Recensioni per
Zenit
di Marauder Juggernaut

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
12/03/18, ore 22:40
Cap. 1:

Seconda classificata
e
Vincitrice del Premio "Scorpione"
Zenit
di Marauder Juggernaut






Grammatica: 7.35/10

Inizio subito dicendoti che la grammatica e la sintassi sono ottime, c’è giusto qualche errore dovuto sicuramente alla fretta o a qualche svista. Può capitare.
L’unica cosa che ho notato essere un errore di conoscenza, temo, è il modo in cui usi punteggiatura e spazi nei dialoghi. Gli errori che commetti più frequentemente riguardano l’uso della punteggiatura, soprattutto del punto. Premetto, comunque, che non va usato lo spazio né dopo alle caporali di apertura né a prima di quelle di chiusura.
Di seguito, gli errori trovati (quelli dei dialoghi non li riporto, perché sono sempre gli stessi):

« Che le stelle vi proteggano… » sussurrò piano, tra i singhiozzi → -0.8 PENALITÀ GENERALE (In questo caso, l’errore sono gli spazi tra le caporali e il testo. Se lo hai fatto per una questione di html nel sito, ti dico che non ce n’è bisogno, perché il testo scompare se si usano, tra l’altro in maniera errata, i segni di maggiore e minore a mo’ di caporali.)
plumbei tornarono ad ispezionare silenziosi → -0.1 (togli la d eufonica)
se non pochi mendicanti che chiedevano la carità → -0.3 (se non per pochi)
Allo scadere dei diciotto anni di vita, il Marauder abbandona l’universo in cui esiste, scomparendo nel vortice dello Zenit. » e nel dire ciò, → (Se usi il punto all’interno dei dialoghi, indichi che il discorso è chiuso e che la battuta, quindi, dovrebbe riprendere in maiuscolo. Bisogna toglierlo, oppure scrivere in maiuscolo “e”; io opterei per la seconda opzione, per una questione di continuità tra il parlato e l’azione)
ogni persona o essere che abbia mai avuto memoria di lui dimenticherà improvvisamente della sua esistenza → -0.3 (“la sua esistenza” oppure “si dimenticherà”)
si ha incrociato lo sguardo con lui per solo un secondo → -0.25 (si è incrociato.)
È così che deve essere ed è così che sarà sempre. » concluse grave → (A maggior ragione, proprio per quello che ho spiegato sopra, qui va assolutamente tolto il punto all’interno del dialogo, perché fuori c’è un verbo dicendi)
: la sua mente si era ingarbugliata nel seguire la trama di quegli ultimi istanti → -0.1 (doppio spazio)
imperniata di quel sadico divertimento → -0.2 (Forse ho capito male io il senso della frase, ma credo che tu abbia utilizzato il termine “imperniata” in maniera errata. Credo che sia più corretto dire “impregnata”
e ti ho visto così servizie- » → -0.1 (È un’abitudine che ho visto anche in testi di altri autori, qui su Efp. Se si vuole stroncare una parola e lasciarla in sospeso, vanno usati i puntini di sospensione)
mai stato in grado di uccidere colui che aveva il compito proteggere da chiunque → -0.3 (
ma strinse comunque quei ditini paffuti → -0.2 (Questo è curioso, perché “ditina” non esiste, però è sbagliato usare il plurale maschile quando si indica l’insieme delle dita di una mano. Credo che dovresti scrivere “quelle dita paffute(lle).)


Stile: 7.5/10

Lo stile di questa storia manca di labor limer, purtroppo. Tendi ad adoperare molto il soggetto, ripetendolo più volte all’interno delle frasi, “snobbando” un po’ le particelle pronominali o il soggetto sottinteso; quest’ultimo a causa del POV salterino. Questo è un vizio che si tende a seguire quando si ha paura di perdere la chiarezza nell’esposizione, quando i periodi sono un po’ contorti e quando non si ha una sicurezza costante con il punto di vista, di solito perché si ha il desiderio di mostrare al lettore più cose nello stesso momento. La smania di descrivere i gesti con meticolosità spinge l’autore a descrivere i gesti di uno e poi di un altro, rendendo il punto di osservazione del narratore salterino.
Qui, per esempio:

