Settimo classificato – La Malanotte
Di mamie1
Sintassi, ortografia, punteggiatura
Devo dire che la grammatica è davvero ottima: ha letto la storia più di una volta per essere sicura di non aver tralasciato qualcosa, eppure non ho trovato alcun errore. Certo, il racconto è piuttosto breve, però quello che hai scritto è sufficiente per farmi capire che comunque sai gestire molto bene sia la sintassi, che l’ortografia e la punteggiatura.
Credo sia la terza volta in assoluto che mi capita una cosa del genere in un contest, per cui, con immenso piacere, ti do il punteggio pieno.
10/10
Appropriatezza lessicale e stile
Anche il lessico e lo stile del tuo racconto sono davvero buoni.
Certo, per quanto riguarda la terminologia adottata, mi sarei aspettata qualche citazione in più dal latino ma, comunque, in generale non hai utilizzato parole fuori posto, pur avento inserito prevalentemente un lessico semplice.
L’unica annotazione che ti faccio riguardo a questo aspetto è inerente alla seguente frase:
Troppo difficile l’equilibrismo fra i poteri, troppo fragile.
Prendendo in riferimento il vocabolario della lingua italiana Zingarelli, riporto la definizione del termine equilibrismo: 1) arte dell’equilibrista | giochi d’equilibrio; 2) capacità di destreggiarsi con abilità non sempre irreprensibile, in modo da superare vantaggiosamente difficoltà, contrasti, pericoli e simili. Cito, dunque, la definizione numero 5 della parola equilibrio: convivenza e conciliazione di forze, elementi, atteggiamenti e simili, contrastanti. Il vocabolario che ho consultato, affianca all’aggettivo politico – che è quello che sottintende la tua frase – sia equilibrio che equilibrismo, tuttavia, dal punto di vista semantico e relativamente al contesto in cui si inserisce l’espressione, mi pare che sia più adatta la parola equilibrio.
Detto questo, passo ad analizzare lo stile del tuo racconto.
Tu hai scelto un tipo di narrazione piuttosto semplice, incentrandola soprattutto sul discorso diretto. È vero: in realtà le battute pronunciate dal defunto sono il frutto della fantasia – e dei sensi di colpa – del protagonista, però, di fatto, l’impostazione che hai dato al racconto è quella di un lungo monologo, interrotto da qualche spezzone narrativo o introspettivo. Non sono un’amante di questo tipo di narrazione, però ammetto che esso è comunque funzionale al genere di racconto: in fondo, stai raccontando un sogno – o un incubo, più correttamente – e ci può stare che il protagonista non riesca a controbattere all’interlocutore immaginario.
Ti segnalo, sempre per quanto concerne lo stile, un’espressione che mi è piaciuta particolarmente:
Mi hanno dato da bere acqua pulita dalle loro borracce. Sono rimasti ad accompagnarmi fino all’ultimo confine della sera, quando finalmente ho sputato fuori dai denti la mia anima esausta.
La potenza espressiva della frase che ho evidenziato in grassetto è davvero forte: hai reso con estrema crudezza la sofferenza di quest’uomo, ormai prossimo alla morte, che non vede l’ora di privarsi delle sofferenze corporali. Davvero efficace!
8,5/10
Trama: originalità e sviluppo
Da grande appassionata di storia romana – che, però, è talmente vasta che qualche episodio sfugge sempre – ho apprezzato molto il fatto che tu, nella tua storia, abbia voluto riprendere questo particolare aneddoto.
Lo ammetto: non ne avevo mai sentito parlare – o forse sì; ma, davvero, ne sono successe di cose dalla fondazione di Roma alla caduta dell’Impero che questa l’ho proprio rimossa – per cui mi ha fatto piacere che un partecipante al contest presentasse una storia ambientata nelle famose idi di marzo, pur incentrandosi su un episodio sconosciuto ai più. Dal punto di vista dell’originalità, questa scelta ti farà senz’altro guadagnare punti.
La trama è tutt’altro che complessa e il tema del sogno premonitore è piuttosto usato in letteratura, benché amatoriale: Giulio Cesare, schiacciato dalle pressioni politiche che sta vivendo in quel famigerato 44 a.C, inizia ad avere qualche rimorso di coscienza su come ha condotto le sue precedenti spedizioni. Il ricordo, durante la funesta notte che racconti, cade su un giovane uomo abbandonato in fin di vita dal grande condottiero nei pressi del fiume Rubicone. Nel sogno, Quintilio appare molto deluso dal comportamento del grande Giulio Cesare e quest’ultimo, in effetti, si sente in difetto, pur cercando qualche giustificazione.
Il lungo monologo del defunto si chiude con una vera e propria premonizione: siamo ormai in prossimità delle idi di marzo e, prima che Cesare possa tornare sul luogo del misfatto a chiedere perdono al soldato, egli raggiungerà lo sventurato nell’Ade. Ecco, a mio avviso questa previsione è una forzatura – anche se la si potrebbe interpretare come la consapevolezza del condottiero del fatto che qualcuno stia tramando contro di lui – e trovo che, in qualche modo, spenga la portata enfatica del rimprovero. Tuttavia, pur nella sua semplicità, la trama è ben costruita, dotata di coerenza e di coesione.
