Cara, carissima. Che dire? O meglio, che dire che non sai già?
CHe sei straordinaria, come una pittrice, a gestire storie di guerre e di scontri e anche schegge di vita, come questa, sussurrata come le storie, più vere del vero, che le nonne raccontano al chiaro di luna.
Che guardino con gli occhi dai quali non si sfugge o che rimescolino i tarocchi consunti canticchiando "Icha kàpote mia agapì"poco importa.
Ma quelle storie, che si ammantano della foschia del ricordo e della luce della luna, rimangono vive nella memoria e tornano quando meno lo si attende.
E tu tessitrice, ingarbugli quei fili invisibili nel tuo teatri di pupi e paladini che sanno di sangue e di mare. In quelle terre che mi riportano a quando stavo dritta su un carretto con una ghirlanda di fiori.
Perché i figli, da che mondo è mondo, li manda la luna coi suoi cicli e maree che monta il sangue e rende il latte fiele.
E guarda, tonda e lattea, sorridendo, sia fanciulla che madre che vecchia, come si dice in queste campagne.
Che cambia volto, come noi donne perché la ruota torni a girare.
E lui, il figlio della luna, che per me ha sempre avuto i capelli d'argento e gli occhi di sangue, porta dentro e su di sé la benedizione di sua madre.
Che noi donne, umane o dee, siamo tutte un po' ambiziose.
E poi...ogni scarrafone è bello a mamma soya, non sottilizziamo, dai!!
E grazie grazie e ancora grazie!
E se Venerdì, che oltretutto è il mio onomastico, riesci a buttare un occhio all'eclisse, butta un pensiero quassù che ti faccio le carte!
Caffettino corretto??
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