Il Marauder lo derise con lo sguardo prima di alzare gli occhi al cielo → usi sia “sguardo” che “occhi” nella stessa frase, quando sarebbe facile snellire la prosa scrivendo “Il Marauder lo derise con lo sguardo prima di alzarlo al cielo”

Ci sono diverse ripetizioni di termini, anche nella stessa frase:

Lo portò avida alla bocca, gustando quel dolce calore scendere per la gola secca, scaldarla dall’interno e ripararla per alcuni secondi dal freddo tagliente. In quei pochi secondi d’attesa, il giovane si accucciò nella neve,[…] → Nel giro di pochi righi, hai ripetuto due o tre volte “pochi secondi”, o sinonimi come “pochi attimi” o “pochi istanti”. Snellire è la chiave per rendere tutto in modo chiaro e scorrevole.

Le dita si flessero contro la carne, sotto i polpastrelli avvertiva la rotonda consistenza delle vertebre sotto il cranio → potresti per esempio scrivere “che stavano alla base del cranio”

La punteggiatura nell’insieme è molto buona, ma alcune frasi risultano un po’ spezzate, per rendere più scorrevole il testo le avrei lasciate più libere, senza virgole a inserire pause. Usi molto anche il gerundio, prediligi un testo ricco di subordinate. Questo fattore, unito all’uso continuo di sostantivi, rende meno scorrevole e più compatto il testo, in modo però pesante. La prosa va asciugata e snellita da tutto il superfluo; fatto questo, va variata un po’.
Ci sono anche piccole sbavature, che in questo caso non ho inserito tra gli errori di grammatica perché si potrebbero prestare a più interpretazioni, ma che nell’economia del testo hanno comunque influito nell’appesantire il tutto:

Lo Jabberwock scattò in piedi, tenendo stretta la propria scimitarra, nemmeno rendendosi conto di essere tornato ad usare il “voi” per rivolgersi al proprio padrone, dopo anni che aveva perso quell’abitudine → Io scriverei “senza rendersi nemmeno conto” oppure “non rendendosi conto”.

Lo Jabberwock serrò la mandibola, come un cane rabbioso, stringendo i pugni e sibilando, colto da un’improvvisa ondata d’ira che lo aveva travolto come una tempesta di sabbia nel deserto. La sua voce fu il sibilo di un rettile: → Utilizzi due subordinate che dicono la stessa cosa. Questo è quello che intendo quando dico che la foga porta a strafare. Non ne hai bisogno, la storia è bella e va fatta gustare nella sua essenza, non attraverso abbellimenti barocchi.

La sua voce fu il sibilo di un rettile: « Quante..? ». Kemizeqati si avvicinò con uno sguardo perplesso: « Come, scusa? ». → È sempre bene riportare lo scambio di battute di diversi personaggi in righi differenti, a meno che tu non voglia creare un effetto “accavallante” ovvero quando devi riportare battute di diversi personaggi che vengono pronunciate nello stesso momento.

Serrò di più le dita, avvertendo il respiro di Kemizeqati spezzarsi con un rantolo → Ora, qui può darsi che tu voglia dare un’idea differente dal solito, ma credo sia più corretto dire che il fiato si spezza in un rantolo, ovvero in un respiro rauco e discontinuo.

Antares urlò ancora, brandendo la spada e lanciandosi contro Kemizeqati che si stava rimettendo in piedi, senza smettere di ridere → Anche qui, la punteggiatura rende ambiguo il pensiero. Dovrebbe essere Kemizaqati a non smettere di ridere, ma la virgola sembra suggerire che sia Antares a farlo. Io la toglierei.

Lo Jabberwock gridò ancora, con tutto il fiato che aveva in corpo, fino a sentire la gola scorticarsi per quanto forte aveva lanciato quell’urlo che voleva unicamente una vendetta che non avrebbe mai avuto. → Questa frase, per quanto può benissimo essere intesa in modo metaforico, è estraniante, forse perché un po’ ingarbugliata e piena di subordinate. Tu dici che è l’urlo a volere vendetta, e forse resa in maniera indipendente dal resto del periodo avrebbe reso meglio.

