Cara Autrice,
scrivo questa breve recensione dopo aver terminato la lettura di quest'opera, permettimi di chiamare così questo piccolo, grande capolavoro che si è preso di prepotenza tutti i ritagli di tempo e buona parte delle mie notti negli ultimi quindici giorni.
Ebbene sì, l’ho mangiato, l’ho divorato questo libro (grazie alla nostra comune amica hacker l’ho letto tutto su kindle, come un libro “vero”), spinta da una sete simile a quella che ha dilaniato Mamoru e Shuzo e che per essere placata aveva costantemente bisogno di nuove parole, di nuove pagine, di nuovi capitoli.
Malerba è una storia di dolore e di violenza, di amore e di crescita, di rapporti familiari problematici e di amicizie profondissime che valicano i limiti del tempo e della morte.
I suoi protagonisti resteranno scolpiti nella mia memoria a lungo. Mi hanno fatto sorridere, soffrire, ridere di gusto, piangere, sbuffare e anche arrabbiare! Ho vissuto sulla pelle tutto l’arcobaleno di emozioni che hai, con una scrittura incantevole e raffinata, descritto minuziosamente (e io ADORO quando un’autrice sa portarmi dentro la storia, dentro la testa, dentro il cuore del suo personaggio e tu lo sai fare con uno stile portentoso!).
Mi ha colpita, come un treno in corsa, il dolore immenso nel quale Mamoru e Shuzo eramo ingabbiati all’inizio della storia e dal quale entrambi si erano lasciati schiacciare, permettendo alla vita di metterli in un angolo e smettendo di fatto di vivere davvero. E ho vissuto con loro, passo dopo passo, la loro lentissima rinascita.
È stato un viaggio bellissimo di cui ho apprezzato ogni singola parola, ogni aggettivo, ogni virgola. Hai dedicato alle descrizioni del Kokoro, delle serre, di piante e fiori (con una competenza che rivela uno studio a monte pazzesco), dei dolci e degli odori della cucina di Kumi uno spazio enorme nella struttura della storia con una cura encomiabile. E io non mi sono mai annoiata.
Ho avuto più volte l'impressione di vedere le mani di Shuzo lavorare alacremente con calle e gerbere; ho chiuso gli occhi e ho immaginato tutti i vasi con i quali lui ha realizzato le composizioni Ikebana per la festa dei fiori; mi è parso di sentire l’odore umidiccio delle piccole serre e della terra bagnata, il profumo delle spezie e dei dolci di Kumi, tanto erano vivide le tue descrizioni.
Ci hai regalato personaggi indimenticabili. Kumi e Tobi sono coprotagonisti splendidi: Spyderina, sorprendente folletto dai super poteri, collante e ponte tra passato e futuro. Matsuda, l’avvocato dal cuore d’oro, mi ha fatto ridere con le lacrime agli occhi (thanks God, ci sono state anche quelle, le lacrime belle) nei suoi battibecchi con il suo matto assistito. E poi Bruco: l’unica certezza dal capitolo nr. 1 è che il bimbo di Kumi e Tobi si sarebbe chiamato Yuzo. È l’unica cosa sulla quale non mi hai colto impreparata ;-).
Ed era ovvio che lo sapessero tutti tranne lui, la cui reazione davanti al vetro della nursery, nel momento in cui legge il nome del bimbo, mi ha spappolato un altro pezzettino di cuore.
Sullo sfondo hai mosso una schiera pazzesca di personaggi minori riuscendo magicamente a renderli tutti veri e profondi: i vecchietti incartapecoriti, le nonnine del club, il gruppetto delle mezzeseghe, ma perché no anche Tasho e la banda dei 3Kitsu. Non è facile, ma ognuno di loro ha ricevuto in dono da te una propria dimensione tridimensionale, un percorso dinamico, una sfaccettatura psicologica, e alla fine dell'opera tutti loro presentano caratteristiche differenti da quelle iniziali.
E poi ci sono quei quattro genitori, non vorrei dimenticare nessuno: personaggi complessi, perché complessa è la storia delle loro famiglie, straziata da eventi dolorosissimi. Ma è meraviglioso il modo in cui li hai scomposti e poi ricomposti, esaltandone le ferite, in una sorta di arte del kintsugi. Su tutti mi sento di nominare solo Akio (altrimenti questa recensione non finisce più), forse l’unico rimasto incompiuto: se c’è un cerchio che resta da chiudere è proprio quello del suo rapporto con Shuzo (o meglio sappiamo che si è chiuso, ma non sappiamo bene come, ma so che hai provveduto a tappare quel buco con i sequel che fingo di non aver già iniziato a leggere).
Al capitolo 74°, quando ho iniziato a intravedere il traguardo, ho improvvisamente rallentato: da una parte mi sono fatta travolgere dalla malinconia che ti assale quando sai che un libro che stai amando sta per finire; dall’altra ero terrorizzata che qualcosa di brutto stesse per succedere, avevo una bruttissima sensazione e non ero certa di avere la forza di sopportare altro dramma.
Il confronto con il ratto è stato uno schiaffo emotivo durissimo.
Negli ultimi capitoli era chiaro che il processo di rinascita di Shuzo non si era realizzato appieno, i tempi non erano maturi. Era ovvio che non avresti potuto semplicemente far sparire nel nulla le 1001 paranoie che lo affliggevano buttando lì un happy ending mieloso (lo desideravo follemente, ma razionalmente sapevo che faceva a pugni con le migliaia di pagine precedenti). Il cannibale non poteva essere messo a tacere in mezzo capitolo.
È giusto. È sensato. Una semplificazione di un tema così importante avrebbe cozzato con la profondità della tua opera magistrale. Ma è stata dura da digerire quella scena: perché anche noi abbiamo dovuto fare i conti con la incapacità di Shuzo di anteporre la ragione, la propria libertà, l’amore per Mamoru alla umana sete di vendetta.
Shuzo sbaglia, sceglie di sbagliare e ne paga le conseguenze.
Non era la scelta più facile, e sei stata bravissima anche qui a percorrerla fino in fondo. Alla condanna sono di nuovo scoppiata a piangere, mi aspettavo una sorta di clemente assoluzione, che lo so, sarebbe stata poco verosimile, ma non nego che ci ho sperato.
Out of the blue: la decisione di raccontare dell'esecuzione di Daidouji mi ha spiazzata. Sei andata anche a sfiorare quel tema e lo hai fatto ancora una volta con una delicatezza sorprendente. La scelta di Akio e Shuzo (gli unici che vogliono, vorrebbero, assistere alla morte dell'assassino di Yuzo) scelgono di allontanarsi insieme. E non poteva esserci finale migliore, perché il messaggio che ci lascia ha una potenza enorme: non è la vendetta ciò che serve per acquietare la mente e risvegliare il cuore. Questa consapevolezza è il punto di arrivo di un percorso tortuoso che hanno entrambi compiuto separatamente, ma che li vede ora in qualche modo vicini.
Potrei andare avanti all’infinito, ma mi fermo qui. A godermi quel “da dove siamo partiti e dove siamo arrivati. Dove è arrivato Mamoru e dove soprattutto è arrivato Shuzo.”
Melanto, hai una scrittura che è MAGICA, che apre mente e cuore a chi ha la fortuna di leggerti. Tu devi pensare seriamente di regalare al mondo intero questa storia che non può restare confinata tra le pareti di questo piccolo fandom. Senza nulla togliere al valore di una fanfic, ma questo è un ROMANZO a tutti gli effetti che merita di stare al suo posto: sullo scaffale di una libreria.
Grazie per aver condiviso questa storia ♥ |