Recensioni di Watashiwa

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia A te, che vivi nei miei pensieri - 14/01/19, ore 01:20
Capitolo 1: A te, che vivi nei miei pensieri
Buonasera, eccomi qui (o forse dovrei dire buonanotte, vista l'ora)!
Dunque, comincerei con il dire che, da grande amante del genere introspettivo e in generale quelli più seri, ho trovato molto congeniale, toccante e importante far parte di questo tuo mondo personale quanto delicato ma mai frantumato; rispettando la maturità e la serietà del genere stesso, c'è fin da subito un legame con la lettera, dall'inizio scoppiettante a livello contenutistico sino alla sua dolceamara conclusione.
Queste righe riescono infatti a mettere in evidenza l'essenza variegata e riflessiva della vita, concentrandosi su un'esistenza alternativa ricca di idee, scoperte e tanto amore incondizionato che si sarebbe riversato senza confini ma, che nella sua natura similmente potente e vera, limitato dall'epilogo di una situazione drammatica quanto beffarda, dolorosamente amara.
La gravidanza è senza dubbio un passo importante, una scelta che una donna compie nei confronti di un istinto che può sviluppare vivendo e facendo le giuste esperienze, un atto che arricchisce qualcosa che è già importante di suo e immagino che la stroncatura improvvisa di qualcosa di così puro vada oltre ogni emozione intima possibile e percettibile... la sensibilità che riguarda la propria sfera personale può portare inevitabilmente a reazioni diverse, tra le più disparate.
Onestamente, a dispetto di tutto il dolore da te vissuto, non posso che provare empatia ed enorme stima per le persone che, come te (tutto questo, per esempio, è successo anche a mia zia subito dopo il matrimonio), hanno deciso di dedicare il proprio tempo alla vita e a quello che c'è attorno a loro, senza escludere forza, attimi di felicità, di verità e d'analisi, tutto ciò che risulta essere questa lettera aperta, esposta con sentimento e descrivibilità coerente e piuttosto palpabile.
Questo ordinare meticoloso delle idee per poter avere un bagliore per il proprio presente non potrà MAI essere qualcosa di inutile o insano perché è una terapia per entrambe le fazioni per come la vedo io, per fare in modo che le emozioni non perdano mai d'efficacia, di quella scintilla che è partita da un certo momento e che è destinata a restare, con fare materno, per suggerire che vale la pena continuare nonostante tutto.
Ammetto candidamente che ho letto e percepito moltissima emozione, senza l'esclusione di una conseguente determinazione matura e interiorizzata, che traspare esplicitamente in certi passaggi (specie da metà scritto in poi, con diverse sfumature) merito anche dell'intenzione stilistica e del linguaggio abbastanza accessibile, narrativamente coeso nella profondità dell'idea e dell'intenzione.
Ti faccio i miei più sinceri complimenti per aver manovrato la tua forza interiore condividendo la tua esperienza con fare molto diretto e umano e non posso che augurarti un enorme "in bocca al lupo", con la speranza che tutto ciò che ti dona modo di vivere non perda mai di valore e s'allontani da te.

