Death Mask su un palcoscenico: un palco vuoto, nessuna sceneggiatura, nessun personaggio attorno, e, in fondo, nulla di particolare da raccontare. L'unica luce è puntata su di lui, ma anche la platea è vuota.
Il suo abbigliamento non ha importanza, non è nudo, ma nemmeno veramente vestito.
Tra le mani tiene il testo del suo monologo, ma non lo legge, lo stropiccia: sta già parlando senza guardarlo, tanto sa bene cosa deve dire.
Questa è la scena che immagino io leggendo la tua storia.
Death Mask, la sua voce dal buio.
"Mi piacerebbe pensare di essere sempre stato un gran fetente. Di quelli che c'è poco da fare, fai schifo... fai schifo.
(...) La paura mi ha sempre congelato il sangue e dopo un po' c'ho fatto l'abitudine." Che significa: mi piacerebbe essere peggiore di quello che sono, mi piacerebbe anche essere migliore (ma non voglio ammetterlo). L'uomo del confine: ecco Cancer vita-morte, bene-male, forza-debolezza, meglio-peggio. Baudelaire direbbe Spleen et Idéal.
Oh sì: il suo credo è la forza, quella più brutale e spietata, ma si ritrova lui per primo ad essere un debole. "La fine del topo", quanta amarezza in queste parole.
Poi tenta di accennare ad un discorso più concettuale ma lo allontana subito: " Credo nella giustizia. Che poi non sia la giustizia in cui credete anche voi, questo... dai, questo è un altro discorso.", giustizia o no, vita o morte: qui non parliamo in astratto, qui parliamo di individui concreti. Scaccia qualsiasi dissertazione per tornare a se stesso, dopotutto è il suo grande momento. L
a morte è una cosa, la mia morte è un altro affare.
"'Ciao, sono un omicida che si è innamorato di una ragazza tanto bellina e dolce. È una fioraia e gli regalo i soldi che vinco, mi sento tanto un pappone, ma lei manco c'è venuta con me a letto. Ciao tu che leggi questa farsa, troverai un cavaliere inversamente proporzionale alle leggende che ci saranno ora su di noi, che ne dici di andare a sputare un po' sulla nostra reputazione? Magari riesco a farmi una risata, da chissà dove, di quelle quando sai che hai fatto un atto infame e, oh, te ne compiaci tanto perché non ti sono mai piaciuti quei tipi là." Questo pezzo è bellissimo e assolutamente amaro, esasperato, vero.
Death Mask sa, per una volta, di essere dalla maledetta parte del giusto, quella degli eroi. Chiede di venir denigrato, sfida.
Dimmelo, dimmelo anche ora che sono un mostro. Dimmelo, fermati alle apparenze, così posso sentirmi meglio, posso sentirmi il demone di prima, quando qualche certezza ancora l'avevo.
"Così ho scritto senza una data, senza un saluto, perché non saluto mai quando faccio qualcosa." Death Mask ha passato così un'intera vita: farsi odiare, farsi dimenticare era facile, anche morire, in queste condizioni, forse, è stato accettabile. Ma è adesso che proprio inaccettabile, la morte.
Adesso che avrei un saluto da lasciare e qualcuno che potrebbe ricambiare - ma questo qualcuno non c'è più.
Ed è tremendo: la resurrezione di Death Mask è avvenuta troppo tardi. Da una parte, finalmente ha aperto gli occhi. Dall'altra, adesso li può usare solo per piangere.
Voglio restare in vita solo per sentirmi parte di questa assurda carnevalata che è la vita, una danza da ubriachi.
“E non m’importa dov’è il potere, finché continua a darmi da bere.”: un potere che mi stordisca, mi faccia sentire forte come prima, che mi faccia vivere e lasciar dormire, che anestetizza la percezione perfetta di questo momento in cui vedo veramente tutto.
Eppure, penso che in tutta questa interpretazione io dimentichi almeno altri due sentimenti che ci sono, e sono onnipresenti, ma inspiegabili: un'amara speranza, un sarcasmo vitale.
Su di essi non so proprio cosa dire, ci sono e rendono vero il tutto.
è da brividi.
Scusa, è la recensione più sconclusionata che abbia mai scritto, ma io sono un'accozzaglia di sentimenti e pensieri buttati alla rinfusa, al momento. Magari un giorno la recensirò di nuovo e ti dirò tutto con ordine. |