8/10
Caratterizzazione dei personaggi
Devo ammettere che sei riuscita a caratterizzare molto bene sia Giulio Cesare che Quintilio, anche se sul ruolo giocato dai due personaggi ci sarebbe da fare una profonda riflessione. L’unica persona reale che compare nella storia è il grande condottiero romano, ormai praticamente in procinto di lasciare per sempre la vita terrena e di liberare Roma da quella che era a tutti gli effetti una dittatura. Come ho già avuto modo di dire, è molto probabile che Cesare fosse consapevole delle losche trame che si consumavano alle sue spalle, per cui è possibile che il timore di morire potesse, di notte, fargli visita. Hai descritto un Giulio Cesare pieno di scheletri nell’armadio, tormentato da visioni notturne e affossato dalla propria sporca coscienza. In parte, il tuo personaggio potrebbe persino essere difinito fragile.
Il refrigerio della panca di pietra non riesce a tranquillizzarlo del tutto: in sogno gli è appena apparso un uomo, di cui, probabilmente, egli aveva in passato anche una grande stima. Quintilio è molto diretto e parla al suo ex condottiero in maniera molto franca, rinfacciandogli una certa vigliaccheria nell’abbandonare i suoi soldati morti – o, peggio, moribondi – sul campo di battaglia. La colpa di un simile atto viene imputata da Cesare alla fretta, ma la verità è che egli stesso è consapevole di non aver agito con correttezza nei confronti dei suoi compagni.
E qui, appunto, scatta la riflessione sui due personaggi.
In realtà, l’unico a muoversi sulla scena è Giulio Cesare. Quintilio non esiste: egli è semplicemente il riflesso onirico della sporchissima coscienza del dittatore. Le parole di rimprovero che il sondato rivolge al grande condottiero sono frutto della mente esausta di quest’ultimo. Attraverso il tuo racconto, è praticamente impossibile stabilire quale fosse la personalità di Quintilio poiché di lui vediamo solo il riflesso creato dai sensi di colpa di Giulio Cesare. A mio avviso, dunque, l’apparizione in sogno del fantasma del soldato non serve a caratterizzare lo sventurato che ha perso la vita nei pressi del Rubicone, ma a completare l’introspezione di Cesare. Trovo che il tuo modo di agire, se voluto, sia stato molto astuto ed efficace: sei riuscita a curare nel dettaglio l’introspezione del protagonista creando un fantasma ad hoc.
10/10
Sviluppo del contesto storico, attinenza, ambientazione
Avendo tu scelto di raccontare un anneddoto e, oltretutto, di svilupparlo all’interno di una dimensione onirica, è chiaro che nel testo è difficile trovare grandi riferimenti – e, soprattutto, dettagli – relativamente all’ambientazione.
Il periodo storico è ben delineato, tanto che parli di afa primaverile in procinto delle celeberrime idi di marzo. È il periodo dei difficili equilibri politici a Roma, della grande forza di Cesare che, però, fa paura ai cosiddetti congiurati. Nel testo non hai inserito molti elementi circa la collocazione spaziale – che, comunque, è facilmente individuabile nell’abitazione del dittatore – segno che, evidentemente, essa non rappresentava una priorità ai fini della narrazione. In effetti, come ho già detto, ciò che conta realmente in questa storia è la dimensione onirica – oltre alla coscienza sporca di Cesare – per cui, tutto sommato, non è una scelta infelice quella di non aver inserito troppi dettagli.
La storia funziona perfettamente, per cui il punteggio non può che essere comunque alto.
9/10
Gradimento personale
Ammetto di non essere una grande amante delle apparizioni oniriche, soprattutto se queste ultime sono un po’ troppo reali. Il fatto, comunque, che il genere non sia tra i miei preferiti, non sminuisce di certo l’efficacia della storia.
Uno dei grandi punti di forza di questo racconto, amio avviso, è la brevità. Non ti sei dilungata troppo con la narrazione eppure, tutto sommato, sei riuscita a dire praticamente tutto senza risultare laconica. C’è poi da dire che la grammatica è estremamente corretta – cosa assolutamente rara negli ultimi tempi – per cui di punti a favore ne hai davvero parecchi.
Si vede che sei una grande appassionata di storia e i numerosi dettagli inseriti in nota lo dimostrano pienamente. Nel bando avevo espressamente scritto che le note dell’autore, se fossero state corpose e precise, avrebbero contribuito all’assegnazione di un punteggio più alto. Effettivamente è stato così: senza tutti i particolari sull’episodio del Rubicone che hai aggiunto in nota, probabilmente avrei avuto molta più difficoltà nel capire la trama. Anche da questo si nota l’impegno di un autore.
I miei complimenti.
Tot.: 45,5/50 |