Recensioni per
Where have I gone?
di Novizia_Ood

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
28/12/16, ore 15:14

Me l'hai menzionata e non ho saputo resistere. Nulla, temo che tu sia appena entrata nel cerchio della fiducia delle mie autrici preferite in questa parte del mondo di efp. Temo anche che leggerò le altre storie che hai pubblicato da queste parti e che lascerò inevitabilmente un qualche stupido commento. E dico stupido con cognizione di causa dal momento che le tue storie lasciano senza fiato e senza parole. Prendiamo questo momento post Reichenbach per esempio. La prima cosa che salta all'occhio è di nuovo lo stile, nel quale, si nota l'intenso labor limae al quale questa storia è stata sottoposta. Ogni frase ha infatti un suo peso, ogni parola lo ha e il tutto si incastra perfettamente ad inglobare ed arricchire la storia già scritta dai malvagi, ma sempre amabili, Mofftis. Sei riuscita a rendere la desolazione di John senza troppi slanci poetici o fronzoli, il che è senza ombra di dubbio un pregio, secondo me. John è descritto dall'essenziale perché è un uomo semplice, pragmatico, materiale. La descrizione dei luoghi è ineccepibile: grandi spazi vuoti che creano una sensazione paradossalmente claustrofobica. Come le due poltrone l'una di fianco all'altra a lasciare la via di fuga al paziente (semplicemente geniale). Di nuovo il più grande punto forte l'ho trovato nei dialoghi che hai saputo riallacciare a quelli della sceneggiatura della serie. In particolare il dialogo dolorosissimo tra John e la psicoterapeuta e quello tra John e Lestrade. Ecco un altro elemento che mi ha particolarmente sorpresa è proprio Lestrade in questo ruolo un po'da deus ex machina, un po' il vero e proprio motore dell'azione quando John è incapace di agire. Ritrovarlo in un ruolo così importante mi ha letteralmente mandata in brodo di giuggiole e la delicatezza della sua relazione con John è calibrata alla perfezione.
Dulcis in fundo: John. Lo hai colto alla perfezione, ti ci sei immersa a pieno in un gioco precisissimo di detto e non detto, di lunghi sguardi e piccoli gesti.
Arrivata a questo punto non posso far altro che rinnovare i complimenti e ammettere che ho avuto i brividini per tutta la lettura.
A presto!
Amélie

Recensore Master
26/06/16, ore 06:54

Sono felice che tu abbia pubblicato un'altra storia!! E' bellissima!! John si è trovato in una situazione difficile dopo la morte di Sherlock. Ha sofferto tanto, troppo. Non ha perso solo il suo migliore amico, ha perso tutto, un mondo intero. Sherlock lo aveva salvato dalla solitudine e dalla noia, gli aveva dato la vita che aveva sempre voluto. Anche John aveva salvato Sherlock, lo aveva reso più umano, gli aveva fatto capire che forse i sentimenti non sono una debolezza, anzi. Ma c'era molto di più, c'è molto di più: qualcosa che John sente, e che gli altri hanno sempre avvertito, ma che nessuno menziona apertamente. Quello strano e complesso sentimento che ha sempre unito il detective e il dottore, fin dall'inizio, fin dal loro primo sguardo. Possiamo chiamarlo amore, ma, secondo me, è perfino qualcosa di più; va oltre tutto e tutti, non si può definire, perché esiste solo per Sherlock e John. Sei stata così brava!! Le tue parole mi hanno emozionata tantissimo!!! Spero che pubblicherai presto un'altra storia!! Un abbraccio!!!

Recensore Master
25/06/16, ore 23:44

Ritorna l’incubo del post Reichenbach, tante volte ho letto di questo grande angst, tante parole sono state spese per cercare di descrivere quello che nella serie BBC non si è visto e cioè la vita di John senza Sh. La tua storia mi riporta a quell’atmosfera che immaginiamo soffocante, colma di desolazione in un vuoto poi occupato da Mary. E’ un pezzo scritto bene, in cui si susseguono frasi non troppo lunghe, contratte, che meglio esprimono l’angosciante, disperata solitudine di Watson. Ecco perché, anche se l’argomento è stato rivoltato in mille modi, il tuo stile originale mi ha trattenuto sulla tua ff. “…un sussurro che rimbalzava dal divano, alla sua poltrona in pelle scura, alla finestra dalla quale si affacciava spesso…”: efficace questa descrizione di un vuoto che John sente soffocante, incapace di superare quei momenti. Ottimo l’inserimento della signora Hudson, di Lestrade che cercano di rompere l’isolamento in cui il medico sta affogando: anche quei personaggi sono IC, senza grotteschi eccessi come, purtroppo, ho avuto modo di vedere in giro. Proseguendo nella lettura mi sono particolarmente soffermata sulla successione di lancinanti emozioni che la seduta di analisi risveglia in John: l’hai ricostruita in modo avvincente, arricchendola di efficaci potenzialità narrative, perfettamente credibili. Anche nell’evoluzione del rapporto con Mary hai dato prova di una buona capacità introspettiva che ci porta alle soglie della terza stagione, con Watson che si è appoggiato a quella che diventerà sua moglie ma che si troverà, drammaticamente, ancora di fronte a Sh. Bella storia, brava.