Lontano più in alto, lo squarcio di cielo dal quale tutte le stelle si erano allontanate cominciò a fratturarsi. Striature biancastre e luminose nacquero dal nulla, percorrendo la cupola di buio assoluto come lampi che venavano le nubi gonfie di temporale. → Non è errata questa frase, ma è più elegante usare il presente, secondo me, quando si usa una relativa all’interno di una similitudine, ovvero scrivendo “come lampi che venano le nubi gonfie di temporale”. Non è una cosa che accade veramente nel racconto, ma è una cosa a cui fai riferimento per creare una similitudine e che ha valore al di là della narrazione.

Detto questo, ho davvero tantissimo apprezzato i dettagli sottintesi, le ricerche sulle stesse che hai fatto, la simbologia della morte della stella legata alla costellazione di appartenenza. Sei stata bravissima! Un messaggio sottile, velato ma non troppo, adoperato con abilità e che comunque spicca. Anche il significato della parola “Marauder” ha avuto il suo effetto.
Una cosa che dovrebbe esser meglio bilanciata è l’espediente delle informazioni. Si parla spesso di infodump, e vedo che per evitare questo problema e allo stesso tempo inserire le informazioni base per calare il lettore nel contesto del racconto tu hai fatto in modo che queste venissero espresse attraverso di dialoghi. Di norma è un buon espediente, ma va anch’esso calibrato. È il Jabberwock a spiegare, sì, ma il fatto che lo faccia senza un carattere proprio ma ripetendo gli insegnamenti da manuale fa sentire comunque l’infodump. I dialoghi, quindi, soprattutto in questi passaggi, andavano calati meglio nel personaggio, come poi hai fatto con il resto delle battute.
All’inizio è stato difficile individuare il tipo di narratore, perché le parti in corsivo, quelle che fungono da prologo ed epilogo, si prestano molto bene a un narratore onnisciente a focalizzazione zero; ma il corpo della storia ha senza dubbi una focalizzazione interna, poiché molti passaggi sono resi attraverso gli occhi dei personaggi. E qui sta il problema. Il narratore non ha carattere e non è ben definito, se non fosse per la frase finale del prologo e dell’epilogo sembrerebbe a focalizzazione zero, ma in realtà dopo si capisce che è a focalizzazione interna, il che crea un errore ancora più grave: il POV salterino.
Cerchi di presentare gli eventi come un narratore onnisciente, ma poi usi tecniche proprie della focalizzazione interna, come il mostrare in un certo modo le sensazioni e i pareri di un personaggio o di mostrare attraverso i suoi occhi quelle dell’altro personaggio. Devi deciderne uno e poi andare avanti con quello.
Ho notato, tra l’altro, che l’ultimo paragrafo del corpo del testo lo hai distaccato con uno spazio, come a indicare l’inizio del POV del Marauder. In realtà, però, quello non è l’unico punto in cui prevale il suo punto di vista. La tecnica è giusta, ma andava usata sempre, ogni volta che c’era un cambio di POV, il quale andava spartito meglio, senza i continui salti.
Ogni narratore comporta degli handicap, perché limitano comunque il punto di vista o gli espedienti narrativi da poter utilizzare; l’importante è rimanere coerenti dall’inizio alla fine. In questo modo il testo risulterà pulito e con un carattere ben preciso.