Un fortissimo abbraccio,

Watashiwa

Recensione alla storia Just to live - 14/07/18, ore 16:35
Capitolo 1: Just to live
Ciao, buon pomeriggio!
Parlare di una tematica così delicata quanto personale è molto difficile, anche riassumerla in un certo contesto narrativo e in un'idea originale e soggettiva: devo dire che non ne sono rimasto affatto deluso.
Penso che il pregio di questa drabble sia il grande impatto visivo che provoca tra le righe, ha infatti un'impronta scenica immersa in un offuscamento vivido e quasi pauroso nella sua mesta malinconia, una sorta di vicolo cieco dal quale la protagonista non può uscire, in quanto è un punto di non ritorno verso qualcosa che potrebbe portarla a vivere e sentire il sangue scorrere nelle sue vene.
La protagonista è un'anima che in passato ha sicuramente provato a combattere e ribellarsi al circolo vizioso della sua iniziale tristezza poi sfociata nella depressione più incombente, un qualcosa di troppo grande da abbattere e che gli altri non potrà mai capire fino in fondo, probabilmente perché non hanno mai voluto domandarsi cosa le accadesse dentro di sé.
In realtà niente del suo passato remoto è esplicitato qui e la cosa non pesa minimamente (il concerto sembra quasi un ennesimo tentativo di distrazione), però mi piace pensare che la ragazza sia stata una di quelle anime pure che un tempo era piena di ambizioni e sogni, ma la gente maligna e i sentimenti rivolti e sprecati per chi non li meritava sono state la sua rovina e la fine di tutta quell'essenza cristallina.
Si è aggrappata alla speranza che poteva farle cambiare idea anche solo per quella notte, ma tutto quello che la circonda, dal terreno all'ultraterreno direi (è molto umano affidarsi al cielo in alcuni casi), è oscuro ma vuoto, senza alcun tipo di segnale per poter cambiare idea e non farsi del male tanto da annullarsi per l'ultima volta.
Sono frasi che appaiono necessarie e intrecciate tra di loro, sia nella loro lunghezza che nella spiegazione del fulcro principale a livello narrativo, crude ed espressive nel loro sentimentalismo introverso e cupo, arricchite da piccoli dettagli che donano all’ambientazione e ai gesti quella spontaneità legata all’emotività palpabile con la lettura.
Le ultime tre frasi rappresentano l’effettivo climax drammatico che aleggia intorno alla storia della protagonista, donando attenzione a quel briciolo di vita che passa e attraversa tutto il suo animo, specie quel sorriso che testimonia un insieme di emozioni che sarebbero potute nascere in tutt’altro modo e con chi di dovere piuttosto in quel contesto così povero e fatale.
Ti dirò, sembrano gli ultimi istanti di un’epopea molto lunga sulla vita di questa persona, taglienti e sommesse per l’inevitabile finale desolato, o una sorta di flash-forward cinematografico che precipita con un’intensità personale e immersa nei colori e nei sensi: personalmente, desiderare leggere e sapere qualcosa di più dopo tutto ciò è quasi d’obbligo e penso che sia positivo e denoti la bravura che hai messo per iscritto.
La scena, quindi, riesce a colpire e a creare quella rabbia da lettore per l’epilogo disperato e irrimediabile; una vita vuota che si allontana da questo mondo, ma il gesto è avvenuto come ultima spiaggia, è un ultimo grido nei confronti di tutto ciò che è stato, soprattutto di negativo, con (l’ultima) speranza che dall’altra parte ci siano tante stelle da prendere e stringere a sé.
In conclusione, la storia è un’esperienza che svuota per l’angoscia immersiva che sgocciola riga dopo riga, è qualcosa di radicale e premeditato come l’evoluzione del sentimento oscuro che ha attraversato questo personaggio fino a colpirla e avvolgerla totalmente fino all’ultimo secondo della sua esistenza, mesta e sottovalutata da chiunque, forse anche da se stessa. 
Per me è una drabble forte nei contenuti e capace di illustrare sensi, sapori e sensazioni (soprattutto queste ultime) con fare ipnotico e ben coinciso, con una narrazione che unisce scorrevolezza ma anche una dose di descrizione non indifferente e ben calibrata, che coinvolge e coinvolgente sotto aspetti tecnici e creativi.
Ottimo lavoro, per quanto mi riguarda!

