Il capitolo inizia con l'angoscia di Lucius Malfoy, il suo tormento
assume diverse direzioni, ma hanno tutti come oggetto il figlio.
Il pensiero del dolore di Narcissa all'immolazione del figlio, il solo pensiero
che suo figlio possa soffrire sarebbe tale da ucciderla.
La sua stessa angoscia, essendo ben consapevole che il figlio è tutt'altro che
pronto ad una simile esperienza.
Il rimorso di non aver potuto far nulla per proteggerlo, per preservarlo ancora
dell'inevitabile, per fortificarlo nel corpo e nello spirito.
Il ricordo del passato, dei tempi in cui il suo Signore-Padrone sembrava essersi
dissolto e scomparso... tempi che - un Mangiamorte di spicco come lui non
potrebbe mai ammettere - erano di felicità e spensieratezza e il suo nido
familiare non era mai turbato o scomposto.
Non ha idea di come fare a dare la terribile notizia alla moglie, immaginando le
probabili reazioni e disperando che non perdesse il controllo, causando
ulteriori problemi e pericoli all'intera famiglia.
Lo fa nel solito modo diretto e spiccio, lo stesso brusco con il quale si è
rivolto al figlio, non lasciando trapelare le emozioni, le sue stesse
ansie e il conforto di cui anch'ella avrebbe urgente necessità in quel momento.
La richiama, invitandola a mantenere il controllo e seppur nel momento più
drammatico delle loro vite di genitori, le ricorda che in quel momento ogni
dimostrazione di dolore sarebbe inutile, al contrario, oltre che compromettente,
non sarebbe d'aiuto al figlio.
Narcissa Malfoy - il cui volto è già maschera di preoccupazione
e angoscia quando avverte il richiamo del marito - nell'arco di pochi istanti,
vedi adempirsi il suo più grande terrore e malgrado il dolore, mantiene un
contegno nobile e signorile.
Malgrado la sofferenza resta lucida a comprendere che il marito non ne abbia
responsabilità, ed è solo stando uniti, sostenendolo come sempre che potranno
mostrare una calma e un contegno che potranno rassicurare il figlio.
Ignora le domande che qualunque madre che vede il figlio percorrere un cammino
insidioso, potrebbe formularsi.
La necessità principale è che resti in vita.
Che si senta, malgrado tutto, confortato dalla loro presenza e dal loro tacito
sostegno.
Semplicemente una madre che per amore del figlio è disposta a far di tutto.
Anche morire di dolore per tenerlo in vita.
La scena si sposta su Severus che osserva il paesaggio fuori dal Maniero.
Ancora una volta è quasi lacerante e stride il contrasto tra il clima esterno e
quello all'interno di quelle mura.
L'immagine della neve che evoca il Natale alle porte, tutti stretti al focolare,
all'insegna dell'amore e della bontà d'anima che sono antonomasia stessa della
festività; e quel clima di terrore, di morte, di odio e di conflitto che si
respira tra le mura.
Un Severus che sta lui stesso pensando alla sorte del giovane, avvertendo
l'impulso di andare a constatare di persona le sue condizioni.
Accertare se il suo spirito è stato placato dal sentimento tiepido della
rassegnazione, una resa pacifica che gli dia una parvenza di controllo per
affrontare tutto quello che sarebbe successo dopo.
Lo vediamo, invece, dirigersi dal Signore Oscuro che gli affida un altro
insidioso quanto subdolo compito, condurre il prigioniero all'iniziazione del
suo coetaneo e antagonista.
Un Severus che come sempre internamente freme e sono febbrili i suoi pensieri e
le sue emozioni ma che indossa in modo impeccabile la sua maschera, nascondendo
le sue reali emozioni.
Severus che si avvicina cautamente al ragazzo, chiudendosi la porta alle
spalle, guardingo mentre decide con mente lucida e febbrile di parlare con il
giovane, prima di recarsi alla cerimonia.
Come sempre è un profondo turbamento che non ha parole, quello che prova
l'insegnante, incontrando lo sguardo del giovane.