Originalità e Trama: 10/10

Partiamo dall’attinenza al bando.
Questa storia ha centrato in pieno l’obiettivo del contest, e non poteva soddisfarmi più di così per quanto riguarda questo punto. Hai mirato dritto al cuore del contest, e lo hai fatto con originalità. Hai inserito un personaggio, all’apparenza che spicca per la sua fedeltà, che viene esaltato per la sua devozione, ma che è portato proprio dagli eventi a tentare, contro ogni eventualità prevedibile, a combattere la sua natura per rabbia e ingiustizia cosmica. Il fatto che il personaggio non voglia cambiare ma che ha bisogno di cambiare per avere una qualche giustizia, rende questa lotta particolare e avvincente, calata direttamente all’interno dell’azione.
Mi piace il contesto da te creato, ha le sue leggi e molti riferimenti interessanti. A partire dai nomi delle stelle e dai ruoli che hai dato loro: Polaris, l’orso che si uccide con il moschetto, e Antares, lo scorpione con la scimitarra (che riprende il suo pungiglione ricurvo) che viene ucciso dal suo stesso veleno, in parte reso dalla spada ma in parte anche dalla sua sete inappagata di vendetta. Ottimo anche il luogo in lui li hai calati: Polaris in un luogo freddo, Antares in un deserto; e Aldebaran in un luogo affollato, un po’ a riprendere il caos delle corride. Non hai definito più di tanto l’ambientazione e i meccanismi dei vari pianeti, ma non ne hai bisogno perché ti servono solo come sfondo. Uno sfondo che nelle sue sfumature, seppur solo accennato, ha avuto un ruolo importante, poiché spicca per l’affinità con il resto.
La storia è breve, sicuramente sarebbe piacevole vederla sviluppata in un contesto più ampio dove non necessita di così tanti espedienti per poter stare tutta in così poco spazio, però nella sua economia direi che è completa e non manca di nulla. Ha un incipit, uno sviluppo sintetico ma ricco e un epilogo che presenta comunque caratteristiche particolari rispetto al resto della trama, pur conservando quella nota affine con il resto.
Sei stata brava a mostrare nel prologo solo la parte migliore, caritatevole del Marauder, la sua facciata. Lo sviluppo, invece, reso in maniera più sostanziosa, ha uno spazio di rilievo, perché è il momento in cui mostri la natura vera del predatore, di colui che per noia approfitta del suo ruolo nell’universo. E l’anima che alberga nel Jabberwock piange, così come piange il resto del mondo; lui è la parte pura, quella che dimentica i soprusi subiti, quella che non può non restare fedele alla sua missione, quella che non resta mai a lungo intaccata dalla sua umanità, ma che persegue il suo senso di giustizia. Eccellente il modo improvviso in cui rendi il cambiamento di Kemizeqati (mi chiedo se ha un significato questo nome, io ho trovato un significato in uzbeco ma non so se è quello che gli hai affibbiato tu) e il resto della lotta di Antares. La fatalità che si respira entra perfettamente in contrasto con la rabbia e la frustrazione di chi lotta con tutto se stesso per combattere il destino, un destino e un equilibrio che lui per primo serve.
L’epilogo, in antitesi con il prologo, mostra la vera natura del Marauder nelle sue vesti più innocenti, il che esalta ancora di più la diabolicità di questo personaggio. Davvero un lavoro che fa riflettere oltre che conquistare per la sua trama.


Titolo e Impaginazione: 4.5/5

Manca il testo giustificato.
Direi che il titolo parla da sé, ma che comunque non posso non dire che nella sua semplicità è un titolo che intriga parecchio. Di solito non mi piacciono i titoli formati da una singola parola – credo di averlo detto anche ad altri partecipanti a questo contest – ma questo è uno di quei casi in cui la singola parola ha non solo forza ma acquista più di un significato. Qui, la bellezza sta proprio in questo: c’è il significato diretto e più fisico, ovvero lo zenit è sia il momento in cui avviene il passaggio dei due personaggi in un altro mondo sia, più tecnicamente, l'intersezione della verticale passante per il punto di osservazione con la sfera celeste; ma c’è anche il significato più metaforico, poiché lo zenit rappresenta l’apice degli eventi, il momento in cui il Marauder mostra la sua vera natura e inizia veramente a giocare con il suo protettore, è il momento che aspetta per diciotto anni e che lo ripaga della monotonia del suo compito.
Direi che non potevi scegliere titolo più azzeccato.


