Wow e' bellissima!
Inghilterra 1794
L’aria che si respirava era fetida e l’odore di chiuso era quasi asfissiante. Era stato bendato e i polsi e le caviglie gli bruciavano per via delle catene, era rimasto lì per giorni, senza sapere dove fosse o chi lo aveva rapito. Sentiva chiaramente le urla, i pianti, i lamenti di tutti i bambini che,come lui, erano stati strappati alle loro famiglie e portati chissà dove.
Un stridio di ferro arrugginito gli trapanò i timpani, prima di venire afferrato per i capelli e tirato su di peso. Una risata gelida lo fece rabbrividire “Questo lo venderemo bene” sentì dire da quella voce, che non faceva che tormentarlo in incubi da quando era arrivato. Lo trascinarono via, non sapeva dove, ma sapeva che una volta portati via i bambini non facevano più ritorno. Quando si fermò si sentì spogliare, delle mani viscide gli accarezzarono il corpo e lui improvvisamente si ritirò urlando. Un colpo potente gli arrivò in pieno volto, facendolo cadere a terra. “Idiota, se è ferito saremo costretti ad abbassare il prezzo” sentì un'altra voce dire, era ferma e autoritaria e metteva i brividi. “Questo bambino è decisamente prezioso, sarà fortunato chi lo comprerà” quella voce continuò, mentre delle risate si levarono, facendolo cominciare a piangere. Sapeva di dover essere forte, ma l’idea che di lì a poco sarebbe stato di proprietà di qualcuno non gli lasciava nessuna speranza. Poi delle persone lo lavarono per bene, mescolando l’acqua gelata e il sapone con le sue lacrime. Quando finalmente gli tolsero la benda dagli occhi, la luce lo accecò e ci mise un po’ per capire dove fosse. Era su una pedana, un uomo enorme lo teneva per i polsi e tantissime persone lo guardavano con negli occhi un aria decisamente preoccupante.
100.000 sterline. Questo il suo prezzo.
Inghilterra 1806
“Harry Styles, ho 18 anni e mi sono appena trasferito da Holmes Chapel in Cheshire” entrare nella Sant James School non era facile, ci riuscivi solo avendo due requisiti fondamentali, dovevi essere una specie di genio e dovevi essere ricco. Per questo Louis si stava chiedendo che ci faceva quello strano ragazzo che si era appena presentato nella sua classe. Insomma, era pulitissimo, elegante e raffinato, nessun dubbio che appartenesse a una nobile famiglia, ma i suoi occhi, quegli occhi erano attenti e furbi, sembravano bruciare. Non erano gli occhi di uno studente modello, che passava tutto il giorno sui libri. Sulle labbra rosse aveva un sorrisetto beffardo, quasi orgoglioso e nei modi di porsi era così sicuro di se da sembrare quasi arrogante, ma ovviamente gli era bastato mettere in mostra due fossette da mordere per conquistarsi la simpatia di tutti.
“Ehi Harry” gli disse Louis, una volta iniziata la pausa pranzo “io sono Louis Tomlinson” “Piacere” gli disse lui, con un sorriso dolce, che fece quasi perdere un battito a Louis. “Allora come mai hai deciso di venire in questa scuola?” “Dicono sia una delle migliori” gli rispose e Louis continuò “Si, ma tu non sembri proprio il tipico secchione” Harry rise, con quella risata bellissima che hanno le persone innocenti “Neanche tu” “Infatti io sono qui dentro solo perché il proprietario dell’intera area è mio padre” gli rispose lui, puntando il naso all’insù, quasi fiero di essere entrato lì dentro grazie alla sua famiglia.
Louis aveva due anni in più di Harry e una voglia di trasgredire le regole che lo stava facendo uscire pazzo. Per tutta la vita aveva vissuto in una famiglia che gli aveva dato i migliori agi che potesse desiderare, ma le aspettative alla fine erano ricadute tutte su di lui. Sapeva già cosa gli sarebbe aspettato una volta finita la scuola, si era rassegnato a dover sposare la contessina Eleonor e dover partecipare alle feste della nobiltà di Londra. Ma non era questo che voleva, lui voleva avventura, scoperte, libertà, tutte cose che un palazzo enorme e una moglie non gli avrebbero potuto dare. Si sentiva come in trappola, rinchiuso in una vita che non desiderava, sommerso dalle sue responsabilità. Poi vedeva Harry, si muoveva leggero e sensuale, in mezzo a tutti quei rozzi ragazzi ricchi, sembrava un ghepardo circondato da scimmioni. Era come uno splendido fiore, isolato e superbo, sbocciato in mezzo al deserto. Vedeva i suoi occhi verdissimi che quasi brillavano, che guardavano il mondo con curiosità e con desiderio. Vedeva il suo sorriso che sembrava risplendere, i denti bianchissimi e perfetti, le labbra rosse e carnose. E allora gli veniva duro.
“Ehi Louis, a cosa stai pensando?” gli chiede allora Harry, riportandolo alla realtà. “Niente, niente” gli dice lui, muovendo la mano come a far volare via i suoi pensieri, mentre l’altra andava a coprire la mezza erezione che gli si era formata. Erano rimasti dopo scuola in biblioteca, per poter studiare insieme, era quasi il tramonto e la luce rossa del sole entrava dalle grandi vetrate e illuminava il viso di Harry, che in quel momento sembrava quasi surreale. Louis sospirò. Lo desiderava con tutto se stesso, con ogni muscolo, con ogni nervo, con tutto il cuore, ma non avrebbe mai potuto averlo.
Nelle settimane che passarono Louis e Harry impararono a conoscersi. Louis aveva sempre rifiutato di fare troppo amicizia con gli studenti della Saint James, li riteneva degli sfigati, noiosi e poco interessanti, invece Harry, lui era diverso, era spigliato, brillante e con quel briciolo di malizia che Louis trovava adorabile, allo stesso tempo era ingenuo e buono. Era una bellissima pietra preziosa, era oro fuso da forgiare e Louis si sentiva attratto da lui come ci si sente attratti da una rosa appena sbocciata.
