Perché io sono una persona tanto puntuale nel recensire quanto il mio essere totalmente sintetica.
Ammetto che il capitolo -come i successivi altri due- l'ho letto già diverso tempo fa, ma la mia dannata abitudine e propensione nei ritardi epocali è sempre ben accentuata. Mea culpa, però c'è da apprezzare che almeno non me ne dimentico. Più o meno.
Passiamo al capitolo, che è meglio.
Aggiornamenti piuttosto rapidi, soprattutto pensando che la mole di frasi scritte e descrizioni così eccezionali non sono affatto cosa da poco.
Dover gestire la vita -e speriamo lontana morte- di ben ventiquattro ragazzi, ognuno con la sua storia personale, differenti l'uno dall'altro.
Ma la gestione che ritengo più complicata è sicuramente quella affidata ai pensieri: grande senso pratico, una dose imponente di empatia e soprattutto tempo.
Dover spiegare ogni situazione, ogni mentalità, cara mia stai compiendo un gran bel lavoro. Un'impresa titanica!
Ho notato durante la piacevole lettura di questo capitolo alcuni errori probabilmente derivati dalla battitura o lieve distrazione. Te li segnerò man mano, sperando di ritrovarli tutti. Dovrei, in effetti, iniziare a segnarli prima.
Apriamo questa prima parte con l'immancabile Distretto 1.
E' sempre stato una porzione di Panem piuttosto controversa, poco somigliante agli altri, molto più affine all'eccentrica Capitol City.
Caratteristica quasi assoluta sono gli intrepidi due che, ogni anno, si offrono volontariamente. Ho sempre trovato quest'ultima opzione come un'indefinibile follia. Insomma, diamine, c'è in gioco la tua vita. È pazzia allo stato più puro.
Eppure per loro non sembra essere un peso, una costrizione impartita dai piani alti: tutti vengono addestrati, tutti ambiscono alla vittoria, alla gloria e alla ricchezza.
Adrian Vaertek e Judith Wilson rispettano fermamente questo canone ripetitivo. Il pensiero finale del primo, in particolare, rispecchia pienamente questa stramba tradizione: [...] difenderò gli ideali dietro gli Hunger Games: pace, unione e sacrificio.
Molti altri non sarebbero d'accordo, molti altri vedrebbero solo l'omicidio barbaro di ventitré ragazzi che vagano da una triste età di dodici anni alla maturità.
Di questi due ho apprezzato particolarmente l'umanità mostrata dalla madre del primo, un raro familiare che cerca di raggirare la decisione irremovibile del figlio, e l'amarezza mostrata dalla seconda al pensiero reale che, alla fine dei Giochi, dovrà restarne solo uno.
La fiducia è tutto in una già decisa alleanza: speriamo non si pieghi.
Ti faccio notare che all'annunciazione dei tributi manca la chiusura con le virgole alte: “I tributi del distretto 1 quest'anno sono Adrian Vaertek e Judith Wilson.
Il Distretto 3 non mi è andato mai a genio: troppa tecnologia per i miei gusti.
Jasmine Thompson è un tributo calcolatore, una mentalità piuttosto schematica, fredda. Chissà se manterrà questa sua peculiarità più avanti, quando l'avvenire sarà più crudele. I suoi calcoli saranno sempre giusti? Mi ha donato una piccola chicca, nonostante non sia uno dei personaggi che mi vada più a genio: Chi ha detto che l'abito non fa il monaco è un povero idiota che ha sottovalutato il potere della prima impressione e delle euristiche. Una grande verità, secondo me.
Chester Colin Herstone ha davvero sconvolto. Non doveva essere particolarmente entusiasta di essere stato scelto. Un assassinio è difficile da perdonare, ma me ne chiedo le dinamiche. A volte le condizioni possono superare le regole.
Nel Distretto 5 è prevalsa la bravura, e Bruce McRon ne è restato letteralmente investito. Il sesto senso non mente mai e raramente sbaglia. Come per lui, anche le mie ipotesi di scelta sono crollate nel momento in cui ci si accorge di una madre piangere per una figlia non a rischio.
La candidatura del ragazzo la trovo totalmente ingiusta: tutta colpa di eseguire il proprio lavoro, direttive esterne e ufficiali.
Ti faccio notare dei piccoli errori: Mi sembra famigliare, ma da qui non riesco a riconoscerla. Qui direi che è meglio utilizzare familiare. La mi attenzione viene catturata da una signora in prima fila [...]. [...] sperando che nessuno si sia accorta di niente.
Ultimo Distretto trattato, il nove.
Ho trovato dannatamente interessanti entrambi i tributi, per qualità differenti.
Prima le signore.
Dalissa Manique mi ha profondamente sorpreso per il suo comportamento, o forse, più che altro, per la peculiarità del suo amare il tè. Abbiamo una cosa in comune, a quanto pare. Sembra quasi trovare inoltre uno spicciolo di positività nell'essere, oramai, condannata alle mani omicide di Capitol.
Liam Evans è stato una sorpresa. Chissà perché già dall'inizio avevo intuito una puzza di bruciato, e non sto parlando dell'età.
Manomettere i voti per salvare il proprio figlio è davvero un atteggiamento egoista, perfino per un vice. Tuttavia è umano, ma in tutto questo, nei Giochi della Fame, non c'è proprio spazio per l'umanità.
Ti faccio notare alcuni errori: [...] e pregando che le mie cocche bionde coprano il mio volto il più possibile. “Liam!” trilla una voce famigliare. Anche qui, stessa consiglio di prima. Uccideranno due di noi senza alcuna ragiona.È un uomo energetico, mi sembra una scusa un po' schiocca. “Il sindaco è malato e dunque tocca a me farà gli onori di casa. Il tempo è sbagliato, ma penso sia una distrazione. “Non mi aspettavo di essere scelta, in tutta onesta” [...] pronunciare da una capitolina dalla pelle di porcellana [...]. Sarà pronunciate.
Che la Fortuna sia sempre dalla vostra parte.
Spero che le correzioni siano chiare.
Ritorno a congratularmi per lo stile e la narrazione fluida e ritagliata su misura per ogni tributo.
Grazie.
Voiceless |