Caratterizzazione dei personaggi: 10/10

A colpirmi è stata la scelta degli accessori, strano a dirsi ma vero. Hai caratterizzato i personaggi e la loro “essenza” attraverso ciò che portavano: il moschetto e i vestiti di pelliccia per Polaris, la scimitarra e le braccia scoperte e gli occhi neri per Antares. Mi ha colpito anche il fatto che il Marauder si stringesse in una coperta, e non credo fosse solo per combattere il freddo del deserto, ma anche un freddo interiore che secondo me, ancora oltre la sua spietata natura, si cela.
Hai lavorato molto con affinità e contrasti, ed è un lavoro che ho apprezzato. Affinità per quanto riguardava i vari protettori, in modo tale che il lettore cogliesse i vari riferimenti; contrasti per quanto riguarda il protagonista, in modo da nascondere la sua natura fino al momento “zenit”.
Polaris è stata una comparsa veloce, ma ho sentito la caratterizzazione dell’orso in lui: distante, quasi dall’aspetto burbero e silenzioso, armato fino ai denti con quel suo moschetto d’altri tempi. Una figura all’apparenza scontrosa e solitaria, che veglia a distanza e nell’ombra.
Antares è stata tutta un’altra pasta. In realtà, se devo ammetterlo, mi ha sorpreso la sua caratterizzazione, perché non lo avrei associato a un individuo così emotivo come alla fine si è rivelato (ma questi sono pareri personali, poco obiettivi, che non intaccano il mio giudizio sul tuo lavoro). Gli hai conferito un’anima più focosa, che viene fuori al momento della rivelazione. Posso immaginarmi l’orso aggredire, ma è altrettanto coerente il comportamento violento e aggressivo di Antares. Fuoco e veleno allo stesso tempo, rabbia e sete di vendetta.
Ciò che mi ha colpito è il modo in cui hai saputo racchiudere più anime in un’unica anima, come se l’universo “uno” fosse l’insieme di diversi corpi celesti, di tante differenti sfumature, e che convivessero nonostante le loro contraddizioni. E così abbiamo un legame trascendentale che li mette tutti sullo stesso piano, al quale però reagiscono in maniera differente. È un’idea che mi ha colpito e che, nel suo modo complesso, è stata resa con coerenza e originalità, racchiudendo un pensiero profondo e antico, conservato anche nelle varie religioni.
Su Aldebaran non mi pronuncio, ma mi pare di capire che sia il primo protettore donna che il Marauder incontra, il che accende la mia curiosità.
E passando al pezzo forte, come già detto ho apprezzato tantissimo il lavoro bilanciato tra la facciata e l’anima nascosta; e spero di non sbagliare se dico che c’è molto di più di quello che questi due aspetti di lui portano in scena. Perché il Marauder è un personaggio che va cercato di capire all’interno di un contesto più ampio, che va al di là delle scene da te mostrate o da quelle da lui accennate. Kemizeqati è un personaggio vincolato dalla sua natura a un’esistenza sempre uguale a se stessa, su cui lui non ha nessun potere; legato a un compito dal quale non può ritirarsi. Tutto questo lo porta a “sfogare” le sue frustrazioni su l’unico essere che può sostenerle e che comunque gli resterà accanto, ma che allo stesso tempo rappresenta il vincolo stesso della sua esistenza. Credo che ci sia rabbia e invidia oltre che noia nell’atteggiamento del Marauder, forse anche un pizzico di celata speranza, un desiderio di mettere fine a quell’esistenza (forse questo è un pensiero più mio che del personaggio). Lo hai rappresentato come un fanciullo/giovane uomo all’apparenza delicato e fragile, gentile e premuroso, con gli occhi “sul punto di piangere” (e chissà che una parte di lui non pianga davvero), per poi mostrare all’improvviso, in maniera inaspettata, la sua indolenza, la sua perfidia e la freddezza che ormai lo ha corroso da dentro. Mi ha comunque colpito la sua sorpresa davanti all’ultima Jabberwock, un qualcosa che riesce ancora a colpirlo c’è, qualcosa che scalfisce la sua natura, ma alla quale lui stesso si arrende, pregustando già il momento in cui si rivelerà anche a ella con tutta la sua crudeltà.
Per figure così ancestrali, trovo che non scendere oltre in dettagli fisici sia stata una mossa azzeccata, perché ha conferito un’idea più ampia e astratta all’atmosfera.