Harry, dal canto suo si sentiva felice e allo stesso tempo spaventato. Era la prima volta che aveva un amico e quando era con Louis si sentiva come se finalmente avesse trovato un posto in cui stare, ma aveva paura che tutto questo potesse finire. Louis era l’unica persona che lo trattava come una persona normale e di questo gliene era profondamente grato.
“Harry! Hai un aspetto terribile, ti è passato sopra un cavallo?” lo prese un po’ in giro Louis,quando quel giorno si presentò a scuola con due terribili occhiaie e un livido sullo zigomo. “Sono cascato dalle scale” trovò come scusa, mentre si massaggiava la testa, che gli doleva per il poco sonno. “Si certo. Passeranno i secoli prima che tu riesci a mentirmi. Che è successo davvero?” Harry non si spiegava come facesse Louis a capire subito se stava mentendo, quel ragazzo aveva come il potere di leggergli dentro l’anima. Questo però non andava bene, Harry aveva troppi segreti che sarebbero dovuti rimanere tali. Si rabbuiò, pensando a tutto quello che gli era successo, a ogni pena che ha dovuto sempre subire, a ogni dolore.
“Ti va di venire a casa mia questo pomeriggio?” se ne uscì improvvisamente Louis. “Perché?” gli chiese Harry alzando un sopracciglio. “Così.. per passare un po’ il tempo. Questa sera dovrò andare a una festa con quella stupida di Eleonor e mi annoierò a morte, stai con me finche non devo andare” Harry annuì con la testa altrove. Aveva in mente il momento in cui Louis gli aveva raccontato di essere fidanzato e promesso sposo con una contessina di Manchester, si ricordava bene come si era sentito, era come se qualcuno gli avesse tagliato via una parte del corpo e l’avesse portata via, si era sentito privato di una parte di sé. Poi Louis si era affrettato a dire che la odiava e che stava ancora cercando un modo per far annullare questo contratto e lui si era rilassato. Il fatto che considerasse il suo imminente matrimonio un contratto lo riempiva di una soddisfazione che lo infastidiva, lui non gioiva mai per le pene altrui ed era sicuro che Miss Calder avrebbe sofferto molto quando avrebbe scoperto che Louis non ricambiava i suoi sentimenti, eppure non riusciva a dispiacersene.
Finite le lezioni si presentò una lussuosa carrozza che li condusse a Kellynch Hall, Louis l’aveva chiamata casa, ma sembrava più che altro una gigantesca reggia. Quando un servitore, vestito di tutto punto, aprì la carrozza, Harry non riuscì a dire niente, di fronte a tutto quel lusso. Louis intanto rideva dello stupore del suo amico, internamente soddisfatto. “Sembra quasi che non sei abituato a tutto questo” gli disse dandogli una pacca sulla spalla, con il suo sorriso furbo “Bhe io avrò anche una casa grande, ma la tua è proprio esagerata” disse, prima che i due scoppiassero in una risata. Due ragazze li raggiunsero non appena entrarono, per prendere i loro cappotti “Bentornato, signorino Louis” lo accolsero con un grande sorriso. “Ciao Mary, Lizzie. Come è andata la giornata?” “Perfetta signorino” risposero loro con il massimo rispetto. “Quante volte vi ho detto di chiamarmi solo Louis?” gli disse lui, trattandole come se fossero suo pari, cosa che lasciò piacevolmente sorpreso Harry, molto di più di tutto il lusso della sua famiglia. “Si, signorino” risposero loro con un inchino, senza però chiamarlo ‘Louis’. Lui sospirò, sapeva che non avrebbe mai avuto ciò che voleva, ma non gli sembrava di chiedere tanto. Ovviamente il suo desiderio di uguaglianza, almeno nella sua casa, non si sarebbe mai realizzato, ma almeno ci provava.
“Sai? Il tuo modo di trattare la servitù è alquanto singolare” disse ridendo Harry, quando finalmente, dopo che gli fu stata fatta una veloce visita della casa, ma Louis si rabbuiò “Chi sono io per essere trattato come un principe rispetto a loro? Solo perché la mia famiglia è ricca non vuol dire che io valgo più di loro” Harry lo guardò con la bocca spalancata, per la seconda volta in soli venti minuti. “Cavolo.. non pensavo esistesse qualcuno con pensieri come i tuoi. Attento a non dirlo in giro o la nobiltà inglese ti potrebbe mangiare” “Odio l’aristocrazia” lo apostrofò Louis. Harry non aveva mai trovato qualcuno con pensieri così moderni come quelli di Louis e non poteva che ringraziare Dio,perché al mondo esistevano persone con una mentalità aperta come il suo amico.
Passarono tutta la giornata a giocare in quell’immensa casa, a Louis sembrò di ritornare bambino, mentre Harry poté giocare come non aveva mai avuto la possibilità di fare quando era piccolo. Si rincorsero, esplorarono ogni passaggio segreto, passarono il tempo nel giardino che circondava la casa, si schizzarono con l’acqua del bellissimo laghetto dietro la villa. “Grazie Louis” gli disse Harry, quando le prime stelle cominciarono a fare la loro comparsa. Harry si sentiva felice e spensierato, come non era mai stato ed era tutto merito di Louis. “Di cosa?” gli chiese Louis, rotolandosi sull’erba, sulla quale erano stesi. “Per tutto, ogni cosa. Per essere mio amico, per rendermi felice” poi Harry lo abbracciò, poggiò la testa sul suo petto e gli strinse il corpo con le braccia. Louis si sorprese di questo gesto, ma non si scansò, anzi ricambiò l’abbraccio.
