Oh...
Credo sia la quarta volta che rileggo questa poesia. E ancora non so bene cosa dire. L'ho messa tra le preferite perché si è incagliata nel mio cuore, ma a parole non saprei dare un giudizio sincero, perché le parole, troppo spesso, non riescono ad esprimere sinceramente ed onestamente quello che proviamo, spesso lo distorcono e lo fanno apparire qualcosa di completamente diverso. E mi rendo conto ora della lunghezza della frase precedente, ma non saprei dove interromperla e quindi pace.
Questa poesia è... un cervello inchiodato che si dimena, che cerca di schiodarsi, come un disco incantato che cerca di suonare la traccia successiva ma proprio non ce la fa. Io sono stata un cervello inchiodato e non voglio, non voglio esserlo piu . Mi definisco ora un cervello fuori uso, perché forse il mio talento era proprio quello di essere incantata e immobilizzata sempre sugli stessi pensieri. E scusami se parlo di me, ma questa poesia ha risvegliato dolori imperituri e mai assopiti, che scalpitano per venire alla luce, giorno dopo giorno.
"Il brulicare di sequenze mnemoniche miopi a calcificare il tuo emigrare" è di questo che parlo, di un'assenza che è sempre presenza, che è sempre dolore, che calcifica come un osso rotto dentro di te e che calcifica male perché forse ti farà male per sempre e sicuramente quando cambia il tempo. L'amore è un osso rotto, ho trovato la mia nuova verità.
Se prima dei versi da me citati la poesia era incantevole (dolorosamente incantevole) il seguito è qualcosa che va addirittura oltre. Mi si è davvero inciso dentro. I calli sui denti... spettacolare.
E la conclusione, beh, non la voglio commentare, credo si commenti da sé.
Amo questa poesia. La santo talmente mia che mi sembrerebbe un delitto pensare di dimenticarla mai. |
