ennesimo invito di Elena.

Per la verità è stata la prima volta che ha quasi sperato che lei gli chiedesse quando si sarebbero visti in modo da non dover essere costretto a fare quel primo passo che tanto lo intimoriva.

E, puntualmente, la domanda era arrivata, senza coglierlo impreparato.

Ma dai, Andy, possibile che non trovi mai un po' di tempo per te? – l'ha rimproverato la ragazza durante l'ultima telefonata, mentre le raccontava delle sue giornate piene di impegni.

Ho una settimana libera prima dell'inizio dei nuovi turni, credo che... – ha risposto, esitando giusto un attimo.

Credo che sia arrivato il momento di venire a trovare Michael, che ne dici? – ha indovinato un sorriso nell'espressione del suo volto mentre pronunciava queste parole e stavolta non ha rifiutato la sua proposta.

L'idea di incontrare gli occhi della madre di Michael gli faceva paura, ma alla fine la donna è stata bravissima a stemperare ogni tensione facendo una battuta sul suo aspetto fisico e mostrandogli subito di preoccuparsi per lui.

Sei più magro che in fotografia, caro. Sei sicuro di mangiare abbastanza?

Una domanda pronunciata con dolcezza inusuale, che l'ha fatto arrossire un po', anche se ha contribuito a metterlo a suo agio e a sentirsi ben accolto.

All'inizio la donna è stata molto discreta, nonostante fosse chiaramente intuibile la voglia che aveva di fare domande e di sapere, non gli ha chiesto mai nulla, aspettando che fosse lui a dimostrarle di essere pronto a parlarle.

Ha cercato di conoscerlo meglio, facendogli mille domande sulla sua vita, e nella sua discrezione Andy ha individuato la stessa paura che aveva Elena quando si sono incontrati.

Il racconto di lui e Michael è venuto fuori il terzo giorno che ha trascorso con loro, da solo, di mattina, senza nessun preavviso. Le parole gli sono semplicemente uscite di bocca, con naturalezza, come se fosse l'unica cosa possibile da fare in quel posto e in quel momento.

Michael parlava sempre di quanto vi adorasse, e proprio per questo credo non abbia mai voluto rischiare di perdervi. – ha concluso Andy alla fine.

Ma davvero non immaginava che non sarebbe successo nulla e che poteva stare tranquillo?

Prevedere certe reazioni non è semplice, ecco tutto.

Non è facile spiegare il perché di certi silenzi, Andy può solo interpretare quelli di Michael, ma non dargli un significato ben preciso, sebbene li comprenda perché sono silenzi che sono appartenuti anche a lui.

Per alleggerire il silenzio seguito a quella discussione, ha iniziato a raccontare di Michelle, spiegando come stia cercando di destreggiarsi fra pappe, pannolini e ninnananne, perché Allie pretende che aiuti lei e Bea ogni volta che ha un po' di tempo, convinta che sappia alla perfezione come comportarsi perché è un dottore e deve sapere cosa fare in caso di emergenza.

Credo che abbia un futuro assicurato come cantante, dovreste sentire come strilla quando ha fame o vuole essere coccolata! – ha constatato con un sorriso intenerito, mentre mostrava loro un video in cui Allie le faceva muovere la manina e le diceva “Saluta zia Elena e i nonni, dai, amore!”. Elena è stata immediatamente conquistata da quegli occhi blu scuro e da quelle guance paffute, così come Andy se ne sente conquistato ogni volta che gli capita di tenerla a casa sua per qualche ora. Quella bimba gli ha dato una nuova serenità e avere qualcuno di cui occuparsi gli ha insegnato a non pensare più solo a se stesso e alla sua solitudine.

Si è trovato bene, in compagnia della famiglia di Michael, lo hanno trattato come se avessero a che fare con un altro figlio, preoccupandosi di non fargli mancare nulla e di metterlo a suo agio, rendendogli quel viaggio molto più semplice di come lo aveva immaginato.

Andy mette un girasole sulla tomba di Michael e poi si allontana lentamente, raggiungendo l'ingresso del cimitero, dove Elena lo sta aspettando. Si sente strano, un po' malinconico ma allo stesso tempo è tranquillo, come ad essere finalmente venuto a patti con qualcosa che per lungo tempo lo ha fatto stare in ansia.

È andata bene. Dovevo... dovevo farlo. – gli sembra di rispondere ad una muta domanda di Elena con queste parole, ma in realtà è come se lo stesse confessando a se stesso.

Lei risponde con un sorriso e allunga la mano ad arruffargli i capelli e non c'è bisogno che dica altro per fargli capire che è d'accordo con lui.

Entrano in macchina ed indossano la cintura di sicurezza.

Come va con i tuoi? – chiede Elena.

Adesso può permettersi di ricevere queste domande da parte della ragazza senza giudicarla invadente e anzi apprezzando il fatto che si preoccupi di sapere come sta.

Bene. No, davvero, va bene. Gli ho detto che venivo qui da voi, per Michael... e hanno detto che era una buona idea. Ce la stanno mettendo tutta per far funzionare le cose. – risponde Andy.