“Louis, sei qui?” la voce di una ragazza si fece largo nel silenzio della notte, costringendo a fare alzare i due ragazzi “Ciao Lottie” disse Louis andando incontro a una graziosa fanciulla dai lunghi capelli biondi. “Ciao fratellone” lo salutò lei abbracciandolo. “Sbrigati a prepararti, ti sei scordato della festa?” Louis sbuffò sonoramente, poi guardò Harry “Lei è mia sorella Lottie, Lottie lui è il mio migliore amico Harry” li presentò. La ragazza incastonò i suoi grandi occhi azzurri in quelli di Harry, dove lui poté vedere lo stesso mare in tempesta che caratterizzava gli occhi di Louis. “Molto piacere signorina Lottie” gli disse lui, baciandogli la mano e facendola arrossire impercettibilmente. “Louis, devo proprio dirtelo. Li sai scegliere davvero bene gli amici, tu.” Gli disse poi, prima di avviarsi dentro casa. “Muoviti a prepararti” urlò, ormai già dentro.
I due ragazzi seguirono Lottie in casa e lì Harry conobbe i genitori di Louis. “Molto piacere, signori Tomlinson” disse loro inchinandosi leggermente, con il suo sorriso stampato, che come sempre fece colpo. “Louis, che ragazzo adorabile. È davvero molto educato e di bell’aspetto” lo adulò la madre, già vittima dei meravigliosi occhi verdi di Harry. “Se vuoi puoi portarlo con noi alla festa dei Calder, non ci sarebbe nessun problema” gli disse suo padre, che trovava la compostezza e la raffinatezza di Harry perfetti per un giovane nobile, Harry ne fu molto lusingato e alla fine, anche se con molta insicurezza, accettò l’invito. Louis gli prestò uno dei suoi migliori abiti e tutti insieme si avviarono.
La casa della famiglia Calder, non era grande come quella di Louis, ma era, se possibile, ancora più sfarzosa. I lucidissimi pavimenti di marmo, gli addobbi per la festa, tutti i servitori, la musica. Era una festa in piena regola. Si celebrava il compleanno di una delle sorelle della fidanzata di Louis e per l’occasione erano stati invitati tutti i più importanti nobili. Harry fu presentato a quasi tutti gli invitati e la faccia cominciava a dolergli per i troppi sorrisi che era stato costretto a dispensare a tutti, sorrisi che avevano attirato l’attenzione della maggior parte delle signore presenti.
Louis era sparito da circa dieci minuti e Harry si era ritrovato a girovagare in mezzo a tutti quei nobili che non facevano che parlare di cose che a Harry non interessavano minimamente. Poi improvvisamente lo vide, Louis era a braccetto con una ragazza, una ragazza bellissima. Il suo vestito era il più bello che avesse mai visto, di un rosso brillante. Il portamento era elegante e i suoi modi gentili e raffinati. Il viso delicato faceva intendere che la sua bellezza era appena cominciata e che non sarebbe svanita tanto presto. Lei e Louis insieme erano stupendi. “Lei è Eleonor” lo informò Lottie, spuntata da chissà dove. Harry si sentì improvvisamente fuori luogo e fece per andarsene, ma Lottie lo prese per mano e lo portò da Louis. “Ciao Eleonor, stai benissimo oggi” la salutò Lottie, con una nota acida nella voce “Ciao anche a te, Lottie” ricambiò la contessina Calder, con un ghigno maligno nel sorriso e abbracciandosi di più al braccio di Louis. “Finalmente ti sei trovata un ragazzo?” gli chiese, riferendosi ad Harry. “A dire la verità lui non è venuto con me, ma con Louis” disse Lottie, prima che Harry si presentò “Sono Harry, molto piacere” cercò di sorridere, ma non gli riuscì bene come suo solito. Harry baciò la mano di Eleonor, prima che lei chiedesse a Louis “Tesoro, non mi hai mai parlato di lui” ma Lottie anticipò il fratello. “No? Eppure sono migliori amici, stanno sempre insieme. Anche oggi Harry ha passato tutta la giornata a casa nostra” Lottie adorava mettere in difficoltà Louis, ma ancora di più adorava far arrabbiare Eleonor e questa era un’ occasione da non lasciarsi sfuggire. Poi la musica partì più forte di prima e tutti iniziarono a ballare. Eleonor tirò per un braccio Louis, chiedendogli di ballare, lui l’accontentò e quando passò accanto a Harry gli sussurrò all’orecchio “Salvami” che scatenò un piccolo sorriso sulle labbra rosse. Poi Harry si avvicinò a un ragazzo, avrà avuto neanche 15 anni, che per tutta la sera non aveva fatto che guardare Lottie e gli promise di presentargliela solo se avesse sporcato con del vino il vestito di Eleonor. Tutto andò secondo i piani, Eleonor andò furiosa a cambiarsi, Lottie aveva qualcuno con cui passare la serata e Louis era salvo.
I due andarono in una terrazza, talmente grande da nasconderli da sguardi indiscreti, per poter stare un po’ da soli, la leggere brezza della sera li cullava e il chiasso non li raggiungeva. “Sono felice che sei venuto” gli disse Louis, avvicinandosi fino a sfiorare la spalla di Harry con la sua. “Anch’io sono felice di essere venuto” le guance di Harry erano leggermente rosse e il suo corpo era bollente per il caldo della sala. Il suo viso illuminato dalla luce fioca della luna era bellissimo. Louis si sentiva strano, non capiva che gli stava succedendo, ma non riuscì a fermarsi quando poggiò le sue labbra su quelle morbide di Harry.
Fu solo un contatto, un semplice sfiorarsi che fece scattare qualcosa nei due ragazzi. Harry si avventò sulle labbra di Louis, che ricambiò più che volentieri il bacio. Harry non aspettò e la sua lingua si fece strada immediatamente nella sua bocca calda, e immediatamente incontrò quella di Louis. Le mani di Louis andarono a stringere con forza i ricci di Harry, mentre quelle di Harry gli artigliarono i fianchi. Era un bacio violento, quasi disperato, dove cercavano il maggior contatto possibile, dove erano uno in funzione dell’altro. Si staccarono solo quando l’ossigeno cominciò a mancare e con i visi ancora vicinissimi “E questo che cos’era?” chiese Harry. “Non lo so” gli rispose Louis, prima di ricominciare a baciarlo. Le mani di Harry sul suo corpo erano bollenti e gli mandavano scariche lungo tutta la spina dorsale, prima di arrivare al suo membro, da quanto tempo Louis aveva sognato di poter baciare quelle labbra bellissime, finalmente ne aveva la possibilità. Si sentiva attratto da Harry, dai suoi occhi verdi come i prati in primavera, dal suo sorriso dolce come il miele, dal suo fisico che sembrava scolpito nel marmo e sperava con tutto se stesso che fosse così anche per Harry. Le sue speranze non erano vane, ma se era possibile, Harry era ancora più confuso di Louis. Non aveva mai provato sentimenti del genere e lo spaventavano, ma non riusciva a liberarsene, ad allontanarsi. Continuava a cercare le labbra di Louis come un usignolo cerca la primavera.
