Buongiorno!
Uno scritto – il tuo – nel quale trasudano emozioni espresse con minimalismo e dolore, ma sono comunque esposte con un linguaggio percettibilmente chiaro e vissuto, dando lo spazio principale a una battaglia oscura e interiore dove il buono è ridotto all'osso ed è tutto effimero, dove si è quasi incapaci di trovare un equilibrio.
Personalmente mi ha fatto pensare soprattutto al periodo dell'adolescenza, intervallo di transizione che si può anche protrarre anche per più tempo del dovuto, dove è un attimo l'inversione delle parti e dove vengono sottovalutate le battaglie, dove molte persone sono con noi solo quando splende il sole e non quando esso s'allontana mostrando le nostre ombre.
Certo, questo ciclo non è mai destinato a chiudersi quando si vive, però penso che in quel lasso di tempo tutto sia intensificato e ingigantito all'inverosimile, dove è più facile cadere in tentazione per via del fatto che non si ha un'identità ancora definita, nonostante tutto ciò che possa essere successo.
Descrivi appunto delle giornate nelle quali si rimane appesi ad un filo sottile che si può spezzare da un momento all'altro, dove le domande si fanno largo cercando di trovare una risposta precisa e nitida, invano...
Questa piccola drabble introspettiva è identificabile verso chi ha dei sentimenti, di conseguenza dei sogni e delle battaglie umane che si portano avanti, quindi delle batoste e del dolore che si porta dentro e porta anche alla solitudine più cruda e cocente.
A volte si hanno così poche forze che è più comodo farsi trascinare e abbindolare dall'oscuro e la sua fase pericolosa, avere l'implicita presunzione che sia qualcuno, come succede nelle migliori storie, a tirarci fuori dai guai e farci vedere uno spettro di colori ampio piuttosto che uno solo che riconduce al negativo.
Per questo ho interpretato il finale e l'identità di quella voce come la propria volontà (ispirata da qualcuno o qualcosa) che, unita alla testardaggine, tendono a far ricordare alla protagonista che c'è qualcosa per il quale vale la pena rialzarsi e fare della propria esistenza qualcosa di unico, la soluzione momentanea che basta per poter credere e non rimanere inghiottiti dal nero, l'arma da sventolare con fierezza quando la debolezza bussa alla propria porta per abbattere lo spirito e tutto quello che c'è circostante.
Certo, in realtà ha diverse chiave di lettura e può essere anche qualcuno di concreto piuttosto che all'astratto, ma considerando il contesto solitario, i sensi percepiti e l'ambientazione interiore, l'ho trovata più consona e personalmente vicina quanto ti ho detto poc'anzi, secondo me dando una chiave di lettura più intensa.
Proprio perché ha un'impronta introspettiva visibile, riesce a far brillare i generi del quale lo scritto si compone e a creare un legame con il lettore, con quelle parole espresse con intenzione nitida, empatizzando su chi le avverte dalla prima all'ultima... è un qualcosa di semplice considerando la brevità dello scritto, ma comunque è funzionale e appunto funziona, per l'appunto.
Ortograficamente è esente da qualsiasi refuso o distrazione, l'unica cosa che posso consigliare è, per correttezza, di sostituire il trattino con la lineetta: è una sciocchezza e la differenza d'utilizzo è lieve, ma comunque è presente e più autori conoscono queste sfumature e più si può migliorare ed essere impeccabili.
In definitiva, penso che questo tuo lavoro sia la conferma di una scrittura molto personale e che con la pratica e il futuro può lanciarsi verso scritti più estesi e di conseguenza profondi (anche se ovviamente di profondità ce n'è anche qui), per cui ti faccio i miei complimenti in merito, per quanto mi riguarda è stata una lettura molto carina e significativa, è un credo nel quale ho rivisto diverse parti di me, sia del passato che presenti.
Un abbraccio e a presto,
Watashiwa |