Un abbraccio,

Watashiwa

Recensione alla storia Dialogo di un essere umano col male che lo uccide. - 24/05/18, ore 14:15
Capitolo 1: Dialogo di un essere umano col male che lo uccide.
Ehilà, buon pomeriggio a te!
Alla lunga credo che possa essere molto difficile commentare storie del genere, scritti dove le emozioni sono pure e coincise, complesse, oscure, ma che fanno trasudare forza e speranza man mano che prendono piede e forma, nello scenario e nell'interiorità dei personaggi stessi.
In un tripudio psicologico inevitabile e cruciale, la tua one-shot sviluppa dei concetti di dualismo molto interessanti e calibrati non solo nella narrazione ma anche nella potenza evocativa dei dialoghi, tra un uomo emotivo e un agglomerato massoso di tantissime sensazioni, curiosamente mai definito con il suo nome e mai rapportandosi nella maniera diretta e maligna nella quale si è abituati a definirlo.
Quest'ultimo si pone e comporta (ed è riconosciuto) come un emerito parassita che ha la presunzione di aver vinto visto il suo sviluppo all'interno del corpo che lo ospita, cerca di far leva sulla paura e sull'incognita che è il futuro, sapendo che non c'è una certezza nelle cure dolenti ma necessarie per cercare di debellarlo.
Averci a che fare penso tolga tantissimo della forza di volontà che si può avere da anni o semplicemente dalla nascita perché questi mali uccidono se insidiosi e grandissimi, per cui le reazioni possono essere diversi e portare a due, afferrare l'arma oppure non usufruirne e godersi il dono imprevedibile qual è la stessa vita, ciò che ne resta.
Non biasimo affatto chi decide di non lottare perché mette in luce un realismo della sua condizione, ma posso dire di apprezzare molto di più quando anche la semplice testardaggine spinge a un tentativo tra il disperato e il determinato, raccogliendo cocci di grinta che parevano andati perduti per il puro sfizio di non darla vinta fino all'ultimo respiro.
Per cui il messaggio che passa è non solo quello di rivalsa per provare ad annientare il dolore in sé, ma anche come il confronto, quello acceso e quello stimolante con entità opposte, possa servire esattamente per fare chiarezza su qualcosa di personale, cosa sia effettivamente più giusto e seguire la via più consona e fruttuosa, non necessariamente quella più battuta e conseguentemente semplice, muovendosi e non rimanendo pedine della casualità e del pessimismo.
La massa è il male da annientare e nonostante tutti gli ostacoli che ci possano essere con l'intervento, provare a vincerlo dimostrando valenza della propria teoria diventa la sfida e lo scopo del protagonista sul finale, esprimendo una situazione plausibile nella vita di qualcuno ma anche una determinazione crescente e quasi ispirante, umana nei suoi pregi e difetti.
Lo stile è espresso tecnicamente con un italiano corretto e deliziosamente letterario in certi punti della storia; unisce mistero, patema e volontà di scoprire frase dopo frase il labirinto nel quale i tuoi personaggi si affacciano l'uno di fronte all'altro, conoscendoli nella loro unicità differente e quanto ci sia iniziale ruvidità e impossibilità di riuscita, per poi dare vita alla sfida e all'evoluzione sentimentale da parte di entrambi, quasi complementare nello svolgimento dei fatti.
Se dovessi proprio fare un appunto è che c'è la ripetizione continua (sarà scritta almeno una ventina di volte) della parola "massa" per definire il malanno, secondo me appesantisce la lettura e soprattutto le successive riletture: un paio di sinonimi, a mio avviso, sarebbero stati più consoni e in linea con la varietà di linguaggio e di esposizione di alcuni periodi.
Comunque sia, il tuo è uno scritto che tocca molti aspetti introspettivi e più psicologici di una persona in una situazione particolarmente cruciale e delicata, con dei dialoghi (punto centrale e altissimo della OS) avvincenti e trascendentali tra il tumore e l'uomo, parte di uno stesso sistema ma che non possono sostanzialmente sopportare l'uno la presenza dell'altro, portando all'inevitabile conclusione a finale aperto, sicuramente una scelta vincente in questo caso, riconducibile alla vita e al concetto del domani.
Una slice of life plausibile che dona una luce brillante al confronto con la vividezza delle sensazioni, degli affanni e di quello che resta, scegliendo di non avere più paura per un motivo personale riconducibile, in questo caso, alla voglia interiore di vincere, di crescere.
Tra la lista delle mie ricordate, complimenti vivissimi!