“Ti voglio Harry” gli sussurrò con voce roca Louis all’orecchio, aumentando la sua eccitazione, ma “Non posso essere tuo” gli rispose, quasi triste per questo. “Tu non sei un oggetto. Non appartieni a nessuno. Tanto meno a me” gli disse Louis, alternando una parola a un bacio sul collo, che fecero gemere Harry. Louis ridacchiò “Vedi che vuoi”, e Harry “Ho detto ‘non posso’, no ‘non voglio’” disse prima di avventarsi di nuovo sulle sue labbra. Delle voci più forti li fermarono, alcune persone stavano arrivando, così Louis prese per meno Harry e lo portò via. Girovagarono per la casa, correndo e ridendo e fermandosi a baciarsi a ogni angolo, fino a che non arrivarono davanti a una porta dove entrarono.
“Di chi è questa stanza?” chiese Harry. “Di nessuno. È una stanza per gli ospiti” gli rispose Louis, guardandolo con uno sguardo complice. Harry si buttò tra le sue braccia, facendo finire entrambi sul meraviglioso letto a baldacchino e baciandolo con trasporto. Louis lo spogliò con le mani tremanti di voglia, morendo internamente per ogni lembo di stoffa levato, per ogni pezzo di pelle scoperto. Il ragazzo sopra di lui ansimava, strusciandosi sopra di lui. Quando anche Louis fu privato dei suoi vestiti i due si guardarono, ma nei loro occhi non c’era imbarazzo, solo tanta tenerezza, voglia e passione. I due risero, rotolandosi tra le lenzuola di seta e mordendosi scherzosamente. Louis lo abbracciò da dietro e gli baciò la nuca, Harry si morse forte le labbra per non gemere, continuò a baciarlo lungo tutta la schiena dorsale, poi notò qualcosa di strano. Sulla pelle bianca come porcellana, proprio sotto la scapola sinistra, il segno di un albero le cui radici lo racchiudevano in un cerchio sporcava quella purezza. Louis si fermò ad osservarlo, ma subito Harry cercò di coprirlo. “È lo stemma di famiglia” disse prontamente “E perché ce l’hai tatuato?” chiese Louis, continuando a baciarlo, Harry non rispose, ma gli andò a succhiare il collo, mordendo di quando in quando la sua pelle, strappandogli gemiti rochi.
“E questo cos’è?” gli chiese a un certo punto Louis, passando la mano su un grosso livido sul fianco di Harry, facendolo gemere, questa volta di dolore. “Non è niente” si affrettò a dire lui, coprendosi con una mano la macchia violacea che stonava su quella pelle di latte. Louis lo guardò scettico. “Ti avevo detto che ero cascato dalle scale, no?” Louis intuì che Harry non voleva parlarne e, non volendo rovinare il momento, non chiese più nulla. Andò invece a baciare il livido, per poi continuare e risalire lungo tutto il petto di Harry. Lui gli mise le mani tra i capelli e ansimò pesantemente. “Sei bellissimo” fu il commento di Louis, di fronte alla sua faccia eccitata. Harry sorrise e gli morse delicato il labbro inferiore. “Non lo stai facendo solo per un tuo piccolo momento di ribellione verso la società, vero?” gli chiese Harry, posizionandosi sopra di lui. “Tu cosa ne pensi?” chiese Louis, andando improvvisamente a leccare tutta la sua lunghezza. Harry gemette pesantemente, sbarrando gli occhi e aprendo la bocca, voleva gridare ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, mentre la lingua di Louis bagnava il suo membro con attenzione. Partiva dalla base, Harry ansimava, premeva sulla vena che attraversava sporgente la sua erezione, Harry gemeva, succhiava la punta, Harry artigliava i suoi capelli, inglobava il suo membro nella sua bocca caldissima, Harry urlava il suo nome. La bocca di Louis era come l’Inferno e il membro di Harry era il peggiore dei peccatori, divorava la sua erezione e un attimo dopo la liberava. Harry si sentiva impazzire. Le sue mani tirarono i capelli color del miele di Louis, per spingerlo ad andare più a fondo, ma Louis le scacciò, guardandolo male, come per dirgli di non intromettersi, che quello era un discorso solo tra lui e il suo cazzo durissimo, poi spinse così a fondo il suo membro che Harry sentì con la punta la parte morbida della sua gola e a quel punto urlò. Il suo membro eretto al massimo nella sua bocca, il rumore della punta che sbatteva sul fondo della sua gola, le dita di Louis sottili e delicate, troppo per un uomo, che gli andavano a solleticare i testicoli. Harry venne con in mente tutto questo e anche di più, con duemila parole incastonate nella lingua, con tremila sensazioni annodate tra i ricci, con il piacere sulla punta delle dita, Harry urlò il nome Louis mentre veniva, lo stesso Louis che ingoiò tutto il suo seme e che poi lo baciò a bocca aperta. Harry non pensava che una persona potesse provare un piacere così intenso o forse è solo perché era Louis? Harry non lo sapeva, ma non gli sembrava poi così importante mentre Louis gli stava sorridendo e il suo sorriso risplendeva più del sole.
