Carissimo.
La personalità poliedrica di Crowley qui è stata resa al massimo.
Divenuto demone degli incroci prima e Re dell'Inferno poi, ha fatto della solitudine il suo cavallo di battaglia. Il vincitore è solo, si dice così no? E anche un capo lo è. Tuttavia, forse per la sua natura in origine umana, forse per l'essere stato troppo tempo a contatto con i desideri e le volontà degli uomini con cui stringeva patti, sicuramente per il continuo confronto con i fratelli Winchester, la solitudine si rivela essere un'arma a doppio taglio.
Ed è forse per tutto questo insieme di motivi che, nel vedere Bobby trascinarsi sulla sedia a rotelle, una parte di lui scatta. Ed è quella parte che soffre ancora per l'abbandono della madre, quella parte che lo spinge a proteggere il figlio nella sua epoca, quella parte che reclama a gran voce attenzione e comprensione. Quella parte che offre il suoi aiuto al cacciatore, sebbene ci sia sempre da chiedersi a quale gioco il Dio degli Inferi stia giocando. Che sia forse il doppio gioco creato da Lucifero e che, a detta sua, lui ha perfezionato?
L'immagine di Bobby visto come un gufo è geniale. Questo animale, nel mio immaginario, ha sempre avuto una connotazione di fierezza ma al contempo anche di tristezza.
Fierezza data dall'essere un rapace notturno, da quegli occhi che sembrano aver visto e conosciuto cose che vanno oltre l'umana comprensione, occhi pieni di saggezza, e che quando ti guardando sembrano dirti: tu non sai nulla.
Tristezza data dal suo appollaiarsi in solitudine sui rami (tranne d'inverno), e di nuovo da quegli occhi, che sembrano raccogliere in sé tanto sapere, ma che in fondo sono incapaci di condividerlo con chicchessia.
Bene, siamo giunti alla fine di questa bellissima trilogia.
Grazie per averci regalato emozioni e tante, tante cose su cui riflettere.
Alla prossima!
Sara |