Un abbraccio forte,

Watashiwa

Recensione alla storia Fede al Buio - 12/04/18, ore 11:40
Capitolo 1: Fede nel Buio
Buongiorno!
Uno scritto – il tuo – nel quale trasudano emozioni espresse con minimalismo e dolore, ma sono comunque esposte con un linguaggio percettibilmente chiaro e vissuto, dando lo spazio principale a una battaglia oscura e interiore dove il buono è ridotto all'osso ed è tutto effimero, dove si è quasi incapaci di trovare un equilibrio.
Personalmente mi ha fatto pensare soprattutto al periodo dell'adolescenza, intervallo di transizione che si può anche protrarre anche per più tempo del dovuto, dove è un attimo l'inversione delle parti e dove vengono sottovalutate le battaglie, dove molte persone sono con noi solo quando splende il sole e non quando esso s'allontana mostrando le nostre ombre.
Certo, questo ciclo non è mai destinato a chiudersi quando si vive, però penso che in quel lasso di tempo tutto sia intensificato e ingigantito all'inverosimile, dove è più facile cadere in tentazione per via del fatto che non si ha un'identità ancora definita, nonostante tutto ciò che possa essere successo.
Descrivi appunto delle giornate nelle quali si rimane appesi ad un filo sottile che si può spezzare da un momento all'altro, dove le domande si fanno largo cercando di trovare una risposta precisa e nitida, invano...
Questa piccola drabble introspettiva è identificabile verso chi ha dei sentimenti, di conseguenza dei sogni e delle battaglie umane che si portano avanti, quindi delle batoste e del dolore che si porta dentro e porta anche alla solitudine più cruda e cocente.
A volte si hanno così poche forze che è più comodo farsi trascinare e abbindolare dall'oscuro e la sua fase pericolosa, avere l'implicita presunzione che sia qualcuno, come succede nelle migliori storie, a tirarci fuori dai guai e farci vedere uno spettro di colori ampio piuttosto che uno solo che riconduce al negativo.
Per questo ho interpretato il finale e l'identità di quella voce come la propria volontà (ispirata da qualcuno o qualcosa) che, unita alla testardaggine, tendono a far ricordare alla protagonista che c'è qualcosa per il quale vale la pena rialzarsi e fare della propria esistenza qualcosa di unico, la soluzione momentanea che basta per poter credere e non rimanere inghiottiti dal nero, l'arma da sventolare con fierezza quando la debolezza bussa alla propria porta per abbattere lo spirito e tutto quello che c'è circostante.
Certo, in realtà ha diverse chiave di lettura e può essere anche qualcuno di concreto piuttosto che all'astratto, ma considerando il contesto solitario, i sensi percepiti e l'ambientazione interiore, l'ho trovata più consona e personalmente vicina quanto ti ho detto poc'anzi, secondo me dando una chiave di lettura più intensa.
Proprio perché ha un'impronta introspettiva visibile, riesce a far brillare i generi del quale lo scritto si compone e a creare un legame con il lettore, con quelle parole espresse con intenzione nitida, empatizzando su chi le avverte dalla prima all'ultima... è un qualcosa di semplice considerando la brevità dello scritto, ma comunque è funzionale e appunto funziona, per l'appunto.
Ortograficamente è esente da qualsiasi refuso o distrazione, l'unica cosa che posso consigliare è, per correttezza, di sostituire il trattino con la lineetta: è una sciocchezza e la differenza d'utilizzo è lieve, ma comunque è presente e più autori conoscono queste sfumature e più si può migliorare ed essere impeccabili.
In definitiva, penso che questo tuo lavoro sia la conferma di una scrittura molto personale e che con la pratica e il futuro può lanciarsi verso scritti più estesi e di conseguenza profondi (anche se ovviamente di profondità ce n'è anche qui), per cui ti faccio i miei complimenti in merito, per quanto mi riguarda è stata una lettura molto carina e significativa, è un credo nel quale ho rivisto diverse parti di me, sia del passato che presenti.