“È la prima volta che faccio una cosa del genere” disse Louis, come a volersi scusare per non essere stato abbastanza bravo, come a dire ‘se me ne dai la possibilità, la prossima volta sarà anche meglio’, mentre per la prima volta Harry lo vide in imbarazzo. Poi gli cinse il collo con le braccia forti e “Sei stato fantastico” gli disse, mordendogli una clavicola. Harry gli si posizionò sopra, ricominciando a baciarlo, facendo lottare le loro lingue, si strusciava sul corpo di Louis, andando a stimolargli la sua erezione ancora inappagata. Louis si riposizionò sopra di lui e con le labbra sulle sue gli chiese “Posso?” proprio mentre un dito andava a premere nella sua apertura. Improvvisamente Harry si irrigidì e lo scansò violentemente. “Che ti è preso?” gli chiese arrabbiato Louis “Io- io ecco” il corpo di Harry tremava e il suo sguardo era perso nel vuoto “Harry che c’è?” gli chiese, cominciando a preoccuparsi “Te l’ho detto, non posso essere tuo” gli disse, con un filo di voce, quasi avesse avuto paura che qualcuno lo sentisse “Pensavo lo volessi anche tu” Harry sembrò improvvisamente riportato alla realtà e esclamò “Lo voglio! Ma non è così semplice” “Cosa c’è di complicato?” gli chiese. “Non puoi capire” la voce di Harry era un sussurro “Se me lo spieghi magari potrei” gli rispose prontamente Louis. “Non posso”“Perché?” Louis cominciava a spazientirsi “Perché ho paura che dopo tu non voglia più vedermi” Harry lo guardò negli occhi mentre lo diceva e a Louis sembrò di aver ricevuto una pugnalata in pieno petto. I suoi occhi erano lucidissimi e uno strato di lacrime minacciava di voler scendere giù, poi Harry ricominciò a vestirsi.
Louis lo guardava sbigottito, si stava davvero rivestendo per andarsene. Harry aveva finito di sistemare i pantaloni, ma , prima di infilarsi la camicia, la porta si spalancò. Si presentò un uomo e a quella vista il volto di Harry si tramutò in puro terrore. “Mio signore” disse Harry, la sua voce tremava, come il suo corpo. Louis non capiva, chi era quell’uomo. Era vestito di tutto punto, come se fosse anch’esso un invitato della festa, il suo sguardo era orribile, sembrava una belva sul punto di scagliarsi sulla sua preda.
Si avvicinò lentamente a Harry, mentre lui, altrettanto lentamente indietreggiava, poi inciampò tra i suoi stivali a terra e cadde. Quell’uomo lo raggiunse definitivamente e lo tirò su per i capelli e “Che cosa stai facendo?” gli chiese con una voce terribile, che fece gelare il sangue nelle vene a Louis. “Mi dispiace, mio signore. Non è successo niente, davvero.” Harry aveva paura, non aveva mai avuto così tanta paura di lui in tutta a sua vita, perché non aveva mai fatto niente che lo avrebbe fatto arrabbiare. Ora invece, aveva violato l’unica regola che non avrebbe mai dovuto infrangere. Un pugno gli arrivò in pieno viso, facendo urlare Louis, che si alzò e, coprendo il suo corpo nudo con il lenzuolo, si avvicinò a Harry. Era di nuovo a terra e quell’uomo lo sovrastava, Louis si avvicinò, ma gli occhi di quella persona lo fermarono. “Non ti azzardare a toccarlo” gli urlò, ma quell’uomo prese Louis per il collo e lo sollevò da terra. “Non è uno stupido ragazzino a dirmi come trattare le mie cose”, poi lo lasciò, afferrò Harry per un braccio e lo trascinò via. L’ultima cosa che Louis vide fu quello strano tatuaggio che marchiava la pelle diafana di Harry.
Passarono cinque minuti, in cui Louis non si azzardò a muoversi. Era spaventato, aveva davvero paura che potesse accadere qualcosa a Harry e non sapeva cosa fare. Si alzò e andò a cercare i suoi vestiti, come se fosse in trans, quando una voce lo riportò alla realtà “Stai bene, Boo Bear?” “Lottie” Louis era quasi sollevato di vederla, anche se era completamente nudo e ancora sporco dello sperma di Harry. Lottie si avvicinò a Louis preoccupata “Che è successo?” gli chiese e Louis “Io-io e Harry..” cercò di dire. “Non quello. Non voglio i dettagli della tua vita sessuale” Lottie era arrabbiata, ma non con Louis “Non voglio sapere cosa hai fatto con Harry, ma perché lui non è qui” Louis si sedette sul letto”Un tipo lo ha portato via” le dolci manine di Lottie gli accarezzavano i capelli, cercando di confortarlo “Che cosa? Suo padre vi ha scoperto?” chiese sbigottita “Suo padre?” Louis non capiva “È arrivato un tipo dicendo di essere suo padre. Era grosso e vestito bene. Harry se ne è andato con lui.” Spiegò Lottie. Louis non capiva, Harry aveva chiamato quell’uomo ‘mio signore’, perché avrebbe dovuto spacciarsi per suo padre e che vuol dire ‘mio signore’? Harry apparteneva all’ aristocrazia, perché avrebbe dovuto chiamare qualcuno ‘mio signore’? C’erano troppe domande a cui non riusciva a dare una risposta, poi Lottie lo abbracciò. “Non pensarci ora. Domani si sistemerà tutto, non preoccuparti” lo rassicurò lei. “Lottie sono io il fratello maggiore, non c’è bisogno che mi consoli” lei rise, ma non sciolse l’abbracciò. Louis ricambiò, per poi dire “Grazie” e lei sapeva che quella semplice parola aveva in sé tanti significati. Poi Lottie lo lasciò solo e Louis si rivestì e si preparò. Nella mente aveva ancora il corpo bellissimo di Harry, i suoi muscoli sodi, il suono della sua voce, la sua schiena armoniosa, il suo tatuaggio. Il tatuaggio!! Louis improvvisamente parve risvegliarsi. Aveva già visto quel simbolo ed era certo che non era lo stemma di famiglia di Harry.
Si sbrigò a vestirsi, scese di corse nella sala, dove la festa era ancora in corso, chiamò Lottie e insieme tornarono in tutta fretta a casa.
