Oggi pomeriggio, approfittando di qualche momento libero, ho pensato di tornare in questa sezione a fare un giro, una specie di sopralluogo, a cercare qualcosa di nuovo e di fresco da leggere. M'è capitato così d'inciampare sulle tue parole, un po' acerbe se posso permettermi, ma estremamente intense, coinvolte, sentite, trascinanti, sincere; leggerle è come osservarle sgorgare dal profondo della tua anima, senza troppi veli o troppi tecnicismi a ricoprirle. Quelle parole da te messe in fila mi hanno colpito e mi sono ripromesso di tornare e lasciare un commento, perché lo meritavano.
Stasera ho riletto, ancora, quelle parole. Ed essere qua, adesso, a scriverci sopra non è facile: lasciarmi andare, come spesso mi accade quando scrivo intorno ad una poesia di qualcuno, è rischioso, rischioso perché finisco quasi sempre per dire troppo, per essere poco delicato, e l'incipit di questa poesia è invece un incipit che grida delicatezza, vorrebbe un abbraccio (tutto ciò che viene dopo quel primo verso a forma di citazione è, in un certo senso, un grande abbraccio a te stessa; le parole sanno essere confortanti, anche quando dicono soltanto la verità delle cose, o forse proprio per questo) e allora cercherò di rispettare quel grido, quella sensibilità di fondo che aleggia fra le tante domande mai poste e mal poste, alle domande che non hanno un destinatario, è un dialogo senza interlocutori per purificare uno dei tanti "pieces of you" in cui ciò che ti sta dentro si è frammentato e consumato. C'è una gerarchia di pezzi da ricomporre, non è facile. Come faccio a tenerli insieme, quei pezzi? Difficile, impossibile a dirsi; non c'è un libretto delle istruzioni, non c'è una colla particolare da poter usare, non esistono regole ermeneutiche tali da poter rivalutare e ribaltare quella scomposizione che, di fatto, è avvenuta. Non si esce indenni dallo scoprire che il proprio amore non è e non sarà mai corrisposto - non quando c'è un altro essere innamoratissimo diverso che non corrisponde al tuo. È spiazzante e lacerante ritrovarsi nudi di fronte a quelle sensazioni, così belle e avvolgenti, ed essere costretti a soffocarle per cercare di sopravvivere, per non farsi travolgere e farsi sottrarre ogni barlume di fiato composito e appena appena sufficiente. Scrivere diventa, così, una specie di risposta naturale del nostro istinto di sopravvivenza; paradossale è che l'unica soluzione "ufficiale", ossia continuare a fingere, a nascondere il proprio mondo interiore in frantumi, è ciò che dichiari(amo) in poesia, mostrando tutt'altro. Tu, in particolare, racconti di finzioni, e saresti poco credibile se dovessimo basarci solo sull'esperienza di una poesia, se non consocessimo il modus operandi di una poesia: i tuoi versi sono infatti tremendamente sinceri, te l'ho già detto, e le tue finzioni, così indispensabili, improvvisamente crollano e lasciano spazio a mille e mille frammenti che tenevi fra le mani ormai sanguinanti. È ammirevole, davvero, quel coraggio misto all'orgoglio e alla consapevolezza di non poter far altro, di cui ti ammanti e con cui ti difendi.
E poi viene la parte più bella. La tua ammissione, l'ammissione che la natura rivive e che ogni cuore può fare altrettanto, e può rinsavire dalle passioni e poi riuscire a ridare vita a qualcosa di bello e provare qualcosa di estremamente emozionante per qualcosa di nuovo e diverso. Si può amare di nuovo, certo, e sei stata brava a spiegarlo poeticamente, scegliendo parole, espressioni e figure calzanti. Ho apprezzato il tuo pragmatismo, quella consapevolezza che non è la fine di tutto, sebbene adesso sia tutto distorto e offuscato, come se nessuno possa più accedere e farti (ri)provare qualcosa che abbia veramente il sapore dell'amore. Hai visto qualcosa di splendido e ne sei rimasta folgorata, ti sei innamorata e ti sei spezzata. E sì, talvolta si rinasce; spesso, però, è come dici tu:
"Ma so anche che i cuori più fragili, i più amari e solitari
conservano una traccia sempre dell’amore che più ardentemente li ha bruciati:
un fantasma, uno spettro, un’ingombrante presenza
che finché avran vita li legherà, mesti e struggenti, a quell’amara assenza.
Sarai tu il mio fantasma?
Sarai tu il mio deterrente dalla vita?
Tu l’eterno unico appiglio?"
C'è qualcosa che rimane e permane, c'è un angolo che non può risanare, una frazione di te è come dannata, maledetta a rimpiangere per sempre ciò che ha perduto, ciò che non ha avuto. Un vuoto, un vuoto che potrà perseguitarsi, sempre meno insistente, ma il suo brusio non cesserà mai del tutto. Un fantasma, per usare le tue parole. I cuori non sono tutti gli stessi, hanno i loro gruppi sanguigni, la loro categorizzazione indica il loro destino; esistono certi cuori che non riescono a dis-innamorarsi del tutto.
Questa tua poesia è un po' acerba, dicevo, si capisce dai versi spesso un po' troppo legati ancora alla prosa a cui sei probabilmente più abituata; ma ci sono punti e momenti e versi molto belli, e c'è un modo di esprimere ciò che ti porti dentro che è altrettanto bello. Una poesia così forte non può che essere bellissima. Ti faccio i miei complimenti, sinceri tanto quanto i tuoi versi. |