Buondì, Hinata-san.
Ti accolgo con un benvenuto, essendo al principio e alla partenza!
Il testo è ben scritto, di una brevità tale da essere immediato ed affidare la rigidità di un'emozione incerta, dubbiosa, che trascina a sé i suoi pensieri confusionali. Una perpetua dannazione da cui la morte non è capace di fuggire. Una morte che riproduce un tentativo esasperato di fuga da una colpevolezza piuttosto innocente biasimata da una mente che cede all'oblio di un ricordo malsano, di polveri e carni che non tacciono dinanzi una corrosione collerica e insoddisfatta. Il tutto provocato da un sorriso e un piacevole gesto divenuto incapace di proiettarsi in un futuro realizzabile a causa di una radicata instabilità interiore, di una debolezza che ha percosso e placato nel medesimo istante l'istinto benevolente della donna nel caotico stato d'incomprensione e di accenno di consapevolezza nel riscontrare un certo attaccamento sfuggente ch'ella riserba nei confronti di Ulquiorra. Un attaccamento che realizza durante la conclusione, parallelo se non coincidente alla realizzazione di una presunta colpa che conduce Inoue al disfacimento definitivo e alla ricerca di un ricongiungimento che giace nel dubbio. Ovviamente tutto ciò è una mia semplice percezione. L'interpretazione è relativa. Non sono dell'idea che Orihime sarebbe giunta ad un'azione tanto radicale, poiché nonostante la sua profonda sensibilità e ciò che lei definirebbe fragilità (che io definisco come dimostrazione delle proprie paure e dunque punto di forza), sarebbe stata cosciente della dolore che i suoi amici avrebbero affrontato in seguito alla sua improvvisa e atroce assenza. E per quanto Orihime sminuisca la propria umana condizione, non avrebbe sottovalutato questa eventualità, supportata dalla sua finezza, delicatezza e clemenza d'animo. In ogni caso, questa versione alternativa è ben fatta! Complimenti, Hinata-san. |
