La musica parla un linguaggio universale: supera ostacoli di ogni genere. Supera l'odio, l'invidia, il fanatismo cieco.
Mime pizzica le corde della sua cetra, intonando una dolce, fatale melodia. Ascolta la musica del suo cuore ferito. Mime non odia, non sa odiare. Combatte solo per devozione alla sua sovrana. Ma in realtà egli vorrebbe raccogliersi in una nicchia tranquilla solo per sprigionare le sue note.
Solo Shun poteva capire un'anima bella e pura quale è quella di Mime: questi due ragazzi (perchè, lo ribadisco, prima di essere dei guerrieri, sono dei giovani uomini, con dei sentimenti) sono piegati dalla loro stessa devozione: Shun ad Athena, Mime ad Hilda Polaris. Non dovrebbero trovarsi lì, uno di fronte all'altro, per combattersi a vicenda e per sferrarsi reciprocamente dei colpi mortali. Anime così belle e pulite non dovrebbero commettere azioni violente. Eppure sono obbligati a fare ciò.
La pena di Shun per Mime è la pena, di riflesso, per sé. Shun comprende Mime, perché nel suo antico avversario vede proprio se stesso.
Per questo motivo il Cavaliere di Andromeda non può esimersi dall'inginocchiarsi davanti alla lapide di Mime, per raccogliersi in triste preghiera.
Cosa siamo noi, se non barchette di carta trascinate dal moto ondoso del mare del destino? Quando poi votiamo la nostra vita ad una causa che "sentiamo" giusta con tutto il nostro cuore, cosa possiamo fare, se non lottare, pur con la morte nel cuore?
Intanto Mime suona. Suona per mormorare la sua disperazione.
Complimenti per l'introspezione delicatissima, per aver reso Shun un personaggio ancora più profondo, per aver sondato così bene l'animo tormentato del musico nordico.
Complimenti anche per aver citato Mozart.
Chapeau, mi inchino.
Lou
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