Ed eccomi di nuovo.
Quando ho aperto la pagina della storia, devo dire che sono rimasto sorpreso. Voglio dire, dal titolo mi aspettavo veramente un saggio, quindi i casi sono due: o io sono un credulone sempliciotto, o tu hai una mente diabolica e contorta (ovviamente scherzo).
Molto interessante l'argomento che hai voluto trattare, cioè quello dei nomi. Ammetto di non aver letto mai "La Storia Infinita", ma mi sono ricordato che ne lessi un capitolo nel libro scolastico di antologia, e mi sono ricordato anche (ed ho controllato) che il protagonista del libro si chiama Bastian Baldassarre Bucci. Perciò, dopo attente analisi e riflessioni, e dopo un prezioso consulto dell'esimio dottor Culocane, posso affermare con certezza che è tutto un complotto degli Illuminati.
Minchiate a parte, non avendo letto il libro, non so di preciso come funzionino i nomi in quell'universo, ma nell'universo TES esiste il concetto metafisico di "protonimo" (e anche quello di "neonimo"), che secondo me si adatta bene a ciò che leggo nel racconto. Anzi, secondo me andrebbe ad aggiungere ulteriore profondità nel rapporto tra i due. Ovviamente, il racconto l'hai scritto e va benissimo così, ma nulla ti vieterebbe di utilizzare quel concetto in futuro, quindi se ti interessa sapere in cosa consiste fammelo sapere.
Dal racconto traspare un'ottima capacità narrativa, quindi complimenti, sei riuscito ad amalgamare bene le descrizioni, i pensieri dei protagonisti e i dialoghi. La scelta di non chiamarli per nome fino alla fine è azzeccata e intelligente, d'altronde per Kyneev non era possibile fare altrimenti. Ho apprezzato il racconto dei pensieri di Kyneev, sei riuscito a comunicare la sua incertezza, la sua curiosità, la sua meraviglia in modo convincente, e soprattutto ho apprezzato l'uso oculato e corretto dei termini del lore, si vede che ti sei informato bene. I due protagonisti mi piacciono molto, perciò leggerò con piacere la mini-long quando la pubblicherai.
Ora, se vuoi puoi anche smettere di leggere, perché la mia anima pignola scalcia per uscire.
Quindi, ti pongo due appunti sulla scrittura.
Primo: occhio alle metafore. Spesso si cade nell'errata convinzione che se sono più astruse allora sono più belle, mentre in realtà per essere belle devono essere soprattutto evocative del concetto che vogliono descrivere. Con questo non voglio dire che le tue metafore siano eccessivamente astruse, ma voglio solo dire che bisogna stare attenti. Ti faccio un esempio con la prima frase del racconto: "Il vincolo cade, sfilacciandosi come un vestito vecchio di mille anni." In questo caso abbiamo da una parte il vincolo che cade, e dall'altra un vestito vecchio che si sfilaccia. I due termini sono distanti dal punto di vista semantico, il che in teoria sarebbe una buona cosa. Il problema, secondo me, è che partendo dal primo termine non si arriva bene al secondo. Quando io leggo "il vincolo cade", io la prima immagine che ho è di un qualcosa che si rompe, che si frantuma, e invece ci trovo accostata un'immagine diversa, cioè l'immagine di un qualcosa di molto vecchio che si disfa. La regola d'oro con le metafore è che devono semplificare, non complicare. Se ad esempio, un po' banalmente, la frase fosse stata: "Il vincolo si strappa, sfilacciandosi come una corda vecchia di mille anni," avrei avuto una correlazione sia tra i verbi (strappare e sfilacciare) sia tra i due soggetti (vincolo e corda). Con buona probabilità potrei sbagliarmi, quindi fammi sapere se ti sembra sensata come osservazione.
Secondo: occhio alla concordanza dei tempi verbali. Se hai deciso di usare il tempo presente, la regola vuole che si usi il passato prossimo per raccontare eventi che sono temporalmente anteriori. Tu hai usato l'imperfetto, il che non è totalmente sbagliato, solo che è più comune nella lingua parlata; ad esempio, è come usare l'imperfetto per sostituire il congiuntivo ed il condizionale nelle frasi ipotetiche, nel parlare informale si usa spesso, ma in un ambito formale, e soprattutto in una narrazione impersonale, è meglio evitare queste forme "colloquiali".
Un ultimo appunto, e poi giuro che ho finito, vorrei farlo sulla formula che pronuncia Balthazar. Ci tengo a precisare che mi piace molto il modo in cui l'hai ideata, l'unico problema che ha, secondo me, è che c'è una contraddizione: nella formula si dice "Io ti nomino et'Ada" e poi "nato dalle Deadlands". Il termine et'Ada sta ad indicare gli "spiriti originali", cioè quegli esseri divini che si sono formati dall'interazione tra Anu e Padomay, all'inizio di ogni cosa. Personalmente, non credo che sia sbagliato associarlo ad un dremora; anzi, sono convinto che i daedra autonomi e senzienti fossero degli et'Ada minori, che non riuscendo a crearsi un proprio Piano nell'Oblivion, si sono messi al servizio dei Principi. La contraddizione sta nel dire poi "nato dalle Deadlands", dato che gli et'Ada sono nati prima della creazione delle Deadlands. A meno che quel "nato" non debba essere inteso in senso stretto, e stia a significare "forgiato" o qualcosa di simile, in quel caso non ci sarebbe contraddizione.
Ora che ho messo l'ultimo mattone di questo muro di testo, ti saluto.
Ciao e alla prossima :) |