Louis passò tutta la notte alla ricerca di un libro, un libro che aveva letto poco tempo prima e che ricordava bene contenesse quel simbolo.
Harry fu sbattuto violentemente dentro la carrozza di Mr. Styles, che per tutto il tragitto non disse una parola. Harry non osava guardarlo in faccia o dire qualsiasi cosa, aspettava rassegnato ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Quando arrivarono a casa, a Riber Hall, Robin Styles uscì dalla carrozza, senza aspettare che qualcuno venisse ad aiutarlo e varcò l’enorme portone della grande villa. Non guardò Harry, ma lui comunque sapeva di doverlo seguire, non lo guardava mai negli occhi quando erano loro due da soli, tranne in poche occasioni. Mr. Styles era sempre rimasto freddo e distaccato, crudele e indifferente, mai una parola gentile, mai un sorriso. Aveva dato a Harry un educazione degna di qualsiasi altro nobile, ma questo solo perché riteneva che il suo giocattolo preferito dovesse essere degno del suo rango sociale. Inoltre spesso lo accompagnava in feste o occasioni importanti e perciò doveva avere un comportamento aristocratico. Harry non era altro che questo per lui, un oggetto, una sua proprietà che lui poteva sfruttare e usare come voleva, non c’era compassione, non c’erano sentimenti nei suoi gesti.
Mr. Styles si avviò nella sua camera da letto, superando per il corridoio diversi servi che tentavano di fermarlo, sapendo già cosa sarebbe successo non appena i due si fossero chiusi nella stanza. Ogni persona in quella casa aveva a cuore Harry e più di una volta avevano tentato di fermare la furia del loro padrone nei suoi confronti, non ottenendo altro che punizioni e maggiore violenza per Harry. “Mio signore.. io..” Harry provò a spiegare la situazione, ma lui non gliene diede il tempo, lo prese per il collo della camicia di seta pregiata, profumata di Louis, e gli disse con voce cattiva “Lo sai che non mi piace quando qualcuno tocca le mie cose”, facendo rabbrividire Harry. Il suo alito si infrangeva sul viso di Harry, che a ogni suo respiro socchiudeva gli occhi. “Ecco perché con lui sono andato volontariamente. Perché lui mi ha sempre trattato per quello che sono, una persona ”la sua voce tremava e aveva paura, ma gli disse queste parole con una faccia disgustata e sprezzante, che lo fece arrabbiare ancora di più. Mr. Styles lo scaraventò con violenza sul letto, lo girò di schiena e gli alzò la camicia quel tanto che bastava per poter vedere il marchio “Ricordati che finche avrai questo segno sul tuo corpo tu mi apparterrai” Harry non si mosse, irrigidì ogni muscolo del suo corpo, cercando di non ribellarsi. Non doveva opporsi o avrebbe fatto ancora più male. Strinse tra le mani il lenzuolo e si morse le labbra a sangue, mentre le mani enormi e viscide di Mr Styles gli accarezzavano la schiena, procurandogli brividi di freddo. “Dove ti ha toccato quel ragazzo?” gli chiese, avvicinando le labbra al suo orecchio, sovrastando il suo corpo. “Scommetto che le sue mani ti hanno accarezzato i capelli” disse tirandogli i suoi splendidi ricci,provocando in Harry un gemito di dolore “Poi sono scese fino al collo” e strinse tra le dita il collo bianco e immacolato di Harry, lo strinse forte, mentre Harry si dimenava sotto di lui, cercando più aria, la pressione aumentava, come aumentava la paura di Harry. Lo lasciò quando Harry proprio non ce la faceva più, ma non gli lasciò il tempo di riprendere aria, perché gli arrivò un pugno sul viso. il dolore di Harry era forte, ma non si oppose, questo rituale d’altronde andava avanti da molto, da quel giorno di tanto tempo fa. Mr. Styles lanciò il corpo di Harry per terra e cominciò a colpirlo, lo riempiva di calci e di pugni e Harry subiva, immobile, senza dire niente. “Almeno dopo ti ha pagato? Perché non sei altro che questo, una puttana” gli urlò contro “È quello che voi mi avete fatto diventare” disse Harry, la voce spezzata dai suoi respiri pesanti, dopo aver ricevuto un calcio allo stomaco. Queste ultime parole fecero esplodere Mr. Styles che gli strappò i vestiti di dosso con violenza, lo trascinò sul letto e gli coprì la bocca con una mano. Gli occhi di Harry si riempirono di lacrime, ma nessuna di loro uscì, aveva smesso di piangere, ormai non aveva più nemmeno la possibilità di sfogarsi in un pianto. Mr. Styles si slacciò velocemente i pantaloni e gli allargò le gambe nude “Sei solo una puttana” gli disse, prima di penetrarlo di colpo, a secco. Le urla di Harry risuonarono per tutta la villa, mentre Mr. Styles violava il suo corpo. Gli teneva fermi i polsi sopra la testa, con una sola mano, mentre con l’altra spingeva sempre di più il suo corpo verso di lui, cercando sempre più piacere. Non si fermò né davanti alle preghiere e alle suppliche di Harry, né quando il sangue cominciò a sporcare le lenzuola candide, la sua furia era inarrestabile.
Quando le prime luci dell’alba accarezzarono il corpo stremato di Harry, di Mr. Styles non c’era più traccia. Dopo quelle terribili violenze, Mr. Styles se ne andava subito via, non si fermava mai, per nessun motivo e Harry ne era felice, perché non avrebbe sopportato di vederlo ancora. Tornava solo la sera, quando Harry si era ripreso, quando poteva distruggerlo di nuovo.
Cercò di alzarsi dal letto, ma il suo corpo non glielo permise. Poi la porta si aprì e fece la sua comparsa Cassie, una delle servitrici, la migliore amica di Harry. “Oh mio Dio!! Guarda come ti ha ridotto!!” esclamò preoccupata, andandogli incontro. “Buongiorno anche a te, Cassie” cercò di sdrammatizzare Harry, senza successo. “Il padrone è appena partito, ha detto che starà fuori una settimana, non so dove è andato, ma sembrava una cosa importante” lo informò Cassie, togliendo le lenzuola macchiate di rosso dal suo corpo e cominciando a medicarlo. “Due giorni fa è arrivata una lettera di una sua conoscenza che abita a Lyme, potrebbe essere andato lì” Harry si ricordava bene di quando la lettera era arrivata, aveva fatto molto felice il suo padrone e di conseguenza quel giorno non era successo niente ed era raro che capitasse.
