(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte) “Cor Mortem Ducens” è una storia che offre molto più di quanto sia lecito chiedere ad una fan fiction. Non lo dico per sminuire la categoria, ma per sottolineare il valore di una storia che, per motivi che cercherò di sviscerare nella maniera più esaustiva possibile, spicca su tutte le altre per originalità e spessore. Non mi soffermerò più di tanto sulla prosa magistrale e sul linguaggio, forbito e preziosissimo, di cui l’autrice si avvale (non perché li ritenga un elemento secondario, anzi, ma di autrici in grado di scrivere correttamente ce ne sono a bizzeffe) e che, a mio avviso, restituiscono il piacere della lettura in un sito (in un paese) in cui l’Italiano è sempre più spesso maltrattato. Gli elementi su cui desidero soffermarmi (che son poi le ragioni che mi hanno spinta a segnalare questa storia) sono la straordinarietà della trama, impareggiabile per bellezza e creatività, e il modo impeccabile in cui la stessa viene sviluppata. In un fandom in cui le storie fotocopia si sprecano, gli stereotipi abbondano e l’estro latita, Nemeryal da vita ad un’incredibile amalgama di mitologia greca e cinematografia Marvel (con, in aggiunta, riferimenti alla versione fumettistica dell’universo marvelliano), facendo sfoggio di un’erudizione invidiabile e, soprattutto, non fine a se stessa, ma messa al servizio della narrazione. La conoscenza, peculiare e profonda, della tradizione mitica greca le consente di architettare una trama in cui divinità e personaggi epici si incontrano e si scontrano con i protagonisti del mondo Marvel, dando vita ad un’interazione suggestiva e credibilissima che mantiene perfettamente integra la natura di tutti i caratteri. In questa storia (precisamente nel capitolo quattro) Tony Stark si reca a Vathy e rintraccia Ulisse, la cui identità viene svelata facendo ricorso al celeberrimo nome che l’eroe, nell’Odissea, si attribuisce per ingannare Polifemo, a testimonianza del criterio e della correttezza con cui l’aspetto prettamente mitologico viene trattato e proposto.
Nel capitolo successivo, Hulk e la Vedova Nera si imbattono in un musico (“l’Artista”) capace di incantare gli uomini fino a soggiogarli con il suono del proprio violino, che si scopre essere Orfeo. Suggerisco caldamente la lettura del pezzo, sempre nel capitolo sei, dedicato alla descrizione degli effetti estatici che la sua musica è in grado di suscitare e di cui persino Natasha Romanoff resta vittima. Non finisce qui: la gamma di dei ed eroi che “Cor Mortem Ducens” ha offerto fino ad ora è vastissima (comprende, tra gli altri, una sensualissima Venere descritta nel capitolo tre e una poderosa versione delle tre parche presentate nel capitolo due) e rivela un bagaglio culturale di grandissimo spessore. Un’altra qualità che merita di essere rilevata è l’icasticità delle descrizioni, che raggiunge vette tanto elevate da trasformare alcuni stralci del racconto in vere e proprie fotografie, che consentono al lettore di guardare con i propri occhi la cornice in cui si svolgono i fatti. Basti guardare, a questo proposito, il maestoso quadro degli Inferi con cui si apre il capitolo cinque: “Davanti, attorno, sotto di lui un’uniformità tanto grigia da sembrare solida: dava l’impressione di un cubo delimitato da spesse pareti metalliche, ma appena Steve socchiudeva le palpebre alla ricerca di un particolare in più, ecco che l’orizzonte si curvava e il soffitto lo sormontava come una cupola o l’abside di una chiesa. Non c’era nulla a sostenere la volta, non colonne o trabeazioni di alcun genere e forse nemmeno si trattava di una vera e propria volta, forse neanche di un vero e proprio soffitto. L’idea stessa di una delimitazione era illogica, quando il pavimento, o il terreno o in qualunque modo lo si volesse chiamare, si estendeva per miglia oltre lo sguardo e s’innalzava improvvisamente, staccando dal grigiore opprimente una corona di merli e cuspidi.
Un mondo di eterna fissità in continuo divenire.
Avanzare gli parve l’unica soluzione appetibile, salvo poi accorgersi di come non fosse lui a muoversi, ma l’intorno a balzagli addosso. D’un tratto non c’erano più né il sopra, né il sotto, nemmeno erano mai esistiti se non come preconcetti della propria mente: destra, sinistra, secondi e minuti, qualsiasi qualificazione e quantificazione si dimostrava vana in un luogo che sembrava trascendere ogni tentativo di modellarla al volere umano.
Camminò, camminò e camminò ancora. Grigio, sempre grigio, solo grigio”. Questo è soltanto uno stralcio che, per quanto lungo, mi son sentita in dovere di riportare, perché in una segnalazione è più giusto, a mio avviso, lasciar parlare in maniera diretta la storia che si sta proponendo, piuttosto che limitarsi a lodarle.
“Cor Mortem Ducens” è un’avventura ricca ed entusiasmante che tutti gli amanti degli Avengers e della bella scrittura dovrebbero intraprendere. (Recensione modificata il 20/08/2013 - 12:30 pm) |