Gradimento personale: 4.5/5

Questa storia mi ha sorpreso, in modo positivo s’intende.
Non potevi saperlo, ma io amo l’astronomia e tutto ciò che riguarda lo studio, anzi la venerazione del cielo. Quando ho avuto davanti la tua storia e ho iniziato a immergermi nei suoi meandri e nei suoi meccanismi, mi ha affascinato. Ho amato il modo originale in cui hai reinterpretato la legge dell’ordine cosmico, il geniale espediente adottato con la figura mutevole e fuori dalle regole del Jabberwock (mi chiedo se tu ti sia ispirata alla poesia non sense di Carroll), ma soprattutto ho amato poter giocare con la storia, individuare i riferimenti alle costellazioni e quindi trovare un filo conduttore con la morte (quella di Altair che si butta da una torre, un’aquila a cui hanno tagliato le ali, oppure la tortura di Regulus, il leone che viene vessato sono stati i miei preferiti, li ho trovati ironici all’inverosimili, densi di quella sagacia che ti fa riflettere sul significato della vita). Ma più di tutti mi ha intrigato il fatto di immedesimarmi nella mente del Marauder.
Perfido e geniale allo stesso tempo, questo personaggio io, personalmente l’ho compatito e compreso. Mi ha fatto domandare: chissà se all’inizio era buono e caritatevole come si mostra adesso all’apparenza? Chissà se il suo compito e il ripetersi continuo delle sue vite lo hanno portato a cambiare e a diventare l’essere spregevole e spietato che abbiamo visto interagire con Antares? Credo che lui sia prigioniero del suo compito e che in qualche modo invidi il fatto che lo Jabberwock dimentichi le vite passate, che la sua anima ancestrale rimanga pure proprio perché non ha interferenze delle sue vite umane; perché, a prescindere dalle angherie che subisce dal suo padrone, questo essere rimane puro perché non è influenzato dalla sua umanità di passaggio. Mentre il Marauder porta con sé i dolori del mondo. Si può dire che neanche lui ha scelta, o avrebbe tentato egli stesso di uccidersi. Anche lui è condannato alla sua natura dell’asse ordinatore dell’universo. Come dargli torto in un certo senso.
Niente, questa storia mi ha preso da ogni punto di vista, ma… c’è un ma!
L’idea, il lavoro di trama e personaggi da soli non bastano: hanno bisogno di una forma adatta e di un carattere proprio. Ed è la mancanza forte di questi due elementi l’unica pecca di questa storia, secondo me. Io ti dico di non arrenderti, perché poche altre storie mi sono piaciute così tanto; adesso trova la tua dimensione e definiscila.

Per quanto riguarda i punti bonus (questo commento non ha valore alla voce gradimento personale, lo inserisco qui per comodità) te li sei guadagnati appieno. Assolutamente! All’inizio pensavo che fosse il Marauder il personaggio “scorpione”, ma ovviamente Antares ha risolto la questione. Comunque avevo continuato a tenere d’occhio colui che pensavo fosse la chiave di tutto, non pensando che tu avessi usato come “personaggio contest” il co-protagonista, colui che subisce. Anche in questa fase hai dimostrato non solo attinenza ma anche originalità. Non è il predatore che cerca di cambiare in meglio per fallire, ma la vittima buona che cerca di vendicarsi ma ricade nei suoi obblighi. Complimenti!

Totale: 43.85+2/50+2

Recensore Master
21/01/18, ore 10:55
Cap. 1:

Cavolo, se mi è piaciuta questa storia! E' davvero molto bella, del resto non poteva essere diversamente trattandosi di una tua storia. E così abbiamo scoperto l'origine del tuo nickname...interessante. Interessante come l'idea alla base del racconto. Due esseri, il Marauder e il Jabberwock, destinati a incontrarsi di nuovo ogni volta che inizia un nuovo universo. E uno dei due non conserva mai le memorie dell'universo precedente. E considerando quello che fa il Marauder nel tempo libero, forse è meglio così. Ottimo anche il finale, con quel sadico di Kemizeqati che sorride alla prospettiva di quello che sta per accadere.

Alla prossima!