Recensioni per
Alisa Tate
di Mama Holy
Terza classificata al contest "Xtreme" organizzato da Hannibal L, giudicato da Hedoniste
- Per capire bene la sua storia dovete sapere che Alisa era una persona particolarmente sociale, […]. Qui sì che, per concordanza con quanto precede, avresti dovuto usare il trapassato prossimo. Infatti in tutto il paragrafo lo utilizzi: Lei era stata Alisa Tate. Una ragazza come molte altre, che si erano poi ritrovate […]. La sua esistenza era andata […]. Erano stati bei tempi, […]. No, il problema non erano stati i vari fidanzamenti andati male, […], non erano stati i genitori menefreghisti al limite del divorzio. No, il problema era stata lei. Ho anche qualcosa da dire sull’uso di sociale in luogo di socievole, che è un anglicismo derivante dal dualismo social vs. sociable che sta prendendo piede anche in italiano e che mi ha fatto storcere il naso non poco.
CARATTERIZZAZIONE PERSONAGGI E TRAMA: 16/20 Il personaggio principale è ovviamente Alisa, di cui non sappiamo molto tranne che è sfortunata nelle relazioni affettive – a partire da quella con i genitori, che non si sa bene che ruolo abbiano nella sua vita – e che, per supplire alla mancanza di una rete sociale funzionante, inizia un giro di incontri occasionali e relazioni di comodo che sfociano in un abuso di alcol prima e cocaina poi. A farle fare il grande salto dall’uno all’altra (non che l’alcol non fosse già abbastanza, ma la consegna richiedeva esplicitamente droghe) è il fallimento della sua relazione con Sheryl Bernard. Anche di lei non sappiamo molto, ma si intuisce come Sheryl abbia dalla sua un salvagente sociale meglio strutturato: ci sono dei genitori a cui non piace sapere che la figlia si droga e in virtù di questo Sheryl si allontana dal rapporto “tossico” con Alisa, non oltrepassando la sottile linea che corre tra lo “sballo da serata” e l’abuso. Qui la trama si fa meno consistente, e in poche righe ritroviamo Alisa completamente persa nell’abuso di cocaina che trova in quel posto sotto quel ponte che però, come ho scritto nella sezione bonus, non viene elaborato più a fondo. Una volta rimasta incinta, la ragazza ha un risveglio di coscienza che, dapprima, sembrerebbe portarla a cercare di disintossicarsi e poi la porta a desiderare di morire – fallendo un primo tentativo di suicidio e riuscendo poi alla fine della storia – quando comprende di essere troppo debole per uscire da sola dalla situazione in cui è. Credo che sia stata una precisa scelta quella di non tratteggiare né Alisa, né Sheryl, né il contesto che le circonda in maniera più dettagliata, per rendere la storia di Alisa Tate ancora più simile a quella di molte altre, che si erano poi ritrovate a finire la propria vita con le loro stesse mani, ma non posso fare a meno di notare come questa scelta ti abbia penalizzata sul piano dell’incisività. Non c’è un particolare, un dettaglio che leghi emotivamente chi legge a questa povera disgraziata che finisce sotto il camion, e la decisione di utilizzare un narratore esterno così freddo non aiuta. Inserisco qui (per non penalizzare troppo la grammatica dove ho già defalcato a sufficienza) un appunto di stile. Hai utilizzato spesso l’inversione tra aggettivo e sostantivo di riferimento, alla maniera inglese. Nella nostra lingua non c’è una regola ferrea come appunto in inglese, ma è certo che premettere l’aggettivo conferisce un tono ipotattico al periodo che quindi “perde” in facilità di lettura per guadagnare in lirismo. In virtù di questa regola generale, ci sono degli aggettivi che, essendo già di un certo livello, stanno meglio davanti al sostantivo che dietro: un esempio di questo nel tuo testo potrebbe essere quel grottesco rigonfiamento, le esili membra. Ci sono però altrettanti esempi in cui la lettura viene frenata senza apportare un vero beneficio, quali: Il suo pallido vestito Del gonfio ventre Quel verde camion Alla grande strada Del rosso sangue Quell’alto camion Devo ammettere che soprattutto in riferimento al camion mi sono sembrati un po’ fuori luogo, soprattutto paragonati allo stile del resto dell’elaborato, che – come è giusto visto il tema trattato – è semplice quando non crudo, a tratti colloquiale al limite dell’errore (La sua esistenza era andata a puttane […]; […] ma in fondo vorrei sapere, chi è che vive una vita facile in questo mondo? Non credo esista; […] uno dei tanti rapporti casuali che aveva solitamente mentre stava fatta). GRADIMENTO PERSONALE La storia mi è piaciuta: nella sua semplicità, è facile leggerla e comprendere come la fame d’amore di Alisa l’abbia portata a cercare palliativi sempre meno efficaci e più pericolosi e come lei, rendendosi conto di essere sul punto di condannare un altro essere vivente al proprio destino miserabile, abbia deciso invece di porre fine alle sofferenze di entrambi. Forse proprio per questo mi è dispiaciuto ancor di più che le incertezze grammaticali e stilistiche fossero tali da deviare la mia attenzione da un narrato che altrimenti sarebbe potuto arrivare al cuore, come una coltellata. Comunque, mi piace l’approccio che hai alla costruzione della trama – pur risultandone penalizzata alla fine, hai fatto sicuramente una scelta ardita proponendo tre piani narrativi – e avrò certamente piacere di leggere la storia che deciderai di sottopormi per la recensione premio. |
Ciao! |
La vita di Alisa non sembra essere stata degna di essere vissuta, i rapporti che ha creato sono sempre stati superficiali, non aveva nessuna passione, nessun progetto per il suo futuro. |
Ciao carissima, |