Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, mi prese della bella persona che mi fu tolta, e il modo ancor m’offende/Amor, c’ha nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m’abbandona./ Amor, condusse noi ad una morte…
Finendo di leggere questo capitolo mi è venuta in mente la nota terzina dantesca. Sarà l'ora, non so.
L’idea dell’amor cortese prevedeva che l’amore, quello vero, dovesse necessariamente essere ricambiato. La storia che racconti qui, Autrice, è ben differente: l’amore finisce e svanisce, come tutte le cose. E bisogna farci i conti. Una visione, questa, ben più realistica, che catapulta il lettore che ne è uscito non senza qualche necessaria ammaccatura, direttamente sui banchi del liceo, dove ogni cosa sembrava amplificata da frasi come mai più e per sempre (e qui mi autocito sull’ultimo capitolo di una storia, pensa te). No, non sembrava, era. Non so se questo è uno sfogo autobiografico o una versione romanzata di qualcosa di vissuto. Negli scritti non andrebbe cercata la realtà, ma la verità delle parole. Toccanti, forsennate, dense di ripetizioni, forse, ma mai eccessive. Sfoga ancora la tua penna seguendo la fantasia, Autrice, perché hai saputo farmi ricordare di quel ragazzo che deluse, dell’amica persa da anni, del tormento e dell’ira provati di fronte a delle attenzioni mancate. C’è così tanto ardore, nelle tue righe, che mi è difficile commentare. Stilisticamente potrei dire che le virgolette ad “amiche” forse non le avrei messe, ma è una ragione di mero gusto. Hai reso bene e con evidenza lo strazio dell’amore perduto e non corrisposto, ma anche la forza di chi cerca di rialzarsi. Scrivi ancora, scrivi tanto e… perché incompiuta e non in corso, se posso? :)
Un caro saluto e a presto!
Shilyss
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