Sono poche le volte che recensisco.
Per mancanza di tempo, soprattutto. E un po', legato a questo, per il fatto che, per me, recensire significa riflettere molto; non mi accontento di poche parole scarabocchiate in fretta. No. Ci vuole tempo; e di tempo ne ho sempre troppo poco.
Tuttavia, questa piccola meraviglia in cui sono inciampata per caso merita un commento appropriato.
Di come tu sia riuscita a creare un'atmosfera di attesa e velata ironia. Non quella che fa sorridere, ma quell'aprosdoketon, quel rovesciamento gustoso che chi segue la serie sa ben afferrare e che rende piacevolissima la lettura. Neal, in effetti, è un re.
Un re sotto molti aspetti; un re senza regno e senza corona.
E di questo suo atteggiamento, di ribalta e insieme sfuggevolezza, sei riuscita a dare un'immagine viva, palpabile.
Come di Peter: l'agente soddisfatto, il vincitore di una partita a scacchi troppo a lungo posticipata nel suo finale. E la conclusione tanto attesa è proprio quell'agrodolce degli scacchi: la vittoria e un pizzico di inebetita incredulità. Come se, effettivamente, ci fosse dell'altro dietro.
Peter come pedone; e Neal come cavallo.
Davvero. Scelta migliore e più icastica non petava esserci.
E per questa idea, oltre che per la resa accurata anche dal punto di vista stilistico (cosa sempre più rara, ormai. E per questo meriti davvero un plauso particolare), ti faccio i miei più vivi e sinceri complimenti.
Avalon |