Speranza e rabbia, collera e desiderio di protezione.
Come sempre cela le sue reali emozioni con le proprie capacità di chiudere la
mente e non tradirsi con la minima facciale, mentre si rivolge con fare diritto
e spiccio il giovane, illustrandogli il compito ricevuto dall'Oscuro Signore.
Azzardando un suggerimento, un consiglio che maschera come sempre dietro un velo
d'ironia e di sarcasmo, sollecitato da quel tono spiccio e diretto.
Tenendosi all'erta e controllandosi dal fare promesse azzardate, controllandosi
dall'infondere speranze infondate, suscitandogli ulteriore sofferenza.
Un Harry che troviamo in piedi nel momento in cui Severus entra nella
cella, cercando di camminare e scaldarsi. Un leone ferito e infangato ma il cui
sguardo febbrile e fiero si volta immediatamente nel momento in cui la porta si
apre, osservando il serpente che fa il suo ingresso, sibilando.
Non nasconde dallo sguardo e dal comportamento schivo e guardingo di essere
ancora diffidente nei confronti di quell'uomo ambiguo.
Eppure lui stesso si ritrova a rendersi conto, quasi rimproverandosi, che non
può malgrado tutto non associare a quella persona un soffuso e remoto lume di
speranza.
Ciononostante, nel momento in cui incrocia lo sguardo dell'uomo è una domanda
inaspettata quella che sgorga dalle sue labbra, lasciando completamente
disarmato il professore.
Un Harry che poi segue docile, calmo, pensoso e guardingo l'uomo che lo precede,
concentrandosi sui suoi stessi pensieri.
E tra i propri pensieri ci sono proprio quelli del giovane Malfoy, di
quell'ultimo colloquio tra di loro, di quello sguardo disperato nel quale gli
sputava addosso la propria verità e la propria sofferenza.
Ritrovandosi lui stesso a riflettere sulla condizione del giovane,
sull'imposizione di un destino molto più grande di lui.
Non molto differente da quello che è la mia vita.
Ciò anziché poterli unire, li aveva sempre divisi nel tempo, così come la
sofferenza dell'uomo davanti a lui non è mai riuscita a mitigare in un reciproco
incontrarsi, mettendo da parte reciproche recriminazioni ed errori.
Appena entrato nella sala, il giovane barcolla al dolore della cicatrice,
osservando la scena che gli si presentata davanti.
Un Draco (tu vuoi farmi morire T____T) inginocchiato ai piedi del Signore
Oscuro, che rabbrividisce nel momento in cui l'inevitabile sta per compiersi.
Con spasmodica disperazione cerca di controllare le proprie emozioni e il
proprio terrore. Ma basta la vicinanza fisica e morale dei genitori a poter in
qualche modo mitigare il turbamento interiore.
Qualunque cosa accada, ovunque il destino mi porti… non sono solo.
Trema quando l'Oscuro Signore gli chiede di prestare giuramento, incontrando
solo per un istante lo sguardo serpentino di quello che sta per divenire il suo
Padrone.
Per non morire, per non rischiare. Per me, per voi. Per la nostra famiglia.
Il marchio nero colora la sua pelle, decretando un destino che era sempre stato
scritto ma che fino all'ultimo, la sua famiglia, lui stesso e con loro tutti
noi, abbiamo quasi sperato non si adempisse.
Un capitolo tra i più intensi, mi sento di dire, soprattutto per quello che
riguarda la famiglia Malfoy.
Malgrado la drammaticità degli episodi, il turbamento dei tre personaggi, non si
può non cogliere la meraviglia di queste emozioni descritte.
Malgrado quello che sta per avvenire, malgrado i crimini di cui Lucius si è
macchiato, le angosce messe a tacere di una madre e il destino che si sta
delineando davanti al figlio, non si può negare l'amore che lega questi tre
personaggi.
Mero e puro amore avvolto nelle spire velenose di Lord Voldemort.
Ma non per questo meno forte o meno puro.
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