Bella.
Inizio questa recensione con un semplice aggettivo che richiama la tua resa di un'emozione tanto complessa, come può soltanto esserlo quella di diventare genitore. Non abbiamo avuto il piacere di vedere/leggere Sasuke nei panni del papà, perché il Gaiden ci ha mostrato pochi momenti del genere, iniziando a raccontare gli eventi in medias res; inoltre, il racconto è dal punto di vista di Sarada, non di Sasuke ed egli ricopre un ruolo alquanto sfuggente e poco approfondito, nonostante si sciolga il nodo sui vari fraintendimenti attorno alla nascita della piccola Uchiha.
La flash narra di un momento intimo e unico nella vita di un genitore, ma non è la sola caratteristica degna di nota. Passi dall'umanità di questo frangente a sottolinearne l'intensità fisica e lo stravolgimento che i sentimenti sanno conferire; oltretutto, ti soffermi sulla speranza che la bambina trasmette inconsapevolmente a Sasuke.
La scelta di trattarlo come neo-papà è stata azzeccata, ma ho amato in special modo la riconciliazione con il passato, il ponte che la presenza stessa di Sarada riesce a creare per suo padre, placando il fantasma gigantesco della famiglia natale.
Sasuke ha perso i genitori e il fratello che li ha uccisi… nel momento in cui scopre la verità, dopo essersi allontanato volontariamente dalla sua seconda famiglia, il Team 7, non ha neanche più la fiducia nel villaggio di Konoha: per lui, d'improvviso, la collettività dell'ambiente in cui è cresciuto e all'interno della quale ha conosciuto persone che lo hanno ammirato, sfidato, invidiato e amato, si rivela essere fasulla, invischiata in segreti e decisioni politiche ignobili. È un personaggio in libera perdita di legami, che sa di essere l'unico “esemplare” rimasto in vita del clan. L'altro, Madara/Tobi è il complice, l'uomo da uccidere.
Abbiamo perciò un uomo solo nel vero senso del termine: senza più simili, senza le radici a cui siamo tutti avvezzi dall'infanzia. È un trauma che non si dimentica, con il quale si convive solamente perché è fisiologico abituarsi al dolore, ma che pulsa, ha il suo richiamo e altrettanta oscurità.
Eppure, Sarada è una luce: così indifesa, così piccola fra le sue braccia, è la realizzazione della famiglia che Sasuke ha rimpianto lungo tutta la giovinezza ed è il coronamento di un amore passionale e burrascoso, di cui Sarada diventa il simbolo più puro.
C'è delicatezza in questa flash, la stessa che pervade chi, con mani tremanti, si avvicina per la prima volta al corpicino della propria carne; c'è quella commozione mista a sollievo e a felicità, nel momento in cui si comprende appieno che quel neonato è parte di noi, è frutto di un rapporto d'amore ed è sangue nostro, ma anche altro da noi.
Il bacio salato, reso tale dalle lacrime, è stato reinterpretato a modo tuo e il dettaglio visivo è davvero bello. Sasuke lo percepisco come un padre attento e geloso – e la sua lontananza la giustifico non tanto per il suo bisogno di redimersi, quanto più per la salvaguardia di moglie e figlia.
Mi è piaciuto molto vederlo aprirsi trattenendo a sé Sarada: è un tratto realistico, in special modo se ad agire in tal senso è una persona introversa, che ha bisogno del silenzio per trovare le parole e ha bisogno dei propri tempi per schiudersi e donarsi agli altri (e quando lo fa, è senza mezzi termini o mezze misure).
Il tuo è un ritratto dolce, di riscatto umano e di amore incondizionato, in cui prevale un forte senso di reciproca appartenenza. Tralasciando il fluff, che spesso viene così rudemente disprezzato perché definito a priori come “melenso”, penso che tu sia stata in grado di elaborare un momento tipico in maniera personalissima.
C'è Sakura, finalmente moglie e madre, finalmente serena e capace di sostenere a modo proprio la persona che ama, senza se e senza ma, che veglia entrambi; è una spettratrice sorridente, che non ha bisogno di introdursi parlando e non deve richiamare l'attenzione. Lei, che è sempre stata al fianco di Sasuke, rivolge l'ennesimo sguardo carico di quel senso di protezione e di profondo amore per i propri cari.
Ancora una volta, scorgo i tuoi tratti distintivi: usi un linguaggio semplice, del nostro quotidiano, ma non sminuisci mai la forma né rinunci alla poesia del momento e sai arrivare a trasmettere emozioni in maniera tanto naturale, che è possibile vedere la scena o sentirla come parte del proprio vissuto.
Mi raccomando, continua così,
a presto! |