Eccomi, eccomi, eccomi.
Mi sono gustata questo capitolo per tre giorni, leggendolo e rileggendolo, soffermandomi sui paragrafi che ho amato di più. Inutile dire che quello incentrato sulla grigliata è stato il mio preferito in assoluto, insidiato, forse, da quello tra Benedetta e Marie Louise impegnate a salvare quella povera piantina d’edera.
Ma partiamo dall’inizio, vuoi?
Zachariasz che irrompe nel negozio, come l’avevamo lasciato lo scorso lunedì, è il classico padre incazzato con sua figlia. Perché gli ha mentito, perché frequenta un uomo più grande di lei e perché l’ha beccata in situazioni innocenti – ancora per quanto? – ma in cui nessun padre vorrebbe mai e poi mai trovare la propria figlia. E credo sia questo a metterci il carico, senza contare chi è JD e a quale gruppo faccia riferimento, pur se a latere. Pur se lui, coi Coyote, c’entra solo di striscio, ma visto quanto sta succedendo abbastanza semmai qualcuno, qualche vecchia conoscenza di Zac avesse bisogno di una scusa per menare le mani. Il litigio padre/figlia è stato delizioso e reale (alzi la mano chi, tra di noi, non ha mai litigato con suo padre in questo modo, proclamando di essere grandi e cresciute, ma comportandosi ancora da ragazzine che pestano i piedi a terra per avere il palloncino), ma il vero colpo da maestro è stato quello di Isa. Che ha spedito suo marito sul divano con grazia, classe ed eleganza. Uno a zero per la signora.
Benedetta, l’edera e Marie Louise sono un tris di donne che porta una ventata di problemi pratici nella storia. Ancorandola alla realtà pragmatica. Una non sa che pesci pigliare con la guerra tra gang, l’altra è preoccupata che una ragazzina con lo champagne negli occhi non faccia qualche sciocchezza. E tutte e due parlano di giardinaggio attorno ad una piantina d’edere che chiede aiuto e soccorso da tutta quell’acqua, sinestesia di un uomo che sta emergendo dall’ombra per motivi professionali, ma che forse a Benedetta farebbe piacere fosse per qualche altro motivo. O forse no. Come farebbe a lavorare ancora per Cardinale se fosse la donna di uno sbirro?
E la grigliata. Il paragrafo in assoluto più divertente, apprezzato e goduto, senza doppi sensi. Tiffany perfetta padrona di casa, Big D che arrostisce salsicce in giardino, Patti che sta alle calcagna di sua madre con il cestino del pane, come un pulcino che segue mamma oca in lungo e largo. E mi ha fatto molto piacere rivedere in scena Nathan e Gregory, specialmente Gregory, che, se non rammento male, era il metrosexual dell’improbabile trio – ora duo. Ho amato molto la chiacchierata al telefono tra JD e Honey, e ho solidarizzato con JD e il suo rifiuto di trovarsi in una situazione assurda. Perché se un lato di lui, quello serio, adulto e maturo, quello che ti fa aprire un negozio e mandare avanti la baracca da solo, comprende le ragioni di Zachariasz, quello che risiede un po’ più in basso (nel cuore, non nei pantaloni) è seccato. Perché lui ha intenzioni serie con Honey; forse non con l’anello e con un matrimonio da favola, ma di sicuro non è una storia di una notte o un passatempo perché lui non vuole farsi passare il prurito alla palle scopandosi una ragazzina. E se mette giù in quel modo, beh, Honey un po’ se l’è cercato. Nel senso che lei è ancora ragazzina di testa, e forse perché è figlia unica è abituata a pigolare come un pulcino insistente quando vuole qualcosa che non può ottenere. Honey mi dà l’impressione di una ragazza col brutto vizio di sbuffare se le cose non vanno come dice lei. Intendiamoci, rispetto a ben più illustri esempi, è più umana, più terrena e, soprattutto, più credibile. Perché non sbuffa sempre. Sbuffa quando non capisce perché le cose non vadano come vuole lei. Come dovrebbero andare secondo lei. Come se tutti fossero nella sua testa e provassero quel che prova lei. Fosse così, sarebbe tutto più facile. Lei non prova a capire le ragioni degli altri. Il discorso che fa Isa l’avrebbe capito anche un povero di spirito talmente è semplice e lampante, ma lei no. Lei se ne resta arroccata sulle sue posizioni, convinta di avere la verità, anzi: la Verità in tasca. E che suo padre abbia frainteso tutto perché geloso. Diciamo che nello scappellotto che le assesta Isa c’era anche un po’ del mio. Non fraintendermi, però: Honey non brilla certo per maturità nella prima parte della storia, ma è così che deve essere perché è ancora una ragazzina. È credibilissima nelle sue lamentazioni, nel suo sbuffare, nel suo non sforzarsi di capire le ragioni degli altri. È molto adolescente, ancora, e tu la rendi come tale, senza appiopparle quella nota di maturità improvvisa degli Harmony.
Piccola nota a margine sulla scena d’amore. Adorabile l’intervento della cavalleria (scommetto che è stata un’idea di Feu, vero?), adorabile la chiacchierata al tavolo della cucina e attorno ai fornelli per preparare una cioccolata (il momento delle chiacchiere in cucina di cui ti parlavo l’altro giorno), e menzione d’onore per la descrizione della scena d’amore. Nel senso che ti inserisci nella tradizione di alcuni racconti, ma non scadi nel banale. I lupi ulularono, il serpente sibilò, la chiglia del veliero infranse le onde, il teschio sghignazzò, il drago ruggì fiamme rosse e il nodo si sciolse all’improvviso, letteralmente. Qui c’è JD. In tutta la sua pletora di tatuaggi. E c’è Honey. Che quei tatuaggi li vede, li respira, li vive. Sembra una scelta stilistica, e invece c’è anche una porta spalancata sull’universo di una ragazzina, che ama il proprio uomo a trecentosessanta gradi, dalle braccia, al cuore, al basso ventre, ai capelli, ai tatuaggi. Giustamente, è una storia di amore e inchiostro, no?
Ora attendo con ansia il chiarimento tra Zac e JD, ma soprattutto, la prossima mossa dei Polacchi. Perché qualcosa mi dice che Honey è finita per direttissima sulla lista nera dei polacchi. O meglio, che già ci fosse, ma la visita di Stanlio e Ollio ha due scopi: vedere in faccia il prossimo bersaglio e farlo sapere a Zac.
Attendo fiduciosa, sappilo!
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