In fondo è orgoglioso di loro, del modo in cui suo padre continua a cercare di ricostruire il loro rapporto, orgoglioso della luce che ha visto nei suoi occhi il giorno della sua laurea, quando lo ha abbracciato e gli ha detto che aveva fatto un ottimo lavoro.

Senti, mi chiedevo... non è che ti andrebbe di adottare uno dei cuccioli di Luna? – chiede ad un certo punto, per cambiare argomento e distogliere l'attenzione da sé, perché in fondo detesta ancora essere al centro dell'attenzione, fosse anche di una sola persona – Non posso tenerli tutti e tre, però mi piacerebbe darli a qualcuno di cui mi fido.

Si riferisce ai cuccioli che Luna ha avuto alla fine di dicembre, e che adesso che stanno finendo lo svezzamento. Andy non sa proprio a chi affidarli, perché non può occuparsi di tutti loro. Gli dispiace separarsi da quei cuccioli che gli fanno una grande tenerezza, e anzi gli farebbe anche piacere occuparsene, ma, visto il poco tempo che ha a disposizione, sarà presto costretto a separarsene.

Oddio, non so, mio padre è allergico ai cani, lo sai, però... – risponde Elena – Possiamo chiedere a Richard, oggi viene a pranzo da me. Sono certa che accetterà, così potrai vederlo quando vuoi e anche io potrò giocarci e... - continua entusiasta dell'idea che ha appena avuto. Poi si blocca improvvisamente e lo guarda in modo strano, tanto che Andy si chiede cosa ci sia che non va.

L'hai detto! – osserva con calma.

Cosa?

Hai detto che ti fidi di me.

Beh, sì. – constata lui, rendendosi conto che, pur sembrando quella frase perfettamente normale, detta da uno come lui ha dell'eccezionale – Adesso sì, altrimenti non sarei qui, adesso.

Non avrebbe superato il suo dolore, se non avesse imparato a fidarsi, probabilmente avrebbe di nuovo provato a farla finita, non vedendo nessuna spirale di luce oltre quel buio nel quale era precipitato dopo la morte di Michael.

Chiude gli occhi e si lascia andare ad un sorriso rilassato certo che, lassù, da qualche parte, anche Michael stia sorridendo.

 

 

FINE.

 

 

 

 

________

 

Note finali&deliranti

 

La cosa più bella di Efp è la possibilità di condividere storie sapendo che c'è *davvero* qualcuno che ti legge.

Certo, anche con i libri pubblicati è così, ma non c'è la stessa possibilità di avere uno scambio così diretto fra lettori e autore. Ed è questo scambio che rende così speciale pubblicare storie su questo sito.

Non credo che scrivere questa storia sarebbe stato lo stesso, senza di voi. L'avrei scritta probabilmente in meno tempo (ahimè, Internet è la fonte di ogni distrazione), ma poi l'avrei accantonata nel computer senza alcun futuro.

Invece, grazie a questa pubblicazione ho avuto modo di conoscere persone meravigliose, con alcune ho parlato solo poche volte, con altre si è creata una bellissima amicizia che spero duri nel tempo.

E nulla, Stelle Perdute finisce qui.

Doveva finire, prima o poi, anche se penso che il dolore di Andy non avrà mai davvero fine, perché Michael resterà sempre nel suo cuore.

Qualcuno credeva che avrebbe trovato un nuovo amore, in questo epilogo, ma no, è oggettivamente impossibile ^^ sono passati solo otto mesi dalla morte di Michael e comunque sappiamo quanto per Andy sia faticoso intrecciare rapporti con qualcuno, no? E poi, diciamocelo, io non ce la farei mai a scrivere di Andy che si innamora di un altro, perché per me Andy sarà sempre e solo con Michael. In realtà l'avevo anche plottato, un seguito, ma non penso di scriverlo, al massimo se volete posso dirvi in privato come penso che andrà la vita di Andy nei prossimi anni ^^

Io sono sicura che qualcuno credeva anche che Andy non sarebbe arrivato vivo fino alla fine, conoscendomi u__ù su, confessate!

Credo che questa storia sia un po' la "storia della vita" quel tipo di storia che scrivi una volta sola nella tua vita e che, non importa quanti errori e imperfezioni possano esserci, avrà sempre un posto importante nel tuo cuore, per via degli argomenti trattati o per quanto di te stessa hai messo nella narrazione.

Piccola curiosità: la fotografia ad inizio capitolo è mia, l'ho scattata due anni fa, circa due settimane dopo aver iniziato questa storia e decisi allora che sarebbe stata la foto dell'epilogo ^^

Okay, penso sia il caso di chiuderla, altrimenti questo sproloquio diventa più lungo dell'epilogo stesso.

Grazie mille a tutti, spero di ritrovarvi anche in altre mie storie, al momento ho in corso la long Basta solo guardare le stelle (della quale dovrei velocizzare gli aggiornamenti) e varie oneshot già concluse, quindi non vi faccio penare aggiornando una volta al secolo.

Un bacione enorme,

Aika (mi trovate su Facebook e sul Rifugio delle Stelle).

 

NB A chi arrivasse qui a storia conclusa, fatemi sapere lo stesso se vi è piaciuta e cosa ne pensate degli argomenti trattati, non è che chiudo la storia e me ne dimentico, eh ^^

 

 

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