“Louis sono le sette. Dovresti prepararti per andare in accademia” la voce di Lottie risvegliò Louis, che si era addormentato sopra un grosso volume scritto a mano del 1500. Sobbalzò dalla grande poltrona in velluto sulla quale era seduto e si guardò intorno, non capendo dove fosse. Poi, improvvisamente, ogni avvenimento della notte scorsa gli tornò alla mente. Il bacio sulla terrazza dei Calder, i loro momenti di passione, l’arrivo di quel signore che aveva picchiato Harry e lo aveva portato via da lui. Tutto gli tornò alla mente, anche ciò che quella notte aveva scoperto sul segno che marchiava la pelle di Harry. Louis si preparò in fretta e uscì di casa, ma non andò alla Sant James, si avviò invece a casa di Harry.
Quando Louis arrivò a Riber Hall, Cassie stava ancora medicando Harry. Louis, alla vista del suo corpo ricoperto di lividi e ferite, sbiancò, mentre Harry, confuso, non capiva per quale motivo fosse venuto. Pensava che Louis avesse capito tutto e si aspettava che non volesse avere più nulla a che fare con lui, invece ora gli stava chiedendo con sguardo preoccupato “Come stai Harry?”. “Non preoccuparti Louis, è tutto ok” cercò di rassicurarlo Harry, senza successo “Non è tutto ok, guarda come ti ha ridotto” disse lui, accarezzandogli delicatamente una guancia. “Cassie, ci puoi lasciare da soli?” chiese Harry alla sua amica. “Ma certo Harry.. comunque complimenti, anche io trasgredirei le regole per uno così” gli disse con il suo solito sorrisetto furbo, facendolo sorridere, ma quando fu uscita il suo sorriso scomparve subito.
“Se sei venuto qui così presto immagino che sia perché hai scoperto tutto, vero?” chiese Harry, certo che Louis sapesse di cosa stava parlando. “Perché non me l’hai mai detto?” chiese lui sedendogli accanto. “Se l’avessi fatto, saresti rimasto?” Harry aveva gli occhi lucidi e gli faceva male la testa. “Harry, io non vado da nessuna parte”. Louis disse questo guardandolo dritto negli occhi, con il viso vicinissimo al suo.
Harry gli aveva dato la certezza, ora Louis sapeva, ora capiva. Harry era uno schiavo di Mr. Styles e in quanto tale non aveva nessuna libertà. “Da quanto tempo?” gli chiese, stringendogli una mano, per fargli capire che lui era lì per lui “Da sempre, credo. Mi ha preso con sé quando avevo sei anni” gli rispose. Louis continuò con le domande, nonostante avesse paura di ferirlo, voleva sapere di più, voleva sapere tutto di lui “E la tua famiglia?” Harry rispose “Eravamo molto poveri, hanno venduto me e mia sorella a un organizzazione criminale, che a sua volta mi ha venduto a Mr. Styles. Il marchio che ho dietro la schiena è quello dell’organizzazione” ma ricordare quel periodo era straziante, aveva tentato in tutti i modi di dimenticare, ma ogni sera, quando chiudeva gli occhi quei suoni, quelle immagini, la paura, la sofferenza, ritornavano.
Louis lo abbracciò delicatamente, attento a non fargli male. “Andrà tutto bene, Harry. Ci sono io con te” Harry ricambiò l’abbraccio e gli stampò un dolce bacio sulle labbra, in un modo tenero e quasi infantile, di quell’infanzia che gli era stata negata.
Louis passò tutta la giornata con Harry, fece la conoscenza di tutte le persone di Riber Hall, da Cassie, al cuoco Phin, al giardiniere Dan e tutti quanti lo trattarono come se fosse un loro caro amico. Louis fu piacevolmente sorpreso di questo, in quella casa, dove scene terribili e violente erano all’ordine del giorno, erano tutti felici e sorridenti, cordiali e accoglienti, e Louis quasi invidiò una tale forza d’animo.
Quando Louis andò via da quella casa sentì come se avesse lasciato indietro un pezzo del suo cuore e lottò contro l’impulso di tornare indietro, di tornare da Harry, ma non lo fece, andò a casa sua, salutò la sua dolce sorellina e si immerse nella lettura di un buon libro, cercando in tutti i modi di non pensare a Harry.
Passarono tre giorni, in cui Louis si prese amabilmente cura di Harry, non fecero accenno a quella notte passata dai Calder, ma ogni tanto uno dei due sorprendeva l’altro con un dolce bacio. Al quarto giorno da quando Mr. Styles era partito, Harry stava molto meglio ed era quasi completamente guarito.
“Non sono abituato a farmi accudire in questo modo, è strano” disse Harry, mentre anche quella mattina Louis gli portava la colazione in camera. “Ritengo che merito una bella ricompensa per tutto il lavoro che mi stai facendo fare. Insomma, non si è mai visto che un nobile porta a qualcuno la colazione a letto.” Disse Louis, arricciando le labbra e facendo ridere Harry. I due si sedettero sul letto e iniziarono a mangiare. “Oggi devo andare a un’altra festa. Mia madre mi ha detto di invitarti, ti va di venire?” Harry si sorprese di quell’invito inaspettato, ma accettò con gioia. “Sono così felice di piacere alla tua famiglia” disse abbracciandolo allegro “Non piaci solo a loro.. piaci anche a me” disse Louis scherzoso, prima di baciarlo con passione. Le loro mani erano dappertutto e le loro lingue si cercavano, era un bacio pieno di voglia e di desiderio, ma Louis si fermò non appena Harry gemette di dolore per un livido non ancora scomparso. “Lou” lo richiamò Harry, cercando le sue labbra, ma lui si spostò “Non sei ancora guarito, non voglio farti male” “Sono abituato al dolore, sta tranquillo” ma Louis lo prese per le spalle e lo fissò intensamente “Io non sono come Mr. Styles, io non ti farò mai del male” e lo disse con così tanta sicurezza e ardore che Harry arrossì. Era la prima volta che qualcuno si preoccupava così tanto per lui, era la prima volta che qualcuno metteva la sua felicità e la sua salute al primo posto. Era una sensazione meravigliosa.
