Storia un po' vecchia e trovata per caso che merita sicuramente un commento.
Solitamente, vedendo troppi dialoghi chiudo subito la storia perché le parole sono solo parole e celano troppo: insomma, un mero scambio di battute non dà possibilità, in genere, di studiare i personaggi di una storia. Beh, non è questo il caso! Poche battute e solo battute, ma quelle poche parole sono state in grado di lavorare un po' su Roe: su un medico che è anche soldato ed è un soldato in guerra; su un medico che è anche un amico. Un medico che sa che quando i soldati muoiono sul campo, deve correre e deve vederli amaramente morire tra le sue mani. E questa sua paura - che ad un certo punto diventa, nella serie, quasi distacco dal suo ruolo - qui la si legge bene e trova "sfogo" dello scenario peggiore che il medico potesse immaginare: ossia, correre dal suo amico ferito e vederlo morire. E' un messaggio ben reso ed è la vera "essenza" di Roe, ossia quello che la serie ha voluto raccontarci di lui e del maledetto ruolo che ricopre. La fine, poi, è una vera chicca: non solo mi sono sentita rincuorata ma vi ho letto, forse, un altro interlinea: l'uomo che tutti dovrebbe curare - e che per questo, lo si immagina quasi "immune" - è fatto di carne e...sente freddo. E vaneggia. E ha l'ipotermia. Non so: è un finale che lo rende uomo, che lo rende consistente perché se non rammento male, nella serie si mostra spesso come venga chiamato a destra e a manca, non importa quanti colpi di mortaio sia tenuto a schivare - come se davvero. Eugene fosse immune dalla guerra. Questo finale quindi mi piace perché, appunto, si ammala anche lui - perché è uomo e soldato, e avrebbe anche lui bisogno di un medico.
Posso farti un appunto sull'aspetto "grafico"? Ho davvero apprezzato come hai sistemato il testo perché lo ha contribuito a renderlo "poetico".
Perdona tutto questo pippone unicamente finalizzato a dirti che la storia mi è piaciuta e a farti i complimenti :)
Un abbraccio,
Gabrielle |