Sono di nuovo qua.
Rettifico: mi sono FIONDATA di nuovo qua.
Mi spieghi come hai fatto, eh? Intanto, uhm, scusa per lo spoiler (davo per scontato che sapessi già tutto sul Triste Fato di Newt, ma evidentemente la dilagante incapacità della gente di aspettare e non spoilerarsi nulla mi ha salvata. Io ho scoperto che Newt moriva PRIMA ANCORA di iniziare il primo. Poi me lo sono un po' dimenticata perché non sapevo nemmeno chi fosse, ma alla fine è stato tutto dolorosamente chiaro, temo).
Comunque.
È stato straziante.
Seriamente, trovo affascinante il modo in cui parli di Newt e Alby, come li descrivi insieme, come Alby soffre per la quasi-morte di Newt. OH NEWT, non dovevi arrivare a tanto, povera stella mia. Insomma, l'hai descritta come una cosa terribilmente plausibile: niente pioggia deprimente, niente litigate furiose... come parli della solita routine alla Radura mi ha dato i brividi, perché comunque era qualcosa. Io non dico che sarei stata felice, laggiù, ma l'idea di una comunità come quella, di un gruppo del genere, soli contro il resto del mondo, ha un suo fascino. Malato, certo, però mi offre infiniti spunti di riflessione, mi ispira, mi intriga: voglio dire, la routine di ogni cosa su di me ha un fascino malato, che sia Hogwarts o il Distretto 11 o il Campo Mezzosangue, io sono una che ama la vita di tutti i giorni; quindi una descrizione del classico "giorno qualunque" nella Radura incontra la mia più immensa approvazione, era giusto per dirti questo.
Ma ovviamente quello non è un giorno qualunque, perché è "il giorno in cui Newt..." ho amato anche il modo in cui non hai mai ripetuto due volte la stessa cosa: il giorno in cui Newt quasi morì, volle morire, tentò di ammazzarsi... così tanti modi per dire la stessa cosa, così tanto dolore.
Povero, povero Newt: doveva essere difficile, difficile. Lui era quello sempre col sorriso sulle labbra, sempre con la battuta pronta. E invece, beh, il nostro demone dentro ce l'abbiamo tutti.
È un ritmo lento, quello con cui si prepara al fatto, una cosa ritmata e spaventosa. Mi hai fatto venire i brividi. Tutta la tensione, tutta la salita, Alby che infrange le sue stesse regole, che lo chiama, e Newt che forse salta e forse perde l'equilibrio, cavolo, questa versione mi piace ancora di più. Anzi, io credo che avesse l'Eruzione fin troppo radicata nel cervello quando ha detto questo a Thomas, quando gli ha detto che si era buttato: l'ha fatto anche per fare un po' di scena, su. Magari non voleva davvero. Non con Alby che "gridò tutte le imprecazioni che la sua memoria danneggiata aveva conservato" (santo cielo, è così plausibile che mi vengono i brividi).
La tua storia è splendida perché alla fine Newt capisce di non voler morire (lo capisce lo capisce lo capisce grazie ad Alby). L'ultimo paragrafo mi ha fatta quasi piangere, e io non piango mai, sappilo.
Il giorno in cui Newt capì di non voler morire fu quello in cui svenne. Fu quello in cui vide Alby piangere davvero per la prima volta dal giorno in cui avevano pianto tutti. Fu quello in cui capì che, se anche la loro vita faceva schifo, almeno non erano soli.
Almeno non erano soli. Almeno non erano soli. Sai quanto mi stai facendo impazzire, adesso? Nel senso buono, nel senso buono, tranquilla. Comunque.
Le battute finali... Mi sa che ora piango anch'io. Ma tu lo sai che mi stai facendo addirittura apprezzare Alby, cosa che ritenevo completamente impossibile? Lui, che sembra tutto infuriato, e che lo sgrida, mentre Newt risponde sempre "Lo so"... e poi quel "puoi smettere di piangere, sono qui" che mi scioglie.
Ora, una domanda sorge spontanea: per quanto ancora pensavi di tenere equesta meraviglia lontana dal mondo di noi comuni mortali, mh? Drittissima tra le preferite, non c'è storia!
Non so davvero in che altro modo fartelo capire, hai scritto un capolavoro. Piango.
Torna presto con qualche altra meraviglia del genere! Un abbraccione, tua
Emma ^^ (Recensione modificata il 05/09/2014 - 10:27 pm) |