Un abbraccio e a presto,

Watashiwa

Recensione alla storia Giornata disastrosa a Mariscuola - 30/03/18, ore 01:00
Capitolo 1: Giornata disastrosa a Mariscuola
Buonasera (o forse sarebbe meglio dire buonanotte, vista l'ora)!
Le cose che mi hanno portato a scegliere di leggere questa one-shot sono, in ordine: scoprire cosa fosse Mariscuola (purtroppo per ignoranza in materia non conoscevo) e, in definitiva, la grandissima dose di autobiografia presente nella descrizione iniziale, componente che apprezzo tanto negli scritti originali.
Leggendo la storia, ho potuto godere di una narrazione fluida ma non per questo statica e uguale a se stessa, anzi; c'è da dire che i pensieri impazienti e ironici della protagonista fanno la differenza e rendono le azioni e le scene animate, più curiose e decisamente plausibili e umane nonostante la "schematizzazione", in un ambiente che segue delle regole, degli orari (come rimarchi con il pezzo della doccia e la precisazione delle ore) e anche dei ruoli da rispettare.
Con un inizio insidioso e uno sviluppo apparentemente più tranquillo e disteso, devo dire che il finale non me l'aspettavo proprio e sono rimasto piuttosto sorpreso di quello che è successo, denotando quanto questo percorso lavorativo sia molto delicato e richieda un dispendio di forze molto cospicuo ogni volta, dove non bisogna mai sottovalutare un giorno di lavoro e tutta la sua routine, sia per se stessi ma anche per gli altri colleghi.
Penso che il tuo intento fosse raccontare quanto la carriera militare sia frenetica e perfezionista nei rituali e nei grandi eventi che si avvicinano e che riguarda i membri di queste forze armate, facendo in maniera pulita, sincera, senza alcuna malizia di fondo ma quasi di riconoscenza nonostante la difficoltà a digerire alcuni passaggi.
Questo, secondo me, è confermato anche dal concetto di gruppo che si preoccupa per il coma farmacologico nel quale è entrata Antea, sia per le sorti che per la salute mentale dopo il risveglio, cosa che non appare formalizzata ma piuttosto direi distesa e molto più informale di quanto possano sembrare alcune battute finali, come quello che dici su ciò che necessiti dopo il risveglio.
Comunque sia, ci terrei a fare anche degli appunti personali, che spero vengano recepiti come consigli o suggerimenti.
Se devo essere sincero, non trovo affatto questa storia catalogabile come "horror", dato che nemmeno le descrizioni della Mariscuola e ciò che si sussegue all'interno è raccapricciante o macabro: non so se era tuo intento dare alla one-shot un aspetto del genere, io al tuo posto la sposterei su "introspettivo".
I generi invece sono assolutamente adatti e descrittivi di quello che è la one-shot.
Inoltre, ti segnalo due piccolissimi refusi ortografici che comunque sono lievi, ma che segnalo giusto per pignoleria: sì (l'affermazione) si scrive con l'accento, si è una particella che viene usata nei verbi riflessi, È maiuscola si scrive in questo modo, "E'" è incorretto.
In sostanza, devo dire che è stata una lettura piacevole e con dei buoni spunti introspettivi ma trattati con delicatezza e, in certi passaggi, con un'ironia che alleggerisce alcuni momenti che potrebbero risultare dei macigni da avvertire, visto il contesto e il tipo di lavoro descritto in una giornata intera.
C'è originalità, molto di tuo essendo qualcosa di autobiografico (cosa che è gradevole e permette al lettore di immedesimarsi nella testa della protagonista, in questo caso) e coesione nelle spiegazioni narrative ma soprattutto descrittive, dove con un linguaggio pulito e genuino riesci a dare verve a una storia personale che sulla carta non è facile mai da raccontare, in quanto ci vuole un minimo d'organizzazione e capacità per poter narrare bene le cose che appartengono alla propria sfera privata.
Insomma, penso che tu abbia del talento e possa migliorare se continuerai a scrivere, rendendo alcuni periodi più approfonditi e variegati, a seconda della storia che tratterai.
Brava, spero di leggere qualcos'altro di tuo in futuro!

Un abbraccio,

Watashiwa