Quando il sole calò all’orizzonte i due erano già pronti, vestiti dei loro abiti migliori, e aspettavano la carrozza dei Tomlinson che li sarebbe venuti a prendere. Dopo circa venti minuti giunsero in un’enorme villa, probabilmente il doppio della casa di Louis e sicuramente più rumorosa. La musica, le luci e tutte quelle persone vestite elegantemente quasi intimorirono Harry, ma successivamente la festa si dimostrò non meno noiosa dell’ultima a cui aveva partecipato. Si presentava a gente illustre, ballava con qualche dama, chiacchierava con dei giovani aristocratici, ma la parte più bella era quando Louis trovava degli angoli appartati e lo baciava. Avevano trovato una specie di sgabuzzino, mentre loro lingue lottavano, mentre le loro mani si cercavano. Harry aveva la schiena appoggiata contro il muro e la mezza erezione di Louis premuta contro la gamba. I loro respiri veloci si mischiavano, mentre si sussurravano frasi oscene, per poi tornare a baciarsi.
Improvvisamente furono fermati da una voce. “Non ne posso più!! Ho deciso, mollo tutto!!” “Sir Wilberforce non dite così, la prego” disse un'altra voce. “Basta!! Lasciatemi da solo!” continuò la prima voce. Poi ritornò il silenzio. Uscirono dal loro nascondiglio e videro un uomo, era poggiato contro il muro e si massaggiava le tempie con due dita, sembrava molto stressato. “Va tutto bene?” gli chiese Harry, mentre Louis cercava invano di fermarlo. Non sapevano chi era e si sarebbe posto delle domande sul perché erano lì e da soli. Ma quell’uomo rispose solo “Andrà tutto bene quando questo fiume di scelleratezza e crudeltà sarà arginato” “Io sono Harry e lui è Louis, tu come ti chiami?” Harry gli parlò come se fosse un bambino che parla con un suo nuovo compagno di scuola, mettendo in mostra le sue dolce fossette in un sorriso al miele e cannella. Lui si sorprese di quell’atteggiamento così confidenziale, ma fortunatamente non in senso negativo “Sono William Wilberforce, deputato del Parlamento Inglese, molto piacere” disse sorridendo dolcemente. “Qual è il problema, Will?” Harry si stava prendendo decisamente troppa confidenza e rimediò una gomitata dal fianco da Louis, che lo guardò male cercando di dirgli di stare zitto. Sir Wilberforce non fece caso al nomignolo di Harry e “La libertà” disse solamente. Harry e Louis lo guardarono interrogativi e lui continuò “L’impegno della mia vita è quello di propugnare i diritti di coloro che non hanno voce. Di coloro che non sono considerati nemmeno esseri umani e pertanto sono trattati come bestie, comprati e venduti.” “Vuole far abolire la schiavitù?” chiese Louis e lui annuì, “Ormai non ha più importanza, dopo vent’anni di lavoro e undici bocciature di proposte di legge credo che sia il momento di deporre le armi e arrendersi”, disse sconsolato. “NO!!” urlò Harry “Non deve arrendersi!!! Ci sono tantissime persone che hanno bisogno del suo aiuto, se lei è davvero intenzionato a fare qualcosa per cambiare il mondo, la prego non si arrenda!!” Harry non poteva crederci, c’era davvero qualcuno che si batteva per i diritti degli schiavi. Se la schiavitù fosse finita, lui sarebbe stato libero. Era quello che sognava da tutta la vita. “Mi dispiace ragazzo, ormai è troppo tardi” “Non è troppo tardi!! Per favore Sir Wilberforcelei deve aiutarci!!” Harry era talmente preso dall’enfasi che non si accorse di quel piccolo pronome alla fine della frase, ma Sir Wilberforce si. Louis tirò Harry per il braccio e cercò di portarlo via, ma Sir Wilberforce li fermò. “Voi chi siete?” chiese loro, inchiodandoli sul posto solo con il suo sguardo. “Se lei continuerà a lottare, noi forse un giorno potremo stare insieme” Harry non sapeva bene cosa stava dicendo,le parole gli usciva di bocca senza che lui potesse controllarle. “Harry, stai zitto! Non puoi dire queste cosa a uno sconosciuto!” lo rimproverò Louis, temendo che quel tipo appena conosciuto lo rivelasse in giro. Se si fosse saputo avrebbero dovuto separarsi e lui non voleva questo. “Ma, Lou!” Harry lo guardò con i suoi grandi occhi liquidi e lui si sciolse “Scusa, è solo che non voglio perderti” gli disse, prendendolo per mano. Sir Wilberforce si commosse davanti a quella scena e li rassicurò “Tranquilli ragazzi, non ho intenzione di dire niente a nessuno” “Grazie Sir Wilberforce” risposero i due in coro. “E non ho neanche intenzione di arrendermi, vi aiuterò Harry te lo prometto” il viso di Harry si illuminò in un enorme sorriso e lo abbracciò forte “Grazie!!” gli disse, felicissimo.
Era il 3 febbraio, il 25 marzo 1807, l’autorità reale inglese dichiarò il proprio consenso alla legge denominata ‘Act for the Abolition of the Slave Trade’ approvata prima dalla Camera dei Comuni e poi dalla Camera dei Lords con 283 si e 16 no. Il commercio degli schiavi viene definitivamente dichiarato illegale in tutte le colonie Britanniche.
Ok, questa e' la parte che preferisco, e come vedi ho incollato tutta la storia, perché è semplicemente stupenda!
Complimenti, sei bravissima!!!
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